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Ioannis Zizioulas
EUCARISTIAE REGNO DI DIOEdizioni Qiqajon
Comunit di Bose
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Nella stessa collana SPIRITUALIT ORIENTALE
Matta el Meskin, Comunione nellamore
AA.VV., Abba, dimmi una parola! La spiritualit del desertoI. Balan, Volti e parole dei padri del deserto romenoP. Evdokimov, Serafim di Sarov, uomo dello SpiritoP. A. Florenskij, Il sale della terra. Vita dello starec IsidoroSilvano dellAthos, Non disperare! Scritti inediti e vitaG. Bunge, La paternit spiritualeG. Bunge, Vasi di argilla. La prassi della preghiera personaleAA.VV., Amore del bello. Studi sulla FilocaliaAA.VV., Nil Sorskij e lesicasmoAA.VV., San Sergio e il suo tempoV. Lossky, Conoscere DioI. Zizioulas, Il creato come eucaristiaK. Ware, Riconoscete Cristo in voi?G. Khodr, Nella nudit di Cristo
Invieremo gratuitamenteil nostro Catalogo generale
e i successivi aggiornamentia quanti ce ne faranno richiesta.
AUTORE: Ioannis ZizioulasTITOLO: Eucaristia e regno di DioCOLLANA: Spiritualit orientaleFORMATO: 20 cmPAGINE: 96TITOLOORIGINALE: Eucharista ka Basilea to Theo, in Synaxi 49, 51 e 52
(1994), pp. 7-18, 83-101 e 81-97TRADUZIONE: dal greco a cura di Antonio Ranzolin, Lino Breda e Riccar
do LariniINCOPERTINA: Sieger Kder, Emmaus
1996 EDIZIONI QIQAJONCOMUNIT DI BOSE13050 MAGNANO (BI) ISBN 88-85227-89-9
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IOANNIS ZIZIOULASMETROPOLITA DI PERGAMO
EUCARISTIAE REGNO DI DIO
EDIZIONI QIQAJONCOMUNIT DI BOSE
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PREFAZIONE
Due anni or sono decidemmo di proporre per la primavolta in lingua italiana un saggio di Ioannis Zizioulas,
Metropolita ortodosso di Pergamo, a noi molto caro. G liechi avuti a II creato come eucaristia, riflessione sulladimensione antropologica e cosmologica delleucaristia,
ci hanno confermato nella nostra convinzione che la teo-logia delloccidente ha molto da attingere al pensiero dicolui che Yves Congar ha definito uno dei teologi pioriginali e pi profondi della nostra epoca
Grande conoscitore dei padri della chiesa, formatosialla scuola di uno dei massimi studiosi ortodossi di que-
sto secolo, Georgij Florovskij, per molti anni teologolaico impegnato nei dialoghi ecumenici per conto dellasua chiesa, docente di teologia presso l Universit di Tes-sa Ionica e il Kings College di Londra, nel 1986 fu elet-to Metropolita di Pergamo, a coronamento di un mini-stero di profonda fedelt alla Parola e alla tradizione
portato avanti per tutta una vita.
Forse non vi e espressione pi efficace per riassumerelorientamento della teologia di Zizioulas di quella cheegli stesso ha scelto per aprire questo studio, attingen-dola dagli Scholia sulla Gerarchia ecclesiastica dellA-reopagita di Massimo il Confessore: Ombra infatti so-no le cose dell'Antico e immagine quelle del Nuovo Te-
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stamento. Verit la condizione delle cose future. Il
Metropolita di Pergamo infatti non percepisce l'escatologia cristiana come un settore specialistico della teologiasistematica, come un ramo qualsiasi della riflessione teo-
logica: per lui gli schata sono ci che d tensione e, so-prattutto, forma a llintera speculazione teologica.
Solo prendendo atto che la pienezza della verit ci stadavanti e non ci mai data una volta per tutte possi-
bile sfuggire sia alla pretesa di un possesso della verit che spesso si mostra essere unicamente strumentale alla
piena affermazione del desiderio di onnipotenza delluo-mo sia al tentativo di imporre agli altri una visionedelle cose che pretende di essere vera per tutti ma cheviene radicalmente contraddetta proprio da questa nega-
zione dellalterit.Una verit dunque che sta innanzi, che getta conti-
nuamente una luce nuova e vivificante sui rapporti fra gli uomini e fra le chiese, lasciando sempre aperta laporta del perdono e della riconciliazione, perch perdo-no e riconciliazione sono offerti alluomo in Ges Cri-sto, che di questa verit che ci attende la realizzazioneofferta gi ora e la speranza certa estesa a tutti gli uomini.
Fin dagli inizi la tradizione orientale ha percepito nel-la celebrazione eucaristica questa tensione dinamica frala rivelazione delleconomia divina in Ges Cristo e ilsuo giungere a compimento nell'schaton; a partire dal-la tradizione, dunque, Zizioulas ci accompagna alla sco-
perta delleucaristia come rappresentazione iconica delregno, come necessario fare memoria di tutta l econo-mia di salvezza, dalla creazione fino alla seconda venutadi Cristo, alla fine dei tempi.
Cos, attraverso una rilettura sapiente della liturgia edelle sue interpretazioni patristiche, siamo portati a rive
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dere e ad ampliare le nostre concezioni, spesso fortemen-te riduttive, delleucaristia. Poco alla volta, siamo con-
dotti a scoprire perch nelloriente cristiano la liturgia percepita come il luogo eminente in cui la fede si ali-menta, vive, viene professata, approfondita e tramandata.
Speriamo allora che questo testo aiuti tutti noi a ri-
scoprire in profondit, a partire dalla nostra tradizione,come davvero l eucaristia sia il cuore della nostra vi-
ta spirituale e il modello della preghiera cristiana. E spe-riamo anche che per le chiese cristiane e per ogni fedelela celebrazione delleucaristia diventi sempre pi un ren-dere visibile quella riconciliazione annunciata profetica-
mente nella Scrittura, compiuta in Cristo e alla qualetende tutta la creazione.
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Ombra infatti sono le cose dellAnticoe immagine quelle del Nuovo Testamento.Verit e la condizione delle cose future.
Massimo il Confessore
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EUCARISTIA E REGNO DI DIO
La divina eucaristia icona del regno di Dio, iconadegli schata. Nulla vi di pi evidente di questo nella liturgia ortodossa. La nostra liturgia inizia con lin
vocazione del regno, continua con il rappresentarceloe termina con la nostra partecipazione al suo ban
chetto: con la nostra unione e comunione alla vita delDio trinitario.
Paradossalmente, per, la nostra teologia in tempirecenti non sembra aver attribuito limportanza do
vuta alla dimensione escatologica delleucaristia. Suoprincipale interesse sembra essere il rapporto delleu
caristia non tanto con gli schata quanto con il passato, con lultima cena e con il Golgota. Forse si trattadi una ancor grave influenza della cattivit babilonese che la teologia ortodossa ha patito, come si esprimerebbe lindimenticabile padre Georgij Florovskij1.La teologia occidentale, cattolica e protestante, ha ineffetti focalizzato il proprio interesse sulla relazione
eucaristia-Golgota, poich in occidente, il cui vertice
1 A. Schmemann nel suo libro L Eucharistie: Sacrement du Royaume,Paris 1985, critica aspramente la teologia accademica e delle facolt uni
versitarie in relazione ad altri aspetti della teologia eucaristica da loroelaborata; si tratta di una critica che merita unattenzione particolare.
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da individuare nella teologia di Anseimo, la quintessenza delleconomia divina si trova nel sacrificio di
Cristo sulla croce2. Da l sgorga tutto e ad esso tuttoconduce. Il regno qualcosa che concerne esclusiva-mente il termine della storia, non il suo presente. Larisurrezione di Cristo non , per la teologia occiden-tale nel suo complesso, che una conferma delloperasalvifica della croce; lessenziale si gi consumato in
quel sacrificio. Del resto, il momento fondamentale ecostitutivo delleucaristia risiede, per gli occidentali,nella ripetizione delle parole istitutive del sacramento: Prendete e mangiate, questo il mio corpoe non nellepiclesi dello Spirito santo, la cui presenza imprescindibilmente legata al sopraggiungere degli ultimi giorni (At 2,17).
In tal modo linterrogativo che ha impegnato persecoli la controversia tra cattolici e protestanti in occidente se leucaristia sia o non sia la ripetizione delsacrificio del Golgota, e non se essa sia icona dellerealt escatologiche. In questa problematica si invischiata anche la teologia ortodossa, a partire princi
palmente dal XVII secolo (cf. le Confessioni ortodossedi Pietro Moghila, Cirillo Lukaris, Dositeo di Gerusalemme, e cos via), con leffetto di trascurare la relazione che unisce leucaristia agli schata, al regno di Dio.
Simile tendenza a dimenticare il significato escatologico delleucaristia non ci interesserebbe se non fos
2 II cattolico romano Maurice de la Taille, nella sua monumentaleoperaMysterium Fidei de Augustissimo Corporis et Sanguinis Christi Sacrifi-cio atque Sacramento, Paris 1921, p. 581, chiaro: la res tantum, cio ilsenso ultimo delleucaristia e di tutti i sacramenti, la nostra unione conil sacrificio di Cristo sulla croce. Lo si confronti con quanto si riportersotto di Massimo il Confessore.
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se gravida di pesanti conseguenze che toccano il mo
do della sua celebrazione, la piet dei fedeli e tutta
la vita della chiesa. necessario, pertanto, sottolinea
re ed evidenziare anche oggi, nella nostra coscienza,
il rapporto eucaristia-regno, rapporto che, pur visibil
mente evidente nella nostra liturgia, tende a sparire
o a indebolirsi sotto il peso di problematiche e forme
di piet di altra natura, con leffetto che ci lascia
mo adescare da concezioni estranee alla vera tradizione ortodossa ritenendo per giunta, molte volte, di di
fendere lortodossia, mentre nella sostanza riprodu
ciamo e proponiamo modi di intendere che esulano
totalmente dalla sua tradizione.
I dati biblici
N on sono necessari grandi sforzi per provare il ca
rattere escatologico delleucaristia nel Nuovo Testa
m ento. G i la descrizione d ellultim a ce na 3 nei van
geli ci orienta verso il regno di Dio. I Dodici parte
cipano al banchetto come prefigurazione del nuovo
Israele; per questo levangelista Luca incorpora nella
narrazione dellultima cena il detto di Cristo ai Dodi
ci: E io preparo per voi un regno, come il Padre lha
preparato per m e, perch possiate m angiare e bere
alla mia mensa nel mio regno, e siederete in trono agiudicare le dodici trib di Israele (Lc 22,29-30).
3 Mystikn depnon (cena mistica), nel testo greco. cos infatti cheviene chiamata nella tradizione ortodossa 1ultima cena dei latini[N.d.T.].
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Questo passo, come vedremo pi avanti, assai im
p ortan te per la genesi e la configurazione dei m in iste
ri liturgici e pi in generale ecclesiali. Per il momento segnaliamo il fatto che lultima cena fu un even
to escatologico, collegato indissolubilmente al regno di
Dio. per tale ragione che nel corso di essa Cristo si
riferisce espressamente e con una particolare inten
sit emotiva al regno: Ho desiderato ardentemente
mangiare questa pasqua con voi, prima della mia pas
sione, poich vi dico: non la manger pi, finch essa
non si com pia nel regno di Dio ... Poich vi dico: da
questo momento non berr pi del frut to del la vi te
finch non venga il regno di Dio (Lc 22,15-16.18 e
paralle li) .
N ella cornice dal cara ttere fo rtem en te escatologi
co che contraddistingue lultima cena nei vangeli, ilcomando di Cristo ai discepoli: Fate questo in me
moria di me non pu non essere in relazione con
il regno di Dio. Come gi hanno osservato eminenti
esege ti (J. Je rem ias4 e altri), il da to p i p rob ab ile
che l'anmnesis (memoria) di cui parla qui il Signore
si riferisca all 'anmnesis di Cristo dinanzi al trono diDio nel regno futuro. Lanmnesis eucaristica cio
essenzialmente unanmnesis, una prefigurazione, pre
gustazione e pre-dono del futuro regno di Cristo,
fatto che, come vedremo tra breve, la divina liturgia
del Crisostomo, celebrata nella nostra chiesa, esprime
con una chiarezza provocatoria per la logica comu
ne. Pertanto L'anmnesis dellultima cena e, per esten
4 Nella sua classica opera Die Abendmahlsworte Jesu, particolarmentenella terza edizione, Gttingen 1960 (tr. it.: Le parole dell'ultima cena,Brescia 1973).
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sione, delleucaristia, anmnesis non solo di eventipassati, ma anche d i eventi fu tu ri, cio del regno diD io5 quale vertice e pienezza d i tu tta la storia salvifica.
Ma il dato pi rilevante per la conferma del carat
tere escatologico delleucaristia il fatto che le radicidi questultima si trovano storicamente non solo nellultima cena, ma anche nelle apparizioni di Cristodurante i quaranta giorni che seguono la risurrezione.
N el corso d i ta li apparizioni assistiam o allatto dellospezzare il p a n e e a pa sti del Riso rto con i discepoli(cf. Lc 24; Gv 21). Latmosfera che regna di festa,
dato che la risurrezione ha dimostrato la vittoria diDio sui suoi nemici, lapparire cio del regno di Cri
sto nella storia. N on a caso Luca negli A tti degli Ap ostoli (2,46) sottolinea come la chiesa primitiva cele
brasse l eucaristia con le tiz ia . Soltanto la risu rrezione e la parusia giustificano o piuttosto impongonouna simile letizia.
Questo orientamento escatologico delleucaristia
evidente nelle prime comunit eucaristiche. Lespressione aramaica marana tha (1Cor 16,22), che sen
5 Lespressione regno dei cieli non devessere intesa come una specie di condizione statica al di sopra della terra (una specie di realt platonica intelligibile o ideale). Si tratta, molto semplicemente, di una parafrasi dellespressione regno di Dio, dato che la locuzione i cieli parafrasa il termine Dio, termine che i cristiani di provenienza giudaicaevitano, per ragioni legate al rispetto, di utilizzare (si veda levangelo diMatteo, dove la frase ricorre 31 volte; cf. J. Jeremias, Teologia del Nuovo
Testamento I, Brescia 1972, p. 118). Si ritiene necessaria tale osservazione perch, molto spesso, nella mente dei fedeli lespressione regno deicieli viene tradotta regno celeste, con una contrapposizione spaziale esovente platonica con quanto o si compie sulla terra; cf. quanto verrdetto pi avanti. Nel NT, come osserva J. Jeremias (Teologia del Nuovo Testamento I, p. 123): sempre e dovunque basilea ha un significato escatologico, indica il tempo della salvezza, il compimento del mondo, la restaurazione dellamicizia infranta tra Dio e luomo.
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za alcun dubbio costituisce un termine li turgico-eu-
caristico, ha un contenuto escatologico (il Signore
vicino, o viene, o verr). Lapostolo Paolo, nella ripetiz ione delle parole eucaristiche del Signore (1C or
11,23-26), aggiunge il riferimento alla seconda venuta
di Cristo (finch egli venga)6. LApocalisse di Gio
vanni, che basilarmente un testo eucaristico e che
sembra aver influito sulla formazione della liturgia or
todossa, non solo considera leucaristia icona del re
gno, qualcosa che ha luogo dinanzi al trono di Dio e
dellAgnello, ma si conclude anche con un accentua
to riferimento allattesa del futuro escatologico: Lo
Spirito e la sposa dicono: Vieni. E chi ascolta ripeta:
Vieni ... Am en. Vieni, Signore G es (Ap 22,17 .20).
Questintensa attesa delle realt escatologiche si
eclissata dalla nostra coscienza eucaristica. E tuttavia,se il libro dellApocalisse per diverse ragioni non ac
cessibile ai membri delle nostre assemblee eucaristi
che, un altro testo che si trova non solo al centro del
la divina liturgia, ma anche sulle labbra di tutti i cre
denti, dentro la liturgia e fuori di essa, dovrebbe ri
cordarci con forza tale attesa. Si tratta della preghieradel Signore, il Padre nostro.
Questa preghiera ha ormai perduto nella nostra co
scienza il suo carattere sia escatologico sia eucaristi
6 II senso del passo il seguente: annunciamo la morte del Signoreguardando con gioia alla sua venuta" (J. Moffatt, The First Epistle of Paulto the Corinthians, New York 1954, p. 169). Cf. At 2,46: en agallisei,con letizia. La precedente teoria di H. Lietzmann, secondo cui nellechiese paoline leucaristia veniva celebrata in unatmosfera di afflizione aricordo della morte di Cristo, mentre nella chiesa di Gerusalemme in unclima di gioia, si dimostra errata. Sia nelluno sia nellaltro caso leucaristia era celebrata in unatmosfera di letizia e di esultanza in ragione delsuo collegamento con il regno.
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co. E tuttavia non dovremmo dimenticare come tale
preghiera non solo fosse, fin da llorigine, escatologi
ca, ma come inoltre costituisse il centro e il nucleo
di tutte le antiche liturgie; non poi escluso che la
sua radice storica sia proprio eucaristica. In questa
preghiera si riscontrano, accentuatam ente, due rife ri
m enti agli schata1 che di solito ci sfuggono. Il p ri
mo la petizione sia santificato il tuo Nome, ven
ga il tuo regno, che ci ricorda il marana' tha' e ilvieni, Signore delle prime liturgie eucaristiche. Il
secondo, pi importante, la petizione dacci oggi
il nostro pane epiosion". Gli esegeti non sono ap
p rodati a conclusioni unanim i quanto al senso di
questultima espressione8. Esistono tuttavia numero
se testimonianze che portano alla seguente conclusione: il pane che chiediamo con questa preghiera non
il nostro pane quotidiano, come solitamente interpre
tiamo, ma il pane eucaristico, che epiosios nel sen
so di veniente, di futuro, cio del regno futuro. Seb
bene questa frase della preghiera del Signore am m etta
diverse interpretazioni, il posto che con una stabilit
rimarchevole ha occupato fin da anni antichissimi tale
7 Probabilmente anche le altre petizioni come rimetti a noi i nostri debiti e non ci indurre in tentazione hanno un significato escatologico.
8La domanda cruciale se il termine epiosios provenga da epenai oepousa, per cui significherebbe ci che indispensabile per la nostra esistenza, o da epinai, per cui significherebbe il veniente o del giorno cheviene. Dalla contrapposizione, presente nel testo della preghiera, traepiosios e smeron (oggi), come pure dalle testimonianze di antiche fontisia delloriente sia delloccidente, risulta trattarsi del secondo tra i significati segnalati. Tuttavia, persino nel caso in cui a essere indicato fosse il
pane quotidiano, da dire, come osserva E. Lohmeyer (Das Vater-Unser,Gttingen 1946), che tutti i riferimenti di Ges al pane e ai pasti presentano un senso escatologico.
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preghiera nella celebrazione eucaristica, cio im m e
diatamente prima della comunione, test imonia che,
almeno nella coscienza della chiesa antica, la domanda del pane epiosios non si riferisce al pane quoti
diano, ma al banchetto e al cibo del regno. Questo
il pane disceso dal cielo, cio la carne o il corpo del
Figlio delluomo (Gv 6,53), il quale, va sottolinea
to, a sua volta una figura escatologica. Nelleucari
stia cerchiamo oggi il pane veniente del regno, panedel domani o futuro.
Potremm o aggiungere m olti altri eleme nti tratti dal
la Scrittura, a testimonianza del carattere escatologi
co delleucaristia e della sua relazione con il regno di
Dio. Lambito tuttavia dove tale relazione viene svi
luppata in pro fon dit e con solidata nella coscienza ec
clesiale rappresentato dalla teologia dei padri greci edalle liturgie eucaristiche della chiesa antica, che con
tinuano a essere usate nella nostra chiesa.
Il regno futuro, causa e archetipo delleucaristia
Allinterno delle ricche testimonianze patristiche
inerenti al rapporto eucaristia-regno scegliamo un pas
so realmente rilevante di Massimo il Confessore, pas
so che, da ci che sappiamo, non ha ottenuto finora
lattenzione che merita da parte dei nostri teologi.Questo frammento mostra non solo il vincolo indisso
lubile che intercorre tra eucaristia e regno, ma ancheil radicale capovolgimento del concetto di causalit checaratterizzava la Grecia antica, fatto che prova, al di
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l di altre cose, qu an to ingiusta ed estranea alla realt
sia la concezione, cos diffusa, in ordine allinfluenza
esercitata su san Massimo dallantica filosofia greca(platonica e aristotelica). R iportiam o d ap prim a il pas
so stesso, per commentarlo poi in relazione alla no
stra tematica. Nei suoi Scholia sulla Gerarchia eccle
siastica dellAreopagita, Massimo scrive:
[LAreopagita] ha chiamato immagine delle cose verequanto ora si celebra nella sin ass i... Si tratta di sim
boli, non di verit ... Dagli effetti: cio il passaggioda quanto si celebra visibilmente alle realt invisibilie mistiche, che sono cause e archetipi delle realtsensibili. Cause, poi, vengono dette quelle realt chenon hanno in alcun modo da altrove la propriet di
essere causa. Ovvero: il passaggio dagli effetti allecause, cio dai simboli sensibili alle realt intelligibilie spirituali, dunque dalle cose pi imperfette alle pi
perfette. Dalle figure, cio, allimmagine, e da questaalla verit. Ombra infatti sono le cose dellAntico eimmagine quelle del Nuovo Testamento. Verit lacondizione delle cose future9.
In questo brano Massimo spiega, con la modali t
che gli propria, il concetto di eucaristia come iconae simbolo in relazione al concetto di causalit. Ci
che si celebra nelleucaristia icona e simbolo di
ci che vero . Fino ad u n ce rto p un to della let tura
del frammento citato abbiamo limpressione di muoverci in unatmosfera platonica. Quanto si celebra
visibilm ente icona e sim bolo delle realt invisibili
9Scholia in librum de ecclesiastica hierarchia, PG 4,137A-D.
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e mistiche ; i simboli sensibili sono icone delle realt intelligibili e spirituali . Secondo la concezione pla
tonica, il mondo sensibile e visibile immagine di unmondo stabile ed eterno, il quale, in quanto intelligibile e spirituale, costituisce la verit, il vero mondo. Di conseguenza, ci che si celebra nella liturgiaeucaristica rappresenta e riflette, potremmo dire, laliturgia celeste celebrata eternamente, che larcheti
po dell'eucaristia terrestre. Questa sarebbe, in effetti,una concezione tipicamente platonica delleucaristia.Ma Massimo ci riserva, alla fine del passo, una sor
presa. La celebrazione eucaristica per lui icona diuna vera eucaristia che non nient altro che la condizione futura . La verit di ci che ora si celebranella sinassi non risiede in una realt ideale di tipo
platonico, ma in una realt del futuro, nel regno futuro. Lelemento decisivo che rovescia la relazione platonica tra archetipo e icona la categoria di tempo.Per risalire dallicona al prototipo non dobbiamo fuggire dal tempo, ma passare assolutamente attraversolattesa di un evento o di uno stato posto cronologi
camente nel futuro. Ci trasforma lintera mentalitda platonica in biblica. Infatti, mentre per il pensieroplatonico impossibile passare dallicona allarchetipo attraverso il tempo (come se larchetipo si trovasseal termine della storia), per la concezione biblica ci indispensabile. Nelleucaristia, secondo la concezione biblica come secondo la visione del Confessore,sono raffigurate le realt future, il Veniente e il regnoche da lui verr stabilito.
Ma questo passo di notevole importanza ancheperch pone il problema della causalit, rovesciandoin tal modo le concezioni non solo platoniche ma an
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che aristoteliche di entelechia 10 e di causalit. Causa, afferma Massimo, tutto ci che non deve in alcun modo lorigine del proprio essere a qualcosaltro.Per lantico pensiero greco, ma anche per quello occidentale, come pure per la logica comune, la causaprecede (logicamente ma anche temporalmente) leffetto. Nel pensiero di Massimo tuttavia, quanto piindietro risaliamo nel tempo, tanto pi ci allontania
mo dallarchetipo, dalla causa: lAntico Testamento ombra, il Nuovo icona e la condizione futura la verit. In altri termini larchetipo, ci che lacausa di quanto si celebra nella sinassi , il futuro.L eucaristia l effetto del regno futuro: il regno futuro, un evento futuro (la condizione futura), in quanto
causadelleucaristia, a conferirle il suo vero essere.Queste le conclusioni che scaturiscono da uno studio attento di Massimo. Appresso vedremo il loro significato esistenziale perch questo, in ultima analisi, a interessare la teologia, e non la curiosit storicao filosofica, cui di solito si limitano quanti fanno teologia ai nostri giorni. Per il momento segnaliamo ilfatto che il collegamento biblico tra eucaristia e regnonon solo non si indebolito nel periodo patristico,ma ha anzi trovato un consolidamento su base ontologica: leucaristia non semplicemente collegata al regno futuro; essa attinge da quello il proprio essere ela propria verit. La prassi liturgica ha costituito e co
stituisce la lingua con cui la chiesa esprime tale tesi.Dobbiamo ora prestarvi attenzione.
10 Termine filosofico che designa lo stato di perfezione di una realtche ha raggiunto il suofine (tlos), attuando pienamente il suo essere inpotenza [N.d.T.].
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La prassi liturgica
Consideriamo solitamente la ritualit liturgica come qualcosa di secondario e irrilevante. un dato difatto che la nostra liturgia si appesantita di un accumulo di simbolismi secondari e di ornamenti estetici, ma ci non significa che ogni tpos nella liturgia
non abbia alcun rapporto con la sua essenza. I liturgisti, di regola storici del culto privi di interessi teologici ed ecclesiologici, non ci illuminano quanto alcontenuto teologico dei riti11 o cerimonie liturgichee quanto alla differenza tra sostanziale e marginale. Cos i membri del nostro clero, principalmente,ma anche il popolo, o considerano queste forme tutte parimenti importanti e le conservano con assolutadevozione oppure, cosa pericolosa, tagliano, tolgono,cambiano lordine, e via dicendo, distruggendo quellicona del regno che la liturgia devessere. Siamoin tal modo arrivati al punto di perdere, nella nostraliturgia, il riferimento iconico agli schata, sia per
ch labbiamo sovraccaricata di forme rituali che nonesprimono la venuta del regno, sia perch togliamo omescoliamo gli elementi strutturali della liturgia, alterandone cos pericolosamente il carattere escatologico.
Sarebbe necessario un volume intero per descriverei patimenti subiti dalla nostra liturgia nelle mani del
suo clero. I nostri vescovi, da custodi della tradizioneapostolica - e non dimentichiamo che Ippolito intitola Tradizione apostolica nientaltro che la descrizione
11 D ora in poi tradurremo tpos e i suoi derivati con rito [N.d.T.].
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del modo in cui si celebra la liturgia - sono diventati
di regola spettatori, se non anche esecutori materiali,
di tali maltrattamenti. Ma molte di queste violenze
distorcono talmente limmagine delle realt future da
dover essere segnalate, sia pure in breve, visto che il
discorso concerne leucaristia in quanto icona del re
gno futuro.
I l radunarsi in un m edesim o luogo
U no degli elem enti b asilari della ven uta degli scha-
ta il radunarsi del popolo di Dio disperso e, per
estensione, di tut ta l umanit in un medesimo luogo12 intorno alla persona del Messia, perch si attui
il giudizio del mondo e si stabilisca il regno di Dio.
N ellevangelo di M atteo il regno di D io paragonato
a una rete gettata nel mare, che raduna ogni genere
di pesci (Mt 13,47), mentre, in termini ancor pi
chiari, nella descrizione della parusia del Figlio delluomo leggiamo che, in quel giorno dei tempi ultimi,
saranno radunate davanti a lui tutte le genti (Mt
25,32). Nellevangelo di Giovanni, daltronde, si con
sidera quale scopo della passione di Cristo e, per
estensione, di tutta lopera salvifica, non solo la sal
vezza di Israele, ma anche il radunare i figli di Dio
che erano dispersi (Gv 11,52).N on dunque casuale il fatto che assai p resto l eu
caristia come icona del regno venga descritta come
12Ep t aut.
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sinassi13, riunione in un medesimo luogo. Nel
sesto capitolo dellevangelo di Giovanni, dove mani
festamente si parla delleucaristia, Ges d ordine,dopo che la folla si saziata, di radunare i pezzi avanzati, cosa che viene ritenuta segno del fatto che Ges
il Veniente (cf. Gv 6,12-14). ugualmente notala descrizione delleucaristia come sinassi in un medesimo luogo in Paolo (cf. 1Cor 11,20). La Didachci offre la pi esplicita descrizione delleucaristia co
me icona della sinassi escatologica dei figli di Dio dispersi, della chiesa: Come questo pane spezzato era
sparso sui colli e radunato divenne una cosa sola, cosla tua chiesa sia radunata dai confini della terra neltuo regno14.
Con il passare del tempo dov dunque finita que
sta forte coscienza escatologica della sinassi eucaristica? In Ign azio sopravvive ch ia ra m en te15 e, gi lo si visto, in Massimo il Confessore, nel VII secolo,leucaristia viene chiamata stabilmente sinassi ed
considerata icona della condizione futura. Ma a poco a poco sia la nozione di sinassi in un medesimoluogo di tutta la chiesa (1Cor 14,23; Rm 16,23)
sia il suo carattere escatologico vengono meno. In occidente il processo giunge al non plus ultra con lin
troduzione e la diffusione della messa privata, che ilpresbitero pu celebrare anche da solo. M a pure nella
15Traduciamo per quanto possibile il verbo syngo con radunare, eil sostantivo snaxe (gr. ant. snaxis) con sinassi, salvo porre in risaltosfumature di significato che emergono nel testo greco o al fine di evitarecacofonie nella fraseologia italiana [N.d.T.].
14Didach 9,4.15Per una trattazione pi estesa, cf. il nostro libro: He Hentes ts
Ekklesas en t Thea Eucharistia ka t Episkpo kat tos tres prtousainas, Athnai 19902.
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chiesa ortodo ssa, seb ben e no n sia concessa la celebrazione della liturgia senza la presenza dei laici, capita
spesso che questi ultimi siano assenti o siano presenti , s imbolicamente, in numero indegno di menzione.La nostra eucaristia, se esaminiamo il modo della sua
attuale celebrazione, tutto rappresenta fuorch la si-
nassi escatologica in un medesimo luogo. Con la
moltiplicazione delle sinassi eucaristiche in parroc
chie, oratori, monasteri e cos via, e lassenza del vescovo a capo della sinassi di tutta la chiesa in un
dato luogo, in ragione della grande estensione delle
diocesi, il termine sinassi ha perduto il suo senso:
oramai dobbiamo piuttosto parlare di diaspora dei
fedeli che n on d i sinassi in un m edesimo luog o .
Il passaggio attraverso lesperienza ascetica
e battesim ale
La venuta del regno di Dio incomprensibile senzail preliminare passaggio del popolo di Dio attraverso
la catarsi delle tentazioni, delle tribolazioni e della
morte. Lo stesso Messia doveva superare tutte queste
realt per portare il regno; altrettanto doveva fare il
popolo d i D io. Il passo d i Lc 22,28-30 sig nificativo:solo quanti attraversano le tentazioni di Ges sono
resi deg ni del privilegio d i m angiare e b ere alla m ensa nel suo regno. Lingresso nel regno passa attraver
so la porta stretta e la via angusta della pazien
za (hypomon), cosa che nei primi secoli significavain pratica la sopportazione delle persecuzioni (la Let
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tera agli Ebrei sottolinea con particolare enfasi questoelemento) e, pi tardi, attraverso il periodo di penti
mento e digiuno che doveva comunque precedere ilbattesimo (la quaresima, con il suo digiuno severo e ildivieto di celebrare leucaristia in giorni che non siano il sabato e la domenica, ne costituisce un residuoindicativo, dato che il battesimo, inizialmente, venivaamministrato il giorno di Pasqua). Nella prassi liturgi
ca, tutto ci si esprimeva con il battesimo, il quale,gi nel Nuovo Testamento, viene collegato con il sacrificio e il martirio (cf. Mc 10,39; Lc 12,50) e con lamorte (cf. Rm 6,4; Col 2,12), proprio come successo con Cristo. Negli scritti areopagitici e in Massimosi parla dello stadio di coloro che vengono purificati , stadio che, dal punto di vista liturgico, si identifi
ca con quello dei catecumeni che si preparano allilluminazione (cio al battesimo), i quali con il crismae leucaristia entrano nellordine dei perfetti o iniziati16.
In tal modo la sinassi eucaristica, come icona deglischata, deve assolutamente comprendere i battezzati
e soltanto i battezzati. Si tratta, in tal senso, di unacomunit chiusa che si raduna a porte chiuse (Gv20,19; cf. l esclamazione: Le porte! le porte! 17). Lasinassi eucaristica non pu mai costituire mezzo estrumento di missione, perch negli schata, che essa
16 Queste classi o ordini si riferiscono chiaramente ai sacramenti delbattesimo, della cresima e delleucaristia e non ai monaci, almeno inMassimo: cf. Scholia in librum de ecclesiastica hierarchia,PG 4,168-169.
17 Con essa il celebrante, nella chiesa antica, prima del Credoe dellanafora che lo segue, invitava a chiudere le porte del tempio perch nessun estraneo (non battezzato, eretico o escluso dalla comunione ecclesiale) potesse entrare in chiesa e seguire il mistero che veniva celebrato[N.d.T.].
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raffigura, non ci sar missione, la quale, del resto,
p resuppone diaspora o dispersione, e non sinassi in
un medesimo luogo. di conseguenza contraria allanatura delleucaristia come icona del regno la sua tra
smissione attraverso mezzi televisivi o radiofonici, sia
per ragioni pastorali che m issionarie (una specie di
esibizione e di pubblicit della ricchezza e della bel
lezza del nostro culto). Alleucaristia o si partecipa in
quanto ci si radunati in un medesimo luogo o nonsi partecipa affatto. Una partecipazione da lontano
incomprensibile: ai malati e a quanti risulta impossi
bile recarsi alla sinassi la chiesa porta, secondo una
consuetudine antichissima, il frutto della sinassi (la
com un ion e, l 'an tdoron 18 e via dicen do) e no n ... la
stessa sinassi in versione acustica o ottica.
Leucaristia come m ovimento e cam m ino
Assieme allindebolimento della dimensione tem
porale de lleucaristia com e icona del regno che sta pervenire, il regno che attendiamo, dobbiamo registrare
come si sia a poco a poco smarrita anche la percezio
ne di come nella divina eucaristia si attui un movi
mento verso il termine, un cammino del mondo,
secondo lespressione di Massimo, verso il regno, e
una venuta del regno verso il mondo. Questa terribile
18 II pane benedetto durante lanafora che un tempo veniva offerto alposto del dono (come il nome dichiara) a coloro che non si erano accostati al dono per eccellenza, leucaristia. Oggi nelle chiese ortodosse lo sid a tutti indistintamente [N.d.T.].
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alterazione si verificata con la scomparsa, in fin deiconti, della dimensione ingressuale delleucaristia. Si
sono s conservati i cosiddetti ingressi (il piccoloingresso e il grande ingresso) della liturgia bizantina,salvo per che ingressi proprio ci che non sono.Si tratta, in realt, di giri fatti dal celebrante per entrare dove gi si trovava, nel santuario. Dal momentoin cui vennero soppressi la prthesis19 e lo skeuophyl
kion20 come dipendenze a parte della chiesa, i ministri cominciarono a entrare nel sacro bma21 (ci cheresta ormai del tempio strettamente inteso), per compiere la proskomid22 e indossare le loro vesti. Ma allora, che senso ha lingresso, piccolo o grande? In effetti non ha senso, dato che leucaristia ha smesso disignificare cammino verso il regno o venuta del regno,e si trasformata in qualcosa di statico e di spaziale,senza riferimento al tempo.
Da tale prospettiva si rivelano interessanti le interpretazioni dellingresso nelle fonti liturgiche, in unepoca, certo, in cui esso costituiva laccesso reale del
15 Un tempo costituiva una costruzione indipendente a fianco dellachiesa. Oggi viene cos chiamata larea a sinistra dellaltare (e dunque allinterno del santuario), dove, su una piccola mensa, vengono presentatio esposti (protthemi) i doni per la celebrazione delleucaristia prima diessere, con il grande ingresso, portati sullaltare perch vengano consacrati; per estensione, il nome indica oggi anche la preparazione dei doniche avviene su quella mensa [N.d.T.].
20 Originariamente un piccolo edificio accanto alla chiesa in cui veni
vano custodite (phylsso)le suppellettili sacre (skeos):gli oggetti e i paramenti liturgici. Oggi corrisponde al diakonikn,allaltare secondario didestra, allinterno del santuario, dove vengono collocati gli ornamenti liturgici dei celebranti [N.d.T.].
21 II santo dei santi della chiesa, con al centro laltare, separato dalresto delledificio sacro mediante liconostasi [N.d.T.].
22 E il rito della preparazione dei doni offerti o portati (proskomzosignifica portare) per il sacrificio [N.d.T.].
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clero e del popolo con alla testa il vescovo al tempio eallaltare. Nelle interpretazioni sopra menzionate domina la tipologia che voleva lingresso del vescovoicona della prima parusia o venuta di Cristo sulla terra, cio dellincarnazione, con chiara indicazione delcammino verso gli schata. Ancora nel VII secolo, come testimonia il Confessore nella suaMistagogia23, sopravvive questa iniziale tipologia. Per questo padre
lingresso del vescovo nel tempio per celebrare leucaristia rappresenta unicona della prima venuta del Signore sulla terra; quanto poi segue conduce diretta-mente allo scenario escatologico del regno: le letturesacre e in particolar modo levangelo rappresentanola consumazione di questo mondo , dopo la quale
il pontefice scende dal trono , perch si attui il giudizio con lespulsione dei catecumeni e la chiusuradelle porte. Da quel momento in poi, tutto avvieneinnanzi al trono di Dio nel suo regno:
Lingresso dei santi e venerabili misteri24 linizio eil preludio ... del nuovo insegnamento che verr im
partito25 nei cieli in merito alleconomia di Dio neinostri riguardi... Dice infatti il Dio e Verbo: ... Nonberr pi ormai del frutto della vite fino al giorno incui lo berr nuovo con voi nel regno del Padre mio.
Anche il reciproco bacio ha un significato escatologico: La concordia ... che prevarr [ancora un rife
rimento cronologico al futuro] fra tutti al tempo del
23 Massimo il Confessore,Mystagogia,PG 91,688 ss.24 Evidentemente il cosiddetto grande ingresso.25 Si noti ancora una volta il tempo al futuro, che ci allontana da una
corrispondenza di tipo platonico tra realt celesti e realt terrene.
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la rivelazione degli indicibili beni futuri . Persino ilsimbolo della fede, nonostante il suo contenuto stori
co, ci trasporta nel futuro: La confessione del divinosimbolo di fede da parte di tutti preannuncia la mistica azione di grazie, nelleone futuro, per i giudizi ele disposizioni ammirabili con cui fummo salvati dalla sapientissima provvidenza di Dio nei nostri riguardi . Anche il Trisaghion ci porta spiritualmente verso
la condizionefutura: Rappresenta lunione e leguaglianza di onore, che si manifester nel tempo futuro,con le potenze incorporee e spirituali . Il Padre nostro raffigura anchesso la futura adozione: Secondola quale, per la grazia che verr su di loro, tutti i santisaranno chiamati e saranno figli di Dio .
C dunque un continuo cammino nelleucaristia,un cammino che, almeno secondo Massimo (le cosecambiano un poco in autori bizantini posteriori chehanno commentato la liturgia), ci trasporta ponendociin movimento e ci stabilisce nel regno futuro. Tutto,nella divina liturgia, si muove verso ci che sta davanti: niente statico. Nella liturgia il simbolismo non
parabolico o allegorico: iconico, nel senso attribuitoallicona dai padri della chiesa, icona che significapartecipazione di contenuto ontologico al prototipo. Eil prototipo in questo caso, come mostrano i passi diMassimo che abbiamo riportati, il regno venturo diDio, la riconciliazione e lunione finali con Dio, tra
mite la nostra incorporazione in Cristo.Da quanto si detto si comprende quanto importante sia per la liturgia la dimensione di movimento edi cammino del suo typikn o rituale. un peccatoche si crei limpressione che nella liturgia tutto si compia staticamente. La soppressione degli ingressi costi
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tuisce una grande perdita l i turgica. Certamente lar
ch itet tura del tem pio che prevalsa non consente pi
ai sacerdoti di entrare veramente, come nella chiesaantica. Possono tuttavia farlo i vescovi; addolora per
il constatare come no n lo facciano pi: ev identem ente
ha nn o smesso di app rezza rne il sign ificato26.
Sacrificio dellagnello pasquale
Leucaristia un sacrificio. La tradizione patristi
ca, sia in oriente sia in occidente, sottolinea in modo
partico lare questo suo aspetto . C os, ind icativam ente,
Cirillo di Gerusalemme27, Gregorio di Nazianzo28,Cirillo di Alessandria29, Giovanni Crisostomo30, ma
26 incomprensibile che il vescovo entri nel santuario, indossi l lesue vesti ed esca per entravi di nuovo durante il piccolo ingresso, datoche pu rivestirsi dei paramenti fuori del santuario nel corso dell'rthros(senza la lettura dei relativi versetti se la liturgia non solenne). lordo
che si conserva in tutte le chiese ortodosse slave, e in tal modo si preservalautenticit del carattere ingressuale del piccolo ingresso, mentre quest'ordo non si mantenuto nelle chiese di lingua greca (a eccezione, forse, della chiesa di Cipro). E tuttavia limportanza di queste forme disprezzate essenziale.
27Cf. Le catechesi 23,8-9, a cura di C. Riggi, Roma 1993, pp. 463-464.28Cf. I cinque discorsi teologici, a cura di C. Moreschini, Roma 1986,
specie il secondo e il quarto.29Homilia X. In mysticam coenam, PG 77,1016-1029.
30In epistulam ad Hebraeos argumentum et homiliae 17,3. Il Crisostomo insiste in modo del tutto particolare su questo aspetto delleucaristia;egli la collega con lultima cena e con il sacrificio di Cristo sulla croce,ma anche con il culto e il regno celesti (cf. In epistulam ad Hebraeos11,2-3 e 14,1-2; De sacerdotio 3,4 ss.; tr. it.: Il sacerdozio, a cura di A.Quacquarelli, Roma 1980, pp. 65 ss.). Quanto ai padri latini, cf. indicativamente: Ambrogio (De off. 1,248; De fide 4,124 ss.), Agostino (Conf.9,32; Enchir. 110; In Ps. 21 e 33; De civ. Dei 10,20 ss.).
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le stesse divine liturgie di Crisostomo e di Basilio,
che vengono celebrate nella chiesa ortodossa, chiam a
no leucaristia sacrificio incruento o razionale, ecos via. Questo sacrificio non altro che la morte di
Cristo in croce, il cui corpo e sangue sono offerti
per molti (Mc 14,24; Mt 26,28), hanno cio un ca
rattere di liberazione dai peccati, i quali vengono ri
messi grazie a questo sacrificio e alla comunione a
esso da cui zampilla la vita e tern a dei m olti .Un simile carattere sacrificale delleucaristia indi
scutibile nella coscienza e nella teologia sia biblica sia
patristico-liturgica. C i che spesso tend iam o a trascu
rare o a sottovalutare il legame e il rapporto di que
sto carattere sacrificale delleucaristia con la venuta
del regno di Dio, con gli schata. Leucaristia in
dubbiamente lo stesso sacrificio del Signore sulla cro
ce. Ma qual la relazione che lega questo sacrificio
alla venuta del regno? Tale interrogativo ha unimpor
tanza decisiva per la teologia ma anche per la modali
t con cui noi, credenti, viviamo questo grande sacram ento della chiesa.
Tutte le indicazioni provenienti dalla narrazionestorica dellultima cena - narrazione consegnataci dai
vangeli e da Paolo - testimoniano che, con lespres
sione questo il mio corpo e questo il mio san
gue, Cristo si riferiva a se stesso quale Agnello pa
squale (cf. 1Cor 5,7: Cristo, nostra pasqua, stato
immolato). Questa identificazione di Cristo con lagnello pasquale era cos diffusa nella chiesa primitivada essere ripetuta senza ulteriori spiegazioni non solo
da Paolo, ma anche da altri testi dellepoca apostoli
ca (cf. Gv 1,29.36; 1Pt 1,19; Ap 5,6.12; 12,11 e altri). Non in tal modo casuale che nella lingua litur
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gica della chiesa sia prevalsa la consuetudine di chiamare agnello il pezzo di pane destinato a tramutarsi
in corpo di Cristo nel corso della celebrazione eucaristica.
Il sacrificio dellagnello pasquale ha le sue radici nelluscita di Israele dallEgitto: si confronti ladescrizione in Es 12,6. Nel caso tuttavia dellultimacena chiaro che non si tratta semplicemente di far
memoria e di ripetere il sacrificio dellagnello dellesodo, come avveniva a ogni celebrazione della pasquaebraica, ma del sacrificio dellagnello pasquale fina-le, escatologico. Ci viene testimoniato da molti elementi di cui intessuta la narrazione dellultima cena nei vangeli, come pure dalla prassi liturgica della
chiesa antica. Ci riferiamo indicativamente ad alcunidi essi.Gi abbiamo sottolineato allinizio del presente stu
dio, in base al racconto che i vangeli ci tramandano,il fatto che il Signore leghi chiaramente lultima cenaal regno di Dio. Ci che ora dobbiamo segnalare ilcollegamento del sacrificio, cui il Cristo l si riferisce,con la nuova alleanza. gi stato osservato dai biblisti come il termine diathke, alleanza, debba essereconsiderato corrispondente allespressione regno deicieli 31. Il sacrificio di Cristo quale agnello pasqualecostituisce il compimento del fine escatologico del sacrificio, sia del primitivo agnello pasquale dellesodo,
sia di tutti i sacrifici posteriori effettuati dagli ebreia imitazione del sacrificio di quellagnello. Quando
51 Cf. J. Behm, s.v. Diathke , in G. Kittei, Grande lessico del Nuo-vo Testamento II, Brescia 1966, 1065-1094.
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pertanto Cristo afferma nellultima cena, e la chiesaripete nella celebrazione eucaristica, che questo ilmio sangue, della nuova alleanza , il nostro pensierocorre alla venuta e allinstaurazione del regno di Dioe non semplicemente a un evento accaduto nel passato. Il sacrificio in croce del Signore non pu essereisolato dal suo significato escatologico. La stessa remissione dei peccati collegata, nel Nuovo Testamen
to, alla venuta del regno (cf. Mt 6,12; Lc 11,4; Gv20,23; ecc.) e ci vale di sicuro, particolarmente, perla remissione dei peccati che proviene dal sacrificio diCristo come agnello pasquale.
Le cose sono ancor pi chiare nel libro dellApocalisse che, innegabilmente, contiene elementi o fram
menti di unarcaica liturgia eucaristica32. In questo libro la descrizione di Cristo come Agnello ricorreripetutamente e, senza alcun dubbio, in relazione conlagnello pasquale di Es 12,6. Il significato escatologico attribuito dallApocalisse allAgnello appare chiaramente dalle osservazioni seguenti che hanno unim
portanza rilevante.a) LAgnello immolato ha il potere di aprire il libro sigillato sette volte, il cui contenuto e significato
vengono rivelati solo al termine della storia.b) Il sacrificio dellAgnello non concerne solo il po
polo di Israele, ma gli uomini di ogni trib, lingua,popolo e nazione (Ap 5,9). Questa universalit della
32 Cf. P. Prigent, Apocalypse et Liturgie, Neuchtel 1964. Sullinfluenza che lApocalisse ha esercitato sulla liturgia ortodossa, cf. P. Brat-siotis, LApocalypse de Saint Jean dans le culte de lglise grecque or-thodoxe , in Revue dHistoire et Philosophie religieuse 42 (1962), pp.1 16- 121 .
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salvezza denota la fine della storia e lalbeggiare delgiorno del Signore (1 Cor 1,8 ; 1 Ts 5,2). caratteristico il fatto che Paolo, il quale attende a breve scadenza la seconda venuta del Signore, consideri comesua primizia la conversione dei gentili e il loro innesto nel tronco di Israele (cf. Rm 11).
In tal modo, il fatto che il sangue dellAgnello siaversato per molti ci rinvia al Servo o Figlio di
Dio del libro di Isaia (cc. 52 e 53), colui che haportato i peccati di molti e fu consegnato per i loropeccati (Is 53,12), ma anche colui che nei tempiescatologici raduner l Israele disperso e sar luce delle genti ... salvezza fino allestremit della terra(49,6), perch si meraviglieranno di lui molte genti
... vedranno quanti non avevano ricevuto lannunciosu di lui e comprenderanno quanti non avevano ascoltato (52,15).
c) In particolare devessere rilevato il collegamentoche il libro dellApocalisse instaura tra lAgnello immolato e il cantico nuovo , e anzitutto l alleluja ,che viene ripetuto per tre volte dalla folla immensa , come pure dalla creazione (come una voce dimolte acque), nel contesto delle nozze dellAgnello e della sua adorazione (cf. Ap 19,1-8).
Che 1 alleluja di cui parliamo costituisca un innoescatologico appare chiaramente dalla motivazione chelo stesso testo fornisce: Perch ha preso possesso del
suo regno il Signore, il nostro Dio, ilpantokrtor (Ap19,6), cio il regno di Dio si insediato. Per questo,del resto, e nonostante si tratti di un agnello immo-lato, il tono dominante gioioso: Rallegriamoci edesultiamo (charomen ka agallimen: Ap 19,7), qualcosa che ricorda la letizia (agallasis) di At 2,46 in
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rapporto alla celebrazione delleucaristia da parte dei
p rim i cristiani.
Queste osservazioni assumono un interesse ancoramaggiore se linno su cui riflettiamo viene collegato
con la stessa ultima cena. Gli evangeli annotano (Mt
26,30; Mc 14,26) che subito dopo il banchetto e le
parole di C risto che lo collegano al regno, dopo aver
cantato linno, [Cristo e i discepoli] uscirono verso il
monte degli Ulivi. Come segnalano alcuni specialistiin materia, si tratta dellhallel che seguiva la cena pa
squale ebraica, della lettura antifonata, cio, dei Sal
mi 113-118: un membro del gruppo proclamava il te
sto, gli altri (cf. la folla o il popolo nel caso del-
lApocalisse) rispondevano con l 'alleluja a met di
ogni versetto. Gi allepoca di Cristo tali salmi ave
vano per gli ebrei un senso escatologico-messianico.
Ma non si tratta, forse, dello stesso senso che hanno
per noi ortodossi, che conserviam o fedelm ente la tra
dizione liturgica della chiesa antica, tradizione che
continua il culto della chiesa primitiva? I versetti con
cui termina il Salmo 118: Questo il giorno che ha
fatto il Signore, esultiamo e rallegriamoci in lui, sono chiaramente escatologici nel culto ortodosso, dato
che questo giorno per noi il giorno della risurre
zione. Lo stesso carattere escatologico presentato
anche dagli ultimi versetti di tale salmo: Benedetto
colui che viene nel Nome del Signore . . . Dio il Signo
re ci illumini! (Sal 118,26-27).Conclusione: lultima cena e lAgnello immolato
per la nostra salvezza non possono essere in tesi senza
riferimento al giorno ultimo, al giorno del Signore, alla parusia e allinstaurazione del regno di Dio.Con le parole di Cirillo di Alessandria, leucaristia
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non solo e semplicemente celebrazione di un tremendo sacrificio , ma dono di immortalit e caparra
di vita eterna 33.Questa conclusione viene rafforzata e convalidata
da unaltra osservazione: la chiesa antica mai ha celebrato la sua ultima cena, leucaristia, nello stessogiorno della morte del Signore, ma dopo di esso. noto dalla storia come i primi cristiani dellAsia Mi
nore nel II secolo festeggiassero la pasqua il 14 di ni-san, cio nel giorno stesso della pasqua ebraica. tuttavia significativo che essi non celebrassero leucaristia se non allaurora dellindomani, una volta cioconclusa la cena pasquale ebraica, nel corso della quale i cristiani digiunavano. Il fatto che la chiesa ortodossa, seguendo la tradizione antica, ancor oggi attenda che prima sia trascorsa la pasqua ebraica e soloallora festeggi la propria pasqua, non si deve, come
viene sovente interpretato, a una sua posizione antiebraica, ma, oltre ad altre motivazioni, al fatto che lapasqua della chiesa, connessa a un clima di gioia edesultanza, non pu precedere il momento temporale
nel quale storicamente si comp lultima cena e che fuseguito dalla crocifissione. Quel tempo tempo di digiuno, mentre la pasqua tempo difesta.
Abbiamo mai riflettuto seriamente sul perch lachiesa ha disgiunto non solo la sua pasqua, ma anchela sua eucaristia, dal digiuno, e lha collegata allo
splendore della risurrezione? significativo, come abbiamo notato precedentemente, che sia stata proibitadalla chiesa la celebrazione delleucaristia in giorni di
33 Homilia X. In mysticam coenam,PG 77,1028B.
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digiuno (leccezione rappresentata dalle feste dellE-saltazione della croce e della memoria del Precursore
confermano la regola). Ci stato, certo, limitato al
periodo della quaresim a34, m a il senso rim ane: l euca
ristia un evento escatologico e non pu che essere
contrassegnata da festa, gioia e splendore. Il suo ca
rattere sacrificale si tramuta in evento di gioia pa
squale, cio escatologica. Non esiste in Cristo sacrifi
cio senza redenzione, e redenzione significa non soloremissione di peccati personali, secondo lo spirito oc
cidentale latino e protestante, ma trasfigurazione fi
nale del mondo, superamento della corruzione e della
morte. Celebrando leucaristia celebriamo un sacrifi
cio sulla croce che assume il proprio senso dalla risur
rezione, risurrezione vista come la prima realizzazione de l regno fu turo nella storia.
Festa pasquale
La pi eloquente dimostrazione del carattere esca
tologico delleucaristia e della sua identificazione con
la pregustazione del regno di Dio il fatto che, fin
dallinizio, essa fu unita alla domenica quale giorno
pi idoneo per la sua celebrazione. C i siamo prim a
riferiti ai quartodecimani dellAsia Minore (II seco
34 Secondo la testimonianza degli storici Socrate (Hist. eccles. 5,22) eSozomeno (Hist. eccles. 7,19), nella chiesa antica, almeno ad Alessandria, in nessun giorno di digiuno di tutto lanno, e non solo della quaresima, si celebrava leucaristia.
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lo d.C.), che festeggiavano la pasqua il 14 del mesedi nisan. Ci sicuramente comportava la celebrazione
delleucaristia al di fuori della domenica, almeno nelgiorno di pasqua. Questa consuetudine cre, come noto, la controversia sulla pasqua che minacci didividere la chiesa antica perch provocava, tra laltro,differenziazioni quanto al tempo del digiuno. In zonecome Roma, per esempio, la chiesa locale celebrava la
pasqua di domenica mentre i quartodecimani giuntiin quella citt dallAsia Minore continuavano a seguire le loro tradizioni. Tuttavia tale consuetudine nontard ad arretrare e si generalizz invece il festeggiamento della pasqua, e la celebrazione delleucaristia,in giorno di domenica. Le testimonianze sul legametra eucaristia e domenica potrebbero partire dagli Atti degli Apostoli (20,7) e dalla Prima lettera ai Corinti (16,2), per giungere allApocalisse (1,10), alla Didach (14,1) e a Giustino (Apologia 1,67), il quale esplicito su questo argomento.
Ma perch la domenica? Cosa ha condotto la chiesa a tale pratica e quale ne il pi profondo significa
to teologico?La domenica il giorno della risurrezionedi Cristo.
Cos la consideravano fin dallinizio i cristiani35, sullabase della testimonianza biblica secondo cui la risurrezione avvenuta il primo giorno dopo il sabato(Mc 16,2; Lc 24,1; cf. Mt 28,1). Ma il significato che
davano fin dallinizio alla risurrezione di Cristo eraassai profondo e veniva necessariamente trasferito sia
35 Alcune testimonianze: Ignazio, A dMagn. 9; Epistula Barnabae 15,8s.; Giustino, Apologia 1,67; Dial. cum Tryph. 41 e 138; Tertulliano, Deorat. 23; Eusebio, Hist. eccles. 3,27,5; Const. apos. 2,59 e 5,20,19.
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alla domenica sia alleucaristia celebrata in quel giorno. Vale la pena annotare alcuni degli aspetti basilaridi tale significato, per meglio comprendere la relazione che intercorre tra eucaristia e regno.
La domenica, in quanto giorno della risurrezione, l'ottavo giorno.La ragione la seguente: in esso iniziala nuova creazione , dato che allora il nostro Cristoapparve risorto dai morti, giorno che ha la prerogati
va di essere sempre il primo. Cristo infatti, che ilprimogenito di tutta la creazione, divenuto ancheprincipio di una nuova stirpe, quella da lui rigenerata 36. Il carattere escatologico dellottavo giorno viene chiarito da Basilio il Grande nella sua opera SulloSpirito santo, quando scrive il seguente passo di im
portanza davvero notevole, che non dobbiamo dimenticare quando parliamo della divina eucaristia:
Per questo noi guardiamo tutti verso oriente mentrepreghiamo; ma pochi sanno che cerchiamo lanticapatria, il paradiso che Dio piant in Eden, in oriente. Noi preghiamo in piedi, il primo giorno dopo il sa-
bato,ma non tutti ne sappiamo la ragione. Non sol-tanto perch, come risorti con Cristo e cercando le cosedi lass, ci ricordiamo, stando in piedi in preghieranel giorno dedicato alla risurrezione, della grazia checi stata donata; ma perch quel giorno sembra esserein qualche modo limmagine delleternit futura. Perquesto, essendo inizio di giorni, da Mos fu chiama
to non primo , ma unico ... come se lo stessogiorno desse inizio sovente al medesimo ciclo. E dav
vero questo stesso giorno unico anche lottavo
36Giustino, Dial. cum Tryph. 138.
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poich significa in s quel giorno realmente unicoe veramente ottavo di cui fa menzione anche il sal
mista in alcuni titoli dei salmi, alludendo alla reintegrazione del creato che seguir a questo tempo, ilgiorno eterno senza sera e senza domani, il secolo senzafine che non invecchier. Necessariamente, quindi, lachiesa educa i propri figli adottivi a compiere le preghiere, in quel giorno, ritti in piedi, affinch nel ricordo continuo della vita senza fine, non ci dimenti
chiamo di fare le provviste per quel viaggio. Ancheogni Pentecoste memoria della risurrezione che noiaspettiamo nell'eternit. Infatti quel giorno primo eunico, moltiplicato sette volte per sette, completa lesette settimane della santa Pentecoste ... Cos imita
per somiglianza lete rnit ... Lusanza della chiesa ciinsegna in questo giorno a preferire la preghiera fatta
stando in piedi: per questa evidente evocazione come se noi trasferissimo la nostra mente dal presente alfuturo37.
Abbiamo riportato per esteso questo lungo passo
perch ci offre n itidam en te il signific ato escatologico
della domenica e delleucaristia che in essa si celebra.Segnaliamo in modo particolare che, secondo Basilio,
il no n g en uflettersi di do m en ica38 viene imp osto n on
solo dal carattere pasquale del giorno (non soltanto
perch . . . ), ma anche d a ll'attesa del secolo fu tu ro , per
cui la nostra mente emigra dal presente al futuro.
37Basilio di Cesarea, De Spiritu Sancto 27,66; tr. it.: Lo Spirito santo,a cura di G. Azzali Bernardelli, Roma 1993, pp. 181-184.
38II divieto di genuflettersi di domenica risale a tempi antichissimi,come testimonia anche Ireneo nella sua opera perduta Sulla Pasqua. Cf. ilframmento 6 nel volume V (p. 174) della collana Bibliothke Ellnon Patron edita dalla Apostolik Diakona.
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Questo forte movimento verso il futuro, e non sem
p licem ente verso le realt del cie lo , in troduce la d i
mensione temporale nellescatologia e ci richiama alla memoria quanto sopra si scritto, a commento di
passi correlativ i d i M assim o il C onfessore: l escatolo
gia della divina liturgia, come quella della domenica,
non una rappresentazione di t ipo platonico di con
dizioni celesti, ma un cammino e un progredire verso il
futuro. Le concezioni di Massimo e Basilio coincidono anche in ordine a questo.
Degno di nota, ancora, il riferimento di Basilio
alla preghiera fatta stando rivolti a oriente. Perch
loriente non solo il luogo del paradiso degli inizi,
ma anche il punto da cui attendiamo larrivo del Si
gnore al momento della sua seconda parusia. Le ragio
ni della preghiera verso orien te - si veda il com pen
dio che ne fa G iovanni D am ascen o39 - sono m oltepli
ci; tra queste, anche la futura venuta dalloriente del
Figlio delluomo testimoniata dalla Scrittura: Come
la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente,
cos sar la venuta del Figlio delluomo (Mt 24,27).
Per questo, dopo aver riportato il passo, il Damasceno conclude: Nellattesa di lui, preghiamo dunque
rivolti a oriente, cio: poich aspettiamo con trepi
dazione la venuta finale di Cristo nella gloria, pre
ghiamo guardando a oriente.
Questo carattere pasquale ed escatologico delleu
caristia ha unulteriore conseguenza: la chiesa nellacelebrazione eucaristica si bagna di luce e si veste di
tutto lo splendore di cui dispone. U n eu ca ristia in ch ie
39De fide orthodoxa 13, PG 94,1136.
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se semioscure per presunte ragioni di compunzione antitetica alla sua stessa natura. Sfortunatamente ilpietismo, che di nascosto si intrufolato nella nostracoscienza e nel nostro culto, ci ha trascinati nella suaerrata concezione secondo cui lo sfarzo dei paramentie dellarredo dei templi qualcosa di male. Quantosia estraneo alla tradizione ortodossa un tale modo diintendere appare da ununica e semplice osservazio
ne: i paramenti pi lussuosi e splendidi della nostrachiesa si trovano nei nostri monasteri, e in particolarmodo al Monte Athos, il pi importante e il pi autorevole centro monastico dellortodossia. Perch dunque il monaco ortodosso autentico, colui che, a sentire i detti dei padri del deserto, dovr indossare un r
son40 di cos poco valore e cos logoro che, se lo appende fuori della porta della cella, sicuro che nessuno sar colto dalla tentazione di rubarlo, perch dunque costui, al momento della liturgia, indossa comecelebrante la veste pi magnifica, e ci senza scandalizzarsi o scandalizzare nessuno? Molto semplicemen
te perch, nella sua coscienza, rimane vivo il carattereescatologico delleucaristia: in essa ci muoviamo nellospazio del secolo futuro, nello spazio del regno. L vi
viamo il giorno eterno senza sera e senza domani, ilsecolo senza fine che non invecchier , secondo l espressione di Basilio. Abbiamo tutta la possibilit diesercitare la nostra umilt al di fuori della liturgia.Non abbiamo il diritto di trasformare leucaristia inoccasione di ostentazione della nostra modestia, n in
40 Mantello nero, dalle maniche larghe, indossato sopra la veste. labito di coro dei monaci, usato anche nel refettorio e nei viaggi [N.d.T.].
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strumento di esperienze psicologiche di compunzione. Del resto, colui che offre e colui che offerto ,
il vero celebrante, Cristo, e precisamente Cristo risorto, quale verr nella sua gloria nellultimo giorno,e quanti celebrano la liturgia non sono che icone diquesto Cristo escatologico. Certamente, poi, lonorereso all icona passa a colui che vi rappresentato 41.
In tal modo, molto dipende, di nuovo, dal fatto se,
nelleucaristia, risaliamo semplicemente al passato ovolgiamo il nostro sguardo verso gli schata, verso ilfuturo.
Tutta lostinazione con cui la chiesa ha rifiutato dicollegare leucaristia allafflizione e alla compunzioneappare ancora dal fatto che, pure nei giorni in cui famemoria dei martiri, in cui rievoca il loro martirio,essa celebra la divina eucaristia con magnificenza pari a quella della domenica. noto come, fin dai primi secoli, sia invalso luso di celebrare leucaristia neigiorni in cui si commemoravano i martiri42 e in seguito tutti i santi. Ci che spesso non si considera cheil martirio dei santi veniva ritenuto, fin dallinizio,
non solo una ripetizione del sacrificio di Cristo sulla croce, ma una rivelazione della gloria del suo regno.Gi la descrizione del martirio di Stefano negli Attidegli Apostoli (7,55 s.) rende chiaro il carattere escatologico che a esso riconosceva la chiesa: Fissandogli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Ges che sta
va alla sua destra, e disse: Ecco, io contemplo i cieli
41 Basilio, De Spiritu Sancto 18,45; espressione celebre, ripresa nellaDefinitio de sacris imaginibusdel concilio Niceno II.
42 A. Phytrakis, Lepsana ka Tphoi tn Martron kat tos tres prtous ainas, 1955, pp. 77 s.
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aperti e il Figlio delluomo che sta alla destra di Dio(il riferimento al Figlio delluomo, che veniva consi
derato una figura escatologica nella Scrittura, caratteristico). Lo stesso dicasi per gli Atti dei martiri, imartirologi della chiesa antica43. La celebrazione delleucaristia nelle commemorazioni dei santi non puessere staccata dal carattere escatologico delleucaristia, la quale, per questa ragione, viene sempre cele
brata con eccezionale magnificenza, anzitutto con lasoppressione del digiuno.
Memoriale del futuro
Leucaristia anmnesis (fare memoria). Ma cosasignifica anamnesis? In psicologia anmnesis significaritornare al passato. Il fondamento di tale nozione platonico o, in generale, greco-antico. Per Platone, inparticolar modo, tutta la verit immagazzinata nel
lanima. Nulla di nuovo pu accadere sotto il sole, secondo la comune espressione. La verit uscita dalla
43 Commovente e rivelatore del carattere escatologico sia del martiriosia delleucaristia il seguente frammento tratto dal martirio di santa Agatonice, pubblicato da Harnack (Die Akten des Karpus, des Papylus
und der Agathonike, Texte und Untersuchungen III,3/4, 1988, pp. 415s ): Una certa Agatonice, che stava l in piedi [durante il martirio di Pa-pilo e Carpo] e aveva negli occhi quella gloria del Signore che Carpo dice
va di vedere, intuito trattarsi di una chiamata al cielo, subito lev la voce: Questo cibo mi stato imbandito dinanzi! Debbo avere anchio lamia parte a questa mensa gloriosa! . chiaro il collegamento tra martirio ed eucaristia, come pure il carattere escatologico di entrambi gli elementi.
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lthe, dalla dimenticanza: altheia, manifestazionedi ci che gi esiste. Per questa ragione il maestronon ha altro compito che quello di aiutare il discepoloa ricordare ci che gi conosce, a fargli partorire, come una levatrice ( il metodo maieutico di Socrate),la verit.
Questa concezione ha il proprio fondamento anchenella logica comune. Nessuno di noi pu capire cosa
voglia dire ricordare le cose future. E questo perchil tempo, nella nostra esperienza di uomini che vivono dopo la caduta, frammentato: si divide inevitabilmente in passato, presente e futuro, con una successione che, a motivo della morte entrata nel mondocon il peccato delluomo, non pu per natura essere
invertita. Cos il futuro viene fisiologicamente dopo ilpassato e il presente; la sua memoria risulta pertantoincomprensibile.
Ma cosa succede in un tempo affrancato da taleframmentariet in ragione dellabolizione della morte? In un simile caso il futuro non separato dal passato e dal presente. Se anzi il futuro a dare senso sia
al passato sia al presente, allora il futuro si trasforma in sorgente da cui entrambi attingono la loro ipostasi. Il futuro acquisisce ipostasi (cf. Eb 11,1), epu essere anticipato e diventare parte della nostramemoria. Si pu in tal modo parlare di memoria delfuturo.
Il fatto che nelleucaristia capiti esattamente questo qualcosa di tanto evidente per chi la studia attentamente, quanto sconosciuto per coloro che siaccostano alleucaristia senza essere coscienti del suocarattere escatologico. Esaminiamo pi da vicino questa rilevantissima questione.
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Lanafora della divina liturgia in uso nella chiesa ortodossa (sia quella di Giovanni Crisostomo, sia quella
di Basilio) contiene la frase seguente, che fonte discandalo per la logica comune: Facendo dunque memoria di questo comandamento salvifico, della croce,del sepolcro, della risurrezione dopo tre giorni, dellascensione ai cieli, della sessione alla destra, della se-conda e gloriosa parusia, offrendo a te le cose tue da
ci che tuo, in tutto e per tutto, ti celebriamo .Ricordare eventi passati (croce, risurrezione) na
turale. Ricordare tuttavia qualcosa che non ancoraaccaduto (la seconda parusia) non pu essere spiegato che trasferendoci in uno spazio esistenziale in cuihanno trovato guarigione la frammentariet e la successione obbligatoria dei tre elementi del tempo (passato, presente e futuro). quel che avviene esattamente nel regno di Dio. In tale regno tutte le realtnon si convertono in presente - ci sarebbe un affrancamento tipicamente platonico dalla morte - manel secolo senza fine che non invecchier (cos chiama il regno Basilio), che essendo la condizione alla fi
ne dominante, la verit (secondo Massimo il Confessore), precede logicamente, dato che ci che dipostasi e significato sia al passato sia al presente. Lafine costituisce la ragione per la quale sussistono sia il passato sia il presente, secondo Massimo44,e di conseguenza il secolo futuro senza fine divie
ne, come gi abbiamo constatato a partire da alcunipassi di Massimo, non un effetto, come invece accade nel nostro tempo posteriore alla caduta, ma la cau-
44 Cf. Quaestiones ad Thalassium60, PG 90,621.
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sa di tutti gli eventi passati e presenti45. La memo
ria dunque di questo futuro senza fine non solo possibile, ma anche ontologicamente determinantenellambito delleucaristia come icona del regno. Ci
viene testimoniato sia dalla descrizione dellultimacena nei vangeli, sia dalla prassi liturgica della chiesa.
Nella descrizione dellultima cena nellevangelo secondo Luca (22,19) un posto eminente occupa la se
guente frase del Signore ai suoi discepoli, frase ripetuta da Paolo (1 Cor 11 ,24-25) e dalle liturgie eucaristiche lungo i secoli: Fate questo in memoria di me".Con la nostra logica comune, determinata dallesperienza del tempo che segue la caduta, come stata danoi sopra descritta, il senso di questa frase sarebbe:
Fate questo per ricordarvi di me . La domanda tuttavia che si impone se il Signore fosse interessato aperpetuare la sua memoria nel pensiero dei discepoli(o, in generale, degli uomini) con la celebrazione delleucaristia, o se non volesse, piuttosto, con la celebrazione eucaristica da parte dei suoi discepoli (e della chiesa) collegare leucaristia con la memoria eternadi Dio nel regno che avrebbe stabilito.
Linterrogativo ha sollevato parecchie discussioni trai biblisti da quando Joachim Jeremias, nellopera cheabbiamo citato, con seri argomenti ha confutato laprima opinione e sostenuto la seconda, arrivando al
45 La questione era gi stata sollevata nel II secolo d.C. in relazione allabrogazione di alcune prescrizioni della legge mosaica (circoncisione,sacrifici, ecc.) da parte del NT. La risposta data da Ireneo rimane la basedel pensiero di Massimo: un evento futuro (la venuta di Cristo) pu sopprimere un evento del passato (ad es. i sacrifici dellAT) non perch questultimo fosse cattivo e dovesse scomparire, ma perch sussisteva soltanto a motivo dellevento futuro, il quale gli conferiva senso e ipostasi.
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punto di formulare la tesi estrema secondo cui Cristoavrebbe comandato di celebrare leucaristia perchDio si ricordasse di lui (come Messia) nella parusia.Non ci occuperemo di tali discussioni che, del resto,non concernono direttamente la nostra tematica intutti i loro aspetti. Quello che ci interessa stabilirese la memoria di Cristo nelleucaristia sia memoriapsicologica umana di un evento del passato o se si le
ghi al futuro, al regno, e ci non solo psicologicamente, ma ontologicamente.
Se vogliamo servirci di Paolo come ermeneuta dellafrase in memoria di me , saremo portati senza dubbio a concludere che la memoria eucaristica orientaverso la parusia. La spiegazione, infatti, fornita da
Paolo allespressione in memoria la seguente: conleucaristia voi annunciate la morte del Signore finch egli venga (1 Cor 11 ,2 6 ). Come annota Jeremias,lespressione finch egli venga viene usata nel Nuovo Testamento in riferimento agli schata46; il suo senso nel caso concreto che nelleucaristia la morte delSignore non viene annunciata come evento del passato, ma nella prospettiva della parusia. Cos si spiegaanche il collegamento delleucaristia con lacclamazione marana' tha', che Paolo conosce e alla cui importanza ci siamo gi riferiti.
Nelleucaristia dunque collochiamo gli eventi e lepersone del passato e del presente nel contesto del re
gno che verr, e ci non solo psicologicamente (conun movimento dellimmaginazione in direzione del
46 In particolare, chri ho(finch) introduce espressioni analoghein Lc 21,24; Rm 11,25 e 1Cor 15,25. Cf. J. Jeremias, Le parole dellulti-ma cena, p. 316.
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futuro), ma ontologicamente, al fine cio di dare ipostasi a questi eventi e a queste persone, cos che nonscompaiano (in forza del tempo e della morte) e vivano eternamente. Simile sopravvivenza eterna degli
eventi e degli esseri non pu essere garantita tramitela loro collocazione nella memoria umana. La memoria umana viene e se ne va, perch una memoria
creata. Quando come chiesa preghiamo per la me
moria eterna di qualcuno, non intendiamo che questa persona sopravviva nella nostra memoria uma
na: ci avrebbe scarsa rilevanza, dato che la memoriaumana, in quanto creata, passa. Intendiamo la sopravvivenza di questa persona nella memoria di Dio. Solo
cose e persone che esistono nel pensiero di Dio esi
stono realmente. Quando Dio pronuncia i l t remendo:
Non vi conosco (Mt 25,12), le conseguenze nonsono psicologiche, ma ontologiche; allo stesso modoquando afferma: Non mi r icorder pi dei loro pec
cati (Eb 8,12; 10,17), le conseguenze sono di ordineontologico pe r i peccati concreti. Inversam ente, q ua n do Dio si ricorda di qualcosa o di qualcuno, non
agisce psicologicamente - non ha daltronde senso introdurre la psicologia nellessere di Dio, come ha fatto Agostino con la sua teologia trinitaria - ma procede a un atto creativo e ontologico con cui viene accol
to esistenzialmente lessere concreto47.Siamo cos giunti alla liturgia eucaristica. Elemento
fondamentale ed essenziale di ogni liturgia eucaristica
47 Lespressione Ricordati di me, Signore, quando verrai nel tuo regno, che dai tempi del buon ladrone ripetiamo nella chiesa, testimoniache il regno lo spazio entro cui la nostra ipostasi garantita, in ragionedel fatto che a ricordarsi di noi Dio e non sono semplicemente degli uomini (Ricordati, Signore
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la commemorazione. Non c eucaristia in cui, in un
modo o in un altro, non vengano ricordati eventi (anzitutto levento della creazione del mondo e gli eventi
relativi alla vita terrena di Cristo), ma anche nomi.
Che senso ha questultima commemorazione allinter
no delleucaristia?
Come la nostra l i turgia si andata configurando,
difficile discernere il senso della commemorazione
dei nomi. Tre sono essenzialmente i momenti in cuivengono, attualmente, ricordati dei nomi nella l i tur
gia. Il primo nella proskomid, quando cio i fedeli
consegnano i doni ai celebranti (sacerdoti e diaconi)
prim a della div ina liturgia, perch con essi preparino
leucaristia. Questo punto, per ragioni pratiche, alla
fine diventato il momento per eccellenza di commemorazione di nomi, durante il quale si estraggono le
particole (mer des) d i quan ti vengono ricordati, per
collocarle nel disco accanto allAgnello e infine, as
sieme a questultimo, nel calice48. Tutto il rito, cos
48 Suscita ampia discussione il fatto se le particole corrispondenti allaVergine, ai santi e ai fedeli debbano o meno essere poste nel calice, assieme allAgnello, al momento della comunione. Se ci avvaliamo di criteristorico-filologici sembra che una simile mescolanza non trovi il favoredelle testimonianze storiche (cf. I. Foundoulis, Apantseis s Leitour-ghiks, Kanoniks ka lles Apores, in Ephemrios 43 [1994], pp.208.239 s.). Comunque sia, da un punto di vista teologico questa mescolanza significativa. Il corpo di Cristo nelleucaristia corpo che com
prende i "molti" (1Cor 10,17) e specialmente i santi e i fedeli commemorati, di cui vengono estratte le particole, per testimoniare il carattere ipostatico di ciascuno di loro. La comunione al corpo di Cristo nelleucaristia nel contempo comunione con i santi e i fedeli commemorati (cf.Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa 13, PG 94,1153: Viene dettaed veramente comunione, perch attraverso di essa noi entriamo in comunione con Cristo ... ma anche perch, tramite essa, noi entriamo incomunione e ci uniamo tra noi... e diventiamo gli uni membra degli altriessendo con-corporei con Cristo. Lestrazione delle particole certa-
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come ora si celebra, privo di chiaro riferimento al
regno futuro; i suoi riferimenti simbolici sono es
senzialmente al sacrificio di Cristo sulla croce. Tale
rito venne introdotto a poco a poco, solo a partire
dallVIII secolo; non costituisce una parte dellanafora
eucaristica, la quale, come offerta e sacrificio dellA-
gnello escatologico, ha luogo pi tardi. In tal modo,
lespressione Ricordati, Signore che accompagna in
quel momento lestrazione delle particole non devessere ritenuta la commemorazione in senso proprio di
qu an ti vengono ricord ati, vivi o defun ti .
Laltro momento che ospita la commemorazione
dei nomi quello del grande ingresso, specie quan
do a celebrare un vescovo. Leventualit che il pre
sule officiante ricordi alcuni nomi nel momento in cuiriceve dai presbiteri e dai diaconi i doni del popolo
devessere collegata con il fatto che il vescovo non as
siste alla preparazione dei doni (la proskomid), da
to che entra nel tempio solo in occasione del piccolo
ingresso. Cos anche questa commemorazione di no
mi non devessere considerata come la commemora
zione eucaristica in senso proprio, ma come un prolungamento della commemorazione della proskomid,che inizialm ente veniva celebrata in qu el m om en to49
e che pure non fa parte dellanafora in senso stret-
mente prassi posteriore, ma incomprensibile senza la loro coincorporazione nel corpo di Cristo). Senza una tale comunione non ha senso ncommemorare n porre le particole accanto allAgnello. Ci che lava i
peccati dei commemorati non il loro contatto con lAgnello, ma la loroincorporazione in lui. Altra questione, certo, lelevazione dellAgnello ilquale, in quanto unico santo e unico Signore (Uno solo santo, uno solo Signore), in quanto capo del corpo, viene elevato e adorato da solo.
49 I. Foundoulis, Apantseis eis Leitourghikas Aporas IV, Athna1982, pp. 289 s.
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to50. comunque meritevole di attenzione il fattoche lacclamazione Di noi tutti si ricordi il Signore
Dio , come pure la memoria che in essa viene fattadei nomi, presentano un chiaro riferimento al regno: Nel suo regno .
Resta cos il terzo momento di commemorazione,che il momento per eccellenza dell'anmnesis, dellamemoria eucaristica: ci riferiamo al momento della
nafora. Costituisce una vera disgrazia il fatto che lacommemorazione dei nomi abbia ormai smesso di essere fatta in quel momento e sia stata relegata, per ragioni pratiche, quasi esclusivamente alla proskomid.Perch, in tal modo, viene a scomparire tutto il significato teologico di questatto. Ma qual questo significato?
Se risaliamo di nuovo ai padri, come sempre facciamo nel presente studio, possiamo attingere da Cirillo
50 Come effetto dell accesso anticanonico del vescovo al santuario prima del piccolo ingresso per indossare i paramenti (cf. supra, n. 26), invalso luso che il sacerdote celebrante completi e copra laproskomidal
momento dell'rthros. Non senza significato il fatto che i vescovi deitempi pi antichi mai facessero tale cosa, ma commemorassero e completassero laprthesisal momento dell inno cherubico. Tale ordine, in quanto pi antico, costituisce unindicazione sia del fatto che il rito dellapro-skomidveniva originariamente celebrato in quel momento, sia del fattoche il vescovo non si trovava nel santuario prima del piccolo ingresso.Generalmente non certo se il vescovo inizialmente avesse un qualunquecontatto e rapporto con laproskomid,persino quando fu introdotto questo rito, dato che lo skeuophylkiono laprthesis,dove venivano consegnati i doni e avveniva la preparazione, almeno a Costantinopoli, costi
tuivano un edificio particolare e indipendente accanto al tempio (T. Ma-thews, The Early Churches of Constantinople, 1971, pp. 13-18.158 s.).Del resto, al momento dell inno cherubico e non durante l rthrosche il
vescovo deve lavarsi le mani davanti al popolocome attopubblicodi purificazione e di richiesta di perdono in vista della celebrazione delleucaristia. Questo gesto viene omesso, e non certo un bene: ha un caratterefondamentale che testimoniato da fonti assai antiche (Cirillo di Gerusalemme, ecc.).
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di Gerusalemme51 informazioni utili. Nella sua spiegazione dellanafora eucaristica, Cirillo la consideranella sua totalit una commemorazione. Nella preghiera anaforica, che inizia subito dopo linvito: Rendiamo grazie al Signore e la risposta del popolo: cosa buona e giusta , Commemoriamo dice - il cielo,la terra, il mare ... e ogni creatura razionale e irraziona-le ... angeli, arcangeli, ecc. , cio la creazione di Dio
che, con questa commemorazione, partecipa anches-sa, in qualche modo, al mistero-sacramento delleucaristia. Dopo lepiclesi dello Spirito santo e la trasmutazione degli elementi in corpo e sangue di Cristo, alcospetto di quella vittima di propiziazione facciamomemoria dapprima dei vivi (chiese, re, eserciti, malati
e in generale di tutti coloro che hanno bisogno diaiuto ) e poi di quanti si sono addormentati (patriarchi, profeti, apostoli, martiri, ... vescovi) e in ge-nerale di tutti coloro che ci hanno preceduti nel sonnodella morte, credendo che ne derivi sommo giovamento alle anime per le quali si innalza la supplica quando presente sullaltare il santo e tremendo sacrificio .
Da queste parole e da quanto Cirillo scrive nel prosieguo si deduce che la commemorazione sia dei vivisia dei morti collegata organicamente e prende tuttoil suo significato dal santo e tremendo sacrificio cheviene presentato", cio dal sacrificio offerto a Dio inquel momento. Quello, pertanto, il tempo per com
memorare vivi e defunti, atto che comporta un sommo giovamento per gli stessi52. Dato allora che nella
51 Cf. Le catechesi23,6-9.52 Una nota sulla cosiddetta commemorazione episcopale : si im
posta la consuetudine di effettuare commemorazioni episcopali quando
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santa anafora del sacrificio coloro che vengono ricordati sono presentati davanti a Dio in memoria eterna , essi, grazie al sacrificio dellAgnello, non soloottengono il perdono, ma ricevono anche vita eterna , cio unipostasi vera. Alla domanda: Cosa gio
va a unanima che lascia questo mondo con o senzapeccati, lessere ricordata nel sacrificio? (leterna domanda razionalistica, che sottomette alla legge del
peccato la libert della grazia divina e la potenza delleucaristia, che essa discredita come una presuntaazione magica), Cirillo d la risposta categorica: noicrediamo fermamente che con leucaristia rendiamo propizio, sia per loro sia per noi [cio per quantisono commemorati], il Dio amico degli uomini , per
fino se sono peccatori (anche se peccatori), perchoffriamo Cristo immolato per i nostri peccati .A questo punto si pone il problema dei dittici53 e
della sorte che ha infine avuto questo elemento cosessenziale delleucaristia. Non ci interessa qui la questione dellapparizione e dellevoluzione storica deidittici nella prassi liturgica54. Faremo soltanto alcune
non il vescovo a celebrare la liturgia. Ma se il vescovo non offre il sacrificio e non ricorda nellanafora colui per il quale la commemorazioneviene compiuta, allora tutto il senso della commemorazione episcopalescompare. La commemorazione si riduce a un Trisaghion episcopale (inun ambiente come quello del Patriarcato ecumenico stato sempre inconcepibile celebrare una commemorazione episcopale senza una liturgia
episcopale).53 Sono cos chiamati i cataloghi liturgici dove venivano trascritti i no
mi dei vescovi e dei fedeli vivi e defunti da commemorare. Si trattava diuna coppia di tavolette congiunte a cerniera o di un foglio piegato in due(di qui il nome: dptychon,che si