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Marco Tullio Cicerone - Letteratura latina

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Marco Tullio Cicerone nacque ad Arpino nel 106 a.C. da una ricca famiglia. Da ragazzo si trasferì a Roma per apprendere l’eloquenza da Antonio e da Crasso e il diritto civile da Scevola l’Augure e Scevola il pontefice. Conobbe anche un retore greco, Apollonio Molone di Rodi e un filosofo, Filone di Larissa. Iniziò dunque a tradurre opere e poesie dal greco, dopodiché si trasferì in Grecia per approfondire la conoscenza della cultura greca. Frequentò qui due scuole : l’accademia di Antioco di Ascalona e il giardino epicureo di Zenone. Ritornato a Roma, intraprese il cursus honorum, diventando questore in Sicilia nel 75 a.C., edìle nel 69, pretore nel 66 e console nel 63. Proprio nel 63 a.C. scoprì e denunciò la congiura di Catilina e fece giustiziare i congiurati (senza appello al popolo), ottenendo l’appellativo di pater patriae e defensor rei publicae.

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Dopo la congiura di Catilina, si formò il primo triumvirato (Cesare, Crasso e Pompeo), con interessi contrari a quelli di Cicerone (era repubblicano, aristocratico e conservatore). Cicerone venne accusato nel 58 per aver condannato a morte senza processo i seguaci di Catilina e fu costretto all’esilio. Rientrò a Roma, un anno e mezzo dopo, grazie al favore di Pompeo; qui però trovò una situazione molto diversa da quella che aveva lasciato.. Tra Pompeo e Cesare nascevano già le prime divergenze e, Cicerone non sapendo da che parte schierarsi, si schierò con Pompeo.

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Dopo la guerra civile, che vide la sconfitta di Pompeo, Cicerone fu perdonato da Cesare, il quale gli permise di tornare a Roma. Comprendendo che ormai la sua presenza nella vita politica di Roma, si ritirò a vita privata. Cicerone però era una persona molto superba e voleva essere sempre ‘migliore degli altri’, per cui rientrò in politica dopo la morte di Cesare e si schierò contro Antonio, (capeggiava i populares, cesariani), quindi dalla parte di Ottiaviano Augusto, nipote di Cesare, pronunciando le Filippiche (richiamavano quelle di Demostene lanciate contro Filippo II di Macedonia). Antonio decise di continuare nella sua politica cesariana, alleandosi in seguito con Augusto, ed inserì Cicerone (poiché non ritirava le accuse pronunciate nelle Filippiche) nelle liste di proscrizione (messa in vendita dei beni di un debitore e allontanamento forzoso dalle cariche pubbliche imposto da un regime alla caduta del regime precedente.).

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Cicerone si ritirò a vita privata nella sua villa a Formia, dove fu ucciso, il 7 dicembre 43 a.C., da alcuni sicari di Antonio (gli furono tagliate le mani con cui aveva scritto le Filippiche, che furono esposte in Senato insieme alla testa), poiché lo aveva accusato appunto nelle Filippiche.

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Cicerone è stato l’ultimo difensore della Repubblica, molto legato al mos maiorum. Era appoggiato dagli optimates (aristocratici) e dal ceto equestre (cavalieri).

Ha sempre lottato con tutte le forze per ottenere la libertà e per non far cadere la Repubblica, nonostante non ci sia riuscito, poiché a quei tempi era impossibile.

Si preoccupava di difendere lo status equo e i diritti dei proprietari dei latifondi.

Sosteneva la concordia ordinum (concordia di tutti i cittadini onesti), che esaltò in un’orazione contro Catilina, dove per la prima volta, nella storia della Repubblica di Roma, Senato, cavalieri e popolo si trovavano d’accordo sulle decisioni da prendere per il bene di Roma.

Cerco di creare un’alternativa al potere dei triumviri.

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La struttura di tutte le orazioni di Cicerone (uno dei suoi maggiori punti di forza), è la seguente, descritta nel De Inventione :

- Exordium : si predispone l’animo dei giudici nei confronti del resto dell’esposizione;

- Narratio : esposizione degli argomenti;

- Partitio : la suddivisione delle argomentazioni;

- Confirmatio : la ricerca della credibilità;

- Reprehensio : smantellamento delle accuse;

- Conclusio : si tirano le conclusioni del discorso.

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Cicerone è noto per essere il più grande retore e oratore romano.

La retorica, secondo Cicerone è l’unico ordinamento in cui la libertà d’espressione, il pluralismo, la possibilità di incidere concretamente sul corso degli eventi siano oggettivamente garantiti.

La retorica è l’arte del ben parlare, disciplina che studia il metodo di composizione del discorso. Scopo della retorica è quello di persuadere, quindi di ottenere il consenso dell’ascoltatore sia attraverso l’emotività che attraverso la spiegazione ‘scientifica’ del discorso.

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“In verità, non c’è niente per me di più bello del potere con la parola dominare gli animi degli uomini, guadagnarsi le loro volontà, spingerli dove uno voglia, e da dove voglia distoglierli. Presso tutti i popoli liberi, e soprattutto negli Stati tranquilli e ordinati, quest’arte è sempre stata tenuta nel massimo onore e ha sempre dominato. Infatti, che cosa c’è di più meraviglioso del veder sorgere dall’infinita moltitudine degli uomini uno che da solo o con pochi possa fare quello che la natura ha concesso a tutti? O di più piacevole a conoscere e sentire di un discorso abbellito e adorno di saggi pensieri ed elevate espressioni? Che cosa è così imponente e sublime quanto il fatto che le passioni del popolo, i sentimenti dei giudici, l’austerità del Senato siano modificati dal discorso di un solo uomo? Che cosa inoltre è così splendido, così nobile, così liberale quanto il portare aiuto ai supplici, sollevare gli afflitti, dare salvezza agli uomini, liberarli dai pericoli, salvarli dall’esilio? Che cosa è così necessario quanto l’avere sempre pronta un’arma con cui tu possa e difendere te stesso e attaccare gli altri senza tuo danno e vendicarti se provocato? Orbene per non parlare sempre di foro, tribunali, rostri e Senato, che cosa ci può essere, per chi è libero da impegni, di più piacevole e di più degno di una persona colta, di un discorso arguto e bene informato su qualsiasi argomento?”

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“Noi ci distinguiamo dalle fiere soprattutto per questo, perché sappiamo conversare ed esprimere con la parola i nostri pensieri. Perciò chi non ammirerebbe e, a ragione, quest’arte, e non riterrebbe suo dovere studiarla con tutte le sue forze, onde superare gli stessi uomini in ciò in cui gli uomini si distinguono massimamente dalle bestie? Ed ora passiamo al punto più importante della questione: quale altra forza poté raccogliere in un unico luogo gli uomini dispersi, o portarli da una vita rozza e selvatica a questo grado di civiltà, o, dopo che furono fondati gli Stati, stabilire le leggi, i tribunali, il diritto? Non voglio passare in rassegna tutti gli altri vantaggi che sono quasi infiniti. Per questo condenserò in poche parole il mio pensiero: io affermo che dalla saggia direzione di un perfetto oratore dipendono non solo il buon nome dell’oratore stesso, ma anche la salvezza di moltissimi cittadini e dell’intera Nazione. Perciò continuate, o giovani, la strada intrapresa e attendete con impegno ai vostri studi, affinché possiate essere di onore a voi stessi, di utilità agli amici e di giovamento allo Stato.”

{Cicerone, De Oratore, I, 30-34}

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“L’arte del dire non ha modo di rifulgere se l’oratore non ha studiato profondamente i problemi che dovrà trattare. Una caratteristica di coloro che parlano bene è certamente questa: uno stile armonioso e forbito, che si distingue per la sua elegante fattura. Ma un tale stile, se non poggia sopra un argomento perfettamente conosciuto dall’oratore, inevitabilmente o non ha alcuna consistenza o è deriso da tutti. Quale stoltezza può eguagliare un vuoto fragore di parole, perfino le più scelte ed eleganti, che non siano sostenute da un pensiero e dalla perfetta conoscenza dell’argomento? Pertanto qualunque sia l’argomento, a qualunque arte o disciplina appartenga, purché l’abbia bene studiato, come fa per la causa del cliente, l’oratore lo esporrà con maggiore competenza ed eleganza dello stesso inventore e provetto intenditore. E se qualcuno sostiene che vi sono determinati argomenti e problemi propri degli oratori e una speciale scienza limitata ai tribunali, io ammetterò che il nostro genere di eloquenza si interessa con maggior frequenza di questi problemi; tuttavia in questo ristretto spazio ci sono moltissime nozioni, che non vengono insegnate e che non sono neanche conosciute dai cosiddetti retori.”

{Cicerone, De Oratore, I, 48; 50-54}

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Politiche : Verrine (3 parti, 70 a.C.) contro Verre, pretore della Sicilia; Catilinarie (4 parti, 63 a.C.) contro la congiura di Catilina; Filippiche (14 orazioni, 44-43 a.C.) contro Antonio.

Retorica : De Inventione (85 a.C.); De Oratore (3 libri, 55-54 a.C.); Brutus (46 a.C.); Orator (2 libri, 46 a.C.).

Filosofiche : De re publica (filosofia politica, 55-51 a.C.); De finibus bonorum et malorum (sommo bene e sommo male, 5 libri); Laelius de amicitia (44 a.C.); Cato maior de senectute (sulla vecchiaia, 44 a.C.); De natura deorum (religiosa, 3 libri, 44 a.C.); De legibus (difesa delle vecchie leggi, 3 libri, 52 a.C.). Quasi tutte le opere filosofico-politiche sono scritte sottoforma di dialogo, secondo l’esempio di Platone.

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