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Razionalità e perfezione formale “inscatolano” i ricordi di Yasuko Akagi, che di questi piccoli mondi cubici popola un bosco bianco, spazio neutro dell’interiorità. La purezza dell’individuo è così abitata, nell’immaginario dell’artista giapponese (Hiroshima, 1968), da tutte le esperienze sintetizzate, codificate e impresse a colori vivi nella memoria.

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Sul concetto di verginità mentale e omologazione del pensiero indaga il romano Francesco Bancheri, classe 1978, che nella cultura pop trova ispirazione immaginifica e concettuale. Il mezzo è sempre il quotidiano, veicolo d’informazione e di condizionamento usato in una doppia veste di elemento pittorico o supporto per la serigrafia. Musicassette gelosamente custodite in teche di plexiglass a ricordare quando eravamo vergini e quell’oggetto poteva contenere tutto un racconto di noi; fino a gregge di pecore, che per vello hanno le immagini pubblicitarie entrate di prepotenza nel nostro immaginario.

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Con una installazione video interattiva Davide Coluzzi DAZ (Potenza, 1979) rappresenta le diverse possibilità di azione e reazione. Ad ogni scelta di un individuo corrisponde una conseguenza, un cambiamento dello stato attuale delle cose. Il punto è quindi cosa afferrare, cosa lasciare, muoversi e rischiare oppure conservare il presente a costo di rimanere immobili.

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Un territorio simile è indagato dal pittore romano Andrea Sostero (1978), che, se nella forma unisce diversi paesaggi attraverso la tecnica del collage, idealmente li collega con la pittura dotandoli di un’astrazione densa e sostanziale. Le città immaginarie dell’artista ci permettono di non dover scegliere di abitare uno dei nostri ricordi o desideri, ma di unirli in un unico luogo che è un po’ tutti quelli che vorremmo nostri.

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Stella Tasca, poliedrica artista romana classe 1977, trattiene il respiro come da bambina e gioca ad immergersi nell’apnea come la balena di Moby Dick, che nell’installazione diventa Belly Blu. Nel suo arazzo di ispirazione marina, indaga la distanza e il legame tra i punti di vista delle due più lunghe e determinanti fasi della vita; la serietà del bambino che si concentra nel gioco e conserva preziosi, piccoli oggetti rubati al mondo, contro e insieme alla consapevolezza dell’adulto, che vede il Capitano Achab qual è; non un eroico avventuriero, ma un misero monomaniaco « roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un'idea incurabile ».

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