Stagione2016-17
Le schede
Fuori abbonamento
DUSE 30 settembre – 9 ottobreL’UOMO DAL FIORE IN BOCCA di Luigi Pirandello CORTE 18 ottobre – 6 novembreLA CUCINA di Arnold Wesker DUSE 19 ottobre – 6 novembreIL BORGHESE GENTILUOMO di Molière CORTE 8 novembre – 13 novembreIL BERRETTO A SONAGLI di Luigi Pirandello DUSE 15 novembre – 27 novembreLA DODICESIMA NOTTE di William Shakespeare CORTE 22 novembre – 27 novembreDIECI PICCOLI INDIANI di Agatha Christie CORTE 29 novembre – 4 dicembreNUMERO PRIMO di Gianfranco Bettin e Marco Paolini DUSE 29 novembre – 4 dicembreFAUST’S BOX di Andrea Liberovici CORTE 13 dicembre – 18 dicembreEDIPO di Sofocle DUSE 13 dicembre – 18 dicembreIL RAGAZZO CHE AMAVA GLI ALBERI di Pino Petruzzelli CORTE 27 dicembre – 5 gennaioI MANEZZI PE MAJÂ NA FIGGIA di Niccolò Bacigalupo CORTE 10 gennaio – 15 gennaioQUEI DUE di Charles Dyer
DUSE 11 gennaio – 15 gennaio LEI DUNQUE CAPIRà di Claudio Magris CORTE 17 gennaio – 22 gennaioMACBETH di William Shakespeare DUSE 18 gennaio – 22 gennaioLA PAZZA DELLA PORTA ACCANTO di Claudio Fava CORTE 24 gennaio – 29 gennaioNON TI PAGO di Eduardo De Filippo
DUSE 24 gennaio – 29 gennaioALICE UNDERGROUND di Bruni e Frongia da Lewis Carroll CORTE 31 gennaio – 5 febbraioIL PREZZO di Arthur Miller DUSE 31 gennaio - 5 febbraioENIGMA di Stefano Massini DUSE 7 febbraio – 12 febbraioTERAPIA DI GRUPPO di Christopher Durang DUSE 15 febbraio – 19 febbraioUNA DELLE ULTIME SERE DI CARNOVALE di Carlo Goldoni
CORTE 28 febbraio – 19 marzoIL GABBIANO di Anton Cechov
DUSE 28 febbraio – 5 marzoIL CASELLANTE di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale CORTE 21 marzo – 26 marzoGIULIO CESARE di William Shakespeare DUSE 21 marzo – 9 aprileL’ISOLA DEGLI SCHIAVI di Pierre de Marivaux CORTE 29 marzo – 2 aprileSLAVA’S SNOWSHOW di Slava Polunin CORTE 4 aprile – 9 aprileUNA CASA DI BAMBOLA di Henrik Ibsen
CORTE 18 aprile – 23 aprile BILLY BUDD marinaio di F. Gambineri e S. Baldacci da Melville
DUSE 19 aprile – 30 aprile MARATONA SUQ Butterfly Bazar - Mama Africa - Madri clandestine CORTE 25 aprile – 30 aprilePLAY STRINDBERG di Friedrich Dürrenmatt CORTE 3 maggio – 7 maggioVANGELO di Pippo Delbono CORTE 11 maggio – 14 maggioACOUSTIC NIGHT 17 di Beppe Gambetta
Abbonamento Giovani a 5 spettacoli a € 455 spettacoli a scelta su tutto il cartellone. Riservato ai giovani fino a 26 anni compiuti.
Abbonamento + Giovani a € 80 10 spettacoli di cui 2 a scelta tra le seguenti produzioni del Teatro Stabile: La cucina, Il borghese gentiluomo, Il gabbiano, L’isola degli schiavi.Riservato ai giovani fino a 26 anni compiuti.
Carta scuola a € 90 riservata esclusivamente alle scuole in accordo con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico10 spettacoli a scelta tra tutti quelli del cartellone a posto unico utilizzabile anche su un solo spettacolo: si può utilizzare come gli abbonamenti classici (1 tagliando=1 spettacolo) oppure come un carnet (più tagliandi sullo stesso spettacolo).
Gruppi di 15 StudentiLo studente che fa parte di un gruppo, formato dall’Insegnante in accordo con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico, ha diritto di assistere ai singoli spettacoli al prezzo speciale di € 10. Per l’Insegnante accompagnatore del gruppo è previsto l’ingresso gratuito.
Opportunità per gli universitari Lo studente universitario che fa parte di un gruppo di almeno 10 colleghi ha diritto di accedere ai singoli spettacoli al prezzo speciale di € 10. Per l’organizzatore del gruppo è previsto l’ingresso gratuito.
Abbonamento 6 all’Università Vale per 6 spettacoli ed è riservato agli studenti universitari e costa € 45.
Carta CampusCarnet per 12 spettacoli, riservato agli studenti universitari (utilizzabile anche su un solo spettacolo). Costa € 120.
Biglietto giovaniIl giovane fino a 26 anni compiuti può acquistare un biglietto individuale a € 12 valido per tutte le repliche e per tuttigli spettacoli.
Per gli InsegnantiAbbonamento libero ridotto per Insegnanti - possibilità di utilizzodel bonus insegnanti chiedendo in biglietteria al momento dell’acquistoil rilascio della ricevuta.
Laboratori di teatro nelle scuoleCon l’aiuto di attori e registi, gli studenti e gli insegnanti potranno analizzare dall’interno le forme espressivedella “drammaturgia” e della scena. Docenti: Sandro Baldacci e Mauro Pirovano.
Visite a teatroIn accordo con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico, è possibile organizzare per studenti e docenti la visita guidata al palcoscenico, compatibilmente con la disponibilità tecnica degli allestimenti in programma.
Librerie convenzionate per l’acquisto dell’Abbonamento Giovani Bozzi Via Cairoli 2 Il Libraccio piazza Rossetti 2rLibri e foto Via Balbi 119r Medica Frasconi Corso Gastaldi 193r
Informazioni e acquisti:Ufficio Rapporti con il Pubblico
Rapporti con le ScuoleAlessandra Balestra tel. 010 [email protected]
Università e AssociazioniGiulia Sanguinetitel. 010 5342.306 [email protected]
Davide Frino tel. 010 5342.304 [email protected]
Gentili Professori e carissimi Studenti, eccoci alla vigilia della nuova stagione del Teatro Stabile di Genova, un traguardo atteso, come ogni anno “sudato”, frutto di cambiamenti ma anche di importanti punti certi del nostro essere “teatro pubblico”: i nostri spettatori, il rapporto con la Città, i nostri attori e in particolar modo la scuola e i suoi ragazzi. Guardare a nuovi e giovani pubblici, attraverso una sempre maggiore varietà di titoli e di modalità di racconto del nostro lavoro, è infatti una delle missioni di questo nuovo corso e a tale proposito è davvero un grande piacere presentarvi le nuove Schede Scuola che come sapete dedichiamo a voi e al vostro percorso di studi che ci auguriamo incroci sempre di più il magnifico mondo del teatro. Anche quest’anno troverete per ogni titolo del cartellone una scheda di approfondimento con suggerimenti di lettura, visione e ascolto che pensiamo possano essere un utile strumento didattico durante l’anno scolastico. Tutto ciò è reso possibile ancora una volta dal concreto sostegno di Coop Liguria e dal riconoscimento del Comune di Genova e della Regione Liguria. Un’ultima cosa infine: il prossimo ottobre, nella settimana fra il 17 e il 22, festeggeremo 65 anni di attività artistica, un traguardo assai importante per noi e per la nostra Città che vorremmo festeggiare insieme a tutti coloro che hanno reso grande questa storia a cominciare dal nostro pubblico più giovane. Nell’ottobre del 1951 ha infatti inizio la nostra grande avventura, protagonista di pagine importanti della cultura teatrale nazionale che, fin da allora, colloca il Teatro Stabile di Genova in una posizione di assoluto rilievo artistico riconosciuto dalla scena italiana e internazionale. Proveremo quindi a raccontare questa lunga storia e questo importante presente attraverso un fitto calendario di incontri ed eventi che spero vi vedranno protagonisti insieme ai vostri studenti.A tutti voi, cari Professori e Studenti, l’augurio di un buonissimo anno scolastico in compagnia del nostro Teatro. Angelo Pastore
FACILITAZIONI PER I GIOVANI E LE SCUOLE
Approfondimenti
Duse | dal 30 settembre al 9 ottobre
L’uomodal fiore in bocca
Un testo breve e fulminante sul tema della morte (il “fiore in bocca”) che il protagonista si porta addosso; ma l'atto unico è anche una nuova riflessione sugli argomenti sempre cari a Pirandello: l'incomunicabilità tra gli esseri umani, l'uso della maschera e la relatività del reale.
di Luigi Pirandello regia Gabriele Lavia
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Biutiful (2010) Alejandro González Iñárritu
Amour (2012) Michael Haneke
Tramonto (1939) Edmund Goulding
Don Giovanni Mozart
La forza del destino Giuseppe Verdi
Billy Budd Benjamin Britten
Biografia del figlio cambiato (2000)Andrea Camilleri
La vita è sogno (1635)Pedro Calderón de la Barca
Natale in casa Cupiello (1931) Eduardo De Filippo
Il testo Lo spettacolo ribadisce l’interesse che Gabriele Lavia ha dedicato negli ultimi anni al teatro pirandelliano: Tutto per bene, La trappola, Sei personaggi in cerca d’autore. Tratto dalla novella La morte addosso, L’uomo dal fiore in bocca è un atto unico rap-presentato per la prima volta nel 1922. Il testo è un colloquio fra un uomo che sa di avere solo poco tempo da vivere e uno come tanti: l’Avventore. Sovente spiato nei suoi movimenti dalla moglie, il protagonista è un uomo gravemente malato e questa sua situazione lo spinge a inda-gare nel mistero della vita e a tentare di penetrarne l’essenza. Per chi, come lui, sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, pur insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore e una collocazione diversa. L’altro personaggio è un cliente del caffè della stazione, dove si svolge tutta la scena; un uomo qualsiasi, che la monotonia e la banalità della vita quotidiana hanno reso scialbo, piatto e vuoto a tal punto che il dialogo tra lui e il protagonista finisce col diventare un monologo, soprattutto quando quest’ultimo gli rivela il suo terribile segreto.
Lo spettacolo «Un uomo “un po’ strano”, un uomo “pacifico” e una donna come “un’ombra che passa in lontananza” sono i tre protagonisti del capolavoro di Pirandello L’uomo dal fiore in bocca. Nel 1922 Anton Giulio Bragaglia chiese a Pirandello di scrivergli qualcosa per il Teatro Sperimentale degli Indipendenti. Pirandello riprese integral-mente il testo della sua novella Caffè Notturno, scritta nel 1918, pubblicata, poi, col titolo La morte addosso nelle Novelle per un anno. Il titolo della novella trasformata in testo per il teatro diventò L’uomo dal fiore in bocca, ed è il più breve di tutta l’opera di Pirandello. Forse l’opera più folgorante. Un capolavoro. Nello spettacolo, il breve atto unico è stato interpolato con “pezzi” di novelle che affrontano il tema (fatale per Pirandello) del rapporto tormentato tra marito e moglie che viene visto col distacco di un’ironia che rende i personaggi vicinissimi a noi. Così questa “donna che passa da lontano”, e che forse è il simbolo - lei - di quella “morte” che l’uomo si porta appresso “come un’ombra”, diviene, in questa “drammaturgia”, la protagonista invisibile dei “guai” grandi e piccoli ma pur sempre “inguaribili” dei due protagonisti. Ma può l’uomo rinunciare alla donna, che è la sua malattia mortale?». Gabriele Lavia
L’autore Luigi Pirandello (1867-1936) è il maggior drammaturgo italiano del Novecento, insignito nel 1934 del premio Nobel per la letteratura. Oltre alle sue commedie e ai suoi drammi, dove spiccano titoli come Sei personaggi in cerca d’autore e L’uomo la bestia e la virtù la sua produzione varia ed articolata, spazia dalle novelle ai racconti brevi, sia in dia-letto siciliano che in lingua.
produzioneTeatro Stabile di GenovaTeatro Stabile della Toscana
interpretiGabriele LaviaMichele DemariaBarbara Alesse
sceneAlessandro Camera
costumiLaboratorio di costumie scene del Teatrodella Pergola
musicheGiordano Corapi
luciMichelangelo Vitullo
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
di Arnold Wesker regia Valerio Binasco
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Il pranzo di Babette (1987)Gabriel Axel
La grande abbuffata (1973) Marco Ferreri
Sapori e dissapori (2007) Scott Hicks
La società dei magnaccioni (1962) Armandino Bosco (Gabriella Ferri)
Ma che bontà (1977) Enrico Riccardi (Mina)
A cimma Fabrizio De Andrè - Ivano Fossati
La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891) Pellegrino Artusi
La cucina del buon gusto (2012)S. Agnello Hornby, M. Rosario Lazzati
L’uovo alla Kok (2002) Aldo Buzzi
Corte | dal 18 ottobre al 6 novembre
Una giornata di lavoro nella cucina di un grande ristorante londinese. Ai fornelli e in sala cuochi e cameriere di diversa origine etnica.Razzismo e lotta di classe, amore e odio, avidità, sesso e paura. Wesker insegna a ridere di un’umanità per la quale “tutto il mondo è una cucina”.
cucina LaApprofondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di Genovaversione italianaAlessandra SerrainterpretiMassimo CagninaAndrea Di CasaElena GigliottiElisabetta MazzulloAldo OttobrinoNicola PannelliFrancesca AgostiniEmmanuele AitaGennaro ApicellaLucio De FrancescoGiulio Della Monica Alex PerottoAleph Violacon la partecipazione di Franco Ravera e con A. Bannò, G. De Domenico, N. Esposito,G. Faggiano, I. Giacobbe, M. Limonta, G. Mezza,D. Paciello, B. Ricci, K. TavanisceneGuido FioratocostumiSandra Cardinimusiche Arturo AnnecchinoluciPasquale Mari
Il testo Rappresentata per la prima volta nel 1957, quando il londinese Ar-nold Wesker (1932-2016) aveva venticinque anni, La cucina (The Kitchen) è una commedia corale, con tanti attori che interagiscono sullo sfondo della cucina di un grande ristorante di Londra. Cuochi e cameriere, i lavapiatti e il proprietario, anche un vagabondo alla ricerca di un po’ di cibo. L’azione si svolge nell’arco di una giornata e nella commedia più che la qualità del cibo contano gli esseri umani chiamati a cucinarli e a servirli: uomini e donne di diverse provenienze etniche e geografiche. Sono loro i portatori di sentimenti e di comportamenti con-trastanti: amore e odio, avidità e sesso, litigate furibonde e risse, anche piccoli furti quotidiani. La lotta del più forte contro i più deboli chiama in causa il razzismo e la lotta di classe, l’avidità e la paura, la violenza e il ricordo della guerra da poco finita. Una situazione, quella messa in scena da La cucina, che evoca il dramma sociale, ma che già allora Wesker dimostrava di saper padroneggiare con assoluta maestria, sorridendo e sovente anche facendo sanamente ridere delle disgrazie umane.
Lo spettacolo Il cast della Cucina è composto interamente da attori (giovani, meno giovani, e giovanissimi) provenienti dalla Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova, Valerio Binasco compreso, il quale a proposito della commedia di Wesker annota: «La cucina è una commedia scritta per farvi vedere dei cuochi al lavoro, e per mostrarvi quanto è duro e feroce il loro lavoro, eppure quanto è bello. Mentre vedremo all’opera i cuochi e le cameriere riusciremo anche a sapere qualcosa delle loro vite. Seguiremo una o due storie d’amore. Conosceremo le speranze e i fallimenti di molti. Vedremo da vicino la violenza che nasce dalla convivenza forzata di persone straniere. Vedremo come vengono preparati i piatti in un grande ristorante “commerciale”, e forse smetteremo di fidarci di quel che dicono i menù. Vedremo come l’Europa (ovvero il Mondo) del primo dopoguerra sia così simile al nostro tempo. E vedremo come l’idea che ha guidato quel giorno del 1958 l’ispirazione di Wesker, ovvero fare del teatro un megafono per parlare del tema politicamente più rilevante della società dell’epo-ca: il socialismo, se sfrondata dai suoi orpelli retorici e dalle sue mode culturali, riveli di essere nel suo profondo un’idea più alta, e più poetica. Un’idea di fratellanza».
L’autore Recentemente scomparso all’età di 84 anni, Wesker è stato in-dubbiamente uno degli autori protagonisti del teatro inglese del secondo ‘900. Un drammatur-go outsider, un operaio stakanovista della scrittura, capace di creare 44 testi per la scena in 50 anni di attività. Figlio di emigranti ebrei, fu in gioventù apprendista mobiliere, bracciante, aiutante libraio, e persino cuoco pasticcere. Proprio un’attività del genere trovò riscontri in al-cuni suoi lavori drammatici, fra cui La cucina, la sua commedia più rappresentata.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Un borghese piccolo piccolo (1977) Mario Monicelli
Il boom (1963) Vittorio De Sica
Il sorpasso (1962)Dino Risi
Il borghese gentiluomo (1919)Suite Strauss
Vecchia piccola borghesia (1966)Carlo Lolli
I borghesi (1971) Giorgio Gaber
Un borghese piccolo piccolo (1976) Vincenzo Cerami
Gli indifferenti (1929) Alberto Moravia
I piccoli borghesi (1856)Honoré de Balzac
Duse | dal 19 ottobre al 6 novembre
Opera dal divertimento travolgente e dal ritmo serrato, Il borghese gentiluomo si snoda intorno alla figura, sempre comicissima, del ricco borghese che vorrebbe farsigentiluomo e per questo si circonda di “maestri” che lo sfruttano, trascurando moglie e figlia, le quali non accettano di condividere la sua ossessione per i titoli nobiliari.
Il borghesegentiluomo
di Molière regia Filippo Dini
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di GenovaTeatro Due
versione italianaCesare Garboli
interpretiValeria AngelozziSara BertelàFilippo DiniIlaria FaliniDavide LorinoOrietta NotariRoberto SerpiAntonio ZavatteriIvan Zerbinati
scene e costumiLaura Benzi
musicheArturo Annecchino
luciPasquale Mari
Il testo Scritta e rappresentata per la prima volta nel 1670, Il borghese gen-tiluomo fa parte di un gruppo di commedie-balletto che Molière propose come divertimenti di Corte, dedicandole a Luigi XIV che nel febbraio 1669 gli aveva finalmente accordato di rappre-sentare pubblicamente Tartufo. Come gli accade sovente di fare, Molière, intreccia elementi che provengono dalla tradizione classica (greca e latina) con la satira della società del suo tempo. Se la prima componente è chiaramente presente nella vicenda famigliare della figlia di Monsieur Jourdain, Lucille, che (con l’approvazione della madre) ama ricambiata il borghese Cléonte, ma è osteggiata dal padre che per lei invece vorrebbe un matrimonio nobile al fine di entrare a far parte del mondo dell’aristocrazia di cui è scioccamente infatuato; il “côté” sati-rico-sociale trionfa soprattutto nella prima parte, dedicata alle esilaranti lezioni dei sedicenti maestri di Monsieur Jourdain, e nella finta cerimonia finale, nella quale i parenti coinvolgono il protagonista, facendogli credere che il figlio del Gran Turco voglia sposare sua figlia e insignirlo di un immaginario titolo nobiliare.
Lo spettacolo «Monsieur Jourdain è un personaggio insieme ridicolo e commovente, divertente e contraddittorio, un uomo a metà tra la più antica tradizione del teatro comico e la più crudele volgarità del nostro quotidiano. Jourdain incarna contempo-raneamente un’irresistibile tensione al miglioramento di se stesso e il più becero degli arric-chiti, negando continuamente nei fatti ciò che a parole chiama “fame di cultura”, lordandola di orgogliosa ignoranza e arrogante tracotanza. Attorno a lui bazzicano nella sua casa figuri loschissimi che desiderano soltanto derubarlo o truffarlo, coppie di nobili annoiati e scrocconi, giovani che vogliono sposarsi solo per sopravvivere alla noia e una moglie che lo detesta, e che vorrebbe restare nell’immobilità della propria mediocrità, nell’agio ozioso del raggiunto benessere. Molière riesce così in un’impresa titanica: ridere del suo contemporaneo Monsieur Jourdain è ridere di noi spettatori, del nostro tempo, della nostra epoca folle e misera, conse-gnandoci un teatro apparentemente basso, ridicolo ed esilarante, ma al tempo stesso violento e crudele, “un teatro” come diceva Cesare Garboli “che derideva e deformava la realtà senza mai detestarla”». Filippo Dini
L’autore Considerato il più grande autore di commedie di tutto il teatro occidentale, Jean Baptiste Poquelin detto Molière (1622-1673), è stato per anni attore e dram-maturgo di Corte per il Sovrano Luigi XIV. La sua scrittura così brillante e poco convenzionale per gli schemi dell’epoca, è sempre innervata da un’ironia beffarda e da una critica feroce verso la morale della società a lui contemporanea ed in questo, Il borghese gentiluomo non fa eccezione.
Il berrettoa sonagli
Corte | dall’ 8 novembre al 13 novembre
di Luigi Pirandello regia Sebastiano Lo Monaco
Lo scrivano Ciampa è uno dei personaggi più tipici del teatro pirandelliano: colui che si difende dai propri problemi esistenziali indossando agli occhi degli altriuna maschera. Così accade, appunto, in questo testo “siciliano” che parla di cornae del faticoso desiderio di tranquillità sociale.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Adulterio all’italiana (1966) Pasquale Festa Campanile
Divorzio all’italiana (1961) Pietro Germi
L’ultimo bacio (2001) Gabriele Muccino
Otello (1887) Giuseppe Verdi
Cavalleria rusticana (1890) Pietro Mascagni
Signora Lia (1971) Claudio Baglioni
Madame Bovary (1856) Gustave Flaubert
La filosofia del cornuto Totò
Le paesane (1894) Luigi Capuana
Approfondimenti
produzioneSicilia Teatro
in collaborazione conFestival La Versiliana - PietrasantaTeatro Luigi Pirandello - Agrigento
interpretiSebastiano Lo MonacoMaria Rosaria CarliClelia PiscitelloViviana LariceLina BernardiRosario PetixClaudio MazzengaMaria Laura Caselli
sceneKeiko Shiraishi
costumiCristina Da RoldmusicheMario IncudineluciNevio Cavina
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Quando viene riferito alla signora Beatrice Fiorica che il marito la tradisce con la giovane moglie dello scrivano Ciampa, ella si accende di furiosa gelosia e de-cide di sorprendere i due amanti. Con un pretesto, manda Ciampa a Palermo: lo scrivano le raccomanda la moglie e le affida addirittura le chiavi di casa, che Beatrice consegna alla polizia affinché sorprenda i fedifraghi. Anche se l’adulterio non viene constatato, lo scandalo scoppia comunque, e Ciampa diventa lo zimbello di tutti. Da tempo sapeva che la moglie gli era infede-le, ma ora che la cosa è stata resa pubblica, per il bene suo e degli altri, a Ciampa non restano che due alternative: o uccidere i due infedeli e lavare così l’onta al suo onore di marito; oppure convincere tutti, e innanzitutto l’interessata, che l’atto di gelosia della signora Beatrice è stato solo la manifestazione di un profondo squilibrio mentale.
Lo spettacolo Scritto da Luigi Pirandello (1867-1936) pren-dendo spunto da alcune sue novelle, Il berretto a sonagli compie 100 anni, a contare dalla pri-ma versione in siciliano di Angelo Musco. Quella Sicilia oggi non c’è più e anche il delitto d’ono-re è stato cancellato dalla modernità; ma i protagonisti della commedia (tutti usciti dalla scena della vita reale) esistono ancora, perché filtrati dallo sguardo disilluso sull’umanità dell’autore. Pirandello ha definito il suo Berretto a sonagli «una commedia nata e non scritta». «Su questo pensiero dello scrittore siciliano - dice Sebastiano Lo Monaco - ho costruito la mia regia. Tutti gli attori in questo spettacolo hanno cercato di essere personaggi vivi e veri, più di noi che respiriamo, alternando pianto e riso durante tutto lo svolgimento del dramma. Il personaggio di Ciampa, apparentemente grottesco, è in realtà straziante, ma soprattutto è il più moderno degli eroi pirandelliani. Il Berretto è la storia di un uomo giovane, poco più di quarant’anni, che tradito dalla moglie accetta la condanna e la pena di spartire l’amore della propria donna con un altro uomo, pur di non perderla. Un tema drammatico e attuale che si voglia o no! E anche l’età fa dello scrivano Ciampa, un personaggio di grande forza drammatica, un uomo eroico e pieno di umanità, di una umanità silenziosa e astuta che gli dà la forza di difendere la sua infelicità coniugale, contro la società ridicola del proprio tempo».
L’autore Luigi Pirandello scrive Il berretto a sonagli ispirandosi alle temati-che già toccate in due sue novelle: La verità e Certi obblighi, entrambe del 1912. La commedia (in dialetto siciliano) debutta nel 1917 a Roma: l’anno seguente l’autore ne scrive la versione in lingua italiana che viene qui messa in scena. Il berretto a sonagli è una delle opere para-digmatiche del pensiero di Pirandello: al suo centro c’è l’individuo che con fatica si è costruito una dignità sociale, celando la propria meschinità dietro una “maschera”, ed ora è chiamato a difendersi dallo sguardo dei benpensanti.
Duse | dal 15 novembre al 27 novembre
Comicità travolgente e inaspettati intrecci amorosi sulle spiagge di un’immaginaria Illiria, dove l’arrivo in abito maschile della giovane sopravvissutaad un naufragio, in cerca del fratello gemello, scatena ineditepassioni e gelosie furiose.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
La 12ª notte (1996) Trevor Nunn
Shakespeare a colazione (1987) Bruce Robinson
Shakespeare in Love (1998) John Madden
Kashmir (1975) Led Zeppelin
Romeo & Giuliet (1980) Dire Straits
Desolation Row (1965)Bob Dylan
William Shakespeare tutte le opere Bompiani
I menecmi Plauto
Lo scheletro nell’armadio W. Somerset Maugham
dodicesima La
notte di William Shakespeareregia Marco Sciaccaluga
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di Genova
versione italianaAnna Laura Messeri
interpretiGiovanni AnnaloroMario CangianoMarco De GaudioRoxana DoranDaniela DuchiMichele MaccaroniSarah PaoneFrancesco RussoRoberto SerpiEmanuele Vito
consulenza per i costumiGuido Fiorato
luciFausto Perri
Il testo Messa in scena nella scorsa stagione come Esercitazione affidata ai dieci giovani attori del Master della Scuola di Recitazione, lo spettacolo viene ora proposto in cartellone, sempre con la regia di Marco Sciaccaluga, come uno spettacolo compiuto e rivolto a un pubblico di tutte le età. Ambientata da Shakespeare in una immaginaria Illiria, La dodi-cesima notte (nota anche come La notte dell’Epifania) si apre con il duca Orsino chiuso nelle proprie sofferenze amorose per Olivia, la quale vive isolata dal lutto per la morte del fratello. Ma l’arrivo della naufraga Viola, in cerca del proprio fratello gemello, Sebastian, e travestita in abito maschile, scuote la rigidità dei comportamenti sia di Orsino sia di Olivia, dando vita a un mondo dove trionfano le passioni umane, animate dalla comicità dei cortigiani Malvolio, Sir Toby e Sir Andrew e osservate con disincanto dal clown Feste.
Lo spettacolo Annota il regista Marco Sciaccaluga: «Lavorare con i giovani è sempre un’occasione per provare a reimparare qualcosa. Del resto, l’insegna-mento è sempre un’occasione per apprendere qualcosa. Quando si cerca di instaurare un rapporto di natura pedagogica è un grave errore partire pensando di avere un patrimonio di co-noscenza con cui indottrinare qualcuno. L’insegnamento si basa sempre su uno scambio. Solo così s’impara a non smettere mai di pensare che il teatro sia una cosa necessaria. I giovani con la loro voglia e con la loro fede mi seducono. E lavorare con loro su Shakespeare, dentro a uno stile da teatro povero, mi ha dimostrato ancora una volta che la povertà di mezzi, lungi dall’es-sere una prigione, è una terra di stimoli creativi». E la critica ben riconosce l’esito del suo lavo-ro: «Una protagonista travestita da ragazzo, una storia di amore e d’intreccio a cui si mescola una storia secondaria, buffoni ciarlieri, personaggi accuratamente distribuiti in coppie, fuochi d’artificio verbali intermittenti, astuzie, inganni e dappertutto musica: diretti con successo da Marco Sciaccaluga, in un teatro gremito anche di ragazzi interessati e divertiti, i giovani attori di La dodicesima notte hanno volto in gioco brillante molte belle sfumature del testo scespiria-no» (“La Repubblica”). «Un allestimento dall’esito felice, nel quale l’assenza di scenografie e in pratica di costumi, ha imposto una bella serie di trovate registiche e ha lasciato in primo piano la recitazione caratterizzata da un grande affiatamento» (“Il Secolo XIX”).
L’autore Nato nel 1564 e morto nel 1616 (quest’anno ricorre il 500° an-niversario della scomparsa) a Stratford on Avon, William Shakespeare è la pagina più lumino-sa del periodo d’oro del teatro nell’Inghilterra elisabettiana. Anche se tutt’ora viene messa in dubbio la sua stessa esistenza, al suo talentuoso ingegno si attribuiscono una quarantina di testi fra cui spiccano pietre miliari del teatro di tutti i tempi come Otello, Romeo e Giulietta, La tempesta, Giulio Cesare e La dodicesima notte.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Dieci piccoli indiani (1965) George Pollock
Il segreto di Agatha Christie (1979) Michael Apted
La regola del gioco (1939) Jean Renoir
Gosford Park (2001) Robert Altman
La suspense del giallo nelle musiche di Ennio Morricone:
Indagine tratto da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
Corsa sui tetti tratto da L’uccello dalle piume di cristallo
Paura e aggressione tratto da Gionata neraper l’ariete
Il mastino dei Baskerville (1902)Arthur Conan Doyle
La spia che venne dal freddo (1963) John Le Carré
Il nome della rosa (1980)Umberto Eco
Corte | dal 22 novembre al 27 novembre
Scritto nel 1936 e adattato per il teatro nel 1943, Dieci piccoli indiani (E non ne rimase nessuno) è considerato da molti, ancora oggi, il capolavoro di Agatha Christie. Un “giallo” dalla perfetta struttura narrativa,capace di tenere sino all’ultimo con il fiato sospeso il lettore/spettatore.
Dieci piccoliindiani...e non rimase nessuno
di Agatha Christie regia Ricard Reguant
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
...e non rimase nessuno
produzioneGinevra srl e 8P Managementin collaborazione conFestival Teatrale di Borgio Verezzi
versione italianaEdoardo Erba
progetto artisticoGianluca RamazzottiRicard Reguant
interpreti (in ordine di entrata)Giulia MorganiPierluigi CoralloCaterina MisasiPietro BontempoLeonardo SbragiaMattia SbragiaIvana Monti Alarico SalaroliLuciano VirgilioCarlo Simoni
sceneAlessandro Chiti
costumiAdele Bargilli
luciStefano Lattavo
Il testo La storia è nota. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, dieci per-sone sconosciute sono state invitate, per vari motivi, su una bellissima isola deserta. Arrivati nelle camere, trovano affissa agli specchi una filastrocca, Dieci piccoli indiani, in cui si raccolta come muoiono, uno dopo l’altro, tutti i dieci protagonisti. Una serie di omicidi misteriosi infonde il terrore nei sopravvissuti, i quali iniziano ad accusarsi a vicenda sino ad arrivare alla conclu-sione che l’assassino si nasconde tra di loro.
Lo spettacolo Rappresentato a Broadway nel 1943, lo spet-tacolo vi rimase in scena per 426 repliche. L’opera teatrale differisce dal romanzo nel finale, in quanto, la Christie, non volendo dare al pubblico un finale considerato troppo drammatico per quegli anni, decise di cambiarlo con un lieto fine, che oggi risulta un po’ deludente e frettoloso. Per questo motivo, in accordo con la Agatha Christie limited, questa versione diretta dallo spa-gnolo Ricard Reguant recupera il finale originale, caratterizzato da uno svolgimento mozzafiato, di cui gli autori dello spettacolo si dicono certi che incontrerà i favori del pubblico e renderà giu-stizia ad un adattamento operato dalla stessa Christie. Come scrive Reguant nelle note di regia, di uno spettacolo che, nella versione spagnola, ha già trionfato a Barcellona: «Questa nuova versione teatrale si adatta ai tempi e all’estetica del momento facendo godere il pubblico nella ricerca dell’enigma preparato dalla signora Agatha; questi dieci “piccoli indiani” bloccati nell’i-sola sono vittime o assassini? Questa è la stessa domanda che la scrittrice pone a se stessa mostrando al pubblico il lato nascosto di una classe borghese e aristocratica mischiate insieme in un’unica arena, rivelando le proprie carenze facendoli confrontare e sbranarsi per la soprav-vivenza fino a diventare esseri volgari e ordinari. Sembra quasi una vendetta della stessa Chri-stie verso la classe dirigente nella società inglese in cui la scrittrice vive agiatamente e dalla quale vuole evadere costringendosi a diventare lei stessa la carnefice verso i suoi personaggi».
L’autore Figlia di padre statunitense e madre britannica, dopo aver tentato col canto lirico, con deludenti risultati, Agatha Christie rivela il suo precoce talento per la scrit-tura e, nel giro di pochi anni, diventa un’autrice di best sellers mondiali. Dieci piccoli indiani, da molti considerato il suo capolavoro, viene pubblicato in Gran Bretagna nel 1939 ed è a tutt’oggi, con 110 milioni di copie, il libro giallo più venduto di sempre.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
La prima neve (2013) Andrea Segre
Big Fish (2003) Tim Burton
The Road (2009)John Hillcoat
Futura (1980) Lucio Dalla
Portaverta (2013) Lorenzo Monguzzi
The Future (1992) Leonard Cohen
Gli Album di Marco Paolini Marco Paolini
Storie di certi italiani Vol. I-IIMarco Paolini
Quanto vale un uomo (2016)Andrea Camilleri
Corte | dal 29 novembre al 4 dicembre
Sul filo della memoria, Paolini recupera il protagonista dei suoi Album, “biografia collettiva” degli ultimi trent’anni, e racconta di un padree di un figlio in viaggio nel Nord Est italiano, tra le nevrosi della modernità,l’invadenza della tecnologia e alcuni scenari fantascientifici.
Numero Primo
di Gianfranco Bettin e Marco Paoliniregia Marco Paolini
Studio per un nuovo Album
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneJolefilm
interprete Marco Paolini
Il testo Con Numero Primo, Marco Paolini apre una nuova stagione degli Al-bum, ai quali ha affidato tra il 1987 e il 2003 alcuni dei suoi primi spettacoli in cui coniugava sul palcoscenico l’autobiografia e il ritratto generazionale. Più ancora di ieri, quando gli Album raccontavano soprattutto storie d’iniziazione, questo nuovo spettacolo dell’età matura tende però a parlare in modo diretto di oggi, della realtà attuale, drammaticamente “alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica”. Numero Primo racconta di un futuro probabile, fatto di cose, di bestie e di umani rimescolati insieme come si fa con le carte prima di giocare. Il titolo fa riferimento al soprannome del protagonista, figlio di Ettore e di madre incerta, protagonista di una storia ambientata in un prossimo futuro e per questo confinante con la fantascienza. Esi-ste una tradizione di fantascienza in letteratura e nel cinema, ma a teatro non è molto diffusa. Marco Paolini e Gianfranco Bettin, coautori di questo lavoro, sono partiti da alcune domande, di cui la prima è: «Qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie?».
Lo spettacolo Numero Primo, giunge a Genova dopo una lun-ga serie di anteprime nel corso delle quali, come al suo solito, Paolini ha messo a punto, a con-tatto diretto con il pubblico, una precisa struttura narrativa, in cui all’attore-autore monologan-te tocca il compito di rendere credibili cose possibili domani, ma che oggi appaiono inverosimili. L’orizzonte temporale immaginato riguarda i prossimi 5000 giorni e solo pensando a quanto il mondo delle cose sia cambiato nei 5000 giorni appena trascorsi risulta quantomeno necessa-rio guardare al futuro con il beneficio del dubbio rispetto a ciò che oggi è ancora inverosimile. A proposito di Numero Primo il sessantenne Marco Paolini ha annotato: «Ho un’età in cui non sento il bisogno di guardare indietro, di ricostruire, preferisco sforzarmi di immaginare il futuro, così farò un Album con nuovi personaggi. Parlerò della mia generazione alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica. Parlerò dell’attrazione e della diffidenza verso di essa, del riaffiorare del lavoro manuale come resistenza al digitale. Parlerò di biologia e altri linguaggi, ma lo farò seguendo il filo di una storia più lunga che forse racconterò a puntate come ho fatto con i primi Album».
Gli autori Gianfranco Bettin, sociologo e politico (è presidente della Mu-nicipalità di Marghera), è coautore dei testi dello spettacolo.
Marco Paolini, attore, regista e drammaturgo, dai primi anni Novanta si dedica con crescente seguito al cosiddetto teatro civile ed oggi è considerato uno dei migliori interpreti del teatro di narrazione. Fra i suoi grandi successi: Il racconto del Vajont, Parlamento chimico, Il sergente.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Faust (2011) Aleksandr Sokurov
Il dottor Faust (1967)Richard Burton - Nevill Coghill
Il fantasma del palcoscenico (1974) Brian De Palma
Scene dal “Faust” di Goethe (1844-1853) Robert Schumann
Sinfonia N°8 - “Sinfonia dei mille”(1906-1907) Gustav Mahler
Faust (1859)Charles Gounod
Faust (1808) J. Wolfgang Goethe
Faust. Un travestimento (1985) Edoardo Sanguineti
La tragica storia del Dottor Faust Christopher Marlowe
Duse | dal 29 novembre al 4 dicembre
Il mito di Faust rivisitato, attraverso un “viaggio transdisciplinare”, da un’operada camera contemporanea affidata alla voce di una cantante di colore cresciutaalla scuola di Bob Wilson. Il sogno di felicità del protagonista di Goethe, ora condannato alla ricerca della propria voce.
Faust’sBox
A transdisciplinary journey
musiche, testo e regia Andrea Liberovici
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Il Faust, come Goethe stesso l’ha definito, è un’opera “incommensu-rabile”, al centro della quale c’è l’uomo. Faust appunto: un uomo che nel suo continuo inter-rogare se stesso, interroga di fatto anche tutta l’umanità contemporanea. Le grandi rivoluzioni della modernità e della tecnologia hanno certamente mutato in meglio le condizioni di vita, ma per paradosso hanno prodotto una società d’individui soli. Il racconto di Faust’s Box inizia da questa condizione. Un essere vivente, solo, continuamente sollecitato da un presente oscuro ma di assordante e prepotente “luminosità”, compie il suo “viaggio immobile” con se stesso e attraverso se stesso… davanti a un grande specchio. Faust’s Box è un’opera da camera con-temporanea, una tragedia/commedia dell’ego e dell’immaginazione perché ogni cambiamento sociale gli è precluso dalla solitudine e l’unica mutazione possibile è quella del suo sguardo: da se stesso, molto faustianamente, agli altri. Mutazione che diventa esplicita alla fine, quando Faust vedrà il pubblico oltre al suo riflesso, e capirà.
Lo spettacolo Organizzato in tredici scene - nel corso delle quali si aprono, uno dopo l’altro, i cassetti della memoria (l’infanzia, l’amore, il solipsismo, il potere, il denaro, ecc.) e delle illusioni di potervi trovare finalmente la felicità - lo spettacolo ha come protagonista la cantante statunitense Helga Davis (già nota al pubblico genovese per essere stata, sempre per la regia di Liberovici, l’interprete di Operetta in nero) e per la sua collaborazione con Philipp Glass e con il regista Robert Wilson, che qui presta la propria voce all’ombra di Faust. A proposito dello spettacolo già presentato con enorme successo a Poitiers, Andrea Liberovici annota: «Goethe ha scritto che le scene del suo Faust sono come un elenco di “ballate popolari” chiuse in se stesse e grazie a questa suggestione ho immaginato una struttura, per questo viaggio, suddivisa in 13 scene/movimenti musicali. 13 è la somma delle lettere che compongono i due nomi di Faust e di Mephisto, perché il nostro personaggio è entrambi. Ogni scena/movimento affronta un tema della sua memoria: l’amore, la giovinezza, il tempo, la felicità, la solitudine ecc. Una sorta di monologo interiore ma “sonoro” amplificato e udibile. Accompagnato e evocato dallo straordinario ensemble francese “Ars Nova ensemble instrumental” diretto da Philippe Nahon abituato alla commistione fra musica e teatro anche perché direttore, per molti anni, di tutti i lavori musicali di Peter Brook».
L’autore Figlio d’arte, Andrea Liberovici studia composizione nei conser-vatori di Venezia e Torino e recitazione presso la Scuola del Teatro Stabile di Genova. Fin da giovanissimo, scrive musiche di scena per importanti compagnie di teatro di prosa. Come com-positore, performer e regista, fonda assieme a Edoardo Sanguineti e Ottavia Fusco, la compa-gnia Teatro del Suono. I suoi spettacoli vengono rappresentati nelle maggiori città italiane ed europee.
produzioneTeatro Stabile di GenovaArs Nova ensemble instrumentalTeatro del SuonoTAP Théâtre Auditoriumde Poitierscon il sostegno di La Spedidam
interpretiHelga Davis, Faust / Mephisto Philippe Nahon, direttore d’orchestra
Ars Nova ensemble instrumental:Éric Lamberger clarinettoIsabelle Cornélis e Elisa Humanes percussioniCatherine Jacquet violinoAlain Tresallet violaIsabelle Veyrier violoncelloTanguy Menez contrabbasso
Robert Wilson narratorenell’ombraEnnio Ranaboldo ghost writerControluce Teatro d’ombreombre in video
luci e videoJérôme Deschamps
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Edipo Re (1967) Pier Paolo Pasolini
Oedipus Rex (1957) Tyrone Guthrie e Abraham Polonsky
Edipo Re (1910)Giuseppe De Liguoro
Edipo a Colono Gioachino Rossini
Oedipus Rex (1927)Igor Stravinskij
Edipo Re (1920) Ruggero Leoncavallo
Edipo Re Sofocle
Edipo a ColonoSofocle
AntigoneSofocle
Corte | dal 13 dicembre al 18 dicembre
Dittico dedicato al mito di Edipo che ha avuto in Sofocle il suo primo grande cantore. Due spettacoli in uno per raccontare la storia dell’uomo alla ricerca della conoscenza: dai giovanili trionfi alla scoperta dell’atavica colpa, dalla scelta della cecità al tormentato esilio senile.
EdipoEdipo Re - Edipo a Colono
di Sofocleregia Andrea Baracco e Glauco Mauri
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneCompagnia Mauri SturnoTeatro della Toscana
versione italianaDario Del Corno
interpretiGlauco MauriRoberto SturnoIvan AlovisioElena ArvigoLaura GarofoliMauro MandoliniRoberto ManziGiuliano Scarpinato
scene e costumiMarta Crisolini Malatesta
musicheGermano Mazzocchetti
Il testo La tragedia di Edipo s’inserisce nel cosiddetto “ciclo tebano”. In Edipo Re, rappresentato tra il 430 e il 420 a.C., Sofocle (496-406 a.C.) narra la vicenda di un giovane re, carismatico ed amato, che nel breve volgere di un solo giorno viene a conoscere l’orrenda verità del suo passato (senza saperlo, ha ucciso il proprio padre e ha generato figli con la propria madre) e per questo sceglie di accecarsi; mentre in Edipo a Colono, rappresentato po-stumo nel 401 a.C., racconta l’esilio volontario di Edipo e come egli, ormai vecchio e mendico, ottenga ospitalità, con le figlie Antigone e Ismene, dal re di Atene, Teseo, alla cui corte viene coinvolto suo malgrado nella tragedia delle lotte tra i propri discendenti (Eteocle e Polinice), trovando infine pace solo nella volontà degli dèi.
Lo spettacolo A distanza di vent’anni, Glauco Mauri e Roberto Sturno tornano a mettere in scena i due capolavori di Sofocle, per analizzare più compiutamen-te il mito immortale di Edipo. Con nuovi compagni di viaggio e in un nuovo spazio scenografico, la messa in scena è affidata a due diversi registi: il giovane Andrea Baracco per Edipo Re inter-pretato da Sturno, mentre Glauco Mauri riserva per sé la messa in scena e l’interpretazione di Edipo a Colono. Due generazioni a confronto, nel segno della collaborazione e della continuità, pensando al futuro del teatro. Puntualizza Glauco Mauri: «Edipo re ed Edipo a Colono sono due capolavori fondamentali nella storia dell’uomo, per gli interrogativi che pongono alla mente e per la ricchezza di umanità e di poesia che ci donano. La storia di Edipo è la storia dell’Uomo, perché racchiude in sé tutta la storia del suo vivere, alla ricerca della verità. Alla fine del suo lungo cammino Edipo comprende se stesso, la luce e le tenebre che sono dentro di lui, ma af-ferma anche il diritto alla libera responsabilità del suo agire. Edipo è pronto ad accettare tutto quello che deve accadere ed è pronto a essere distrutto purché sia fatta luce. Solo nell’inter-rogarci comincia la dignità di essere uomini. È questo che Sofocle con la sua opera immortale dice a tutti noi. Convinti che il Teatro sia un’arte che può e deve servire “all’arte del vivere” affrontiamo queste due opere classiche per trovare nelle radici del nostro passato il nutrimento per comprendere il nostro futuro. In un oggi così arido di umanità e di poesia questo è il nostro impegno e il nostro desiderio».
L’autore Nato nel 496 a.C. in un sobborgo di Atene, Sofocle scrisse secon-do la tradizione, oltre cento tragedie di cui solo sette ci sono pervenute, fra cui Antigone, Elettra e Edipo. Nell’Atene classica, insieme ad Eschilo e ad Euripide fu uno dei grande innovatori del teatro sotto ogni punto di vista: dalla struttura della tragedia a quella del coro, al perfeziona-mento delle scenografie.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
L’attimo fuggente (1989)Peter Weir
Lettere dal Sahara (2005) Vittorio De Seta
Chiedo asilo (1979) Marco Ferreri
Fuocoammare (2016) Gianfranco Rosi
Il professore (2009)Renato Zero
Pane e coraggio (2003)Ivano Fossati
Il paese dei balocchi (1992)Edoardo Bennato
Diario di scuola (2008) Daniel Pennac
L’ora di lezione (2014) Massimo Recalcati
O capitano! Mio capitano! (1865)Walt Whitman
Duse | dal 13 dicembre al 18 dicembre
Il mondo della scuola come lente d’ingrandimento sul presente e sul passato.Il rapporto tra un professore e il suo alunno di una media inferiore.Racconto in forma di monologo di un giovane che arriva da lontano e che, grazie al suo mentore, trova nei libri se stesso e la propria storia.
che amavagli alberiIl ragazzo
testo e regiaPino Petruzzelli
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di Genova
interpretePino Petruzzelli
voce di RachidGiacomo Petruzzelli
videoMarco Di GerlandoLudovica Gibelli
luciFrancesco Ziello
Il testo Nella scuola media “Falcone/Borsellino” c’è un ragazzo. Uno. Ce ne sono tanti, ma uno solo si chiama Rachid. Di lui non si sa niente, finché un professore non si mette in ascolto e scopre qualcosa in più di quel ragazzo, del suo sorriso, della sua patria, della sua terra. Il professore scopre la famiglia di Rachid: padre e fratello. Scopre che Rachid non ha neanche sedici anni e la mattina, prima delle lezioni, lavora al mercato del pesce e poi a scuola dorme. Scopre che Rachid è amico di Arzeni, il migliore studente della classe. E soprattutto, durante una gita scolastica, scopre la passione di Rachid per gli alberi. Rachid si immerge nei boschi e abbraccia gli alberi. E li tiene stretti. Il professore scopre che Rachid ama gli alberi. Rachid vuole diventare un albero dalle radici ben piantate nel terreno. Rachid è legato alla terra perché nella vita gli è venuta a mancare. La terra che lo ha partorito non c’è più e ora c’è solo erranza. E allora non rimane che il sogno di quella terra. Un sogno che è stato salvezza, quando in mare, senza una barca, nel buio di quella notte maledetta, raggiunse una qualche riva di una qualche altra terra. Questo ora il professore sa, eppure…
Lo spettacolo «Rachid, l’immigrato, vaga, erra per le strade delle nostre città. Il suo vagare è abitato da ricordi. Ricordi di una terra rovente, di deserto, di pietre e di radici bruciate. Ricordi che sono ricerca di un’infanzia forse idealizzata, ma certo rubata, strappata “dalle infantili bugie occidentali”. Il ragazzo che amava gli alberi è questo: terra strappata alla terra, figlio strappato alla madre. Un itinerario interiore attraverso il mito del deserto che ci lascia soli davanti a noi stessi spazzando via l’inutile e il superfluo in un cammino per sottrazione. In cammino è Rachid, ma in cammino è anche il suo professore che, attraversando il mistero del tradimento di un ideale, rivela tutta la fragilità delle nostre certezze quotidiane. Camminando in questo deserto, in questa terra d’esilio, è possibile perdersi ma anche ritrovarsi». Pino Petruzzelli
L’autore Pino Petruzzelli, nato a Brindisi, è un attore, regista ed autore. Dopo gli studi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma e le esperienze come autore, fonda con Paola Piacentini il Centro Teatro Ipotesi, che si occupa di temi legati al rispetto e alla conoscenza delle culture. Dal 2000 è direttore artistico del Festival Teatrale Tigullio a teatro a Santa Margherita Ligure. Come attore ha lavorato con Andrea Camil-leri, Lorenzo Salveti, Tonino Conte, Aldo Trionfo.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Pranzo di nozze (1956) Richard Brooks
Che tempi Che tempi! (1948)Giorgio Bianchi
Come sposare una figlia (1958)Vincente Minnelli
Ma se ghe penso (1925)Mario Cappello
Crêuza de mä (1984) Fabrizio De André
Chi guarda Genova (1988)Ivano Fossati
Lui, Govi (1981) Petrucci, Viazzi, Leoni
Il teatro di GoviS. Bassano
La maschera e il volto. Il teatro in italiaFrancesco Bruni
Corte | dal 27 dicembre al 5 gennaio
Nuovo sguardo per la rivisitazione, in occasione del 50° anniversario della morte, di uno dei maggiori successi del teatro di Gilberto Govi (e di sua moglie Rina), che racconta i bisticcidi due non più giovani coniugi, alle prese con la ricerca di un buon partitoper la loro unica figlia.
I manezzipe majâ na figgiaI maneggi per maritare una figliola
di Niccolò Bacigalupo omaggio a Gilberto Goviregia Jurij Ferrini
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di GenovaProgetto U.R.T.in collaborazione conFestival Teatraledi Borgio Verezzi
interpretiJurij FerriniOrietta NotariMatteo AlìClaudia BenziFabrizio CaredduArianna ComesStefano MorettiRebecca RossettiAngelo Tronca
scene e costumiLaura Benzi
luciMarco Giorcelli
Il testo La commedia originale fu scritta dal poeta e drammaturgo genovese Niccolò Bacigalupo, ma venne poi “riadattata” con molta libertà da Gilberto Govi, il quale la portò al successo già negli anni Venti del Novecento. Il protagonista è il signor Steva (diminutivo genovese di Stefano), un maturo sensale, vessato dalla moglie volitiva ed autoritaria e con una figlia da maritare, per la quale sembra esserci lo spasimante ideale nel Signor Riccardo, figlio di un senatore, che si ritrova in concorrenza con Cesarino, altro pretendente che però non pare abbia le carte in regola per giungere trionfante al traguardo. Per maritare la ragazza si fanno carte false, i pretendenti vanno e vengono in una girandola di situazioni da risata. La signora Giggia (moglie del protagonista), concentrato di perfidia e di malignità, si prefigge a tutti i costi di accasarla con il benestante signor Riccardo. Oltre che alla celebre interpretazione di Govi, il grande successo di questa pièce deve molto anche a sua moglie Rina Govi – moglie nella vita come, in questo caso, sul palcoscenico – nel ruolo di “la Giggia”, la padrona di casa, tiranna e maneggiona, che vessa di continuo il povero marito per ottenere i suoi scopi e in particolare lanciare la scalata sociale della famiglia tramite un matrimonio d’interesse per la loro unica figlia. La trama è molto semplice, ma quando la commedia fu scritta, a cavallo tra ‘800 e ‘900, aveva in più, rispetto ad oggi, il valore di raccontare in modo nuovo, non solo il divertente ar-chetipo della moglie autoritaria e dittatoriale dentro le mura domestiche, ma anche la forza dirompente di un personaggio femminile capace di mettere in discussione una società ancora fortemente patriarcale.
Lo spettacolo Come ricorda il regista e interprete Jurij Ferrini, questo nuovo allestimento di I manezzi pe majâ na figgia (I maneggi per maritare una figliola) nasce in occasione del 50° anniversario della scomparsa del grande attore genovese, Gilberto Govi, avvenuta nel 1966. E poi aggiunge: «Riproporre il teatro di Gilberto Govi non era impresa semplice due anni fa quando misi in scena Colpi di timone, come non lo è oggi. Ma il successo conseguito mi spinge a portare avanti questo coraggioso progetto. Perché coraggioso? Perché il passaggio è davvero molto stretto; infatti se da un lato non esiste una tradizione da “tradire”, dall’altra parte il talento di questo grande primo attore caratterista, costituisce giocoforza un confronto tanto inevitabile quanto da evitare. Insomma è proprio una specie di trappola. Ma ogni limite che sembra insuperabile affascina e sprona alla sfida».
L’autore Niccolò Bacigalupo, nato a Genova nel 1837, a diciotto anni en-trò alle dipendenze del Comune di Genova, di cui divenne tesoriere nel 1878. Appassionato cultore di lingue classiche con una profonda conoscenza delle maggiori opere greche e latine, nonchè attore filodrammatico, organizzatore di riviste e animatore di salotti letterari, fu una delle figure più note della società letteraria di fine Ottocento. Le sue commedie vennero portate al successo da Gilberto Govi e Rina Gaioni. Morì a Genova il 7 giugno 1904.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Quei due (1969) Stanley Donen
Le fate ignoranti (2001)Ferzan Özpetek
Festa per il compleanno del caro amico Harold (1970) William Friedkin
Il vizietto (1978) Édouard Molinaro
Lei (1979) Gianna Nannini
Eva - Eva (2002) Subsonica
I Want to Break Free (1984) Queen
Camere separate (1989) Pier Vittorio Tondelli
Angeli da un’ala soltanto (2004)Sciltian Gastaldi
Le mani sull’amore (2009) Sandro Lombardi
Corte | dal 10 gennaio al 15 gennaio
Charlie e Henry vivono insieme da trent’anni. Situazioni comiche e litigi di coppia, per due anziani barbieri nella periferia di Londra. Una commedia per attori capaci di divertirsi. Negli anni Sessanta, la quotidiana vita sentimentale degli omosessuali non era certo facile.
di Charles Dyerregia Roberto Valerio
Quei due
Approfondimenti
produzioneStar Dust Show Productions
adattamentoMassimo Dapporto
interpretiMassimo DapportoTullio Solenghi
sceneMassimo Bellando Randone
costumiMoris Verdiani
musicheBrentmont
Il testo Charlie (Massimo Dapporto) è in attesa dell’arrivo della figlia che non vede da trent’anni, cioè da quando ha divorziato dalla prima moglie e ha iniziato a vivere con Henry (Tullio Solenghi). Anche Henry non vede l’ora di conoscere la ragazza, ma Charlie non vuole presentarlo alla figlia - non subito almeno - visto che la giovane è all’oscuro della rela-zione del padre. Henry, infastidito, ricorda a Charlie di avergli dato una casa dove vivere e un mestiere. Charlie replica che, se non lo avesse sedotto, avrebbe avuto la possibilità di dedicarsi alla sua carriera d’attore invece di ridursi a fare come lui il barbiere in un negozio di periferia. A complicare ulteriormente le cose, e ad aumentare i battibecchi tra i due, giunge una lettera di convocazione in tribunale: la colpa di Charlie è di essersi vestito da donna in un locale e aver lanciato sguardi ammiccanti verso un giovane poliziotto. Dopo una serie di piccoli/grandi colpi di scena, sempre in bilico tra la farsa e la tragedia, arriva il giorno dell’udienza in tribunale. Charlie vi si avvia rifiutando la compagnia di Henry che potrebbe danneggiarlo. Poi comprende che la sua vicinanza gli è indispensabile e lo chiama, a gran voce, accanto a sé…
Lo spettacolo Scritto nel 1966 da Charles Dyer, Quei due (in originale Staircase) è una commedia autobiografica che fu messa in scena la prima volta dal-la Royal Shakespeare Company con Paul Scofield e Patrick Magee protagonisti. Quasi subito fu tradotto anche in italiano per un fortunato spettacolo del quale furono protagonisti Paolo Stoppa e Renzo Ricci. Il successo della commedia fu tale che anche il cinema se ne interessò realizzando nel 1969 un film che, diretto da Stanley Donen, uscì anche in Italia con il titolo, appunto, di Quei due, per l’interpretazione di Richard Burton e Rex Harrison. Dieci anni prima di Il vizietto, erano quelli i tempi in cui travestirsi in pubblico da donna poteva ancora costare due anni di galera, ma la vita di una coppia omosessuale non era in fin dei conti, ieri come oggi, molto diversa da quella delle altre: compromessi, abitudine, voglia di libertà, paura di restare soli. Quella di Henry è una vita simile a quella di tante donne che restano aggrappate a degli uomini bugiardi e traditori. Come non provare tenerezza e rabbia per queste vittime dell’amore e della solitudine?
L’autore Nato nel 1928, Charles Dyer ha debuttato a Londra come atto-re-autore con la commedia Who on Earth? nel luglio del 1951 e da allora, le sue commedie sono state rappresentate ininterrottamente in molte lingue. Ha interpretato oltre duecento ruoli in teatro, ed ha lavorato anche per il cinema. si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Orfeo (1950) Jean Cocteau
Al di là dei sogni (1998) Vincent Ward
Orfeo negro (1959) Marcel Camus
Orfeo ed Euridice (1762) Christoph Willibald Gluck
Orfeo (2000) Carmen Consoli
Euridice (1993) Roberto Vecchioni
MetamorfosiOvidio
L’uomo invaso (1986)Gesualdo Bufalino
Dialoghi con Leucò (1947) Cesare Pavese
Duse | dall’ 11 gennaio al 15 gennaio
Novello Orfeo, l’uomo amato in gioventù ottiene che la protagonista possa usciredalla strana “Casa di riposo” in cui vive; ma proprio per amore lei lo induce “con voce ferma” a voltarsi, sebbene ciò comporti il suo ritorno nel vuoto dell’aldilà. Una metafora della ricerca della verità.
Lei dunquecapirà di Claudio Magris
regia Daniela Ardini
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneLunaria Teatro
drammaturgiaMargherita Rubino
interpreteElisabetta Pozzi
sceneGiorgio PanniGiacomo Rigalza
costumiElisabetta Zinelli
musicheDaniele D’Angelo
Il testo Scritto nel 2006 dal triestino Claudio Magris (1939), Lei dunque ca-pirà è un monologo che rivisita il mito di Orfeo, trasportandolo nella contemporaneità. Tra realismo e metafora, la narratrice racconta i tentativi fatti dall’amato per portarla fuori dalla “Casa di riposo”, diretta da un invisibile Presidente: evocazione del Dio cristiano secondo la fede popolare. Come ad Orfeo nell’Ade, questo Presidente concede all’amato della narratrice (un poeta e cantautore, un artista) di condurre la donna fuori dalla “Casa”, a patto che non si volti a guardarla prima di essere uscito all’aperto. La donna è convinta che l’uomo sia sceso a prenderla non solo per amore di lei, ma per cantare ai contemporanei la verità che i morti conoscono più dei vivi. Sapendo che questo non è vero, al fine di evitargli una delusione, la no-vella Euridice decide pertanto di costringere l’amato a voltarsi. Così il suo poeta la perde e lei, dispiaciuta ma serena, ripiomba nel vuoto dell’immensa e metaforica “Casa di riposo”.
Lo spettacolo «Tra i pezzi scritti da Claudio Magris per il tea-tro, Lei dunque capirà è quello più denso, profondo, struggente. Scritto in forma di monologo, evoca molti altri personaggi, raffigurando una vita e delle passioni che la protagonista ha vis-suto fino in fondo ma che intende lasciarsi alle spalle, anche quando ha l’occasione di tornare ancora a viverle. Lei è una moderna Euridice, ammorbata e infine vinta dal veleno, costretta a lasciare il suo unico, assoluto amore. Orfeo non si dà pace finché non ottiene dal “Presidente” il ritorno della sua donna da un luogo da cui nessuno è mai tornato. Il racconto del possibile ritorno di Euridice alla luce, e alla vita, finisce qui con un capovolgimento della favola quale da millenni è narrata. L’amore di lei per il suo Poeta, reduce da un “vuoto” compositivo e impazien-te di riavere, con lei, inedite e profonde verità di quel mondo dal quale nessuno mai è tornato, arriva al punto da contraddire l’ordine dato, chiamarlo a voce alta, far sì che lui si volti perden-dola per sempre: Euridice ma anche Alcesti, che sacrifica la propria vita per salvare in qualche modo quella di lui, che non avrebbe retto davanti alla sconsolante verità che l’aldilà non è che una copia sbiadita, insignificante della vita che crediamo reale. L’Amore è possibile, la ricerca della Verità non lo è». Margherita Rubino
L’autore Germanista e critico, nasce a Trieste nel 1939. Finissimo lette-rato, di vastissima e straordinaria cultura, è uno dei più profondi saggisti contemporanei. Ha contribuito con numerosi studi a diffondere in Italia la conoscenza della cultura mitteleuropea e della letteratura del “mito asburgico”. È professore emerito alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste. Ha tradotto opere di Ibsen, Kleist e Schnitzler. Collabora con il “Corrie-re della Sera”. Il suo ultimo libro, pubblicato con Garzanti nel 2015 è Non luogo a procedere.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Il trono di sangue (1957)Akira Kurosawa
Macbeth (1971)Roman Polanski
Macbeth (2015)Justin Kurzel
Macbeth (1847) Giuseppe Verdi
Il potere (1997)Pierangelo Bertoli
People Have the Power (1988)Patti Smith e Fred Smith
La soglia dell’invisibile. Percorsi del Macbeth: Shakespeare, Verdi, Welles(2005) Fabio Vittorini
1984 (1949) George Orwell
L’urlo e il furore (1929)William Faulkner
Corte | dal 17 gennaio al 22 gennaio
Ascesa e rovina di Macbeth, il guerriero scozzese che volle farsi re. L’ermetica seduzione delle profetiche streghe e la sanguinaria ambizionedi Lady Macbeth. Una via al potere lastricata di efferati omicidie di laceranti sensi di colpa per una tragedia dell’immaginazione.
Macbeth di William Shakespeareregia Luca De Fusco
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di NapoliTeatro Stabile di CataniaNapoli Teatro Festival Italia
versione italianaGianni Garrera
interpretiLuca LazzareschiGaia ApreaFabio CocifogliaPaolo CrestaFrancesca De NicolaisClaudio Di PalmaLuca IervolinoGianluca MusiuAlessandra Pacifico GriffiniGiacinto PalmariniAlfonso PostiglioneFederica SandriniPaolo SerraEnzo Turrin
sceneMarta Crisolini Malatesta
costumi Zaira de Vincentiis
musicheRan Bagno
coreografieNoa Wertheim
luciGigi Saccomandi
di William Shakespeareregia Luca De Fusco
Il testo Realizzato in occasione del quattrocentesimo anniversario della mor-te di William Shakespeare, lo spettacolo propone il nuovo allestimento di uno dei suoi testi elisa-bettiani più teatralmente perfetti per coerenza e consequenzialità della struttura drammaturgica. Scritta tra il 1605 e il 1608, la tragedia di Macbeth racconta la vicenda del vassallo di re Duncan di Scozia, il quale, divorato dall’ambizione e dalla brama di potere, instillatagli dalla profezia di tre streghe, insieme alla moglie, progetta e porta a compimento il regicidio per salire al trono. Ne conseguono altri omicidi e tormentosi sensi di colpa, che fanno di questa tragedia fosca e cruen-ta, abitata da personaggi complessi e ambigui, una delle opere di Shakespeare più studiata e rappresentata, sia per il suo valore intrinseco, sia per la sua coinvolgente attualità.
Lo spettacolo «Questa edizione del Macbeth – dichiara il re-gista Luca De Fusco – si pone come ideale prosecuzione del lavoro già avviato con Antonio e Cleopatra e Orestea, due spettacoli che si sono fortemente connotati nel senso della spe-rimentazione e della contaminazione tra linguaggi. Anche in questo caso il teatro si mescola con le installazioni video instaurando uno stretto rapporto tra teatro, musica e danza. La logica visuale asseconda la natura fantastica del testo che vede i suoi momenti fondamentali (ap-parizione delle streghe, visione del pugnale, fantasma di Banquo, apparizione dei Re, delirio del sonnambulismo di Lady Macbeth) tutti fortemente contrassegnati dal tema del sogno, del delirio, insomma dell’irreale. L’ambientazione non colloca l’allestimento in una precisa epo-ca ma in una dimensione atemporale sospesa tra Medioevo, atmosfere da cinema anni ‘40, con uno sguardo al futuro. Partendo dagli studi di Bloom e Freud ho cercato di attraversare il testo ponendomi delle domande sull’origine del male. Un grande tema, che nel Macbeth si può intendere in modo immanente (come ovviamente sostiene Freud) ma che sopporta anche una interpretazione trascendente, visto che le streghe non sono solo il frutto della fantasia di Macbeth e la loro apparizione trasforma un uomo fatto di latte, come dice Lady Macbeth, in una bestia feroce».
L’autore William Shakespeare (1564-1616), drammaturgo e poeta appar-tenente all’epoca elisabettiana, attore e impresario, perfetto conoscitore dei ritmi e delle esi-genze della rappresentazione, è universalmente considerato lo scrittore più importante della letteratura teatrale del mondo occidentale. Macbeth è tra i drammi più conosciuti. Composto fra il 1605 e il 1608, frequentemente rappresentato e riadattato nel corso dei secoli, è divenu-to archetipo della brama di potere e dei suoi pericoli.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) Miloš Forman
La pecora nera (2010) Ascanio Celestini
Si può fare (2008) Giulio Manfredonia
Parsifal (1882) Richard Wagner
Ti regalerò una rosa (2007) Simone Cristicchi
Canzone per Alda Merini (1999) Roberto Vecchioni
Questo viaggio chiamavamo amore (2015) Laura Pariani
Sono nata il 21 a primavera (2005) Alda Merini
Veronika decide di morire (1998)Paulo Coelho
Duse | dal 18 gennaio al 22 gennaio
Un omaggio ad Alda Merini, “la poetessa dei Navigli”, donna dalla straordinariaparabola artistica e umana, i cui versi sono sottesi da una forte componente mistica. Ma anche un testo di denuncia civile contro il trattamento nei manicomi italiani prima del 1978, data della riforma Basaglia.
La pazzadella portaaccanto
di Claudio Favaregia Alessandro Gassmann
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di CataniaTeatro Stabile dell’Umbria
ideazione scenica Alessandro Gassmanncon la collaborazione di Alessandro Chiti
interpretiAnna FogliettaAngelo TostoAlessandra CostanzoSabrina KnaflitzLiborio NataliOlga RossiCecilia Di GiuliStefania Ugomari Di BlasGiorgia BoscarinoGaia Lo Vecchio
costumi Mariano Tufano
musiche originaliPivio & Aldo De Scalzi
videografie Marco Schiavoni
disegno luci Marco Palmieri
Il testo L’appassionata storia d’amore tra Alda Merini (1931-2009), poetessa complessa e dal carattere malinconico, e un giovane paziente dell’ospedale psichiatrico in cui anche lei era ricoverata. Caratterizzata da una scrittura vibrante e asciutta, la drammaturgia di Claudio Fava scorre senza interruzione, lasciando che le citazioni dei versi originali della Merini diventino materia incandescente e viva di un’esistenza duramente provata, e nello stesso tem-po siano testimonianza di un’autentica genialità poetica. La pazza della porta accanto sonda gli abissi di una mente abitata da fantasmi, racconta il suo rapporto con i compagni di degenza, ma dà anche forma teatrale alla sua nostalgia per la famiglia e per le figlie, rivela il suo senso profondo della maternità, la fede religiosa, la capacità di resistere alla cattività forzata del ma-nicomio, l’aspirazione profonda alla libertà del corpo e della mente.
Lo spettacolo «Conoscevo Claudio Fava, la sua storia, la sua sensibilità, il suo impegno politico e sociale; conoscevo la storia del padre Giuseppe, vittima della mafia, una delle piaghe più dilanianti del nostro paese», annota Alessandro Gassmann, qui in veste solo di regista: «Conoscevo anche Alda Merini, la drammaticità della sua esistenza; anch’io, come tanti, mi sono emozionato e commosso nel sentirla leggere i suoi appassionati versi. Dopo aver letto il testo di Claudio, ritratto giovanile, intimo e struggente della grande poe-tessa, ho avvertito immediatamente la necessità, direi l’urgenza, di metterlo in scena. Un testo che si sviluppa all’interno di un ospedale psichiatrico e che ripercorre la drammatica esperien-za della Merini. Erano gli anni in cui la parola “depressione” non si conosceva e chi soffriva di questa malattia veniva definito pazzo. Erano anche gli anni in cui negli ospedali psichiatrici praticavano l’elettroshock e i bagni nell’acqua gelata. È in questa particolare dimensione alie-nante che la protagonista si trova a condividere le giornate con le altre malate alle quali offre spontaneamente i suoi versi, ma soprattutto è il luogo dove nasce un’appassionante storia d’amore fra lei e un giovane paziente».
L’autore Claudio Fava, uomo politico, giornalista e scrittore (Catania, 1957). Laureato in giurisprudenza, alla morte del padre Giuseppe Fava, ucciso da Cosa Nostra nel 1984, ha assunto la direzione de “I Siciliani”, giornale antimafia. Ha lavorato per il “Corriere della Sera”, ”L’Unità”, “L’Espresso”, “L’Europeo” e la Rai, sia in Italia che come inviato speciale dall’estero su numerosi fronti di pace e di guerra. È vicepresidente della Commissione antimafia.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Non ti pago! (1942) Carlo Ludovico Bragaglia
L’oro di Napoli (1954) Vittorio De Sica
A che servono questi quattrini? (1942) Esodo Pratelli
Cabala (2015) Leopoldo Mastelloni
Ah l’amore che fa fa (1911) Ernesto Murolo
O sole mio (1898) Eduardo Di Capua
Cantata dei giorni pari (1959) Eduardo De Filippo
Cantata dei giorni dispari I-II (1975) Eduardo De Filippo
Il giocatore (1866) Fëdor Dostoevskij
Corte | dal 24 gennaio al 29 gennaio
Clamorosa vincita al lotto con numeri ricevuti in sogno dal padre altruied esilaranti manifestazioni d’invidia del “derubato”. Una travolgente farsa dal retrogusto tragicomico, con personaggi ambigui e surreali che fanno ridere perché incapaci di distinguere il sogno dalla realtà.
Non ti pagodi Eduardo De Filipporegia Luca De Filippo
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneCompagnia di Teatro di Luca De Filippo
interpreti (in ordine di apparizione) Carolina RosiViola ForestieroNicola Di PintoFederica AltamuraAndrea CioffiGianfelice ImparatoMassimo De MatteoCarmen AnnibalePaola FulcinitiGianni CannavacciuoloGiovanni Allocca
scene Gianmaurizio Fercioni
costumi Silvia Polidori
musiche Nicola Piovani
luci Stefano Stacchini
Il testo Scritta da Eduardo De Filippo nel 1940, Non ti pago è una commedia che si colloca a cavallo tra la Cantata dei giorni dispari, nella cui raccolta l’autore la volle inse-rita fino al 1971, e la Cantata dei giorni pari, dove da quest’anno in poi venne classificata con maggiore rispetto della cronologia e dell’argomento. È comunque con questa commedia che i fratelli Eduardo e Peppino De Filippo, i quali ancora facevano Compagnia insieme, cominciaro-no a essere presi in considerazione anche dalla critica, concordando sempre più con quello che poco tempo dopo ebbe occasione di scrivere Ennio Flaiano: «Senza esagerare ci si accorge che sono più vicini loro alla letteratura di quanto non lo siano molti autori d’oggi al teatro». L’assunto narrativo coniuga la farsa e la tragedia. Ferdinando Quagliuolo, che ha ereditato la gestione di un banco “lotto” dopo la morte del padre, è anche un accanito giocatore, nonostante la sua eccezionale sfortuna. Un suo impiegato, Mario Bertolini, al contrario inanella vincite su vincite, suscitando la feroce invidia del datore di lavoro. Con la complicità della madre Concetta, Mario fa la corte a Stella, la figlia di Ferdinando. Un giorno Mario annuncia che grazie ai numeri rice-vuti in sogno dal padre di Ferdinando ha vinto una ricca quaterna. La cosa manda su tutte le furie Ferdinando, il quale, sostenendo che il destinatario di quel sogno era in realtà lui, si rifiuta di pagare la vincita. Data questa situazione di partenza, la commedia procede poi secondo gli schemi della farsa, con Ferdinando che dapprima cerca di rivolgersi alla legge degli uomini tramite un avvocato e di Dio con l’aiuto del parroco, poi prova estorcere a Mario una formale rinuncia alla vincita e quindi non esita a far precipitare la situazione nella tragedia a mano armata. Ma, infine, il lieto fine trionfa, anche se lascia un retrogusto amaro.
Lo spettacolo È questo l’ultimo spettacolo diretto e interpre-tato da Luca De Filippo, il cui ruolo sulla scena è oggi assunto da Gianfelice Imparato. Così ne ha scritto la critica: «Una cosa viva, piena di humour, di charme che sa divertire il pubblico anche grazie a un gruppo di attori affiatati, con i tempi perfetti che questo testo eduardiano richiede» (“L’Unità”). «Un autentico gioiellino: un delicatissimo equilibrio fra il piacere di divertire e la voglia di raccontare, tra gioco e amaro sarcasmo» (“La Repubblica”). «Una bella compagnia di attori che ben giocano con i loro personaggi, per uno spettacolo che fa assaporare la vivacità e la vitalità della nostra tradizione» (“Il Corriere della Sera”).
L’autore Eduardo De Filippo, autore teatrale, attore e regista (Napoli, 1900 - Roma, 1984). Tra le figure più eminenti del teatro italiano del Novecento, per la sua abilità di autore e la sensibilità di interprete che faceva perno su una raffinata tecnica espressiva. Dapprima in parallelo con l’esperienza teatrale svolta con i fratelli, in seguito con compagnie proprie, si impose dapprima sulla scena teatrale italiana e in seguito su quella internazionale. Nel 1954 inaugurò a Napoli il Teatro San Ferdinando, distrutto dalla guerra e ricostruito a sue spese per far rivivere le tradizioni del teatro partenopeo.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)C. Geronimi, H. Luske e W. Jackson
Alice in Wonderland (2010) Tim Burton
Alice Through the Looking Glass (2016) James Bobin
White Rabbit Jefferson Airplane
You Know Me (2010)Robbie Williams
Alice (1973)Francesco De Gregori
Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie (1865) Lewis Carroll
Sono stata Alice (2010) Melanie Benjamin
The White Rabbit (1981) Joe R. Lansdale
Duse | dal 24 gennaio al 29 gennaio
Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie e di Alice dietro lo specchiorivisitate nel segno di un teatro che mescola la prosa con il disegno animato.Quattro attori per quasi trenta personaggi ideati da Lewis Carroll, in uno spettacolo che sa rivolgersi a tutti: grandi e piccoli.
AliceUnderground
testo e regia Ferdinando Bruni e Francesco Frongiada Lewis Carroll
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro dell’Elfo
interpretiElena Russo ArmanIda MarinelliUmberto PetrancaMatteo De Mojana
suono e programmazione videoGiuseppe Marzoli
direzionee arrangiamento delle canzoniMatteo De Mojana
luciNando Frigerio
Il testo Alice Underground è un cartoon teatrale realizzato con più di trecento disegni, dipinti uno a uno ad acquerello e quindi animati in un flusso continuo di proiezioni, nelle quali gli attori in carne e ossa si perdono per poi ritrovare la dimensione del sogno e dell’infanzia. Il palcoscenico diventa così una scatola magica dove è possibile contestare il senso delle parole, inscenare assurdi indovinelli, mettere in dubbio le proprie certezze. Accanto ad Alice, interpretata da Elena Russo, tre attori danno corpo e voce agli altri personaggi, trasfor-mandosi senza tregua e interpretando dal vivo canzoni che prendono a prestito le note dei Roxy Music, dei Pink Floyd, dei Beatles, dei Rolling Stones. Perché, come suggerisce la Duchessa: «Chi semina suoni raccoglie senso». Il titolo dello spettacolo ricalca quello della prima stesu-ra del capolavoro di Lewis Carroll (scritta e illustrata a mano dall’autore per la piccola Alice Liddell), a sottolineare che si tratta di un viaggio sottoterra, nei territori misteriosi del sogno e dell’inconscio, alle radici dell’individuo e della collettività.
Lo spettacolo «Uno spettacolo di lussureggiante inventiva, colorato, accattivante, fantasioso, raffinato, che permette alla fantasia di volare. Ferdinando Bruni ha disegnato Alice e il suo mondo in molti acquerelli. Frongia li ha poi trasferiti sul com-puter dando vita a una vivace proiezione continua sulle tre pareti bianche che delimitano lo spazio scenico, munite di alcuni buchi e sportelli in modo che gli attori, sporgendosi con un arto o con la sola testa, vengono catturati dalle immagini proiettate e diventano giganteschi, oppure piccolissimi. L’illusione è perfetta» (Corriere della Sera). «Insetti esotici, alberi mai visti, animali sconosciuti, fra i quali un gatto del tutto speciale dalla risata sardonica a tutto denti, un mondo sotterraneo - underground appunto - dove tutto è possibile, fanno da sfondo alla scena vera e propria... È sorprendente quello che i tre bravissimi attori che affiancano Alice riescono a inventarsi interpretando personaggi diversi, mutando voce, gestualità e costumi con una ve-locità che non dimentica mai la grazia» (L’Unità). «Divertente, sorprendente, esilarante. Un’ora e mezzo di puro piacere visivo, di sorpresa continua, di suspence reiterata. L’adattamento dal testo originale è ottimo e fa ridere molto; anche gli attori si divertono un sacco. Alla fine, batti-mani scroscianti» (La Stampa).
L’autore Scrittore inglese, Lewis Carroll - pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson - nasce in Inghilterra il 27 gennaio 1832 e muore nel 1898. Studia a Rugby e a Oxford, nel Christ Church College, dove rimane sino al 1881 come lettore di matematica pura, discipli-na alla quale dedicherà numerosi trattati. È celebre soprattutto per i due romanzi Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, opere che sono state apprezzate da una straordinaria varietà di lettori, dai bambini ai grandi scienziati e pensatori.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Corte | dal 31 gennaio al 5 febbraio
Sedici anni dopo la crisi del ’29, due fratelli si ritrovano per sgomberare la casa del padre e, per valutare “il prezzo” degli oggetti accumulati, ricorrono alla consulenza di un vecchio broker. Tra autobiografia e partecipazione emotiva, uno spettacolo che parla della realtà odierna.
Il prezzodi Arthur Millerregia Massimo Popolizio
Furore (1940)John Ford
Non si uccidono così anche i cavalli? (1969) Sydney Pollack
Wall Street (1987)Oliver Stone
The Wolf of Wall Street (2013) Martin Scorsese
Blowin’ in the Wind (1962)Bob Dylan
This Land is Your Land (1940)Woody Guthrie
The Ghost of Tom Joad (1995)Bruce Springsteen
Il lupo di Wall Street (2007)Jordan Belfort
Lehman Trilogy (2014)Stefano Massini
Furore (1939)John Steinbeck
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneCompagnia Umberto Orsini
versione italianaMasolino d’Amico
interpreti Umberto OrsiniMassimo PopolizioAlvia RealeElia Schilton
scenaMaurizio Balò
costumiGianluca Sbicca
luciPasquale Mari
Il testo Figli di un padre che ha subito drammaticamente la grande crisi economica del 1929, due fratelli si incontrano alcuni anni dopo la sua morte per sgomberare la casa in cui sono accumulati i mobili e gli oggetti raccolti dal padre nel corso della sua vita e che sta per essere demolita. Per valutare il valore di questi oggetti e stabilirne “il prezzo”, i due fratelli decidono di chiedere la consulenza di un anziano agente immobiliare. Data questa situazione di partenza, Arthur Miller la coniuga con spietata lucidità e amara compassione in tutte le sue varianti, offrendo agli attori dialoghi caratterizzati da una grande partecipazione umana per le inevitabili incomprensioni e le menzogne che la paura della perdita improvvisa del benessere possono esercitare su chi si dibatte nella crisi. Lo spettacolo tesse così una situazione dalla quale, soprattutto in virtù della recitazione degli interpreti, traspaiono tutti i timori e tutte le incertezze dei giorni nostri.
Lo spettacolo Scritta da Arthur Miller, la commedia debuttò a Broadway nel 1968, con grande successo di pubblico e di critica, due anni dopo la morte del padre di Miller, Isidore, del quale in Il prezzo traspaiono ricordi autobiografici, come testimonia il traduttore Masolino d’Amico: «Il defunto papà dei due fratelli della commedia, proprio come Isidore, era stato ricco e poi li aveva delusi mettendoli improvvisamente davanti alla prospettiva di un futuro molto meno roseo di quello che aveva loro promesso. Adolescenti al momento del-la catastrofe, i fratelli l’avevano affrontata ciascuno a suo modo, imboccando strade diverse. Oggi, riuniti da una necessità banale ma imprescindibile, i fratelli si ritrovano faccia a faccia, e nel confronto ciascuno è costretto suo malgrado a fare i conti col proprio passato, e a doman-darsi se abbia fatto bene a seguire la strada che ha seguito. Quella dell’autogratificazione com-porta ora, forse, dei rimorsi; quella del sacrificio, il sospetto che questo sia stato inutile. Come al solito, Miller, non dà risposte. Però ha un messaggio, tramite l’unico personaggio esterno, ossia il trafficante venuto a fare una stima del mobilio. Questo personaggio (intrepretato ora da Umberto Orsini, ndr) è la vera grande invenzione della commedia, un vecchissimo ebreo che ha attraversato mille peripezie, che è caduto e si è rialzato mille volte nella sua lunga esistenza, e che adesso guarda le schermaglie e i rancori dei due fratelli dall’alto dell’antica saggezza di chi ha accettato che nella vita, in fondo, conta una cosa sola, e questa è non arrendersi mai».
L’autore Drammaturgo fondamentale per la storia del Novecento, Arthur Miller nasce a Manhattan (New York) il 17 ottobre 1915 da famiglia ebrea benestante. Dopo la crisi del 1929 deve affrontare le difficoltà e lavorare per mantenersi e frequentare la scuola di giornalismo dell’Università del Michigan. Non tarda a scoprire la vocazione del teatro, nel quale esordisce a soli ventuno anni. Raggiunge grandissimo successo con testi come Morte di un commesso viaggiatore, Erano tutti miei figli, Uno sguardo dal ponte.
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Duse | dal 31 gennaio al 5 febbraio
Dalla penombra di un grigio appartamento emergono le figure di un uomo e una donna, inzuppati dalla pioggia battente. Sono i protagonisti di una storiaambientata nella Berlinopost-unificazione, dove lo sgretolarsi del muro non ha cancellato le tracce di un opprimente passato.
Enigma di Stefano Massini regia Silvano Piccardi
Niente significa mai una cosa sola
Good Bye, Lenin! (2003) Wolfgang Becker
Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoodi Berlino (1981) Uli Edel
Il cielo sopra Berlino (1987) Wim Wenders
Germania anno zero (1948) Roberto Rossellini
Alexander Platz (1978) Franco Battiato
After Berlin (1982) Neil Young
Another Brick in the Wall (1979)Pink Floyd
Concerto of Freedom Beethoven Sinfonia n°9 (Natale 1982) diretto da Leonard Bernstein
Arrivederci a Belino Est (2015)Roberto Molinterni
Non si può dividere il cielo (2009)Gianluca Falanga
Il cielo diviso (1963)Christa Wolf
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneArca Azzurra TeatroOttavia Piccolo
interpretiOttavia PiccoloSilvano Piccardi
scenePierluigi Piantanida
musiche originaliMario Arcari
luci Marco Messeri
Il testo Enigma è un dialogo fra due soli personaggi, un uomo e una donna di tarda età, colti in una serata autunnale di Berlino. C’è stato un incidente stradale, di cui la donna è rimasta vittima. L’uomo l’ha soccorsa portandola nel proprio vicino appartamento. Qui inizia fra i due la conversazione stentata che può crearsi fra due sconosciuti, ma lentamente qualcosa di enigmatico inizia ad emergere dal passato che è dietro l’angolo. Il testo è diviso in segmenti di durata diversa, da quelli di pochi secondi a quelli di cinque minuti. Ed è come un puzzle di cui lo spettatore deve ricomporre continuamente i pezzi.
Lo spettacolo La chiave di lettura di Enigma, scritto nel 2009 da Stefano Massini, sta nel sottotitolo: “Niente significa mai una cosa sola”. Una certezza però il testo ce la fornisce: ci troviamo a Berlino circa vent’anni dopo quel fatidico 9 novembre 1989, in cui il Governo della DDR decretò la soppressione del divieto, per i suoi cittadini, di passare liberamente dall’altra parte del “muro” che fino ad allora aveva diviso in due la città. Ed ecco che, caduto il muro, vite, esperienze, certezze, lutti e speranze, si frantumano, si incontrano, si mischiano... Un’altra certezza, sta nel luogo in cui si svolge l’azione scenica: un grande spazio unico comprensivo di cucina, letto, divano, tavolo e quant’altro può definire un posto “casa”. Qui hanno fine le certezze. Non perché quanto accade tra i due personaggi (Hilder, il padrone di casa e Ingrid, la donna cui presta soccorso) abbia in sé alcunché di bizzarro, ma perché ogni elemento reale, ogni dato di conoscenza, che da un quadro a quello successivo si concretizza in scena, si rivela poi “altro” da ciò che pareva essere. Decifrare di volta in volta il senso della vicenda, sia personale che collettiva, è il compito a cui l’autore chiama i personaggi stessi ma, attraverso la suspense del gioco teatrale, anche e soprattutto il pubblico. La posta in gioco è quella di penetrare il più grande degli enigmi: quello della Storia stessa. «La messinscena – annota Silvano Piccardi – si attiene a un principio di semplicità ed essenzialità che consenta soprattutto l’emergere delle figure dei personaggi e di quanto rovesciano in palcoscenico del proprio vissuto, con la mente, col cuore, con lo smarrimento che li accompagna. Diversi, oppo-sti i loro destini, eppure accomunati dalla condivisione di un mondo che, come dice Massini nel prologo, nel dissolvere le vite degli uomini nel “nuovo”, gli lascia sempre addosso “il cadavere di chi erano prima”».
L’autore Stefano Massini è una delle voci più riconosciute tra i nuovi autori del teatro italiano. Dopo gli studi classici, si avvicina al teatro come assistente ospite di Luca Ronconi al Piccolo Teatro di Milano. È tuttavia nel 2005 che decolla la sua attività di dramma-turgo, vincendo all’unanimità con L’odore assordante del bianco il Premio Pier Vittorio Tondelli, massimo riconoscimento per la scrittura teatrale in Italia. Da lì è un susseguirsi di allestimenti teatrali in tutta Italia per vari suoi testi. Suoi ultimi successi: 7 minuti e Lehman Trilogy.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Terapia di gruppo
Duse | dal 7 febbraio al 12 febbraio
di Christopher Durangregia Stefano Messina
Girandola di coppie nel carosello della vita. Psicanalisti logorroici e pazienti dall’incerto orientamento sessuale. Isterismi e ripicche,pulsioni irrefrenabili, insoddisfazioni e scenate. Una commedia piena di vita,dalla quale Robert Altman nel 1987 ricavò un film di successo.
Terapia di gruppo (1987) Robert Altman
Mariti e mogli (1992) Woody Allen
La strana coppia (1968) Gene Saks
Harry, ti presento Sally (1989)Rob Reiner
Così fan tutte (1790) Wolfgang Amadeus Mozart
Il triangolo (1978)Renato Zero
Pensiero stupendo (1978)Patty Pravo
Nudi e crudi (2001)Alan Bennett
Piccoli suicidi tra amici (1990)Arto Paasilinna
Il diario di Bridget Jones (1995) Helen Fielding
Approfondimenti
produzioneAttori & Tecnici
versione italianaGiovanni Lombardo Radice
interpreti Annalisa Di NolaStefano MessinaCarlo LizzaniMarco SimeoliVittoria Carpia
sceneAlessandro Chiti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Prudence, una giovane donna disinibita, letto un annuncio matrimo-niale su di una rivista, si reca in un ristorante per il primo incontro con Bruce, bizzarro tipo, per giunta bisex dichiarato e deciso a lasciare l’omosessuale Bob. Bruce e Prudence sono ambe-due sotto terapia presso due psicanalisti, aventi studi contigui. Di Prudence si occupa il dottor Stuart, di Bruce la dottoressa Charlotte: due professionisti assai stravaganti e faciloni (i quali, nel corso delle sedute, piantano ad ora fissa i rispettivi pazienti - in genere assillati da problemi sessuali - per amoreggiare rapidamente in una stanzetta che hanno in uso comune). I due medici, la giovane coppia, la superprotettiva Zizì, madre di Bob e cliente anch’essa di Stuart, nonché lo stesso Bob e Andrew, altro omosessuale e figlio di Charlotte, si ritrovano tutti nello stesso ristorante. Tutto questo tra isterismi e ripicche, pulsioni sessuali a volte irrefrenabili, una logorrea contagiosa dei due terapeuti come dei rispettivi clienti, frenesie, insoddisfazioni e scenate. Alla fine, Bob si consolerà con Andrew (vivissima la gioia di mamma Zizì, ben lieta di “conservare il suo Bob” piuttosto che vederlo inguaiato con una donna); gli pseudo-profes-sionisti continueranno ad esercitarsi su clienti nevrotici, ma, superate le esperienze personali, tenteranno infine di metter su famiglia.
Lo spettacolo Terapia di gruppo è una commedia cinica e di-vertente che, attraverso i suoi personaggi complessi e irrisolti, racconta la nevrosi della società contemporanea e le piccole e grandi contraddizioni della vita quotidiana e del nostro rapporto con noi stessi e con gli altri. Gli Attori & Tecnici mettono in scena uno spettacolo nel quale rie-cheggiano temi da sempre cari al cinema di Woody Allen, suggerendo infine a tutti gli amanti del teatro, uomini e donne, che solo il gruppo, il vivere insieme, può migliorare l’esistenza dell’individuo e soddisfarne bisogni, sia biologici sia psicologici; anche perché servirsi dell’u-morismo rimane sempre uno dei migliori antidoti ai mali del mondo.
L’autore Christopher Durang, drammaturgo americano (classe 1949), è noto per le sue commedie oltraggiose e spesso assurde. Nato a Montclair nel New Jersey, frequenta scuole cattoliche e si laurea in letteratura inglese ad Harvard e poi in sceneggiatura presso la Yale School of Drama. Le sue commedie sono state rappresentate ripetutamente negli Stati Uniti, dove spiccano produzioni importanti a Broadway e Off-Broadway. Ha recitato sia in teatro che al cinema.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Notte di Carnevale (1935) John Cromwell
Anonimo veneziano (1970) Enrico Maria Salerno
Il film “Carlo Goldoni - Venezia Gran Teatro del Mondo” (2009)Alessandro Bettero
Festa di Carnevale Sinf. N°4 Wolfgang Amadeus Mozart
Sinfonia per un addio Rondò veneziano
Poi Venezia si sveglia Charles Aznavour
Il divorzio (1800) Vittorio Alfieri
Il trionfo del dio denaro (1728) Pierre de Marivaux
I due gemelli veneziani (1750) Carlo Goldoni
Una delleultime seredi Carnovale
Duse | dal 15 febbraio al 19 febbraio
di Carlo Goldoni regia Beppe Navello
L’ultima commedia rappresentata da Carlo Goldoni prima della sua definitivapartenza per Parigi. Malinconia dell’addio a Venezia e riflessioni sul mondo che sta cambiando. Un’opera corale dalla potente capacità di comunicazione comica.Una commedia intrisa di profonda umanità.
Approfondimenti
produzione Teatro Piemonte Europa
interpretiDaria Pascal AttoliniDiego CasalisMarcella FavillaEleni MolosMaria Alberta NavelloGiuseppe NittiAlberto OnofriettiAndrea RomeroMatteo Romoli e altri attori dellacompagnia stabile di TPE
sceneFrancesco Fassone
musicheGermano Mazzocchetti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Disgustato dalle difficoltà di lavorare a Venezia, il disegnatore di stoffe Anzoletto ha deciso di portare in Moscovia la propria creatività e l’annuncio viene dato nella ca-sa-laboratorio del tessitore Zamaria, suo futuro suocero. Per festeggiare una delle ultime sere di carnevale, tutti si ritrovano insieme nella casa di Zamaria. Gli artigiani giungono a piccoli gruppi, mostrandosi come varianti di un gruppo sociale reso unito dalla stima e dalla fiducia nel loro mestiere. La comunità dei tessitori e dei rivenditori di stoffe pregiate, alcune delle quali stanno appese alle pareti della sala, discutono, amoreggiano, giocano un’esilarante par-tita alla meneghella e, mentre mangiano di gusto, combinano matrimoni a lungo rimandati e pensano al loro futuro commerciale, consapevoli di far parte di una medesima famiglia, unita nel momento del bisogno. Quel campionario di umanità rivela, così, un confronto acceso tra la prontezza della solidarietà femminile e il senso di responsabilità maschile. Dice Goldoni nella premessa alla commedia di aver voluto raccontare una “metafora” autobiografica: in procinto di partire per la Francia, nel 1762, per sfuggire alle invidie e alle critiche che la sua riforma te-atrale suscitava, per cui Una delle ultime sere di Carnovale può anche essere letto stabilendo questi paralllismi: Anzoletto = Goldoni e Zamaria = il suo impresario, Domenica, figlia di Zama-ria = la commedia riformata e Madame Gatteau = la comédie italienne, ecc.
Lo spettacolo «Una delle ultime sere di Carnovale costituisce la terza tappa di un’ideale trilogia civile che, dopo l’Alfieri di Il divorzio e il Marivaux de Il Trionfo del Dio Denaro, attraverso i toni sarcastici e irriverenti della commedia utopistica settecente-sca, ha l’ambizione probabilmente ingenua “di proporre umili pause di riflessione civile a un paese troppo affannosamente confuso nella propria contemporaneità”. È il momento di un’al-tra perdurante ragione di ansia collettiva, che dopo tre secoli riappare puntuale nel dibattito pubblico italiano: quello dei giovani costretti dall’indifferenza del mondo dei padri, a portare altrove, lontano, la loro voglia di lavorare per il futuro. I titoli giornalistici si sprecano, svariando in formule stereotipate quali “la fuga dei cervelli” o “la ricerca in esilio” o altro ancora. E dun-que, nessuno meglio di una compagnia di giovani attori come quella che abbiamo cresciuto in questi anni a TPE, che si è affermata in numerose prove di ardua difficoltà, potrebbe portare in scena un tema di così bruciante attualità». Beppe Navello
L’autore Una delle ultime sere di Carnovale è una commedia in tre atti di Carlo Goldoni (1707-1793). Fu rappresentata il 16 febbraio 1762, al Teatro San Luca di Vene-zia, a coronamento della stagione teatrale che aveva visto Le baruffe chiozzotte e I rusteghi. È un’opera che non manca di autobiografismo, anzi dall’autore stesso è definita nei Mémoires come una commedia d’allegoria “che ha bisogno di una spiegazione”. Questa commedia sim-boleggia il suo congedo dalla scena veneziana verso la Comédie Italienne di Parigi.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Il gabbiano (1977) Marco Bellocchio
Il gabbiano (1968) Sidney Lumet
Tre sorelle (1970) Laurence Olivier
Sinfonia n°1 Pëtr Il’ič Čajkovskij
Il gabbiano Negramaro
La grande Pasqua russa (Ouverture) Nicolaij Rimsky-Korsakov
I racconti Anton Cechov
Amleto (1603) William Shakespeare
La vita di Cechov (1939) Irène Némirovsky
Il gabbianodi Anton Cechov
Corte | dal 28 febbraio al 19 marzo
regia Marco Sciaccaluga
Riflessione su Arte e Vita. Un classico del teatro moderno, capace di parlarecon linguaggio attuale a tutte le generazioni: ai giovani vittime del loro dolore esistenziale e agli adulti che stentano ad accettare il trascorrere degli anni. Ritratto “dal vivo” di un’umanità autentica e vera.
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo È uno dei testi teatrali più noti e rappresentati di sempre; i personaggi della giovane Nina e del tormentato Konstantin, di Irina Arkadina, sua madre celebre attrice e amante dello scrittore Trigorin, sono stati portati sul palcoscenico in tutto il mondo dai maggiori attori di teatro e messi in scena dai più celebri registi. Il tema di un’umanità delusa dall’inutilità della vita ritornerà in tutti i successivi lavori teatrali di Cechov. Il titolo dell’opera viene da un acco-stamento simbolico: quello fra l’ignara felicità di un gabbiano che, volando sulle acque di un lago, viene stroncata dall’oziosa indifferenza di un cacciatore, e la sorte di una fanciulla, Nina, che sulle rive dello stesso lago si innamora di Trigorin, il quale senza cattiveria, anzi cedendo a una sorta di fatalità, approfitta della sua femminile smania di aprire le ali, la porta via con sé a fare l’attrice, la rende madre di un bimbo che però muore, e la lascia infine tornare a casa distrutta. Qui c’è un altro uomo che l’ama da molto tempo, il giovane Konstantin, anche lui scrittore, che so-gna l’arte e la gloria. Ma la madre di lui, Arkadina, disprezza l’inconsistenza delle liriche fantasie che egli va componendo e l’amata Nina non vuol saperne di lui. Scritto nel 1895 e rappresentato a Pietroburgo l’anno successivo, Il gabbiano fece dapprima registrare un insuccesso clamoroso, ma quando nel 1898 Stanislavskij e Dančenko rimisero in scena questo testo al loro Teatro d’Arte di Mosca fu subito un trionfo che aprì la via all’affermazione di Anton Cechov quale uno dei padri del teatro moderno.
Lo spettacolo «Guardando il vostro teatro, bisogna essere dei mostri di virtù per amare, compatire, aiutare a vivere queste nullità, questi sacchi di trippa che siamo… Vedete, a me pare che trattiate gli uomini con il gelo del demonio!». Con folgorante sin-tesi, così scriveva Maksim Gorkij a Cechov, dopo aver assistito ad una rappresentazione di Zio Vanja. A me pare che stia proprio lì l’essenza del genio di Cechov: la feroce denuncia del nostro nulla, coniugata in una continua altalena di ridicolo e patetico, diventa uno stringente invito a compatire, ad amare questi esseri inutili che siamo. Il palcoscenico di Cechov è la forma più gentile, condivisa, pietosa di spietatezza. Il suo “Teatro della Crudeltà” è il più “umano” che io conosca». Marco Sciaccaluga
L’autore Anton Cechov (1860 - 1904), nonostante le umili origini della sua famiglia, si laurea in medicina e durante la vita svolge la professione medica. Fin dalla giovi-nezza però, la sua passione per la scrittura lo spinge a comporre dei brevi racconti. È però fra il 1887 e il 1904 che si rivela al mondo il suo straordinario talento drammaturgico, con la creazione di alcuni dei testi più importanti del teatro moderno: atti unici quali Domanda di matrimonio e Il tabacco fa male e drammi lunghi quali Ivanov, Zio Vanja, Il giardino dei ciliegi e appunto Il gabbiano, scritto nel 1895.
produzioneTeatro Stabile di Genova
versione italianaDanilo Macrì
interpreti Roberto AlinghieriAlice ArcuriEva CambialeGiovanni FranzoniAndrea NicoliniElisabetta PozziTommaso RagnoFrancesco Sferrazza PapaMariangeles TorresFederico Vanni
scene e costumiCatherine Rankl
musicheAndrea Nicolini
luciMarco D’Andrea
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
La terra trema (1948) Luchino Visconti
Stromboli (Terra di Dio) (1950) Roberto Rossellini
Porte aperte (1990) Gianni Amelio
Cavalleria rusticana (1890)Pietro Mascagni
I vespri siciliani (1855) Giuseppe Verdi
Strade parallele (aria siciliana) Franco Battiato, Giuni Russo
La Sicilia, il suo cuore - Favole della dittatura (1950) Leonardo Sciascia
La Mennullara (2002)Simonetta Agnello Hornby
Pagine scelte di Luigi Pirandello (2007) Andrea Camilleri
Il casellanteDuse | dal 28 febbraio al 5 marzo
di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasqualeregia Giuseppe Dipasquale
Tra Storia (gli ultimi anni del fascismo) e Mitologia (le Metamorfosi), la favola amara scritta pochi anni fa da Andrea Camilleri rivivein uno spettacolo che coniugarecitazione e musica. La storiadi un casellante e di sua moglie sullo sfondo della guerra e dello sbarco degli alleati.
Approfondimenti
promozionePromo MusicTeatro CarcanoComune di Caltanissetta
interpretiMoni OvadiaValeria ContadinoMario IncudineSergio SeminaraGiampaolo Romaniae con i musicistiAntonio VastaAntonio Putzu
sceneGiuseppe Dipasquale
costumiElisa Savi
musiche originaliMario Incudinecon la collaborazionedi Antonio Vasta
luciGianni Grasso
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Pubblicato da Andrea Camilleri nel 2008, Il casellante è un romanzo nel quale l’autore siciliano attinge ancora una volta alla tradizione mitologica della cultura clas-sica greca, raccontando la metamorfosi incompiuta di un uomo la cui moglie vuole trasformarsi in un albero. L’azione si svolge negli anni di guerra, quando in Italia c’era ancora il fascismo. Reso invalido da un incidente sul lavoro, Nino Zarcuto fa il casellante sulla linea ferroviaria che congiunge Vigata a Castelvetrano: una stipendio sicuro, una piccola casa e un orticello. Ecco le condizioni per offrire un futuro a Minica, la donna che sposa e che dopo tanti tentativi andati a vuoto rimane finalmente incinta. Il lavoro è poco e c’è tempo per andare ogni tanto in paese, dove Nino, appassionato di mandolino, può anche dilettarsi con l’amico Totò in qualche sere-nata improvvisata. Ma la guerra si avvicina. Lo sbarco alleato è imminente e i soldati arrivano per costruire un bunker lungo la costa. I notabili fascisti si fanno sempre più sfrontati e, poiché a loro non va a genio la musica di Nino, lo mettono in prigione. In sua assenza, Minica viene aggredita e violentata, perde il bambino, la memoria, la ragione. Chi è stato? Uno dei militari di passaggio, o un compaesano che ha approfittato della sua assenza? Nino arriverà alla verità e alla vendetta, ma non riacquisterà la pace, perché Minica ha perduto il senno. Vuole essere piantata come un albero, e come un albero generare: il suo corpo comincia a trasformarsi. I capelli diventano fronde, le braccia flessibili rami, i piedi radici. Il corpo si ricopre di corteccia. Intanto, con lo sbarco degli americani, i bombardamenti si susseguono. Solo da questa deva-stazione Minica, novella Dafne, riesce a trovare la forza e le risorse per ricominciare a vivere.
Lo spettacolo «Andrea Camilleri si avvicina al genere fantasti-co con la volontà di descrivere certi paesaggi evitando le modalità di una rappresentazione na-turalistica. Per fare ciò ricorre alla sua infanzia, ai ricordi e alla fantasia. Tutto questo conduce al rapporto uomo-natura e al legame che li unisce a una Sicilia ricca di superstizioni, leggende, miti, ma anche a terra travagliata dall’arretratezza economica, dalla guerra, dall’avvento del fascismo. Ed è da tutto questo che, nello spettacolo interpretato da Moni Ovadia, dalla fiaba nasce la struttura narrativa del “melologo”, nella quale si fondono, in una atmosfera insieme realistica e fantastica, la recitazione e la musica.
L’autore Andrea Camilleri, scrittore di origine siciliana, nasce a Porto Empe-docle nel 1925. Sceneggiatore, autore e regista con un passato in Rai, è noto in tutto il mondo per i suoi libri gialli con protagonista il commissario Montalbano. Ne Il casellante, pubblicato nel 2008, Camilleri si fa attrarre dal mito della cultura greca e latina, trasfuso poi in quella siciliana, inerente alle vicende degli uomini e delle loro tentate metamorfosi.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Giulio Cesare (1953) Joseph L. Mankiewicz
Cesare deve morire (2012) Paolo e Vittorio Taviani
Le idi di marzo (2011) George Clooney
Giulio Cesare (1936)Gian Francesco Malipiero
Giulio Cesare (1724) Friedrich Händel
Norma (1831)Vincenzo Bellini
Giulio Cesare: il dittatore democratico (1999) Luciano Canfora
Gli affari del signor Giulio Cesare (1956) Bertolt Brecht
Idi di marzo (2008) Valerio Massimo Manfredi
Giulio CesareCorte | dal 21 marzo al 26 marzo
di William Shakespeareregia Alex Rigola
Il più noto dei drammi che Shakespeare ha dedicato alla storia dell’Antica Roma. Giulio Cesare racconta gli avvenimenti che vanno dall’uccisione di Cesare (44 a.C.)alla morte di Cassio e Bruto a Filippi (42 a.C.), ponendo l’accento sul temasempre attuale del rapporto tra etica e politica.
Approfondimenti
produzioneTeatro Stabile del Veneto
versione italianaSergio Perosa
adattamentoAlex Rigola
interpretiMichele RiondinoMaria Grazia MadruzzatoStefano ScandalettiMichele MaccagnoSilvia CostaMargherita ManninoEleonora PanizzoPietro QuadrinoRiccardo GambaRaquel GualteroBeatrice FediAndrea Fagarazzi
spazio scenicoMax Glaenzel
spazio sonoroNao Albet
costumiSilvia Delagneau
illuminazione Carlos Marquerie
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo William Shakespeare (1564 - 1616) scrisse il Giulio Cesare nel 1599, attingendo agli eventi narrati da Plutarco. E la domanda essenziale del dramma proviene pro-prio da quell’antica fonte: che spazio ha l’etica in politica? Due personaggi così diversi quali Bruto e Cassio, mossi da intenzioni che possono essere anche opposte, arrivano a credere che l’assassinio del leader sia l’unica via percorribile per conservare la Repubblica Romana. Per questo organizzano la congiura e nel 44 a.C. uccidono Cesare in Senato. Ma dopo il delitto? Che cosa costruiranno una volta messo a segno il loro piano di distruzione? La verità è che gli assassini di Cesare non hanno un programma preciso, non hanno un progetto. Hanno sconvol-to Roma e introdotto cambiamenti che rischiano di stravolgere pericolosamente la morale co-mune, eppure non hanno nulla da offrire in cambio. E proprio per questo finiranno con essere sconfitti a Filippi da Ottaviano e Marco Antonio.
Lo spettacolo Giulio Cesare è un dramma che parla di senti-menti eterni, presenti da sempre nell’animo umano. Fra i tanti quello che spicca maggiormente è il fascino del potere per il potere. Un tarlo che muove gli animi dei protagonisti, finendo per travolgere tutto e tutti. Annota Giampaolo Savorelli, direttore artistico dell’Estate Teatrale Ve-ronese dove lo spettacolo ha debuttato il 6 luglio scorso: «Gli interpreti dell’edizione italiana son stati scelti mediante audizioni dal regista spagnolo, il quale ha anticipato che il suo Giulio Cesare sarà uno spettacolo molto originale, anticonvenzionale, moderno, ma anche rispettoso del testo shakespeariano, perché ci saranno dei tagli, ma non vedremo una rilettura». Nome di spicco della scena teatrale europea e direttore della sezione teatro alla Biennale di Venezia, lo spagnolo Alex Rigola firma la sua prima regia in lingua italiana, riprendendo quella realizzata per il Teatro Lliure di Barcellona nel 2003. Un dramma epico, intenso ed appassionante, che vede in scena un cast di tredici attori, tra cui Michele Riondino (nel ruolo di Marco Antonio), artista che si muove agevolmente tra teatro, cinema d’autore e televisione.
L’autore Da sempre uno dei testi teatrali più noti per quel suo proporsi come un compendio di “vite” illustri, il Giulio Cesare apre la fase shakespeariana delle tragedie dell’ordine e del capovolgimento dei valori costituiti. Scritta e rappresentata per la prima volta nel 1599, questa tragedia riverbera emblematicamente la crisi generale dell’universo e dell’uo-mo che la cultura occidentale aveva ereditato dal mondo classico.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Lincoln (2012) Steven Spielberg
Una poltrona per due (1983) John Landis
Radici (serie televisiva, 1977) Marvin J. Chomsky, John Erman, DavidGreene, Gilbert Moses con Olivia Cole, LeVar Burton, Ben Vereen, Louis Gossett jr
La libertà (1972) Giorgio Gaber
Get up, Stand up (1973)Bob Marley
Un giorno di regno (1840) Giuseppe Verdi
L’Utopia (1516) Tommaso Moro
La capanna dello Zio Tom (1852)Harriet Beecher Stowe
Il Contratto sociale (1762) Jean-Jacques Rousseau
Un Marivaux d’annata. Quattro naufraghi sull’isola dove servi e padronihanno l’obbligo di scambiarsi ruolo e vestito prima di ritornare nel mondo,redenti da rancore e da arroganza. La dialettica dei rapporti di classe prima di Hegel e di Marx, in una commedia gestita con allegria.
L’isolaschiavi
degli
Duse | dal 21 marzo al 9 aprile
di Pierre de Marivaux regia Irina Brook
Approfondimenti
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
produzioneTeatro Stabile di GenovaThéâtre National de Nice
versione italianaCarlo Repetti
interpreti5 attori da definire
sceneNoëlle Ginefri
Il testo Quattro sopravvissuti ad un naufragio approdano sull’Isola degli Schiavi. Il saggio governatore dell’isola, Trivellino, espone loro la legge “di redenzione” che vige sull’isola, così nominata perché un tempo abitata da schiavi fuggiti dalle angherie dei loro padroni: i padroni e i servi dovranno scambiarsi i ruoli, i primi per pentirsi della propria superbia ed arroganza, e i secondi per liberarsi del rancore che nutrono verso i padroni. Solo dopo la “redenzione”, ognuno riprenderà il proprio ruolo e tutti potranno far ritorno nel vecchio mondo. Servi e padroni si scambiano anche gli abiti e i nomi. Il processo di redenzione inizia con i rac-conti che gli ex-servi fanno a Trivellino della vita dei loro ex-padroni, vita fatta di piaceri, di ozi e di cattiverie nei confronti dei loro servi. Quando Trivellino esce di scena, gli ex-servi cominciano a tiranneggiare i loro ex-padroni e a fare avances alle loro donne, sfogando così tutta la loro rabbia repressa. Poco alla volta, però, l’acrimonia ha fine, dando origine a un nuovo rapporto padrone-servo, basato sul reciproco rispetto ed affetto e non regolato dalle rigide convenzioni sociali. Pace è fatta e il ritorno a casa è assicurato. Ma…
Lo spettacolo Con questo spettacolo, assume forma concreta l’annunciata collaborazione tra il Teatro Stabile di Genova e Irina Brook, che da un paio di anni dirige il Théâtre National de Nice. La scelta del primo spettacolo da realizzare come suo debut-to alla regia in lingua italiana è caduta su un classico del teatro francese del Settecento: L’isola degli schiavi di Pierre de Marivaux, rappresentato per la prima volta nel 1725 alla Comédie Italienne, a proposito del quale il grande attore e regista francese Louis Jouvet ha scritto: «Il procedimento tipico di Marivaux consiste nell’utilizzazione della finzione come strumento dimo-strativo. E di questa finzione il teatro è il luogo per eccellenza. Il suo è teatro puro: teatro d’a-strazione e di dimostrazione, esso costituisce la più alta espressione della convenzione teatra-le. Il teatro di Marivaux impone all’attore di spersonalizzarsi, di esistere in una vita superiore; e questa sorta di disumanizzazione lo rende simile al primo di tutti gli attori: la marionetta; senza però perdere nulla in sensibilità, perché è la lucidità che rende crudele il teatro di Marivaux. Da tutta la sua opera, infatti, spira una profonda tenerezza per l’umanità».
L’autore Pierre de Marivaux (1688-1763) autore di numerosi testi per la Comédie Française e la Comédie Italienne di Parigi, è considerato il più importante commedio-grafo di Francia del XVIII secolo. Nelle sue commedie fornisce una misura nuova e originale al teatro del Settecento, sostituendo alla rappresentazione dei caratteri, l’analisi dei sentimenti ed una, per quanto accennata, indagine psicologica, integrando in questo modo la drammatur-gia di Molière con titoli come Le false confidenze e La scoperta dell’amore.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
La strada (1954) Federico Fellini
Il circo (The Circus) (1928)Charlie Chaplin
Dumbo - L’elefante volante (1941)Walt Disney
La strada (1954) Nino Rota
Entrata dei gladiatori (1897)Julius Fučík
Il carrozzone (1979)Renato Zero
Storia del circo. Dagli acrobati egizial Cirque du Soleil (2008) Raffaele De Ritis
Stella e il circo (2012) Riccardo Fellini, Ruggero Marino
Il mio circo (2008) Xavier Deneux
Corte | dal 29 marzo al 2 aprile
Slava's Snowshow
creato e messo in scena da Slava Poluninregia Viktor Kramer, Slava Polunin
Uno spettacolo che da più di vent’anni porta dapprima nelle strade della Russia e poi sui palcoscenici teatrali di tutto il mondo la fantasiae il trionfo della gioia di vivere: anche un pizzico di nostalgia. Neve, lacrime e coinvolgimento emotivi del pubblico di tutte le età.
Approfondimenti
produzioneSLAVA Gwenael Allan
scenografiaViktor PlotnikovSlava Polunin
design costumi e effetti specialiSlava Polunin
suonoRoman DubinnikovSlava Polunin
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Slava’s Snowshow è una commedia apparentemente senza trama, ma nel racconto scenico si intrecciano tante piccole fiabe che vivono nelle espressioni di nu-merosi ed eccentrici personaggi: molti dei quali interpretati da Slava Polunin, il grande clown russo nato nel 1950 e attualmente direttore artistico del più antico e grande Circo della Russia, il Bolshoi Saint Petersburg State Circus. Personaggi teatrali simili a poeti silenziosi, soffusi di malinconia e di gioia di vivere, che rotolano gigantesche palle di neve e invitano il pubblico degli adulti e dei bambini a giocare con grandi palloni gonfiati d’aria, in un clima che evoca le favole, suscita lacrime e risate, fa sognare un mondo lontano dagli affanni quotidiani.
Lo spettacolo «Quello che faccio dal 1993 (anno in cui dalla fusione dei suoi numeri precedenti nacque Slava’s Snowshow, che allora s’intitolava Yellow, ndr), dice Slava Polunin, è un teatro rituale magico e festoso costruito sulla base delle im-magini e dei movimenti, sui giochi e sulle fantasie, che sono le creazioni comuni al pubblico e alla gente di teatro; un teatro che nasce inesorabilmente dai sogni e dalle fiabe; un teatro ricco di speranze e sogni, di desideri e di nostalgie, di mancanze e disillusioni; un teatro in continuo mutamento che si nutre dell’improvvisazione spontanea nel rispetto scrupoloso della tradizione; un teatro che si colloca nel filone della sintesi multi-sfaccettata contemporanea, al confine tra vita e arte; un teatro che crea un’unione epica intimistica tra tragedia e commedia, assurdità e spontaneità, crudeltà e tenerezza; un teatro che sfugge a qualsiasi definizione, all’interpretazione unica delle sue azioni e da qualsiasi tentativo di limitazione della sua libertà; un teatro che vuole portare il clown nel XXI secolo continuando a incantare le famiglie di tutto il mondo». E di questo incanto si trova eco in tutta la stampa internazionale: «Slava’s Snowshow rappresenta per il mondo dei clown quello che il Cirque du Soleil rappresenta per il circo…» (“Variety”). «Uno dei momenti più teatrali che abbia mai avuto modo di vivere» (“The Guardian”). «Improvvisamente il pubblico si sente giovane, innocente e trasportato via con piacere» (“Daily Mail”). «Un capolavoro assolutamente unico e imperdibile…» (“The Independent”). «Questa è pura magia… davvero una serata d’incanto» (“The Express”). «Slava Polunin può tranquilla-mente essere definito il migliore clown del mondo. Ma anche il più grande mago del mondo. Spettacolare e bellissimo!» (“Variety Weekly”).
L’autore Slava Polunin nasce in una piccola città russa e trascorre tutta la sua infanzia in un mondo incontaminato, che lo ha aiutato a sviluppare le sue capacità di inventare cose e storie nuove. A 17 anni si trasferisce a San Pietroburgo dove si iscrive ad una scuola di mimo. Grazie all’influenza di grandi artisti come Chaplin, Marcel Marceau e al suo in-nato talento, Slava e la sua Compagnia – fondata nel 1979 – danno una nuova valenza al ruolo del clown, che dal mondo circense viene portato dapprima nelle strade e successivamente nei più grandi teatri del mondo.
Si consiglia lo spettacolo a bambini di età superiore agli 8 anni.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Casa di bambola (1973) Joseph Losey
Casa di bambola (1973)Patrick Garland
Revolutionary Road (2008) Sam Mendes
La fanciulla del West (1910)Giacomo Puccini
Boris Godunov (1825)Modest PetrovičMusorgskij
Quello che le donne non dicono (1987)Enrico Ruggeri
Il secondo sesso (1949) Simone de Beauvoir
Le tre ghinee (1938) Virginia Woolf
La Rivendicazione dei diritti della donna (1792) Mary Wollstonecraft
Corte | dal 4 aprile al 9 aprile
Una casadi bambola
di Henrik Ibsenregia Andrée Ruth Shammah
Nuova e inedita lettura del dramma di Ibsen più volte letto come inno alla liberazione della donna dal patriarcato. E se Nora non fossela vittima in quella “casa di bambola”, ma fosse lei acondurre il gioco, obbligandoil marito a interpretare i diversiruoli maschili della commedia?
Approfondimenti
produzioneTeatro Franco ParentiTeatro della Toscana
versione italiana e adattamento Andrée Ruth Shammah
interpretiFilippo Timi Marina Roccocon la partecipazione diMariella Valentinie con Andrea SoffiantiniMarco De BellaAngelica GavinelliElena OrsiniPaola Senatore
spazio scenico Gian Maurizio Fercioni
elementi scenici Barbara Petrecca
costumiFabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele
musiche Michele Tadini
luci Gigi Saccomandi
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Scritto da Henrik Ibsen durante il suo soggiorno ad Amalfi e rappre-sentato la prima volta a Copenaghen il 21 dicembre 1879, Casa di bambola è un dramma famigliare che è stato quasi sempre interpretato come una feroce e liberatoria critica dei tra-dizionali ruoli tra uomo e donna nell’ambito del matrimonio, non solo ottocentesco. Lo stesso Ibsen scrisse nei suoi primi appunti per la commedia: «Ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze: una, in un uomo e un’altra, completamente differente, in una donna. L’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo». Da qui, la tradizionale lettura essenzial-mente femminista di un testo che si conclude con un liberatorio sbattere di porte e l’interpreta-zione quale eroina del futuro di un personaggio per scrivere il quale Ibsen sembra si sia ispirato a una scrittrice sua amica, Laura Kieler, protagonista di un celebre scandalo dell’epoca, molto simile alla vicenda narrata dal drammaturgo norvegese. Come annotò nel 1900 James Joyce a proposito di Casa di bambola: «L’opera drammatica di Ibsen non polarizza l’attenzione sull’a-zione o sugli avvenimenti. Persino i personaggi, per quanto perfetti, non sono l’essenza delle sue opere. Quello che per lui conta è il nudo dramma. È questo che attrae innanzitutto la nostra attenzione. Come base di tutte le sue opere, Ibsen ha scelto la vita di personaggi comuni nella loro verità senza compromessi».
Lo spettacolo Rovesciando il tradizionale punto di vista sul dramma di Ibsen, la regista Andrée Ruth Shammah e il protagonista Filippo Timi invitano lo spettatore a partire da questa domanda: «E se Nora non stesse dicendo la verità quando affer-ma di essere sempre stata trattata come una bambola?». Partendo da questo dubbio e lascian-dosi trasportare dalla complessità della trama, la regista e l’interprete di tutti i ruoli maschili giungono alla conclusione che lungi dall’essere lei la vittima, è Nora che regge i fili della vita coniugale e che manipola il marito Torvald, obbligandolo, appunto, a interpretare ruoli diversi. Il risultato è che l’intreccio così si complica e si trasforma in una specie di thriller, sortendo uno spettacolo intrigante come un giallo, fatto di sentimenti e passioni, truffe e calcoli interessati, inganni, utopie e rese dei conti, di cui ci si serve soprattutto come pretesto per coinvolgere lo spettatore in un viaggio nei rapporti tra i diversi e sofisticati ruoli maschili e femminili che po-polano il testo ibseniano.
L’autore Il norvegese Henrik Ibsen (1828-1906) è oggi considerato un im-prescindibile punto di riferimento per la comprensione del dramma moderno. Autore, soprat-tutto nell’ultimo decennio dell’Ottocento, di forti drammi capaci di coniugare l’attenzione per la psicologia dei personaggi con l’impegno sociale e ideologico nei confronti delle contraddizioni del proprio tempo, Ibsen ha consegnato al Novecento una serie di testi che non hanno mai perso d’attualità. Oltre a Casa di bambola vanno ricordati Spettri, Un nemico del popolo, La donna del mare, Hedda Gabler.
Duse | dal 19 aprile al 30 aprile
Maratona Suq Prima le donne... e le bambine
Maratona in tre spettacoli diversi riproposti dalla Compagnia del Suq e uniti insieme dall’attenzione per il temadella femminilità di etnie diverse, ma anche dalla coniugazione di un teatroche intreccia narrazione e musica, l’impegno civile e i valori della solidarietà.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Biko (1980) Peter Gabriel
Ordinary love (2013)U2
Pata pata (1989) Miriam Makeba
Fuocoammare (2016)Gianfranco Rosi
Mandela: Long Walk to Freedom (2013) Justin Chadwick
Bianco e Nero (2008)Cristina Comencini
Pinocchio nero (2005)Marco Baliani
Confessioni di un trafficante di uomini Andrea Di Nicola - Giampaolo Musumeci
Non dirmi che hai paura (2014) Giuseppe Catozzella
Approfondimenti
Butterfly Bazar (19-20-21 aprile)di Carla Peirolero da Viaggi e avventure di una Lady Vittoriana di Margareth Fountaine con Carla Peirolero e Orchestra Bailam - Franco Minelli chitarra Julyo Fortunato fisarmonica Roberto Piga violino Tommaso Rolando contrabbasso Edmondo Romano fiati Luciano Ventriglia percussioni regia Enrico Campanati scene Luca Antonucci
Mama Africa (25-26 aprile)di Valerio Corzani e Carla Peiroleroispirato al libro La storia di MiriamMakeba di Nomsa Mwamuka
con Carla Peirolero e con Roberta Alloisio cantoMariangela Bettanini cantoEsmeralda Sciascia canto Fabio Vernizzi pianoforte Marco Fadda percussioniDieynaba Kouyate danza
regia Enrico Campanatie Carla Peirolero
Madri clandestine (28-29-30 aprile)di Emilia Marasco
con Carla Peirolero e il Coro multietnico: Mirna Kassis Yukari Kobayashi, Adesuwa OgiamienLaura Parodi, Tatiana Zakharova
regia Antonio Zavatteri direzione coro Laura Parodi scene e costumi Laura Benzi
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Teatro musicale, civile, contemporaneo, con attenzione alle te-matiche del dialogo tra culture, capaci di toccare il cuore dello spettatore con innesti nell’attualità e sguardi in un passato da non dimenticare. Al centro della “maratona” co-niugata al femminile sono le donne. Donne di tutte le latitudini: dall’avventuriera inglese cacciatrice di farfalle di fine Ottocento protagonista di Buttefly Bazar, alla Mama Africa bandiera della lotta contro l’apartheid in Sud Africa, per arrivare alle Madri clandestine, cioè alla maternità negata e offesa, ma anche a quella aperta alla speranza di un futuro diverso, di un nuovo domani simboleggiato dalla bimba nata su un barcone di migranti.
Lo spettacolo Prima le donne… e le bambine è il sotto-titolo comune che la Compagnia del Suq ha scelto di dare ai suoi tre spettacoli ospitati dal Teatro Stabile di Genova nel corso di una “maratona” teatrale che comprende otto recite complessive. Il primo (Butterfly Bazar) è ispirato alla vita di una eccentrica ento-mologa inglese, Margareth Fountaine (1862-1940), che a testimonianza della sua lunga vita di viaggiatrice ha lasciato dodici volumi di diari e ventiduemila esemplari di farfalle. Il secondo (Mama Africa) è un omaggio a Miriam Makeba (1932-2008) che intreccia narrazione e musica per raccontare la vita dell’artista africana simbolo della lotta contro il razzismo, morta sul “campo” nel novembre del 2008. Mentre il terzo (Madri clande-stine) affronta il tema della maternità, seguendo il filo della solidarietà femminile che attraversa culture e latitudini differenti. Le tre pièces vengono riproposte nella Stagione di ospitalità 2016/2017 del Teatro Stabile di Genova che negli ultimi anni ha ospitato, coprodotto o - nel caso di Café Jerusalem - anche prodotto alcuni spettacoli della Com-pagnia del Suq. Una Compagnia che insieme al Festival, giunto alla 18esima edizione, ha saputo in questi anni conquistare tanti riconoscimenti tra cui quello di “best practice” d’Europa per il dialogo tra culture e il patrocinio UNESCO, oltre all’affetto di un pubblico vasto (oltre 70.000 le presenze al Suq Festival 2015), che volentieri si lascia coinvolgere anche a teatro.
produzione Chance Eventi - Suq Genova
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
La guerra dei Roses (1989) Danny De Vito
Scene da un matrimonio (1973) Ingmar Bergman
Gone Girl (L’amore bugiardo, 2014) David Fincher
Totentanz (Danza della morte)(1834-1859) Franz Liszt
Danza macabra (1865)Saint Saëns
La morte e la fanciulla (1824)Franz Schubert
Danza macabra (1900) August Strindberg
Chi ha paura di Virginia Woolf? (1962)Edward Albee
Matrimonio e morale (1929) Bertrand Russell
Corte | dal 25 aprile al 30 aprile
di Friedrich Dürrenmatt regia Franco Però
PlayStrindberg
Undici round sul ring della vita coniugale. Lo svizzero Dürrenmatt rilegge Danza macabra di Strindberg e gioca sul tema della famiglia con tutte le armi che gli sono proprie, il sarcasmo, l’ironia che trascolora nel grottesco, il gusto del comico, ma anche la violenza del linguaggio.
Approfondimenti
produzioneTeatro Stabile del Friuli Venezia GiuliaArtisti RiunitiMittelfest 2016
versione italianaLuciano Codignola
interpretiMaria PaiatoFranco CastellanoMaurizio Donadoni
sceneAntonio Fiorentino
costumiAndrea Viotti
musicheAntonio Di Pofi
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo Play Strindberg nasce al Teatro di Basilea nel 1969 e la commedia fu scritta da Friedrich Dürrenmatt, che a quel tempo faceva parte della direzione del teatro, proprio perché – pur affascinato dalle possibilità interpretative che Strindberg aveva ideato per gli attori di Danza macabra – era profondamente insoddisfatto delle traduzioni e degli adatta-menti esistenti. Così Dürrenmatt affronta egli stesso quella materia: e il risultato si rivela molto più di un adattamento. Rimangono i tre protagonisti del testo strindberghiano – il capitano, la moglie e il cugino/amante – ma l’azione si svolge ora sotto le luci glaciali di un ring, in undici round intervallati dai gong. Dürrenmatt, autore più volte rivisitato dal Teatro Stabile di Genova, si impone come uno dei maggiori interpreti della cultura moderna, che tratteggia e analizza nelle sue opere con sguardo rigoroso e razionalmente scettico, incline al paradosso e anche alla polemica. L’arma del grottesco, del sarcasmo virtuosisticamente manipolato gli serve per smascherare con un sorriso l’ipocrisia del suo tempo. Forte della lezione dell’espressionismo, nonché di una personale maestria nell’uso del linguaggio e delle strutture drammaturgiche affascina con una scrittura forte ed essenziale, allusiva e dal respiro universale.
Lo spettacolo «Il risultato dell’adattamento di Dürrenmatt – commentava il traduttore Luciano Codignola – è un’opera drammatica unitaria, serrata, densa, coerente sul piano stilistico, perfettamente sviluppata come costruzione e di una modernità stupefacente. Al regista e agli interpreti Dürrenmatt ha fornito un pezzo di bravura, una strut-tura aperta dove possa esercitarsi il virtuosismo degli interpreti. Da questo testo, apparente-mente così scarno, si può trarre uno spettacolo da togliere il fiato, qualcosa che in questi ultimi tempi s’era avuta solo con Chi ha paura di Virginia Woolf». E il regista Franco Però aggiunge: «Il riso e il pugno allo stomaco, il sorriso e l’amarezza si alternano continuamente su questo palco-scenico-ring, riportando davanti agli occhi dello spettatore gli angoli più nascosti di quel nucleo, amato od odiato, fondamentale – almeno fino ad oggi… – delle nostre società: la famiglia».
L’autore Fra i maggiori drammaturghi del Novecento, figlio di un pastore protestante, Friedrich Dürrenmatt nasce nel 1921 a Konolfingen, nell’Emmental, e muore nel 1990 a Neuchâtel, dove ha vissuto per 38 anni. Dürrenmatt deve la sua fama internazionale alle opere teatrali La visita della vecchia signora (1956) e I fisici (1962) e agli adattamenti ci-nematografici di suoi romanzi gialli, come Il giudice e il suo boia (1952) o La promessa (1958). Conosciuto anche per i suoi saggi filosofici, le opere autobiografiche dell’ultimo periodo di vita e l’opera pittorica, realizzata parallelamente all’attività letteraria.
ASCOLTARE VEDERE LEGGERE
Il Vangelo secondo Matteo (1964)Pier Paolo Pasolini
La passione di Cristo (2004)Mel Gibson
L’ultima tentazione di Cristo (1988)Martin Scorsese
Gesù di Nazareth (1977)Franco Zeffirelli
Salomé (1905) Richard Strauss
Cristo sul Monte degli Ulivi (Op. 85)(1802) Ludwig van Beethoven
Jesus Christ Superstar (1973)Andrew Lloyd Webber
Racconti di giugno (2008) Pippo Delbono
Il Vangelo secondo Gesù Cristo (1991)José Saramago
I vangeli apocrifi (1969)Marcello Craveri
Vangelo
Corte | dal 3 maggio al 7 maggio
testo e regia Pippo Delbono
Tra prosa, musica e danza, il Vangelo rivisitato da uno degli attuali protagonisti della scena teatrale internazionale. Autobiografia e sperimentazione, memoria storico-civile ed esplorazione di esperienze personali. Uno spettacolo corale che si nutre della ricerca del nuovo.
Approfondimenti
produzioneEmilia Romagna TeatroHrvatsko Narodno Kazaliste - ZagabriaCompagnia Pippo Delbono
interpretiGianluca BallarèBobòMargherita ClementePippo DelbonoIlaria DistanteSimone GoggianoMario IntruglioNelson LaricciaGianni ParentiAlma PricaPepe RobledoGrazia SpinellaNina ViolicSafi ZakriaMirta Zeceviccon la partecipazione nel film dei rifugiatidel centro di accoglienza PIAM di Asti
immagini e filmPippo Delbono
musiche originali digitaliper orchestra e coro polifonico Enzo Avitabile
scene Claude Santerre
costumiAntonella Cannarozzi
disegno luci Fabio Sajiz
si ringrazia
SOCI ISTITUZIONALI
REGIONE LIGURIACOMUNE DI GENOVA
Liguria
Il testo La via scenica di Pippo Delbono trae linfa dalle esperienze da lui compiute con l’Odin Teatret e con Pina Bausch, e dallo studio delle discipline orientali, ma la sua tensione vera consiste nell’invenzione di un personale teatro che si nutre dell’ascolto reciproco, dell’improvvisazione, dell’esplorazione di esperienze personali. In questo contesto “sperimentale”, Delbono inserisce testi talvolta molto noti che vi ritrovano così nuova origine. La parola si avvale della compresenza della danza, risuonando nel suo silenzio, nel suo gesto muto; la danza a sua volta misura lo spazio e accende il ritmo che lo attraversa. Nascono così drammaturgie fisiche, dove a scrivere sono “corpi senza menzogna” e dove i codici della danza e del teatro s’innestano senza irrigidirsi mai. Funzione fondamentale negli spettacoli di Delbono è giocata dalla musica, che con la sua presa totalizzante toglie lo spettatore dal proprio piano di realtà, per portarlo in un nuovo stadio percettivo. Teatrante di fama interna-zionale, Pippo Delbono da molti anni abita la scena come luogo di ricerca, lavorando costantemente negli spazi che si vengono a creare tra pubblico e personale, tra au-tobiografia e storia. Vangelo segna un nuovo passo in questo percorso. Lo spettacolo nasce a Zagabria da un lavoro corale, come opera contemporanea, ma si nutre anche della memoria di chi ha attraversato una delle guerre più feroci degli ultimi decenni, una guerra che ha cambiato la storia, i luoghi e i confini dei paesi balcanici.
Lo spettacolo «Qualche giorno prima di morire - ri-corda Pippo Delbono - mia madre, fervente cattolica, mi ha detto: “Perché, Pippo, non fai uno spettacolo sul Vangelo? Così dai un messaggio d’amore. C’è n’è così tanto bisogno di questi tempi”. E io ho pensato subito alle recite che facevo da piccolo nella parrocchia, dove interpretavo Gesù bambino coi riccioli biondi, innamorato anch’io come lei di quel mondo di preti, di chiese, di incensi, di rappresentazioni teatrali. Il Vangelo mi intriga. Contiene messaggi che mi sembrano importanti. Semplici, ma allo stesso tempo rivoluzionari. Possiamo sostituire alla parola “Dio” la parola “Universo”. Di fatto parliamo di qualcosa di più grande di noi, di qualcosa che ha un senso di spi-ritualità. Ma siamo come viaggiatori sperduti che cercano di capire qualche cosa, sen-za riuscirci. In particolare fraintendiamo la morte, e quello che viene dopo la morte».
L’autore Pippo Delbono, autore, attore e regista, nasce a Varazze nel 1959. Inizia la sua formazione nel teatro di tradizione, ma poi, in Danimarca, si dedica allo studio dei principi del teatro orientale, attraverso un rigoroso lavoro sul corpo e sulla voce. In Germania, poi, è invitato da Pina Bausch a seguire il suo lavoro. Nei primi anni Ottanta fonda la Compagnia Pippo Delbono, con la quale realizza quasi tutti i suoi spettacoli. Da diversi anni indaga anche sul linguaggio cinematografico. Ha pubblicato numerosi libri oltre ad articoli su diversi giornali quali “Liberazione” e l’”Humanité” e attualmente su “Il Venerdì” di “Repubblica”.
Teatro della Corte | dal 18 al 23 aprile. Fuori abbonamentoBILLY BUDD marinaio
di Fabrizio Gambineri e Sandro Baldacci dal romanzo di Herman MelvilleProduzione: Associazione Culturale Teatro Necessario Onlus Compagnia teatrale: Scatenati Regia: Sandro Baldacci Interpreti: gli attori detenuti della Casa Circondariale di Marassi Scene e costumi: Elisa Gandelli - Musica: Bruno Coli - Luci: Clivio Cangemi - Direzione tecnica: FuoriscenaCon il sostegno di: Amministrazione Penitenziaria, Regione Liguria, Comune di Genova, Compagnia di San Paolo, Fondazione Carige, Otto per mille Chiesa Valdese, Mibact, I.I.S. Vittorio Emanuele II - Ruffini
I riverberi di quelle voci rabbiose e disperate, caratterizzate dalle mille sfumature di cui è capace la pazzia, non si sono ancora spenti nei corridoi del Padiglione 40 che già gli “Scatenati” sono pronti a riproporsi sotto la nuova veste di marinai, quasi a voler rendere reale quel loro viaggio imma-ginario che avevano improvvisato nella camerata dell’Ospedale Psichiatrico. Ma anche in questo caso c’è qualcosa che non va: la maggior parte di loro sono stati imbarcati con la forza, siamo nel pieno di una guerra: la Rivoluzione francese ha appena nove anni, Wolfgang Amadeus Mozart è morto da appena sette… e uno dei marinai si chiama Billy Budd. Gabbiere di parrocchetto, bello, “solare”, si direbbe oggi, candido, gentile, ingenuo, entusiasta… la persona ideale per generare invidia in un più anziano superiore che decide di eliminarlo facendo circolare voci false e tendenziose sul suo conto, tacciandolo di fomentare un ammutinamento. Il capitano convoca Billy che, nell’udire tali e tante infamie, perde l’uso della parola e atterra il calunniatore con un solo poderoso colpo in mezzo alla fronte, uccidendolo. Il capitano è un ottimo uomo, prigioniero di pessime leggi, e la storia, suo malgrado, non avrà quello che si chiama un lieto fine, ma finirà comunque con una inaspettata catarsi. Billy Budd, dunque. Ultima fatica di Herman Melville, scritto nel 1891 ma rimasto ignoto ed inedito fino al 1924, parabola, discorso in forma di racconto. Perché questa scel-ta? Forse perché nella storia della Compagnia la nave è una costante metafora del luogo circoscritto e al tempo stesso un simbolo di libertà; forse perché questa storia tutta al maschile, dove si formano gruppi e dove si mescolano caratteri diversi, può anche essere ricca di spunti comici, ma soprattutto perché tutta la storia (quasi in risposta a Benjamin Britten) può trasmettere ed evocare sensazioni e situazioni attraverso il ritmo e la melodia. La musica è sicuramente il linguaggio più adatto per raccontare la paura, la tristezza, la rabbia, il bene e il male, il dolore e la gioia; e solo lei può spingersi fino al soprannaturale.
Teatro della Corte | venerdì 18 novembre. Fuori programmaIL TESTIMONE una storia vera di trattativa stato - mafia
di Mario Almerighi e Fabrizio ConiglioProduzione: Tangram TeatroRegia e interpretazione: Bebo Storti e Fabrizio Coniglio
Lo spettacolo racconta un episodio lontano e dimenticato dalla memoria collettiva: quello dell’assassinio del magistrato Giacomo Ciaccio Montalto, impegnato nell’indagare i rapporti fra mafia di Trapani e narcotrafficanti. Un pezzo di storia contemporanea, tratteggiata seguendo oggettivamente i fatti che si verificarono prima e dopo l’assassinio. Un uomo colto, appassionato di letteratura e di musica, amante della libertà, innamorato del mare, fa il magistrato. Lo ispira una grande insofferenza per l’ingiustizia ed un profondo amore per chi la subisce. Giacomo Ciaccio Montalto è il primo magistrato che si impegna contro la mafia del trapanese, legata a filo doppio con quella americana. È solo, più che solo a Trapani, ma ha un amico lontano che vive a Roma, un giudice di nome Mario Almerighi con cui si confida: la mafia ha anche contatti dentro al Tribunale di Trapani. Il 25 gennaio del 1983 Ciaccio Montalto viene barbaramente assassinato mentre da solo sta per scendere dalla sua auto, davanti a casa sua a Val D’Erice. Nel 1993 Andreotti è messo sotto processo per concorso esterno in associa-zione mafiosa. Venti anni dopo la morte di Giacomo Ciaccio Montalto, Mario Almerighi decide di testimoniare su quanto a sua conoscenza al processo Andreotti: sente di doverlo a Giacomo per il suo coraggio, per la loro amicizia, per la verità.
Teatro della Corte | venerdì 28 ottobre, ore 9.30TEATRO E LEGALITà La legalità spiegata ai ragazzi
collaborazione fra Comune di Genova, Città Metropolitana, Movimento Agende Rosse Falcone Borsellino,Comunità Ebraica di Genova, Liceo D’Oria e Teatro Stabile di Genova
“Gli uomini passano le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini” Giovanni Falcone
L’Assessorato alle Scuole del Comune di Genova, la Città Metropolitana insieme al Movimento Agende Rosse “Falcone-Borsellino” promuovono al Teatro della Corte un incontro - lezione di civiltà dedicato agli studenti delle scuole superiori. Salvatore Borsellino, fondatore del Movimento Agende Rosse, insieme ad autorevoli protagonisti della quotidiana lotta contro la criminalità, si alterneranno sul palcoscenico della Corte per portare ai ragazzi testimonianze ed esempi concreti su ciò che significa davvero combattere l’illegalità e il crimine, quali siano gli strumenti più appropriati per coltivare una cultura della legalità, premessa indispensabile per la costruzione di una società giusta. In questo percorso si inserisce anche il teatro attraverso il progetto del Liceo D’oria, insignito recentemente della medaglia del Presidente della Repubblica per la sua attenzione ai temi della legalità, che durante il prossimo anno scolastico propone la realizzazione di Il governo di Verre dal testo di Mario Prosperi e Renzo Giovampietro, liberamente tratto dalle Verrine di Cicerone: uno spettacolo che coniuga lo studio e l’approfondimento della cultura classica con l’educazione alla cittadinanza attiva e mostra l’attualità dei classici anche sui temi della legalità. Lo spettacolo messo in scena da Enrico Campanati con la collaborazione del Teatro Stabile di Genova, prima di approdare al Festival di Siracusa, sotto l’egida del Comune e Città Metropolitana, verrà presentato in anteprima a Genova nella primavera del 2017.
Concorso “SCRIVERE PER IL TEATRO” promosso dal Liceo Classico Linguistico Colombo e dall’Associazione Amici del Liceo Colombo con la collaborazione di Teatro Stabile di Genova
Sarà dedicato alla memoria del professor Andrea Bianchi il concorso letterario Scrivere per il teatro, riservato agli allievi del Liceo e agli ex alunni under 30, promosso nel prossimo anno scolastico dal Liceo Classico e Linguistico Colombo e dall’Associazione Amici del Liceo Colombo, in collaborazione con il Teatro Stabile di Genova. Scuola, Associazione, familiari, ex studenti e amici hanno scelto di dedicare il concorso ad Andrea Bianchi, docente di Lettere al Liceo Colombo dal 2007, distaccato nell’anno scolastico 2014-2015 presso l’Università La Sorbona a Parigi per un dottorato di ricerca, scomparso a 46 anni nel novembre 2015. Proprio il teatro era una delle tante passioni che in aula e fuori dall’aula, con le sue straordinarie doti didattiche e umane, sapeva trasmettere ai suoi studenti. Ai partecipanti si richiederà la stesura di un testo teatrale costituito da un atto unico a tema libero, diviso in varie scene con un mas-simo di 4 personaggi: la lunghezza del testo potrà variare da un minimo di 5 cartelle ad un massimo di 12.La presentazione del concorso avverrà il pomeriggio di venerdì 7 ottobre 2016 alle ore 16 presso l’aula magna del Liceo Colombo e la premiazione sarà il giorno sabato 15 aprile alle ore 16 nel Foyer del Teatro della Corte. La giuria sarà composta da Marco Sciaccaluga, regista e consulente artistico del Teatro Stabile; Enrico Campanati, attore e regista del Teatro Stabile e da sempre insegnante e regista del gruppo teatrale della scuola “I Sognattori”; da Enrico Bado, Preside del Liceo; Marco Martin, docente di Lettere del Liceo; Patrizia Serra, docente di Lettere del Liceo e responsabile del gruppo teatrale del Liceo “I Sognattori”; Roberta Ruggia Barabino, Presidente della Giunta dell’Associazione Amici del Liceo, e da un rappresentante del gruppo dei famigliari e amici del professor Andrea Bianchi. I tre vincitori dei due concorsi riceveranno come premi buoni libro e abbonamenti al Teatro per la stagione 2017-2018 in oltre i due elaborati vincitori saranno rappresentati dai ragazzi della Scuola di Recitazione dello Stabile durante la cerimonia di premiazione.
ATTIVITÀ CULTURALI Grandi Parole “IL TEATRO E IL MARE” Dai Greci a Gilberto Govi. Ingresso libero
Ritornano le Grandi Parole con un ciclo di incontri a cura di Angelo Pastore e Marco Salotti. Gli incontri si svolgeranno al Teatro Duse e al Teatro della Corte alle ore 18 secondo il seguente programma:
lunedì 10 ottobre, Teatro Duse Racconti e naufragi nel teatro grecocon Luciano Canfora e Giorgio Ieranò, letture di Elisabetta Pozzi
lunedì 24 ottobre, Teatro della Corte Shakespeare e La tempesta con Masolino d’Amico e Giuliana Manganelli, letture di Franco Branciaroli
lunedì 31 ottobre, Teatro della Corte Ospiti dal mare sulla scena anticacon Moni Ovadia e Margherita Rubino, letture di Lucia Lavia
lunedì 7 novembre, Teatro della Corte Ibsen, La donna del marecon Giulio Giorello e Gianna Schelotto, letture di Lunetta Savino
lunedì 14 novembre, Teatro della Corte “Il porto di casa mia”. Govi e il mar ligurecon Vito Molinari e Marco Salotti, letture di Aldo Ottobrino
ARTE E ARTISTI NEL FOYER
Anche nel 2016/2017, il Teatro Stabile di Genova ha in preparazione nel foyer del Teatro della Corte una serie di incontri e di manifestazioni capaci di rispondere alle aspettative di un pubblico tradizionalmente molto differenziato per età, per aspettative culturali, per predilezioni artistiche. Queste le attività già programmate:
Incontri con i protagonisti del palcoscenico I pensieri delle parole Il Paganini allo Stabile “parole di note… prima dello spettacolo”Il Teatro Stabile di Genova per ricordare Brecht Novecento in Liguria: “Cinque dialoghi tra arte e letteratura”
CONOSCERE IL TEATRO
Il Teatro Stabile di Genova dedica ogni stagione una particolare attenzione all’attività didattica finalizzata a offrire agli spettatori, e soprattutto ai giovani, gli strumenti culturali e tecnici idonei a saper fruire dell’esperienza teatrale con piena consapevolezza critica ed emotiva. A tale scopo organizza Seminari per studenti e insegnanti e favorisce gli Incontri Università - Teatro con protagonisti attori, registi e collaboratori artistici di spettacoli presenti nel cartellone dello Stabile.
Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura | Proposte educative 2016 - 2017
LABORATORI E VISITE GUIDATEIn occasione delle grandi mostre di Palazzo Ducale – Andy Warhol. Pop society (21 ottobre - 26 febbraio 2017), Elliott Erwitt. Kolor (febbraio - giugno 2017), Modigliani (15 marzo - 16 luglio 2017) – i Servizi Educativi e Culturali propongono un ricco programma di attività artistiche, musicali, letterarie e creative dedicate alle scuole di ogni ordine e grado. Oltre ai laboratori, visite guidate anche in lingua e la possibilità di unire ai percorsi in mostra la visita in città e a Palazzo Ducale, alla Torre e alle Carceri. A queste proposte si affianca una selezione di atelier più apprezzati delle passate stagioni. Inoltre, laboratori e percorsi dedicati alla storia, alla architettura e all’archeologia di Palazzo Ducale pensati per le scuole di ogni ordine e grado.
SE LA SCUOLA NON VA A PALAzzO… IL PALAzzO VA A SCUOLA Alcuni dei laboratori pensati per le classi, possono essere effettuati anche a domicilio presso le sedi delle scuole, secondo modalità da concordare.
FORMAzIONENumerose e diversificate le proposte di formazione dedicate a insegnanti, atelieristi, educatori e genitori per presentare nuove metodologie didattiche e suggerire approcci originali e interdisciplinari. Grandi incontri, visite guidate, corsi di formazione e seminari didattici relativi non solo alle mostre in programma, ma a temi educativi di grande respiro.
BAMBINI E FAMIGLIE A PALAzzO DUCALENel week-end da ottobre a maggio: SABATI PER LE FAMIGLIE (età 5-11 anni), tutti i sabati alle ore 16, attività di laboratorio, letture, musica, spettacoli | NELLA STANzA DELLE STORIE (1-3 e 3-5 anni), racconti in musica per i più piccoli. In settimana: PLAYING ART IN ENGLISH (6-11 anni), laboratori creativi condotti interamente in lingua inglese | E QUESTA LA CHIAMI ARTE (4 anni +), nonni e nipoti si avvicinano all’arte contemporanea condividendo un momento di creatività | MANO (11 anni +), laboratorio in collaborazione con IIT.In occasione di rassegne ed altri eventi della Fondazione sono previsti EVENTI SPECIALI dedicati ai bambini e alle loro famiglie.
KIDS IN THE CITYNell’atrio di Palazzo Ducale uno spazio dedicato a bambini e famiglie. Da ottobre un ricco programma di attività in collaborazione con diverse realtà culturali cittadine.
Programma a cura dei Servizi Educativi e Culturali di Palazzo DucalePer informazioni: www.palazzoducale.genova.it - [email protected] - tel. 010 8171644-46
Il Teatro Stabile di Genova e Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura proseguono nell'accordo di collabo-razione intitolato Contemporaneamente, che prevede lo scambio informativo dei programmi delle due Istituzioni e che permette agli Abbonati dello Stabile di accedere con lo sconto a tutte le mostre del Ducale ad eccezione di quelle organizzate da soggetti terzi.
CONTEMPORANEAMENTE