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IL NUOVO FALSO IN BILANCIO Dott. Alessio Baracco Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Venezia, 23 febbraio 2016 Lectio Magistralis tenuta al corso di revisione contabile del prof. Simonato Università CaFoscari di Venezia

Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

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IL NUOVO FALSO IN BILANCIO

Dott. Alessio Baracco

Ordine dei Dottori Commercialisti

e degli Esperti Contabili di Padova

Venezia, 23 febbraio 2016

Lectio Magistralis

tenuta al corso di revisione contabile del prof. Simonato

Università Ca’ Foscari di Venezia

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IL CASO

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

La sede della Fondazione Cariparo in piazza Duomo a Padova

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Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

IL CASO

La Fondazione Cariparo è una Fondazione di origine bancaria, nata nel

dicembre 1991 per effetto della riforma del sistema bancario italiano introdotta

dalla legge n. 218 del 30 luglio 1990, nota come legge Amato.

La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con 1,7 miliardi di euro

di patrimonio (al 31 dicembre 2012) è la quinta fondazione di origine bancaria

italiana per dimensioni patrimoniali. E’ un ente di diritto privato senza scopo di

lucro che opera per promuovere lo sviluppo sociale ed economico delle

comunità delle province di Padova e Rovigo. In particolare, gestisce il

patrimonio per produrre reddito e promuove, sostiene e realizza progetti per

l’utilità collettiva quali la ricerca scientifica, l’istruzione, lo sport, la protezione

civile, l’assistenza alle categorie più deboli, la salute, l’ambiente e la cultura.

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IL CASO

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Indagini:

Il Nucleo di polizia tributaria avviò a fine 2013 una verifica fiscale per quanto

riguardava l’Iva, le imposte sui redditi e altri tributi per il periodo che va dal

2007 al 2012.

L’accertamento riguardava l’omessa dichiarazione dei redditi per cinque anni

consecutivi con conseguente elusione fiscale per un totale di circa 400 milioni di

euro.

Secondo la difesa della Fondazione, le dichiarazioni erano state correttamente

predisposte nel loro contenuto e oggetto di puntuale pagamento delle imposte

dovute ma non sono state inoltrate all’Agenzia delle Entrate per un

inadempimento imputabile esclusivamente ad un dipendente, all’epoca dei fatti

responsabile amministrativo e incaricato degli adempimenti fiscali e contributivi.

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Inoltre, la Guardia di Finanza contestava alla Fondazione la vendita di titoli

azionari effettuata nel 2005, avvalendosi di esenzione fiscale che una legge

prevedeva per differenziare il patrimonio azionario delle fondazioni di origine

bancaria, perfezionatasi giuridicamente nel 2006 e nel 2007, anni in qui questa

agevolazione non era più prevista.

Detta interpretazione non fu condivisa dalla Fondazione e fu oggetto di

contestazione con adeguate argomentazioni giuridiche.

Secondo la difesa, la vendita dei titoli azionari era stata preventivamente

sottoposta al Ministero del Lavoro, organo di vigilanza, che l’aveva esaminata ed

autorizzata in quanto rispondente alle raccomandazioni dello stesso Ministero in

materia di diversificazione del rischio degli investimenti di fondazioni di origine

bancaria. L’intera operazione era stata poi riportata secondo la Fondazione con la

massima trasparenza nel bilancio di esercizio anno 2005.

IL CASO

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

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L’indagine in merito agli accertamenti fiscali in capo alla Fondazione sono stati

archiviati per insussistenza di profili penali a carico del Presidente della

Fondazione. Le memorie difensive hanno smentito l’accusa di elusione

dimostrando che gli investimenti compiuti erano conformi alle normative di

legge: l’operazione finanziaria era rischiosa ma legittima.

Inoltre, la Fondazione ha giustificato l’omessa presentazione delle dichiarazioni

dei redditi come un errore di un dipendente che per manifesta incapacità non

aveva mai spedito le dichiarazioni per via telematica all’Agenzia delle Entrate,

falsificando poi la ricevuta di trasmissione.

Inoltre, l’ente ha dimostrato di aver sempre versato le imposte previste pertanto

l’omessa dichiarazione risultava ininfluente ai fini fiscali.

Dopo i controlli la Fondazione aveva presentato tutte le dichiarazioni dei redditi

contestate ed ha risolto il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate oltre che

l’indagine penale.

IL CASO

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

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Con tale termine si identificano le quattro società di revisione leader

nel mercato mondiale della revisione:

- PricewaterhouseCoopers (Pwc)

- Ernest & Young

- Deloitte Touche Tohmatsu

- KPMG

Società di revisione

BIG FOUR

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Caso Parmalat

Il caso Parmalat è stato il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta

e aggiotaggio compiuto da una società privata in Europa.

Furono coinvolte due società di revisione: Grant Thornton e Deloitte &

Touche; la prima aveva certificato i bilanci della società dal 1990 al

1998 quando l’incarico fu conferito alla Deloitte & Touche.

Furono condotte due indagini parallele: la prima per aggiotaggio,

ostacolo alla vigilanza, falso in comunicazioni (sociali e ai revisori) e

ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob; la

seconda per associazione a delinquere e bancarotta.

La società Grant Thorton (oggi Italaudit) venne condannata con una

sanzione pecuniaria di 240 mila euro e 400 mila di confisca.

Mentre la società di revisione Deloitte &Touche ha corrisposto a

Parmalat Spa la somma di 149 milioni di dollari per risarcimento danni.

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Caso Parmalat COMUNICATO STAMPA

Accordo transattivo fra Parmalat S.p.A. e altre società del Gruppo e Deloitte &

Touche S.p.A. e Dianthus S.p.A.

Parmalat S.p.A. e Deloitte & Touche S.p.A. e Dianthus S.p.A. (la società che ha operato in

Italia sotto il nome di Deloitte & Touche fino a luglio 2003) comunicano che in data

odierna l’azione per risarcimento danni iniziata da Parmalat S.p.A. contro Deloitte &

Touche S.p.A. e Dianthus S.p.A. è stata transata. Sono state anche transate le pretese

riconvenzionali fatte valere da Deloitte & Touche S.p.A. e Dianthus S.p.A. contro

Parmalat S.p.A. Deloitte & Touche S.p.A. e Dianthus S.p.A. si sono impegnate a

corrispondere in favore di Parmalat S.p.A. un corrispettivo valutato in US$ 149.000.000. A

seguito della transazione Parmalat S.p.A. e Deloitte & Touche S.p.A. e Dianthus S.p.A. si

sono impegnate a ritirare tutte le azioni pendenti e le reciproche pretese. La transazione

pone termine ad anni di attività investigativa compiuta da Parmalat e ad approfondita

istruttoria delle parti in relazione alle azioni civili negli Stati Uniti. Essa è stata agevolata

da varie autorità giudiziarie e amministrative. In base alla transazione, Deloitte & Touche

S.p.A. e Dianthus S.p.A. si sono riservate l’opzione, contro pagamento dell’importo di $

15 milioni, di risolvere la transazione entro 60 giorni ove non ottenessero, entro tale

periodo, un “contribution bar” in base all’Illinois Joint Tortfeasor Contribution Act.

Parmalat S.p.A. e Deloitte & Touche S.p.A. esprimono soddisfazione per la transazione

raggiunta, la quale pone le basi per relazioni future di reciproca soddisfazione. Parmalat

S.p.A. e Deloitte & Touche S.p.A. intendono collaborare in futuro.

Collecchio, 12 gennaio 2007

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Del Collegio Sindacale

L’attività del Collegio Sindacale è regolato dal codice civile, libro V- Del

Lavoro, sezione VI-bis – Dell’amministrazione e del controllo, paragrafo 3, agli

articoli:

• Art.2399- «Cause d’ineleggibilità e di decadenza»

• Art.2403- «Doveri del collegio sindacale»

• Art.2403-bis- «Poteri del collegio sindacale»

• Art.2406- «Omissioni degli amministratori»

• Art.2407- «Responsabilità»

• Art.2409- septies- «Scambio di informazioni»

• Art.2429- «Relazione dei sindaci e deposito del bilancio»

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Falso in bilancio

Il falso in bilancio nel diritto societario è la compilazione di ‘‘false

comunicazioni sociali’’ ovvero una rendicontazione non veritiera e corretta dei

fatti accaduti e degli indicatori di rilievo che dovrebbero essere espressi nel

bilancio d’esercizio di un’azienda.

L’art. 2423 c.c., secondo comma, stabilisce che: «il bilancio deve essere redatto

con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione

patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio».

La compilazione corretta del bilancio è obbligatoria e inderogabile, in quanto i

terzi possono reperirvi le informazioni necessarie per assumere delle decisioni

commerciali.

Una redazione non corretta implica necessariamente una falsità di

rappresentazione della situazione aziendale ed è considerata dal nostro

ordinamento una frode e punita come reato.

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Falso in bilancio

Nell’ordinamento civile italiano il falso in bilancio è regolato dal libro V, titolo

XI- Disposizioni penali in materia di società e consorzi, capo I, del codice

civile:

‘‘Delle falsità’’

• Art. 2621: «False comunicazioni sociali»

• Art. 2621- bis: «Fatti di lieve entità»

• Art. 2621- ter: «Non punibilità per particolare tenuità del fatto»

• Art. 2622: «False comunicazioni sociali nelle società quotate»

• Art. 2625: «Impedito controllo»

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Falso in bilancio

-Storia-

Testo originario

Nel codice civile il falso in bilancio era inizialmente contemplato solo nell’art.

2621, «false comunicazioni ed illegale ripartizione degli utili», la sanzione

prevista era la reclusione da 1 a 5 anni e una multa da 10.000 a 100.000 lire.

Riforma del 1986

Il Decreto 30/1986 ha modificato l’articolo in «false comunicazioni ed illegale

ripartizione di utili o di acconti sui dividenti», il nuovo reato era sanzionato con

la reclusione da 1 a 5 anni e un’ammenda da 2 milioni a 20 milioni di lire.

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Falso in bilancio

-Storia-

Riforma del 2002

Il D.lgs. n. 61 del 11 aprile 2002 modificò profondamente il titolo XI del libro

V del codice civile riguardanti le disposizioni penali in materia di società e

consorzi.

Nello specifico, aveva previsto due ipotesi di false comunicazioni sociali

regolate da due differenti articoli:

- Art. 2621 c.c. «false comunicazioni sociali» faceva riferimento al falso in

bilancio con carattere esclusivamente formale, punito con l’arresto fino ad 1

anno e sei mesi;

- Art. 2622 c.c. «false comunicazioni sociali in danno delle società, dei soci e

dei creditori» riguardava il falso in bilancio che provocava dei danni alla

società, ai soci e ai creditori; la sanzione prevista era la reclusione da 6 mesi

a tre anni. Nel caso in cui la società era quotate in borsa il reato era punito

con la reclusione da 1 a 4 anni.

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Falso in bilancio

-Storia-

Riforma del 2002

Le due ipotesi erano identiche sotto il profilo dei soggetti attivi, della condotta,

dell’oggetto materiale, distinguendosi per la presenza nel solo art. 2622 c.c. del

requisito del pregiudizio patrimoniale.

Apparve evidente l’intenzione del legislatore di diversificare l’oggetto giuridico

delle due ipotesi criminose: nell’articolo 2621 c.c. l’interesse protetto dalla norma

poteva considerarsi la trasparenza nell’informazione societaria, mentre per l’ipotesi

di cui all’art. 2622 c.c. il bene protetto appariva essere il patrimonio.

La conclusione che potrebbe essere tratta è che l’articolo 2621 c.c. prevedeva un

reato di pericolo a tutela della regolarità dei bilanci e delle altre comunicazioni

sociali nei confronti della generalità, l’articolo 2622 c.c. introduceva un reato di

danno a tutela degli interessi dei soci e dei creditori.

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Riforma del 2002

Occorre segnalare che nel nuovo articolo 2622 c.c. veniva disciplinata una

fattispecie di reato aggravata, che si configurava in termini di reato di danno,

perseguibile a querela della persona offesa e avente ad oggetto l’interesse

patrimoniale facente capo ai soci e ai terzi creditori. In base a tale articolo le

condotte previste dall’articolo 2621 c.c., se cagionavano un danno patrimoniale alla

società, ai soci o ai creditori erano punite con pene più severe.

La procedibilità era a querela di parte, ad eccezione delle società quotate per le

quali si procedeva d’ufficio.

Nella norma era descritto dettagliatamente il dolo richiesto: era necessario, ai fini

della sussistenza del reato, che la falsa esposizione o l’omessa comunicazione

fossero state poste in essere con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico (dolo

intenzionale), al fine di conseguire per sé o per gli altri un ingiusto profitto ed

avessero cagionato un danno patrimoniale ai soci o ai creditori (dolo specifico).

Falso in bilancio

-Storia-

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Riforma del 2002

Tra gli elementi innovativi della nuova fattispecie era la previsione di alcune soglie

quantitative, ai fini della sussistenza- punibilità del reato:

• le falsità e le omissioni non alteravano in maniera sensibile la rappresentazione

della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo

al quale essa appartiene;

• ovvero non determinavano una variazione del risultato economico di esercizio,

al lordo delle imposte, non superiore al 5%, oppure variazione del patrimonio

netto non superiore all’1%;

• ovvero il fatto era conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente

considerate, differivano in misura non superiore al 10%.

Riguardo agli illeciti commessi al di sotto delle soglie, il legislatore aveva previsto

l’irrogazione di una sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione

da sei mesi a tre anni dagli uffici direttivi.

Falso in bilancio

-Storia-

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Lievi modifiche del 2005

La legge 262 del 28 dicembre 2005 modificò lievemente il primo tipo di falso in

bilancio previsto dall’articolo 2621 c.c. aumentando la pena da un anno e sei mesi a

2 anni di reclusione e prevedendo delle lievi sanzioni amministrative e l'interdizione

dagli uffici direttivi da 6 mesi a 3 anni.

Prescrizione:

- Quando la falsa comunicazione sociale era di carattere esclusivamente formale si

prescriveva in quattro anni, salvo che non intervenisse nel frattempo un atto

interruttivo per il quale la prescrizione si portava a cinque anni.

- Quando la falsa comunicazione sociale arrecava un danno patrimoniale ai soci

ovvero ai creditori il reato si prescriveva, a seconda che intervenissero o meno

atti interruttivi, in cinque o in sei anni.

Falso in bilancio

-Storia-

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La riforma del 2015

La legge 69 del 27 maggio 2015 (entrata in vigore il 14.06.2015) ha ridefinito

totalmente il reato di falso in bilancio, eliminando la depenalizzazione del 2002

e riportando il reato sotto l’ambito penale.

La legge ha diviso l’illecito in due fattispecie:

- Il reato di «false comunicazioni sociali» regolato dall’articolo 2621 c.c.,

riguarda il falso in bilancio commesso da società non quotate in borsa,

punito con la reclusione da 1 a 5 anni.

- Il reato di «false comunicazioni sociali delle società quotate» regolato

dall’articolo 2622 c.c., riguarda il falso in bilancio commesso da società

quotate, la sanzione prevista è l’arresto da 3 a 8 anni.

Falso in bilancio

-Normativa vigente-

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La riforma del 2015

La riforma ha inserito due nuovi articoli nel c.c.:

• art. 2621-bis c.c. prevede il falso in bilancio delle società non quotate quando il

reato è di lieve entità. La pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 3 anni, la

medesima pena si applica alle società non soggette alla legge fallimentare, in

questo caso il delitto è punibile a querela della società, dei soci o dei creditori.

• art. 2621-ter c.c. riguarda invece i casi di particolare tenuità del fatto, previsti

dall’articolo 131-bis del codice penale, stabilisce che il giudice deve valutare

l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori.

Sono stati eliminate le soglie di non punibilità introdotte nel 2002 ed è stata abolita

la procedibilità a querela, se non per le società non soggette alla legge fallimentare.

Falso in bilancio

-Normativa vigente-

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L’articolo 2621 del codice civile prevede che:

«False comunicazioni sociali - Fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli

amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei

documenti contabili societari, i sindaci e liquidatori, i quali, al fine di conseguire

per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre

comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge,

consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero

omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla

situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al

quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore,

sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni

posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Falso in bilancio

-Normativa vigente-

Page 22: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Soggetti attivi del reato possono essere gli amministratori, i direttori generali, i

sindaci e i liquidatori. A tali soggetti vanno poi aggiunti:

- i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari;

- coloro che sono indicati dall’autorità giudiziaria o dall’autorità pubblica di

vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestititi per

conto di terzi (art. 2639- estensione delle qualifiche soggettive- «per i reati

previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o

titolare della funzione prevista dalla legge è equiparato sia chi è tenuto a

svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo

continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione»).

L’interesse tutelato dalla norma è la trasparenza o la fiducia dei terzi nella veridicità

delle rappresentazioni contenute nelle comunicazioni sociali. Si tratta di un delitto

di pericolo concreto, di conseguenza non necessita il verificarsi di un danno per i

creditori o i soci.

Falso in bilancio

-Spunti-

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Gli atti sui quali può incidere la falsità devono essere necessariamente i bilanci, le

relazioni o altre comunicazioni sociali previste dalla legge dirette ai soci o al

pubblico.

Quanto alle relazioni la disciplina delle società di capitali offre più esempi,

legislativamente nominati, di relazioni degli amministratori o dei sindaci: la nota

integrativa (elemento costitutivo del bilancio); la relazione sulla gestione; la

relazione dei sindaci al progetto di bilancio; la relazione al bilancio finale di

liquidazione, ecc.

Passando alla categoria dei bilanci, la norma penale contiene un generico

riferimento ai bilanci, sembra necessario ritenere che la norma si riferisca: al

bilancio di esercizio, al bilancio finale di liquidazione, al bilancio per la richiesta di

fallimento, nonché a vari bilanci straordinari redatti in occasioni di particolari

circostanze ( es. per la riduzione del capitale per perdite, per fusione, ecc.…)

Per la categoria delle comunicazioni, deve trattarsi di comunicazioni previste dalla

legge e devono essere dirette ai soci o al pubblico. Vanno escluse le mere

registrazioni interne, le comunicazioni all’interno del consiglio di amministrazione,

del collegio sindacale, le comunicazioni a carattere individuale.

Falso in bilancio

-Spunti-

Page 24: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso inbilancio-Spunti-

L’elemento soggettivo per la configurabilità dell’illecito è rappresentato dal dolo

specifico, caratterizzato dalla conoscenza e volontà di alterare il vero al fine di

conseguire un ingiusto profitto per sé o per gli altri con la consapevolezza di

cagionare danno.

L’ elemento oggettivo è configurato nella condotta consapevole di:

- esporre fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero,

- omettere fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla

situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o del gruppo al

quale la stessa appartiene,

in modo concretamente idoneo ad indurre in errore.

Le principali differenze con la precedente disposizione sono:

- l’uso dell’avverbio consapevolmente;

- non si fa riferimento all’intenzione di ingannare i soci o il pubblico;

- sia la condotta attiva sia quella omissiva devono avere per oggetto fatti materiali

rilevanti, precedentemente la condotta omissiva aveva ad oggetto le ‘‘informazioni’’

la cui comunicazione è imposta per legge;

- l’aggiunta dell’avverbio per indicare concretamente l’idoneità ad indurre in

errore.

Page 25: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-

Il reato di cui all’art. 2621 c.c. è un reato istantaneo che si perfeziona, quanto alle

relazioni ed ai bilanci, con il deposito degli stessi che segna il momento della

conoscenza legale; quanto alle altre comunicazioni nel momento in cui avviene la

ricezione da parte dei destinatari (Cass. 21 ottobre 1999, Maellore),

In particolare, nel caso di bilancio, il reato si perfeziona nel luogo in cui si riunisce

l’assemblea ed il bilancio viene illustrato ai soci e si consuma nel deposito dello

stesso presso la sede sociale.

Il reato si prescrive in sei anni in base all’art. 157 del c.p., aumentabile fino a sette

anni e sei mesi in caso di interruzione termini ex art. 160 c.p..

La procedibilità è d’ufficio.

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Falso in bilancio

-Normativa vigente-

L’art. 2621- bis codice civile recita:

«Fatti di lieve entità- Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da

sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all’articolo 2621 sono di lieve entità,

tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli

effetti della condotta.

Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma

precedente quando i fatti di cui all’articolo 2621 riguardano società che non

superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 del regio decreto 16

marzo 1942, n. 267. In tal caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei

soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale».

Page 27: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-

Il legislatore con l’introduzione di questo articolo ha ritenuto corretto punire meno

severamente i fatti di lieve entità.

Il giudizio di particolare tenuità deve fare riferimento alla globalità del fatto, ai

profili della condotta, all’atteggiamento soggettivo dell’agente e dell’evento da

questi determinato.

Le linee conduttrici per il giudizio di tenuità di un fatto di reato sono: valutazione

globale della condotta, non decisività del rilievo economico del danno causato o del

lucro cercato a fronte di condotte implicitamente gravi, natura e dimensioni della

società, verifica del grado di lesione del bene giuridico protetti dalla norma

incriminatrice.

Il secondo comma richiama la disposizione della legge fallimentare:

per le società che non possiedono i requisiti di fallibilità vale la diminuzione di pena

prevista dal primo comma nel caso in cui i fatti contemplati siano di lieve entità.

Inoltre per tali società, è prevista la procedibilità a querela della società, dei soci, dei

creditori o degli altri destinatari delle comunicazioni sociali.

Page 28: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Normativa vigente-

L’art. 2621- ter codice civile recita:

«Non punibilità per particolare tenuità – Ai fini della non punibilità per

particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis del codice penale, il giudice

valuta, in modo prevalente, l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai

soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621- bis».

L’articolo 131- bis del codice penale prevede che:

«Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a

cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la

punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del

danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 131, primo comma, l’offesa è di

particolare tenuità e il comportamento risulta essere non abituale».

Page 29: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-L’istituto introdotto recentemente rientra nell’ambito di quegli interventi voluti dal

legislatore per deflazionare il carico giudiziario, in modo da favorire l’esclusione

dal sistema giudiziario di condotte che, sebbene integrino fattispecie di reato,

risultano essere non meritevoli di una risposta sanzionatoria, in ossequio ai principi

di proporzione ed economia processuale.

In merito ai presupposti applicativi, il giudice deve fare riferimento all’art. 131- bis

c.p. secondo il quale la sussistenza della speciale tenuità deve essere desunta dalle

modalità di condotta e dall’esiguità del danno o del pericolo, valutati sulla base dei

criteri di cui all’art. 131, comma 1, c.p. che prevede:

«Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente, il giudice

deve tener conto della gravità del reato, desunta:

1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da

ogni altra modalità dell’azione;

2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;

3) dalla intensità del dolo o del grado della colpa».

Il legislatore, con la nuova normativa ha lasciato alla valutazione discrezionale del

giudice la determinazione della soglia che determina ciò che rientra nel penale.

Page 30: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Normativa vigente-

L’art. 2622 codice civile recita:

«False comunicazioni sociali delle società quotate- Gli amministratori, i direttori

generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i

sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla

negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di un altro Paese dell’Unione

Europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei

bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al

pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero

omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla

situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al

quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore,

sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni.

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Falso in bilancio

-Normativa vigente-

Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate:

1) le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una

richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano

o di un altro Paese dell’Unione Europea;

2) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un

sistema multilaterale di negoziazione italiano;

3) le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla

negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di un altro Paese

dell’Unione Europea;

4) le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo

gestiscono.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le

omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalle società per conto di

terzi».

Page 32: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-

Per le società quotate il codice civile prevede una disciplina di maggior rigore:

la perseguibilità avviene d’ufficio, è consentito l’arresto facoltativo in flagranza

di reato, la custodia cautelare in carcere, l’utilizzo di intercettazioni telefoniche e

gli arresti domiciliari. Non sono previste cause di non punibilità per la particolare

tenuità del fatto.

Per queste società il delitto si configura attraverso due condotte:

a. commissiva - consistente nell’esporre consapevolmente fatti materiali non

rispondenti al vero (rispetto alle società non quotate in questo caso non è

richiesto che i fatti materiali non rispondenti al vero siano ‘‘rilevanti’’);

b. omissiva - omissione consapevole di fatti materiali ‘rilevanti’ la cui

comunicazione è imposta dalla legge.

Il reato si prescrive in otto anni aumentabili fino a dieci in caso di interruzione dei

termini.

Page 33: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-

Lasciando al giudice il difficile compito di definire caso per caso ciò che è

‘rilevante’, per ‘‘un fatto materiale non rispondente al vero’’ si intende:

- inserire in bilancio ricavi o costi non reali (derivanti da operazioni inesistenti

documentate da fatture false);

- lasciare in bilancio crediti definitivamente inesigibili;

- valutazione di qualcosa di inesistente come ad esempio un credito inesigibile o

irrealizzabile;

- omessa indicazione della vendita o dell’acquisto dei beni;

- mancata svalutazione di una partecipazione nonostante l’intervenuto

fallimento della partecipata;

- omessa indicazione di un debito derivante da un contenzioso nel quale si è

rimasti definitivamente soccombenti;

- valutazione delle rimanenze e dei lavori in corso.

L’elencazione non è ovviamente esaustiva ma si tratta di fatti non veri e non solo

di mere valutazioni o stime non corrette di fatti esistenti.

Page 34: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-Sanzioni pecuniarie.

In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile si applicano le

seguenti sanzioni pecuniarie (ex D. Lgs. 213/2001 all’art. 25 ter):

- per le false comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c., è disposta la sanzione

pecuniaria da duecento a quattrocento quote;

- per le false comunicazioni sociali previste dall’art. 2621- bis c.c., la sanzione

pecuniaria da cento a duecento quote;

- per le false comunicazioni sociali delle società quotate, art. 2622 c.c., la

sanzione prevista è da quattrocento a seicento quote.

Le sanzioni pecuniarie sono determinate dal giudice secondo il meccanismo delle

quote: il numero delle quote è fissato all’esito di una valutazione che investe la

gravità del fatto, il grado di responsabilità dell’ente nonché le condotte poste in

essere dopo la commissione; il valore della singola quota è stabilito in base alle

condizioni economiche e patrimoniali della persona giuridica e può variare da un

minimo di € 258 ad un massimo di € 1549, salvo nei casi in cui l’ente abbia

ricevuto dal reato un vantaggio minimo, ovvero il danno inflitto sia di lieve entità,

nel qual caso il valore della quota sarà pari ad € 103.

Page 35: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Spunti-

PERSEGIBILITA' CAUSA DI NON PUNIBILITA' PENA

SOCIETA' NON FALLIBILI A querelaPREVISTA per particolare tenuità

dei fattiReclusione da 6 mesi a 3 anni

SOCIETA' NON QUOTATE D'ufficioPREVISTA per particolare tenuità

dei fatti

Reclusione da 1 a 5 anni Per fatti di lieve entità:

reclusione da 6 mesi a tre anni

SOCIETA' QUOTATE D'ufficio NON PREVISTA Reclusione da 3 a 8 anni

Page 36: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Il caso-

Con sentenza del 16 giugno 2015 n. 33774, la Cassazione ha annullato senza

rinvio alcuni capi di imputazione di una condanna per bancarotta a carico di un

soggetto ‘‘perché i fatti non sono più previsti dalla legge come reato’’ ritenendo,

cioè, che a seguito dell’eliminazione dell’inciso «ancorché oggetto di

valutazioni» dagli art. 2621 c.c. e 2622 c.c., gli elementi di bancarotta ex art. 223

L.F. riconducibili ai falsi in bilancio derivanti da valutazioni non debbano essere

più ricompresi nella fattispecie.

Nella versione precedente della norma, le sostanziose violazioni in materia di

valutazione erano previste come reato.

Con la nuova formulazione delle due fattispecie di false comunicazioni sociali ex

art. 2621 e 2622 c.c., si è ridotto l’ambito di operatività del penalmente rilevante

nel senso che sono esclusi i cosiddetti falsi valutativi, lasciando fuori dal

perimetro di ciò che è reato i casi più frequenti e insidiosi di falso in bilancio;

dichiarare di possedere qualcosa di stimato a un valore in realtà errato se regolato

con il Codice Civile, i principi contabili nazionali elaborati dagli appositi

organismi e degli standard internazionali Ias/Ifrs .

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Falso in bilancio

-Il caso-Con sentenza n. 890/2016, la Cassazione ha contributo ad alimentare un vero e

proprio contrasto giurisprudenziale sostenendo che: «nell’art. 2621 c.c. il

riferimento ‘fatti materiali’ quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione

della realtà non vale a escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi,

che sono anch’essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione

predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale.»

Nel caso specifico, tra i fatti oggetto delle false comunicazioni vi erano crediti

c.d. incagliati, ossia esposizioni creditizie di fatto inesigibili. La società aveva

omesso di effettuare una tempestiva svalutazione, indicando in bilancio un

improbabile valore di realizzo.

La difesa ha sostenuto, in seguito della novella del 2015, l’irrilevanza penale

dell’errato apprezzamento del valore di realizzo di un credito effettivo.

La Suprema Corte si è radicalmente scostata dall’orientamento precedente

assunto, affermando che il falso valutativo è tuttora previsto dalla norma.

Da qui, la necessità di un intervento da parte delle Sezioni Unite. I giudici infatti

sono portati ad assumere un ruolo di supplenza con sentenza-trattato che fanno il

punto su una disciplina molto complessa, piuttosto che limitarsi ad applicare

chiare regole di diritto

Page 38: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso in bilancio

-Altre disposizioni-

Quando le false comunicazioni sociali abbiano cagionato o concorso a cagionare il

dissesto della società, si è in presenza di fatti di bancarotta fraudolenta ex art. 223

della legge fallimentare, il quale prevede che:

«Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori

generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno

commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216,

se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società

commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627,

2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della

società.

Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216».

Page 39: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso inbilancio

- Altre disposizioni-

L’art. 216 della legge fallimentare prevede che:

«Bancarotta fraudolenta- È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito,

l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero,

allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad

altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o

li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento

degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura

fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae,

distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura

fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o

simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna

per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni

l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad

esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

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Falso inbilancio

- Altre disposizioni -

L’art. 223 L.F. prevede delle pene più gravi, in caso di fallimento delle società, di

quelle contenute nel codice civile, per i reati di cui agli articoli 2621,2622 c.c.,

quando la commissione degli stessi abbia cagionato o concorso a cagionare il

dissesto della società. E’ perciò richiesto un nesso tra reato societario e dichiarazione

di insolvenza.

I soggetti attivi sono gli amministratori i direttori generali, i sindaci e liquidatori. Per

l’esistenza del reato non è necessario che i soggetti siano formalmente investiti delle

qualifiche richieste, essendo sufficiente lo svolgimento di fatto delle relative

funzioni. Rispondono di bancarotta gli amministratori in carica al momento della

dichiarazione di fallimento, ma anche quelli che abbiano svolto la relativa attività in

precedenza, commettendo i fatti penalmente rilevanti. I sindaci rispondono dei fatti

di bancarotta quando abbiano consapevolmente omesso di vigilare in presenza di una

contabilità tenuta caoticamente.

L’interesse protetto da tale disposizione è rappresentato dall’esigenza di reprimere i

comportamenti illeciti, posti in essere da individui che, sebbene non imprenditori,

hanno poteri di direzione e gestione dell’impresa.

Il reato si prescrive in 15 anni, ovvero 22 anni e mezzo in presenza di atti interruttivi.

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Falso inbilancio

- Altre disposizioni-

L’art. 2625 c.c. prevede che:

«Impedito controllo- Gli amministratori che, occultando documenti o con altri

idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle

attività di controllo [o di revisione]1 legalmente attribuite ai socio o ad altri

organi sociali, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a

10.329 euro.

Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad

un anno e si procede a querela della persona offesa.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati

regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il

pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al

decreto legislativo 24 febbraio 1998 , n. 58».

1 Parole soppresse dall’art. 37 D.lgs. 27 gen. 2010, n. 39.

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Falso inbilancio

- Altre disposizioni-

L’art. 2625 c.c. configura due illeciti, uno amministrativo e l’altro penale,

restringendo l’operatività di quest’ultimo alle sole ipotesi in cui sia cagionato un

danno ai soci. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati o diffusi

tra il pubblico.

L’interesse protetto dalla norma è la complessiva posizione del socio, amministrativa

e patrimoniale, dai pregiudizi che possono derivare dall’ostacolo all’esercizio delle

funzioni di controllo.

I soggetti attivi possono essere esclusivamente gli amministratori.

Le condotte previste sono:

- occultamento di documenti,

- utilizzo di altri idonei artifici per impedire od ostacolare lo svolgimento delle

attività di controllo.

Diventa rilevante ogni comportamento che si risolva in un diniego o in ostacolo

all’altrui controllo purché sia presente un profilo di fraudolenza.

Per l’esistenza del reato è necessario che l’impedimento o l’ostacolo al controllo

abbiano cagionato un danno al socio.

Page 43: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

Falso inbilancio

-Considerazioni conclusive-

Con la riforma, il legislatore ha voluto inasprire le sanzioni penali e le sanzioni

pecuniarie previste dall’articolo 2621 c.c.; non è più necessario per la configurabilità

del reato che vi sia l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico, è sufficiente

constatare il fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto.

Tuttavia, la norma di cui all’art. 2621 c.c. e 2622 c.c., eliminando qualsiasi

riferimento alle ‘‘valutazioni’’ determina la non punibilità per le scorrette stime di

beni o debiti.

Inoltre, inserendo le locuzioni ‘fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero’ o

‘fatto di lieve entità’, lascia agli operatori del diritto l’onere di valutare l’entità

dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori conseguenti ai fatti

di cui agli articoli 2621 e 2621- bis c.c..

Sul tema la Suprema Corte come detto si è già pronunciata con due opposte

sentenze.

La stessa Corte o il Legislatore dovranno tornare sull’argomento.

Page 44: Alessio Baracco - Il nuovo falso in bilancio - Lectio Magistralis

GRAZIE PER

L’ATTENZIONE