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Page 1: Siddhartha - Giulio Cesare Giacobbe

Giulio Cesare Giacobbe

Il prezioso dono di

Siddhartha

Liberamente tratto dal Canone Pali

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Proprietà esclusiva Giulio Cesare Giacobbe

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Il Buddha è colui che ha fatto

il Grande Salto. Il Buddha è colui

che ha visto la Realtà.

Il Buddha è colui che si è liberato

dagli attaccamenti. Il Buddha è colui

che non è più né bimbo né adulto né genitore.

Il Buddha è colui che è al di là del mondo, della vita e della morte.

Tu

sei quello.

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Ogni giorno Siddhartha praticava la contemplazione camminata lungo la riva del fiume e dedicava il resto del tempo alla contemplazione seduta. Smise di affidarsi alla tradizione e alle scritture, per cercare da solo la Via. Ritornò a se stesso per imparare dai propri successi e dai propri errori. Non temeva più il piacere che la contemplazione dava alla sua mente e al suo corpo e un senso di pace e di benessere lo pervadeva. Non tentava più di fuggire dalle sensazioni e dai pensieri, ma osservava il loro sorgere, il loro poco durare e il loro finire, mantenendone la coscienza. Rinunciando al desiderio di fuggire dal mondo dei fenomeni, rimase fermo nel mondo dei fenomeni e scoprì di essere perfettamente presente a se stesso. Siddhartha passava dalla contem-plazione sul corpo a quella sulle sensazioni, dalla contemplazione sulle sensa-zioni a quella sui pensieri. Vide che i pensieri nascono e svaniscono nella mente. Vide l’unità di mente e corpo, vide che ogni cellula del corpo contiene la saggezza dell’universo. Capì che doveva semplicemente guardare più a fondo in un granello di polvere per ritrovarvi il vero volto dell’intero uni-verso, perché il granello di polvere è in se stesso l’universo e, se non esistesse, nemmeno l’universo esisterebbe. Siddhartha superò l’idea di un “Sé” perma-nente e indipendente, l’anima, e trasalì comprendendo di essere stato fino ad allora imprigionato nella falsa idea dell’anima come la presentavano i Veda. In realtà tutte le cose sono prive di un “Sé” permanente e indipendente. Il non-sé è la vera natura dell’esistenza. Giorno e notte sedette sotto l’albero di pippala, mentre nuovi livelli di co-scienza si risvegliavano in lui come abbaglianti lampi di luce. Fu precisa-mente in quei giorni, in cui Siddhartha faceva tali e tanti progressi nel cammino, che comparve Svasti, il giovane guardiano di bufali. Siddhartha accettava con gioia le bracciate di erba kusa appena tagliata che il ragazzo undicenne gli portava. E benché Sujata, Svasti e i loro amici non fossero che bambini, Siddhartha parlava loro della sua nuova conoscenza. Era felice di vedere la facilità con cui quei bambini di campagna, privi di istruzione, capi-vano le sue parole. Ne fu rincuorato, e seppe che la porta della perfetta illu-minazione si sarebbe aperta presto. Sapeva di avere ormai la chiave meravi-

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gliosa: la verità della natura interdipendente e priva di un “Sé” di tutti i fenomeni. Ai piedi dell’albero di pippala Siddhartha raccolse il suo formidabile potere di concentrazione nell’esame del corpo. Vide che ogni cellula del corpo è come una goccia d’acqua immersa nel fiume infinito di na-scita esistenza e morte, senza riuscire a trovare nel corpo una sola cosa che ri-manga immutata o di cui sia lecito dire che costituisca un “Sé” permanente e indipendente. Mescolato con il fiume del corpo scorre il fiume delle sensa-zioni, in cui ogni goccia d’acqua è una sensazione. E anche queste gocce si accavallano in un processo continuo di nascita esistenza e morte. Con potente concentrazione, Siddhartha investigò quindi il fiume del pensiero, che scorre intrecciato al fiume del corpo e delle sensazioni. Le gocce del fiume del pensiero si frammischiano influenzandosi l’un l’altra, in un identico processo di nascita esistenza e morte. Se il pensiero è corretto, la realtà si rivela; se è distorto, la realtà si vela. Gli uomini sono eternamente preda della sofferenza a causa del pensiero distorto: credono permanente ciò che è impermanente, dotato di un “Sé” ciò che è privo di un “Sé”, soggetto a nascita e morte ciò che non soffre né nascita né morte in quanto non esistente, e dividono ciò che non si può dividere, l’universo. Quindi illuminò con la coscienza gli stati men-tali che causano la sofferenza: desiderio, brama, paura, ira, odio, arroganza, gelosia, avidità e ignoranza. La coscienza divampò in lui come un sole ra-diante, e Siddhartha usò il sole della coscienza per illuminare la natura di questi stati mentali negativi. Vide come tutti nascono a causa dell’ignoranza dell’impermanenza, a causa della falsa convinzione che esistano dei “Sé”, delle sostanze, permanenti e indipendenti. E’ l’esatto contrario della coscienza. La credenza nella permanenza, nell’esistenza di sostanze per-manenti e indipendenti è ignoranza della realtà, è tenebra, assenza di luce. Vide che la chiave per giungere alla Liberazione è perforare l’ignoranza e pe-netrare nel cuore della realtà facendone esperienza diretta. La conoscenza della realtà, infatti, non è cognizione intellettuale, ma esperienza diretta. Una notte dopo l’altra Siddhartha meditò ai piedi dell’albero di pippala, facendo splendere la luce della coscienza sul suo corpo, la sua mente e tutto l’uni-verso. Un giorno Sujata gli portò riso cotto nel latte e nel miele e Svasti una bracciata di erba kusa. Dopo che Svasti l’ebbe lasciato per ricondurre i bufali a casa, Siddhartha fu invaso dalla sensazione che quella notte stessa avrebbe ottenuto il Grande Risveglio. Grazie alla concentrazione dell’attenzione, la mente il corpo e il respiro di Siddhartha erano perfettamente unificati. La pratica della concentrazione dell’attenzione l’aveva reso capace di sviluppare grandi poteri di osservazione che ora poteva usare per illuminare di co-scienza il corpo e la mente. Senza vacillare, illuminò di coscienza la propria mente. Vide che gli esseri viventi soffrono perché non comprendono che partecipano della stessa natura di tutti gli esseri. L’ignoranza dà nascita a un’infinità di pene, di confusione e difficoltà. Avidità, ira, arroganza, dubbio, gelosia e paura, affondano tutti le radici nell’ignoranza dell’impermanenza. Imparando a calmare la mente per vedere più a fondo nella vera natura delle cose, possiamo giungere alla comprensione globale che dissolve ogni ansia e ogni dolore, sostituendoli con l’accettazione e l’amore. Siddhartha vide che

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comprensione e amore sono un’unica cosa. Senza comprensione non vi può essere amore. Il carattere e il comportamento degli esseri umani è normal-mente il prodotto di condizioni ambientali, fisiche, emotive e sociali indipendenti dalla loro volontà. Questa comprensione ci impedisce di odiare anche chi agisce crudelmente e ci spinge anzi a fare qualcosa per cambiare lo sue condizioni. La comprensione origina compassione e amore, i quali a loro volta determinano la giusta azione. Per poter amare, bisogna prima comprendere: ed ecco dunque che la comprensione si rivela la chiave della Liberazione. Per sviluppare la chiara comprensione è necessario vivere nella coscienza dei nostri stessi processi mentali e della realtà che ci circonda, ve-dendo la realtà di quanto avviene dentro e fuori noi stessi, in diretto contatto con la vita nel momento presente. La pratica della coscienza rafforza la capacità di guardare in profondità. Se sappiamo vedere dentro il cuore delle cose, le cose si rivelano. Questo, è il tesoro segreto della Coscienza: essa conduce all’Illuminazione e quindi alla Liberazione. Siddhartha capì di avere trovato la Grande Via. Sujata, portandogli il cibo a mezzogiorno, vide Siddhartha seduto sotto il pip-pala, radioso come il mattino. Cento volte l’aveva veduto sedere sotto il pippala in dignità e maestosità, ma oggi aveva qualcosa di diverso. Mentre lo guardava, Sujata sentiva svanire pene e preoccupazioni. Una felicità fresca come la brezza primaverile le colmò il cuore. Sentì di non avere bisogno e di non desiderare nient’altro di quello che c’era, che tutto nell’universo era buono e benevolo e che nessuno doveva temere o disperarsi mai più. Fece al-cuni passi e depose il cibo davanti a Siddhartha. Poi si inchinò, sentendo che la pace e la gioia che lo pervadevano si trasmettevano a lei. “Siedi vicino a me”, la invitò Siddhartha con un sorriso. “Ti ringrazio del cibo e dell’acqua che mi hai portato in tutti questi mesi. Oggi è il giorno più felice della mia vita perché, questa notte, ho trovato la Grande Via. Dividi con me questa felicità. Presto insegnerò la Via a tutti.” Sujata giunse le mani per chiedere il permesso di parlare. “Tu sei il ri-svegliato, colui che indica come vivere in coscienza. Possiamo chiamarti il Risvegliato?” Siddhartha annuì. “Ne sarei davvero contento.” Gli occhi di Sujata brillarono. “Nella lingua magadhi”, continuò la fanciulla, “usiamo la parola ‘budh’ per dire svegliarsi. Una persona risvegliata sarebbe quindi chiamata Buddha. Possiamo chiamarti Buddha?” Siddhartha annuì di nuovo.

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Fratelli, ognuno di voi ha Natura di Buddha. Ognuno di voi può far cessare la propria sofferenza in qualsiasi momento. E’ sufficiente che esercitiate la Coscienza e il Non Attaccamento, che vi distacchiate dai vostri pensieri e dalle vostre paure, dai vostri desiderî e dai vostri odî osservandoli con la Co-scienza, che vediate il carattere non permanente della realtà, che sviluppiate dentro di voi l’Amore Universale. Per fare ciò, prendete atto delle Quattro Nobili Verità e praticate gli Otto Nobili Sentieri. Se lo farete, otterrete l’Il-luminazione e la Liberazione. Questo, è il Dharma.

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Le Quattro Nobili Verità

Fratelli, ci sono quattro verità: l’esistenza della sofferenza, la causa della sofferenza, l’estinzione della sofferenza e il sentiero che conduce all’estinzione della sofferenza. Le chiamo le Quattro Nobili Verità. Fratelli, la Prima Nobile Verità è l’esistenza della sofferenza. Nascita, vecchiaia, malattia e morte, sono sofferenza. Tristezza, ira, invidia, timore, ansia, paura e disperazione, sono sofferenza. L’assenza di ciò che si ama, è sofferenza. La presenza di ciò che si odia, è sofferenza. Il desiderio, è sofferenza. L’avversione, è sofferenza. Questa, è la Prima Nobile Verità. Fratelli, la Seconda Nobile Verità è la causa della sofferenza. La causa della sofferenza è l’attaccamento. L’attaccamento a sua volta è causato dall’ignoranza. L’ignoranza che causa l’attaccamento è l’ignoranza della realtà, è l’ignoranza che la realtà è impermanente e priva di sostanze. L’ignoranza della realtà produce l’attaccamento perché si crede permanente ciò che è impermanente e dotato di sostanza ciò che è privo di sostanza. L’attaccamento produce la tristezza, l’ira, l’invidia, il timore, l’ansia, la paura e la disperazione. Questa, è la Seconda Nobile Verità. Fratelli, la Terza Nobile Verità è l’estinzione della sofferenza. La sofferenza può estinguersi con l’estinzione dell’ignoranza e quindi dell’attaccamento. Questa, è la Terza Nobile Verità. Fratelli, la Quarta Nobile Verità è la via che conduce all’estinzione della sofferenza: sono gli Otto Nobili Sentieri.

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Questa, è la Quarta Nobile Verità.

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Gli Otto Nobili Sentieri

Fratelli, chiamo Retti Sentieri gli Otto Nobili Sentieri della Retta Conoscenza, della Retta Volontà, della Retta Coscienza, della Retta Attenzione, del Retto Pensiero, della Retta Parola, della Retta Azione, della Retta Professione. Seguendo gli Otto Nobili Sentieri ho raggiunto l’Illu-minazione, la Coscienza e la Liberazione. Fratelli, perché chiamo questi sentieri i Retti Sentieri? Li chiamo Retti perché non negano la sofferenza ma indicano nell’esperienza della sofferenza stessa il mezzo per superarla. La Retta Conoscenza costituisce l’Illuminazione e produce la Retta Volontà. La Retta Volontà genera la Retta Coscienza. La Retta Coscienza conduce alla Retta Attenzione. La Retta Attenzione produce il Retto Pensiero. Il Retto Pensiero genera la Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione. Due, sono gli estremi che chi percorre i Retti Sentieri deve evitare. Il primo è l’immergersi nei piaceri dei sensi, il secondo è la mortificazione che nega al corpo le sue necessità. Il cammino da me scoperto è la Via di Mezzo, che evita entrambi gli estremi e conduce alla Conoscenza, alla Coscienza, alla Liberazione.

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La Retta Conoscenza

Una foglia di pippala, stagliata contro il cielo azzurro, ondeggiava verso di me come se mi chiamasse. Osservandola in profondità, vi distinsi chia-ramente la presenza del sole e delle stelle. Perché senza sole, senza luce e ca-lore, quella foglia non sarebbe esistita e senza l’esistenza delle stelle, neppure il sole, sarebbe esistito. Anche le nuvole, vidi nella foglia, perché senza nuvole non c’è la pioggia e senza la pioggia quella foglia non poteva esistere. E vidi la terra, il tempo, lo spazio: tutti presenti nella foglia. In verità, in quel momento preciso, l’universo intero si manifestava nella foglia. La realtà della foglia era un miracolo stupefacente. Generalmente si pensa che una foglia sia nata a primavera, ma io vidi che essa esisteva in potenza già da tanto, tanto tempo, da quando esistevano le stelle e il sole che ne permettevano l’esistenza, poiché in verità quella foglia esisteva nella luce del sole, nelle nuvole, nel-l’albero ed anche in me stesso che la percepivo. Comprendendo che quella fo-glia non esisteva in sé ma soltanto in quanto parte dell’universo in cui ogni cosa è collegata alle altre, compresi che quella foglia non era mai nata ma era sempre esistita nell’universo che da sempre esiste. Comprendendo che quella foglia non era mai nata, compresi che anche io, non ero mai nato. Entrambi, la foglia e me stesso, ci eravamo semplicemente manifestati in quel momento ma da sempre esistevamo in potenza nell’universo. Poiché non eravamo mai nati, non potevamo morire, perché non può morire l’universo che da sempre esiste e nel quale ogni cosa è contenuta. Vidi dunque che la foglia e il mio corpo erano una cosa sola. Nessuno dei due possedeva un “Sé” separato e in-dipendente, nessuno dei due poteva esistere indipendentemente dal resto dell’universo. Questa visione profonda dissolse in me le idee di nascita e di morte, di comparsa e di scomparsa, e il vero volto della foglia, assieme al mio

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stesso volto, divennero manifesti. Vidi che è l’esistenza di ciascun fenomeno, a rendere possibile l’esistenza di tutti gli altri fenomeni. L’uno contiene il tutto e il tutto è contenuto nell’uno. Vedendo la natura impermanente e inter-dipendente di tutti i fenomeni, io ne vidi perciò la natura vuota: tutti i feno-meni sono vuoti di un “Sé” permanente e indipendente. Compresi che la chia-ve della Liberazione sta nei due principî dell’interdipendenza e del non-sé. Illuminando i cinque fiumi della percezione che generano l’Io, e cioè le sensazioni le emozioni i pensieri la volontà e la coscienza, io compresi che l’impermanenza e l’assenza di un “Sé” permanente e indipendente sono le condizioni indispensabili alla vita. Senza impermanenza, senza mancanza di un “Sé” permanente e indipendente, nulla potrebbe crescere ed evolversi. Se un chicco di riso non avesse la natura dell’impermanenza e del non-sé, non potrebbe trasformarsi in una piantina. Se le nuvole non fossero imperma-nenti e prive di un “Sé”, non potrebbero trasformarsi in pioggia. Senza natura impermanente e priva di un “Sé”, un bambino non potrebbe diven-tare un adulto. Quindi, pensai, accettare la vita significa accettare l’imperma-nenza e l’assenza di un “Sé” permanente e indipendente. La causa della soffe-renza, dissi allora a me stesso, è la falsa nozione della permanenza e di “Sé” permanenti e indipendenti ai quali ci attacchiamo. Vedendo ciò, si giunge alla comprensione che non c’è né nascita né morte, né creazione né distruzione, né uno né molti, né dentro né fuori, né grande né piccolo, né puro né impuro. Sono tutte false distinzioni create dall’intelletto: soltanto l’universo, esiste, unico, composito, in eterno movimento e trasformazione; le cose contenute in esso, o meglio i fenomeni che lo costituiscono, non hanno esistenza di per se stessi, indipendentemente dagli altri e dallo stesso universo. Penetrando nella natura vuota dei fenomeni, le barriere mentali vengono scavalcate e ci si libera dal ciclo della sofferenza. Questa, è l’Illuminazione. Da tempo incalcolabile, gli uomini sono intrappolati nel concetto di anima, cioè nella nozione di un “Sé” permanente e indipendente. Abbiamo creduto che, alla morte del corpo, questo “Sé” continuasse ad esistere e ricercasse l’unione con la sua origine, che è Brahma, il “Sé” dell’universo. Ma si tratta di un’incomprensione capitale che ha fatto sì che innumerevoli generazioni fossero sviate dalla conoscenza della realtà. Sappi che tutte le cose esistono a causa dell’interdipendenza e che a causa dell’interdipendenza cessano di esistere. Questo è perché quello è. Questo non è perché quello non è. Questo è nato perché quello è nato. Questo muore perché quello muore. Ecco la legge meravigliosa dell’originazione interdipendente che ho scoperto in con-templazione. In verità, non c’è nulla di permanente e indipendente dal resto dell’ universo. E neppure l’universo è permanente, ma è un continuo dive-nire, mai uguale a sé stesso. Quindi non c’è un “Sé” permanente e indi-pendente, né nei singoli esseri né nell’universo. Non esistono sostanze. Vi sono soltanto fenomeni continuamente diversi, che non durano più di qualche istante, ma tutti collegati fra loro. Gli uomini sono imprigionati nella sofferenza come in una casa in fiamme e la maggior parte del dolore che proviamo è opera nostra. Non possiamo liberarci pregando una qualche divinità. Dobbiamo guardare in profondità

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nella nostra stessa mente e nella situazione presente per sradicare le visioni errate che formano le radici della sofferenza. Dobbiamo capire che la realtà è fatta di fenomeni impermanenti, privi di un “Sé” e tutti interdipendenti fra loro. Questa, è la Retta Conoscenza. Fratelli, la Retta Conoscenza dà luogo all’Illuminazione e conduce al sentiero della Retta Volontà.

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La Retta Volontà

Fratelli, so che guardare dentro voi stessi richiede uno sforzo di volontà. Fratelli, so che la vostra attenzione è imprigionata nel mondo immaginario del vostro pensiero. Ma i fantasmi del vostro pensiero non sono reali. Essi sono generati dal vostro attaccamento, e quindi dal vostro desiderio, dal vo-stro odio, dalla vostra ira, dalla vostra paura. Fratelli, i fantasmi del vostro pensiero sono generati da voi stessi. Fratelli, private i vostri fantasmi im-maginarî della vostra attenzione ed essi svaniranno. Fratelli, attuate la volontà di guardare dentro voi stessi. Concentrate la vostra attenzione sul vostro pensiero, osservate come esso nasce, cresce e muore, come esso è impermanente e come i suoi fantasmi non sono reali. Fratelli, attuando la vo-lontà di guardare dentro voi stessi vi libererete dai fantasmi del vostro pen-siero e la vostra attenzione si rivolgerà spontaneamente alla realtà che vi cir-conda ed allora essa si rivelerà a voi in tutta la sua bellezza e la sua gioia. Scoprirete che nella realtà non vi è sofferenza: la sofferenza è soltanto nel vostro pensiero. Fratelli, attuate la Retta Volontà della concentrazione dell’attenzione sulle vostre sensazioni, sulle vostre emozioni e sul vostro pensiero e realizzerete la Retta Coscienza. Fratelli, attraverso la Retta Coscienza realizzerete la Retta Attenzione ed attraverso la Retta Attenzione otterrete la Liberazione definitiva dalla sofferenza.

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La Retta Coscienza

Fratelli, praticate la Retta Coscienza. La Retta Coscienza è il più nobile degli Otto Nobili Sentieri. La Retta Coscienza consiste nella coscienza del pensiero. La coscienza del pensiero consiste nell’osservazione distaccata dei proprî pensieri. Per osservare i proprî pensieri con distacco occorre diven-tare il Nobile Distaccato Osservatore. Il Nobile Distaccato Osservatore os-serva con distacco i pensieri come tu osservi con distacco il volo lontano degli uccelli nella pace della sera. Impara dalla terra: se la si cosparge di fiori fra-granti o la si ricopre di feci, la terra riceve ogni cosa con equanimità, senza preferenze o avversioni. Quando nasce un pensiero, piacevole o spiacevole, non farti intrappolare e non diventarne schiavo. Osservalo con distacco e lascialo andare: esso non crescerà dentro di te e non produrrà il frutto avvelenato della sofferenza. Se tu fai crescere i tuoi pensieri, essi divengono potentissimi e si impadroniscono di te e ti rendono schiavo. Osservando con distacco il tuo pensiero, tu scoprirai una grande insospettata verità: che il tuo pensiero non è il prodotto della tua volontà ma è una pianta autonoma e indipendente da te, alimentata dal tuo attaccamento, e che le sue radici affondano nella tua paura. Fratelli, prima di imparare ad osservare con distacco il pensiero, dovete im-parare ad osservare e a calmare il vostro respiro, il vostro corpo e le vostre emozioni. Praticate nel modo seguente. 1 inspirando, sono consapevole del mio respiro; espirando, sono consapevole del mio respiro. 2 inspirando, calmo il mio respiro; espirando, calmo il mio respiro. 3 inspirando, sono consapevole del mio corpo; espirando, sono consapevole del mio corpo. 4 inspirando, rilasso il mio corpo; espirando, rilasso il mio corpo. 5 inspirando, sono consapevole della mia emozione; espirando, sono con-

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sapevole della mia emozione. 6 inspirando, calmo la mia emozione; espirando, calmo la mia emozione. 7 inspirando, sono consapevole del mio pensiero; espirando, sono consapevole del mio pensiero. 8 inspirando, osservo con distacco il mio pensiero; espirando, osservo con distacco il mio pensiero. Quando avrai calmato il tuo respiro, il tuo corpo e le tue emozioni, pratica con continuità la coscienza distaccata del pensiero. Praticando la coscienza distaccata del pensiero, i pensieri vani cesseranno e dimorerai nella Pura Coscienza del Nobile Distaccato Osservatore. La coscienza distaccata del pensiero, se praticata costantemente, conduce alla Liberazione. Pratica nel modo seguente. Inspirando un respiro corto, sappi di inspirare un respiro corto. Espirando un respiro lungo, sappi di espirare un respiro lungo. Sii totalmente presente a ogni tuo respiro. L’osservazione consapevole del respiro rafforza la concentrazione. Con la concentrazione, potrai vedere in profondità nella natura delle cinque modalità della percezione: le sensazioni, le emozioni, i pensieri, la volontà e la coscienza. Le cinque modalità della percezione sono come cinque corsi d’acqua in cui non è dato di trovare nulla di separato e di permanente. Meditando sulle cinque modalità della percezione presenti in te, vedrai l’intima e stupefacente relazione fra te stesso e tutte le cose dell’universo. In particolare, osserva le tue emozioni. Le emozioni sono la materia stessa della tua sofferenza. Esse hanno origine dal pensiero. Vedendo l’origine delle emozioni nel pensiero, ne comprenderai la natura imper-manente. Vedrai come le emozioni nascono e muoiono come il pensiero e come tutti i fenomeni mentali e materiali. Vedendo che le emozioni sono im-permanenti, a poco a poco resterai equanime di fronte al loro nascere e al loro morire. La maggior parte delle emozioni scaturisce dal pensiero erroneo, il quale considera permanente ciò che è impermanente. Sradicando le visioni erronee, la sofferenza cessa. Quando avrai imparato a praticare la coscienza del respiro e del pensiero, ot-terrai facilmente il vuoto mentale. Il vuoto mentale è la condizione naturale della mente, così come il riposo è la condizione naturale del corpo. Quando avrai ottenuto il vuoto mentale, entrerai nel sentiero della Retta Attenzione.

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La Retta Attenzione

Nel giorno dalla sua Illuminazione, a Sujata, Svasti e i loro amici che li avevano accompagnati, Siddhartha disse: “Siete bambini intelligenti e sono certo che potete comprendere e mettere in pratica quanto vi dirò. La Grande Via che ho scoperto è sottile e profonda, ma chiunque sia disposto a impegnarvi il cuore e la mente sarà in grado di capirla e di seguirla. Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con attenzione o di-strattamente. Cosa significa mangiare un mandarino con attenzione? Man-giando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza attenzione? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzare la natura splendida e preziosa del manda-rino. Se non mangiate il mandarino con attenzione, il mandarino per voi non è reale. Se il mandarino per voi non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza attenzione. Bambini, mangiare il mandarino con attenzione significa essere in contatto con la realtà. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardanti ciò che non è presente, lo ieri o il domani, ma dimora totalmente nella realtà del momento presente. Il mandarino è totalmente presente alla vostra attenzione. Vivere con Retta Attenzione vuol dire vivere nella realtà del momento pre-sente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora. Chi dimora nell’at-tenzione del presente è consapevole di quanto avviene nella realtà, di quanto accade nel corpo, nella mente e nel mondo che lo circonda. Egli sa osservare in profondità le cose nel momento presente. Non insegue il passato e non si perde nel futuro, perché il passato non esiste più e il futuro non è ancora arri-

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vato. La realtà e dunque la vita è soltanto nel momento presente. Perdendo il momento presente, perdiamo la vita.” Questa, è la Retta Attenzione. Attuando la Retta Attenzione, rendiamo possibile il Retto Pensiero.

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Il Retto Pensiero

Fratelli, praticate il Retto Pensiero. Il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui non c’è né confusione né di-strazione, né ira né odio, né desiderio né brama. Fratelli, la confusione e la distrazione, l’ira e l’odio, il desiderio e la brama si superano praticando le Quattro Contemplazioni. Le Quattro Contemplazioni consistono nella contemplazione del Respiro, della Compassione, dell’Impermanenza e della Morte. Per superare la confusione e la distrazione, pratica la contemplazione del Re-spiro: con essa la tua mente si schiarirà e la tua concentrazione diventerà potente. Per superare l’ira e l’odio, pratica la contemplazione della Compassione: essa fa luce sulle cause dell’ira e dell’odio presenti nella tua mente e in quella di coloro che li hanno suscitati in te. Per superare il desiderio, pratica la contemplazione dell’Impermanenza: essa fa luce sulla nascita e sulla morte di tutte le cose. Per superare la brama, pratica la contemplazione della Morte e della fine di tutte le cose. Se praticherai regolarmente le Quattro Contemplazioni, otterrai la Libera-zione. Fratelli, il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui non c’è attaccamento. Fratelli, il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui c’è l’amore universale. Parlando dell’amore, ci si riferisce di solito all’amore fra genitori e figli, marito e moglie, parenti, amici. Dipendendo per natura dai concetti di “io” e “mio”, questo amore è imprigionato nell’attaccamento e nella discrimi-nazione. La gente vuole amare soltanto i proprî genitori, il proprio coniuge, i proprî figli e nipoti, i proprî parenti e i proprî amici. Poiché è irretita nell’ attaccamento, teme i mali a cui sono esposte le persone amate e se ne pre-occupa prima che accadano. Poi, quando le disgrazie vengono, la sofferenza è tremenda. L’amore fondato sulla discriminazione genera il pregiudizio, ov-vero indifferenza e persino ostilità nei confronti di coloro che escludiamo dal nostro amore. Attaccamento e discriminazione sono cause di sofferenza per noi stessi e per gli altri. In realtà, l’amore a cui tutti gli esseri aspirano è l’amore universale. Nell’amore universale vi è compassione e dedizione. Compassione e dedizione non sono limitate ai genitori, al coniuge, ai figli, ai parenti, agli amici, ma si allargano a tutta l’umanità e a tutti gli esseri. Compassione e dedizione non conoscono discriminazione fra mio e non mio. Senza discriminazione, non c’è attaccamento. Senza attaccamento, non c’è sofferenza. Compassione e dedizione alleviano la sofferenza e arrecano la felicità. Compassione e dedizione hanno come fine la felicità di tutti e non pretendono nulla in cambio. Senza di essi, senza l’amore universale, la vita è senza gioia. Con la compassione e la dedizione agli altri, con l’amore uni-versale, la vita si colma di pace e di gioia.

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Fratelli, praticate il Retto Pensiero. Praticando il Retto Pensiero, voi ri-condurrete il pensiero sotto la vostra volontà e non ne sarete più schiavi. Il Retto Pensiero produce la Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione.

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La Retta Parola La Retta Azione

La Retta Professione

I miei discepoli si sforzano di vivere semplicemente e in coscienza, si im-piegano ad applicare i Cinque Precetti che sono: non uccidere, non rubare, non fare violenza, parlare secondo verità ed astenersi dall’assumere sostanze che oscurano la mente. I Cinque Precetti sono un limite naturale che va osservato ma non sono sufficienti a realizzare la Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione si presentano spon-taneamente e chiaramente alla coscienza e alla volontà se si persegue il Retto Pensiero. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione consistono nel non fare violenza a nessun essere vivente, né agli altri, né a noi stessi, né con il pensiero, né con le parole, né con gli atti. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione conferiscono alla nostra vita pace e serenità, fanno nascere in noi la gioia e l’amore universale. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione sono la corona che cinge la gemma del Dharma.

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A Ghosira, molti bhikkhu tendevano a perdersi nelle speculazioni filoso-fiche. In particolare il bhikkhu Malunkyaputta era stato avvertito dal Buddha a non lasciarsi irretire da argomenti esoterici, inutili alla pratica. Malunkyaputta usava infatti interrogarlo se l’universo fosse finito o infinito, temporaneo o eterno, domande a cui il Buddha rifiutava di rispondere. Giunse il momento in cui Malunkyaputta non tollerò oltre il silenzio del Buddha. Decise di porre le domande per l’ultima volta e, di fronte a un ul-teriore rifiuto, di chiedere di essere sollevato dai voti di bhikkhu. Parlò così al Buddha: “Maestro, se risponderai alle mie domande continuerò a seguirti. Ma, se rifiuterai, abbandonerò il Sangha. Rispondi: l’universo è finito o infi-nito? Se non lo sai, ammetti di non saperlo.” “Quando chiedesti l’ordi-nazione, ho promesso di rispondere a tali domande? Ho forse detto: Malunkyaputta, diventa bhikkhu e risolverò i tuoi problemi metafisici?” “Questo no, signore.” “Perché dunque lo pretendi ora? Malunkyaputta, tu sei come un uomo trafitto da una freccia avvelenata i cui parenti chiamano un medico perché rimuova la freccia e trovi un antidoto al veleno. Ma l’uomo impedisce al medico di curarlo se prima non avrà risposto ad alcune do-mande: chi scagliò la freccia, a quale casta appartiene, quale la sua pro-fessione e perché l’ha colpito. Vuole conoscere il tipo di arco e dove furono trovati gli ingredienti usati nella preparazione del veleno. Quest’uomo, Malunkyaputta, morirà molto prima di avere ricevuto risposta alle sue do-mande. Lo stesso è per colui che segue la Via. Io insegno soltanto ciò che serve a realizzare la Via e ciò che è inutile non lo insegno. Malunkyaputta, al di là del fatto che l’universo sia finito o infinito, temporaneo o eterno, c’è una verità che devi accettare: la realtà della sofferenza. La sofferenza proviene da

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cause che possono essere comprese ed eliminate. Ciò che io insegno è utile all’ottenimento del distacco, dell’equanimità, della pace e della Liberazione. Ma di ciò che non è utile al conseguimento della Via, io non parlo. Il mio inse-gnamento, il Dharma, non è una dottrina né una filosofia. Non è il prodotto del pensiero concettuale né una teoria simile alle varie filosofie che dibattono se l’essenza dell’universo sia il fuoco, l’acqua, la terra, l’aria o lo spirito; se l’universo sia finito o infinito, temporale o eterno. Le teorie e i concetti rigu-ardo alla verità sono come formiche che girano in tondo lungo il bordo di una ciotola, senza arrivare mai a nulla. Il mio insegnamento non è una filosofia, ma il frutto dell’esperienza diretta. Tutto ciò che dico viene dalla mia espe-rienza, e lo puoi appurare anche tu attraverso la tua esperienza. Io affermo che tutte le cose sono impermanenti e prive di un “Sé” separato. Questo mi ha insegnato l’esperienza, e tu puoi fare lo stesso. Insegno che tutte le cose di-pendono da tutte le altre per nascere, svilupparsi e morire. Niente proviene da un’unica fonte originaria. Così come io ho fatto diretta esperienza di questa verità, anche tu la puoi fare. Il mio scopo non è spiegare l’universo, ma aiutare gli altri ad eliminare la sofferenza attraverso l’esperienza diretta della realtà. Le parole non descrivono la realtà, solo l’esperienza diretta ci rivela il suo vero volto.

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La meditazione dei cinque minuti

Pratica ogni giorno la meditazione nel modo seguente. Ripeti nella tua mente la parola “Buddha” per un minuto. Osserva il tuo pensiero per un minuto. Osserva il tuo respiro per un minuto. Osserva l’ambiente che ti circonda per un minuto. Muoviti nell’ambiente che ti circonda, consapevole del tuo corpo e della sua interazione con l’ambiente.

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Il Mantra Del Dharma

Io prendo rifugio nel Dharma.

Il Dharma è costituito

dalle Quattro Nobili Verità e dagli Otto Nobili Sentieri.

Questo, è il Dharma.

Le Quattro Nobili Verità sono: la realtà della sofferenza, la causa della sofferenza,

l’estinzione della sofferenza, il sentiero che conduce

all’estinzione della sofferenza. Queste, sono

le Quattro Nobili Verità.

La Prima Nobile Verità è che la sofferenza è reale.

Questa, è la Prima Nobile Verità. La Seconda Nobile Verità

è che la causa della sofferenza è l’attaccamento. Questa, è la Seconda Nobile Verità.

La Terza Nobile Verità è che l’estinzione della sofferenza è possibile.

Questa, è la Terza Nobile Verità. La Quarta Nobile Verità

è che l’estinzione della sofferenza

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si ottiene praticando gli Otto Nobili Sentieri. Questa, è la Quarta Nobile Verità.

Gli Otto Nobili Sentieri sono:

la Retta Conoscenza, la Retta Volontà,

la Retta Coscienza, la Retta Attenzione,

il Retto Pensiero, la Retta Parola, la Retta Azione,

la Retta Professione. Questi, sono gli Otto Nobili Sentieri.

Il Primo Nobile Sentiero è la Retta Conoscenza. La Retta Conoscenza

è la conoscenza dell’impermanenza, della mancanza di un Sé

e dell’interdipendenza di tutti i fenomeni. Questo, è il Primo Nobile Sentiero.

Il Secondo Nobile Sentiero è la Retta Volontà. La Retta Volontà

è la volontà di praticare con costanza la Retta Coscienza.

Questo, è il Secondo Nobile Sentiero. Il Terzo Nobile Sentiero

è la Retta Coscienza. La Retta Coscienza

è la coscienza del pensiero e della sua vacuità. Questo, è il Terzo Nobile Sentiero.

Il Quarto Nobile Sentiero è la Retta Attenzione. La Retta Attenzione

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è l’attenzione alla realtà presente. Questo, è il Quarto Nobile Sentiero.

Il Quinto Nobile Sentiero è il Retto Pensiero. Il Retto Pensiero

è il pensiero in cui non c’è attaccamento ma amore universale.

Questo, è il Quinto Nobile Sentiero. Il Sesto Nobile Sentiero

è la Retta Parola. La Retta Parola

è la parola che nasce dall’amore universale. Questo, è il Sesto Nobile Sentiero.

Il Settimo Nobile Sentiero è la Retta Azione. La Retta Azione

è l’azione che nasce dall’amore universale. Questo, è il Settimo Nobile Sentiero.

L’Ottavo Nobile Sentiero è la Retta Professione. La Retta Professione

è la professione dedicata all’amore universale. Questo, è l’Ottavo Nobile Sentiero.

Le Quattro Nobili Verità e gli Otto Nobili Sentieri

sono il Dharma.

Io prendo rifugio nel Dharma.

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Il Mantra degli Otto Pilastri

della Consapevolezza: il fondamento del Dharma

Io prendo rifugio nel Dharma.

Il Dharma è fondato sugli Otto Pilastri della Consapevolezza.

Gli Otto Pilastri della Consapevolezza sono:

la Consapevolezza dell’Attaccamento, la Consapevolezza del Pensiero, la Consapevolezza della Realtà,

la Consapevolezza dell’Accettazione, la Consapevolezza dell’Impermanenza,

la Consapevolezza dell’Universo, la Consapevolezza dell’Amore,

la Consapevolezza della Natura di Buddha. Questi, sono

gli Otto Pilastri della Consapevolezza.

Il Primo Pilastro della Consapevolezza è la Consapevolezza dell’Attaccamento.

L'attaccamento è la causa della sofferenza. Se io sono consapevole del mio attaccamento,

io sono consapevole della causa della mia sofferenza.

Questo, è il Primo Pilastro della Consapevolezza.

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Il Secondo Pilastro della Consapevolezza

è la Consapevolezza del Pensiero. Il pensiero è la causa dell’attaccamento. Se io sono consapevole del mio pensiero,

io sono consapevole della causa del mio attaccamento.

Questo, è il Secondo Pilastro della Consapevolezza.

Il Terzo Pilastro della Consapevolezza

è la Consapevolezza della Realtà. La realtà è il presente.

Se io sono consapevole del presente, io sono consapevole della realtà.

Questo, è il Terzo Pilastro della Consapevolezza.

Il Quarto Pilastro della Consapevolezza è la Consapevolezza dell’Accettazione.

La realtà richiede accettazione. Se io sono consapevole della realtà, io sono consapevole della necessità

della sua accettazione. Questo, è il Quarto Pilastro

della Consapevolezza.

Il Quinto Pilastro della Consapevolezza è la Consapevolezza dell’Impermanenza.

La realtà è impermanente. Se io sono consapevole della realtà,

io sono consapevole della sua impermanenza. Questo, è il Quinto Pilastro

della Consapevolezza.

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Il Sesto Pilastro della Consapevolezza è la Consapevolezza dell’Universo.

Io sono parte dell’universo. Se io sono consapevole dell’universo, io sono consapevole di essere parte

dell’universo. Questo, è il Sesto Pilastro

della Consapevolezza.

Il Settimo Pilastro della Consapevolezza è la Consapevolezza dell’Amore.

L’amore è partecipazione. Se io sono consapevole di essere parte

dell’universo, io sono consapevole di amare l’universo.

Questo, è il Settimo Pilastro della Consapevolezza.

L’Ottavo Pilastro della Consapevolezza

è la Consapevolezza della Natura di Buddha. La Natura di Buddha

è la consapevolezza del Dharma. Se io sono consapevole del Dharma,

io sono consapevole della mia Natura di Buddha. Questo, è l’Ottavo Pilastro

della Consapevolezza.

Gli Otto Pilastri della Consapevolezza sono il fondamento del Dharma.

Se io dimoro negli Otto Pilastri della Consapevolezza,

io dimoro nel Dharma. Se io dimoro nel Dharma,

io dimoro nella mia Natura di Buddha.

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Questo, è il Dharma. Io prendo rifugio

nel Dharma.

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Le cinque pratiche che conducono

alla Liberazione

Le cinque pratiche che conducono

alla Liberazione sono

il controllo della mente, la presenza nella realtà,

la coscienza dell’impermanenza di tutti i fenomeni, il non attaccamento

e l’amore universale.

Il controllo della mente consiste nell’osservazione del pensiero e del respiro

fino al vuoto mentale.

La presenza nella realtà consiste nell’attenzione

rivolta al corpo e all’ambiente che ti circonda.

La coscienza

dell’impermanenza di tutti i fenomeni

consiste nella consapevolezza

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della trasformazione continua e della mancanza di un Sé

della realtà.

Il non attaccamento consiste nell’eliminazione

del pensiero di ciò che non c’è.

L’amore universale consiste nel provare

pietà per tutti gli esseri e per la loro sofferenza.

Praticando assiduamente

le cinque pratiche che conducono

alla Liberazione tu otterrai

la Liberazione dalla sofferenza

e dal dolore e rivelerai

a te stesso e agli altri la tua natura di Buddha.

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Io sono coscienza

Io sono amore

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Io ho natura

di Buddha


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