ISSN 2421-0730
NUMERO 1 – GIUGNO 2019
STEFANO ZOCCALI
La giurisprudenza sovranazionale e l’applicazione dei c.d. “criteri Engel”: un’analisi storica
sull’evoluzione della qualificazione della norma penale fra Corte Edu e Corte di Giustizia
dell’Unione europea in materia di “ne bis in idem”
ABSTRACT – The “ne bis in idem” principle has in recent years
been the subject of numerous national and supra-national decisions. The
use of the so-called double track sanctioning system, that is the
convergence of both criminal and administrative sanctions on a single fact,
has caused numerous problems of compatibility between our system and
the fundamental rights enshrined in the ECHR and the Nice Charter. The
paper analyzes the case-law of the European High Courts and, based on
them, wants to offer a series of possible legislative ideas and to try to
outline the possible future prospects on the subjects.
KEYWORDS – European Court of Human Rights, Court of Justice
of the European Union, Engel criteria
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STEFANO ZOCCALI∗
La giurisprudenza sovranazionale e l’applicazione dei c.d. “criteri Engel”: un’analisi storica sull’evoluzione della
qualificazione della norma penale fra Corte Edu e Corte di
Giustizia dell’Unione europea in materia di “ne bis in idem” ∗∗
SOMMARIO: 1. La sentenza Engel e altri contro Paesi Bassi quale linea guida ai fini
della qualificazione della materia penale – 2. I criteri Engel nella giurisprudenza della
Corte Edu – 3. La sentenza Aklagaren c. Hans Akerberg Fransson della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea – 4. Dal revirement della Corte Edu (sentenza A e B
contro Norvegia del 2016) alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del
20 marzo 2018 – 5. Prospettive future
1. La sentenza Engel e altri contro i Paesi Bassi quale linea guida ai fini della qualificazione della materia penale
Il problema della qualificazione della norma e della sanzione
all’interno della materia penale ha portato negli anni la giurisprudenza
sovranazionale a supplire alla necessità di garantire uniformità
all’applicazione delle garanzie negli stati europei. In particolare, la Corte
Edu, al fine di garantire il rispetto degli articoli 6 e 7 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza Engel e altri contro i Paesi
∗ Dottorando di Ricerca in “Teoria del diritto e Ordine giuridico ed economico europeo”,
presso l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro.
∗∗ Contributo sottoposto a valutazione anonima.
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Bassi del 1976, ha formulato i seguenti tre criteri, affinati nel tempo1, che
debbono essere applicati dal giudice così da verificare se un procedimento
abbia ad oggetto accuse in materia penale:
a) per prima cosa, è necessario soffermarsi sulla qualificazione data
dal sistema giuridico dello stato convenuto all’illecito contestato.
Quest’indicazione acquisisce, comunque, valore formale e relativo,
considerato che la Corte deve sempre supervisionare sulla correttezza di
tale qualificazione sulla base di ulteriori fattori indicativi del carattere
penale sull’accusa;
b) in secondo luogo, occorre considerare la natura sostanziale
dell’illecito commesso. Il giudice dovrà, quindi, capire se vi sia in presenza
di una condotta che viola una norma posta a protezione del funzionamento
di una specifica formazione sociale o se, invece, la norma stessa sia stata
preposta alla tutela erga omnes di beni giuridici della collettività, anche
alla luce del denominatore comune delle rispettive legislazioni dei vari
stati contraenti;
c) infine, bisogna considerare il grado di severità della pena che rischia
la persona interessata, poiché in una società di diritto appartengono alla
sfera penale le privazioni della libertà personale suscettibili di essere
imposte quali punizioni, eccezion fatta per quelle la cui natura, durata o
modalità di esecuzione non possono causare un apprezzabile danno.
La questione, come accennato, trae origine dalla celebre sentenza del
1976 della Corte Edu e, al fine di comprenderne la portata acquisita negli
anni, appare opportuno in questa sede riassumerne l’iter attraverso il
quale i giudici di Strasburgo arrivarono alla storica decisione finale2. I
1 Per una dettagliata e specifica ricostruzione dei rapporti tra le garanzie CEDU e il diritto
penale interno si veda: E. NICOSIA, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e diritto
penale, Giappichelli, Torino, 2006; F. VIGANÒ, Diritto penale sostanziale e Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 84 ss.
2 Precedentemente era stato attribuito alla qualificazione giuridica interna rilievo
decisivo. Come testimoniato da: V. Commissione, X. c. Repubblica federale tedesca, 14
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ricorrenti all’epoca dell’introduzione del ricorso davanti alla Commissione
prestavano il servizio militare obbligatorio ed erano stati destinatari di
diverse sanzioni e misure disciplinari per infrazione alla disciplina
militare. Gli stessi sostenevano fosse stato violato l’articolo 6 della CEDU3,
poiché i procedimenti intentati a loro carico non concernevano né
controversie su diritti e doveri di carattere civile né accuse penali. La
Corte, allora, esaminò l’eventuale appartenenza alla materia penale delle
sanzioni ai sensi della disposizione menzionata, nonostante secondo la
legislazione dello Stato olandese le stesse fossero disciplinari e volte a
reprimere le infrazioni contestate ai ricorrenti (obiettivo analogo allo
scopo generale del diritto penale).
I giudici di Strasburgo, in primo luogo, affrontarono il problema
dell’applicabilità dell’articolo 6, interrogandosi sull’esistenza di accuse
penali e di contestazioni relative a diritti di carattere civile.
Sul primo punto è bene sottolineare come ogni Stato contraente operi
una distinzione, all’interno dei singoli ordinamenti giuridici e, seppur sotto
forme differenti tra loro, fra i c.d. procedimenti penali e i c.d. procedimenti
disciplinari. I primi offrono in genere sui secondi dei vantaggi sostanziali
in particolare con riferimento alle condanne irrogate, le quali risultano
meno gravi implicando conseguenze molto più limitate e non comparendo
nel casellario giudiziario. Tuttavia, le istanze penali sono generalmente
assortite da maggiori garanzie.
A questo punto, parse necessario alla Corte Edu domandarsi se la
soluzione che era stata accolta dai giudici olandesi fosse decisiva o meno
dicembre 1970; De Wilde, Oomse Versyp c. Belgio, 18 giugno 1971, che escludeva la
natura penale dell'infrazione in quanto non costituente reato nella legislazione nazionale
3 Per un’analisi dettagliata delle disposizioni e dell’applicazione dell’articolo 6, J.E.S.
FAWCETT, The application of the european convention of human rights, Oxford, 1987, 126
ss, cfr., inoltre, J.C. SOYER e M. DE SALVIA, “Article 6”, in L.E. PETTITI, E. DECAUX e P.H.
IMBERT, La Convention européenne des droits de l’Homme, commentaire article par article, Paris, 1995, 239 ss.
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riguardo alla Convenzione. Infatti, il problema si poneva in un caso in cui
l’azione o l’omissione costituiva secondo il diritto interno dello Stato
convenuto un illecito misto, così da far sorgere una possibilità di opzione o
di cumulo tra procedimenti di natura penale e procedimenti disciplinari. I
giudici di Strasburgo non hanno condiviso a pieno nessuna delle tesi
sostenute dalle parti sulla c.d. autonomia della nozione di accusa penale e,
richiamando la sentenza Neumeister contro Austria del 19684, hanno
messo in rilievo come fosse già stato statuito che il termine accusa debba
essere inteso secondo il significato riconducibile dal testo della
Convenzione. Nel caso di specie, invece, non è parso necessario focalizzarsi
tanto sul concetto di accusa penale, quanto su quello di materia penale5,
che non richiede esattamente la medesima risposta.
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, infatti, garantisce agli
Stati la facoltà di istituire o mantenere una distinzione tra diritto penale e
diritto disciplinare, fissandone i contenuti in presenza di alcune specifiche
condizioni. Tale possibilità è riconosciuta al fine di garantire
l’adempimento della funzione di tutori dell’interesse pubblico degli Stati
contraenti. Essi sono liberi di elevare al grado di illecito penale un’azione o
un’omissione non costituente un esercizio normale di un singolo diritto
garantito. Quest’ultimo aspetto emerge, secondo l’interpretazione operata
4 Sulla sentenza richiamata: C. SANNA, La durata ragionevole dei processi nel dialogo tra
giudici italiani ed europei, a 85, all’interno della Collana del Centro di Studi sulla
Giustizia della Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, Giuffrè
Editore, 2008. 5 Ai fini di una definizione del concetto di “materia penale” si rimanda a: V. MANES, La
lunga marcia della Convenzione europea ed i “nuovi” vincoli per l’ordinamento (e per il
giudice) penale interno, in La Convenzione europea dei diritti dell’uomo
nell’ordinamento penale italiano, a cura di V. MANES e G. ZAGREBELSKY, in Quaderni di
diritto penale comparato, internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè Editore, 2011, 38-
40.
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dai giudici di Strasburgo, dall’articolo 7 della CEDU, con l’applicazione
degli articoli 6 e 7 che è sottratta al controllo della Corte6.
La scelta opposta, al contrario, è sottoposta a norme ben più
restrittive. Infatti, ai singoli Stati non è permesso qualificare a proprio
piacimento quale disciplinare e non penale un determinato illecito.
Qualora così non fosse, l’effetto delle norme fondamentali degli articoli 6 e
7 sarebbe subordinato solo ed esclusivamente alla loro volontà sovrana.
Inoltre, una così ampia libertà rischierebbe di comportare dei risultati
incompatibili con l’oggetto e con gli scopi perseguiti dalla Convenzione. Di
conseguenza, il compito della Corte Edu7, in tema di qualificazione e alla
luce della sentenza Engel, consiste nell’esercitare la competenza a
controllare (tanto sotto il profilo dell’articolo 6, quanto in considerazione
degli articoli 17 e 18 della CEDU) che la materia disciplinare non invada
indebitamente la materia penale.
La Corte, nel caso in esame, operò una valutazione attraverso la quale
verificare se l’accusa in questione, a cui i Paesi Bassi attribuivano natura
disciplinare, rientrasse nella materia penale. A questo punto, fu la natura
stessa dell’illecito a fungere da elemento di valutazione della massima
rilevanza. Assodato che il singolo Stato potesse utilizzare contro i militari,
6 U. VILLANI, Tutela dei diritti fondamentali nel ‘dialogo’ tra corti europee e giudici
nazionali, in Diritti fondamentali e Cittadinanza dell’Unione Europea (a cura di L.
MOCCIA), Franco Angeli, Milano, 2010, 115 ss., e, con il titolo La cooperazione tra i
giudici nazionali, la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti
dell’uomo, in La cooperazione fra Corti in Europa nel tutela dei diritti dell’uomo (a cura
di M. FRAGOLA), Editoriale Scientifica, Napoli, 2012, 1 ss.; U. VILLANI, Sull’efficacia della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento italiano dopo il Trattato di
Lisbona, in Scritti in onore di Claudio Zanghì (a cura di L. PANELLA, E. SPATAFORA),
Giappichelli, Torino, 2011, vol. II, Diritti umani, 661 ss.
7 F. VIGANÒ, Il nullum crimen conteso: legalità “costituzionale” vs legalità
“convenzionale”, articolo pubblicato in Il rapporto problematico tra giurisprudenza e
legalità, atti del convegno su “Giurisprudenza legalità e diritto penale” svoltosi presso
l’Università degli Studi di Bologna il 5 novembre 2015 (a cura di S.TORDINI CAGLI), Bup
Editore, Bologna, 2017 9-39 e in Diritto Penale Contemporaneo, il 5 aprile 2017.
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a cui erano contestate le azioni e le omissioni contrarie alle norme
giuridiche regolatrici del funzionamento delle forze armate, il diritto
disciplinare (e non quello penale), la Corte Edu prese così in
considerazione il grado della severità della sanzione attribuita agli stessi.
2. I criteri Engel nella giurisprudenza della Corte Edu
I criteri Engel sono, alla luce di quanto affermato finora, definiti quali
alternativi e non cumulativi8. Sostanzialmente, affinché l’accusa possa
essere considerata di appartenenza alla materia penale, ai sensi
dell’articolo 6 della CEDU, è sufficiente che il reato sia di natura penale
rispetto alla Convenzione oppure che abbia causato all’interessato
l’attribuzione di una sanzione che per natura e per gravità rientri in linea
generale nell’ambito della materia penale9.
Tale orientamento negli anni ha assunto una rilevanza sempre più
dominante e prevalente all’interno della giurisprudenza sovranazionale. La
ragione sostanzialistica del proliferare di sentenze della Corte Edu a
sostegno di questa tesi poggia sempre sul grado di severità dell’impianto
sanzionatorio, che ha portato a parlare di quantificazione del “tono di afflittività della sanzione”. Infatti, l’alternatività dei criteri ermeneutici
enucleati dalla Corte EDU non vieta l’adozione di un approccio unitario
qualora l’analisi separata di ognuno di essi non consenta di giungere ad
8 Anche se alle volte possono essere utilizzati anche cumulativamente: A. VILLANI, Ne bis
in idem: uno scontro-confronto (senza fine?) tra giurisprudenza CEDU e nazionale,
articolo scientifico pubblicato su Cammino diritto, rivista di informazione giuridica,
3/2017.
9 Sulla progressiva estensione dell’ambito della “materia penale” e dello statuto penale
convenzionale delle garanzie conseguente all’applicazione dei criteri Engel: M. MANCINI,
La “materia penale” negli orientamenti della Corte EDU e della Corte costituzionale, con
particolare riguardo alle misure limitative dell’elettorato passivo, in federalismi.it,
Focus Human Rights, 1/2018.
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una definizione chiara in merito alla sussistenza di un’accusa in materia
penale10.
Fra i casi più spinosi e più noti degli ultimi anni in tema di
qualificazione della sanzione trattati dalla Corte di Strasburgo, particolare
rilevanza ha assunto la sentenza Grande Stevens e altri c. Italia del 201411.
All’origine della causa vi furono cinque ricorsi proposti da tre cittadini
italiani (il celebre legale della famiglia Agnelli Franzo Grande Stevens, il
dirigente d’azienda Gianluigi Gabetti e l’amministratore delegato dell’Exor
s.p.a. Virgilio Marrone) e da due società (la Exor S.p.a. e la Giovanni
Agnelli & C. S.a.s.), che adirono la Corte il 27 marzo 2010 in virtù
dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali. Da parte dei ricorrenti veniva lamentata: a) la
violazione del principio del ne bis in idem per irrogazione di una seconda
10 Sul punto le sentenze: “Jussila c. Finlandia, n. 73053/01, §§ 30 e 31, CEDU 2006-XIII,
e “Zaickevs c. Lettonia”, n. 65022/01, § 31, CEDU 2007-IX.
11 F. VIGANÒ, Ne bis in idem e contrasto agli abusi di mercato: una sfida per il legislatore
e i giudici italiani. Riflessioni de lege lata e ferenda sull’impatto della sentenza Grande
Stevens nell’ordinamento italiano. articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo,
all’interno del 1/2016; G.M. FLICK, Reati fiscali, principio di legalità e ne
bis in idem: variazioni italiane su un tema europeo, articolo pubblicato su Diritto Penale
Contemporaneo il 14 settembre 2014; G.M. FLICK – V. NAPOLEONI, Cumulo tra sanzioni
penali e amministrative: doppio binario o binario morto? in Rivista dell’Associazione
Italiana Costituzionalisti e su Rivista delle Società 2014, 5; M. VENTORUZZO, Abusi di
mercato, sanzioni Consob e diritti umani. Il caso Grande Stevens e altri c. Italia, in
Rivista delle società, 2014, 693 e ss.; G. ABBADESSA, Il caso Fiat-Ifil alla Corte europea
dei diritti dell’uomo. Nozione di “pena” e contenuti del principio “ne bis in idem”, in
Giurisprudenza Commerciale, 2014, 4, Giuffrè, parte II, 546; A. LANZAFAME, Il ne bis in
idem vale anche per le sanzioni amministrative di natura afflittiva: la Corte di
Strasburgo conferma l’approccio sostanzialistico e traccia la strada per il superamento
del “doppio binario”, articolo pubblicato in federalismi.it, 20 giugno 2014, fascicolo
2/2014.
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sanzione formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale; b) la
lesione del diritto al rispetto dei loro beni; c) la mancata equità,
indipendenza e imparzialità del tribunale presso cui avevano avuto luogo i
procedimenti giudiziari. Il 15 gennaio 2013, i ricorsi furono dichiarati
parzialmente irricevibili e le doglianze relative all’articolo 6 della
Convenzione, oltre che agli articoli 1 del Protocollo n. 1 e 4 del Protocollo n.
7 sono state comunicate al Governo. Fu deciso, inoltre, che la Camera si
sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito.
A conclusione del procedimento la Corte Edu ha affermato che, alla
luce del criterio della qualificazione giuridica formale dell’illecito, le
manipolazioni di mercato ascritte ai ricorrenti dinanzi alla CONSOB non
costituiscono un illecito di natura penale nel diritto italiano12. Esse, infatti,
sono punite attraverso l’irrogazione di una sanzione qualificata come
amministrativa dall’articolo 187 ter punto 1 del Decreto legislativo n. 58
del 1998. Il governo italiano si difendeva, facendo esplicito riferimento
anche a tale argomento formale, rifacendosi all’eccezione che era stata
sollevata preliminarmente dinanzi alla Corte Edu e relativa alla riserva
posta all’Italia al momento della ratifica del Protocollo n. 7 della
Convenzione europea (avvenuta attraverso la Legge n. 98 del 1980), con la
quale lo Stato aveva precisato come l’articolo 4 del Protocollo andasse
applicato unicamente alle infrazioni, alle procedure e alle decisioni che
fossero qualificate come penali dalla legge italiana. Tuttavia, la Corte Edu,
nel caso in esame, non ha considerato valida la riserva, ritenuta generica13,
nei confronti delle categorie giuridiche invocate rispetto al richiamo alle
norme interne coinvolte. Conseguentemente, la stessa Corte di Strasburgo
ha affermato preliminarmente che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 risulta del
tutto applicabile all’Italia. È stato, in tal modo, ribadito come il criterio
12 F. VIGANÒ, Ne bis in idem: la sentenza Grande Stevens è ora definitiva, nota pubblicata
su Diritto Penale Contemporaneo, l’8 luglio 2014.
13 Corte Edu, Seconda Sezione, 4 marzo 2014, sentenza Grande Stevens c. Italia, ric. n.
18640, 18647, 18668 e 18698/2010.
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della qualificazione formale non debba ritenersi decisivo ai fini
dell’applicabilità del profilo penale dell’articolo 6 della CEDU, poiché le
indicazioni che fornisce hanno un valore relativo.
Tra i precedenti citati a sostegno della decisione della Corte, sono
menzionate le sentenze Menarini Diagnostic s.r.l. contro Italia del 201114
e, soprattutto, Özturk contro Germania del 198415. In particolare,
quest’ultima ha assunto rilevanza fondamentale fungendo da punto di
riferimento in merito alla verifica della sussistenza del c.d. “secondo criterio Engel” sulla natura dell’infrazione16. Tale indagine si fonda, infatti,
su numerosi fattori, quali:
a) l’accertamento della funzione repressiva-dissuasiva della norma;
b) il raffronto con la qualificazione attribuita agli analoghi
procedimenti o sanzioni negli altri Stati membri del Consiglio d’Europa;
c) l’accertamento della provenienza dell’azione (la quale deve essere
stata posta in essere da una pubblica autorità in virtù dei poteri legalmente
riconosciuti), la verifica della portata della norma e, quindi, della sua
generalità.
Tornando al caso Grande Stevens, appare opportuno evidenziare
come, in ragione dell’elevato importo delle pene afflitte e di quelle
comminabili ai ricorrenti, la Corte Edu abbia ritenuto che quelle inflitte
dalla CONSOB ai ricorrenti rientrino, alla luce della loro severità, 14 Sulla sentenza Menarini Diagnostic s.r.l. contro Italia: S. ZIRULLA, La tutela del giudice
amministrativo avverso le sanzioni “penali” dell’AGCM è conforme ai principi dell’equo
processo sanciti dalla Convenzione Edu, nota pubblicata su Diritto Penale
Contemporaneo, il 28 novembre 2011.
15 Sulla sentenza Özturk contro Germania e sulla continuità della stessa rispetto alla
sentenza Engel e altri contro Paesi Bassi: S. VALVO, Il ne bis in idem tra diritto interno e
giurisprudenza europea, articolo pubblicato su Rivista dell’Osservatorio Permanente
della Giurisprudenza Tributaria, aprile 2017, 1/2017; M. MARINUCCI - E. DOLCINI - G.L.
GATTA, Manuale di diritto penale – Parte Generale, Settima edizione, Giuffrè Editore,
Milano, 2018, 194-195.
16 L. MASERA, La nozione costituzionale di materia penale, G. Giappichelli Editore, 2018,
Torino, 57-79.
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all’interno dell’ambito della materia penale, specificando come il “carattere
penale” di un procedimento sia subordinato al grado di gravità della
sanzione di cui è a priori passibile la persona interessata (tenendo conto
dei criteri fissati da Engel e altri contro Paesi Bassi) e non alla gravità
della sanzione alla fine in concreto inflitta. La Corte ha ritenuto le sanzioni
inflitte ai ricorrenti di “innegabile severità” comportando agli interessi
conseguenze patrimoniali importanti e sanzioni accessorie molto serie17
(tra le quali le ragioni addotte dalla Corte per qualificare come “penali” le
sanzioni inflitte nel procedimento amministrativo).
3. La sentenza Aklagaren c. Hans Akerberg Fransson della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
A sostegno delle motivazioni addotte dalla Corte Edu nel caso Grande
Stevens, la stessa riconosce particolare importanza alla sentenza
Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson del 2013 emessa dalla Corte di
Giustizia dell’Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto18.
In quest’ultima pronuncia, secondo l’interpretazione offerta dai giudici di
Strasburgo, i loro omologhi di Lussemburgo hanno precisato come un
singolo Stato possa imporre una doppia sanzione, fiscale e penale, per i
17 F. D’ALESSANDRO, Regolatori del mercato, enforcement e sistema penale, G.
Giappichelli Editore, 2014, Torino, 222-223.
18 Sulla sentenza richiamata: S. MANACORDA, Dalle carte dei diritti a un diritto penale à la
carte. Note a margine delle sentenze Fransson e Melloni della Corte di Giustizia. articolo
pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, all’interno del 3/2013; D. VOZZA, I confini
applicativi del principio del ne bis in idem interno in materia penale: un recente
contributo della Corte di Giustizia dell’Unione europea, articolo pubblicato su Diritto
Penale Contemporaneo, all’interno del 3/2013; A. D’AMATO, La tutela degli interessi
finanziari tra competenze dell’Unione e obblighi degli Stati membri, Cacucci Editore,
Bari, 2018, 38-49; R. ADAM - A. TIZZANO, Manuale di diritto dell’Unione europea, G.
Giappichelli Editore, seconda edizione, 2017.
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medesimi fatti solo a condizione che la prima irrogata non abbia natura
penale. Veniva, infatti, chiesto alla Corte di Giustizia se un procedimento
penale dovesse essere ritenuto ammissibile in presenza di una sanzione
fiscale già applicata e se ciò fosse conforme a quanto disposto dagli articoli
4 Protocollo n. 7 della CEDU e 50 della Carta di Nizza. A tal proposito,
quest’ultima riconosce per la prima volta l’applicazione dei c.d. criteri Engel19, già applicati, come riportato in precedenza, dalla giurisprudenza
costante della Corte Edu. Infatti, il principio del ne bis in idem non osta
all’applicazione da parte di un singolo Stato membro della duplice
combinazione di sanzioni per le stesse violazioni, purché sia riconosciuta la
natura penale dell’illecito e la conformità all’articolo 50 della Carta di
Nizza, allo scopo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea.
Tuttavia, è bene sottolineare come non vi sia da rilevare solamente tale
conclusione comune tra le due corti, ma, allo stesso tempo, sorgano alcuni
problemi di natura ermeneutica che portano a conclusioni in parte
differenti fra le stesse. Se da una parte, nel caso Grande Stevens, la Corte
Edu afferma l’inconciliabilità in astratto con il ne bis in idem del sistema di
doppia sanzione previsto dal Decreto legislativo n. 58 del 1995 (articoli 185
e 187 ter); dall’altra, in Åklagaren c. Åkerberg Fransson, la Corte di
Giustizia ammette, invece, la combinazione di sanzioni fiscali e penali, con
obbligo di verifica in concreto da parte del giudice della natura di doppia
sanzione penale delle stesse nel rispetto: tanto dei criteri frutto della
giurisprudenza sovranazionale, quanto delle normative di matrice
convenzionale. La divergenza tra le due corti20, però, può essere definita
solamente apparente, in quanto, nel primo caso, la Convenzione europea
19 come delineati nella sentenza Bonda (Corte di Giustizia Europea, nella sentenza Grande
Sezione, 5 giugno 2012, C-489/10, Bonda) che fa esplicito riferimento ai ricordati criteri
Engel elaborati dalla Corte di Strasburgo.
20 Per un raffronto fra la sentenza della Corte Edu e quella della Corte di Giustizia
dell’Unione europea: G. DE AMICIS, Ne bis in idem e “doppio binario” sanzionatorio:
prime riflessioni sugli effetti della sentenza “Grande Stevens” nell’ordinamento italiano,
articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, all’interno del 3-4/2014.
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dei diritti dell’uomo osterebbe all’applicazione di misure di doppia
sanzione (amministrativa e penale) non estendendo la sfera applicativa del
ne bis in idem in via generale, ma soltanto per tutti quei casi in cui dalla
giurisdizione amministrativa si passasse a quella penale, tenendo conto
della specifica afflittività della sanzione; nel secondo caso, invece, la Corte
di Giustizia impone al giudice l’obbligo di verificare che le sanzioni non
rivelino in concreto una doppia sanzione penale (ammettendo la
combinazione di più sanzioni fiscali amministrative e penali) applicando
criteri parzialmente analoghi (poiché in parte ulteriori) rispetto a quelli
fissati dalla giurisprudenza costante della Corte Edu.
Il passaggio che accomuna pacificamente le due corti è rappresentato
dal fatto che ambedue adoperano (e per la Corte di Lussemburgo si tratta
di una novità rilevante) i c.d. criteri Engel ai fini della qualificazione
penale o amministrativa di una sanzione. Di conseguenza la divergenza
sussistente in relazione alle decisioni in materia di ne bis in idem, assume
minore rilevanza e va ad inserirsi in un ambito derivante dai motivi
sollevati per il ricorso o, in alternativa, per il rinvio pregiudiziale.
Si può, quindi, concludere affermando che, mentre la Corte Edu ha
inteso ampliare l’ambito applicativo di tale principio generale; la Corte di
Giustizia, mantenendo un atteggiamento più cauto e conservatore rispetto
a quello tenuto dagli ordinamenti interni in tema di valutazione, ha,
invece, operato una distinzione con riferimento alla necessità di valutare il
cumulo tra sanzioni penali e tributarie (purché quest’ultime siano di
natura penale) applicabili per il medesimo fatto. L’obiettivo è stato, quindi,
quello di bilanciare il divieto di uno stesso giudizio con l’esigenza di
adeguate misure residuali.
Nella sentenza Åklagaren c. Åkerberg Fransson viene esposta un’altra
affermazione di particolare rilevanza in relazione all’ancora mancata
adesione dell’Unione europea alla CEDU. Infatti, non essendo quest’ultima
un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico
dell’Unione, il diritto unitario non può disciplinare i rapporti tra la
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Convenzione e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e neanche
determinare le conseguenze che il giudice interno deve cogliere qualora si
sia in presenza di un conflitto tra i diritti riconosciuti dalla stessa e una
norma di diritto nazionale. È stata così demandata ai singoli Stati membri
la regolamentazione, in completa autonomia, dei rapporti fra la
Convenzione e il diritto interno, salvo una successiva adesione dell’Unione
alla CEDU21.
Anche la Corte Costituzionale italiana precedentemente aveva
manifestato, con la sentenza n. 80 del 2011, un orientamento simile22, non
riconoscendo il potere in capo al giudice di non applicare le norme interne
che fossero in contrasto con la Convenzione, nonostante i diritti
fondamentali riconosciuti dalla CEDU siano qualificati come principi
generali propri del diritto dell’Unione europea tanto dall’articolo 6 del
TUE, quanto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione
europea.
In definitiva, la soluzione offerta dalla sentenza Åklagaren c. Åkerberg Fransson riesce a superare la difficoltà in questione richiamando
la differenza di valenza che hanno tra loro la CEDU e la Carta di Nizza (la
quale è, invece, fonte del diritto dell’Unione). La Corte di Lussemburgo
sostiene, infatti, la sussistenza dell’obbligo per il giudice interno di
garantire l’applicazione delle norme contenute nella Carta dei diritti
fondamentali, prevalenti su quelle nazionali, qualora sia rilevato un
contrasto tra le due differenti fonti normative, senza che sia necessario
richiederne la rimozione tramite procedimento costituzionale.
21 Sulla vexata quaestio dell’adesione dell’Unione europea alla CEDU: A.F. MASIERO,
L’adesione dell’Unione europea alla CEDU. Profili penali. Parte prima: prospettive sul
futuro sistema dei diritti fondamentali in Europa, Diritto Penale Contemporaneo, 7-
8/2017.
22 R. CONTI, La scala reale della Corte costituzionale sul ruolo della CEDU
nell’ordinamento interno, Il Corriere giuridico, 9/2011.
STEFANO ZOCCALI
153
4. Dal revirement della Corte Edu (sentenza A e B contro Norvegia del 2016) alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del 20 marzo 2018
La scelta normativa per il divieto di “bis in idem”, come si è visto, è
condivisa ormai anche a livello sovranazionale e, di conseguenza,
l’attenzione (tanto della dottrina, quanto della giurisprudenza) è ricaduta
soprattutto: a) sulla nozione di “materia penale”; b) su quella di “idem factum”23. In entrambi i casi occorre rilevare una forte incidenza
sull’estensione dell’operatività del principio stesso.
L’evoluzione giurisprudenziale, sia interna che sovranazionale, ha
mostrato una tendenza all’espansione della garanzia del divieto di “bis in idem”. Tuttavia, recentemente la Corte EDU, con la sentenza A e B contro Norvegia del 15 novembre 2016, n. 24130/11, sembrerebbe virare verso
una battuta d’arresto rispetto alla continua espansione dell’ambito di
23 Sulla nozione di “idem factum” la giurisprudenza europea, influenzando recentemente
quella costituzionale italiana (sentenza n. 200 del 2016 sul caso Eternit), ha messo in
risalto negli anni come il confronto utile a sciogliere la questione relativa all’identità del
fatto debba essere sempre svolto avuto riguardo alle condotte in concreto realizzate e non
già paragonando le fattispecie astratte (cfr. Grande Camera della Corte Edu Zolotoukhine
c. Russia del 10 febbraio 2009 che si riferisce a “fatti identici o sostanzialmente uguali”;
la stessa sentenza Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014, che parla di identità del
“comportamento” e quelle Nykanen c. Finlandia del 20 maggio 2014 e Lucky c. Svezia
del 27 novembre 2014, nelle quali l’idem factum si definisce come “un insieme di
circostanze fattuali concrete che riguardano lo stesso imputato e che sono
inestricabilmente avvinte nel tempo e nello spazio.”). Per una più dettagliata analisi della
nozione in questione e alla luce della sentenza n. 200 del 2016 della Corte Costituzionale
si richiamano: D. PULITANÒ, La Corte costituzionale sul ne bis in idem, in Cassazione
Penale, 1/2017, 70; P. FERRUA, La sentenza costituzionale sul caso Eternit: il ne bis in
idem tra diritto vivente e diritto vigente, in Cassazione Penale, 1/2017, 78; E. PEZZI, I due
volti del ne bis in idem alla luce delle influenze europee, in Archivio Penale, 2/2018 –
maggio-agosto 2018, 377-399.
n. 1/2019
154
applicazione del “ne bis in idem” operata in via interpretativa24. Infatti, il
rigoroso orientamento della Corte EDU, che precludeva sostanzialmente di
perseguire una politica sanzionatoria di doppio binario (penale e
amministrativo) negli Stati contraenti della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo, ha subito scatenato enormi resistenze da parte degli
esecutivi e dei giudici di molti Stati europei25, come pacificamente
ammesso dalla stessa Corte di Strasburgo, la quale è di fatto tornata sui
suoi passi ridimensionando fortemente il livello di tutela riconosciuto a
livello convenzionale alla garanzia del “ne bis in idem”.
La decisione, pur non ribaltando la giurisprudenza consolidata
riguardo alla nozione di materia penale e di “idem factum”, sembra
utilizzare un nuovo metro di valutazione volto a verificare l’eventuale
sussistenza di una violazione del divieto di doppio giudizio
nell’ordinamento interno di uno Stato membro, nel caso di doppio binario
sanzionatorio. È stato ritenuto, nell’ipotesi in cui ad una sanzione
amministrativa definitiva si affianchi un procedimento penale avente ad
oggetto il medesimo fatto, nei confronti della stessa persona, che i due
procedimenti sanzionatori possano coesistere qualora sussista tra loro
“una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta.” La
Corte Edu individua, in tal modo, anche un’ulteriore strada da percorrere,
fondata su valutazioni di carattere processuale e procedimentale, così da
24 A. LONGO - F.M. DI STEFANO, La storia infinita del ne bis in idem e del doppio binario
sanzionatorio, articolo pubblicato su Federalismi, rivista di diritto pubblico italiano,
comparato, europeo il 28 giugno 2017; G. CALAFIORE, La sentenza A e B c. Norvegia della
Corte di Strasburgo ridimensiona la portata del ne bis in idem, articolo pubblicato su
European papers, a journal on law and integration, il 18 aprile 2017, 2/2017, 243-250.
25 Sulla problematica: N. MADIA, Il ne bis in idem convenzionale comunitario alle prese
con la litispendenza. Spunti per una soluzione dell'arcano nel paradigmatico ambito
degli abusi di mercato, Diritto Penale Contemporaneo, il 9 giugno 2015.
STEFANO ZOCCALI
155
valutare la sussistenza del nesso temporale e del nesso sostanziale26. Nello
specifico, sotto il profilo temporale si ammette sia la condizione parallela
sia quella non contemporanea dei due procedimenti sullo stesso fatto, a
condizione che il soggetto sottoposto al doppio binario sanzionatorio non
subisca un pregiudizio sproporzionato derivante da un perdurante stato di
incertezza processuale; sotto il profilo sostanziale, invece, i giudici europei
individuano una serie di indicatori sintomatici della connessione richiesta
per evitare il “bis in idem”.
In sintesi, i giudici di Strasburgo richiamano nella sentenza citata:
a) la diversa finalità dei procedimenti;
b) la prevedibilità della duplicazione di procedimenti e sanzioni da
parte dell’autore della condotta;
c) la “conduzione integrata” dei procedimenti (per evitare, o
comunque limitare, la duplicazione nella raccolta e nella valutazione delle
prove);
d) la considerazione nel secondo procedimento dell’entità della
sanzione inflitta nel primo (al fine di rispettare l’esigenza di una
proporzionalità complessiva della pena).
La sentenza A e B contro Norvegia ha rappresentato, ancor più di
recente, il punto di riferimento essenziale per la Corte di giustizia,
pronunciatasi nel marzo 2018 con tre diverse sentenze sull’interpretazione
della garanzia di “ne bis in idem” contenuta nell’articolo 50 della Carta di
Nizza. Le tre pronunce in questione (Menci C-524/15; Garlsson Real Estate e a. C-537/16; Di Puma C-596/16 e Zecca 597/16, quest’ultime
riunite dalla Corte di Lussemburgo) condividono tra loro quasi totalmente
26 Subito recepita dalla giurisprudenza di legittimità interna anche se, per lo meno
inizialmente, solo in parte. Sul punto: A.F. TRIPODI, Ne bis in idem e sanzioni tributarie:
La Corte di Cassazione “sfronda” il test della sufficiently close connection in substance
and time, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, 3/2018.
n. 1/2019
156
la struttura argomentativa27, differenziandosi solamente riguardo
all’applicazione dei principi di diritto elaborati ai singoli casi in esame28.
Occorre premettere come la Corte di Giustizia confermi l’approccio,
già manifestato in Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, che richiamava
ai c.d. criteri Engel della Corte Edu, pur senza citarli esplicitamente in
nessuna delle tre pronunce e senza richiamare la giurisprudenza della
stessa (nonostante fosse già indirizzata alla qualificazione di sanzioni
identiche quali penali). L’elemento di novità, rispetto alla pronuncia del
2013, è rappresentato dal fatto che i giudici di Lussemburgo, pur lasciando
la valutazione finale nelle mani del giudice interno, operano una
valutazione di ognuno dei tre criteri ad ogni singolo caso concreto e
qualificano le singole sanzioni amministrative come sanzioni
sostanzialmente penali.
Andando per ordine, la sentenza Menci (C-524/15) trae origine da un
rinvio pregiudiziale del Tribunale di Bergamo29 riguardo la questione del
doppio binario in materia di reati tributari. Infatti, all’imputato, sottoposto
a procedimento penale per il delitto di cui all’articolo 10 bis, decreto
legislativo n. 74 del 2000, era stata inflitta una sanzione pecuniaria
relativa al medesimo importo IVA non pagato, qualificata come
27 L. ROCCATAGLIATA, La Corte di Giustizia UE deposita tre sentenze in tema di doppio
binario sanzionatorio. L’approdo definitivo del Giudice europeo?, in Giurisprudenza
Penale Web, 2018, 3.
28 N. RECCHIA, Note minime sulle tre recenti sentenze della Corte di giustizia dell’Unione
europea in tema di ne bis in idem, articolo pubblicato sulla rivista Eurojus, il 22 marzo
2018; A. GALLUCCIO, La Grande Sezione della Corte di giustizia si pronuncia sulle attese
questioni pregiudiziali in materia di bis in idem, articolo pubblicato su Diritto Penale
Contemporaneo, 3/2018; F. CONSULICH - C. GENONI, L’insostenibile leggerezza del ne
bis in idem. Le sorti del divieto di doppio giudizio e doppia punizione, tra diritto
eurounitario e convenzionale, articolo pubblicato su Giurisprudenza penale web,
4/2018. 29 F. VIGANÒ, Ne bis in idem e omesso versamento dell’IVA: la parola alla Corte di
Giustizia, nota pubblicata su Diritto Penale Contemporaneo, il 28 settembre 2015.
STEFANO ZOCCALI
157
amministrativa ma sostanzialmente penale, all’esito del procedimento
tributario (ex articolo 13, decreto legislativo n. 471 del 1997)30.
La causa Garlsson Real Estate e a. (C-537/16) è originata, invece, da
un rinvio pregiudiziale della sezione tributaria della Corte di Cassazione
civile31, in merito alla complicata compatibilità tra l’illecito qualificato
come amministrativo (ma anche in questo caso in sostanza penale) di cui
all’articolo 187 ter del decreto legislativo n. 58 del 1998 e il delitto di
manipolazione di mercato di cui all’articolo 185 dello stesso decreto. Nel
caso di specie i ricorrenti si erano opposti a un provvedimento
sanzionatorio emesso contro di loro dalla CONSOB, dopo che il
procedimento penale si era concluso già in precedenza con una sentenza di
patteggiamento.
Infine, le cause Di Puma (C-596/16) e Zecca (C-597/16), riunite come
predetto dalla Corte di Giustizia, traevano origine da due rinvii
pregiudiziali provenienti dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione
civile32 inerenti procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative,
ritenute però di natura penale, inflitte dalla CONSOB, anche in questo caso
ex articolo 187 ter del decreto legislativo 58 del 1998, nonostante una
sentenza penale definitiva avesse assolto gli imputati per i medesimi fatti
dall’imputazione per il delitto di cui all’articolo 184 del medesimo decreto
(abuso di informazioni privilegiate).
30 Per un’analisi approfondita della sentenza Menci: P.I. D’ANDREA, Ne bis in idem e
repressione delle omissioni dei versamenti IVA: le indicazioni della Corte di Giustizia UE
per i Giudici nazionali. Nota a CGUE, 20 marzo 2018, C-524-/15, in Rivista AIC,
Osservatorio costituzionale, 2/2018, 20 maggio 2018.
31 F. VIGANÒ, A Never Ending Story? Alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la
questione della compatibilità tra ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio in
materia, questa volta, di abusi di mercato, nota pubblicata su Diritto Penale
Contemporaneo, il 17 ottobre 2016.
32 F. VIGANÒ, Ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio: nuovo rinvio pregiudiziale
della Cassazione in materia di abuso di informazioni privilegiate, nota pubblicata su
Diritto Penale Contemporaneo, il 28 novembre 2016.
n. 1/2019
158
La Corte di Giustizia conferma, nelle tre sentenze e in continuità con la
sua giurisprudenza precedente33, come, affinché sia possibile integrare il
ne bis in idem, occorra che il soggetto a carico del quale siano rivolti i due
procedimenti sostanzialmente penali sia lo stesso e che tali procedimenti
abbiano ad oggetto il medesimo fatto inteso in senso storico-naturalistico,
come identità dei fatti materiali. Inoltre, gli stessi giudici hanno
specificato, facendo emergere in questo caso un elemento innovativo
rispetto alla loro stessa giurisprudenza consolidata, come la previsione di
un elemento costitutivo aggiuntivo non sia sufficiente a mettere in
discussione l’identità dei fatti materiali contestati.
Di conseguenza, è possibile constatare come la Corte Edu e la Corte di
Giustizia divergano, a questo punto, tra loro nelle argomentazioni
adottate, pur pervenendo a conclusioni complessivamente coincidenti.
Volendo focalizzarsi su tale differenziazione nello sviluppo argomentativo
posto a sostegno delle singole argomentazioni di ognuna delle corti, appare
opportuno rammentare che secondo quanto affermato in A e B contro Norvegia, affinché si possa ritenere integrato il divieto di bis in idem,
occorre verificare che non si tratti di procedimenti in stretta connessione
temporale tra loro, elemento, quest’ultimo, negativo della garanzia in
esame, con la conseguenza diretta che la stessa non possa essere
considerata integrata. Si impedirebbe, in tal modo, la possibile ipotesi di
violazione del divieto da parte del singolo Stato34. Secondo l’impostazione
33 Si veda, a tal proposito, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella
causa C-365/05, Krajienbrink e sulla stessa: C.M. PAOLUCCI, Cooperazione giudiziaria e
di polizia in materia penale, UTET Giuridica, 2011, 746 e ss.; J.P. PIERINI, La corruzione
passiva del pubblico ufficiale straniero: repressione nell’ambito del contrasto alla
criminalità organizzata, G. Giappichelli Editore, 2016, 61. 34 C. FATTA, Il nuovo volto del ne bis in idem nella giurisprudenza della Grande Camera e
la compatibilità con il doppio binario sanzionatorio in materia tributaria, Nota a Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), Grande Camera, 15 novembre 2016, A. e B.
contro Norvegia, ric. n. 24130/11 e 29758/11, articolo pubblicato su Giurisprudenza
penale, 1/2017.
STEFANO ZOCCALI
159
adottata dai giudici della Corte di Giustizia, invece, verificati i presupposti
citati, la garanzia del ne bis in idem sarebbe integrata ed esprimerebbe,
tuttavia, dogmaticamente non una regola ma un principio da bilanciare
secondo quanto disposto dall’articolo 52 della Carta dei diritti
fondamentali35. Essi recuperano, quindi, i criteri che la Corte di Strasburgo
utilizza per escludere l’integrazione del ne bis in idem e li adoperano per
giustificare la limitazione del principio stesso. Rivolgendo l’attenzione sui
vari criteri che la Corte di Giustizia riprende dalla Corte Edu, occorre
menzionare la possibilità che il doppio binario sanzionatorio penale-
amministrativo sia chiaramente previsto dalla legge. Infatti, qualora così
non fosse si violerebbe il principio di legalità sostanziale e processuale.
In secondo luogo, appare necessario che i procedimenti e le sanzioni
abbiano di mira scopi complementari nel comune perseguimento di un
interesse generale di importanza tale da legittimare la scelta del doppio
binario sanzionatorio, rimettendo anche in questo caso nelle mani del
giudice del rinvio la verifica del criterio in questione.
Inoltre, l’ordinamento deve garantire un coordinamento tra i
procedimenti che limiti a quanto siano strettamente necessari gli oneri a
carico del sottoposto a doppio procedimento e, infine, deve altresì
garantire che la severità di tutte le sanzioni inflitte sia proporzionata alla
gravità dei fatti connessi.
In tal modo, appare mutuata la garanzia del ne bis in idem, sorta in
ambito processuale come forma di garanzia posta a tutela dell’arbitraria
proliferazione dei procedimenti, in un’ulteriore garanzia, quella della
proporzione sanzionatoria, di cui all’articolo 49 comma 3 della Carta di
Nizza, volta a riconoscere in ambito sostanziale la proporzione del carico
sanzionatorio, generata dalla somma di due sanzioni, rispetto ai fatti
35 Sul tema del bilanciamento dei principi ai sensi dell’articolo 52 della Carta di diritti
fondamentali: M. DANIELE, La triangolazione delle garanzie processuali fra diritto
dell’Unione europea, CEDU e sistemi nazionali, Diritto Penale Contemporaneo, 4/2016,
6-7.
n. 1/2019
160
commessi. Sostanzialmente, anche la Corte di Giustizia, pur rinviando in
ultimo al giudice interno, abbandona ed esclude qualunque possibilità di
mettere in discussione i sistemi sanzionatori a doppio binario, per i quali
non può essere applicato il ne bis in idem.
Rispetto alla Corte Edu, tuttavia, nei casi Garlsson e Di Puma, i giudici
di Lussemburgo affrontano due nuovi profili, affermando posizioni
innovative. Nel primo caso, pur demandando la questione al giudice
interno, è stato osservato che la condanna definitiva penale porta a
ritenere quale sproporzionato il proseguimento di un procedimento
amministrativo sanzionatorio, il quale implicherebbe il mancato rispetto
della proporzione delle sanzioni tra il cumulo delle stesse e i fatti
riconosciuti quali commessi dal destinatario da parte del giudice penale36.
In Di Puma, invece, si è affrontato il problema della permanente
sussistenza di un procedimento amministrativo a seguito di assoluzione in
sede penale e, anche in questo caso, la Corte di Giustizia ha ritenuto
sproporzionato il proseguimento del procedimento in questione37.
Tali due argomenti affrontati permettono l’applicazione automatica del
principio del ne bis in idem in questi casi specifici ed evidenti di cumulo di
due binari sanzionatori, permettendo di porre rimedio a prassi
giurisprudenziali interne di esplicita sproporzione38.
5. Prospettive future Le tre sentenze del marzo 2018 consentono di operare alcune
36 Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, C-537/16, Garlsson Real Estate
e a. 37 Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, C-596/16, Di Puma.
38 Sulla diretta applicabilità dell’articolo 50 della Carta di Nizza: E. BINDI - A. PISANESCHI,
La Corte di Giustizia: il doppio binario nei reati di market abuse è illegittimo e l’art. 50
della Carta europea dei diritti fondamentali è norma direttamente applicabile, articolo
pubblicato in Rivista AIC, Osservatorio costituzionale, 2/2018.
STEFANO ZOCCALI
161
riflessioni sui possibili scenari futuri. Tuttavia, se lette soprattutto alla luce
del revirement di A e B contro Norvegia del 2016 (recentemente
confermato anche dalla sentenza Bjarni Armansson contro Islanda del
201939), appare evidente come i giudici della Corte di Giustizia non
abbiano voluto osare, favorendo la definitiva eliminazione di alcuni dubbi
di natura applicativa, complice anche la minore attenzione prestata al
criterio del nesso temporale. D’altro canto, da accogliere positivamente è il
comune allineamento di entrambe le corti sul principio di proporzione
delle sanzioni emesse.
Inoltre, un ulteriore aspetto messo in rilievo dalla giurisprudenza dei
giudici di Lussemburgo e da segnalare con altrettanto favore è
rappresentato dall’esplicito riconoscimento quale garanzia fondamentale
del singolo individuo del divieto di bis in idem. Appare forte l’esigenza di
sottrarre lo stesso all’insicurezza causata dall’instabilità della propria
posizione giuridica negli ordinamenti interni40, nel pieno rispetto dei
principi di prevedibilità e di certezza del diritto. A tal proposito, la portata
della garanzia non può che dover tenere conto anche del compito di
impedire anche la possibile semplice sottoposizione ad un ulteriore
procedimento penale.41
39 Sulla sentenza Bjarni Armansson c. Islanda del 16 aprile 2019 della Corte Edu e sui i
suoi profili di continuità con A e B c. Norvegia del 2016 e Jóhannesson c. Islanda del
2017 si segnala: A. GALLUCCIO, Non solo proporzione della pena: la Corte Edu ancora sul
bis in idem, nota a sentenza pubblicata su Diritto Penale Contemporaneo, il 7 maggio
2019. 40 M. MERSINI, Applicazione ed evoluzione del principio del ne bis in idem: il revirement
della Corte EDU e della Corte di Giustizia nelle cause Menci (C-524/15), Garlsson Real
Estate e a. (C-537/16) e Di Puma e Zecca (C-596/16 e C-597/16), Rivista della
Regolazione dei mercati, 1/2018.
41 Non limitandosi ad evitare il rischio dell’applicazione di sanzioni per un fatto in ordine
al quale sia intervenuta una già definitiva pronuncia di proscioglimento. Sul punto: P.
TROISI, La nozione giurisprudenziale di litispendenza penale, in Diritto penale e
processo, 6/2006, 719-732.
n. 1/2019
162
A conclusione di questa ricostruzione storica in materia di
qualificazione della sanzione penale, è necessario soffermarsi, però, anche
su una pronuncia, di poco antecedente alle tre dei giudici di Lussemburgo,
della Corte costituzionale italiana, che consente di cogliere alcune possibili
ripercussioni nell’ordinamento giuridico interno alla luce della
giurisprudenza sovranazionale presa in esame. Infatti, i giudici della
Consulta con la sentenza n. 43 del 201842 hanno restituito gli atti al giudice
a quo ai fini di una nuova valutazione sulla rilevanza della questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 649 del Codice di procedura penale,
nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di
giudizio, nei confronti di un imputato al quale era già stata irrogata una
sanzione in via definitiva, di carattere sostanzialmente penale ai sensi della
CEDU, all’interno di un procedimento amministrativo.
Tale scelta è stata operata per effetto di quanto affermato dalla Corte
Edu in A e B contro Norvegia43, successiva cronologicamente all’ordinanza
di remissione emessa dal giudice di primo grado nel caso richiamato, la
quale ha provocato un mutamento di significato della normativa
interposta.
La Corte costituzionale italiana, riconoscendo per prima cosa il
carattere penale delle sanzioni tributarie e allineandosi ai criteri
affermatisi nella giurisprudenza sovranazionale a seguito di Engel e altri contro Paesi Bassi, ha voluto successivamente soffermarsi sulla superata
inderogabilità del ne bis in idem convenzionale conseguente alla
42 A. GALLUCCIO, Ne bis in idem e reati tributari: la Consulta restituisce gli atti al giudice
a quo perché tenga conto del mutamento giurisprudenziale intervenuto con la sentenza
A. e B. c. Norvegia, Diritto Penale Contemporaneo, 3/2018.
43 B. NASCIMBENE, Ne bis in idem, diritto internazionale e diritto europeo, Diritto Penale
Contemporaneo, 2 maggio 2018, Il contributo riproduce, con modifiche e integrazioni,
il testo della relazione svolta al convegno "Il principio del ne bis in idem tra diritto
interno, diritto dell'Unione europea e Convenzione europea dei diritti dell'uomo", tenutosi a Roma, presso la Corte di cassazione, 4-6 ottobre 2017.
STEFANO ZOCCALI
163
definizione del primo procedimento. Viene riconosciuta, infatti, la facoltà
di coordinare nel tempo e nell’oggetto i due procedimenti per idem factum, facendo sì che gli stessi possano essere ritenuti preordinati nella
sostanza a un’unica sanzione proporzionata e prevedibile, considerata
l’entità della pena complessivamente irrogata. Il ne bis in idem
convenzionale ricade, quindi, nella discrezionalità del giudice in
riferimento al nesso temporale che congiunge i due procedimenti.
Nonostante ciò, in assenza dell’adeguato nesso materiale e temporale
dovuto all’iter procedimentale e a lacune o ostacoli legislativi44, non può
essere comunque esclusa in via assoluta la probabile futura applicazione
giurisprudenziale, infatti già rinvenuta45, anche nell’ambito dei reati
tributari, del divieto convenzionale di bis in idem. La Corte di Giustizia ha,
quindi, riconosciuto una possibile limitazione del principio con lo scopo di
operare una forma di tutela dei mercati e degli interessi finanziari
dell’Unione europea, individuando i criteri e gli indici che il giudice deve
adoperare per individuare il confine da non oltrepassare con la limitazione
stessa: a) nella salvaguardia dei medesimi settori; b) nella previsione del
doppio binario sanzionatorio tramite l’utilizzo di regole chiare e precise; c)
nel coordinamento fra i due procedimenti; d) nel rispetto del principio di
proporzionalità della pena46.
44 Come sostenuto anche in: S. MANACORDA, Equazioni complesse: il ne bis in idem
“ancipite” sul “doppio binario” per gli abusi di mercato al vaglio della giurisprudenza,
nota pubblicata su Diritto penale e processo, 4/2017, 515-522; F. MUCCIARELLI, La nuova
disciplina eurocomunitaria del market abuse: tra obblighi di criminalizzazione e ne bis
in idem, Diritto Penale Contemporaneo, 4/2015. 45 Come testimoniato dalla sentenza della Corte di Giustizia Jóhannesson e a. c. Islanda
del 18 maggio 2017, sulla quale: F. VIGANÒ, Una nuova sentenza di Strasburgo su ne bis
in idem e reati tributari, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo,
all’interno del 5/2017; M.F. CUCCHIARA, Ne bis in idem: la Corte EDU torna sui criteri
elaborati dalla Grande Camera, articolo pubblicato su Giurisprudenza Penale Web,
2017, 5.
46 Cfr. Menci (C-524/15); Garlsson Real Estate e a. (537/16); Di Puma (C-596/16) e
Zecca (C-597/16).
n. 1/2019
164
Ricostruito il complesso dibattito giurisprudenziale sovranazionale in
materia, è, infine, possibile trarre delle brevi considerazioni che possano
tentare di delineare gli scenari futuri e individuare alcuni possibili
strumenti risolutivi dei dubbi interpretativi e applicativi.
Sarebbe auspicabile all’interno dei singoli ordinamenti nazionali, in
particolare in quello italiano, un intervento del legislatore finalizzato alla
recezione normativa degli indici fissati dalla giurisprudenza, che
consentirebbe un’attuazione concreta e meno difficoltosa dei principi in
questione, oltre che una semplificazione del procedimento di valutazione
di legittimità costituzionale interna.
In verità, di recente il legislatore nazionale è intervenuto con il decreto
legislativo 107 del 10 agosto 201847, il cui articolo 4 introduce all’articolo
187 terdecies del TUF la garanzia di un coordinamento delle sanzioni
pecuniarie applicate in materia dalla CONSOB e dal giudice. Tuttavia,
come riconosciuto da una recentissima sentenza della Corte di
Cassazione48, l’articolo 187 terdecies del TUF pare inadeguato a fungere da
strumento riequilibratore del cumulo sanzionatorio derivante dal doppio
binario, in quanto è rivolto solamente alle pene di natura pecuniaria,
escludendo la pena della reclusione e le pene accessorie interdittive49.
La Corte di Cassazione, con lo scopo di giustificare, alla stregua delle
considerazioni dei Giudici di Lussemburgo, l’ammissione del cumulo di 47 Sull’intervento del legislatore volto ad adeguare la normativa nazionale al regolamento
(UE) n 596/2014: F. MUCCIARELLI, Gli abusi di mercato riformati e le persistenti criticità
di una tormentata disciplina. Osservazioni a prima lettura sul decreto legislativo 10
agosto 2018, n. 107, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo il 10 ottobre
2018; L. ROCCATAGLIATA, La riforma del diritto sanzionatorio per illeciti finanziari.
Guida ragionata al D. lgs. 107/2018, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 11.
48 Sentenza n. 45829 del 2018 della Corte di Cassazione, sulla quale: F. MUCCIARELLI,
Illecito penale, illecito amministrativo e ne bis in idem: la Corte di Cassazione e i criteri
di stretta connessione e di proporzionalità, nota pubblicata su Diritto Penale
Contemporaneo, il 17 ottobre 2018.
49 Non soddisfacendo le esigenze manifestate dalla Corte di Giustizia in Garlsson Real
Estate e a. del 2018.
STEFANO ZOCCALI
165
sanzioni penali a fronte di norme interne che garantiscano che la severità
delle due sanzioni inflitte non risulti eccessiva rispetto alla gravità del
fatto, ha individuato un riferimento normativo nell’articolo 133 del Codice
penale, il quale impone al giudice di commisurare la pena alla gravità del
fatto commesso. Quest’ultimo avrà il compito di verificare l’adeguatezza
delle sanzioni complessivamente irrogate, tenendo conto della fattispecie
oggetto del giudizio in concreto. Di conseguenza, la Corte di Cassazione
ammette il doppio binario previsto dagli articoli 185 e 187 ter del TUF,
qualora la sanzione penale e quella amministrativa siano rispettose del
principio di proporzionalità a seguito dell’accertamento e, quindi, non
contrastanti con il ne bis in idem. In tema di abusi di mercato, in
particolare, ai sensi del TUF, la stessa Corte di legittimità potrà valutare la
proporzionalità del cumulo sanzionatorio in applicazione dell’articolo 620,
comma 1, lettera l), del Codice di procedura penale, sempre che non sia
necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto e nel rispetto dei
criteri fissati ed elencati dall’articolo 133 del Codice penale50.
Tuttavia, nemmeno la norma in questione sembra idonea ad eliminare
i dubbi interpretativi, più volte manifestatisi in passato, a causa
dell’ampiezza e della vaghezza dei parametri menzionati al suo interno.
Pertanto, considerato che i dubbi interpretativi sopravvivono alla recente
50 I criteri fissati dall’articolo 133 del Codice penale portano, qualora si sia in presenza di
manipolazioni di mercato, ad un allargamento delle valutazioni che devono essere estese
al trattamento sanzionatorio (comprensivo di entrambe le sanzioni) e ricadere sul fatto
commesso negli aspetti propri di entrambi gli illeciti. Il giudice penale nel caso di
incompatibilità del trattamento sanzionatorio complessivo con il principio del ne bis in
idem dovrà disapplicare (in forma totale o parziale) le norme interne secondo i criteri
fissati dalla recentissima sentenza n. 49869 del 2018 della Corte di Cassazione, per la
quale si rimanda a: L. ROCCATAGLIATA, La proporzionalità del trattamento sanzionatorio
complessivamente irrogato per abusi di mercato: disapplicazione in toto vs
disapplicazione in mitius della normativa interna, articolo pubblicato su Giurisprudenza
Penale Web, 2018, 11; E. FUSCO - G. BAGGIO, Recenti pronunce in materia di market
abuse. Qualche punto fermo in una materia ancora in attesa di un moderno assetto
normativo, Diritto Penale Contemporaneo, 1/2019.
n. 1/2019
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giurisprudenza di legittimità, non può che essere ribadita la necessità di un
ulteriore intervento legislativo, che sia idoneo, questa volta in via
definitiva, a recepire le soluzioni proposte dalla giurisprudenza
sovranazionale, frutto del lungo percorso protrattosi negli anni, con
l’obiettivo di uniformare la disciplina a livello unitario51. A tal proposito,
non parrebbe possibile, però, formulare una disciplina che garantisca una
copertura legislativa al cumulo di sanzioni e procedimenti che preveda una
forma di armonizzazione compatibile con il principio del ne bis in idem,
poiché non potrebbe mai essere rispettosa dei criteri stabiliti dalla Corte di
Giustizia.
Si potrebbe invece, operare un intervento integrato che abbia
l’obiettivo di mettere ordine al doppio binario sanzionatorio e prevenga la
duplicazione dei procedimenti e delle sanzioni, secondo la prospettiva
tracciata dai giudici di Lussemburgo e sulla scia di quanto era già stato
evidenziato dalla Corte costituzionale italiana con la sentenza n. 102 del
2016. Occorre, infatti, constatare come il problema, alla luce della
normativa vigente, continui a rivestire il giudice di eccessivamente ampi
spazi di discrezionalità interpretativa, con un oggettivo rischio di lesione
dei principi fondamentali di libertà e di uguaglianza. Appare condivisibile
il revirement derivante da A e B contro Norvegia e “rafforzato” da Bjarni Armannsson c. Islanda, con la trasformazione del divieto di bis in idem da
meccanismo automatico a meccanismo rimesso ad una valutazione del
giudice. D’altro canto, lo stesso ha bisogno di linee guida interne
maggiormente precise che possano coadiuvarlo nell’operazione
51 I conflitti tra le pronunce sovranazionali e le normative interne persistono, infatti,
anche in altri ordinamenti. Sul “caso francese” e sul nuovo modello punitivo introdotto
nell’ordinamento transalpino si segnala: M. SCOLETTA, Il ne bis in idem “preso sul serio”:
la Corte Edu sulla illegittimità del doppio binario francese in materia di abusi di
mercato (e i possibili riflessi nell’ordinamento italiano), nota alla sentenza Nodet c.
Francia del 6 giugno 2019 della Corte Edu pubblicata su Diritto Penale Contemporaneo il
17 giugno 2019.
STEFANO ZOCCALI
167
interpretativa di coordinamento tra le garanzie derivanti dagli articoli 50 e
52 della Carta di Nizza e dall’articolo 4, Protocollo n. 7 della CEDU52. Tuttavia, accanto ad un intervento del legislatore nazionale sulla
disciplina processuale italiana, è preliminarmente necessario riordinare i
meccanismi sanzionatori basandone i rapporti sul rispetto del principio di
specialità, dando così forza alla sussidiarietà dell’intervento penale.
In tal senso, un intervento legislativo sostenuto da più parti53 potrebbe
essere quello di recuperare la “vecchia” regola dell’alternatività54 dei due
tipi di sanzione, in attuazione della delega fissata dalla legge n. 23 del
2014, la quale demandava al Governo l’applicazione di sole sanzioni
amministrative per tutte quelle fattispecie di minore gravità, facendo
ricadere all’interno della competenza del giudice penale soltanto quelle,
invece, di particolare gravità. Così facendo si limiterebbe, tra l’altro, la
quota eccessiva di casi in cui matura il termine di prescrizione per molti
processi aventi ad oggetto le fattispecie in questione.
Soltanto successivamente si potrà estendere la portata del ne bis in idem agli ambiti in cui si è legislativamente previsto il doppio binario
sanzionatorio. Fino ad allora, in assenza di un intervento normativo
interno efficace e idoneo a non esporre alla lesione delle garanzie euro-
unitarie, non sarà possibile garantire un’interpretazione certa all’ambito di
52 Sull’articolo 4, Protocollo n. 7 CEDU si segnala la recentissima guida pubblicata dalla
Corte europea dei diritti dell’uomo il 30 aprile 2019: “Guide on Article 4 of Protocol no. 7
to the European Convention on Human Rights. Right not to be tried or punished twice”.
53 Come ad esempio da: F. GALLO, Il ne bis in idem in campo tributario: un esempio per
riflettere sul “ruolo” delle Alte Corti e sugli effetti delle loro pronunzie, articolo
pubblicato su Rassegna Tributaria, ETI Wolters Kluwer Italia Professionale, 915 e ss.,
all’interno del 4 del 2017; P. RUSSO, Il principio di specialità ed il divieto del ne bis in
idem alla luce del diritto comunitario, Rivista di Diritto Tributario, 1/2016. 54 Tra l’altro, la scelta di passare da un modello di “doppio binario cumulativo” ad un
modello di “doppio binario alternativo” è stata la soluzione adottata, ad esempio, in
Francia per superare il contrasto sorto in precedenza tra il cumulo punitivo e il principio
di necessità e ultima ratio della sanzione penale. Sul punto: M. SCOLETTA, op. cit., 25.
n. 1/2019
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operatività del principio in questione nel rispetto delle pronunce
sovranazionali e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.