UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari
Sede di EDOLO
Corso di Laurea in
Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano
Monitoraggio del cervo (Cervus elaphus)
e aspetti gestionali in una AFV sulle Alpi Orobie
Relatore: Prof. GIORGIO SCARÌ
Correlatore: Dott. EUGENIO CARLINI
Tesi di Laurea di:
ARIANNA CARLOTTI
Matricola 811910
ANNO ACCADEMICO 2016/2017
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“Una programmazione faunistica del territorio regionale che riconosca un ruolo importante alla
costituzione, al mantenimento e all'utilizzo dei popolamenti di Ungulati selvatici, oltre a
rispondere innanzitutto ad una istanza di carattere scientifico e naturalistico, può dare un
contributo, se pur parziale, alla risoluzione di problematiche di carattere socio economico
legate alla marginalità di molte aree montane ed alla necessità di attuare iniziative alternative
o complementari rispetto alle tradizionali pratiche agro-silvo-pastorali.”
Servizio Caccia e Pesca, Provincia di Sondrio
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INDICE
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
1.1. Origine e descrizione della specie
1.2. Sistematica e Morfologia
1.2.1. Biometria
1.2.2. Caratteristiche del mantello
1.2.3. Arti e zoccoli
1.2.4. Ghiandole
1.2.5. Palchi
1.3. Morfologia dell’apparato digerente e abitudini alimentari
1.4. Ciclo riproduttivo
1.5. Habitat
1.6. Comportamento sociale
1.7. Comportamento spaziale
2. MATERIALI E METODI
2.1. Inquadramento territoriale
2.2. Caratteristiche principali di una AFV
2.3. Monitoraggio
2.3.1. Censimento al bramito
2.3.2. Materiale per il censimento
2.4. Segni di presenza
2.5. Danni causati dal cervo
2.6. Riconoscimento in natura del cervo
2.6.1. Classi di sesso e di età
2.6.2. Dentatura
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3. RISULTATI
3.1. Struttura e dinamica di popolazione
3.2. Situazione precedente il 2016
3.2.1. Dinamica di popolazione nel periodo 2011-2015
3.3. Piano di consistenza e prelievo 2016
3.4. Piano di consistenza e prelievo 2017
3.5. Andamento della popolazione nell’AFV dal 2013
4. DISCUSSIONE
4.1. Analisi della situazione precedente il 2016
4.2. Analisi del piano di consistenza e prelievo 2016
4.3. Analisi del piano di consistenza e prelievo 2017
5. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
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RIASSUNTO
Il cervo (Cervus elaphus) trova il suo territorio ideale in boschi a basse altitudini,
inframmezzati da ampi pascoli. A causa del disturbo antropico questo ungulato si è
spostato in zone prettamente forestali e montane, a quote superiori e meno
antropizzate. Il cervo si è adattato al clima di questi ambienti, anche se a quote più
basse riesce meglio a sopravvivere. In Italia lo possiamo trovare principalmente sulle
Alpi occidentali, su quelle orientali e sull’Appennino settentrionale. Un confronto tra
l'attuale distribuzione del cervo e il suo areale potenziale fa supporre notevoli
possibilità di espansione di questa specie.
Il monitoraggio al bramito del cervo si è svolto nel territorio dell’Azienda Faunistico
Venatoria Valbelviso - Barbellino, in provincia di Bergamo, Brescia e Sondrio,
nell’ottobre 2015 e 2016. Questo censimento prevede la divisione del territorio in
varie aree di rilevamento, nelle quali vengono fissati punti di ascolto per individuare le
vocalizzazioni dei maschi bramitanti. Gli osservatori annotano i cervi maschi su
apposite schede di rilevamento, al fine di triangolarli durante l’elaborazione dei dati.
Per arrivare a determinare l’effettiva popolazione del cervo sul territorio oltre al
censimento al bramito bisogna tenere conto dei dati ricavati dal censimento al verde e
dalla valutazione critica delle osservazioni puntiformi. I dati così ottenuti vengono poi
confrontati con la serie storica, al fine di analizzare struttura e dinamica di
popolazione, che serviranno per stilare un piano di abbattimento funzionale a ottenere
la consistenza di popolazione massima teorica per il territorio.
Dai dati ottenuti si può osservare come la popolazione si è mantenuta pressochè
stabile, con valori leggermente crescenti durante gli ultimi anni. Nel 2017 si è arrivati
ad avere valori massimi di riferimento della consistenza primaverile (preriproduttiva)
del cervo nell’Azienda, che nei prossimi anni cercherà di mantenere la popolazione
costante su questi valori, grazie a piani di abbattimento più consistenti. Questo perché
l’AFV è un'associazione che ha come finalità principali la preservazione della
biodiversità e la conoscenza, la conservazione e la corretta gestione della fauna alpina.
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1. INTRODUZIONE
Figura 1 - Disegno di Cervo.
Il cervo fa parte della fauna selvatica presente in Italia e se ne possono distinguere due
sottospecie: Cervus elaphus, presente sull’arco alpino e negli Appennini centro-
settentrionali e Cervus elaphus corsicanus, situato solamente in Sardegna. Il cervo non
si trova unicamente in Italia, ma è distribuito in buona parte del continente
eurasiatico, nell’Africa settentrionale e nel Nord America. In Europa è diffuso nella
Penisola scandinava, nelle Isole britanniche, in Europa centro-orientale, nella Penisola
iberica, in quella balcanica, in Corsica, in Sardegna e in Italia.
Gli ungulati presenti sul territorio italiano si possono classificare in Cervidi (cervo,
daino e capriolo), Bovidi (camoscio, stambecco e muflone) e Suidi (cinghiale). Essi
stanno aumentando molto velocemente e coprono un areale sempre maggiore.
L’impatto che hanno questi animali si misura sia con il numero di individui presenti
nella popolazione sia per la mole dell’animale stesso, che comporta un apporto
nutritivo diverso con danni alla vegetazione conseguenti.
Al momento i cervi non hanno, oltre all'uomo, dei veri nemici naturali, poiché sono in
pratica scomparsi lupi, linci, orsi e aquile, un tempo i predatori più pericolosi. Questo,
però, non è un fattore positivo al fine di mantenere in buone condizioni la loro
popolazione, molto numerosa in determinate zone della penisola, soprattutto nelle
aree protette. I predatori, infatti, eliminano gli animali più deboli e malati,
contribuendo al miglioramento continuo della specie, poiché solo gli individui più
dotati hanno la possibilità di riprodursi. Senza una selezione naturale garantita dai
predatori, questo miglioramento non avviene e si rischia di avere popolazioni oltre che
molto numerose anche con un patrimonio genetico scadente.
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1.1. Origine e descrizione della specie
I reperti più antichi che si hanno del cervo risalgono al Paleolitico, Mesolitico e
Neolitico. La specie rappresentava parte della dieta dell’uomo dell’epoca e per questo
veniva cacciata in modo selettivo. A testimonianza sono stati ritrovati fossili e incisioni
rupestri negli accampamenti.
La popolazione del cervo abitava un tempo tutto il territorio italiano, ma declinò, sino
alla scomparsa, dal XVII secolo a causa delle modifiche ambientali, dell'intenso
sfruttamento agro-silvo-pastorale e di una attività venatoria troppo intensa. All’inizio
del novecento si era estinto in tutta la penisola ad eccezione della popolazione del
Bosco della Mesola, di alcuni nuclei in Alto Adige e di piccoli gruppi in provincia di
Sondrio, provenienti dalla Svizzera. Dagli anni ‘60-’70 si è verificato un trend
demografico positivo, favorito da un abbandono della montagna, da una più
regolamentata caccia e dalle reintroduzioni.
Le origini delle popolazioni di Cervus elaphus attuali sono la combinazione di una
colonizzazione spontanea sulle Alpi centro-orientali, dovute a migrazioni di cervi
provenienti soprattutto dalla Svizzera e di reintroduzioni nelle Alpi centro-occidentali e
sull'Appennino a partire da popolazioni francesi e tedesche durante gli anni ‘60. La
popolazione nazionale italiana ammonta a 40.000 capi circa: 11.500 nelle Alpi
occidentali, 22.400 in quelle orientali, 5.400 nell'Appennino settentrionale e i
rimanenti 700 nel resto della Penisola. La crescita della popolazione è buona, al punto
da spingere le autorità a istituire campagne di abbattimenti selettivi per evitare danni
al patrimonio boschivo. Il fenomeno in corso è un’espansione con incremento annuo
medio dell’8%, ostacolato dalla frammentazione del territorio.
In Italia il cervo viene gestito seguendo la modalità della caccia di selezione, in base alla
Legge 157 dell'11 febbraio 1992. Il numero di esemplari cacciabili viene stabilito da
ogni comprensorio alpino di caccia tramite la stesura di un piano di prelievo, costituito
secondo le leggi regionali, le disposizioni provinciali in vigore e sulla base dei
censimenti locali.
Il cervo si può trovare allo stato selvatico, nei parchi, addomesticato o allevato. I cervi
sono sfruttati per carne, pelle, trofei e caccia sportiva.
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Gli esemplari addomesticati esistevano sin dall’antichità, dove venivano domesticati,
cavalcati e attaccati a carri. Oggi un esempio di domesticazione sono i “Deer Parks”,
dove si può dare da mangiare agli animali e cavalcarli. I cervi, poiché sono una specie
sociale, possono venire allevati: in cattività sono docili, hanno poca paura dell’uomo e
una ridotta distanza di fuga. Da un punto di vista riproduttivo si adattano bene alla
cattività: hanno un’elevata fertilità, la loro prole ha un alto tasso di sopravvivenza, si
può anticipare la pubertà in modo da farli riprodurre prima e la loro stagione
riproduttiva può essere modificata, in modo da farli accoppiare in qualsiasi momento
dell’anno. Si possono anche applicare le tecniche di riproduzione artificiale, come
selezione genetica e fecondazione artificiale. In Italia esistono diversi allevamenti in
Toscana, Trentino, Emilia-Romagna e Marche.
Un confronto tra l'attuale distribuzione del cervo e il suo areale potenziale fa supporre
notevoli possibilità di espansione di questa specie. Se da un lato questa possibilità è da
ritenersi senza dubbio positiva, dall'altro occorre programmare la diffusione di questo
selvatico eseguendo un’approfondita valutazione del suo impatto sull'ambiente e sul
resto della fauna. I comprensori di gestione per una corretta pianificazione faunistico-
venatoria devono interessare ampie superfici di almeno di 5/6.000 ettari, questa
specie, infatti, presenta esigenze ecologiche e un’organizzazione sociale caratterizzate
da spostamenti assai rilevanti con quartieri di svernamento distinti da quelli di
estivazione.
Figura 2 - Distribuzione e densità delle
popolazioni di Cervus elaphus presenti in
Italia. (Carnevali et al. , 2009).
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1.2. Sistematica e Morfologia
Regno Animali
Phylum Cordati
Classe Mammiferi
Superordine Ungulati
Ordine Artiodattili
Sottordine Ruminanti
Famiglia Cervidi
Sottofamiglia Cervini
Genere Cervus
Specie C. elaphus
Tabella 1 - Classificazione del Cervus elaphus. (Mustoni et al. , 2002).
Con il termine Ungulati si indica un gruppo di Mammiferi caratterizzati dall'avere le
falangi, parte terminale delle dita, ricoperte da robuste unghie chiamate zoccoli. Anche
se le diverse specie di ungulati hanno zoccoli simili tra loro, l’evoluzione ha portato a
particolari adattamenti nelle singole specie in funzione dell’habitat di vita.
Appartengono a questo gruppo 27 famiglie, circa 300 specie, tra le quali alcune
evolutesi nell’acqua come i Cetacei.
L’Ordine degli Artiodattili ha la caratteristica di appoggiare sul terreno solamente due
dita, il 3° e il 4°, ognuno rivestito da uno zoccolo. Il 1° dito è mancante, mentre il 2° e il
5° possono essere presenti, come nel Cinghiale, oppure essere ridotti a speroni di
dimensioni minime sollevati sul fianco del piede, come nel Camoscio. Il 2° e il 5° dito,
ridotti a speroni, sono visibili solamente quando l’animale cammina su terreni molli o
coperti da neve.
I Ruminanti si nutrono di specie vegetali ed hanno un apparato digerente complesso
adatto all’assimilazione della cellulosa e la forma dei singoli denti e la loro disposizione
sono in funzione di questa dieta vegetariana. Sono presenti ghiandole tegumentali, che
producono segnali olfattivi e i sensi maggiormente sviluppati sono l’olfatto e l’udito.
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A questo Sottordine appartengono due diverse Famiglie, quella dei Bovidi e quella dei
Cervidi. Entrambe sono caratterizzate dalla presenza di appendici cefaliche o trofei.
Questi, in base al diverso materiale di cui sono costituiti e all’origine embrionale,
prendono il nome di corna, presenti nei Bovidi (camoscio, stambecco e muflone), o di
palchi, presenti nei Cervidi (cervo, capriolo e daino).
Le corna sono appendici frontali perenni costituite da tessuto vivo, la cui crescita
avviene annualmente ad anelli. Esse vengono portate da entrambi i sessi, ad eccezione
della femmina del Muflone, che ne è sprovvista. Non sono ramificate e sono costituite
da un ispessimento epidermico cheratinizzato, che riveste una sporgenza dell’osso
frontale detta os cornu o cavicchio osseo.
I palchi, invece, sono appendici frontali ossee caduche costituite da un tessuto di
origine scheletrica. L’osso in questo caso è pieno. Essi vengono portati solo dai maschi,
ad eccezione della femmina della Renna. Sono ramificati e sono formati da un tessuto
di origine dermica, detto velluto. Vengono sorretti da espansioni delle bozze frontali
chiamate steli e sono sottoposti a un ciclo stagionale di crescita e caduta.
La famiglia dei Cervidi ha un elevato dimorfismo sessuale, sia per quanto riguarda il
peso, ma soprattutto per i palchi, presenti solo nel maschio. Ci si sofferma molto sulla
divisione in classi di età e di sesso della popolazione, per censirla al meglio e basare su
di essa la successiva attività venatoria.
Il tronco del cervo appare snello e allungato, leggermente rientrante nella regione
inguinale. La spalla è arrotondata e muscolosa, il petto largo e la groppa diritta. Il collo,
lungo e piuttosto sottile, sostiene la testa, allungata e larga nella parte occipitale, con
la fronte infossata tra gli occhi. Il muso, diritto, va assottigliandosi sulla punta e gli
occhi hanno le pupille ovali. I lacrimatoi, piuttosto grandi, formano una specie di
infossatura allungata, che scende verso gli angoli della bocca. Le orecchie sono lunghe,
larghe e assai mobili. Gli arti, molto lunghi in proporzione al corpo, si presentano sottili
ma robusti, con zoccoli stretti e appuntiti adatti alla corsa e al salto.
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1.2.1. Biometria
La corporatura del cervo è variabile in funzione dei fattori edafici e climatici
condizionanti la produzione vegetale del territorio della quale si nutrono. Inoltre
bisogna tenere conto anche dell’appartenenza a popolazioni di diverse aree
geografiche: i cervi dell’Europa dell’Est raggiungono dimensioni maggiori rispetto agli
esemplari dell’Europa dell’Ovest. Tuttavia, se alimentati abbondantemente, i cervi
sono in grado di crescere al di sopra delle misure medie della popolazione presa in
esame; mentre gli individui di qualsiasi sottospecie, introdotti in altri Paesi, possono
rimanere di dimensioni molto più piccole, soffrendo il nuovo territorio.
Il cervo presenta un forte dimorfismo sessuale per quanto riguarda il peso e le
dimensioni corporee, le femmine, infatti, sono notevolmente più piccole.
Maschio adulto Femmina adulta
Peso totale (non eviscerato) (kg) 160-250 90-130
Lunghezza (cm) 190 -230 170-210
Altezza al garrese (cm) 120-140 100-120 Tabella 2 - Dati biometrici riguardanti il Cervo in Italia. (Ghigi A. , 1991).
A queste misure va aggiunta la coda, che non supera i 20 cm di lunghezza. La statura e
la taglia possono dare indicazioni ai fini della determinazione in natura delle differenti
classi di età.
I piccoli alla nascita pesano 7-12 kg. In generale questa specie ha un accrescimento
rapido, infatti, il 50% del peso definitivo viene raggiunto al primo anno d’età. L’apice
dello sviluppo corporeo si ha a 7-8 anni per il maschio e a 4-5 anni per la femmina. Dai
12-14 anni il peso dell’animale inizia progressivamente a regredire, a causa dell’usura
dei denti che provoca difficoltà nella masticazione.
Il peso del cervo non è costante durante tutto l'anno, ma subisce importanti variazioni
dovute alle disponibilità alimentari e al ciclo ormonale. I massimi pesi annualmente si
raggiungono nei maschi in agosto-settembre e nelle femmine in settembre-ottobre.
Successivamente si registra un drastico calo di peso, legato all’inizio della stagione
degli amori. Il Cervus elaphus si configura come il più grosso ungulato selvatico della
fauna europea.
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1.2.2. Caratteristiche del mantello
Complesso di peli che riveste il corpo dell’animale, il mantello protegge dagli agenti
esterni, come ad esempio quelli atmosferici. Si notano, quindi, mantelli più folti su
animali che vivono in climi più rigidi e freddi. Nel cervo è liscio e aderente ed è
costituito da due tipi di peli, quello di giarra e quello di borra. Il pelo di giarra è
chiamato anche di rivestimento ed è costituito da peli lunghi, robusti e setosi. Il pelo di
borra è un insieme di fini peli di lana e costituisce il sottopelo, che ha la funzione di
isolare termicamente l’animale dal freddo.
A seconda delle varie parti del corpo dell’animale i peli hanno lunghezze e consistenze
diverse, per esempio si allungano notevolmente sulla coda, mentre sul labbro
superiore e intorno agli occhi crescono una serie di lunghe setole. Sul collo dei maschi
si notano criniera e giogaia, caratterizzate dall’avere peli più lunghi e grossi rispetto al
resto del corpo. Solitamente la giogaia aumenta molto in volume in quegli individui che
vivono in territori con clima più rigido oppure durante la stagione degli amori, dove
oltre alla criniera anche i muscoli dell’animale diventano più voluminosi a causa
dell’ipertrofia muscolare, che permette al maschio di poter sopravvivere in inverno.
Si possono riscontrare variazioni di colore in base alle stagioni, al sesso e all’età degli
individui. Queste variazioni prendono il nome di mute e hanno la funzione di adeguare
la consistenza del pelo e il colore alle condizioni climatiche e ambientali.
Nel cervo se ne possono rilevare due, una estiva e una invernale. Il mantello estivo è
bruno-rossiccio e più leggero rispetto a quello invernale; la muta avviene in aprile-
giugno ed è più rapida. Invece il mantello invernale, la cui muta avviene a fine
settembre-novembre assume una colorazione grigio-bruna e risulterà notevolmente
più folto rispetto all’estivo. Questa muta, più lenta e graduale, permette all’animale di
aumentare lo spessore del pelo accrescendo i peli di borra. Lo specchio anale rimane
bianco crema in entrambe le mute ed è poco evidente rispetto alla colorazione
dominante. Il muso è bruno-grigio chiaro, il ventre e la parte interna delle zampe
assumono una colorazione giallo-biancastra. La differenza di colori tra inverno ed
estate serve sia per mimetizzarsi meglio con l’ambiente circostante nelle varie stagioni,
sia per catturare i raggi solari in inverno, grazie ad un mantello più scuro e fitto.
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Nelle femmine, i medesimi colori vanno schiarendosi, come se sbiadissero, mentre i
piccoli hanno un mantello marrone-rossiccio con maculatura bianca a distribuzione
casuale, che scompare con l’età. La maculatura nei piccoli serve fondamentalmente a
scopo mimetico, in modo che si possano confondere con il sottobosco dentro al quale
si nascondono, per non farsi predare.
I tempi e la rapidità delle mute variano ogni anno in base ai mutamenti climatici. Si è
notato come gli individui giovani, quelli sani e le femmine cambino il pelo prima
rispetto agli individui più vecchi o a quelli in cattivo stato di salute. La muta inizia
normalmente dal muso e dalle estremità degli arti, per portarsi via via verso il dorso
dove si completa.
Nella specie si sono notati casi di alterazioni genetiche nel colore del mantello. Una di
queste alterazioni è l’albinismo: l’individuo non produce il pigmento melanina,
responsabile del colore scuro del pelo. Si possono verificare casi di albinismo totale nei
quali il mantello dell’individuo si presenta totalmente bianco, oppure casi di albinismo
parziale dove solamente alcune zone del corpo assumono colorazione bianca. Il
melanismo è un’altra alterazione genetica che determina una sovrapproduzione di
melanina, rendendo gli individui notevolmente più scuri degli altri, fino ad apparire
quasi neri. Entrambe le mutazioni sono recessive, per cui gli individui affetti da queste
modificazioni sono molto rari all’interno di una popolazione.
Figura 3 - Cervo maschio con mantello invernale (a sinistra) e mantello estivo (a destra).
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1.2.3. Arti e zoccoli
I mammiferi terrestri (quelli che non si sono specializzati nel nuoto o nel volo) possono
essere suddivisi in tre grandi gruppi in base alle caratteristiche strutturali degli arti e
alle modalità di deambulazione. Il primo gruppo è quello dei plantigradi, animali
piuttosto lenti e generalmente onnivori, che utilizzano le intere superfici plantari. Tra
questi possiamo annoverare uomo e orso.
Nel secondo gruppo troviamo i digitigradi. Questi si muovono poggiando a terra le sole
dita, come risultato di un adattamento evolutivo finalizzato ad aumentare la velocità
della corsa. Sono generalmente carnivori e quindi predatori. Tipici di questo ordine
sono canidi e felidi.
Infine ci sono gli unguligradi, tra i quali gli ungulati. Sono un gruppo di mammiferi
caratterizzati dall’utilizzare, come appoggio a terra, le unghie, molto sviluppate e
trasformate in zoccoli. Questo è un adattamento evolutivo che li rende
particolarmente adatti alla corsa, loro principale difesa contro i predatori. Sono animali
erbivori e potenziali prede. Tra questi troviamo il cervo.
Gli arti del cervo, molto lunghi in proporzione al corpo, si presentano sottili ma robusti.
Negli Artiodattili in generale, ad eccezione dei Suidi, è presente la fusione delle ossa
metapodiali in un unico osso, chiamato osso cannone. Questa evoluzione aumenta la
resistenza dell’arto alle sollecitazioni della corsa ed è assai utile per la sopravvivenza
dell’animale.
Lo zoccolo del cervo ha la caratteristica di appoggiare sul terreno solamente due dita, il
3° e il 4°. Il 1° dito è mancante, mentre il 2° e il 5° sono ridotti a speroni di dimensioni
minime sollevati sul fianco del piede. Il 3° e il 4° dito prendono il nome di zoccoli o
pinzette.
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Figura 4 - Arto di Artiodattilo.
Il cervo presenta zoccoli larghi con curvatura regolare verso la punta, adatti alla corsa e
al salto. L’impronta a forma di ovale allargato simile a un cuore ha i margini dello
zoccolo quasi paralleli, con la punta tronca e arrotondata. Con il termine impronta si
intende il disegno risultante dalla pressione del piede sul suolo. Se l’impronta è ben
chiara sul terreno, si possono individuare i cuscinetti digitali arrotondati, che occupano
circa un terzo della lunghezza dello zoccolo. L’orma della zampa anteriore è lunga circa
7-9 cm ed è larga 6-7 cm. Se l’animale corre sulla neve o sul fango, restano anche i
segni degli speroni, che non oltrepassano mai i lati delle impronte degli zoccoli.
Il piede dei maschi è caratterizzato da pinzette chiuse, con filetto appena marcato. Le
sue impronte sono arrotondate sulla parte davanti e il piede anteriore aumenta di
dimensioni con il passare dell'età, mentre quello posteriore rimane più piccolo. Le
femmine, invece, sono contraddistinte da pinzette aperte e filetto marcato, di uguale
larghezza. Le pinzette sono più appuntite rispetto al maschio e le impronte più piccole.
Sia nelle femmine sia nei maschi giovani il piede anteriore è di grossezza pari a quello
posteriore.
Per traccia, orma o pesta si indica il disegno risultante dall'impronta dei quattro piedi
di uno stesso animale. La pista è una successione di tracce, mentre l’andatura è il
modo di camminare dell'animale o anche la distanza tra piedi anteriori e posteriori.
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Le andature più frequenti sono il passo, in cui gli zoccoli posteriori si posano quasi
sull’orma di quelli anteriori, e il trotto. Quando il cervo galoppa posa gli zoccoli
posteriori davanti agli anteriori e il risultato è una traccia simile al salto della lepre.
Figura 5 - Impronte di maschio e femmina di Cervus elaphus. (Ghigi A. , 1991).
1.2.4. Ghiandole
L’epidermide degli ungulati è ricca di ghiandole, organi secretori che servono alla
liberazione di determinate sostanze. Si possono distinguere ghiandole sebacee,
ghiandole sudoripare e ghiandole mammarie.
Le ghiandole sebacee secernono sebo con funzione lubrificante per il pelo e le
ritroviamo ad esempio sui tarsi dell’animale. Le ghiandole mammarie, presenti nelle 4
mammelle della femmina, secernono latte e sono poste in zona inguinale.
Le ghiandole odorifere sono l’insieme delle ghiandole sebacee e di quelle sudoripare.
Sono ghiandole esocrine presenti nelle zone cutanee, che secernono sostanze
ceruminose dal forte odore penetrante, che contiene feromoni. Il prodotto di queste
ghiandole ha il ruolo molto importante di messaggero odorifero nelle interazioni
comportamentali tra conspecifici. Questi odori sono utilizzati dal cervo per delimitare il
territorio, per l’attrazione sessuale e per i rapporti sociali, come ad esempio per
determinare il rango sociale, lo stato fisico o il riconoscimento della prole.
Le ghiandole odorifere sono localizzate su varie parti del corpo. Troviamo ghiandole
interdigitali, metatarsiali, caudali, frontali e preorbitali.
Le ghiandole interdigitali, che hanno funzione di marcatura, sono poste tra gli zoccoli
dell’animale; quelle metatarsiali, situate sugli arti, hanno funzione di riconoscimento.
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Le ghiandole caudali, molto sviluppate nel periodo degli amori, servono per marcare il
territorio; quelle frontali, poste nella parte alta della testa, sono presenti solo nella
femmina. Le ghiandole preorbitali, che sfociano nei lacrimatoi, nel maschio hanno
funzione di marcatura e sono molto sviluppate nel periodo degli amori; nelle femmine,
invece, hanno il fondamentale compito di riconoscimento tra madre e piccolo. Questi
lacrimatoi, piuttosto grandi, formano una specie di infossatura allungata, che scende
verso gli angoli della bocca con le pareti interne secernenti una sostanza oleosa, di cui
il cervo si libera, sfregando la testa contro la corteccia degli alberi.
1.2.5. Palchi
I palchi, tipici dei Cervidi, rappresentano la principale caratteristica dei maschi del
cervo e il più evidente dimorfismo tra i due sessi, poiché nelle femmine sono assenti.
Essi sono appendici frontali caduche imponenti, costituite da un vero osso pieno. Si
compongono di un’asta principale, chiamata stanga, che si sviluppa dallo stelo e alla
cui base si trova la rosa. Lo stelo è un’espansione dell’osso frontale, che si forma
nell’animale giovane ed è permanente. Dalla stanga si dipartono numerose
ramificazioni o punte che, partendo dal basso, prendono il nome di:
- pugnale o occhiale o oculare;
- ago o invernino, non sempre presente;
- mediano o pila;
- sull’apice se ci sono due punte vengono chiamate forca; tre o più punte, invece,
prendono il nome di corona.
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Figura 6 - Palco di Cervo. (Ghigi A. , 1991).
Il ciclo di crescita, ossificazione e perdita dei palchi è legato al ciclo sessuale del
maschio, a sua volta influenzato da due ormoni: somatotropina, o ormone della
crescita, e testosterone. La prima è responsabile della crescita dei palchi, mentre il
secondo determina l’ossificazione degli steli. Nella fase di crescita, da aprile fino a
luglio, le stanghe sono ricoperte da un tessuto chiamato velluto, che presenta uno
strato interno riccamente vascolarizzato e uno esterno ricoperto da una fitta peluria e
ricco di ghiandole. Essendoci vasi sanguigni, il palco in velluto è molto delicato e non
viene neanche utilizzato per lottare. Una volta completata la formazione del trofeo,
ormai ossificato, i livelli di testosterone aumentano. Questo ormone provoca la
chiusura delle vene del velluto, che si secca e diventa tessuto morto. L’animale da
giugno ad agosto si libera del velluto strofinando i palchi contro arbusti o piccoli alberi.
I trofei appena puliti possono essere ancora sporchi di sangue e solitamente hanno
colore biancastro, che in seguito diventa bruno-nerastro grazie ai pigmenti della
corteccia delle piante utilizzate per la pulitura e dall’ossidazione del sangue residuo. La
superficie del palco di solito non è liscia ma cosparsa di numerosi rilievi a forma di
goccioline, chiamate perle, presenti soprattutto nella parte basale e separate da
scanalature longitudinali ben marcate, note come solchi. I palchi puliti si osservano sui
maschi da settembre fino a marzo e vengono preparati per il periodo degli amori.
Rappresentano un segno di potenza, di rango sociale e un’arma per le lotte tra rivali.
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Benché maestosi, molto raramente possono causare gravi ferite, poiché le reciproche
diramazioni fermano le punte. Dopo il periodo riproduttivo, verso marzo-aprile, i livelli
di testosterone presenti nel sangue diminuiscono, avviene l’interruzione della
circolazione sanguigna che irrora gli steli ossei e le appendici subiscono la
decalcificazione della base. Al minimo urto contro un ostacolo, i due palchi si
staccheranno e andranno a cadere, solitamente quasi in contemporanea, al massimo
con uno scarto di pochi giorni l’uno dall’altro. Successivamente la perdita delle
stanghe, si forma una cicatrice ricoperta di velluto e si inizia a formare subito il nuovo
palco. Gli animali più vecchi in genere puliscono e perdono il trofeo per primi. Questo
può mettere in discussione la gerarchia del branco, in quanto i maschi giovani, con
ancora i palchi, sfidano quelli più vecchi, ai quali sono già caduti.
Figura 7 - Ciclo di sviluppo del trofeo. (Tallero, 1991).
I palchi possono presentare malformazioni e irregolarità, transitorie o permanenti, nel
loro normale sviluppo. Si possono rompere le stanghe quando il trofeo è in velluto,
avere lesioni all’osso frontale o allo stelo. L’animale può avere scompensi ormonali,
essere mal nutrito o contrarre malattie. Anche il velluto stesso, se il palco viene urtato,
può staccarsi o lesionarsi provocando crescite anomale. In generale tutti questi
problemi portano ad avere palchi mancanti, poco sviluppati, malformati o deformi.
Il volume e il peso del trofeo aumentano in maniera abbastanza regolare con l'età, ma
ciò non si verifica, invece, per il numero delle punte. Erroneamente si potrebbe
pensare che l'età dell'animale corrisponda al numero delle punte sul palco, ma questo
non è quasi mai corretto.
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Fino a un anno e mezzo si può stimare con sufficiente precisione l’età basandosi
unicamente sul trofeo, ma per stimare l'età di un cervo adulto si deve utilizzare la
valutazione della dentizione. Di regola, alla scadenza del primo anno di vita il maschio
forma due palchi senza diramazioni e senza rosa e viene chiamato fusone. In seguito
non è più possibile determinare l’età del cervo solo sulla base del trofeo, in quanto
anche un animale di due anni può presentare più diramazioni. Dal secondo al quinto
anno d’età, solitamente, si trovano maschi giovani con almeno tre ramificazioni, in
seguito gli animali diventano adulti e dai sette anni in avanti le punte sono in numero
variabile da 6 a 11. Il numero delle ramificazioni non crescerà più, ma le dimensioni e la
massa dei palchi diventeranno progressivamente maggiori con il passare degli anni e il
loro colore si farà più scuro rispetto ai giovani. L’apice dello sviluppo dei palchi è
dall’ottavo al decimo anno di vita, il decimo-dodicesimo corrisponde per il maschio al
picco della sua forza vitale e dal quattordicesimo anno, raggiunta la senilità, il trofeo
dell’animale inizierà a regredire e si presenterà più piccolo, con meno punte o
addirittura senza diramazioni.
Un altro metodo per stabilire l’età del cervo, oltre che dall’esame della dentatura, è
quello di Ulrich. Consiste nel misurare il diametro degli steli ossei, nel punto più
stretto, farne la media e moltiplicare per 10. Il risultato viene diviso per l’altezza
esterna media degli steli, valutato con l’approssimazione del millimetro. Se il risultato è
tra 9 e 16 corrisponde all’età del cervo, se è inferiore a 9 si sottrae un anno per avere
l’età, se è superiore a 16 si sottraggono 2 anni.
Per quanto riguarda le dimensioni e il peso dei palchi si nota una considerevole
variabilità individuale. In generale, la lunghezza va da un minimo di 70 cm a un
massimo di 130 cm. Mentre il peso, negli individui adulti è, in media, di 8-10 kg.
L'accrescimento dei palchi non è solo legato al potenziale genetico dell'animale, ma
anche alla qualità, alla quantità e alla disponibilità dell'offerta alimentare, oltre che alla
densità di popolazione, all’età e allo stato di salute. La crescita dei palchi nel cervo
avviene in un momento favorevole, cioè in tarda primavera, quando vi è ancora
abbondanza di vegetazione e di apporto alimentare per l’animale, favorendo la
formazione di un trofeo vigoroso e permettendo una crescita rapida.
21
Comunque, l’investimento per la formazione del trofeo in un maschio adulto, può
arrivare a intaccare fino al 25% del suo dispendio energetico annuo.
Ci sono diverse teorie sulla presenza e sulla ciclica perdita dei palchi nei maschi dei
Cervidi, le più accreditate sono la protezione durante gli scontri, la determinazione del
rango sociale e la dominanza sui conspecifici. Durante gli scontri nel periodo degli
amori, le lotte a testate tra maschi sono frequenti. Queste appendici, quindi,
offrirebbero una protezione verso traumi e ferite, trasformando i combattimenti in
prove di forza e non in scontri mortali. Inoltre, svolgono un’enorme importanza nelle
relazioni sociali tra gli individui dello stesso branco. Rappresentando il rango e lo status
sociale dell'animale ed essendo molto visibili, diminuiscono la percentuale di scontri
inutili, dispendiosi da un punto di vista energetico e pericolosi, perché possono causare
traumi e ferite. Si possono, infatti, riscontrare nei maschi molti comportamenti rituali,
che ostentando la possenza fisica, intimoriscono i maschi di rango inferiore, facendoli
ritirare ancora prima di iniziare lo scontro. Probabilmente perdono i palchi proprio per
una questione di dominanza, ogni anno il palco negli individui sani accresce sempre
più. Entra, quindi, in gioco la selezione naturale: gli animali che in determinate
situazioni riescono a formare palchi più grandi e maestosi hanno più probabilità di
avere accesso alle femmine.
1.3. Morfologia dell’apparato digerente e abitudini alimentari
I cervi sono Ruminanti ed hanno, di conseguenza, lo stomaco diviso in 4 cavità: rumine,
reticolo, omaso e abomaso. I primi tre, chiamati anche prestomaci, sono utilizzati
come camere di fermentazione per il foraggio grossolano. Questo subisce una prima
degradazione grazie alla flora microbica presente, che permette l’assimilazione degli
elementi nutritivi. La ruminazione è una forma di adattamento fisiologico che consente
ai ruminanti di ottimizzare la digestione della cellulosa, inoltre rappresenta un
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adattamento evolutivo antipredatorio proprio dei mammiferi erbivori. Questi, infatti,
soggetti a forte pressione predatoria, accumulano in modo rapido grandi quantità di
cibo nel rumine in aree di pascolo potenzialmente pericolose, per poi,
successivamente, finire la digestione in luoghi più sicuri.
Le dimensioni del rumine e i cicli temporali della digestione non sono uguali in tutti gli
ungulati. Ogni specie ha evoluto caratteristiche proprie di alimentazione e quindi di
anatomia del proprio apparato digerente. Tra gli ungulati selvatici presenti in Italia si
possono trovare i brucatori, i pascolatori e gli animali con un’alimentazione
intermedia. I brucatori, selezionatori di cibo concentrato, consumano alimenti ricchi di
nutrienti e facilmente digeribili, come fiori, gemme, foglie e frutti. Tra questi troviamo
il capriolo. I pascolatori si possono nutrire senza problemi di alimenti molto fibrosi,
come erba e foraggi grezzi, ed hanno la possibilità di immagazzinare grandi quantità di
cibo nel rumine. A questa categoria appartiene il muflone. Infine troviamo gli animali
con un’alimentazione intermedia tra i primi due. Sono specie che riescono ad adattare
le proprie abitudini alimentari in base alle risorse offerte dal territorio, comportandosi
alternativamente da brucatori o pascolatori. Tra questi troviamo il cervo, il camoscio e
lo stambecco.
Il cervo ha, quindi, caratteristiche morfologiche intermedie e presenta medie
dimensioni della camera distale di fermentazione, dell’omaso, dell’abomaso e della
lunghezza dell’intestino. Questo si rispecchia sui suoi comportamenti e sul suo stile di
vita. È un animale sociale, con un alto livello di organizzazione, alterna aree aperte a
ripari, non ha un comportamento territoriale e ha ritmi alimentari giornalieri medi
frazionati in 6-8 periodi di attività e di riposo, con un’intensa attività soprattutto nelle
ore di alba e tramonto.
Come detto prima, il regime alimentare di questa specie varia secondo il tipo di
ambiente, non presentando particolari esigenze alimentari e denotando una grande
capacità di adattamento. Il cervo si configura come foraggiatore misto, con una dieta
composta di erbe, fibre alimentari e alimenti concentrati, con un consumo giornaliero
di vegetali pari a 10-15 kg.
23
Il regime alimentare viene adattato, comunque, alle varietà floristiche presenti sul
territorio, alla disponibilità nelle varie stagioni e allo stadio di sviluppo dei vegetali
utilizzati. La dieta può comprendere graminacee, dicotiledoni, rovi, lamponi, ginestre,
eriche, foglie, ramoscelli, germogli, cortecce di alberi, arbusti, ghiande e castagne. In
primavera gli animali si nutrono di erbe tenere, germogli, foglie novelle e ramoscelli.
Durante l’estate vengono invece preferiti grano maturo, avena, carote e barbabietole.
In autunno e in inverno il cervo si deve adattare al clima rigido e alla quasi costante
presenza di neve sul terreno, che non permettono la crescita di piante. Si ciba, quindi,
di frutti e parti di vegetazione semilegnosa, che comunque rappresentano meno di un
terzo della razione annuale di questo animale.
1.4. Ciclo riproduttivo
I maschi del Cervus elaphus, dopo aver trascorso l'estate nei pascoli, a settembre si
presentano vigorosi, con palchi completamente formati e puliti dal velluto. Sono così
pronti per la stagione degli accoppiamenti, durante la quale i gruppi non sono più
sessualmente segregati. I gruppi femminili sono filopatrici, tornano sempre nello
stesso territorio durante il periodo degli amori; i maschi in questo periodo
abbandonano le loro consuete abitudini, si avvicinano alle femmine e diventano
territoriali. I cervi maschi sono poligami e la strategia riproduttiva consiste nel
conquistare e difendere un gruppo di femmine, che costituisce il loro harem,
solitamente composto di 5-15 soggetti. Per ottenere il suo harem, il cervo maschio
adotta dei comportamenti rituali, i quali hanno lo scopo di definire una gerarchia tra gli
animali sessualmente maturi. Gli atteggiamenti di minaccia che si possono notare sono
il bramito, la marcia parallela e solo come ultima risorsa il combattimento. Il bramito,
una via di mezzo fra il muggito bovino e il ruggito, è un segnale acustico potente,
emesso per rivendicare il proprio harem su altri pretendenti.
24
L’intensità e la frequenza del bramito dipendono dalla stazza dell'animale e dalle sue
condizioni di vita. Vincerà chi riuscirà a intimorire con il suo verso gli altri maschi, che
riconoscendo la propria inferiorità, se ne andranno evitando lo scontro diretto. Solo
quando le capacità vocali si equivalgono i maschi si affrontano in campo aperto,
altrimenti evitano lo scontro. Prima della lotta, però, ricorrono a un altro
comportamento rituale, durante il quale i contendenti camminano parallelamente, a
pochi metri di distanza, spesso arricciando le labbra. Questo atteggiamento ancestrale
risale al periodo nel quale i cervi avevano canini molto sviluppati, che servivano per
definire le gerarchie sociali. Ora la marcia parallela permette ai due soggetti di valutare
la robustezza corporea e la grossezza del palco dell’avversario, al fine di comprendere
se procedere con uno scontro fisico o ritirarsi. Solo nel caso in cui gli atteggiamenti di
minaccia indiretta e diretta non portano alla definizione del rango dei contendenti si
può arrivare a uno scontro fisico vero e proprio. I maschi intrecciano i palchi e iniziano
una lotta di spinte quasi sempre incruente, poiché il maschio battuto si allontana dal
territorio, mentre il vincitore si guadagna il diritto di tramandare il proprio patrimonio
genetico.
Il corteggiamento del maschio nei confronti della femmina consiste nell’arricciare il
labbro superiore, per captare i feromoni emanati dalla femmina con l’organo
vomeronasale e identificare il suo stato riproduttivo, cioè se è pronta per
l’accoppiamento; questo comportamento si chiama Flehmen.
I calori nelle femmine hanno una durata di 3-4 settimane, tra la metà di settembre e la
metà di ottobre. Gli accoppiamenti avvengono nello stesso periodo e terminano con
un tipico movimento del maschio, che salta nel momento della monta. Se la femmina
non rimane gravida, la sua fertilità può durare fino a gennaio, con nascite a settembre,
periodo sfavorevole per il piccolo appena nato, per la scarsità di cibo e l’abbassamento
delle temperature. Dopo ottobre i maschi riformano i branchi, riprendendo la loro vita
normale; mentre le femmine, riunitesi assieme ai maschi più giovani, si muovono alla
ricerca di luoghi sicuri, dove trascorrere i primi tempi della gestazione.
La durata della gestazione è di circa 230-240 giorni; le nascite avvengono tra la metà di
maggio e la metà di giugno dell’anno successivo all’accoppiamento.
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Le femmine gravide si allontanano dal branco e scelgono un luogo tranquillo, con una
buona copertura arbustiva per partorire. La femmina mangia la placenta e gli invogli
fetali, sia per una questione di nutrimento, sia per pulire l’area e celare la presenza del
piccolo ai predatori. Solitamente nasce un solo cerbiatto per femmina, i parti gemellari
sono molto rari. I cerbiatti, piccoli e snelli, presentano il tipico mantello rosso-bruno
con maculatura casuale sul dorso, non emanano odore e per i primi 10-15 giorni non
sono in grado di reggersi sulle zampe. Durante questo periodo rimangono nascosti tra
la vegetazione, in un luogo tranquillo e isolato; si mimetizzano, rimanendo
perfettamente immobili, al fine di non essere visti dai predatori. Per questa loro
strategia neonatale vengono chiamati "hider". La madre raggiunge il cucciolo ogni 3-4
ore solo per allattarlo, altrimenti gli sta lontana in modo tale che i predatori non lo
scoprano; il loro legame è di tipo olfattivo e uditivo. Passate le prime due settimane il
piccolo è in grado di seguire la madre, che si andrà a riunire al gruppo di femmine e dei
cuccioli dell'anno precedente. L'allattamento diminuisce nel tempo, fino allo
svezzamento verso dicembre-gennaio, quando il cucciolo ha 5-7 mesi.
La maturità sessuale fisiologica nei maschi viene raggiunta a 16 mesi, ma prima di
potersi riprodurre devono avere 4-5 anni, poichè socialmente non ancora maturi.
Anche per le femmine la maturità sessuale viene raggiunta a 16 mesi, quando l’animale
ha raggiunto il peso soglia, cioè i 2/3 del peso che dovrebbe raggiungere da adulto.
Solitamente la prima gravidanza avviene durante il terzo anno.
Il peso soglia è influenzato da vari fattori, tra cui la disponibilità e la qualità alimentare,
la densità di popolazione, le condizioni sanitarie dell’animale e il clima. Questo sistema
di controllo fa variare l'età della prima gestazione in base alla densità di popolazione
nell'areale; femmine appartenenti a popolazioni con basse densità, come quelle
appena introdotte in nuovi territori o in espansione, partoriranno a età inferiori
rispetto a femmine appartenenti a popolazioni già assestate o con elevata densità.
26
1.5. Habitat
Il cervo, in origine, era una specie principalmente legata a basse altitudini e a habitat
caratterizzati da boschi maturi di latifoglie o misti di resinose, ad alto fusto,
sufficientemente aperti e con ricco sottobosco, inframmezzati da ampie vallate,
praterie di pianura, radure, colture, prati, pascoli o comunque da grandi spazi aperti,
come steppe o lande.
Attualmente il disturbo antropico, come l'estendersi delle coltivazioni o l’attività
venatoria, ha portato questa specie a spostarsi in zone prettamente forestali e
montane. Il cervo si è adattato al clima di questi ambienti, anche se a quote più basse
riesce meglio a sopravvivere, come si può evincere dal palco nei maschi, che a quote
inferiori si sviluppa in maniera più ramificata e voluminosa.
In generale è un animale con un’adattabilità piuttosto alta, si può trovare, infatti, dalle
brughiere scozzesi, fino alle foreste mesofile dell’Europa centrale ed anche nella
macchia mediterranea. Lo si incontra dal livello del mare fino a oltre il limite degli
alberi sulle Alpi (2500 m s.l.m. circa). In tutto il suo areale, però, ha distribuzione
frammentata.
Una caratteristica nella scelta dell’area dove vivere è la presenza di acqua, che serve
per abbeverarsi e per insogliarsi. Questa attività consiste nel rotolarsi nelle pozze
stagnanti e fangose, come fonte di protezione contro il caldo, per liberarsi dai parassiti
cutanei e, nel periodo degli amori, per marcare il territorio.
Il cervo è un animale pesante: uno dei suoi fattori limitanti è la neve, in quanto vi
sprofonda. Solitamente non lo si nota mai a quote troppo elevate, soprattutto in
inverno, appunto per questo motivo.
La maggior parte di questi animali ha un comportamento di tipo migratorio. Le zone di
svernamento, a quote più basse, vengono abbandonate verso fine aprile e si reca su
pascoli alpini, oltre il limite della vegetazione arborea, dove trascorre tutta l’estate. Il
ritorno è previsto circa all’inizio di ottobre, a seconda delle condizioni climatiche e
delle attitudini individuali.
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1.6. Comportamento sociale
I cervi hanno un comportamento sociale e gregario, con gerarchie ben definite, tipico
dei grandi mammiferi erbivori sottoposti a predazione. L’elemento base della
popolazione è il branco, che ha la funzione di protezione dei singoli individui. Il
comportamento sociale è fondamentale per capire chi ha accesso per primo a una
determinata risorsa, si andrebbe altrimenti incontro a scontri fisici, che portano a un
dispendio energetico inutile. La composizione e le dimensioni dei gruppi, sessualmente
segregati per la maggior parte dell’anno, possono variare secondo l’habitat, la stagione
e le ore del giorno. Per esempio durante le ore di ruminazione il branco si divide in
piccoli gruppi, che si nascondono nel bosco, per evitare di essere predati. Questa
specie ha abitudini notturne: attiva soprattutto all’alba e al tramonto, durante il giorno
si trattiene nel folto della vegetazione.
I maschi e le femmine adulti formano branchi che occupano territori diversi. I gruppi
femminili hanno una struttura sociale matriarcale e la gerarchia è basata sull’età degli
animali. Essi sono fondati sul gruppo familiare costituito da una femmina adulta, il suo
cerbiatto dell’anno e il cerbiatto dell’anno precedente. La rottura del legame con la
madre si realizza verso i due anni per i maschi, mentre per le femmine più tardi. I
branchi femminili rimangono stabili per tutto l’anno, ad esclusione di maggio e giugno,
periodo durante il quale le femmine gravide si isolano per partorire. Altre femmine,
con o senza piccoli possono unirsi al branco, formando anche gruppi di 6-12 individui,
alla cui testa vi è solitamente la femmina leader, cioè quella con più esperienza.
I maschi si allontanano dalla madre all’età di due anni e vivono in gruppi meno
numerosi delle femmine, formati da individui preferibilmente della stessa classe di età.
I maschi adulti e anziani tendono a isolarsi e a vivere soli o con pochi altri individui
della stessa età o accompagnati da un maschio subadulto, detto scudiere. Così come
nelle femmine, anche nei maschi i rapporti sono regolati da una precisa gerarchia. In
questi, per stabilire il rango sociale, ricopre molta importanza il palco, indice di
dominanza.
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Il periodo degli amori è il solo momento di riavvicinamento temporaneo dei branchi di
sessi opposti. Da metà settembre a metà ottobre vengono a formarsi gruppi misti e i
maschi si assicurano il possesso di un branco di femmine difendendolo contro
l'intrusione di altri maschi all’interno di aree più o meno fisse. I maschi, che assumono
un comportamento territoriale solo per questo periodo dell’anno, difendono la zona
con bramiti o, solo se la loro densità è troppo elevata, con scontri diretti, in modo da
definire le gerarchie.
Questo tipo di comportamento sociale porta a una distribuzione spaziale disomogenea
della popolazione sul territorio e determina zone più densamente abitate di altre. I
maschi vivono di preferenza ai margini dei complessi forestali e la loro area vitale può
superare i 5.000 ettari, ma varia in funzione della stagione e dell’età dell’animale. Le
femmine, al contrario, vivono in genere nelle zone più interne di boschi e foreste e
mantengono aree vitali stabili nel tempo, di 500-1.000 ettari in relazione alla
produttività dell’ambiente.
1.7. Comportamento spaziale
Quando si parla di comportamento spaziale si devono considerare diverse aree o spazi
entro i quali il cervo svolge tutte le sue attività. I termini principali e più significativi da
spiegare sono home range, territorio, spazio individuale e distanza sociale.
Con il termine home range, o core area, si indica l’area familiare all’animale, cioè
quella che contiene le risorse che soddisfano tutte le sue esigenze biologiche. Bisogna
tenere in considerazione diversi fattori che possono far variare quest’area, alcuni dei
quali sono la geografia del territorio, la disponibilità alimentare, la stagione, le
condizioni climatiche, la densità di popolazione, la presenza di comportamenti
migratori, il sesso e l’età degli individui.
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L’home range risulta essere inversamente proporzionale alla diversificazione
dell’ambiente, infatti, in zone con vegetazione variegata l’home range è più ridotta.
Per quanto riguarda il periodo dell’anno e quindi le diverse stagioni, possiamo notare
aree di svernamento e aree di estivazione. I territori invernali rappresentano una
frazione più piccola di quelli estivi, e sono localizzati a quote generalmente inferiori.
Negli animali che non hanno un comportamento migratorio, l'area utilizzata in inverno
è quella frazione dell'area estiva con quota altimetrica più bassa. In aree alpine,
caratterizzate da abbondanti precipitazioni nevose, il cervo tende a ridurre gli
spostamenti in inverno, per contenere il dispendio energetico. Questi spostamenti
vengono fatti solo se vi è la necessità di muoversi alla ricerca delle scarse risorse
alimentari di questo periodo.
Un altro fattore è l’ambiente e le sue caratteristiche, ad esempio la sua disponibilità di
risorse alimentari e idriche o di luoghi dove gli animali possono trovare rifugio. Anche
le caratteristiche individuali degli animali devono essere tenute in considerazione,
infatti, gli individui, in base all’età e al sesso, prediligono differenti fasce altitudinali. La
fase fisiologica nella quale si trova l’animale è anch’essa importante, infatti, durante il
periodo di riproduzione si vengono a creare zone di accoppiamento.
All'interno di una medesima popolazione, è possibile la contemporanea presenza di
individui migratori e non migratori. In ambiente alpino è stata sempre riscontrata una
frazione più o meno importante di popolazione con caratteristiche migratorie. Gli
home range tipici di queste popolazioni sono costituiti da zone completamente
separate tra loro nelle diverse stagioni. Il comportamento migratorio, è favorito dalla
presenza di basse temperature in inverno, dalla prolungata permanenza della neve al
suolo, dall’alta percentuale di zone in cui predomina il bosco e dalla scarsa offerta
alimentare invernale. Comunque si possono notare anche popolazioni non migratorie,
che utilizzano strategie di sopravvivenza alternative, creando un compromesso tra
disponibilità di alimento e risparmio energetico.
Per territorio si intende, invece, l’area utilizzata dal cervo durante l’attività di
corteggiamento e di accoppiamento. Esso è lo spazio vitale all'interno del quale non
vengono tollerati intrusi e che viene difeso grazie alla marcatura del territorio.
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Per il resto delle sue attività il cervo non è un animale territoriale. Lo spazio individuale
è la zona di fuga che circonda l’animale; mentre per distanza sociale si intende la
distanza massima di allontanamento dal gruppo. Il cervo mantiene la coesione del
branco, in quanto da esso il singolo ottiene dei benefici, maggiore sicurezza e
protezione dai predatori.
In generale i valori di densità biotica validi per il cervo possono essere indicati in 1 capo
per 100 ha nelle zone meno produttive, come ad esempio quelle di alta montagna.
Invece, nelle aree ottimali per questa specie, come foreste di latifoglie in aree collinari,
possono arrivare a 4-6 capi per 100 ha.
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2. MATERIALI E METODI
2.1. Inquadramento territoriale
Figura 8 - Localizzazione dell’AFV (in viola) e confini provinciali (in verde). (Carlini et al. , 2015).
L'Azienda Faunistico Venatoria Valbelviso - Barbellino (da ora in poi AFV), nata nel
1893, è un'associazione senza fini di lucro, che ha come finalità principali la
conoscenza, la conservazione e la corretta gestione della fauna alpina. È una delle più
antiche riserve di caccia d'Italia e una delle più estese, comprende le Province di
Sondrio (5.973 ha), di Brescia (4.163 ha) e di Bergamo (2.382 ha) con una superficie
totale di 12.535 ha. I comuni che si ripartiscono l’Azienda sono Aprica, Teglio, Corteno
Golgi e Valbondione.
L’AFV, localizzata nella catena orobica, occupa un territorio tipicamente alpino,
compreso tra i 970 e i 2900 m s.l.m. ,nel quale troviamo i bacini idrografici dei fiumi
Adda (con le Valli Belviso e Caronella), Oglio (con le Valli Brandet e Campovecchio) e
Serio (con Valbondione, alta Val Seriana). Lungo gli spartiacque sono presenti le cime
più alte, tra cui Monte Sellero (2.744 m), Monte Venerocolo (2.590 m), Monte Gleno
(2.852 m), Pizzo del Diavolo (2.926 m) e Pizzo di Coca (3.050 m).
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La morfologia appare profondamente modellata dall’azione dei ghiacciai del
Quaternario e dalle acque di scorrimento, dai quali derivano gli attuali circhi, terrazzi e
laghi di alta quota. L’Azienda è interessata da una ricca rete idrografica che, in
relazione all’orografia del territorio, permette di individuare cinque corsi d’acqua
principali perenni, con numerosi affluenti dalle valli laterali. I più importanti torrenti
sono Caronella, Belviso, Campovecchio, Brandet e il primo tratto del fiume Serio.
Alle quote più basse dell’AFV si possono notare boschi montani misti di latifoglie, tra le
cui specie troviamo ontano, acero, sorbo, nocciolo, larice e raramente faggio. Mentre il
bosco è oggetto di attività selvicolturale, quella agricola è in costante regresso, prati
permanenti sfalciati annualmente sono presenti solamente in Val Belviso e in Val
Caronella. Sopra 1.300 m inizia il bosco di conifere, tra le specie si notano abete
bianco, pino silvestre, larice e in particolar modo abete rosso. Dai 2.100 m i cespuglieti
di ontano verde prendono il posto della vegetazione arborea. Nel sottobosco sono
importanti dal punto di vista trofico per la fauna mirtillo rosso, mirtillo nero, uva
ursina, lampone, fragole e funghi.
Sul territorio non ci sono centri abitati permanenti, solo case rurali, malghe e rifugi, tra
i quali si annoverano i 14 punti di appoggio di proprietà o in uso dell’Azienda. Gli
alpeggi presenti vengono affittati dai Comuni e ogni estate, secondo l’andamento
stagionale, vengono portate vacche, pecore e capre. La rete stradale interessa
solamente strade sterrate comunali a uso degli impianti idroelettrici, degli
insediamenti stagionali zootecnici e per la gestione forestale.
La fauna selvatica presente sul territorio dell’AFV è ricca e varia. Tra gli ungulati
possiamo trovare il camoscio, il cervo, il capriolo, il muflone (reintrodotto in Azienda
nel 1971 a scopo prettamente venatorio), lo stambecco (reintrodotto nella zona del
Barbellino) e il cinghiale (la cui popolazione sta aumentando in maniera consistente, in
conflitto con l’attività antropica). Tra le specie dell’avifauna troviamo il gallo forcello, la
pernice bianca, il francolino di monte, la coturnice. La popolazione del gallo cedrone, a
parte qualche sporadico avvistamento, è scomparsa. Inoltre sono presenti marmotta,
lepre bianca, aquila reale e lupo.
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La gestione dell'Azienda si basa su una direzione scientifica, una segreteria
amministrativa e un corpo di vigilanza, composto da un capo guardia e da 10 guardie
giurate. Gli agenti hanno il compito di controllare il territorio e la fauna, aiutare
durante il prelievo venatorio, supportare le amministrazioni locali, sulla base di
specifiche richieste alla Direzione, per iniziative di educazione ambientale. L'Azienda
collabora inoltre da anni con numerosi enti e istituti di ricerca per la realizzazione di
programmi di studio e conservazione dell'ambiente e della fauna.
2.2. Caratteristiche principali di una AFV
In Italia la caccia è regolamentata dalla legge dell'11 febbraio 1992, n. 157, "Norme per
la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio", pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 1992 e nota più semplicemente come "157".
Art. 16 c. 1 lett. a: “Aziende faunistico-venatorie e aziende agrituristico-venatorie”
<<1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, entro i limiti del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale,
possono:
a) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza
fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità
naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e
appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni devono
essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di
garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle
giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di
abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito
immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto.>>
34
Le AFV sono in genere aree molto ampie, di elevato valore naturalistico e con una
grande presenza di fauna selvatica, in grado di reintegrarsi da sola. È consentito il
prelievo da parte dei proprietari dell’azienda o da chi ha le concessioni; ma in qualsiasi
caso, i piani di abbattimento devono essere approvati in base al censimento della
Provincia. Lo scopo principale è la rigenerazione della fauna; poi quello della vendita
del capo.
2.3. Monitoraggio
La gestione faunistica dell'Azienda Valbelviso - Barbellino è improntata, da oltre un
secolo, alla conservazione delle popolazioni della fauna alpina che caratterizza l'area,
mediante un rigoroso approccio tecnico-scientifico. Per pianificare correttamente la
gestione e il prelievo venatorio, ogni anno vengono svolti, dal personale di vigilanza
dell’Azienda, spesso in collaborazione con quello delle Provincie competenti per il
territorio, dei censimenti esaustivi delle popolazioni di Cervus elaphus, come di tutte le
altre specie di fauna presente. Vengono raccolti i principali parametri biometrici sia
degli animali rinvenuti morti sia di quelli abbattuti, in quanto soggetti a prelievo
venatorio. Inoltre l'Azienda dispone di una pluriennale serie storica di dati relativi
all'andamento della popolazione.
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2.3.1. Censimento al bramito
Il bramito è la tipica vocalizzazione emessa in brevi serie continuative dai maschi di
cervo durante il periodo degli amori attraverso una vibrazione della laringe nel corso di
una rapida e violenta espirazione. Il bramito fornisce informazioni obiettive relative
alla forza fisica dell’individuo che lo emette. Durante le dispute tra maschi ha la
funzione di impressionare l’avversario e dimostrare la propria possenza e capacità
combattiva, al fine di evitare scontri fisici, pericolosi e dispendiosi da un punto di vista
energetico. Le femmine, ascoltando i bramiti, valutano il livello di maturità dei maschi;
più il torace è imponente più il bramito è forte e il maschio è maturo dal punto di vista
comportamentale e attrae le femmine. Inoltre il bramito riduce la dispersione
dell’harem: le femmine sono in grado di distinguere i maschi dalla diversa vocalità.
Figura 9 - Cervo maschio bramitante.
Il censimento al bramito è una valutazione numerica indiretta e uno dei metodi
maggiormente utilizzati per la stima demografica della popolazione di Cervus elaphus,
soprattutto in aree densamente boscose, che non permettono un’adeguata visibilità.
Inoltre si applica anche per evitare problemi di sovra/sottostima dei maschi in bramito
a causa della loro mobilità.
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L’applicazione del metodo richiede una buona conoscenza del territorio e della
distribuzione dell’areale di riproduzione. All’interno dell’areale riproduttivo vengono
definite le aree di rilevamento, nelle quali vengono localizzati i punti d’ascolto, così da
coprire con un’unica sessione, ripetuta in giorni successivi, tutto il territorio. I punti di
ascolto vanno situati in posizioni di dominanza, caratterizzati da una buona copertura
acustica e adeguati per le triangolazioni in fase di elaborazione.
Per stimare la consistenza della popolazione grazie al censimento al bramito dei
maschi si devono acquisire due dati fondamentali: il numero di maschi adulti
riproduttori e la loro percentuale nella struttura della popolazione presa in
considerazione. L'acquisizione del primo dato prevede il rilevamento acustico dei
maschi adulti al bramito durante le ore di attività, grazie a triangolazioni effettuate in
contemporanea dagli operatori situati in diverse postazioni di ascolto. Prima dell’inizio
dei rilievi, l’operatore provvederà a collocare un quadrante goniometrico orientato a
nord, attraverso una bussola di precisione, per la rilevazione degli azimut dei bramiti
durante la conta. L’operazione viene effettuata in contemporanea in tutti i punti, per
un periodo di circa tre ore. La triangolazione dei punti di provenienza dei bramiti
consente di valutare il numero di cervi maschi adulti nell’area di indagine. Oltre al
censimento al bramito si effettua un monitoraggio diurno nei mesi precedenti,
finalizzato a ottenere un’idea della struttura e delle dimensioni complessive della
popolazione presente sul territorio, grazie ad osservazioni dirette del cervo. Si può
anche fare riferimento ai dati forniti dagli abbattimenti durante il periodo di caccia.
Dopo la fase di monitoraggio sul campo è necessario analizzare i dati raccolti; le
informazioni corrette e rappresentative sulla struttura della popolazione risultano
fondamentali per l’esattezza dei calcoli. Una popolazione è composta di individui
differenti, per età e sesso, distribuiti secondo rapporti tipici; quindi grazie ai dati
raccolti nei censimenti, per proporzione si ottiene la consistenza globale della
popolazione. Il censimento in qualsiasi caso è solo una stima della consistenza della
popolazione, non si otterrà mai il numero esatto di individui sul territorio.
37
Importante nella fase di raccolta dei dati la scelta di un periodo di sedentarietà degli
animali e di massima contattabilità, per evitare di sovrastimare la popolazione e
conteggiare più volte uno stesso animale. Questo periodo per il cervo coincide con la
stagione degli amori e il picco massimo di frequenza dei bramiti si colloca tra l’ultima
settimana di settembre e la prima di ottobre. In questo periodo la frequenza e il ritmo
di attività sono massimi, quindi è il periodo più indicato per ottenere il maggior
numero di dati. Questo periodo di picco è diverso per ogni area, ma si mantiene
relativamente costante negli anni, salvo giornalieri problemi meteo. L’orario migliore
per il monitoraggio notturno va dalle 21 alle 24, picco di attività di bramito o nelle ore
crepuscolari, poco prima e durante il tramonto. Il censimento diurno del cervo avviene
invece all’alba o al tramonto. In ogni caso i censimenti devono avvenire annualmente,
per tenere sotto controllo la popolazione.
2.3.2. Materiale per il censimento
Gli strumenti per il censimento al bramito del cervo in natura variano in base alle ore
della giornata. Per il monitoraggio al bramito nelle ore notturne l’attrezzatura indicata
è:
- GPS, per localizzare il rilevatore e poter rielaborare i dati efficacemente;
- mappa dell’area;
- scheda tecnica;
- bussola e quadrante goniometrico;
- orologio, per documentare sulla scheda tecnica gli orari dei bramiti;
- radio, per mantenere in comunicazione i vari operatori che stanno eseguendo il
censimento.
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Per il censimento diurno, invece, sono indispensabili strumenti ottici, che
comprendono:
- binocolo e cannocchiale con supporto, poiché molto spesso gli animali vengono
visti da grandi distanze e senza l’ausilio di strumenti ottici non si riuscirebbero a
distinguere efficacemente;
- scheda tecnica;
- orologio;
- radio.
Per il binocolo l’ingrandimento ideale è 8x10, si ha una buona visibilità e nitidezza
anche con luce poco favorevole. Il cannocchiale con supporto viene montato e
utilizzato quando gli animali sono difficilmente identificabili anche con il binocolo; per
questo motivo l’ingrandimento ideale è 30x60.
39
Figura 10 - Scheda per il censimento al bramito del Cervus elaphus.
40
2.4. Segni di presenza
La presenza del cervo, oltre che con l'osservazione diretta, può essere accertata
rintracciandone i segni di presenza. Questo selvatico segnala la sua presenza sul
territorio con vari segni che permettono, in alcuni casi, di identificare il sesso
dell’animale e sono utili per una prima stima della popolazione. Tra i segni ci sono
orme, sentieri, brucature, fregoni, pozze di fango, fatte e segnali acustici (bramito).
Le orme sul terreno permettono di identificare il sesso dei cervi. Le impronte del
maschio adulto sono arrotondate anteriormente, mentre quelle delle femmine sono
appuntite. Inoltre il filetto, fessura tra gli unghioni, è più piccola nel maschio che nella
femmina.
Il Cervus elaphus, come molti altri Cervidi, nei suoi spostamenti segue sentieri abituali
e con il tempo il calpestio lascia solchi nel terreno, i trottatoi.
Durante i vari periodi dell’anno questa specie si ciba di parti della vegetazione
differenti, dalle cortecce alle gemme apicali, causando danni ingenti per il rinnovo
forestale.
Nel periodo estivo, prima della stagione degli amori, il cervo maschio prepara il palco
sfregandolo su rami e tronchi per pulirlo dal velluto, ormai tessuto morto. Questo
comportamento continua nel periodo degli amori, durante il quale i maschi rompono
arbusti e giovani alberi per segnalare la loro presenza e sfogare l’aggressività.
Un comportamento caratteristico dei cervi sono i periodici bagni nel fango. Li fanno in
tipiche pozze chiamate insogli e vengono effettuati in ogni periodo dell’anno, anche se
nel periodo estivo e durante la stagione degli amori la loro frequenza è maggiore. Il
rotolarsi nel fango è un sollievo nei periodi più caldi e un’ottima difesa contro insetti e
parassiti esterni, che vengono inglobati nella crosta di fango e cadono con essa. Sulle
piante vicino gli insogli si possono vedere dei grattatoi, cioè tronchi di alberi sui quali i
cervi si sfregano lasciando segnali visivi e olfattivi della loro presenza.
Le fatte del cervo, sparse a mucchi sul terreno, variano a seconda della stagione e della
disponibilità alimentare. Nel periodo primaverile appaiono in genere di forma regolare
con consistenza dura e compatta e colore marrone scuro/nero. Se vi è carenza
alimentare e durante il periodo degli amori le loro dimensioni diminuiscono.
41
Le fatte dei maschi, 2 cm circa, presentano solitamente una forma a pallottola, con
un’estremità appuntita e una concava. Quelle delle femmine, più piccole, sono di
forma ovale e smussate in maniera identica nell’una e nell’altra estremità.
2.5. Danni causati dal cervo
Il cervo negli ultimi decenni ha aumentato in misura notevole la propria consistenza,
ampliando il proprio areale di distribuzione e causando danni ingenti al bosco, alle
attività selvicolturali, alle colture e agli animali domestici.
Nel bosco il cervo trova rifugio, ma nello stesso tempo lo strato erbaceo e arbustivo del
sottobosco rappresenta una preziosa fonte alimentare. È possibile distinguere tre tipi
di danno che questa specie arreca alla componente forestale in funzione di diverse
esigenze fisiologiche: soffregamento, scortecciamento e brucamento.
L’attività di soffregamento consiste nel rimuovere il velluto dei palchi sui giovani alberi
durante il periodo estivo. La maggior parte di questi alberi morirà nel corso della
stagione, andando a determinare un calo nella rinnovazione del bosco. Le specie più
esposte al soffregamento sono le conifere, come pino cembro e larice.
Per scortecciamento si intende la rimozione e il rosicchiamento della corteccia di alberi
giovani, con diametro tra 10 e 20 cm. La corteccia serve all’animale per integrare la
scarsa quantità di fibra nella sua alimentazione invernale. Questo danno determina la
putrefazione della pianta: agenti patogeni si infiltrano nel fusto, degradandolo
qualitativamente, diminuendo la sua stabilità di fronte agli eventi atmosferici e
deprezzandolo economicamente. Gli alberi danneggiati solitamente sono molto meno
longevi rispetto a quelli sani.
Il brucamento si presenta quando gli animali si alimentano di getti apicali, di gemme e
di germogli di giovani alberi. Le specie arboree più appetibili al cervo sono latifoglie
(salice, frassino, pioppo, querce, ecc.) e abete bianco.
42
Il morso causa un ritardo nello sviluppo in altezza degli alberelli e viene ridotto il
potenziale della rinnovazione. Il cervo manca degli incisivi superiori, che sono sostituiti
da un ispessimento del palato, quindi strappa e lacera gemme e germogli, lasciando le
piante fortemente danneggiate. Questa specie possiede una spiccata tendenza
all’aggregazione sociale e necessita di un elevato fabbisogno alimentare, soprattutto
nella stagione invernale, che portano a esercitare un’alta pressione di brucamento. Per
il cervo i giovani alberi garantiscono una minima disponibilità alimentare durante la
stagione invernale, quando la coltre nevosa copre lo strato erbaceo delle radure,
impedendone lo sfruttamento. Se questa attività raggiunge un’intensità
particolarmente elevata, può insorgere un danno all’ecosistema forestale; l’affermarsi
della rinnovazione ha un’importanza fondamentale, perché garantisce la
conservazione dell’ecosistema bosco e delle funzioni che esso svolge. Se la
rinnovazione si afferma, le varie specie arboree risultano presenti nei diversi stadi di
sviluppo e il bosco avrà un’alta varietà ecologica con una funzione protettiva per le
specie che vivono nel sottobosco, per gli insediamenti e per le vie di comunicazione;
inoltre tutela da valanghe, frane o cadute di massi. Dal bosco viene ricavato il legname,
materia prima fonte di reddito e in continua rigenerazione purché, nelle zone dove
viene praticato il taglio, la rinnovazione riesca ad affermarsi nuovamente.
L'impatto del cervo sulle attività agricole è piuttosto pesante, anche in situazioni di
agricoltura marginale. Questi animali frequentano durante la notte i prati, i seminativi
e i frutteti, dove trovano un’offerta alimentare particolarmente ghiotta. Il periodo più
problematico è la primavera; le quote più alte sono ancora innevate, o comunque lo
sviluppo vegetativo non è ancora ripreso, mentre alle quote inferiori le specie vegetali
sono più precoci e richiamano i cervi, che trovano una comoda e energetica fonte
alimentare. Il danno nei prati è determinato da brucamento e calpestio del fieno,
perdite nel raccolto e presenza di escrementi. Anche nei frutteti i danni causati da
questa specie sono ingenti; brucano gemme, germogli e corteccia delle piante
coltivate. Inoltre i cervi trovano appetibili cereali, patate, radicchio, barbabietola,
cavoli e fragole.
43
II cervo è dominante sugli altri Cervidi. Si notano situazioni di dominanza da parte del
cervo su capriolo e camoscio. In particolare nel periodo invernale, si creano situazioni
di competizione trofica negativa per quest’ultimo. Si è notato inoltre, come l’eccessivo
carico di cervi potrebbe essere causa di una diminuzione della nidificazione del Gallo
forcello. Anche con i bovidi ci può essere competizione alimentare, soprattutto in caso
di pascolo brado in foresta o su pascoli. Può avvenire però anche il contrario, i bovidi
possono essere fonte di disturbo per i cervi. Si parla di competizione quando esiste
sovrapposizione spaziale e le risorse alimentari sono limitate; cervi e bovidi, entrambi
pascolatori, hanno la stessa alimentazione, bisogna verificare però se si alimentano
negli stessi territori, altrimenti non si può parlare di competizione. In generale i cervi se
disturbati dai domestici possono modificare la loro home range, le loro preferenze
ambientali, la composizione dei gruppi e i loro ritmi circadiani.
L'entità dei danni causati dal cervo al territorio è condizionata, oltre che dalla
consistenza complessiva delle popolazioni, dalla possibilità di compiere migrazioni
stagionali non solo altitudinali. Le soluzioni che si possono adottare contro questa
specie possono essere:
- protezioni globali per mezzo di recinzioni: escludono il cervo, ma dividono il
territorio e possono creare incidenti;
- soluzioni temporanee: palizzate mobili, recinti elettrificati, protezioni
meccaniche o biologiche. Non sono applicabili a grandi superfici, in quanto
sono individuali per le singole piante;
- spruzzatura o spennellatura con repulsivi chimici;
- realizzazione di interventi di miglioramento ambientale e ridimensionamento
delle popolazioni.
44
2.6. Riconoscimento in natura del cervo
Per compiere al meglio l'attività di censimento e di monitoraggio del Cervus elaphus è
necessario saper riconoscere e identificare l’animale sia in natura sia dopo
l’abbattimento, per censire la popolazione sul territorio in modo esaustivo. Questa
attività è fondamentale poichè su di essa si baserà poi il piano di abbattimento.
2.6.1. Classi di sesso e di età
Il cervo è caratterizzato da uno spiccato dimorfismo sessuale. Per tutto l’anno, escluso
il periodo tra febbraio e giugno, solo il maschio presenta un evidente palco. La
posizione per orinare cambia tra i due sessi, le femmine si accovacciano vistosamente
mentre i maschi inclinano solo il posteriore leggermente. Il maschio ha forme più
massicce, le femmine al contrario hanno dimensioni minori e un corpo slanciato. Il
mantello nelle femmine si presenta sia nella muta invernale sia in quella estiva
leggermente più chiaro di quello del maschio, che presenta inoltre un collo più
voluminoso dovuto a peli più folti e lunghi. Infine le femmine vivono in gruppi
unisessuali comprendenti anche i piccoli e i maschi fino a 2 anni d’età; i maschi invece
vivono generalmente soli o in piccoli gruppi anch’essi unisessuali.
La valutazione a distanza dell'età del cervo attraverso l’osservazione in natura è molto
difficile per gli animali di età superiore a 2 anni, ma le grosse dimensioni di questo
ungulato facilitano il compito. Il riconoscimento a distanza si basa su una distinzione
per classi di età, la determinazione più precisa si ottiene solo analizzando lo stato di
usura dei denti sull’animale morto. L’aspettativa media di vita è di 15 anni;
tendenzialmente le femmine vivono più dei maschi, in quanto la stagione degli amori li
prova fisicamente.
45
I piccoli, chiamati cerbiatti, sono indistintamente maschi e femmine con meno di 1
anno di vita. Nati a maggio-giugno, sono caratterizzati dall’avere dimensioni modeste,
mantello pomellato per i primi tre mesi d’età, forma esile del corpo, collo sottile
portato spesso in posizione eretta, muso corto e orecchie lunghe generalmente tese
verso l’alto. Il loro comportamento è immaturo, i cerbiatti sono curiosi, vivaci, con
movimenti bruschi e un forte legame con la madre, tanto da non allontanarsene mai in
maniera significativa. All’interno dei branchi femminili i piccoli, nati da femmine
diverse, rimangono vicini tra loro, intervallando fasi di pascolo a momenti di gioco.
Figura 11 - Cerbiatto di Cervus elaphus (in alto a destra).
Da 1 a 2 anni i giovani maschi sono chiamati fusoni. Hanno forme esili e slanciate; collo
sottile, senza criniera e baricentro del corpo centrale rispetto agli arti anteriori e
posteriori. Durante la muta invernale il loro collo non è caratterizzato dalla tipica
criniera dei maschi adulti, anche se si possono riscontrare alcune eccezioni. I palchi dei
fusoni sono di piccole dimensioni, presentano solo una punta e solo talvolta sono
ramificati. In ogni caso non sono mai presenti le rose basali e la pulitura del trofeo
avviene nel mese di settembre, quando ormai tutti i cervi adulti presentano già un
trofeo completo e privo di velluto. Il comportamento dei fusoni è ancora immaturo,
sono curiosi e i loro movimenti bruschi. A quest'età i maschi rimangono ancora con il
branco della madre, ma il loro legame ormai è debole, poiché essa è già impegnata ad
accudire il nuovo nato.
Il cervo maschio sub-adulto ha un’età compresa tra 2 e 5 anni. Si assiste a una
progressiva modificazione del corpo, che assume caratteristiche maschili ben definite.
46
La massa corporea inizia a spostarsi verso la parte anteriore del corpo; la lunghezza
degli arti rispetto a quella del tronco è meno vistosa; il collo appare più robusto,
soprattutto in inverno per la presenza di una criniera sempre più folta; il muso è più
corto e il capo viene portato in posizione meno eretta. Il palco aumenta
progressivamente il numero delle punte, ma le dimensioni sono ridotte rispetto ai
trofei dei maschi adulti. Alcuni maschi sub-adulti di 2-3 anni, particolarmente scarsi
fisicamente, possono ancora presentare palchi con una sola punta, come i fusoni. Dal
secondo anno di età i maschi abbandonano definitivamente la madre e tendono a
formare branchi maschili tra cervi della stessa età. Il comportamento dei maschi sub-
adulti si fa più maturo, si avvicinano all’età adulta e al periodo in cui saranno
socialmente capaci di riprodursi, anche se rimangono frequenti atteggiamenti giovanili
di vivacità e a volte di gioco con i coetanei.
Figura 12 - Caratteristiche del maschio di Cervo. (Fabrizio M. , 2011).
Sopra i 5 anni il maschio è adulto. Gli individui appartenenti a questa classe di età
hanno ormai acquisito tutte le caratteristiche fisiche che li rendono inconfondibili
anche a distanza. La massa corporea è ormai notevolmente spostata nella parte
anteriore del corpo e grava sugli arti anteriori, che infatti presentano zoccoli di
dimensioni maggiori rispetto a quelli posteriori. Il collo è robusto, soprattutto in
inverno quando è presente una folta criniera; il capo viene portato in modo
particolarmente basso e i quattro arti appaiono corti rispetto al corpo robusto, che
raggiunge i massimi valori di peso alla fine dell’estate.
47
Il trofeo nei maschi adulti di 8-9 anni è generalmente al massimo sviluppo per numero
e lunghezza delle punte. Poi il palco potrà solo accrescere in dimensioni, ma il numero
delle punte non aumenterà più. Il carattere dei cervi di questa classe d’età per quasi
tutto l’anno è calmo, vivono o in piccoli branchi di maschi o soli. Solamente dal
completamento della pulitura del trofeo fino alla fine del periodo degli amori, si
possono osservare degli atteggiamenti di scarsa tolleranza e di ostilità tra maschi
adulti. Questi appaiono di indole combattiva e nervosa, a differenza di fusoni e sub-
adulti, più tranquilli poiché esclusi dai rituali per definire le gerarchie.
Dagli 11 anni in poi il cervo maschio è considerato vecchio. Questi individui sono
generalmente riconoscibili per una perdita complessiva di peso, che li rende meno
imponenti e più spigolosi, con ossa più evidenti, soprattutto nella zona posteriore del
corpo. La linea del dorso è più frequentemente concava, il collo è portato in posizione
quasi parallela al terreno, il capo appare con spigolosità accentuate e il palco
regredisce, in particolare per quanto riguarda la lunghezza delle stanghe e il numero
complessivo delle punte. Il comportamento dei maschi vecchi è schivo, individualista,
indifferente e riservato: danno poca confidenza anche ai loro simili e i movimenti sono
lenti e poco agili.
Figura 13 - Criteri da utilizzare per i maschi di 2 e più anni. (Ghigi A. , 1991).
Le femmine da 1 a 2 anni, chiamate sottili, sono quelle che non hanno ancora
partorito. Presentano corporatura esile, quasi sproporzionata tra la lunghezza degli arti
e la robustezza complessiva del tronco; aspetto raccolto; attaccatura della linea
ventrale agli arti posteriori ancora alta; collo sottile portato in posizione eretta; muso
corto e orecchie lunghe normalmente in posizione verticale, che risaltano bene sul
capo.
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Il comportamento di queste femmine è ancora a tratti immaturo, con un’alta
dipendenza dalla madre, tanto che raramente se ne allontanano in modo significativo,
restando quasi sempre a far parte dello stesso branco. La madre, al contrario, ormai
impegnata con il piccolo dell’anno non se ne interessa più.
Le femmine adulte sono quelle con più di due anni di età; il passaggio dall'età giovanile
a quella adulta è segnato dal parto, che modifica irreversibilmente il corpo delle
femmine e ne cambia notevolmente il comportamento. La corporatura è più massiccia,
la linea ventrale si attacca agli arti posteriori in posizione più bassa rispetto alle sottili,
il muso è più ossuto e lungo, il collo è ancora sottile e le orecchie, generalmente
portate in posizione eretta, sembrano essere di dimensioni meno evidenti. Il
comportamento di questi animali è più maturo, vengono abbandonati tutti gli
atteggiamenti giovanili e tutte le attenzioni sono riservate al nato dell’anno, che
dipende totalmente dalla madre. Per questo motivo generalmente sono le prime ad
accorgersi dei potenziali pericoli e dettano tempi e direzioni di fuga.
Dagli 11 anni le femmine si definiscono vecchie. II fenomeno della senilità nelle
femmine è di difficile determinazione, spesso vengono considerate nella stessa classe
di età delle adulte. Il carattere distintivo più evidente della vecchiaia è la perdita di
peso, che porta a una figura ossuta e scavata, soprattutto nella metà posteriore del
corpo. La linea ventrale è visibilmente più rilassata, il dorso può apparire concavo e il
capo è ancora più spigoloso e allungato. Il portamento può essere stanco e l’indole è
generalmente solitaria, rispetto alle femmine adulte che curano i cerbiatti.
Figura 14 - Caratteristiche della femmina di Cervo. (Fabrizio M. , 2011).
49
2.6.2. Dentatura
Uno dei metodi più accurati per calcolare l'età del Cervus elaphus è l'analisi dell'arcata
dentale sull’animale morto. Fino a 26-27 mesi si guardano il numero e la natura dei
denti, successivamente si esaminano l’usura di molari e premolari definitivi. Negli
ungulati la forma e la disposizione dei singoli denti sono in funzione di una dieta
vegetariana e servono a ottenere una triturazione ottimale dei vegetali, grazie ad un
movimento quasi orizzontale della masticazione. Questo, però, li porta ad avere denti,
soprattutto premolari e molari, molto consumati e permette la determinazione dell'età
dei capi abbattuti in base all'usura dei denti, che mette progressivamente in evidenza
una quantità sempre maggiore di dentina. Diversamente dagli altri ungulati alpini, in
questa specie sono presenti i due canini superiori vestigiali, di dimensioni maggiori nel
maschio e con un orlo di masticazione molto arrotondato. Il cervo manca invece degli
incisivi superiori, al loro posto si forma un inspessimento del palato, che lo porta ad
avere l’impronta del morso sfilacciata.
La dentatura dei cervi adulti si compone di incisivi, canini, premolari e molari; tra canini
e premolari si nota uno spazio, chiamato diastema. Gli incisivi hanno una forma
semplice a scalpello, con un bordo tagliente per sminuzzare il foraggio. I premolari e i
molari sono destinati alla triturazione e alla masticazione; hanno una struttura più
complessa degli incisivi e sono caratterizzati da una serie di fessure e affioramenti di
dentina, intercalate da bordi taglienti di smalto, chiamati cuspidi e con forma di creste
allungate.
Alla nascita il cerbiatto presenta una formula dentaria di 22 denti da latte: incisivi,
canini e premolari alla nascita sono denti da latte; i molari crescono successivamente
come denti definitivi. Per capire l’età dell’animale si può esaminare il 3° premolare; nel
cerbiatto questo dente è tricuspidato, mentre dopo i 2 anni di età è bicuspidato.
50
Tabella 3 - Formule dentarie dalla nascita fino alla eruzione della dentizione definitiva dei denti
presenti nella metà dell'arcata inferiore (mandibolare). In minuscolo i denti da latte, in
maiuscolo i definitivi; I = incisivo, C = canino, P = premolare, M = molare.
(Servizio caccia e pesca, Sondrio).
Figura 15 - Dentatura di Cervus elaphus. (Ghigi A. , 1991).
ETÀ (mesi)
Nascita i1 i2 i3 c p1 p2 p3
4-5 mesi i1 i2 i3 c p1 p2 p3 M1
11-12 mesi i1 i2 i3 c p1 p2 p3 M1 M2
14 mesi I1 i2 i3 c p1 p2 p3 M1 M2
16 mesi I1 I2 I3 c p1 p2 p3 M1 M2
17 mesi I1 I2 I3 c p1 p2 p3 M1 M2
19 mesi I1 I2 I3 C p1 p2 p3 M1 M2 (M3)
22-25 mesi I1 I2 I3 C P1 P2 P3 M1 M2 (M3)
26-27 mesi I1 I2 I3 C P1 P2 P3 M1 M2 M3
DENTI
51
La dentatura definitiva del cervo adulto comprende 34 denti e viene raggiunta circa al
26-27 mese di vita.
Incisivi 0
6
Canini 2
2
Premolari 6
6
Molari 6
6
Tabella 4 - Formula dentaria del Cervo adulto.
Dopo questa età in base all’usura dei premolari e dei molari definitivi si può stimare
l’età dell’animale abbattuto. A 2-3 anni il 2° e il 3° premolare sono poco usurati; il
nastro sulla loro dentina è sottile e non continuo e le fessurazioni sono aperte. A 4-5
anni il 2° e il 3° premolare iniziano a usurarsi; il nastro sulla loro dentina è ancora
sottile, ma ora è continuo e sul 3° premolare le fessure iniziano a chiudersi. Inoltre il 1°
molare inizia a usurarsi; la fessura comincia a restringersi e la dentina esterna si
presenta a forma di mezzo rombo. A 6-7 anni il 3° premolare presenta il nastro della
dentina largo e le fessure sono chiuse e evidenti. Il 1° molare ha una fessura sempre
più stretta e la dentina esterna ora è a forma di mezzo rombo.
Figura 16 - Lunghezza della fila dei denti in maschi e femmine di Cervo di 8-10 anni di età.
52
A 8-9 anni le fessure del 3° premolare iniziano a restringersi. Inoltre il 1° molare si
presenta usurato, senza spigoli evidenti, con una fessura molto stretta e la dentina
esterna quasi ovale. A 10 anni sul 3° premolare si possono notare solo tracce di
fessure. Il 1° molare presenta fessure molto strette sulla parte posteriore, mentre su
quella anteriore scompaiono. A 11-12 anni il 2° e il 3° premolare hanno solo trace di
fessure. Inoltre sul 1° molare le fessure sono quasi totalmente scomparse; mentre sul
2° molare ci sono ancora, ma sottili. A 13-14 anni le fessure sul 2° e sul 3° premolare
sono scomparse, il nastro della dentina si presenta largo e liscio. Sul 1° molare le
fessure sono scomparse; mentre sul 2° molare sono ancora parzialmente presenti. A
15-18 anni le fessure sul 1° e sul 2° molare sono completamente scomparse; mentre
sul 3° molare sono sottilissime. A 20 anni la linea dei denti è irregolare e alcuni sono
mancanti.
53
3. RISULTATI
3.1. Struttura e dinamica di popolazione
La dinamica di popolazione descrive le variazioni che una popolazione subisce e i
fattori che determinano queste variazioni. La struttura teorica di una popolazione di
Cervus elaphus in equilibrio è rappresentata da:
- piccoli 25%
- giovani (1 anno) 14-15%
- sub-adulti e adulti 58-60%
- anziani 1-3%
Il rapporto tra i sessi in condizioni ottimali deve tendere alla parità, con una leggera
prevalenza di femmine, principalmente a causa della loro maggiore longevità. La
proporzione minima tra i sessi è di 1:1; mentre il valore ottimale si aggira intorno a
1:1,3.
L’età delle primipare, le femmine che partoriscono per la prima volta, è in media di 3
anni. La mortalità annua per i primi 12 mesi si aggira intorno al 20%; mentre per gli
adulti rappresenta il 7%. I fattori limitanti possono essere di origine naturale (quali
fattori climatici, predazione) o di origine antropica (quali bracconaggio, incidenti con
automezzi, meccanizzazione agricola). Mediamente le femmine vivono fino a 17 anni,
mentre i maschi fino a 16; anche se in condizioni ottimali le prime possono arrivare a
20 anni e i secondi a 18.
Comprendere la dinamica e la struttura di una popolazione è fondamentale allo scopo
di determinare i cambiamenti demografici della popolazione. Questi due concetti,
inoltre, sono strettamente collegati al prelievo venatorio e si influenzano
reciprocamente.
54
3.2. Situazione precedente il 2016
Le prime segnalazioni del cervo nel territorio dell’Azienda risalgono al 1968, e si
possono associare al fatto che nella Provincia di Sondrio e in quella di Brescia questa
specie ha espanso il suo areale. Un probabile centro di diffusione è stato, in passato,
l’Oasi del Dosso Torricla, in territorio bresciano.
Grafico 1 - Consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione.
La consistenza di questa specie è stimata sulla base di una valutazione critica delle
osservazioni puntiformi realizzate durante tutto il corso dell’anno, dei conteggi
primaverili e di quelli estivi realizzati contestualmente al monitoraggio del camoscio
dal personale di vigilanza. Il primo censimento dei cervi bramitanti nell’Azienda si è
svolto nell’ottobre 2013 e aggiunto ai monitoraggi svolti negli altri periodi dell’anno
fornisce un quadro più completo e preciso della presenza di questa specie sul
territorio. Il cervo è attualmente presente in Valle Belviso e in Valle Caronella con una
frequentazione, durante l’estate, anche dell’alta Valle di Campo e di Pila, mentre
durante l’inverno è sfruttata soprattutto la fascia boschiva sovrastante il centro di
Aprica (Magnolta, Palabione e Baradello). Presenze sempre più frequenti si registrano
anche nelle valli di Campovecchio e Brandet, mentre il cervo risulta assente dal settore
del Barbellino. La SUS (Superficie Utile alla Specie) per questo ungulato è stata quindi
calcolata escludendo l’area del Barbellino ed è risultata pari a 4434,5 ha. Nel 2014 la
superficie utile alla specie ha portato ad una densità media sul territorio dell’AFV di
circa 2,7 capi/100 ha. L’Azienda ha iniziato l’abbattimento del cervo nel 1982, con piani
25
50
100110
10090
80 85
90
86
87 95100
94
109118
126
116 119
55
di prelievo divenuti significativi a partire dal 1996 (20 capi), con un piano che si è
mediamente assestato intorno a questo valore. Si intende consolidare ulteriormente la
presenza di questo cervide ma, nello stesso tempo, non consentirgli un eccessivo
incremento, a causa della potenziale competizione che potrebbe instaurarsi con il
capriolo e con il camoscio in alcune zone di svernamento. Il valore massimo della
consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione è di 150 capi. Le
popolazioni di cervo possono mostrare incrementi annui anche del 30-35% della
consistenza primaverile, l’Azienda intende quindi dimensionare quantitativamente
l’abbattimento intorno al 25% di tale consistenza. Il piano di abbattimento può subire
modifiche annuali secondo i risultati dei censimenti. Per quanto concerne il prelievo
per struttura, l’Azienda intende incidere in ugual modo sui due sessi.
Nell’abbattimento si dà la precedenza, in entrambi i sessi, ai soggetti “più scadenti”: in
particolare nei maschi la selezione individuale si baserà, oltre che sulle caratteristiche
della corporatura, anche su quelle dei palchi.
3.2.1. Dinamica di popolazione nel periodo 2011-2015
Nel Grafico 2 sono riportati i dati relativi ai censimenti primaverili (preriproduttivi) al
cervo realizzati nel periodo 2011-2015. Mediamente nel quinquennio sono stati contati
annualmente 121 capi e la popolazione è essenzialmente stabile.
Grafico 2 - Andamento della consistenza di Cervo nell’AFV nel periodo 2011-2015.
(Martinoli A. , 2016).
56
Nel Grafico 3 è possibile osservare l’andamento complessivo del prelievo venatorio
esercitato sulla specie nel periodo 2011-2015. La media del prelievo sul quinquennio è
di 17 capi/anno.
Grafico 3 - Numero di cervi abbattuti annualmente nell’AFV nel periodo 2011-2015.
(Martinoli A. , 2016).
Nel Grafico 4 è presentato un confronto tra i capi assegnati annualmente e quelli
effettivamente abbattuti, per una media sul quinquennio pari al 64%.
Grafico 4 - Percentuali di completamento dei piani di abbattimento del Cervo nel periodo
2011-2015. (Martinoli A. , 2016).
Nel Grafico 5 è presentata la consistenza dei capi abbattuti suddivisi per classi di sesso
ed età.
52%
71%
77%
50%
69%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
2011 2012 2013 2014 2015
57
Grafico 5 - Numero di cervi abbattuti annualmente nell’AFV nel periodo 2011-2015, suddivisi
per classi di sesso e età. (Martinoli A. , 2016).
Nel Grafico 6 sono presentate le percentuali di completamento del piano suddivise
nelle varie classi di sesso ed età. Le percentuali di completamento del piano per i
cerbiatti sono migliorate, passando da valori inferiori al 20% nel 2011 a valori
percentuali medi sul quinquennio pari al 68%. Gli individui di 1 anno fanno registrare
valori oscillanti tra il 40% e l’80% di completamento del piano. I maschi di 2-4 anni
sono prelevati con percentuali medie sul periodo pari al 100%. Per i maschi con età
maggiore di 5 anni nel 2014 e nel 2015 la percentuale del completamento del piano è
di 67%, mentre nel triennio precedente si era sempre raggiunto il completamento. Le
percentuali di prelievo delle femmine adulte sono, invece, mediamente, sull’intero
periodo, pari al 33%, con un discreto incremento nel 2015 (+40%).
Grafico 6 - Percentuali di completamento dei piani di abbattimento del Cervo nel periodo
2011-2015, suddivise per classi di sesso e età. (Martinoli A. , 2016).
0
1
2
3
4
5
6
7
8
2011 2012 2013 2014 2015
0
M/F 1
M 2-4
M 5+
F 2+
0
20
40
60
80
100
120
140
2011 2012 2013 2014 2015
0
M/F 1
M 2-4
M 5+
F 2+
58
3.3. Piano di consistenza e prelievo 2016
Per stilare un piano di consistenza e prelievo ottimali del Cervus elaphus sul territorio
bisogna tenere conto di diversi dati presi in momenti e con tecniche differenti durante
l’anno.
Innanzitutto si deve tenere conto del censimento al bramito realizzato dal personale di
vigilanza dell’AFV nell’anno precedente. Questo censimento, svoltosi nelle giornate del
6 e del 9 ottobre 2015 nelle ore notturne, ha permesso di definire la distribuzione
riportata in Tabella 5, per un totale di 24 maschi bramitanti.
SETTORE MASCHI BRAMITANTI
Val Brandet 3
Valle Campovecchio 4
Baradello 3
Magnolta 3
Val Belviso 9
Val Caronella 2
Tabella 5 - Distribuzione maschi bramitanti ottobre 2015.
Figura 17 - Localizzazione dei cervi bramitanti nel 2015. (Martinoli A. , 2016).
59
Gli altri dati presi in considerazione si sono ottenuti nel 2016 dai censimenti al verde,
effettuati tra il 10 e il 14 maggio 2016 dal personale di vigilanza e dalla valutazione
critica delle osservazioni puntiformi alla data del 20 maggio 2016. Inoltre si è tenuto
conto della presenza del lupo, al quale sono state attribuite alcune predazioni.
Figura 18 - Parcelle utilizzate per il censimento al verde del Cervo nel 2016.
(Martinoli A. , 2016).
La consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione del cervo nell’AFV nel
2016 consta di 128 capi.
Tabella 6 - Consistenza primaverile del Cervo nell’AFV nel 2016. (Martinoli A. , 2016).
La popolazione del cervo nell’AFV risulta sostanzialmente stabile rispetto al piano di
consistenza del 2015 (126 capi).
M 1 M 2+ TOTALE F 1 F 2+ TOTALE
V.Brandet + V.Campovecchio +
Aprica (BRESCIA)8 13 21 9 12 21 42
Aprica + V.Belviso + V.Caronella
(SONDRIO)15 26 41 18 27 45 86
TOTALE 23 39 62 27 39 66 128
MASCHI FEMMINESETTORE
TOTALE
GENERALE
60
In base ai risultati della valutazione quantitativa, la popolazione di cervo presente in
Azienda nel 2016 presenta un rapporto tra i sessi di 1:1,06.
Al fine di incrementare ulteriormente la popolazione verso i valori massimi di
riferimento della consistenza primaverile (150 capi), per il 2016 l’Azienda ha operato
un prelievo, in linea con quello degli scorsi anni, del 20% della consistenza primaverile,
per un totale di 26 capi.
VITELLI TOTALE
M/F < 1 M 1 M 2/4 M 5+ F 1/2 F 3+
NUMERO CAPI
DA ABBATTERE5 5 3 3 5 5
TOTALE 5 26
MASCHI
11
FEMMINE
10
Tabella 7 - Prelievo del Cervo nell’AFV nel 2016.
Il positivo riscontro nella dinamica di popolazione del cervo per la stagione venatoria
del 2016 ha portato l’Azienda a stilare il seguente calendario venatorio: da lunedì 1
Agosto a domenica 4 Dicembre.
Gli abbattimenti sono stati effettuati in tutti i giorni della settimana ad eccezione del
martedì e del venerdì, con l'accompagnamento obbligatorio di agenti di vigilanza
dipendenti, autorizzati dall'Azienda. Per ogni capo abbattuto, contrassegnato con
apposito marchio auricolare, viene predisposta una apposita scheda con i dati relativi
all'abbattimento.
61
3.4. Piano di consistenza e prelievo 2017
Come nel capitolo 3.3. Piano di consistenza e prelievo 2016, per stilare un piano di
consistenza e prelievo ottimali del Cervus elaphus sul territorio bisogna tenere conto di
diversi dati presi in momenti e con tecniche differenti durante l’anno.
Si deve tenere conto del censimento al bramito realizzato dal personale di vigilanza
dell’AFV nell’anno precedente. Il censimento, svoltosi nelle giornate del 30 settembre
e del 7 ottobre 2016 nelle ore notturne, ha permesso di definire la distribuzione
riportata in Tabella 8, per un totale di 22 maschi bramitanti.
SETTORE MASCHI BRAMITANTI
Val Brandet 5
Valle Campovecchio 3
Magnolta 2
Val Belviso 10
Val Caronella 2
Tabella 8 - Distribuzione maschi bramitanti ottobre 2016.
Figura 19 - Localizzazione dei cervi bramitanti nel 2016. (Martinoli A. , 2017).
62
Gli altri dati presi in considerazione si sono ottenuti nel 2017 dai censimenti al verde,
effettuati tra il 10 e il 14 maggio 2017 dal personale di vigilanza e dalla valutazione
critica delle osservazioni puntiformi alla data del 20 maggio 2017. Inoltre si è tenuto
conto della presenza del lupo, al quale sono state attribuite alcune predazioni.
Figura 20 - Parcelle utilizzate per il censimento al verde del Cervo nel 2017.
(Martinoli A. , 2017).
La consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione del cervo nell’AFV nel
2017 consta di 149 capi.
Tabella 9 - Consistenza primaverile del Cervo nell’AFV nel 2017. (Martinoli A. , 2017).
La popolazione del cervo nell’AFV risultata in incremento rispetto ai valori di
consistenza registrati nel 2016 (128 capi).
M 1 M 2+ TOTALE F 1 F 2+ TOTALE
V.Brandet + V.Campovecchio +
Aprica (BRESCIA)12 18 30 12 17 29 59
Aprica + V.Belviso + V.Caronella
(SONDRIO)17 27 44 18 28 46 90
TOTALE 29 45 74 30 45 75 149
MASCHI FEMMINESETTORE
TOTALE
GENERALE
63
In base ai risultati della valutazione quantitativa, la popolazione di cervo attualmente
presente in Azienda nel 2017 presenta un rapporto tra i sessi di 1:1,01.
Visti i segnali di possibile interferenza con altre specie presenti nell’AFV, soprattutto di
camoscio, l’Azienda ha deciso di rallentare l’incremento della popolazione di cervo
verso i valori massimi di riferimento della consistenza primaverile (150 capi). Per il
2017 intende operare un prelievo, leggermente superiore rispetto a quello degli scorsi
anni, del 23% della consistenza primaverile, per un totale di 35 capi.
VITELLI TOTALE
M/F < 1 M 1 M 2/4 M 5+ F 1/2 F 3+
NUMERO CAPI
DA ABBATTERE8 6 5 5 6 5
TOTALE 8 35
MASCHI
16
FEMMINE
11
Tabella 10 - Prelievo del Cervo nell’AFV nel 2017.
Il positivo riscontro nella dinamica di popolazione del cervo per la stagione venatoria
del 2017 ha portato l’Azienda a stilare il seguente calendario venatorio: da mercoledì 2
Agosto a domenica 3 Dicembre.
Gli abbattimenti verranno effettuati in tutti i giorni della settimana ad eccezione del
martedì e del venerdì, con l'accompagnamento obbligatorio di agenti di vigilanza
dipendenti, autorizzati dall'Azienda. Per ogni capo abbattuto, contrassegnato con
apposito marchio auricolare, verrà predisposta una apposita scheda con i dati relativi
all'abbattimento.
64
3.5. Andamento della popolazione nell’AFV dal 2013
Grafico 7 - Consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione.
Tabella 11 - Maschi bramitanti in ottobre.
Grafico 8 - Prelievo previsto sulla consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione.
0
20
40
60
80
100
120
140
160
2013 2014 2015 2016 2017
Consistenzaprimaverile(preriproduttiva) dellapopolazione
Prelievo previsto
65
4. DISCUSSIONE
4.1. Analisi della situazione precedente il 2016
La popolazione di Cervus elaphus è quadruplicata nell’arco di sei anni (1989-1994),
arrivando a un valore di 100 capi, sul quale si è mantenuta più o meno costantemente
fino al 2010, questo valore è visibile nel Grafico 1. Dal 2011 al 2015 la popolazione è
rimasta stabile sui 121 capi.
Anche se l’Azienda ha iniziato l’abbattimento del cervo nel 1982, i piani di prelievo
sono divenuti significativi a partire dal 1996, con 20 capi da abbattere all’anno. Fino a
questo anno la popolazione era sempre accresciuta in maniera consistente,
successivamente ha avuto una battuta di arresto, per poi assestarsi e accrescere meno
rapidamente, ma con costanza. Il piano di prelievo di 20 capi da abbattere all’anno è
rimasto pressochè invariato negli anni.
L’inverno 2012-2013 non è stato particolarmente selettivo, al contrario della
primavera, dove si sono registrate notevoli precipitazioni nevose, che hanno causato
un decremento dell’8% della popolazione rispetto ai valori di consistenza registrati nel
2012 (126 capi), portandola a valori simili al 2011.
L’Azienda ha come obiettivo quello di avere una popolazione di cervo con consistenza
primaverile (preriproduttiva) massima consolidata su 150 capi. Questo perché non
vuole consentire un eccessivo incremento di questo ungulato, a causa della potenziale
competizione che potrebbe instaurarsi con il capriolo e con il camoscio in alcune zone
di svernamento.
66
4.2. Analisi del piano di consistenza e prelievo 2016
Il monitoraggio al bramito eseguito nell’ottobre 2015 ha censito 24 maschi bramitanti,
uno in più rispetto all’anno precedente. Nell’inverno 2015 sono state registrate
temperature superiori alla media e nevicate non abbondanti, risultando un inverno
poco selettivo. Si è invece rilevata la presenza del lupo, al quale sono stati attribuiti
alcuni casi di predazione.
La consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione nel 2016 ammonta a
128 capi. Dai dati la popolazione risulta sostanzialmente stabile rispetto all’anno
precedente, 2015. La struttura della popolazione è ripartita in 62 maschi e 66
femmine, con un rapporto tra i sessi di 1: 1,06: valore accettabile in quanto la sex ratio
media per il cervo è di 1:1,3.
I dati ricavati servono per la stesura di un piano di abbattimento finalizzato al
raggiungimento dei valori prefissati dall’Azienda, cioè arrivare a una consistenza
primaverile (preriproduttiva) della popolazione di 150 capi. Il piano di abbattimento
selettivo per il 2016 ha previsto un prelievo del 20% della consistenza primaverile, per
un totale di 26 capi da abbattere, ripartiti in 5 vitelli (maschi e femmine
indistintamente, con età inferiore a un anno), 11 maschi e 10 femmine.
4.3. Analisi del piano di consistenza e prelievo 2017
Il monitoraggio al bramito eseguito nell’ottobre 2016 ha censito 22 maschi bramitanti,
due in meno rispetto all’anno precedente. Nell’inverno 2016 sono state registrate
temperature superiori alla media e nevicate non abbondanti, risultando un inverno
poco selettivo. Si è invece rilevata la presenza del lupo, al quale sono stati attribuiti
alcuni casi di predazione.
67
La consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione nel 2017 ammonta a
149 capi. Dai dati la popolazione risultata in incremento rispetto ai valori di consistenza
registrati nel 2016, che ammontavano a 128 capi. La struttura della popolazione è
ripartita in 74 maschi e 75 femmine: 12 maschi e 9 femmine in più rispetto al 2015. Il
rapporto tra i sessi è di 1: 1,01: valore accettabile in quanto la sex ratio media per il
cervo è di 1:1,2, anche se è diminuito in divario tra i due sessi rispetto all’anno
precedente.
I dati ricavati servono per la stesura di un piano di abbattimento finalizzato al
raggiungimento dei valori prefissati dall’Azienda, cioè arrivare a una consistenza
primaverile (preriproduttiva) della popolazione di 150 capi. Questo valore nel 2017 è
stato raggiunto e al fine di mantenerlo l’Azienda ha deciso di rallentare l’incremento
della popolazione di questo ungulato. Il piano di abbattimento selettivo per il 2017 ha
previsto un prelievo del 23% della consistenza primaverile, per un totale di 35 capi da
abbattere, ripartiti in 8 vitelli (maschi e femmine indistintamente, con età inferiore a
un anno), 16 maschi e 11 femmine. Il prelievo è leggermente superiore rispetto a
quello degli scorsi anni, con 3 vitelli, 5 maschi e 1 femmina in più da abbattere.
68
5. CONCLUSIONI
Nell’ottobre 2015 e 2016 si è svolto il censimento al bramito del cervo nell’AFV
Valbelviso - Barbellino, al quale ho contribuito prestando aiuto al corpo di vigilanza.
Grazie a questi monitoraggi è stato possibile aggiornare la serie storica di informazioni
riguardanti la popolazione di Cervus elaphus sul territorio al fine gestire la specie,
programmare i piani di abbattimento annuali e mantenere la popolazione al di sotto
dei valori massimi teorici per il territorio.
Il censimento al bramito nel 2015 ha rilevato valori sostanzialmente uguali agli anni
precedenti, mentre nel 2016 si è notato un aumento, poi confermato dai valori della
consistenza primaverile (preriproduttiva) della popolazione nel 2017. Questa ammonta
a 149 capi, rispetto ai 128 dell’anno precedente e potrebbe essere dovuto al clima
particolarmente mite del 2016 e al suo inverno poco selettivo.
La popolazione di cervo nel 2017 ha raggiunto i valori prefissati dall’Azienda come
massimi teorici della consistenza primaverile (preriproduttiva), che ammontano a 150
capi. Tenuto conto di questi risultati l’AFV nel 2017 ha adottato un piano di
abbattimento mirato a un prelievo leggermente superiore rispetto a quello degli anni
precedenti, al fine di mantenere la popolazione sui valori massimi teorici e preservare
la biodiversità all’interno dell’azienda. Infatti il cervo, se troppo numeroso, entrerebbe
in competizione con altre specie presenti sul territorio, tra cui camoscio e capriolo.
69
70
BIBLIOGRAFIA
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- www.isprambiente.gov.it
- www.minambiente.it
- www.provincia.so.it
- www.ungulati.com
- www.valbelvisobarbellino.org
72
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio il Professore Giorgio Scarì per avermi aiutata, dedicato tempo e consigliata.
Un grazie al Professore Eugenio Carlini per l’opportunità di tirocinio, per i consigli e
l’aiuto.
Ringrazio l’Università della Montagna, l’Istituto Oikos e il corpo di sorveglianza
dell’Azienda Faunistico Venatoria Valbelviso - Barbellino.
Infine grazie alla mia famiglia per avermi sempre incoraggiata e sostenuta in tutti
questi anni.