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CONOSCERE IL BALDO – GARDA
I° CORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI TURISTICI AMBIENTALI
USCITA: SABATO 7 FEBBRAIO 2015
LE CHIESETTE DI BRENZONE
RELATORE/ACCOMPAGNATORE: PROF. GIULIANO SALA
Trascrizione dell’uscita per la visita a 3 Chiese Medioevali di Brenzone
CHIESA DI SAN ZENO DE L’OSELET
Diamo un’occhiata un attimo all’interno per vedere la pianta della Chiesa
Paleocristiana e poi usciamo per vedere quella che è la struttura dell’architettura
Romanica del XII Secolo.
Dopo la rimozione del pavimento moderno, a seguito dei restauri, è emersa quella
che era la struttura originaria della chiesa, si vede la fondazione dell’abside,
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si tratta di un’unica abside semicircolare che si congiungeva con un’unica navata che
arrivava circa fino a metà dell’odierna chiesa, un po’ a Ovest della monofora** che si
vede a metà chiesa, infatti ricordo che ero venuto con alcune persone della
navata laterale e i basamenti dei pilastri che suddividono queste arcate della nuova
navata vanno ad inserirsi su quello che era il muro Alto Medioevale della Chiesa,
praticamente distruggendone ogni testimonianza. C’erano anche fondazioni
cimiteriali, tombe e sepolcri, il che ci fa capire che la Chiesa, come quasi tutte le
Chiese Alto Medioevali hanno anche una funzione cimiteriale che trasmetteranno
anche poi in seguito.
Quindi, riassumendo un po’ da quello che abbiamo visto anche dagli scavi, possiamo
parlare di una Chiesa che è presente già in epoca Alto Medioevale, si parla del VI –
VII Secolo, più o meno, e che nasce in funzione di quella che era la Villa Romana, è la
Chiesa stessa che va ad inserirsi in quella che è l’area della Villa Romana.
In età tardo Imperiale, soprattutto nel Primo Alto Medioevo, dalla Villa si passa ad
un insediamento vero e proprio cioè non più una Villa signorile ma nuclei di famiglie
che vengono ad insediarsi sfruttando quello che era l’antica struttura edilizia della
Villa stessa, quindi c’è una concentrazione di famiglie che costruiscono anche una
piccola Chiesa addossata al cimitero, da qui i ritrovamenti di tombe e sepolcri lungo
quella che è la navata settentrionale aggiunta nel XII Secolo. La Chiesa quindi nasce
** monofora n.f. [pl. -e] ( arch.) si dice di finestra priva di suddivisioni, con una sola apertura
agg.: finestra
¶ Da bifora, con sostituzione di prefisso.
Sovrintendenza e si diceva che questa monofora poteva risalire
ad epoca Alto Medioevale, prima quindi della Chiesa Romanica e
quindi gli scavi hanno confermato questa ipotesi. Vediamo una
Chiesa ad un’unica navata più stretta e più corta dell’odierna, la
quale è stata poi ampliata successivamente, si nota infatti un
prolungamento della Chiesa e successivamente, sempre prima
del 1000 è stata ancora ampliata in direzione Ovest, verso il Lago
ed era stata trovata anche la fondazione di un probabile
campanile a pianta quadrangolare. Poi nell’ultimo intervento,
siamo nella prima metà del XII Secolo, la Chiesa venne
ulteriormente allungata verso il Lago e viene allargata di una
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con funzioni di Chiesa cimiteriale, una piccola Chiesa, poi come visto la Chiesa si
ingrandisce, probabilmente il primo ampliamento avviane attorno all’anno 1000,
perché probabilmente anche la funzione della Chiesa si va a modificare, teniamo
presente questo piccolo insediamento che abbiamo, che si sviluppa nel tempo, e ha
l’esigenza di una Chiesa dove poter ascoltare la messa, dove si possa avere
praticamente “cura d’anime” anche se saltuariamente. Pertanto la Chiesa, da
semplice Chiesa cimiteriale, diventa una Chiesa ad uso della comunità che si è
insediata in questo territorio sempre partendo ad quella che era l’antica Villa
Romana e la cosa è evidente nel XII Secolo quando a un certo punto la Chiesa viene
ancora ampliata, viene allargata con l’altra navata e chiaramente si parla di una
Chiesa che ha funzione di cura d’anime, non è una Chiesa Battesimale quindi non è
una Pieve ma è una Cappella soggetta alla Pieve di Malcesine. Teniamo presente che
la Pieve di Malcesine arrivava praticamente fino ad Albisano grosso modo, quindi c’è
una grossa estensione territoriale però dal punto di vista demografico non
importante perché si trattava di pochi insediamenti lungo le rive del lago, quindi
grande estensione geografica ma ovviamente la popolazione non era così numerosa
da giustificare la presenza di altre Pievi magari fra Malcesine e Garda.
Relativamente alla costruzione di questa Chiesa c’è un primo documento che sono
andato a rivedermi perché se vi ricordate la scorsa volta quando ci siamo visti a
Brenzone Wolf aveva parlato di quell’ipotesi che la Chiesa fosse di San Zane, San
Giovanni e che non abbia niente a che vedere con San Zenone, io sono andato a
rivedere bene il documento ma l’avevo comunque anche già visto, è una pergamena
del 1158, è un privilegio del Papa il quale conferma i diritti della Pieve di Malcesine e
tra le Chiese c’è proprio Sanctis Zenoni quindi non c’è dubbio, a parte che Zane è un
termine “volgare” siamo già nel XV Secolo quando si comincia con il volgare, San
Juan, San Zane, quindi niente a che vedere, all’epoca sarebbe stato Johannis come si
vede giustamente nell’altra Chiesa che è la Chiesa di San Simone “Sanctorum
Simonis Juda et Johannis Evangelistae” difatti sono arrivato alla conclusione
riguardando che si tratta comunque di una Chiesa unica: Santi Simone e Giuda che
sono sempre messi assieme e Giovanni Evangelista, anche perché davanti alla Chiesa
nominata viene messa la dicitura “Cappella” di … qui dice Cappella di San Simone
Giuda e Giovanni Evangelista e loro pertinenze quindi riguarda questa unica
Cappella che ha un titolo un po’ più lungo degli altri.
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Siamo quindi arrivati alla seconda fase Romanica, se ammettiamo che il primo
ampliamento sia in epoca Romanica, arriviamo alla seconda fase quando abbiamo
anche il conforto della documentazione scritta, seconda fase che è quella più
importante per la caratteristica architettonica della Chiesa così come la vediamo
adesso, con la presenza degli affreschi che sono da considerarsi coevi
all’ampliamento della Chiesa.
Usciamo all’esterno.
Come in tutte le Chiese espressione della cultura, dell’arte, dell’architettura
Romanica abbiamo un orientamento della facciata rivolto ad Ovest che richiama un
simbolismo particolare dell’arte Romanica. L’arte Romanica è fondamentalmente
un’arte sacra e come arte sacre è anche arte simbolica e quindi il fatto che la Chiesa
sia orientata con la facciata ad Ovest permette all’abside e all’altare che si trova
all’interno dello stesso, di essere orientato ad Est, quindi di essere in linea con la
prima Chiesa della Cristianità, con la Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme e di
essere comunque in linea anche col sorgere del sole e chiaramente l’effetto
simbolico è quello di un ingresso dal buio verso la luce, lo stesso discorso degli
ingressi che originariamente nelle Chiese Romaniche erano posti lateralmente sul
lato meridionale che corrisponde quindi al lato destro per chi entra. Anche in questo
caso il fatto che sia sempre posto su questo lato dipende dal concetto di
lateralizzazione destro – sinistro dove la parte destra è la parte buona e la parte
sinistra quella cattiva. Se noi guardiamo nei dipinti dell’arte Romanica, per esempio
San Michele Arcangelo quando pesa le anime con la bilancia con i due piatti, le
anime dei puri sono sulla destra mentre le anime dei dannati sono sul piatto sinistro;
nella Crocifissione il ladrone buono è alla destra di Gesù e quello cattivo è alla
sinistra, Gesù tornerà in Cielo e siederà “alla destra del Padre”, quando si giura lo si
fa con la mano destra, tutto questo concetto che rimane fino a non molto tempo fa
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per esempio a scuola dove non si poteva scrivere con la mano sinistra, bisognava
correggere perché non si poteva, è vero che c’era anche un discorso pratico perché
scrivendo con l’inchiostro e andando a sinistra si passava con la mano sopra
l’inchiostro, pensiamo poi all’aggettivo “sinistro” che indica un incidente, qualcosa di
orribile di spaventoso, un fatto sinistro, quindi tutto questo chiaramente nasce dalla
simbologia Medioevale Romanica.
All’esterno della Chiesa, sopra la porta d’ingresso, nel “protiro” **all’interno nella
nicchia abbiamo la figura di Gesù Benedicente, qui siamo in un’epoca
contemporanea agli affreschi che troviamo all’interno, quindi intorno alla metà del
XII Secolo, l’affresco in parte, che raffigura San Cristoforo, è più tardo di almeno un
paio di Secoli, richiama un po’ l’arte Bizantina perché nel ‘300 c’è un ritorno di
questa arte, la frontalità, la fissità, se vediamo il San Cristoforo che c’è nella chiesa a
Pazzon di Caprino è un affresco di stile Bizantino ma siamo nel 1300 e passa. Anche
questo richiama le caratteristiche dell’arte Bizantina ma magari attraverso la
mediazione del Maestro Cicogna che assomiglia come stile, l’aureola in grafite e i
lineamenti, quindi questo è un affresco posteriore all’altro.
Vediamo che la facciata è chiaramente stata completamente fatta ex-novo con
l’allungamento della Chiesa, l’hanno un po’ addossata in linea col campanile
quadrangolare, si vede appunto questa imponente torre campanaria che
probabilmente è stata fatta contemporaneamente, forse in seguito possono aver
fatto la correzione dello spiovente in quanto avrebbe dovuto avere una facciata a
doppio spiovente ed ora ne ha uno unico che va ad addossarsi al campanile. A suo
tempo ricordo che quando avevo scritto su Brenzone avevo ipotizzato la costruzione
del campanile come ultima fase ma ora non ne sono molto convinto, c’è stato
senz’altro un adattamento ma se noi guardiamo la successione delle arcate è coeva
e anche il tessuto murario come è disposto. Dalla facciata, con il protiro in mezzo si
deve supporre che la torre campanaria sia stata fatta contemporaneamente, per
saperlo con esattezza si dovrebbero fare delle indagini archeologiche sulla muratura.
Proseguendo sul lato Sud, risalendo si trova la parte più antica, si vede nettamente
dall’esterno, dove terminava la Chiesa Alto Medioevale, poi c’è stato un
**protiro Nell’architettura medievale e del primo Rinascimento, piccolo corpo di fabbrica addossato alla
parete d’ingresso o al nartece di una chiesa e formato di una volta sorretta sul davanti da pilastri o
colonne, forse in origine destinato a riparare dalle intemperie i questuanti.
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ampliamento e quindi la terza fase, notare la bifora che ricordavo prima che
richiama la prima Chiesa Alto Medioevale. Ricordo che quando hanno fatto questo
canale di scolo erano stati trovati resti di ceramica addirittura pre Medioevale e un
sarcofago che era stato utilizzato come elemento di reimpiego a sostegno della
muratura.
Proseguendo si arriva alla zona absidale che guarda ovviamente verso Est.
Sono state ricavate tre absidi, quella centrale e quella settentrionale che sono in
corrispondenza ad effettive navate mentre l’absidiola meridionale va comunque a
rimarcare una nicchia che era sede di un altare, è praticamente assodato che la
Chiesa nella sua ricostruzione dell’ultima fase Romanica avesse due navate ma
comunque avesse tre altari, quindi fa parte dell’intervento dell’ultima fase.
Girando intorno alla Chiesa passiamo dalla parete a Settentrione, che è stata fatta ex
novo durante l’ultimo intervento intorno alla metà del XII Secolo. Si vede che la
muratura del campanile è praticamente simile a quella della parete, praticamente è
lo stesso intervento, si nota una sopraelevazione della chiesa in epoca post
Romanica, come spesso accade le Chiese vengono leggermente rialzate. Quindi
l’ipotesi più probabile è che nella prima metà del XII Secolo si amplia la Chiesa verso
Nord, quindi questa parete ha continuità con la muratura della torre campanaria, si
innalza quindi il campanile Romanico sopra il muro perimetrale e poi, in una fase
molto più tarda che potrebbe essere il 1700 la chiesa viene leggermente
sopraelevata.
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Riprendiamo i due interventi della facciata, il primo è quello Romanico, si vede dallo
stile, dai caratteri delle iscrizioni che sono caratteri Romanici, vediamo che nell’extra
dosso dell’arcata si vede ancora una scritta dove c’è “agnus” una croce gemmata e il
Cristo Benedicente
Questo senz’altro è un affresco del XII Secolo che va messo in relazione con
l’intervento della prima metà del XII Secolo appunto, mentre l’affresco a fianco che
riguarda San Cristoforo è posteriore di circa due secoli e riflette quello che è il
ritorno dell’arte Bizantina intorno alla metà del XIII Secolo, inizi del XIV, dove a
Verona, a partire dai grandi manoscritti, penso al Monastero della Maddalena a
Verona dove ci sono le storie di Santa Caterina e di San Giorgio sono miniature in
stile Bizantino.
Rientriamo in Chiesa, dalla successione delle arcate si vede la continuità della torre
campanaria con l’ultimo ampliamento. Al riguardo mi sembra di aver letto che
anche nell’intervento della Dottoressa Bruno si parlasse di concomitanza
dell’erezione del campanile insieme alla divisione in due navate.
Guardando in alto si vede un segno di sopraelevazione della Chiesa, perché quando
rifanno la capriata si innalzano un poco dalla linea precedente che dovrebbe essere
stata circa mezzo metro sopra l’abside.
La chiesa doveva essere decorata, non so se interamente ma sicuramente
l’intervento di ampliamento verso Nord, abbattendo il muro ha ovviamente
distrutto gli affreschi che c’erano sullo stesso. Quindi l’intervento pittorico riguarda
la zona absidale e parte della navata del muro di divisoria dalla navata centrale a
quella laterale e la navata laterale. Questo è quanto ci rimane.
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Relativamente a questa porta,
inizio 1900, la porta congiungeva questi edifici con la Chiesa.
Vediamo ora la parte in fondo, quella dove ci sono gli affreschi:
abbiamo l’abside maggiore che è suddivisa in tre scomparti, nella parte del catino
absidale vero e proprio si intravede appunto quella che era la figura della
“mandorla” all’interno della quale c’era il Cristo Pantocratore, il Cristo Benedicente
ricordo che quando abbiamo visto gli scavi, c’erano dei muri
che si dipartivano in direzione Sud ma riguardavano i muri
di un caseggiato molto tardo, direi sette-ottocentesco, che
riguardava edifici a livello colonico addossati alla Chiesa che
poi sono stati abbattuti penso ancora nei primi restauri di
Probabilmente anche in questo
caso era inserito fra i simboli dei
quattro Evangelisti e fra la
Madonna e San Giovanni Battista
i quali venivano raffigurati in
intercessione nei confronti
dell’umanità presso Dio; nello
scomparto mediano abbiamo la
successione degli Apostoli che
continua in parte anche al di là
dell’abside e, nella parte
inferiore, questo velario che
corre per tutte le tre absidi.
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Sulla destra, dove c’è l’abside minore, quella meridionale, in alto abbiamo quanto
rimane di un pavone che nel bestiario Medioevale, soprattutto nel bestiario
Romanico, è una figura che si ripropone spesso in quanto sta ad alludere, sempre
nel linguaggio dei simboli, all’immortalità, alla resurrezione. Al riguardo esistono due
leggende, una nasce dal mondo Romanico e parla della muta delle penne della ruota
che vengono a simboleggiare una rinascita mentre un’altra è tardo cristiana, mi
sembra Sant’Agostino che riferisce che la carne del pavone è incorruttibile, non si
decompone. Questi elementi, nell’immaginario Medioevale, hanno associato il
pavone all’immortalità, alla rinascita di Cristo e quindi è diventato un simbolo di
redenzione.
Nella zona dell’abside laterale abbiamo gli affreschi meglio conservati che seguono
un loro filo narrativo.
Evidentemente il lavacro e
la finestra sono aperture
tarde che in parte sono
andate a rovinare quelli che
erano gli affreschi che
dovevano decorare lo
scomparto inferiore, il
velario e nella parte
absidale è scomparso quello
che era il motivo che
doveva illustrare e decorare
lo spazio e che logicamente
va sempre messo in
riferimento alla storia del
Battista o staccando
nettamente poteva
raffigurare il battesimo di
Gesù da parte sempre del
Battista.
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La lettura inizia dallo scomparto superiore dove vediamo un’arcata che allude
Quindi successivamente vediamo nello scomparto, senza soluzione di continuità, in
una tecnica quasi fumettistica, due episodi attaccati l’uno all’altro,
cronologicamente diversi. Nel primo vediamo la nascita di un bambino e questo
bambino chiaramente è Giovanni Battista, si vede la culla, la levatrice con i panni,
poi nella seconda parte, più a destra il bambino è cresciuto, finito il periodo dopo il
parto quando la donna era considerata impura secondo la legge ebraica, quindi non
poteva accedere al Tempio, terminati questi quaranta giorni veniva condotta al
Tempio e lì c’era il riconoscimento del figlio da parte del padre, si vede il bambino
che viene presentato e c’è un vecchio santo che ha l’aureola, lo vediamo dai
lineamenti, i capelli lunghi, la barba bianca e lo identifichiamo sempre in San
Zaccaria il quale ha un registro dove scrive qualcosa. Il riferimento biblico riguarda
all’ingresso del Tempio, c’è
un’ara, c’è un Santo anziano, c’è
il titulus che dichiara l’identità
del santo che corre in verticale
lungo la schiena e che dice San
Zaccaria, abbiamo un angelo il
quale tiene in mano un cartiglio
che è il riferimento biblico, al di
fuori c’è una folla di persone che
assiste un po’ stupita a quanto
sta accadendo, a questo evento
straordinario. Il riferimento
biblico è l’annuncio dell’angelo a
Zaccaria della prossima nascita di
un figlio che poi sarà Giovanni
Battista. Zaccaria è abbastanza
scettico e per questo viene
punito e perderà l’uso della
parola.
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sempre la storia del Battista e dice che quando l bambino viene presentato al
Tempio chiedono alla moglie quale sia il nome da dare al bambino e la moglie dice
che si chiamerà Giovanni, allora sacerdoti rimangono un po’ perplessi perchè
dicono che nelle loro famiglie la sua e quella del marito non ci sono persone di nome
Giovanni e allora Zaccaria, che ricordiamo ha perso l’uso della parola prende una
penna e scrive sul libro che il suo nome è Giovanni, quindi c’è l’imposizione del
nome e da questo momento in poi Zaccaria riacquista l’uso della parola. Procedendo
sempre in alto da sinistra a destra, il bambino Giovanni è cresciuto e lo vediamo con
un cartiglio nella mano rivolgersi a una folla di persone, per successione logica il
soggetto non può che riferirsi alla predicazione del Battista nel deserto. Ricordo che
a suo tempo c’era stato un intervento di Butturini in “La pittura affrescale della
Diocesi Veronese nell’anno 1000”, a parte che questi affreschi non hanno niente a
che vedere con l’anno 1000 ma comunque parlava della “traditio legis” per esempio,
quindi parlava di interventi di maestri diversi con riferimenti a tematiche diverse che
ritengo però non ci siano qui, da allora in poi tutti sono concordi nel dare un
continuo, un senso logico a tutta la rappresentazione, tanto è vero che poi ritorna
nello scomparto inferiore con la fase culminante della storia del Battista, quello del
suo martirio, della sua
decollazione dovuta in seguito
all’inimicizia, alla denuncia nei
confronti di Erode della sua
poligamia e tutto il resto e
quindi il Battista viene
sacrificato e abbiamo appunto
il boia con la scritta
“spiculatores” in alto, che
stranamente viene messa al
plurale come anche in un
affresco di impostazione simile
che abbiamo a Tenno nella
Chiesa di San Lorenzo e
appunto Johannes scritto Johs
col segno dell’abbreviazione
sopra.
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Qui si conclude il tema del Battista.
Diciamo che questo è un culto abbastanza diffuso nel nostro territorio,
probabilmente è un culto di origine Longobarda insieme al culto di San Michele, di
San Giorgio, al Battista, sono quei Santi che hanno molta diffusione in età alto
Medioevale portata dai re Longobardi appunto. La tematica di questi dipinti, che
riguardano appunto il contenuto agiografico del Giovanni Battista, ha fatto
ipotizzare, anche in tempi recenti, che questa Chiesa fosse una Chiesa battesimale e
che questo in realtà fosse un piccolo battistero, ma l’ipotesi si basa solamente sulla
coincidenza delle immagini, a parte che non troviamo alcun riferimento esplicito al
battesimo quindi secondo me è solamente il ciclo della vita del Battista sia dal punto
di vista iconografico e tanto più da quello storico in quanto sappiamo che dal 1159
questa Chiesa è Cappella soggetta alla Pieve di Malcesine quindi non ci sono dubbi,
in questa Chiesa nel 1159 non c’era un fonte battesimale e non ci sarà mai, perché
quando Castelletto si evolverà in Chiesa Parrocchiale autonoma questo sarà nella
Chiesa nuova dove c’è l’insediamento del paese, quindi questa non è mai stata una
Chiesa battesimale e pertanto quella è un’ipotesi, come tante che si possono fare
ma secondo me non è proponibile e soprattutto non è surrogata dai documenti di
cui noi siamo a conoscenza. Vediamo poi due angeli, uno è molto simile
all’immagine che abbiamo a Mori e anche nella Chiesa di San Fermo Minore a
Verona. I riferimenti sono databili alla metà del XII Secolo, non c’è una data negli
affreschi ma Paolo Sartori che è molto esperto di epigrafia Romanica, delle iscrizioni
dell’XI e XII Secolo, ha accostato queste iscrizioni a quelle di Sant’Andrea di
Sommacampagna, del Giudizio Universale e anche a quelle di San Fermo Minore e
ritiene che siano caratteri che si datano non dopo la metà del XII Secolo e nemmeno
molto prima, dando quindi un riferimento preciso, prima di questo intervento sui
caratteri gli affreschi erano un pochino post datati, si tendeva ad attribuirli al XIII
Secolo, intorno al Primo Duecento, invece sia dal punto di vista dei caratteri che
delle immagini i cui riferimenti possiamo godere adesso diciamo che non ci sono più
dubbi sulla data di esecuzione di questi affreschi, intorno alla prima metà del XII
Secolo.
La divisione delle navate è data da settori murari alternati da colonne con capitelli di
reimpiego, chiaramente questi capitelli sono stati ripresi dalla Villa Romana
adiacente.
Un altro affresco è in fondo, dove comincia l’abside sulla parete della navata,
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La chiesa sappiamo che è dedicata a San Zeno, è il suo titolo. Un motivo è che San
Zeno è il protettore della diocesi, è l’ottavo Vescovo di Verona, è ritenuto, già dal
“Ritmo Pipiniano” questo documento dell’inizio IX Secolo, colui che evangelizzò la
città, quindi a lui si riconosce questo ruolo e quindi è il patrono della diocesi, oppure
altra ipotesi è che il monastero di San Zeno di Verona nel suo territorio ha costruito
tante chiese, per esempio la Chiesa di San Zeno di Bardolino, da quando ci sono i
documenti si legge “Ecclesia Sancti Zenonis” si può pensare che venga chiamata così
perché è la chiesa del Monastero di San Zeno e che si faccia un riferimento alla
proprietà della Chiesa stessa. In questo caso non c’è nessun documento che
giustifichi la presenza di San Zeno, che peraltro era molto forte tra Brenzone e
Malcesine, fra l’altro nell’incontro sulle chiese ho scordato di nominare la Cappella
di San Vito a Porto, quella era stata una Fondazione del Monastero di San Zeno di
Verona ed era a lui soggetta e poi era stata ceduta alla Pieve di Malcesine, di questo
c’è un documento di cui avevo anche scritto nei “Quaderni Zenoniani” che escono
ogni anno, in questo caso è da pensare che il titolo della Chiesa sia San Zeno anche
se non abbiamo riferimenti precisi n merito, magari c’erano e sono andati smarriti,
comunque dai primi documenti ritrovati e proseguendo nel tempo la Chiesa viene
sempre chiamata San Zeno, poi in epoca molto più recente viene detta San Zeno de
l’Oselèt per via della banderuola che in pratica è un gallo.
abbiamo in alto la cornice che è un
motivo a meandro, a greca, e sotto
abbiamo due figure: una è un
agnello e l’altra un qualcosa che,
con buona volontà, riconosciamo in
un covone, non è molto visibile ma il
testo biblico è quello e si riferisce al
sacrificio di Caino e Abele. Da qui
possiamo ipotizzare lungo la navata
una serie di raffigurazioni con
soggetto biblico mentre all’interno,
sulla navata laterale, il riferimento
era agiografico e riguarda la vita del
Battista.