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A L E S S A N D R O M A N Z O N I

Alessandro Manzoni

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Page 1: Alessandro Manzoni

ALESSANDRO

MANZONI

Page 2: Alessandro Manzoni

1785: nasce a Milano

1791-1800: studia presso i Somaschi e i

Barnabiti

1801-05: primi componimenti poetici di stile neoclassico

1805-07: soggiorno a

Parigi.Amicizia con gli

idéologues

1808: sposa Enrichetta Blondel

1810: conversione al cattolicesimo

1811-15: compone i primi

quattro inni sacri.

1817-19: la Pentecoste

1816-19: Il Conte di Carmagnola

1820-21: Adelchi. Nell’aprile 1821 inizia I

promessi sposi. Scrive Il cinque maggio

1827: prima edizione a

stampa de I promessi sposi

1840-42: seconda

edizione de I promessi

sposi

1868: interpellato dal Ministro Broglio

scrive una Relazione intorno all’unità della lingua e ai

mezzi per diffonderla

22 maggio 1873:

muore a Milano

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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L’IDEOLOGIA: le influenze culturali…Classicismo giovanile

Inclinazione alla cultura illuministica e razionalista del tardo Settecento milanese, filtrata anche da una memoria familiare

la madre era figlia di Cesare Beccaria, autore del trattato giuridico Dei delitti e delle pene e animatore della rivista “Il Caffè”.

Incontro con gli Idéologues durante il soggiorno parigino

Incontro con la cultura romantica

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• valori umani di libertà e giustizia reinterpretati in chiave cristiana

• condanna dei pregiudizi

• funzione educativa dell’arte

L’IDEOLOGIA: le influenze culturali…

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• interesse per le masse anonime, di cui la storia ufficiale non parla

• attenzione al carattere popolare e nazionale della letteratura

L’IDEOLOGIA: le influenze culturali…

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• storicismo, ovvero interesse e attenzione ai fatti storici

• forte attenzione al dramma degli “umili” (non tanto in termini sociali o economici, ma psicologici e interiori)

• adesione ad una letteratura civile e impegnata su più fronti, da quello etico a quello storico

L’IDEOLOGIA: le influenze culturali…

demolizione dei pregiudizi estetici neoclassici

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..la concezione della storia

posizioni antilluministe: negazione della fiducia nel progresso

pessimismo storico: la vittoria del male e della violenza

fine provvidenziale della storia

indagine storica fondata sulla fusione tra ragione e cattolicesimo

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LA POETICA

Nella Prefazione di Il conte di Carmagnola (1820) Manzoni argomenta i cambiamenti più significativi che ha portato nella rappresentazione del dramma storico, in particolare l'introduzione del Coro. Quest’ultimo permette all’autore di esprimere idee e sentimenti propri senza immedesimarsi nei personaggi, vale a dire come “cantuccio”; in questo modo la realtà storica (il “vero”) viene separata dalla fantasia e dalle passioni del poeta, e quindi rispettata.

M’è parso che, se i Cori dei greci non sono combinabili col sistema tragico moderno, si possa ottenerne in parte il loro fine, e rinnovarne lo spirito, inserendo degli squarci lirici composti sull'idea di que’ Cori. Se l'essere questi indipendenti dall'azione e non applicati a personaggi li priva d'una gran parte dell'effetto che producevano quelli, può però, a mio credere, renderli suscettibili d'uno slancio più lirico, più variato e più fantastico […] Hanno finalmente un altro vantaggio per l'arte, in quanto, riserbando al poeta un cantuccio dov'egli possa parlare in persona propria, gli diminuiscono la tentazione d'introdursi nell'azione, e di prestare ai personaggi i suoi propri sentimenti: difetto dei più notati negli scrittori drammatici.

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Nella Lettera al signor Chauvet (1823) Manzoni analizza il rapporto che intercorre tra poesia e storia.

• il compito del poeta è diverso da quello dello storico, perché è differente il modo in cui poesia e storia affrontano il vero. Lo storico L’artista espone e precisa indaga e intuisce

i fatti la dimensione umana dei protagonisti della storia (grandi e umili) ricavati da non si ricava da è svelata da le fonti ufficiali immaginazione e “simpatia” testimoniano solo permettono di intuire I grandi avvenimenti… i segreti più intimi i grandi destini del cuore degli uomini

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Dunque tra storia e poesia c’è una integrazione reciproca: il vero poetico completa e interpreta il vero storico. Pertanto l’opera letteraria ha valore:

• etico, perché ricostruisce il significato morale della storia nell’intreccio tra dramma degli individui e contraddizioni di un’epoca;

• religioso, perché interpreta la realtà storica alla luce del mistero dell’animo e della presenzia di Dio nelle vicende umane (Tutto ciò che la volontà umana ha di forte e di misterioso, tutto ciò che la sventura ha di religioso e di profondo, il poeta può intuire…)

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Nella lettera a Cesare d’Azeglio “Sul Romanticismo” Manzoni distingue due aspetti del romanticismo: la parte negativa, che consiste in tutto ciò che il movimento rifiuta; la parte positiva, che comprende i principi essenziali della nuova concezione dell’arte.

LA PARTE NEGATIVA - Il poeta moderno e romantico:• rifiuta la mitologia, perché culto idolatra, perché trasmette valori e passioni terrene non compatibili con il pensiero religioso• rifiuta le regole, perché sono di impaccio agli scrittori di genio e un’arma in mano ai “pedanti”; in particolare Manzoni rifiuta le unità aristoteliche di luogo e di tempo perché tradiscono il vero della storia umana e lo scopo morale dell’opera letteraria; esse infatti costringono l’autore a portare in scena azioni e circostanze forzate, passioni eccessive e temi esasperati• rifiuta l’imitazione banale dei classici ma non il loro studio

LA PARTE POSITIVA - Elementi essenziali della poesia• L’interessante per mezzo. La poesia deve proporre materiali e motivi che aprono nuovi orizzonti culturali e morali• L’utile per scopo. La poesia deve avere un fine educativo e deve essere un ripensamento critico sull’uomo e sul suo rapporto tra bene e male• Il vero per oggetto. Manzoni rifiuta una concezione della poesia come invenzione dei fatti. Il fine di quest’ultima è di completare la storia. Infatti alla storia (vero storico) è affidato l’esposizione obbiettiva dei fatti, invece alla poesia (vero poetico) è delegata l’analisi dei sentimenti e dei pensieri.

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“Quanto alla mitologia, i Romantici hanno detto, che era cosa assurda parlare del falso riconosciuto, come si parla dei vero, per la sola ragione, che altri, altre volte, l'hanno tenuto per vero; cosa fredda l'introdurre nella poesia ciò che non richiama alcuna memoria, alcun sentimento della vita reale; cosa noiosa il ricantare sempre questo freddo e questo falso; cosa ridicola ricantarli con serietà, con un'aria reverenziale, con delle invocazioni, si direbbe quasi ascetiche.I Classicisti hanno opposto che, levando la mitologia, si spogliava la poesia d'immagini, le si levava la vita. I Romantici risposero che le invenzioni mitologiche traevano, al loro tempo, dalla conformità con una credenza comune, una spontaneità, una naturalezza, che non può rivivere nelle composizione moderne, dove stanno a pigione.”

“Ma la ragione, per la quale io ritengo detestabile l’uso della mitologia, e utile quel sistema che tende ad escluderla, non la direi certamente a chiunque, per non provocare delle risa, che precederebbero, e impedirebbero ogni spiegazione; ma non lascerò di sottoporla a Lei, che, se la trovasse insussistente, saprebbe addirizzarmi, senza ridere. Tale ragione per me è, che l’uso della favola è idolatria. Ella sa molto meglio di me, che questa non consisteva soltanto nella credenza di alcuni fatti naturali e soprannaturali: questi non erano che la parte storica; ma la parte morale era fondata nell’amore, nel rispetto, nel desiderio delle cose terrene, delle passioni, de’ piaceri portato fino all’adorazione, nella fede in quelle cose come se fossero il fine, come se potessero dare la felicità, salvare. L’idolatria in questo senso può sussistere anche senza la credenza alla parte storica, senza il culto; può sussistere purtroppo anche negli intelletti persuasi della vera Fede: dico l’idolatria, e non temo di abusare del vocabolo, quando San Paolo l’ha applicato espressamente all’avarizia, come ha anche chiamato Dio de’ golosi il ventre.”

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“Quello che i Romantici combattevano, è il sistema d'imitazione, che consiste nell'adottare e nel tentare di riprodurre il concetto generale, il punto di vista dei classici, il sistema, che consiste nel ritenere in ciascun genere d'invenzione il modulo, ch'essi hanno adoprato, i caratteri che ci hanno impressi, la disposizione, e la relazione delle diverse parti; l'ordine e il progresso de' fatti, ecc. Questo sistema d'imitazione, dei quale ho appena toccati alcuni punti; questo sistema fondato sulla supposizione a priori, che i classici abbiano trovati tutti i generi d'invenzione, e il tipo di ciascheduno, esiste dal risorgimento delle lettere; forse non è stato mai ridotto in teoria perfetta, ma è stato ed è tuttavia applicato in mille casi, sottinteso in mille decisioni, e diffuso in tutta la letteratura.”

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“E quale in fatti, aggiungevano i Romantici, è l’effetto più naturale del dominio di queste regole? Di distrarre l’ingegno inventore dalla contemplazione del soggetto, dalla ricerca dei caratteri propri e organici di quello, per rivolgerlo e legarlo alla ricerca e all’adempimento di alcune condizioni affatto estranee al soggetto, e quindi d’impedimento a ben trattarlo. E un tale effetto non è forse troppo manifesto? Queste regole non sono forse state per lo più un inciampo a quelli, che tutto il mondo chiama scrittori di genio, e un’arme in mano di quelli, che tutto il mondo chiama pedanti? […] Il fine di quelle proposizioni era di sbandire ogni regola dalle cose letterarie, d'autorizzare, di promuovere tutte le stravaganze, di riporre il bello nel disordinato. “

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“Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico. Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso mi sembra poter esser questo: che la poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere gli argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più colta, una disposizione di curiosità e di affezione, nata da rapporti reali, a preferenza degli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, e la moltitudine una riverenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello: giacché e nell’uno e nell’altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione del vero; è quindi temporario e accidentale. Il diletto mentale non è prodotto che dall’assentimento ad una idea; l’interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti di assentimento e di riposo: ora quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso e quindi l’impossibilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto e l’interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di far nascere.”

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“Ma, obietterà qualcuno, se si toglie al poeta ciò che lo distingue dallo storico, cioè il diritto di inventare fatti, cosa gli resta? Cosa gli resta? la poesia; sì, la poesia. Perché, in sostanza, cosa ci dà la storia? avvenimenti noti, per così dire, solo esteriormente; ciò che gli uomini hanno fatto; ma ciò che hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro deliberazioni e i loro progetti, i loro successi e insuccessi, i discorsi con i quali hanno fatto e cercato di far prevalere le loro passioni e le loro volontà su altre passioni e altre volontà, con i quali hanno espresso la loro collera, effuso la loro tristezza, con i quali in una parola, hanno manifestato la loro individualità, tutto ciò, tranne pochissimo, è passato sotto silenzio dalla storia, e tutto ciò forma il dominio della poesia.”

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Anche la “questione della lingua” riveste un ruolo centrale nell’opera manzoniana, come testimoniano numerosi saggi e lettere e la rielaborazione quasi ventennale dei Promessi sposi. Manzoni aveva una concezione popolare della letteratura: il pubblico al quale intendeva rivolgersi non era solo quello degli intellettuali e dei letterati ma quello, più vasto, medio-borghese. Di qui sorge l’esigenza di una lingua viva e comprensibile a tutti, constatata la differenza tea le parlate regionali e la lingua scritta.

Concezione popolare della letteratura (Berchet e “Il Conciliatore”)

La questione Lettera a Giacinto Sulla lingua italiana (1850) e Dell’unità della linguistica lingua (1868):necessità di una lingua unitaria per rafforzare il processo di unificazione Fermo e Lucia (1821-23): lingua mista, Le soluzioni letteraria e d’uso linguistiche nei Promessi sposi I Promessi sposi(1827): toscanizzazione “libresca”(autori del Trecento e del Cinquecento)

I Promessi sposi (1840): impiego del toscano parlato