Upload
amedeo-lepore
View
168
Download
1
Embed Size (px)
Citation preview
Aspetti economici del federalismo:
il Mezzogiorno
Università Libera di Bologna, Alexis de Tocqueville, A.A. 2007
Amedeo Lepore
Il Mezzogiorno d’Italia
Centre Nord
Roma
Milano Torino
CAMPANIA
SARDEGNA
SICILIA
Firenze
Venezia
CALABRIA
PUGLIA
Italie Mezzogiorno
Taux d'activitè 48,6% 43,8%
Taux d'occupation 42,9% 33,2%
Taux de chomage 11,6% 24,1%
SAU / SAT 67,4% 73,7%
% employès en agriculture 5,5% 9,8%
Source: ISTAT, recensement
Una situazione di «sviluppo frenato» che perdura
Persistenza di un ritardo nell’offerta di servizi collettivi in generale, di servizi di pubblica utilità in particolare
I costi della transizione economica si rivelano ancora particolarmente elevati
Presenza diffusa di discontinuità tecnologiche e produttive
MOLISE
BASILICATA
Il divario Nord-Sud dall’Unità d’Italia al 1950
I fattori che hanno fatto aumentare il divario tra il Nord e il Sud:
- La liberalizzazione e l’abbassamento delle tariffe doganali (con
l’Unità d’Italia)
- L’industrializzazione e lo sviluppo delle grandi imprese nel Nord-Ovest (nel periodo giolittiano)
- La politica di sviluppo demografico e il blocco delle
migrazioni interne ed esterne (nel periodo fascista)
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
Le principali norme per il Mezzogiorno: Istituzione della CASSA PER IL MEZZOGIORNO
(1950) - Fase infrastrutturale (1950 –1957) - Fase di industrializzazione (1958 –1970) - Fase mista di incentivi settoriali (1971- 1992)
Interventi i tutti i settori suscettibili di sviluppo Distorsione degli incentivi, come nelle zone
del terremoto dell’Irpinia
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
Le principali norme per il Mezzogiorno: Messa in l iquidazione della Cassa per i l
Mezzogiorno (1984) Agenzia per la promozione dello sviluppo (1986) Abolizione dell’ intervento straordinario e
dell’Agenzia (1993) Costituzione del Dipartimento per le Politiche di
Sviluppo e Coesione (1998) presso il Ministero del Tesoro
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
L’impegno finanziario non è stato rilevante
e, peraltro, non è stato bene utilizzato:
- 245.000 miliardi dal 1950 al 1990 (a prezzi 1990) - di cui, solo 185.000 utilizzati - meno di 5.000 miliardi all’anno (2,6 miliardi di euro)
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
Forte rilevanza dell’intervento sostitutivo, anziché
di quello aggiuntivo
Grande rilevanza degli investimenti per infrastrutture (acquedotti
e fognature: 1/3-1/2, negli anni ‘60-’70)
Forti investimenti nell’industria di base, ad alta intensità di capitali e con scarsi effetti indotti
(Poli di sviluppo o “ cattedrali nel deserto”)
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
Tuttavia, il “nuovo meridionalismo” nato nel dicembre 1946 aveva puntato , come ricordava Pasquale
Saraceno, su “un modello di sviluppo economico del Paese che fosse alternativo a quello che
aveva governato la nostra economia dal sorgere dello Stato unitario, un modello secondo il quale
si sarebbe svolta non solo la ricostruzione postbellica, ma anche l’espansione della nostra
economia al di là della ricostruzione”. La SVIMEZ, di cui ricorre questo mese il 60° anniversario,
avrebbe messo in pratica l’idea di un intervento straordinario legato alla “tematica dello sviluppo e
non a quella dell’assistenza”.
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)
Secondo la SVIMEZ, solo un consistente sviluppo dell’economia reale del Mezzogiorno, a partire dalla sua industrializzazione, avrebbe potuto
condurre il Sud fuori dal sottosviluppo e renderlo soggetto autonomo e autopropulsivo del suo
approdo a una piena modernizzazione del sistema economico e sociale, nel quadro di quello italiano.
Tuttavia, i progressi compiuti nei decenni precedenti, a cominciare dai grandi miglioramenti
conseguiti fino agli anni settanta, si rivelarono “insufficienti a colmare i preesistenti divari con le
regioni centro-settentrionali” (SVIMEZ, 1978).
Indice di industrializzazione (% addetti alle industrie estrattive, manufatturiere, elettricità, gas, acqua,
costruzione e installazione impianti sulla popolazione residente)
Province e Regioni
1951 1961 1971 1981 1991 2001
Sud 4,1 4,5 5,4 6,2 5,4 5,7
Centro-Nord
11,8 14,9 15,6 16,4 14,6 13,9
Italia 9,3 11,1 12,1 12,8 11,3 11,0
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT. Censimento dell'industria, vari anni.
PIL a confronto: Mezzogiorno e Italia (a prezzi 1990)
94
96
98
100
102
104
106
108
110
112
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
Mezzogiorno Italia
Fonte:ISTAT (conti economici regionali) fino al 1996 e stime Svimez per 1997 e 1998
Andamento del PIL pro capite del Mezzogiorno (1951-1995) Valore assoluto e livello rispetto al centro-nord
0
5000
10000
15000
20000
250001
95
1
19
53
19
55
19
57
19
59
19
61
19
63
19
65
19
67
19
69
19
71
19
73
19
75
19
77
19
79
19
81
19
83
19
85
19
87
19
89
19
91
19
93
19
95
Anni
Mig
liaia
di lire
1995
50
52
54
56
58
60
62
64
Valori assoluti
Indice: Centro-Nord=100
Esportazioni delle regioni del Mezzogiorno. Incidenza sul PIL (mld. correnti)
0
5
10
15
20
Ab
ruzz
o
Mo
lise
Cam
pan
ia
Pu
glia
Bas
ilica
ta
Cal
abri
a
Sic
ilia
Sar
deg
na
Mez
zog
iorn
o
media 1990-1991 media 1997-1998
Fonte: ISTAT-Svimez
Variazione della popolazione residente: 1951 - 1995 (saggi % medi annui)
Ripartizioni 1952-74 1975-80 1981-83 1984-91 1992-95 1952-95territoriali 1952-61 1962-74
Mezzogiorno 1,37 1,46 1,30 0,85 0,63 0,52 0,36 0,99Centro-Nord 0,53 0,48 0,56 0,07 -0,14 -0,20 -0,22 0,21Italia 0,83 0,85 0,83 0,35 0,14 0,06 -0,01 0,50
Mezzogiorno -0,98 -0,97 -0,98 -0,30 -0,33 -0,32 0,07 -0,61Centro-Nord 0,28 0,23 0,32 0,17 0,05 0,15 0,37 0,24Italia -0,17 -0,21 -0,15 0,01 -0,09 -0,02 0,26 -0,07
Mezzogiorno 0,39 0,49 0,32 0,55 0,30 0,20 0,43 0,38Centro-Nord 0,81 0,72 0,88 0,25 -0,09 -0,05 0,15 0,45Italia 0,66 0,63 0,68 0,35 0,05 0,04 0,25 0,43
Movimento naturale
Movimento migratorio
Movimento effettivo
Di cui
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT
Variazione del prodotto: 1951-1995 (saggi % medi annui)
Ripartizioni 1952-74 1975-80 1981-83 1984-91 1992-95 1952-95territoriali 1952-61 1962-74
Mezzogiorno 10,55 8,52 12,14 21,15 19,26 10,85 4,81 12,03Centro-Nord 10,55 8,53 12,13 21,24 17,29 10,66 5,78 11,98Italia 10,55 8,53 12,13 21,22 17,78 10,71 5,54 11,99
Mezzogiorno 4,93 5,25 4,69 3,16 0,89 2,76 0,43 3,60Centro-Nord 5,50 5,88 5,20 3,26 0,47 2,69 1,42 3,95Italia 5,35 5,71 5,07 3,23 0,58 2,71 1,17 3,86
Prodotto lordo a prezzi correnti
Prodotto lordo a prezzi costanti
Di cui
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ
Variazione del prodotto pro capite: 1951-1995 (saggi % medi annui)
Ripartizioni 1952-74 1975-80 1981-83 1984-91 1992-95 1952-95territoriali 1952-61 1962-74
Mezzogiorno 10,13 7,98 11,81 20,44 18,59 10,27 4,36 11,52Centro-Nord 9,66 7,76 11,15 20,89 17,23 10,64 5,64 11,44Italia 9,83 7,84 11,39 20,74 17,50 10,48 5,28 11,46
Mezzogiorno 4,53 4,72 4,38 2,55 0,33 2,22 -0,01 3,13Centro-Nord 4,65 5,12 4,28 2,96 0,41 2,67 1,28 3,45Italia 4,66 5,04 4,37 2,82 0,34 2,50 0,92 3,37
Prodotto pro capite a prezzi correnti
Prodotto pro capite a prezzi costanti
Di cui
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ
Andamento della popolazione residente: 1951 - 1995
Mezzogiorno (scala a dx) e Centro - Nord (scala a sx)
25000
27000
29000
31000
33000
35000
37000
39000
51 53 55 57 59 61 63 65 67 69 71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 9517000
17500
18000
18500
19000
19500
20000
20500
21000
Centro -Nord
Mezzogiorno
Anni
Migliaia di unità
Tasso di disoccupazione nel periodo 1959 - 1995 (%)
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
1959
1961
1963
1965
1967
1969
1971
1973
1975
1977
1979
1981
1983
1985
1987
1989
1991
1993
1995
Anni
Ta
ss
o d
i d
iso
cc
up
azio
ne
(%
)
1959
1961
1963
1965
1967
1969
1971
1973
1975
1977
1979
1981
1983
1985
1987
1989
1991
1993
1995
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0T
asso
di
dis
occu
pa
zio
ne (
%)
Anni
Mezzogiorno
Centro - Nord
Italia
Tasso di disoccupazione nel periodo 1951 - 1995 (%)
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
1951
1955
1959
1963
1967
1971
1975
1979
1983
1987
1991
1995
Anni
0
5
10
15
20
25
30
35
Livello pro capite (Centro - Nord=100)In % del totale nazionale
Liv
ello
pro
cap
ite (C
entr
o - N
ord
= 10
0)
Quo
ta %
sul t
otal
e na
zion
ale
Investimenti fissi lordi del Mezzogiorno: 1951 - 1995 (a prezzi costanti )
Gli investimenti nel Sud (fondi europei messi a disposizione)
Disponibilità Impegni al 31-12-97 al 31-3-98Var. assoluteErogazioniassunti I trim.98 I trim.98 / tot.
1 2 3 4 5 6=4/1Programmi regionali: 27.995 17.930 9.284 10.637 1.354 38,0%
Abruzzo 1.077 875 432 496 64 46,0%
Basilicata 2.191 1.972 1.015 1.159 143 52,9%
Calabria 3.825 2.688 1.131 1.347 216 35,2%
Campania 6.045 3.276 2.192 2.361 170 39,1%
Molise 1.046 1.041 463 563 99 53,8%
Puglia 5.196 2.770 1.278 1.535 257 29,5%
Sardegna 3.528 2.370 1.186 1.462 276 41,4%
Sicilia 5.083 2.935 1.587 1.714 127 33,7%
Erogazioni
Fondi strutturali dell’UE
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo L’unitarietà del Mediterraneo, che già Platone immaginò come un grande lago sul quale si affacciavano i popoli
come formiche o rane, non è un’invenzione politica, ma un oggettivo dato fisico-geografico, che tende ad associare per “intrinseco meccanismo”, come ha
osservato Fernand Braudel, i vari paesi rivieraschi, sia pure diversi per struttura, fede, cultura e tradizioni.
Nel Fedro di Platone è scritto: “vivono tra Phasis e le
colonne d’Ercole, su una piccola porzione di terra attorno al mare, come formiche o rane attorno al
pantano”.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo Un mare dalle dimensioni contenute, una sorta di grande lago, come si è detto. “Grande” per fenici e ebrei, “molto verde” per sumeri ed egizi, “nostro” per greci e romani.
Il Mediterraneo ha avuto tre cantori, Braudel, Attenborough (il “primo paradiso”), Matvejevic. Anzi quattro, con Omero e la sua Odissea. Come dice lo
scrittore bosniaco nel suo Breviario Mediterraneo, “Il più grande romanzo di formazione, la più grande storia
dell'individuo che si avventura nel mondo e ritorna a casa ossia a se stesso, e cioè l'Odissea, non è immaginabile senza il mare. Ma quel mare, il
Mediterraneo, è anche il grembo della nostra storia, della nostra civiltà”.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo
Il Mediterraneo non è mai stato semplicemente un mare che separa l’Europa dal Vicino Oriente e dall’Africa, o, come diceva Braudel, una semplice fenditura della crosta terrestre che si allunga da Gibilterra all’Istmo di Suez e al Mar Rosso. Il Mediterraneo è un mare su cui si affacciano terre molto diverse fra loro, modi di
vita lontanissimi, separati da dualismi e ostilità connaturati, ma anche uniti nel gioco delle relazioni e
degli scambi marittimi, economici e culturali.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Sul Mediterraneo si sono sviluppate civiltà avanzate e civiltà tradizionali, città moderne e metropoli ossificate
in un passato immobile, che si sono spesso contrapposte tra loro; ma, soprattutto, il Mediterraneo è un mare che ha formato culture, che le ha divise e le
ha unite, che le ha messe in relazione e le ha viste contrapporsi frontalmente. Nel Mediterraneo, infatti, sono nate le grandi culture che hanno dato identità
all’Europa e ai Paesi del Sud che si bagnano in esso.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo L’attuale tormentata fase politica internazionale,
l’esigenza di sviluppare in profondità l’antico filo del dialogo con le diverse culture di questa parte del
mondo, sono gli elementi chiave da considerare per delineare il futuro ruolo del Mezzogiorno nello scenario dei rapporti tra l’Europa e i paesi della sponda sud del
Mediterraneo. In effetti, un nuovo e centrale ruolo del Mezzogiorno
appare più che mai possibile, anche in questa difficile congiuntura politica ed economica, se l’Unione
Europea terrà fede all’obiettivo di intensificare il suo sforzo in favore dello sviluppo delle politiche
euromediterranee, nella prospettiva di offrire un forte contributo alla distensione del clima politico e sociale.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo
Il Partenariato euromediterraneo rappresenta il quadro delle relazioni politiche, economiche e sociali tra gli
Stati UE e Paesi terzi mediterranei (PTM). Istituito nel novembre 1995 dalla Conferenza dei
Ministri degli Esteri euromediterranei di Barcellona, il Partenariato euromediterraneo riunisce i 25 Stati membri dell’UE e 10 Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, Egitto, Israele, Giordania,
Libano, Marocco, Autorità palestinese, Siria, Tunisia e Turchia. L’obiettivo del Partenariato è di fare del Mediterraneo una zona di stabilità, di pace e di
prosperità.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo Per realizzare questo scopo, un programma di obiettivi
ed azioni articolato in tre grandi capitoli: - Partenariato politico e di sicurezza, per un’area euromediterranea di pace e di stabilità, basata sui principi del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della democrazia (asse “politico”); - Partenariato economico e finanziario, per un’area di prosperità, attraverso un’alleanza economico-finanziaria e la progressiva liberalizzazione degli scambi tra l’UE e i suoi partner e tra gli stessi Paesi del Mediterraneo (asse “economico”); - Partenariato sociale, culturale e umano, per l’avvicinamento tra i popoli e lo sviluppo degli scambi culturali fra gli attori sociali (asse “culturale”).
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo Oltre alla democratizzazione dei paesi dell’area (il primo “pilastro” su cui si fonda il Partenariato), il P.E.M. ha come obiettivo economico portante la costituzione, entro il 2010, di una zona di libero
scambio tra l’Europa e i paesi coinvolti nel progetto. Purtroppo i risultati ottenuti finora sono modesti e si rende necessario un forte rilancio del Partenariato, anche alla luce del realizzato allargamento ad Est dell’Unione. In questo quadro, assume un rilievo
particolare anche la questione della dotazione infrastrutturale, senz’altro uno degli elementi strategici del ruolo che il Mezzogiorno d’Italia può interpretare al
centro del Bacino.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo Il ruolo di “piattaforma” e di “ponte” con l’Africa e
addirittura con l’Estremo Oriente (attraverso il Mar Mediterraneo e Suez), potrà risultare valido
solo se a tale funzione di “connessione” e di “raccordo” si accompagnerà un sostanziale
rafforzamento del Mezzogiorno. Il nostro Sud potrà assolvere ruoli positivi e strategici solo se nel suo insieme divenenterà più sviluppato dal
punto di vista produttivo e compiutamente interconnesso anche tra i propri territori. Solo
allora il Mezzogiorno potrà costituire uno snodo della futura crescita in quest’area del Mondo, e
non funzionare solo da “manufatto tecnico” (ponte) al servizio delle aree più avanzate
dell’Italia e dell’Europa del Nord.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo Anche da questo versante, va vista la scarsa
rilevanza che il tema del ritardo del Mezzogiorno - che andrebbe affrontato assieme a quello delle sue necessità e potenzialità di sviluppo - ha registrato negli ultimi anni nel dibattito politico-culturale del
Paese e nella politica economica italiana. Le politiche di sviluppo non sono state adeguate, sia nell’ultimo mezzo secolo (nonostante la fase positiva del primo “intervento straordinario”, dagli anni ‘50 a circa la metà degli anni ‘70), sia nell’ultimo decennio di
interventi, la fase dalla cosiddetta “Nuova politica economica”, manifestando un eccesso di ottimismo verso alcuni limitati (e non strutturali) progressi del
Sud.
La fine della “politica speciale” per il Mezzogiorno
Mezzogiorno e Mediterraneo Oggi, le risorse in conto capitale vanno utilizzate per
le “gambe tecniche” dello sviluppo nelle aree in ritardo. Infatti, le opere pubbliche condizionano la
produttività e l’attrattività dei contesti territoriali, le cui dotazioni – specie quelle per le reti – non
possono essere solo funzione dell’esistente livello di sviluppo, ma devono concorrere ad accelerarlo.
In questo quadro, è essenziale la realizzazione dei “Corridoi europei” (la Direttrice UE Berlino-Palermo,
il “Corridoio 8” Napoli-Bari-Balcani). Se si vuole puntare su una strategia euro-mediterranea, occorre
un consolidamento “logistico” (e ovviamente economico-produttivo) dell’intero Mezzogiorno, per promuovere efficienti collegamenti con il “mare tra le
terre”.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Il riassorbimento del divario tra il “debole” Sud e il “forte” Nord comporterà sforzi impegnativi e lunghi, la cui durata dipenderà dall’entità dei “differenziali
di crescita” Nord-Sud che si riuscirà a realizzare nelle due macro-regioni d’Italia. Ma proprio perché
tempi e risorse sono fattori e vincoli reali, è questo il momento di porsi obiettivi strategici importanti,
concentrando su di essi l’impegno, per puntare, nel lungo periodo, all’unificazione anche economica del
nostro Paese.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Quest’obiettivo ha rappresentato dagli anni ’40 il sogno del “nuovo meridionalismo” nazionale ed
europeista, di Pasquale Saraceno, Donato Menichella, Rodolfo Morandi, Francesco Giordani, Giuseppe Cenzato, e, poi, di Manlio Rossi Doria, Vincenzo
Caglioti, Giorgio Sebregondi, Francesco Compagna, Gabriele Pescatore, Salvatore Cafiero e di tanti altri, con i quali la SVIMEZ ha scritto pagine decisive della
storia italiana ed europea.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno e Mediterraneo Se guardiamo alla storia di lunga durata, vediamo che il
destino del Mezzogiorno e quello del Mediterraneo hanno sempre proceduto insieme, nel bene e nel male. Quando il Mediterraneo è stato al centro dei traffici del
mondo, anche il Mezzogiorno ha conosciuto le sue pagine più positive. Quando il Mediterraneo, invece, è
andato in crisi, anche il Mezzogiorno ha vissuto periodi bui. Adesso, dopo lungo tempo, il Mediterraneo torna ad essere uno snodo del pianeta, un grande crocevia
internazionale e, dunque, anche il Mezzogiorno, assieme a tutti i Paesi che si affacciano sul
Mediterraneo, può riconquistare la sua centralità mediterranea: di un comune mare di pace e di relazioni
internazionali. Mezzogiorno e Mediterraneo, Mediterraneo ed Europa.
Mezzogiorno e Mediterraneo
Mezzogiorno “problema aperto”
Corrado Barbagallo nel 1948 rilevava come una delle fondamentali condizioni sfavorevoli per la diffusione
dell’industria fosse la mancanza di capitali e, in particolare, la “riluttanza dei capitalisti a investire il loro denaro in
imprese industriali, che debbano aver sede nel Mezzogiorno”. Tale contrarietà, infatti, discendeva “dalla convinzione che
quaggiù una qualsiasi impresa industriale è costosa, faticosa, probabilmente destinata all’insuccesso per la mancanza di quegli elementi, che con frase oscura gli economisti sogliono
denominare fattori agglomerativi”.
Mezzogiorno “problema aperto” Allora, se in altri tempi il permanere del divario tra Nord e
Sud ha comportato la prevalenza di una politica assistenziale e improduttiva, oggi a maggior ragione occorre interrogarsi, come faceva Saraceno, sulla possibilità di impiegare le risorse pubbliche disponibili “al fine di creare quella convenienza ad
investire che mancava nel Mezzogiorno”. Il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2006 e i nuovi
materiali predisposti dalla SVIMEZ in occasione del suo 60° anniversario (in particolare, l’elaborato relativo a
L’evoluzione macro-economica del Mezzogiorno e del Centro-Nord 1951-2005) offrono l’opportunità concreta di
riprendere a discutere di questo problema quanto mai aperto e niente affatto superato, dopo un sessantennio di storia
italiana.
I dati del Mezzogiorno al 2005
Rapporto SVIMEZ 2006
Rapporto SVIMEZ 2006
Rapporto SVIMEZ 2006
Un Mezzogiorno in recessione all'interno di un Paese che ristagna. Questa è la fotografia che emerge dal Rapporto della Svimez sull'economia del Mezzogiorno. Nel 2005 il Sud è peggiorato rispetto al 2004 in PIL e occupazione, crescendo per il secondo anno consecutivo meno del
Centro-Nord. Il PIL per abitante è rimasto a 16.272 euro, pari al 60,3% del Centro-Nord (26.985 euro). A livello
regionale, al Sud sono cresciute solo Abruzzo (+2,1%), Sicilia (+2,8%) e Sardegna (+0,9%).
Rapporto SVIMEZ 2006
Sul versante occupazionale, il Sud ha perso, nel 2005, 20mila posti di lavoro (a fronte di un aumento di 179mila
unità nel Centro-Nord), che salgono a 69mila se si considera il periodo 2002-2005 (in cui il Centro-Nord
registra +700mila nuovi addetti). Il tasso di attività scende di due punti al Sud, a
dimostrazione di un crescente effetto scoraggiamento che induce le fasce più deboli a non cercare più lavoro. E
come a livello nazionale e in controtendenza rispetto agli scorsi anni, riprende a crescere il lavoro atipico (+16mila unità). Spina nel fianco, ancora una volta, il sommerso, che colpisce quasi 1 lavoratore su 4 (23%), percentuale
che scende al 10% nel Centro-Nord.
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
+3,4
+1,3
-0,3
0,0 CRESCITA DELL'ECONOMIA NEL 2005
1,1 1,8 1,7 1,5
3,1
1,6
0,2 0,1
1,4
0,0
Mezzogiorno
Centro-Nord
1,0
CRESCITA DEL PIL 2,7
2,0 2,2 2,7 2,4 1,1
0,7 0,7 -0,3
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
OCCUPAZIONE
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 200513500
14000
14500
15000
15500
16000
16500
5900
6000
6100
6200
6300
6400
6500Mezzogiorno
Centro-Nord
TASSO DI ACCUMULAZIONE
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
1951
1954
1957
1960
1963
1966
1969
1972
1975
1978
1981
1984
1987
1990
1993
1996
1999
2002
2005
MEZZOGIORNO
CENTRO-NORD
IL DUALISMO
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
PIL PRO CAPITE TASSO DI DISOCCUPAZIONE
TASSO DI OCCUPAZIONE
60,3 293,9 71,6
100,0 100,0 100,0
PIL PRO CAPITE IN PPA Tasso di crescita m.a. 1995-2003
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
Nuovi paesi membri UE 5,7% Altre Aree Ob. 1 UE a 15 4,8% Mezzogiorno 3,6%
PERCORSI DI SVILUPPO
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
1998 2000
2002
2004
2005
19982000
2002
2004
2005
19982000
20022004
2005
1998
20002002
20042005
19982000
200220042005
1998 20002002
200420051998
20002002
20042005
19982000
2002
20042005
1998
20002002
20042005
1998
2000
2002
2004
2005
70,0
80,0
90,0
100,0
110,0
120,0
130,0
140,0
70,0 80,0 90,0 100,0 110,0 120,0
Mezzogiorno
Centro-Nord
ItaliaGermania
Regno Unito
Francia
Grecia
S pagna
Tasso di occupazione 15-64 anni
Pil p
ro c
apite
in P
PA
Portogallo
I rlanda
LE AREE DELLA COMPETITIVITA’
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
SEFI
DKDE
NLLU
ATBE
UE15UK
FRSI
IT-CNIE
ESIT
EECZPT
IT-MEZZHUSKLT
GRPL
LV
20 40 60 80 100 120 140 160 180 200
SEDK
UKFI
IENL
FRSI
ATUE15
LTES
BELV
PTPLEE
DESK
CZIT-CNLUIT
HUIT-MEZZ
GR
60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160
LUIE
BENL
DKFICZSEAT
DESKUE15
SIIT-CN
EEHUUKFRES
ITPT
PLLT
LVGR
IT-MEZZ
40 60 80 100 120 140 160 180 200 220
INNOVAZIONE – R&S RISORSE E FORMAZIONE
VITALITA’ ECONOMICA
TASSO DI ACCUMULAZIONE UE 25
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
19,3 19,2
29,7 22,3 23,8 27,1 28,6 26,4
SUD
L’INTEGRAZIONE INTERNAZIONALE
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
QUOTA ESPORTAZIONI DEL SUD SU COMMERCIO MONDIALE 0,4% INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI PER ABITANTE
NEL SUD 16 $ NEL CENTRO-NORD 271 $
UE a 25 900 $ IRLANDA 5.200 $
LE AGEVOLAZIONI DELLA L. 488/92 NELL’INDUSTRIA E NEI SERVIZI (mln €)
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
2001 2.796,6 2002 1.907,0 2003 1.305,1 2004 1.163,3 2005 6,6
SPESA DELLA P.A. IN CONTO CAPITALE 2004
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
SPESA BASE nel SUD 11,6 mrd €
nel NORD 32,9 mrd € SUD / ITALIA 26,1%
SPESA ADDIZIONALE nel SUD 9,8 mrd €
nel NORD 3,9 mrd € SUD / ITALIA 71,5%
SPESA COMPLESSIVA nel SUD 21,4 mrd €
nel NORD 36,8 mrd € SUD / ITALIA 36,8%
PORTI HUB (TRANSHIPMENT) E FEEDER
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
INDICI SINTETICI DI DOTAZIONE DEI NODI DI SCAMBIO (ITALIA=100)
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
Centri intermodali Porti Aeroporti Indice
sintetico
Sud 1,1 98,0 77,0 20,1 Centro-
Nord 156,1 101,1 112,6 121,1
PIL: tassi di var. % su valori a prezzi costanti 1995
-2,0%
-1,0%
0,0%
1,0%
2,0%
3,0%
4,0%
5,0%
6,0%
1981
1983
1985
1987
1989
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
*20
07*
2009
*
Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno
* Previsioni
Fonte: ISTAT, Unioncamere
Fonte: ISTAT
Tasso di attività
40
42
44
46
48
50
52
54
2004/1 2004/2 2004/3 2004/4 2005/1 2005/2 2005/3 2005/4 2006/1 2006/2
Centro Nord Sud
Fonte: ISTAT
Tasso di occupazione
34
36
38
40
42
44
46
48
50
52
2004/1 2004/2 2004/3 2004/4 2005/1 2005/2 2005/3 2005/4 2006/1 2006/2
Centro Nord Sud
Andamento dell'export per ripartizioni (2000 = 100)
95
100
105
110
115
120
125
130
135
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno
Fonte: ISTAT
Presenze turistiche (1995 = 100)
95100105110115120125130135140145150
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
"Centro Nord - italiani" "Centro Nord - stranieri""Mezzogiorno - italiari" "Mezzogiorno - stranieri"
Mezzogiorno
(*)Valore aggiunto 2005 pro capite – Dato ISTAT
Valore aggiunto pro capite regionale
Regione V.A. pro capite Abruzzo € 18.246 Basilicata € 15.443 Calabria € 14.050 Campania € 14.890 Molise € 17.402 Puglia € 14.359 Sardegna € 16.952 Sicilia € 14.845 ITALIA(*) € 21.770
Comuni “TOP-FIVE” – V.A. pro capite
Pettoranello del Molise (IS) € 99.905
Pozzilli (IS) € 73.711
Atessa (CH) € 62.972
Sarroch (CA) € 69.068
Campochiaro (CB) € 63.302
Comuni “DOWN-FIVE” – V.A. pro capite
Trenta (CS) € 4.677
Petruro Irpino (AV) € 4.723
San Lorenzo Bellizzi (CS) € 4.805
Altofonte (PA) € 4.981
San Martino di Finita (CS) € 5.073
Valore aggiunto pro capite comunale
MEDIANA MEZZOGIORNO: € 11.969
“Una politica di ‘coesione’ – in Italia e nell’Unione europea, e guardando entrambi al futuro dei
rapporti anche con i Paesi e con le economie del Mediterraneo – potrà definirsi veramente tale non se aiuterà con risorse pubbliche solo gli ultimi (in Italia il Mezzogiorno; nell’Europa a 25 i soli Paesi dell’Est), ma se si dimostrerà capace di stimolare e sostenere l’ambizione e l’impegno di ciascun territorio, che si trova sempre collocato ad un diverso livello di una ideale “scala” o “griglia”
capace di misurare il benessere raggiunto e quello più elevato cui tendere. Ed ambizione ed impegno di ciascun territorio non può non essere quello di accelerare la propria velocità di crescita, in una
sorta di maratona ad inseguimento” (Nino Novacco - 2004)
I Fondi strutturali: le novità per il periodo 2007-2013
La politica di coesione
Art. 130A del Trattato dell’Unione Europea: “Per promuovere uno sviluppo armonioso
dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economia e
sociale. In particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra le diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite, comprese quelle rurali”
L’obiettivo dei fondi strutturali è proprio quello di sostenere e finanziare, assieme agli Stati Membri, tutte quelle azioni intese a creare le condizioni necessarie ad uno sviluppo duraturo e sostenibile. La riforma dei fondi strutturali, avviata nel 1988 e ripresa nel 1993 dall’Unione Europea per il periodo 1994/99, costituisce una tappa importante nel rapporto tra le istituzioni comunitarie e le singole regioni per la definizione delle politiche di sviluppo dell’Unione Europea.
La politica di coesione
Quali sono i fondi?
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR): infrastrutture, investimenti produttivi, PMI, Istruzione,
Sanità, R&S, Turismo e Beni Culturali
Fondo Sociale Europeo (FSE): formazione, aiuti all’assunzione dei lavoratori,
adeguamento delle strutture formative e pari opportunità
La politica di coesione
Fondo Europeo di garanzia e orientamento agricolo (FEOGA): ammodernamento strutture agricole, trasformazione, promozione e commercializzazione dei prodotti locali, tutela dell’ambiente rurale, prevenzione catastrofi naturali nelle zone ultraperiferiche
Strumento finanziario di orientamento della pesca
(SFOP): flotta da pesca, acquacoltura e fascia costiera, attrezzature dei porti da pesca, trasformazione e commercializzazione del pesce, prospezione dei mercati
La politica di coesione
La politica di coesione
Politica di coesione = Politica regionale = Fondi strutturali I fondi strutturali: Fse (dal 1958), Feoga (dal 1958), Fesr (dal 1975),
Fondo di coesione (dal 1993)
- La politica di coesione inizia negli anni ‘60, ma viene rilanciata dall’AUE del 1986, per compensare le regioni più deboli
dall’introduzione del mercato unico europeo. - Riforma dei fondi strutturali del 1988
- Nel 1988 i fondi strutturali coprivano il 15% del bilancio CE, nel 1992 sono passati al 30% (e sono poi rimasti a questo livello)
Quattro periodi di programmazione:
1988-1992 - cinque anni 1993-1999 - sette anni 2000-2006- sette anni 2007-2013- sette anni
I principi guida dei fondi strutturali 2007-2013
Concentrazione: un’impostazione più strategica, che consolida le priorità dell’Unione sia a livello geografico (80% circa del finanziamento destinato alle regioni meno sviluppate), sia dal punto di vista tematico (strategia incentrata sugli obiettivi di Lisbona e Göteborg). Semplificazione: riduzione del numero di regolamenti; meno obiettivi – meno Fondi; programmazione; soppressione della suddivisione in zone, programmi sostenuti da un unico Fondo; gestione finanziaria più flessibile; proporzionalità in materia di controllo, valutazione e monitoraggio; ammissibilità delle spese. Decentramento: ruolo più incisivo delle regioni e dei soggetti locali.
Concentrazione Territoriale. La nuova geografia delle disparità
Scenari in rapida trasformazione per le politiche regionali
[Terzo Rapporto di Coesione, pag. 20]
“L’allargamento condurrà ad un ampliamento dei divari di sviluppo, ad uno spostamento verso est del problema delle disparità e ad una più difficile situazione occupazionale: i divari socioeconomici raddoppieranno e la media comunitaria del PIL per abitante si ridurrà del 12,5%.
Inoltre, l’Unione dovrà fronteggiare la più rapida ristrutturazione economica derivante dalla globalizzazione, l’ulteriore apertura dei mercati internazionali, la rivoluzione tecnologica, lo sviluppo dell’economia e della società della conoscenza, l’invecchiamento della popolazione e la crescita dei flussi migratori”.
Gli scenari dell’allargamento
Le trasformazioni strutturali
“La conoscenza è il cuore della strategia di Lisbona. La generazione, la disseminazione e l’uso della conoscenza sono il mezzo attraverso cui le attività economiche operano e si sviluppano. Facilitare l’accesso alla finanza ed ai mercati, promuovere i servizi di supporto alla produzione, rafforzare i legami fra le imprese e le attività scientifiche, dotare le persone delle giuste abilità attraverso l’istruzione e la formazione, incoraggiare l’adozione di nuove tecnologie ed incrementare gli investimenti in R&S sono tutti elementi chiave per migliorare il contesto produttivo e stimolare l’innovazione”.
Integrare le politiche di coesione e la strategia di Lisbona
[Terzo Rapporto di Coesione, pag. 101]
Le politiche di coesione sono strettamente
interrelate alle esigenze di rilancio e
innovazione dell’intera economia europea. La strategia di Lisbona è
stata recentemente rilanciata dalla
Commissione, anche con il lancio di un
Programma comunitario.
I tre obiettivi delle politiche regionali 2007 – 2013
[Reg. Gen. capp. II e III, artt. 3 – 7]
Convergenza: sostenere lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro negli Stati Membri e nelle regioni meno
sviluppate.
Competitività regionale e occupazione: anticipare e
promuovere il cambiamento al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo.
Cooperazione territoriale ed europea: promuovere uno sviluppo
armonioso ed equilibrato del territorio dell’Unione.
Le politiche di coesione si
concentrano su tre obiettivi adottando
un sistema più semplice di strumenti (FESR, FSE e Fondo di
coesione)
Le tre priorità della politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Rendere più attraenti gli Stati membri, le regioni e le città migliorando
l’accessibilità, garantendo servizi di qualità e salvaguardando le potenzialità
ambientali, attraverso:
il potenziamento delle infrastrutture di trasporto
il rafforzamento delle sinergie tra tutela dell’ambiente e crescita
ridurre l’uso intensivo delle fonti energetiche tradizionali
La prima priorità: l’attrattività di nazioni
e territori. Il centro della strategia è il
rafforzamento delle infrastrutture
Le tre priorità della politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Promuovere l’innovazione, l’imprenditoria e lo sviluppo dell’economia della conoscenza
mediante lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, comprese le nuove tecnologie
dell’IC, attraverso:
il miglioramento e l’aumento degli investimenti nella RST, mediante gruppi di eccellenza,
accesso delle PMI, capacità di R&S
promuovere l’innovazione e l’imprenditoria, mediante poli di eccellenza, servizi di sostegno,
ecoinnovazioni, sviluppo di nuove imprese
garantire l’accessibilità per tutti alla SI migliorando servizi ed infrastrutture
migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese che investono nella conoscenza e
nell’innovazione
La seconda priorità: innovazione,
imprenditoria ed economia della
conoscenza. Il centro della strategia è su RST
ed innovazione
Le tre priorità della politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Creare nuovi e migliori posti di lavoro:
facendo in modo che un maggior numero di persone arrivi e rimanga sul mercato del lavoro e modernizzando i sistemi di protezione sociale
migliorando l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese nonché rendendo più flessibile il
mercato del lavoro
aumentando gli investimenti nel capitale umano attraverso il miglioramento di istruzione e
competenze
migliorando la capacità amministrativa
contribuendo a mantenere in buona salute la popolazione attiva con la prevenzione dei rischi
e l’adeguamento delle infrastrutture
La terza priorità: nuovi e migliori posti di
lavoro
Governance e partenariato pubblico privato sono principi
chiave della nuova strategia comunitaria
Il destino delle regioni italiane oggi in Obiettivo 1
[Allegato statistico al TRC]
A pieno titolo nell’Obiettivo Convergenza: Calabria (68,1 su EUR
25), Campania (71,5), Puglia (71,3) e Sicilia (71,6).
In phasing out dall’Obiettivo Convergenza: Basilicata (77,3 su EUR
25 e 72,5 su EUR 15).
In phasing in nell’Obiettivo Competitività: Sardegna (83,4 su EUR
25 e 76,1 su EUR 15). dati provvisori
Data l’evoluzione del PIL per abitante e tenendo conto del cosiddetto effetto
statistico [Relazione Reg. Gen. pag. 4], la
Sardegna dovrebbe uscire dall’attuale
Obiettivo 1 mentre la Basilicata dovrebbe
andare in phasing out
Gli articoli 25 e 26 (Titolo 3, Cap. II) della proposta di regolamento prevedono che ciascun Paese membro adotti un Quadro
strategico nazionale per impostare la propria strategia e la programmazione
operativa globale. Il QSN espone strategie, priorità, obiettivi, elenco dei Programmi
Operativi e dotazioni finanziarie per fondo.
Per la definizione del QSN sono state definite (febbraio 2005), in Italia, delle Linee Guida approvate dalla Conferenza Unificata. Le Linee Guida stabiliscono fra
l’altro che la costruzione del QSN è l’occasione per consolidare e completare l’unificazione della programmazione delle
politiche regionali, nazionali e comunitarie.
Il QSN e il percorso nazionale
Come si è organizzato il nostro Paese per questa fase preparatoria delle politiche di coesione?
Lista dei Programmi Operativi Risorse di massima
Composizione fra investimenti pubblici ed aiuti alle imprese
Indicazioni di pochi obiettivi, coerenti con Lisbona-Goteborg e la SEO, e di indicatori
corrispondenti Criteri per la costruzione di meccanismi di
premialità Obiettivi programmatici per il FAS
Previsioni della spesa settennale, per verificare verificare l’addizionalità (Ob. 1)
Risorse per priorità (Ob. 1) Impegni per la valutazione e la capacità
istituzionale (Ob. 1) Collegamenti e sinergie con le politiche
nazionali (Ob. 1)
Cosa c’è nel QSN?
I profili strategici:
Obiettivi di coesione e competitività
Priorità di intervento
Integrazione finanziaria e programmatica
Integrazione fra politiche regionali e
nazionali
Governance e capacità istituzionali
• Accompagnare la politica regionale con un forte grado di condivisione nazionale
• Introdurre un targeting vincolante per alcuni servizi essenziali
• Apertura della programmazione e dell’attuazione alle avanguardie culturali, del lavoro e imprenditoriali più innovative
• Dare priorità più stringenti nei programmi
• Coinvolgere e promuovere il sistema delle banche attraverso un quadro di certezze
• Ridurre i residui limiti della governance
Prime indicazioni strategiche
Da alcuni interessanti documenti provvisori del
DPS emergono prime indicazIoni di metodo e
di strategia sul prossimo periodo di
programmazione