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I dragaggi nei porti … novità e criticità Ing.Mario Mega Dirigente Tecnico Autorità Portuale del Levante - Bari Convegno DRAGAGGI E RIPASCIMENTI COSTIERI Sessione Dragaggi: il punto di vista delle Autorità Portuali alla luce delle ultime modifiche normative Ferrara, 19 settembre 2012

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Coast Expo 2012 Ferrara - Intervento Ing,Mario Mega al Convegno "Dragaggi e ripascimenti costieri"

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I dragaggi nei porti … novità e criticità

Ing.Mario MegaDirigente Tecnico Autorità Portuale del Levante

- BariConvegno DRAGAGGI E RIPASCIMENTI COSTIERI

SessioneDragaggi: il punto di vista delle Autorità Portuali

alla luce delle ultime modifiche normative

Ferrara, 19 settembre 2012

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Nei porti di interesse nazionale le attività di dragaggio competono all’Autorità Portuale il cui Presidente, secondo le previsioni del

dell’art.8, comma m), della Legge n.84/1994 e ss.mm.ii. ,

…assicura la navigabilità nell‘ambito portuale e provvede al mantenimento ed approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto dall'articolo 5, commi 8 e 9. Ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le amministrazioni interessate da concludersi nel termine di sessanta giorni.Nei casi indifferibili di necessità ed urgenza può adottare provvedimenti di carattere coattivo. Resta fermo quanto previsto all'articolo 5, commi 11-bis e seguenti, ove applicabili".

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Rispetto alla situazione precedente alla nascita delle Autorità Portuali, con il Ministero dei Lavori Pubblici che attraverso il Servizio Escavazione Porti si preoccupava di eseguire direttamente i dragaggi nei porti nazionali, si cominciava a regolamentare la materia anche per effetto dell’adozione del Decreto del Ministero dell’Ambiente del 24 gennaio 1996 contenente le procedure da adottare in fase di escavo e gestione dei materiali derivanti da attività di dragaggio di fondali marini.

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Fino al 1999 la principale destinazione è stata l’immersione in mare (in siti specifici posti oltre le 3 miglia nautiche dalla costa).

(Fonte ISPRA)

Poi è intervenuto il D.Lgs. 152/99, art.35 (oggi trasfuso nell’art.109 del D.Lgs.152/2006), che introdusse il principio che l’immersione in mare doveva costituire solo una delle opzioni possibili di gestione del materiale derivante da escavo e soltanto dopo aver accertato l’impossibilità di realizzare gestioni alternative

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D.M. 7 novembre 2008

Disciplina delle operazioni di dragaggio nei siti di bonifica di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 996, della legge 27 dicembre 2006, n. 296

Requisiti del progetto di dragaggioCriteri per la caratterizzazione

Ulteriori indicazioni per la gestione

Art. 1, comma 996, della legge 27 dicembre 2006, n. 296

(modifica l’articolo 5 della Legge 28 gennaio 1994, n. 84)

Criteri per la gestione

Parallelamente si è legiferato sugli interventi nella aree SINParallelamente si è legiferato sugli interventi nella aree SIN

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Dopo un periodo di totale disinteresse, durante il quale – pur in presenza di un quadro normativo che consentiva l’esecuzione dei dragaggi – l’evoluzione delle procedure collaterali in materia ambientale di fatto ha bloccato gli interventi nel settore, a partire dal “comma 996” in poi, il Legislatore comincia ad adottare provvedimenti che appaiono permeati dal principio guida di

rendere i procedimenti amministrativi più snelli e di individuare soluzioni tecniche sostenibili sotto il profilo ambientale e meno onerose per le Stazioni Appaltanti.

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Sino a quel momento, la scelta di adottare, in talune areeportuali (in particolare nei Siti di Interesse Nazionale), una legislazione “extra-ordinaria” per la disciplina deldragaggio (rispetto a quella “ordinaria” discendente dalle norme comunitarie) era apparsa, al tempo, una scelta “dolorosa” ma “necessaria”.

Ma ciò aveva finito per comportare:• la difficoltosa implementazione dei procedimenti amministrativi legati alla legislazione “extra-ordinaria”;• l'incertezza dei tempi e il sensibile aggravio dei costi nella realizzazione di opere pubbliche.

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Per i porti non S.I.N. (quali Bari, Barletta o Monopoli) poi, si creò un’assimilazione di fatto delle problematiche e delle soluzioni a quelle tipiche dei porti S.I.N. con la conseguenza di bloccare i dragaggi anche in questi porti o di renderli notevolmente più costosi con l’inserimento di tecniche di gestione sproporzionate rispetto alla loro cifra d’inquinamento.

Un esempio è quello del Porto di Bari dove per poter realizzare un dragaggio fu imposto, senza che lo prevedesse e preveda una norma, di realizzare una cassa di colmata, pur in presenza di bassissimi livelli di inquinamento, con una lievitazione dei costi di circa il 10%.

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Dal punto di vista normativo, quindi:

Materiali di dragaggio contaminati epericolosi (rimasti tali anche all’esito di

eventuali operazioni di trattamento)Sono RIFIUTI e come tali vanno gestiti

Materiali di dragaggio contaminati ma non pericolosi (all’origine o a seguito di

specifico trattamento)

NON sono RIFIUTI ove la loro gestione avvenga in conformità alle disposizioni in

esame; possono essere collocati in viadefinitiva in apposite strutture di

contenimento

Materiali di dragaggio non contaminati (o che comunque presentano

caratteristiche analoghe al sito di prelievo e idonee rispetto a quello di

destinazione)

NON sono RIFIUTI a patto che la loro gestione avvenga in conformità a quanto

previsto dalle disposizioni in esame;possono essere rimessi in mare o riutilizzati

per formare terreni costieri o per il ripascimento degli arenili

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Ma se i fanghi non pericolosidi dragaggio di un porto non S.I.N. non sono un

rifiuto come mai continuano ad essere classificati con codice CER 17.05.06 ?

La Direttiva 2008/98/CE ha espressamente escluso dalla normativa sui rifiuti i sedimenti dragati qualora sussistano determinate condizioni.

Perché non considerarli come sottoprodotti alla stregua del materiale che viene rimosso, per

esclusive ragioni di sicurezza idraulica, dagli alvei di fiumi, laghi e torrenti? (art.184 bis D.Lgs.152/2006)

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Il decreto Liberalizzazioni di gennaio 2012, infine, ha ulteriormente modificato la legge n.84/1994 stabilendo che:

«I materiali provenienti dal dragaggio dei fondali dei porti non compresi in siti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, possono essere immersi in mare con autorizzazione dell'autorità competente nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 109, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. I suddetti materiali possono essere diversamente utilizzati a fini di ripascimento, anche con sversamento nel tratto di spiaggia sommersa attiva, o per la realizzazione di casse di colmata o altre strutture di contenimento nei porti in attuazione del Piano regolatore portuale ovvero lungo il litorale per la ricostruzione della fascia costiera, con autorizzazione della regione territorialmente competente ai sensi dell'articolo 21 della legge 31 luglio 2002, n. 179.»

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Peccato che l’art.109, comma 2 del D.Lgs.152/2006 (per fortuna modificato con la legge 35/2012 nella parte in cui di nuovo si chiedeva di dimostrare l'impossibilità tecnica o economica dell’utilizzo dei sedimenti ai fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo!) preveda che:

….l'autorizzazione all'immersione in mare .. è rilasciata dalla regione ….. in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto……

di cui a tutt’oggi non si ha notizia!!!12

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La sensazione è che, per ragioni che non comprendiamo, il Legislatore modifichi le leggi accogliendo le sollecitazioni che vengono dagli addetti ai lavori ma solo a livello di principio senza alcuna efficacia reale per effetto del codicillo di turno che, rinviando ad un ulteriore provvedimento normativo, ne vanifica ogni effetto concreto ed immediato.

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Veniamo ai ...lavori in corso e cioè alle ulteriori modifiche che potrebbero essere introdotte all’art.5 bis della Legge n.84/94, di cui si è appena detto, qualora venisse approvato senza correzioni l’art.5 del testo di «Riforma della legislazione in materia portuale» approvato dal Senato lo scorso 12 settembre.

Sono tutte norme che riguardano le aree S.I.N. ed in particolare:

•viene eliminato il parere della Commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente sui progetti di dragaggio al fine della valutazione dell’assoggettabilità o meno alla valutazione di impatto ambientale (art.5, co.1, lett.a);

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• per il refluimento o l’immersione nei corpi idrici dai quali provengono i sedimenti dragati viene eliminato l’obbligo di analogia di caratteristiche fisico chimiche batteriologiche a quelle del fondo naturale del sito di prelievo (art.5, co.1, lett.b);

• i sedimenti non pericolosi potranno essere destinati al refluimento in vasche di colmata o di raccolta adeguatamente impermeabilizzate senza attendere l’adozione del decreto attuativo previsto al comma 6 dello stesso articolo (art.5, co,1, lett.c);

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• viene semplificata la procedura di adozione del decreto attuativo contenente le norme tecniche sulle operazioni di dragaggio (art.5, co.1, lett.d).

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….solo limature del Decreto Liberalizzazioni che lasciano irrisolte molte delle criticità con cui giornalmente ci confrontiamo.

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Senza poter contare su rapidi ed efficaci interventi che consentano di far scalare nei porti sia navi commerciali che passeggeri di maggior pescaggio rispetto al passato si limita fortemente la competitività dei nostri porti.

Eppure la possibilità di ripristinare o approfondire i fondali dei porti con i dragaggi rappresenta uno dei fattori più importanti su cui si esercita la competizione con i porti del Mediterraneo e del Nord Europa.

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La complessità dei procedimenti per l’avvio di opere di grande infrastrutturazione nei porti nazionali, tra cui i dragaggi costituiscono una voce fra le principali, sta facendo perdere quote di mercato sempre maggiori e consegnando al mondo della portualità internazionale un Paese Italia che non è capace di reagire alle richieste del mercato.

Comprendiamo come sia necessario coniugare lo sviluppo con il rispetto dell’ambiente e della salute pubblica ma eccessive dosi di «manicheismo» finiscono per sminuire l’importanza delle vere battaglie!

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Ad oggi, per esempio, in termini concreti è pochissima la differenza tra la procedura autorizzativa di un dragaggio all’interno od all’esterno di un’area S.I.N. . Pur se formalmente i riferimenti normativi sono differenti alla fine si fa comunque riferimento ai manuali ISPRA-APAT con forti appesantimenti (sia in ordine di tempo che di costi) della fase di caratterizzazione dei fondali necessaria per la stesura del piano di gestione.

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Cito l’esempio, di cui sono testimone per esserne il R.U.P., del progetto dei dragaggi manutentivi in conformità dei P.R.P. dei porti di Levante (come noto al di fuori di aree S.I.N.) dove dopo quasi due anni siamo riusciti a pervenire ai Piani di gestione dei sedimenti che prevedono, fra l’altro, la possibilità dello sversamento in mare, senza che vi sia certezza sull’effettiva possibilità di ottenere le necessarie autorizzazioni!

Per non parlare dei dubbi, cui nessuno al momento sa rispondere, circa la possibilità di trasferire i sedimenti dragati dal porto di origine ad un altro, sempre amministrato dall’Autorità Portuale, dove sarà realizzata una vasca di raccolta (procedura codificata dall’art.5 bis, co.4, della Legge 84/94 ma per i porti S.I.N.?). La logica direbbe di si…. ma l’autorizzazione arriverà?

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Se potessimo avanzare un auspicio, se non proprio una richiesta, sarebbe quello che si separasse in maniera chiara e decisa la normativa sui porti che non rientrano nelle aree S.I.N., che poi sono la maggior parte se si tiene conto anche di quelli regionali e turistici, creando una procedura più semplificata che tenga conto che, spesso, le contaminazioni sono dovute all’antropizzazione dell’ambiente urbano in cui insistono e non all’azione inquinante delle attività che si vi svolgono.

SE POI SI RITIENE DI DOVER BONIFICARE IL MARE A PRESCINDERE……….

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE

Ing. Mario Mega

DIRIGENTE SERVIZIO INFRASTRUTTURE, INNOVAZIONE TECNOLOGICA E PIANIFICAZIONE STRATEGICA

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