UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIAFACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIAISTITUTO DI SEMEIOTICA MEDICA 1^Direttore: Prof. G. TAMBURINO
Claudio Fisichella
IL CONTROLLO PERIODICO DEI PAZIENTIPORTATORI DI PACEMAKER DEFINITIVO
TESI DI LAUREA
Relatore:Chiar.mo Prof.G. TAMBURINO
ANNO ACCADEMICO 1978-79
Il numero di pazienti sottoposti ad elettrostimolazione cardiaca è in progressivo
aumento.
I tipi di pacemaker controllati dall’onda R hanno consentito di estendere
notevolmente l’applicazione di questa terapia elettrica che dalla classica indicazione della
crisi sincopale in portatori di blocchi atrio-ventricolari di vario grado, si è estesa ad altri
pazienti con sindrome del seno malato, con tachicardia sopraventricolare o ventricolare
non trattabile farmacologicamente, con turbe di conduzione del sistema trifascicolare.
I dati epidemiologici raccolti in varie parti del mondo indicano che ogni anno in media
150 nuove persone per milione di abitanti necessitano dell’elettristimolazione cardiaca
permanente; ciò fa prevedere che ben presto l’uno per mille di tutta la popolazione
mondiale sarà costituito da portatori di pacemaker artificiali.
Il problema dell’elettrostimolazione è affiancato da un altro grosso problemia,il
controllo periodico dei pacemaker impiantati.
Scopo d questa breve trattazione è l’analisi dei sistemi utilizzati al giorno d’oggi per
tale controllo ed una disamina sui più frequenti tipi di malfunzionamento o di
complicanze che si possono presentare nei pazienti elettrostimolati.
Soltanto nei primi anni della storia della stimolazione cardiaca permanente sono stati
utilizzati pacemaker di tipo asincrono, che cioè emettevano impulsi periodici
indipendentemente dalla presenza o meno di ritmo spontaneo del paziente; proprio per i
gravi problemi di competitività di ritmi che potevano insorgere in tali casi con pericolo
per la vita del paziente, questi elettrostimolatori cono stati in pratica completamente
abbandonati.
Attualmente per tutte le necessità di stimolazione permanente, esclusi casi particolari,
vengono usati stimolatori demand o QRS inibiti, che vengono cioè inibiti da un
complesso ventricolare spontaneo paziente e che entrano automaticamente in funzione
quando manchi un’attività elettrica ventricolare spontanea; tali stimolatori possono
essere mono- o bipolari a seconda che il circuito elettrico si chiuda rispettivamente tra la
punta del catetere elettrodo ed il pacemaker o tra due punti distali del catetere elettrodo,
molto vicini tra loro.
In questa sede ci occuperemo soltanto di stimolatori monopolari, essendo attualmente
questi usati più di frequente.
Il sistema di alimentazione del pacemaker può differente: fino a qualche anno fa
l’alimentazione era fornita da batterie al mercurio che hanno permesso nel migliore dei
casi un funzionamento del pacemaker fino a 3-4 anni. Attualmente tutti gli stimolatori
hanno un’alimentazione con batterie al litio con durata di 7-9 anni(ioduro di litio) o 5-6
anni (cromato di litio).
Ancora in fase sperimentale l’uso di batterie al nichel-cadmio che pare abbiano il
grosso vantaggio di essere ricaricabili dall’esterno; un problema a se stante è
rappresentato dalle pile cosi dette nucleari, cioè al plutonio o al promezio, che per le
notevoli difficoltà di ordine burocratico connesse all’uso di materiale radioattivo e per
l’alto costo, non hanno, specie in Italia, mai avuto un uso commerciale, ma semmai
semplicemente sperimentale.
Che scopo ha un controllo periodico dello stimolatore cardiaco e che tipo di controllo
si esegue per studiarne il funzionamento?
Come detto prima, scopo fondamentale è quello di scegliere il momento più adatto
per una sostituzione elettiva dello stimolatore, quando si esaurisca la carica della batteria,
per evitare al paziente portatore di pacemaker di essere sottoposto più frequentemente di
quanto non sia necessario all’intervento di sostituzione; altro scopo, certo non meno
importante, è di riconoscere eventuali funzionamenti anomali del sistema pacemaker-
catetere elettrodo, onde intervenire opportunamente ed in tempo senza mettere in
pericolo la vita del paziente.
Per quanto riguarda le modalità di controllo dello stimolatore, ne esistono due tipi: il
primo, prettamente clinico, consiste nella misura della frequenza cardiaca al polso del
paziente.
Tale semplice esame rappresenta un primo sommario test nel funzionamento dello
stimolatore; infatti questo funziona ad una frequenza prefissata, generalmente intorno ai
70-72 battiti/min; una frequenza al polso inferiore a questi valori è già indicativo di
funzionamento anomalo.
Un aumento della frequenza, senza la esecuzione di un ECG, non deve allarmare,
perché può essere semplicemente legato ad una ripresa dell’attività spontanea del
paziente; un ECG può confermare un’attività spontanea del paziente o dimostrare un
aumento nella frequenza di stimolazione del pacemaker, evento questo senz’altro
anomalo.
Tale tipo di controllo, oltre ad essere il primo approccio per un controllo più
completo, ha il vantaggio di poter essere eseguito anche ambulatoriamente presso il
Medico Curante o addirittura periodicamente dallo stesso paziente.
Un controllo più completo e complesso viene eseguito periodicamente presso il
Centro Cardiologico d’impianto.
Mentre fino a qualche anno fa i pacemakers con pile a mercurio richiedevano controlli
abbastanza ravvicinati (ogni mese o al massimo ogni due mesi), attualmente l’impianto di
pacemaker con alimentazione al litio permette controlli ambulatoriali più distanziati, ogni
3-6 mesi che non sovraccaricano di lavoro i centri specializzati con un alto numero di
impianti annuo e che non incidano economicamente e sulla condotta di vita dei pazienti
portatori, particolarmente di quelli che vivono lontano dal centro di impianto e di
controllo.
Il paziente che si reca presso il Centro Cardiologico d’impianto per essere controllato
periodicamente a che esami viene sottoposto?
Presso il Centro Cardiologico d’impianto viene eseguito un esame clinico,
elettrocardiografico, elettronico dell’impulso elettronico ed anche radiologico.
L’esame clinico consta di una visita cardiologica completa.
L’esame elettrocardiografico permette il rilievo della frequenza degli impulsi del
pacemaker, dell’efficacia dello stimolo del pacemaker, dell’efficienza del sistema sensing.
Nel pacemaker ventricolare "QRS inibito" si deve osservare all’ECG la
frequenza/minuto di circa 70-72 artefatti da pacemaker, se esso funziona.
Se il portatore presenta un ritmo spontaneo a frequenza superiore a quella di
stimolazione del pacemaker, viene sottoposto alle classiche manovre di stimolazione
vagale (manovra di Valsalva, massaggio del seno carotideo, ecc.), che, inducendo una
diminuzione di frequenza spontanea, al disotto della frequenza di stimolazione,
provocano l’accensione del pacemaker; se tale condotta non sortisce l’effetto voluto,
l’applicazione di un magnete sullo stimolatore stesso provoca la sua trasformazione
temporanea da funzionamento demand ad asincrono e a frequenza generalmente più
elevata e dipendente dalle caratteristiche elettroniche del pacemaker stesso, stabilite dalla
Casa costruttrice (generalmente un pacemaker demand trasformato in asincrono genera
spikes ad una frequenza di 80-85/min.); se vi é una alternanza del paziente ed
elettroindotta dallo stimolatore, può anche non essere necessario l’uso del magnete.
Se è presente all’ECG soltanto attività elettroindotta e si vuole sapere se il paziente
presenta un’attività spontanea a bassa frequenza che può essere utile al momento di una
successiva sostituzione dello stimolatore, si utilizza un pacemaker esterno a
radiofrequenza; tale tipo di apparecchio invia al pacemaker impiantato, attraverso la cute,
degli stimoli a frequenza fissa e ad intensità elevata che vengono interpretati dal
pacemaker come battiti cardiaci spontanei e quindi tali da inibirlo; registrando un ECG è
possibile documentare la comparsa o meno di una attività spontanea.
Tale tipo di manovra viene eseguita per pochissimi secondi, perché l’assenza di ritmo
spontaneo, a pacemeker impiantato inibito dall’esterno, può generare una vera e propria
crisi di Morgagni-Adams-Stokes iatrogena; per evitare questo evento, si inviano gli
impulsi a radiofrequenza in maniera intermittente, fino alla comparsa del ritmo
spontaneo.
Il controllo elettronico eseguito con un oscilloscopio industriale o con un analizzatore
di impulsi, ha il compito di misurare la durata di ogni singolo impulso del pacemaker, che
a seconda delle caratteristiche tecniche proprie di progettazione e del catetere elettrodo,
varia tra 0,5 msec, ed 1 msec; il controllo di questo parametro è utile nel tempo, in
quanto l’inizio dell’esaurimento delle batterie è indicato oltre che da una diminuzione
della frequenza di stimolazione, anche da un aumento della durata dell’impulso.
Il controllo elettronico permette anche di valutare e confrontare nel tempo l’ampiezza
dello stimolo, in una derivazione elettrocardiografica bipolare, ampiezza che tende ad
abbassarsi con l’avvicinarsi dell’esaurimento della carica della batteria.
L’oscilloscopio industriale, a differenza dell’analizzatore digitale d’impulsi, permette
anche l’analisi della morfologia dell’impulso che si modifica in alcuni tipi di
malfunzionamento (sguainamento del catetere, cattivi contatti all’innesto tra pacemaker e
catetere, certi tipi di guasto elettronico, ecc.).
Il controllo radiologico mediante radiografia diretta del torace con raggi "duri”,
permette infine la visualizzazione della punta del catetere elettrodo in ventricolo destro
(per gli impianti endocardici), la continuità dello stesso o la presenza di interruzione della
spirale e di vere e proprie rotture, specie nei punti di maggiore sollecitazione meccanica.
Un discorso a parte merita il controllo a distanza mediante telefono.
Si tratta di un tipo di controllo ancora in fase sperimentale in Italia, che permette la
trasmissione via cavo telefonico di segnali indicanti o la frequenza del pacemaker o le
caratteristiche dell’impulso elettrico emesso o il tracciato elettrocardiografico,
generalmente di una sola derivazione.
Il paziente portatore è fornito di un apparecchio che analizza i parametri, li trasforma
in segnali acustici, che, vengono inviati al Centro di controllo, vengono decodificati e
registrati su carta o su visore elettronico.
Tale tipo di controllo è giustificato soltanto se il paziente non può agevolmente
raggiungere periodicamente il Centro di controllo; per le sue stesse caratteristiche può
pertanto diradare, ma non sostituire in pieno i controlli periodici presso il Centro
Cardiologico d’impianto.
Presso il nostro Centro Cardiologico di controllo, oltre ai parametri finora analizzati
in dettaglio, da circa 4 anni in pazienti portatori di pacemaker QRS inibito e con attività
spontanea intermittente o non manifesta, si rileva un ulteriore parametro che può essere
indicativo, a nostro avviso, di iniziale esaurimento della carica della batteria, il così detto
“intervallo di scappamento”; esso rappresenta il tempo che intercorre tra un QRS
spontaneo del paziente ed un impulso artificiale del pacemaker.
Tale parametro, dal momento dell’impianto, nei successivi controlli rimane
immodificato o aumenta progressivamente non ritornando mai ai valori basali e molto più
precocemente delle variazioni della frequenza cardiaca é sensibile all’esaurimento della
carica delle batterie.
“L’intervallo di scappamento”, con valori normali tra 840 ed 880 msec., ci ha
permesso di prevedere, quando ha superato i 1000 msec., un esaurimento a breve
termine della carica delle batterie in pacemarker a mercurio, prima di avere identiche
indicazioni della variazione della frequenza di stimolazione.
Attualmente è in corso presso il nostro laboratorio la valutazione dell’utilità di tale
parametro nella diagnosi precoce di esaurimento della carica della batteria in pacemaker
demand al litio; la relativa brevità di tempo intercorsa dai primi impianti o sostituzioni di
tali stimolatori ad oggi (4-5 anni) correlata alla lunga durata di tale tipo di batterie, non ci
ha permesso ancora di avere dati significativi al riguardo.
Il controllo elettrocardiografico permette di svelare più di una anormalità della
stimolazione cardiaca artificiale e cioè:
1) Blocco all’uscita.
Si intende con questo termine la mancata eccitazione del muscolo cardiaco da parte di
un impulso emesso dal pacemaker; tale evenienza viene identificata sull’ECG dalla
presenza di spikes non seguiti da attività ventricolare (spikes inefficaci).
Tale tipo di malfunzione può essere imputabile:
a) ad una dislocazione del catetere stimolatore;
una radiografia standard del torace può confermare tale evento; è necessario in tale
caso il ricovero per il riposizionamento del catetere elettrodo.
b) ad un’alta soglia di stimolazione cardiaca in rapporto all’intensità della stimolazione
elettrica. il valore della soglia di stimolazione cardiaca, abitualmente basso al momento
dell’impianto (0,5-1 volt), aumenta dalla prima settimana al primo mese dall’impianto,
per stabilizzarsi.
A volte si può assistere a bruschi e notevoli innalzamenti della soglia che impediscono
una efficace stimolazione del cuore.
L’aumento della soglia può essere contrastato dalla somministrazione di cortisone ad
alte dosi; se dopo 2-3 giorni il blocco all’uscita non è scomparso, bisogna provvedere al
riposizionamento del catetere elettrodo o se la punta di esso è inguainata dalla reazione
fibrinosa che si forma nel tempo dopo l’impianto, al posizionamento di un altro catetere
elettrodo.
c) ad una scarsa quantità di energia erogata dal generatore.
Bisogna controllare le condizioni di carica di esso ed eventualmente sostituirlo.
2) Blocco all’entrata.
Si intende con tale termine una situazione caratterizzata dal mancato riconoscimento
del battito cardiaco spontaneo da parte del pacemaker demand.
L’ECG mostra la presenza di stimoli emessi dal pacemaker dopo battiti cardiaci
spontanei che non vengono “sentiti”.
Tale evenienza può essere dovuta:
a) ad un malfunzionamento del pacemaker per difetto circuitale (sensing) o per scarica
iniziale delle batterie.
b) ad una cattiva posizione del catetere stimolatore.
c) ad un’alta soglia, condizione in cui è possibile avere anche un blocco all’uscita.
In tutti e tre i casi è consigliabile ricoverare il portatore per tenerlo in osservazione ed
intervenire con la terapia più adatta.
3) Pacemaker muto.
E’ una evenienza fortunatamente rara, caratterizzata dal fatto che lo stimolatore non
presenta alcuna attività né in funzione demand né asincrona.
All’ECG non è presente alcuno spike da pacemaker.
Questa complicazione è dovuta:
a) a scarica delle batterle.
b) a rottura del generatore.
c) più raramente a rottura del catetere o della spirale.
Quest’ultima possibilità è dimostrabile con una radiografia del torace.
4) Contrazioni muscolari.
E’ possibile osservare a volte portatori di pacemeker che presentano delle contrazioni
muscolari sincrone con gli impulsi emessi dal generatore in sede deltoideo-pettorale (se il
pacemaker è impiantato in regione sotto claveare) o in sede diaframmatica.
Nel primo caso esse sono dovute ad una dispersione di corrente per cattiva
connessione tra catetere e generatore o per sguainamento del catetere; nel secondo la
contrazione è dovuta ad un incuneamento della punta del catetere, per cui lo stimolo
elettrico eccita non solo il cuore, ma anche il diaframma.
In questa evenienza è conveniente il ricovero per eventuale sostituzione dello
stimolatore o del catetere elettrodo.
5) inibizione da miopotenziali.
Tale complicanza è imputabile a violente contrazioni di un muscolo a diretto contatto
con lo stimolatore; i potenziali che si generano vengono captati dal “sensing” del
pacemaker e lo inibiscono, pur in assenza di ritmo spontaneo del paziente.
Al giorno d’oggi è questa una evenienza rara, perché gli stimolatori sono protetti, ma
in passato tale problema era causa a volte di veri e propri arresti di funzionamento dello
stimolatore, con gravi disturbi per il paziente portatore.
6) Infezione o deiscenza della tasca, decubito del generatore o del catetere.
E’ questa una complicanza riconoscibile all’esame clinico, di non difficile riscontro in
pazienti con scarso sottocutaneo nella regione in cui viene allogato il pacemaker o che
presentano un inginocchiamento del catetere, specie in corrispondenza della penetrazione
di questo nella vena.
Si assiste prima alla comparsa di un arrossamento della cute e poi di una vera e
propria soluzione di continuo, con pericolo d’infezione nel punto di ulcerazione.
Spesso l’unica soluzione è quella di espiantare lo stimolatore e di trasferirlo in altra
sede, spesso addominale.
Nel caso di decubito del catetere è necessario sistemarlo meglio o scegliere un’altra
via di accesso in vena.
Attualmente il controllo ambulatoriale dei pazienti portatori di pacemaker viene
eseguito in quasi tutti i centri da personale medico specializzato.
Considerando che la terapia elettrica di numerose malattie cardiache va sempre più
diffondendosi, sarebbe auspicabile l’utilizzo di personale parasanitario specializzato, per
l’esecuzione di tali controlli, sotto la sorveglianza di un cardiologo; sarebbe anche utile
l’uso, almeno nei centri a più alto ritmo di impianti e con numericamente maggiori
problemi di controllo, di elaboratori elettronici per l’immagazzinamento dei dati ed una
loro gestione automatica.
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Figura 1
Figura 2
Alcuni esempi
Figura 3
Figura 4
Figura 5
Figura 6
Figura 7