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DOCUMENTARI, TELEVISIONE E CREAZIONE DI CONTENUTI VISIVI PER I MUSEI Relazione di Maurizio Pellegrini* e Caterina Pisu** * Responsabile del Laboratorio Didattica e Promozione Visuale, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale. **Coordinatrice nazionale dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei

Documentari, televisione e creazione di contenuti visivi per i musei

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The representation of museums in the movies and on television: italian case studies. Paper presented at the annual meeting of the italian small museums (Quinto Convegno Internazionale dei Piccoli Musei, Viterbo, 26-27 settembre 2014) by Caterina Pisu (national coordinator of Associazione Nazionale Piccoli Musei) and Maurizio Pellegrini (Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale).

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DOCUMENTARI, TELEVISIONE E CREAZIONE

DI CONTENUTI VISIVI PER I MUSEI

Relazione di Maurizio Pellegrini* e Caterina Pisu**

* Responsabile del Laboratorio Didattica e Promozione Visuale, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale.

**Coordinatrice nazionale dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei

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◦“I musei devono utilizzare la fotografia in movimento, non è sufficiente mostrare un telaio, una ruota, una lancia o uno strumento musicale se non se ne apprezza il loro modo di utilizzo e il suono”.

◦Felix Regnault 1863-1938

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Un impulso decisivo alla produzione documentaria viene dato dalla fondazione, nel 1925 de L’Unione Cinematografica Educativa, nota come Istituto Luce.

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◦L’Istituto Luce dal 1997 ha un archivio consultabile online con migliaia di video e, dal 2012, anche un canale YouTube.

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Il ventennio fascista

◦Durante il Ventennio fascista, i filmati che riguardano musei e mostre sono spesso realizzati per i cinegiornali. Di solito si tratta di inaugurazioni in cui sono presenti Mussolini o il Re d’Italia, e in cui, come sempre, si esalta il potere centrale secondo la prospettiva celebrativa e propagandistica della politica dell’epoca.

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◦Tra gli anni ‘20 e ‘30, tuttavia, il linguaggio dei cinegiornali non era l’unico e i documentari di quell’epoca non furono ispirati soltanto dal Fascismo: fu creato anche un corpus di opere fortemente influenzate dai più importanti documentaristi stranieri, come l’inglese John Grierson, il franco/brasiliano Alberto Cavalcanti, l’olandese Joris Ivens e l’americano Robert Flaherty, alcuni dei quali posero le basi per la nascita del futuro cinema realista italiano.

◦ In questo momento storico si forma Roberto Rossellini

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Giacomo Boni, precursore dell’utilizzo del cinema per la promozione della cultura

◦Negli anni ’20 un precursore dell’utilizzo del mezzo visivo a scopo didattico fu l’archeologo Giacomo Boni, cui si devono gli scavi sistematici del Foro Romano e del Palatino all’inizio del ‘900, il quale nel 1923 affermava che «la tassa sui cinematografi dovrebbe aiutare l’industria italiana delle pellicole educative, atte a promuovere lo studio della storia e della geografia nazionale» .

◦Le sue idee erano conosciute anche oltreoceano. Un quotidiano statunitense, “The Hayes Free Press”, del 18 marzo 1920, in un articolo intitolato “Movies in education” lo cita per aver suggerito l’utilizzo del cinema per la divulgazione della storia nelle scuole e a favore di tutte le categorie di pubblico.

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Il dopoguerra e gli anni ‘50◦Nel dopoguerra ancora per qualche tempo continuano ad essere trasmessi i cinegiornali e si parla ancora di musei. Un esempio è un filmato dell’Istituto Luce che si riferisce al Museo del Calendario di Bergamo (Settimana Incom,1956).

◦Tuttavia, nel dopoguerra la realizzazione dei documentari diventa sostanzialmente “una pratica speculativa per utilizzare i finanziamenti previsti dalla legge sul cinema; si è trattato per lo più di un cinema realizzato in condizioni di estrema povertà (…) poco graditi i temi di tipo storico, sociale, antropologico perché i produttori temevano l’ostilità delle commissioni che assegnavano attestati, finanziamenti e premi”.

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La nascita della televisione

◦La RAI diede inizio alle trasmissioni nel gennaio 1954 e deterrà il monopolio della produzione di audiovisivi fino all’avvento delle grandi televisioni private, avvenuto alla fine degli anni Settanta.

◦Il tema del viaggio fu uno degli espedienti narrativi utilizzati nelle trasmissioni culturali del decennio 1954-1963, come nella serie, intitolata “Musei d’Italia”, iniziata il 22 gennaio 1954, a cura di Emilio Garroni e Maurizio Dagna, andata in onda sino al 1959 per un totale di 59 puntate.

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◦FOLCO QUILICI

◦Negli anni Cinquanta emergono altri documentaristi famosi, come Folco Quilici cui si devono molti lungometraggi e interessanti documentari d’arte e che collaborerà con la RAI per molti anni e, in ultimo, anche con reti televisive tematiche (Marcopolo).

Televisione e documentari

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◦Folco Quilici realizzò documentari sia per il cinema che per la televisione.

◦Nel 1990 realizza il documentario Il restauro della Cappella Brancacci che descrive le fasi del restauro degli affreschi di Masaccio, Masolino e Filippino Lippi nella Cappella Brancacci di Firenze (1424-1428), finanziato dalla Olivetti e iniziato nel 1984.

◦Non un semplice documentario d’arte, quindi, ma un entrare “dietro le quinte”, osservando il lavoro degli specialisti. Lo stile è quello classico del documentario con voce narrante, ma il soggetto si discosta dai modelli convenzionali e si avvicina, piuttosto, ai reportage dei programmi di Piero e Alberto Angela, superando il fine didattico per diventare anche strumento di informazione e di intrattenimento.

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Televisione e documentariROBERTO ROSSELLINI

◦Anche registi importanti come Roberto Rossellini collaborano con la televisione.

◦Negli anni ‘60 e ’70, Rossellini scopre lo strumento televisivo come risorsa tecnologica e linguistica nuova e inizia a lavorare per la televisione italiana e francese. Di queste idee fu anzitutto testimonianza la serie dei documentari televisivi L'Età del Ferro (1964), trasmessa sul secondo canale dalla RAI nel 1965, e La lotta dell'uomo per la sua sopravvivenza, altro documentario TV in dodici episodi, andato in onda nel 1970.

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Le Centre George Pompidou di R. Rossellini:ascoltare le voci del museo

◦ In tema di documentari sui musei, Le Centre George Pompidou, dedicato all’inaugurazione del museo di Parigi, avvenuta il 31 gennaio 1977, è da considerarsi un capolavoro, senza ombra di dubbio: esso ancora oggi è considerato un ottimo esempio di critica culturale per essere riuscito ad evidenziare il rapporto tra il museo e la città.

◦ Il film di Rossellini, infatti, si sofferma molto sulla collocazione del Centre Pompidou nel cuore della vecchia Parigi e lo fa con le splendide riprese dei tetti circostanti, dei suoni della città, delle voci, con quella fluidità delle immagini che era peculiare del suo linguaggio cinematografico.

◦Nel documentario di Rossellini si utilizza l’audio d’ambiente che cattura le voci sommesse dei visitatori e i rumori dell’esterno, creando un contrasto significativo. E secondo i critici questo è uno degli aspetti più interessanti del film perché “riesce nella sua grande semplicità a trasformare una banale commissione da episodio celebrativo della struttura museale parigina a piccolo saggio di auto-antropologia moderna ”, discostandosi dai classici documentari o dai servizi giornalistici in cui predominano la voce del narratore o la colonna sonora.

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La nascita dei «programmi contenitore» di divulgazione scientifica e culturale

◦E’ degli anni ’80 l’introduzione nei palinsesti televisivi di una importante novità: nascono i programmi “contenitore” nel campo dell’informazione scientifica e in quello dell’informazione giornalistica.

◦In questi programmi il tema prescelto viene analizzato per mezzo di interventi in studio, servizi, documentari.

◦I programmi culturali e di divulgazione scientifica più noti sono Quark, del già citato Piero Angela, che inizia nel 1981, e il successivo Superquark, tuttora in programmazione.

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◦ In questi programmi i materiali visivi utilizzati e, in particolare, i documentari, diventano un inframezzo. I documentari, che fino a questo momento erano un prodotto autonomo, avente vita propria, nei programmi contenitore di divulgazione scientifica e culturale talvolta vengono tagliati e adattati ai contenuti delle varie puntate, per cui perdono la loro autonomia per diventare spunto per un discorso più ampio.

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Alberto Angela: la comunicazione narrativa/colloquiale

◦Sulla stessa linea sono i programmi di Alberto Angela, autore di numerosissimi reportage e che, nello specifico, si è occupato di musei italiani e stranieri nelle più note trasmissioni cui ha collaborato o da lui stesso condotte, da Superquark a Passaggio a Nord Ovest, fino a Ulisse - il piacere della scoperta .

◦Lo stile di Piero e Alberto Angela è quello dell’approfondimento/racconto in cui, persa ogni traccia dell’impostazione didattica dei documentari classici o dell’informazione asciutta dei servizi giornalistici, la comunicazione diventa più accattivante e colloquiale.

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◦A volte i musei sono l’ambientazione che accoglie il “narratore” per introdurre un dato argomento, altre volte il museo è protagonista e gli sono dedicati interi speciali, soprattutto quando si tratta di musei di grande rilevanza nazionale e internazionale.

◦Anche in questo caso, però, gli oggetti o alcuni aspetti del museo sono lo spunto per spaziare attraverso vari argomenti, cercando di tenere sempre desta l’attenzione degli spettatori.

◦ Il museo è visto essenzialmente come un luogo da esplorare, una fonte di conoscenza da cui far scaturire i temi della narrazione.

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TV digitale, canali tematici◦Nel corso degli anni, la comunicazione culturale della televisione ha

subito trasformazioni, dapprima con la nascita delle televisioni private, che iniziano a fare concorrenza alla RAI anche sulle proposte culturali e divulgative, poi, in anni recenti con l’avvento della televisione digitale e il moltiplicarsi dei canali tematici.

◦In sostanza, però, il linguaggio della comunicazione culturale si allinea a quello dei più noti programmi della RAI.

◦In generale, le trasmissioni di divulgazione culturale si distinguono per la scelta delle finalità e la ricerca di differenti target di pubblico: talvolta sono più orientate verso l’intrattenimento, altre volte più verso l’informazione pura.

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◦Nel complesso, i programmi contenitore e le trasmissioni culturali in genere, non entrano in merito ai problemi dei musei o agli aspetti che riguardano la gestione.

◦Fanno eccezione alcuni programmi di approfondimento giornalistico: recentemente si sono occupati di patrimonio culturale e delle problematiche relative alla gestione dei musei, programmi d’inchiesta come Petrolio, di Duilio Gianmaria (Rai 1), o Report, di Milena Gabanelli (Rai 3).

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oNegli ultimi anni, grazie anche alle tecnologie digitali e al web 2.0, sono nate spontaneamente anche delle piccole produzioni televisive come laSvista che ha realizzato una serie di documentari dal titolo Piccoli Musei, Grandi Storie in partnership produttiva con alcune televisioni regionali.

o La diffusione avviene sia attraverso i canali televisivi sia sul web, per mezzo di Youtube e del sito web di laSvista. Finora sono state realizzate 18 puntate ed altre 5 sono in fase di post-produzione.

o L’aspetto interessante è che le produzioni televisive di questa associazione, nata a Ferrara, finalizzata alla produzione di video su temi culturali, sono realizzate senza fini di lucro, a spese degli stessi associati, utilizzando il tempo libero da impegni lavorativi .

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Le produzioni visive dei grandi musei ◦Si è trattato, fin qui, di produzioni cinematografiche e televisive che hanno

avuto i musei come protagonisti nel corso degli ultimi 90 anni ed oltre, ma non ancora di musei che sono non solo committenti ma anche produttori di video e documentari.

◦Una menzione specifica merita il British Museum che possiede una propria unità broadcasting gestita da un ex produttore della BBC. Vengono utilizzati tutti i mezzi di comunicazione e di espressione, compresa la televisione e il cinema, per veicolare i contenuti del museo e soprattutto per promuovere determinati eventi speciali come le grandi mostre che il museo britannico organizza continuamente. Imponenti operazioni di marketing che si avvalgono di strategie di comunicazione di notevole impatto sul grande pubblico, come dimostra il successo mondiale degli ultimi eventi (v. il recente Life and death in Pompeii and Herculaneum).

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Musei da Oscar: visitare mostre e musei al cinema◦Nell’epoca di internet e della comunicazione 2.0, la stessa fruizione del museo sta

vivendo una ulteriore evoluzione: le visite virtuali non sono soltanto accessi solitari ai siti web dei musei che riproducono planimetrie e immagini in 3D degli oggetti, ma diventano eventi collettivi da vivere nelle sale dei cinema.

◦ Si tratta di operazioni commerciali di enorme portata in cui entrano in gioco società importanti nel settore della produzioni televisive e cinematografiche.

◦ Che si tratti della mostra Leonardo Live della National Gallery di Londra, del citato Pompeii Live del British Museum o, più di recente, dell’Hermitage di San Pietroburgo e dei Musei Vaticani, o di tanti altri musei e mostre, il metodo funziona: il pubblico si sente appagato non solo dall’opportunità di vivere le emozioni di una grande mostra o della visita di un museo importante ma difficilmente raggiungibile, senza allontanarsi dalla propria città, ma anche da quella di essere partecipe di un avvenimento unico, irripetibile e che, come tale, rende i visitatori/spettatori dei “privilegiati”.

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Web 2.0: i musei e YouTube

◦Accanto a Google, YouTube detiene il titolo di secondo motore di ricerca più grande al mondo. Ogni mese si guardano oltre 6 miliardi di ore di video.

◦I musei che decidono di promuoversi realizzando dei video sulle proprie collezioni o su mostre temporanee, affrontano investimenti a volte impegnativi, ma che garantiscono un sicuro ritorno in termini di promozione e di visibilità.

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◦Si può essere presenti su YouTube con strategie più sofisticate, come quelle del più volte citato British Museum che dall’agosto del 2010 ha rilanciato il proprio canale grazie ad un programma che permette di caricare video di alta qualità almeno 2-3 volte al mese. Molti di questi video sono a tema oppure si ispirano alle esposizioni che in quel momento si possono visitare nel BM.

◦L’aspetto più importante è che lo staff specializzato del museo agisce in accordo con il team che gestisce il web e i social media, decidendo come pianificare la promozione del video, senza lasciare nulla al caso.

◦Ma anche i musei che possiedono meno risorse possono essere adeguatamente presenti su Youtube o su altri siti di video sharing (Vimeo, Blinx, etc.).

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◦Non sempre il successo dei filmati sul web dipende dalla qualità tecnica, ma è molto più importante l’originalità, l’idea che è alla base del progetto; non a caso una buona parte dei successi “virali” del web è girata da dilettanti.

◦Oggi, grazie al web, sono stati introdotti grandi cambiamenti nel modo di comunicare e di condividere i contenuti: tutti hanno la possibilità di raccontarsi. Anzi, a volte si cerca di ottenere lo “stile” di un video non professionale nelle proprie clip anche da parte dei professionisti .

◦I video auto-prodotti per ottenere il successo “virale” non si propongono di imitare i grandi documentari né imitano spot pubblicitari o clip realizzati con tecnologie avanzate.

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◦Durante le visite virtuali di #smallmuseumtour , per esempio, il Museo di Villa Bighi ha realizzato un breve video di presentazione, molto semplice ma accattivante proprio per la sua essenzialità e spontaneità.

◦Non è l’unico caso: su YouTube sono presenti circa 230 canali di musei italiani, piccoli e grandi, anche se solo una minima parte di questi mostra video realizzati autonomamente dai musei.

◦ Solitamente i filmati e i documentari prodotti dai musei italiani hanno obiettivi didattici, solo in pochi casi sono utilizzati per fini promozionali: uno di questi è quello del Museo Egizio di Torino, per esempio, che ha realizzato un video promozionale per il progetto di trasformazione del museo che dovrebbe essere ultimato nel 2015.

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Video partecipativi◦ Anche la condivisione di video da parte di gruppi di followers di una istituzione

museale è un ottimo modo per ottenere la fidelizzazione del pubblico.

◦ E’ il caso, per esempio, dei video partecipativi, cioè di strumenti che offrono l’opportunità al pubblico di esprimere opinioni o di raccontare qualcosa di se stessi nell’ambito di un progetto condiviso che crei un collegamento tra le tematiche che sono più vicine ai contenuti specifici di un museo e le storie individuali.

◦ I musei con meno risorse riescono a sfruttare i vantaggi del web e ad utilizzare i siti di video sharing anche per mezzo di video-interviste, facilmente realizzabili.

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Video in concorso◦ La creazione di video semi-professionali e amatoriali sui musei da parte dello staff

degli stessi musei o di utenti del web, ha dato vita a molti concorsi in Italia e all’estero.

◦ Museums in Short, un concorso creato nel 2012 per i musei europei, aperto a tutte le diverse forme di video prodotti dai musei

◦Musées (em)portables, ideato dalla società francese Museumexperts, che invita musei e visitatori a realizzare un filmato della durata di non più di tre minuti, utilizzando smartphone e tablet, quindi senza nessun tipo di attrezzatura professionale. Finora si sono svolte tre edizioni del concorso ed è già in programma la quarta edizione .

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Oltre i video: le narrazioni multimediali◦ Sebbene il documentario, un prodotto creativo e

didattico nello stesso tempo, non abbia mai trovato, se non in determinati casi, un proprio spazio permanente nella progettazione degli allestimenti museali, ai giorni nostri si stanno affermando altre tecniche che coniugano, per esempio, visual storytelling e proiezioni olografiche.

◦ Le olografie sono in grado di «dare vita» a personaggi del passato personificati da attori.

◦Mentre la “settima arte” si esibisce davanti allo spettatore, le nuove tecnologie lo portano letteralmente dentro la narrazione.

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◦Contatti:

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◦http://piccolimusei.weebly.com

◦ Le immagini utilizzate sono tratte da varie fonti unicamente per scopi di studio e senza alcun fine di lucro