13
IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO PALERMO MAGGIO 2016 NUMERO 3 bbiettivamente L e g a l i z e L o v e Recensione: The Revenant Redivivo di Manfredi Alberto Monti, p. 13 Il Comitato di Valutazione dei professori Apprendiamo qualcosa in più su una delle più importanti introduzioni de “La Buona Scuola” Di Flavio Scuderi, p. 3 38 anni fa moriva peppino impastato di Giorgio La Spina, p. 5 Hotze Convalis la musica contro l’amministrazione comunale di Gabriele Rizzo , p. 10 Dopo una lunga battaglia parlamentare, se pur con molte limitazioni, le unioni civili sono legge di Chiara Schillaci, p. 5

Obbiettivamente: Il terzo numero del nostro giornalino

Embed Size (px)

Citation preview

IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO

PALERMO MAGGIO 2016NUMERO 3

bbiettivamente

Legalize LoveRecensione:

The Revenant Redivivo

di Manfredi Alberto Monti,

p. 13

Il Comitato di Valutazione dei professori

Apprendiamo qualcosa in più su una delle più

importanti introduzioni de “La Buona Scuola”Di Flavio Scuderi, p. 3

38 anni fa moriva peppino

impastato

di Giorgio La Spina, p. 5

Hotze Convalis

la musica contro l’amministrazione

comunaledi Gabriele Rizzo ,

p. 10

Dopo una lunga battaglia parlamentare, se pur con molte limitazioni, le unioni civili sono legge

di Chiara Schillaci, p. 5

2 3

L’EDITORIALE COMITATO DI VALUTAZIONE: VA DIETRO LA LAVAGNA?FLAVIO SCUDERI III H

Con l’avvento della legge 107/2015, anche chia-mata “buona scuola”, nelle scuole italiane è stato istituito un nuovo organo collegiale, il cosiddet-to “Comitato per la valutazione dei docenti”.In realtà un organo simile era già previsto dal Decreto Legge 297 del 1944 ma questo è stato radicalmente modificato sia nella sua composi-zione che nelle competenze.La legge oggi prevede che il Comitato sia com-posto dal Dirigente scolastico -che presiede le sedute- da tre docenti dell’Istituto interessato, di cui due scelti dal Collegio dei Docenti e uno dal Consiglio d’Istituto e da un rappresentante degli studenti e uno dei genitori, anch’essi eletti all’interno del Consiglio d’Istituto. Inoltre è pre-vista la presenza di un membro esterno all’istitu-to nominato dal Consiglio Regionale Scolastico tra docenti, Dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.Il Comitato ha funzione di individuare dei criteri per la “valorizzazione” degli insegnati sulla base della qualità dell’insegnamento, del contributo che essi forniscono, delle competenze che gli alunni conseguono, dell’innovazione didattica e delle responsabilità che essi assumono nel coor-dinamento organizzativo e didattico. Il Comitato esprime anche il proprio parere sul superamento del periodo di prova dei docenti e in questo caso specifico sarà integrato dal do-cente con funzione di tutor.Terminato il triennio 2016-2018 (triennio di pro-va del comitato) gli uffici scolastici regionali do-vranno comunicare al MIUR quali criteri sono sta-ti adottati da ogni singola istituzione scolastica.Se le intenzioni del legislatore erano quelle di premiare gli insegnanti più meritevoli allora si può dire, in via teorica, che le finalità erano sen-sate. De facto, però, la legge non contiene i pre-supposti per una valutazione equa e oggettiva. Essa rimanda a criteri che rispondono perfetta-mente alle esigenze burocratiche ma che lascia-no parecchi dubbi sulle modalità attraverso le quali l’organo può agire.La prima perplessità deriva dal fatto che difficil-mente – e salvo casi eclatanti – si può giudicare un docente senza condividerne il lavoro quoti-diano. Non è una statistica su promozioni o boc-

ciature che determina la capacità di un docente e la qualità del suo insegnamento.Questo perché il sistema scuola si sta indirizzan-do sempre di più verso la ricerca di un’oggetti-vità che solo i numeri sembrerebbero poter ga-rantire. Un tale ragionamento di fatto esclude dalla valutazione le varie sfumature di cui si com-pone nel tempo il rapporto tra docente e clas-se. La statistica può avere un ruolo importante solo quando indica una linea di tendenza, non se diventa il principale requisito. Non è infatti detto che un professore che promuova tutti gli alunni sia un buon professore né tantomeno il contrario. Senza considerare che la ricerca della premialità potrebbe determinare un comporta-mento meno sereno (obiettivo? cinico?) da parte di un docente che sa di dover essere giudicato quasi esclusivamente attraverso la fredda logica dei numeri. Senza considerare la competizione che si crea all’interno dello stesso corpo docenti, e l’ecces-sivo potere conferito al Dirigente scolastico. Infatti, nonostante l’introduzione di un organo collegiale, è il dirigente scolastico ad assegnare i bonus. Un potere reso ancora più evidente dal fatto che le eventuali integrazioni possono rica-dere solo sul 30% del corpo docenti. E se da un lato è certamente opportuno inserire principi meritocratici, dall’altro l’esigua percentuale dei premiati aumenta il potere del Dirigente scola-stico. Appare inoltre poco opportuna la tempistica con cui è stato introdotto il nuovo collegio: a metà anno è stato richiesto di introdurre criteri di va-lutazione per l’anno corrente senza alcuna linea guida.Ecco perché, aldilà del periodo di rodaggio, sa-rebbe auspicabile l’introduzione di correttivi che senza snaturare i buoni propositi della legge ri-escano a valorizzarne gli aspetti positivi quali la meritocrazia e la partecipazione collegiale alla valutazione didattica.

<<Io, suppergiù, so soltanto che sento un po’ la mancanza di tutti quelli di cui ho parlato. Perfino del vecchio Stradlater e del vecchio Ackley, per

esempio. Credo di sentire la mancanza persino di quel maledetto Maurice. E’ buffo, non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che senti-

te la mancanza di tutti>>

Così si conclude il primo libro che la scuola mi ha fatto leggere cinque anni fa, “Il Giovane Holden” di J. D. Salinger. Lo ammetto: ogni cellula del mio

corpo traboccava d’odio verso quel testo maledet-to, scritto con uno stile pedestre e insopportabile, privo di insegnamenti e insulso. Soltanto adesso, dopo cinque intensi anni, comprendo l’importan-za di quel libro: io sono Holden, siamo a Maggio, sono al quinto anno e scrivo ora da nostalgico.

Sono cambiate molte cose dal lontano settembre del 2010, in cui varcai per la prima volta il cancello

verde della scuola; sono entrato con le macerie scolastiche lasciate dal bombardamento Berlusco-ni/Gelmini, ho attraversato le lacrime della Forne-

ro, il governo-non governo Letta e vado via con un bel punto interrogativo sul “buon” futuro della scuola pubblica italiana. Tendiamo spesso a osser-vare solo ciò che avviene entro il confine del no-stro orizzonte domestico ma il mondo va avanti.

Siamo passati dal “cucù” alla Merkel a una maggio-re credibilità internazionale, sebbene in sei anni il debito pubblico sia passato da 1.843 a 2.229

miliardi di euro (fonte: “Il Sole 24 Ore”); prima le destre si concentravano sulla ancestrale, cosmica e indomabile pericolosità degli “zingari”, adesso marciano anche sull’immigrazione. Il problema

principale della nostra mentalità comune, contro cui mi sono sempre battuto, è l’indiscussa como-dità di un atteggiamento ignavo e qualunquista: quanto è bello chiudere un occhio sulle questioni e dare la colpa a lobby segretissime di multinazio-nali farmaceutiche! Tuttavia i vuoti di potere sono

virus per la democrazia, il sonno della ragione genera mostri. Io sono fermamente convinto che l’unica strada per il cambiamento in positivo sia l’impegno concreto, non l’ideale progettazione di come dovrebbe essere il mondo. Riflettere,

lottare, accontentarsi, ponderare e lottare anco-ra: niente è mai stato ottenuto “tutto e subito”.

Per esempio, l’approvazione mutilata delle unioni civili è senza dubbio uno step fondamentale per

il riconoscimento dei diritti civili a tutte le coppie; mutilata, ma è pur sempre un primo traguardo.La mia attività al giornale d’istituto ha accompa-gnato il mio percorso scolastico, con sporadiche collaborazioni nel primo triennio, a cui è seguito l’impegno per risollevare questo progetto, a cui

tengo parecchio, dal quarto anno in poi. Non ho mai chiesto che i miei articoli influenzassero

l’opinione pubblica, non ho mai chiesto di ricevere onori pubblici per ciò che ho ricostruito, mi sono bastate le gratificazioni dei “25 lettori” manzo-

niani che seguivano (e seguono) la pubblicazione. Sono pienamente soddisfatto della redazione

che lascio, piena di menti critiche e competenti, e sono convinto che riusciranno a far grandi cose in

futuro se si impegneranno per farlo.Chissà, forse è una strega Giulia Catalisano, capo-redattrice di “ObbiettivaMente” quando io ero al

primo anno; non sono mai riuscito a dimenticare il suo slogan elettorale, credo che sia un sortilegio:

“anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti.”

(Fabrizio De Andrè, “Canzone del Maggio”)

DAVIDE ANGELINI V C

MEMORIE DI UN MATURANDO

SOMMARIOComitato di valutazione: va dietro la lavagna?.........3Tesori in mostra....................................................................4Unioni civili e stepchild adoption..................................5La foresta si tinge di rosso.............................................6-738 anni fa moriva Peppino Impastato..........................8Il Quartiere Zisa....................................................................9Hotze Convalis....................................................................10Anima Nerd Family Palermo..........................................11The Revenant - Redivivo..................................................12Vergogna..............................................................................13Penny Dreadful...................................................................14Call of Duty Infinite Warfare...........................................15Il virus “Zika”.........................................................................16Pensieri e parole..........................................................17-21Cannizzaro Campione d’Italia!...............................22-23

4 5

Ormai sono mesi che l’opinione pubblica discu-te quasi esclusivamente delle unioni civili e della “stepchildadoption”, il vero problema è: davvero tutti sanno cosa comportano i due decreti? Op-pure l’argomento è sormontato da voci distorte e molte polemiche inutili? La legge sulle unioni civili,anche chiamato “ddl (decreto di legge)Ci-rinnà”, è una proposta che per la prima volta in Italia riconosce diritti e doveri delle coppie omo-sessuali che vogliono unirsi civilmente e delle coppie eterosessuali e omosessuali che non vo-gliono sposarsi, ma solo registrare la loro convi-venza.Nell’articolo 5 del disegno di legge è pre-vista la possibilità di adottare il figlio o la figlia del proprio coniuge: èquesta la “stepchildadop-tion”, letteralmente “adozione del figliastro”. Il disegno di legge non dà accesso all’adozione di bambini che non sono figli di uno dei due coniu-gi, né alla gestazione per altri. Questo punto è quello più controverso dell’intero ddl.Controver-so sì, perché molti non sono a conoscenza della stepchildadoption come adozione unicamente del figlio del partner, quando in realtà al momen-to le adozioni non sono neanche state portate in parlamento. A seguito di numerose polemiche, la stepchildadoption è stata infinestralciata. Una delle modifiche prevedeva l’introduzione dell’af-fido rinforzato, cioè un affido che duri fino al compimento della maggiore età del ragazzo o della ragazza, senza però dover essere rinnovato ogni due anni come succede per l’affido norma-le. Ovviamente questa soluzione dà meno diritti e protezione al figlio nel caso, per esempio, di morte del genitore biologico. Viene dunque da chiedersi cosa succederebbe al suddetto bambi-no, non potendo essere adottato dal partner del genitore? Invece di prendere decisioni repentine sul futuro di questi bambini dovremmo pensa-re a quello di cui potrebbero aver bisogno; per-sonalmente non penso che abbiano bisogno di cambiare casa e famiglia, di avere le proprie vite stravolte solo perché il loro papà o la loro mam-ma era gay.Molti cittadini si sono espressi in piaz-za, ma il “Family Day” tenutosi al Circo Massimo lo scorso 30 gennaio ha fatto molto discutere: perché rendere una manifestazione pubblica un partito politico? C’era la necessità di una forma-

zione politica specializzata in “famiglia”. La fami-glia è la vita della gente, non è un logo da brevet-tare per un’avventura politica personale. Inoltre i media non hanno rivolto una eguale attenzione a chi della controparte ha manifestato in tutta Italia (famiglie soprattutto, non solo omosessua-li, come si crede). Il volere del popolo non è stato ascoltato molto, o meglio è stato ascoltato solo da una parte.Perché siamo ancora così restii a dare dei diritti a esseri umani? Le spiegazioni che si sentono più spesso sono: “è contronatura“, “il bambino crescerebbe traviato“, “la normalità è uomo e donna “. No, la normalità è accettare il prossimo, come dice la Bibbia; dare la possibilità a tutti di vivere felicemente, come dicono i valori cristiani, che troppe persone citano senza in real-tà conoscerli a fondo. Fino a poco tempo fa era-vamo gli unici paesi europei a non offrire alcun diritto alle coppie omosessuali insieme a Bulga-ria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovac-chia.Le unioni civili sono diventate legge in que-sto storico 11 maggio 2016, ma non mancano i dissensi all’interno di Camera, Senato e CEI. Già si progetta un referendum abrogativo, il centro-destra si prepara a dare battaglia. Non mancano i commenti del leader del Carroccio Matteo Sal-vini, che esorta i primi cittadini della Lega Nord a non rispettare la legge. A questo proposito, il presidente del consiglio Matteo Renzi risponde categoricamente: <<Nessuno ha il diritto di di-sapplicare la legge, persino il magistrato si fer-ma davanti alla legge>>. Persino Giorgia Meloni, leader di “Fratelli d’Italia” e candidata della de-stra come sindaco di Roma, pur annunciando il suo voto contrario al ddl, gela l’alleato Salvini: “Se dovessi diventare sindaco, rispetterò la leg-ge”. Continua dunque un dibattito che sembra interminabile; non sarebbe più facile accettare questa legge e andare avanti, al posto di conti-nuare con questi atteggiamenti reazionari?Sarà mai la stepchildadoption messa in vigore in fu-turo? Personalmente, mi ritengo già soddisfatta e gioisco da vittoriosa delle unioni civili, i diritti sono dei passi avanti verso la civiltà, spero sol-tanto che questo processo di evoluzione non si fermi proprio ora.

CHIARA SCHILLACI III C

UNIONI CIVILI E STEPCHILD ADOPTION “TESORI IN MOSTRA” L’ALTERNANZA SCUOLA LAVORO DELLA III F AL POLICLINICO

MARCO MAIORINO III FGIULIA MOSSUTO III F

Noi allievi della classe terza F stiamo svolgendo un progetto di alternanza scuola-lavoro all’inter-no del Dipartimento di biomedicina sperimenta-le e neuroscienze chimiche-sezione di anatomia umana dell’università di Palermo, presso il Po-liclinico, con lo scopo di realizzare e allestire un piccolo museo per l’esposizione di reperti e mo-delli anatomici risalenti agli ultimi due secoli. Co-adiuvati da quattro esperti del sistema museale dell’Ateneo di Palermo, ci stiamo adoperando al fine di garantire ad un pubblico più vasto la fru-izione del patrimonio di questa facoltà, sino ad ora a molti sconosciuto. Siamo stati divisi in tre diversi gruppi con compiti differenti: di restauro, “mediazione” e grafica. Nello specifico, il gruppo che si occupa dal restauro e della conservazione di tali reperti ha svolto, con entusiasmo e curio-sità, tali attività: A) introduzione alla teoria e alle tecniche di restauro conservativo B) mappatura del degrado dei reperti su supporto fotografico, al fine di documentare il loro stato di conserva-zione per potere scegliere le tecniche di restau-ro più adatte; C) attività pratica su alcuni reperti

mettendo in prati-ca alcuni degli ele-menti teo-rici appre-si. L’altro gruppo si o c c u p a : A) dell’in-ventar io , della ca-talogazio-ne e delle didascalie dei beni, fornendo-si anche di s u p p o r t i fotografi-ci B) della r e a l i z z a -zione dei

pannelli relativi ai medici GianFilippo Ingrassia e Giovanni Gorgone, importanti figure all’inter-no di questo progetto che vogliono far rivivere le me-morie passate di un sapere medico vivo a Palermo già dal XVI secolo C) della cre-azione vera e propria della presentazione al percorso museale, da raccontare ed illustrare ai futuri visitatori. Infine il gruppo di grafica si è messo in gioco con programmi professiona-li (Photoshop, Indesign e Web rotate) mai usati prima, arricchendo così le proprie competenze in ambito multimediale e seguendo la strategia dell’interattività per realizzare le brochure infor-mative per i futuri visitatori. L’ultimo gruppo si occupa della realizzazione delle brochure per il futuro museo, grazie al sup-porto di un esperto di grafica. Per fare questo i nostri compagni si sono recati allo Steri.Queste attività, benché abbiano comportato un notevole impegno per un numero di ore con-siderevole, necessario per il loro svolgimento, hanno permesso di avvicinarci in modo efficace, attraverso esperienze pratiche supportate da nozioni di tipo teorico, alle fasi preliminari di un allestimento museale. Abbiamo infatti appreso il grande impegno che vi sta dietro e soprattutto l’importanza del lavoro di squadra, avente come fine ultimo la realizzazione di un obiettivo comu-ne.Per facilitare la nostra comprensione delle carat-teristiche specifiche delle piccole realtà museali, abbiamo avuto modo di visitare il museo Basile Ducrot presso la facoltà di architettura ed il mu-seo di radiologia presso il Policlinico stesso, e in futuro anche i musei Gemellaro e di zoologia.Questo progetto è stato condotto, in qualità di tutor, dalla nostra professoressa di Disegno e Storia dell’arte Maria Teresa Calcara la quale, con la sua nota professionalità, il suo forte im-pegno e la sua trascinante dedizione, ma anche con simpatia e comprensione, ci ha guidati in quest’esperienza nuova e stimolante.

6 7

Honduras, 3 marzo 2016. Berta Caceres, nota attivista per i diritti delle popolazioni indigene mesoamericane, viene barbaramente freddata all’interno della propria abitazione, nel bel mez-zo della notte. Nonostante la minimizzazione del Governo,sostenente la tesi della rapina poi degenerata in assassinio, da più parti cresce l’in-dignazione per quello che è stato definito un <<omicidio annunciato>>. Martire della Libertà dei popoli, dei Valori costituzionali del proprio Stato e della Difesa dell’Ambiente, quella di Ber-ta rappresenta una vita interamente spesa per difendere ciò che si stima esserci di maggior-mente degno e prezioso: la Vita in tutte le sue forme e declinazioni. Triste epilogo di una lunga serie di omicidi che tingono di un rosso sempre più denso e stantiole verdi foreste di quelle ter-re – 101 registrati nel Paese dal 2010 al 2014 -, il caso sale alla ribalta della Cronaca mondiale esclusivamente grazie alla notorietàguadagnata dall’ecoattivista in anni di lotte; da rammentare, fra le altre, le sue marce a Roma a fianco del mo-vimento No Tav e in sostegno dei Curdi siriani. Omicidio annunciato, dunque, come accusano i parenti di Berta, la quale si era vista costretta a trasferire i figli in Argentina a seguito delle ripe-tute minacce di morte e delle deprecabili perse-cuzioni giudiziarie cui veniva sottoposta da pa-recchi anni e che erano sfociate in un suo arresto dietro l’accusa di terrorismo. La Caceres, diceva-mo, era molto conosciuta a livello internaziona-le, e la sua fama era stata recentemente consa-crata dal conferimento del premio “Goldman” per l’Ambiente, il più ambito in questo settore.Leader del “ Consiglio delle organizzazioni popo-lari e indigene dell’Honduras” – Copinh – movi-mento fondato nel 1993 che include più di 200 comunità della zona, esso ha contribuito alla cre-azione di aree forestali protette, al blocco della speculazione edilizia e mineraria del luogo, pro-muovendo, nel contempo, processi per una mag-giore autonomia locale nonché per la creazione di scuole, centri medici e di specializzazione pro-fessionale, tutto ciò con lo scopo di assicurare

unacrescita ecosostenibile ed in armonia con la cultura e le tradizioni locali, dunque in accordo con un modello di sviluppo antitetico a quello sostenuto dal Governo honduregno dopo il suo insediamento. Difatti, la storia di Berta si lega a doppio filo con i recenti sviluppi economico-po-litici di cui il suo paese è stato protagonista. Nel 2009, a seguito di un sanguinoso colpo di Stato, si instaura una dittatura militare (sostenuta, tra l’altro, dagli Stati Uniti d’America) la quale avvia una politica di rigida militarizzazione e sviluppo economico forzato del paese, introducendo un sistema economico neoliberista sfrenato che ha portato alle disastrose conseguenze che ora ci accingiamo a raccontare. Come fin troppo sem-plice da immaginare, la politica promossa dalla Giunta militare ha da subito assunto una piega pericolosa: tramite la soppressione di un articolo della Costituzione, il quale di fatto impediva la rielezione del Presidente per più di un mandato, il Capo dello Stato Juan Orlando Hernandez si accinge ad affermare un dominio incontrastato sul Paese, come fin troppo spesso è accaduto, accade tuttora e, tristemente, continuerà ad accadere in un focolaio sin troppo caldo qua-le quello dell’ America centrale. Motivazioni di natura economica, infatti, si intrecciano in una morsa che soffoca le aspirazioni delle popolazio-ni locali, condannate ad un destino incerto e pre-occupante. Gli USA coltivano numerosi interessi nell’area, sanciti dall’ Alleanza per la prosperità del Triangolo Nord, in pratica un trattato di libe-ro scambio siglato dagli Stati Uniti, per l’appun-to, con Honduras, Guatemala ed El Salvador allo scopo di attrarre investimenti stranieri, creare posti di lavoro e scoraggiare l’ emigrazione. Tut-to ciò, è superfluo sottolinearlo, senza tenere in minima considerazione le aspirazioni e le esigen-ze delle popolazioni indigene locali, prima fra tutte quella dei Lenca, etnia cui Berta appartie-ne, o, per meglio dire, apparteneva. Tuttavia

VINCENZO MANFRÈ V A

LA FORESTA SI TINGE DI ROSSO

Tuttavia potrebbe sorgere spontaneo un inter-rogativo, credo, del tutto legittimo: perché in-dignarsi tanto contro una politica che, al di là delle ombre e delle perplessità connaturate in essa, garantirebbe un rapido e positivo sviluppo economico di uno Stato lacerato da mali quali la povertà, la disoccupazione, l’ineguaglianza so-ciale ed economica e, come dicevamo prima, l’ emigrazione? Banalmente per l’ unica ragione che tutti noi possiamo ragionevolmente supporre; tale politi-ca, infatti, non riuscirà a risolvere tali questioni, o meglio, il prezzo da pagare nell’attuarla sarebbe troppo alto. Poche cifre ritengo siano più emble-matiche di molte parole: nel giro di pochi anni, 470 concessioni a multinazionali estere hanno svenduto più del 30% del territorio nazionale, 47 fiumi con relativo permesso di costruzione di 27 dighesono stati privatizzati, mentre una sistema-tica e costante opera di spoliazione del territorio lo ha oramai compromesso,a causa della presen-za di cianuro, mercurio e arsenico utilizzati nei processi di lavorazione. In aggiunta a questo grave quadro, va sottolineata la completa illega-lità dei progetti, i quali violano la Convenzione 169 del 1989 sull’autodeterminazione dei popoli indigeni. In particolare il trattato sancisce: “[…]la piena garanzia dei diritti umani e delle li-bertà fondamentali senza discriminazioni ; il di-ritto all’identità culturale; il diritto alle strutture ed alle tradizioni comunitarie; il diritto alla par-tecipazione dei popoli interessati alle decisioni che li riguardano; il diritto alla definizione del proprio futuro; l’uguaglianza di fronte all’ammi-nistrazione ed alla giustizia; il diritto alla terra ed alle risorse; il diritto all’occupazione e a condizio-ni di lavoro adeguate; il diritto alla formazione ed all’accesso ai mezzi di comunicazione […]”.L’importanza di un trattato che stabilisca la ne-cessità di una limitazione alla potestà legislativa degli Stati salta subito all’occhio se si tiene pre-sente che circa il 75% delle materie prime mon-diali non rinnovabili provengono dalle terre dei popoli cosiddetti “indigeni”. Tuttavia c’è ancora

molto lavoro da fare, in quanto i Paesi aderenti alla Convenzione sono pochi, una ventina circa, e, inoltre, molti articoli del trattato si presta-no ad una troppo ampia interpretazione, il che pone i popoli indigeni in una posizione giuridi-ca abbastanza precaria. Tutto ciò, però, non ha compromesso la determinazione e la caparbia volontà di Berta e dei Lenca, che recentemente si erano opposti alla costruzione del comples-so idroelettrico di AguaZarca, estromettendo in tal modo l’impresa nazionale Desa nonché i maggiori costruttori di dighe al mondo, i Cinesi di Sinohydro. Il fiume su cui edificare, infatti, è sacro nella cosmogonia Lenca e fonte d’ acqua per circa 600 famiglie che vivono nella Foresta pluviale d’alta quota. Resistendo ad aggressio-ni, arresti e torture, i nativi sono alla fine riusciti ad ottenere la rescissione del contratto, seppur il prezzo corrisposto, in termini di vite umane, è stato troppo alto, e la vicenda di Berta Caceres ne rappresenta la triste prova. Un senso di im-potenza pervade tutti noi, è indubbio, davanti a questa drammatica vicenda. Tuttavia, ritengo che informare e informarsi sia molto importante poiché costituisce il solo modo per compiere del-le scelte consapevoli, e, quando potremo essere noi ad esprimerci per mezzo di quegli strumen-ti che un sistema democratico offre, primo fra tutti il voto, allora il nostro senso di impotenza e frustrazione troverà, spero, un legittimo sfogo.

8 9

In città

Il quartiere della Zisa, dove ho trascorso tutta la mia vita, è molto eterogeneo: qui puoi incon-trare persone oneste e delinquenti che aspetta-no il loro turno al supermercato. In particolare, “Corso Camillo Finocchiaro Aprile” è una piccola città, che comincia da un tribunale e si sviluppa, passando tra supermercati, edicole, pizzerie e qualunque altro tipo di attività commerciale fino a sfociare in una piazza adibita a parcheggio. Lungo tutte le strade che confluiscono in que-sta, non è raro vedere persone che si scambiano oggetti di qualunque tipo attraverso un paniere sospeso dal balcone tramite una corda, oppure gruppi di ragazzini che giocano a calcio per stra-da. Insomma, gli abitanti del mio quartiere fanno sì che in esso ci sia sempre molto movimento, e la vita di questa piccola grande città gravita, al-meno secondo il mio punto di vista, attorno a due fuochi principali, rappresentati dal piccolo negozio di Lorenzo e Giuseppe, i due barbieri che conoscono chiunque, e la panineria di “Nino u’ ballerino” il cui proprietario, però, non sempre rispetta la legge. Qualche anno fa, ad esempio, ha bloccato la strada con delle transenne per protestare contro le numerose multe che i pro-prietari parcheggiati in doppia fila per “Prendere un panino e andare via” avevano dovuto pagare.

Descrivendo in questo modo il luogo in cui sono cresciuto, però, non gli sto portando l’onore che merita: sotto questo schermo, infatti, si nascon-dono palazzi di ogni epoca, e poco lontano da casa mia si possono visitare giardini bellissimi, dominati da castelli normanni o da maestose vil-le della borghesia ottocentesca. Sin da quando ero piccolo ho avuto l’opportunità di giocare tra le piante esotiche che i Whitaker hanno coltivato con cura nel parco di Villa Malfitano, dove tuttora vive l’anziana figlia del giardiniere che ha lavora-to per l’ex proprietario, Joseph; alle elementari ho imparato ad andare in bicicletta tra le fonta-ne (che purtroppo sono raramente in funzione) del parco del castello della Zisa e alle medie la mia classe ha presentato ai visitatori gli omoni-mi cantieri culturali, che un tempo ospitavano le officine Ducrot. Da qui si può accedere facilmen-te al centro storico di Palermo, una città che, proprio come il quartiere della Zisa, è come una principessa delle fiabe: bellissima, ma, probabil-mente a causa di chi non ne comprende il fasci-no, costretta ad un lungo letargo. Infine, quan-do respiro vicino la mia casa, percepisco un’aria diversa da quella di qualunque altro luogo: leg-gera ma al contempo avvolgente, che riesce a placare il mio animo in qualunque situazione.

LUCA GIAMMANCO II E IL QUARTIERE ZISA

9/5/2016 Corrispondenza da Cinisi38 anni fa moriva Peppino Impastato

Da una panchina fuori “Casa Memoria” iniziamo a scri-vere su foglietti pensando a selezionare le cose più im-portanti.Felicia, la madre di Peppino, ha deciso di rendere la casa aperta al pubblico, raccontando la vera storia del figlio contro le tesi del suicidio o dell’attentato terroristico sostenute per molti anni nelle indagini e dalla stampa. Sempre Felicia ha denunciato Tano Badalamenti come mandante dell’omicidio, il processo si è concluso con la condanna nel 2002.Abbiamo sentito che Peppino è stato capace di entrare in conflitto col padre, coi parenti, con tanti concittadini e con la radicata omertà grazie alla sua risoluta coscien-za politica.Il casolare suggerisce molte emozioni mentre si pensa che qui si è consumato il martirio.In questa data vengono riproposte con frequenza an-nuale iniziative che incoraggiano la memoria di Pep-pino e la condivisione dei suoi valori e del suo spirito (quest’anno ha partecipato ufficialmente la Consulta provinciale di Palermo, anche per questo ci troviamo qui): membri di associazioni, sindaci ed altri parlano ad un pubblico quasi interamente studentesco, non c’è però nessuna scuola di Cinisi, poche della Sicilia e molte poche di Palermo, mentre in tanti dal Nord si trovano qui perché hanno scelto Cinisi come mèta del viaggio d’istruzione.Tre compagni di viaggio devono andarsene prima del corteo, li accompagniamo nel ritorno in paese; è tardi quindi per tagliare strada e fare presto camminiamo sulla ferrovia. Appena usciti dal casolare vediamo l’ae-roporto del quale, come si vede nel film “I cento passi”, Peppino critica la costruzione insieme ai suoi compagni militanti, oggi è intitolato a Falcone e Borsellino…Lungo il percorso della ferrovia si alternano diversi eco-sistemi: erba verde, cactus, sabbia, altre piante; si alter-nano diversi immobili anche: ville lussuose, allevamenti di cavalli, mucche, pecore, ville apparentemente vuote, ville con muri alti e filo spinato, case di agricoltori... non vediamo né sentiamo alcun treno, solo aerei.Siamo già stati a Cinisi d’estate per un concerto in piaz-za: gli artisti avevano dedicato tutta la performance a Peppino e alla sua memoria, non c’era quasi nessuno tra il pubblico.Cosa potrebbe pensare Peppino di tutto ciò?Tanti sindaci, funzionari delle forze dell’ordine, ecc… che si sono recati nel luogo della sua morte e parlano di memoria del suo eroismo. Quando era in vita Peppino

parlava dell’allora sindaco di Cinisi come del ”Presiden-te della Repubblica di Mafiopoli”.Alla fermata del pullman in ritardo che devono prendere gli amici aspettiamo e riflettiamo: ci vuole ancora molto perché i siciliani scoprano la storia di Peppino? Che va-lore ha che sindaci e funzionari delle forze dell’ordine ricordino Peppino una volta l’anno, dopo decenni di in-dagini depistate da giustizia e politica corrotta o collu-sa, mentre molti cittadini non l’hanno mai conosciuto?Un amico mio, collega musicista cinisense, riflette insie-me a me e ci offre il suo punto di vista. Come vivono e ricordano Peppino i cinisensi? È complesso… nell’am-biente che frequento viene ricordato continuamente, tutti quelli vicini a me lo conoscono e lo ammirano.La giornata del 9 maggio viene vissuta come una ricor-renza storica consolidata? Sì, Peppino viene ricordato durante tutto l’anno, questo giorno è un punto di rife-rimento per la memoria perché è l’anniversario della morte; c’è chi lo vive con ipocrisia: chi non mantiene la memoria per il resto dell’anno e fa della ricorrenza un pretesto per uscire e divertirsi. Le istituzioni si impe-gnano sempre nella memoria, o solo il 9 maggio? Per-sonalmente non penso si impegnino solo il 9 maggio, tutto l’anno vedo persone che vengono da fuori a visi-tare la casa o il percorso da casa sua a casa Badalamenti, quindi viene fatta una certa divulgazione sulla storia di Peppino; un’associazione riconosciuta e finanziata dal-lo Stato di nome “Terra Libera” utilizza la produzione e il commercio di vino per diffondere nomi di vittime di mafia: scrivono nelle etichette delle bottiglie dediche ai martiri, fra queste spuntano spesso dediche a Peppino, consumatori in tutta Europa leggono a tavola di italiani uccisi per la loro lotta contro la mafia.Successivamente la madre del mio amico mi dice che gli abitanti sono divisi in due gruppi: uno appassionata-mente coinvolto nella memoria e sensibilmente vicino allo spirito di Peppino, un altro ancora influenzato dal-la cultura restrittiva omertosa; quest’ultimo pensa che Peppino sia stato un disoccupato perditempo, uno che non si faceva gli affari suoi, che tutto sommato “se l’è cercata”.Evidentemente l’impressione che abbiamo avuto grazie a due sole occasioni è superficiale, non è possibile gene-ralizzare con pochi elementi a disposizione, ma la cultu-ra dell’omertà non è ancora superata. La caratteristica di Peppino è la severità nel perseguire la giustizia con il bene comune come obbiettivo, oggi invece è molto diffuso un attaccamento ai propri interessi particolari.Vi invitiamo a venire a Cinisi i prossimi 9 Maggio, per co-noscere questo eroe più da vicino.

GIORGIO LA SPINA IV CFLAVIO SCUDERI III H

38 ANNI DA MORIVA PEPPINO IMPASTATO

10 11

In cittàIn città

”l’olandese” che ha scelto Palermo per vivere di gioia e passioni.” La regola del 20, 40, 60 dice che ci vogliono 20 anni di studi per trasformare un bambino in un robot che svolgerà per 40 anni sempre la stessa attività. A 60 anni il robot potrà andare in pensione e dedicarsi alle proprie pas-sioni, se non le avrà dimenticate o perdute tra i cuscini del divano davanti alla TV. Hotze Con-valis ha infranto questa regola anni fa. La sua passione era la musica e il calore del sole, per questo ha deciso di interrompere la sua carrie-ra da impiegato di banca: forse quel giorno un raggio di sole lo ha distratto entrando dalla fi-nestra (chi non lo ha mai provato?) ed ha comin-ciato a sognare tanto intensamente che il sogno è diventato realtà. Si è ritrovato a Palermo, una città che ha una grande tradizione musicale e questo lo si può notare già guardando il Teatro Massimo, simbolo della bellezza locale: ai lati della scalinata spiccano le muse della tragedia e della lirica sovrastate dal fregio che cita: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita”. Questa gran-de tradizione si può vedere anche dai Palchetti della Musica che, costruiti nel ‘800, per anni sono stati utilizzati per concerti pubblici di orchestri-ne e bande musicali. Un legislatore avrebbe ap-provato e soprattutto incentivato l’artista, dal momento che non esistevano ancora gli ampli-ficatori, del resto non necessari perché, al Foro Italico, non essendoci ancora automobili, l’unica cosa che avrebbe potuto disturbare l’ascolto del-la musica sarebbe stato il rumore del mare. Un legislatore? Che c’entra il legislatore con la mu-sica? Purtroppo c’entra, un legislatore ha il do-vere di “proteggere la società dai pericoli per la sicurezza pubblica”, infatti Hotze Convalis è sta-to allontanato dalla città di Palermo per allarme sociale e pericolo per la sicurezza pubblica per avere usato un amplificatore da 100 Watt, per in-tenderci un amplificatore per piccoli ambienti. Il regolamento contro la movida selvaggia, appro-vato a novembre dal consiglio comunale, vieta la musica amplificata all’aperto in tutto il territorio comunale a qualsiasi ora del giorno. Un regola-mento nato per tutelare i residenti dai concerti serali dei locali nelle zone della movida, ma che

riguarda anche i suonatori di strada. E’ permessa solo la musica suonata con strumenti acustici, al-trimenti scattano le stesse sanzioni previste per chi suona negli spazi aperti dei locali. “Con la sola chitarra acustica non guadagnerei nemmeno un euro al giorno - spiega il musicista - con il rumo-re delle auto e delle motociclette smarmittate, non riuscirei nemmeno io a sentire il suono della chitarra”. L’olandese prima dell’entrata in vigore del regolamento aveva l’autorizzazione rilasciata dal Comune. Ora quel foglio non vale più nulla. “So di essere in torto, basterebbe che il Comune mi concedesse una deroga per suonare 10 ore a settimana con l’amplificazione. - propone - Io non suono mai la sera, sempre di pomeriggio e mai più di due ore e mezza. Mi dicano dove pos-so esibirmi, e in quali orari”. L’olandese avrebbe potuto scegliere di andare a vivere in qualsiasi altra città europea, ovunque infatti la musica da strada è permessa e regolamentata, anche me-diante l’uso di amplificatori, ma lui no, lui ama Palermo. Ma se Hotze Convalis ama Palermo an-che Palermo ama lui ed è per questo che giorno 22 maggio, contrariamente a quanto stabilisce l’ordinanza che lo riguarda, tutti quelli che desi-dereranno ascoltare la grande musica di questo immigrato pallido (sarà il colore della pelle il mo-tivo per non accoglierlo?) lo troveranno davanti al Teatro Massimo a suonare la sua passione per questa città e per il suo sole [puoi cercare l’even-to su Facebook]. Al legislatore che, nel tentativo di proteggere la città dai pericoli per la sicurezza pubblica, ha vietato la musica da strada, posso solo dire che se invece si permettesse il transi-to nel centro storico solamente alle automobili “silenziose” (per intenderci quelle elettriche) po-tremmo ancora sentire della buona musica con il sottofondo delle onde del mare.

GABRIELE RIZZO III CHOTZE CONVALIS

AniMa Nerd Family-Palermo-Storia e Sogni di una realtà palermitanaNegli ultimi tempi a Palermo stanno partendo molti progetti e iniziative molto interessanti, una di questa è AniMa Nerd Family-Palermo, una community dedicata ad argomenti nerd che organizzata raduni mensili e non solo riuscendo a raccogliere moltissimi consensi.Per farvi conoscere questa “nuova” realtà palermitana, ho intervistato il presidente dell’AniMa Nerd Family-Palermo ovvero Paolo Solazzo in arte Falcus che, oltre a gestire questa community, è il fondatore del canale e del gruppo Anime&Manga[ITA], una delle più importanti community su facebook dedicate all’animazione giapponese.1) Come nasce AniMa Nerd Family-Palermo? AniMa Nerd Family-Palermo nasce dalle “ceneri” di un altro gruppo. Forse dire ceneri è esagerato, è stato più un rinnovamento. ANF nasce da quello che era “Otaku Family-Palermo” un gruppo con finalità molto simili alle nostre ma che ancora doveva crescere molto. La sua evoluzione è stata proprio AniMa Nerd Family - Palermo un’associazione di ragazzi che mensilmente si riunisce per parlare di argomenti prettamente nerd ma con una particolare attenzione per i prodotti di stampo giapponese.

2) Qual è il suo scopo? Quali sono gli scopi, vorrei correggere. Limitarci ad un solo obiettivo non è per noi, noi siamo dei sognatori. Pensare di radunare solo i ragazzi palermitani per Parlare di Anime, Manga, Serie tv, saghe o quant’altro è troppo vincolante. Noi speriamo di essere la prima community Siciliana (e magari in futuro anche nazionale) a radunare giovani che apprezzano tutto questo mondo presentato, di essere il loro faro, ma senza dimenticarci che anche noi siamo ragazzi e che vogliamo divertirci e stare bene insieme.

3) Quali campi tratta la community?Principalmente trattiamo di opere di stampo Giapponese. Manga, Anime e spero in futuro anche Sentai, Kamen Rider (quindi i vari tokusatsu)

e Jdrama. Da quando però ci siam trasformati in AniMA Nerd Family abbiamo anche introdotto opere di origine Americana o Inglese e quindi di per sé film, serie tv e opere fumettistiche o animate di stampo internazionale.Insomma, trattiamo a 360° del mondo nerd. Senza dimenticare i videogiochi di cui molti nostri membri dello staff ne vanno pazzi.

4) Quali sono le attività tipiche di un “raduno”?Generalmente ogni raduno ha un tema. In base al tema scegliamo cosa fare e soprattutto COME fare quello che ci siamo proposti. Ad esempio per il raduno a tema pirata ci siamo travestiti da pirati per tutte le attività. Le attività principali però son tre: una parte di conferenza dove creiamo una discussione sul tema trattato; una parte di Karaoke e condivisione e un’ultima parte dedicata ai giochi. Insomma, circa 3 ore di attività.

5) Quali sono gli obbiettivi già raggiunti?Al momento abbiamo ottenuto diverso successo nei nostri eventi, raggiungendo quasi le 100 persone durante il nostro carnevale. Il riuscire a radunare gente è sicuramente uno degli scopi di ANF in quanto vogliamo essere un punto di incontro per tutti.Un altro grande obiettivo raggiunto son le varie collaborazioni istaurate. Games accademy, Le magiche occasioni, Kamelot, Stardust, Multiplayer, Lost Wood e anche l’accademia del fumetto son solo le ultime collaborazioni che abbiamo consolidato.

6) Quali sono gli obbiettivi futuri?Gli obiettivi futuri son più o meno gli stessi che abbiamo già raggiunto. Se da una parte siamo felici che la gente riconosca in noi l’essere un punto di ritrovo tra giovani, d’altro canto vogliamo che molta altra gente conosca la nostra realtà e per far questo ci servono sempre tante altre collaborazioni che ci permettano di riuscire ad essere in tutte le zone di Palermo.

GABRIELE GIAMBANCO IV N

ANIMA NERD FAMILY-PALERMO-STORIA E SOGNI DI UNA REALTÀ PALERMITANA

1823. Abbandonato, dato per morto e tradito dai suoi compagni durante una spedizione lungo il Missouri, il cacciatore di pelli Hugh Glass dovrà risorgere dalle ceneri per vendicare il figlio e vendicare la propria stessa ‘’morte’’. Ma, per farlo, dovrà affrontare i pericoli offerti dalla inesplorata e selvaggia frontiera americana di inizio Ottocento: bestie affamate, una natura inospitale, temperature glaciali, assenza di cibo e risorse, esploratori e mercenari ostili, attacchi improvvisi da parte di nativi americani... La sua avventura, la sua vendetta, la sua odissea è ciò che racconta ‘’The Revenant’’, diretto, co-scritto e co-prodotto da Alejandro González Iñárritu, basato sull’omonimo romanzo del 2003 di Michael Punke, parzialmente ispirato alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento e già presentato sul grande schermo da un’altra pellicola, Uomo bianco, va’ col tuo dio! (Man in the Wilderness) del 1971. Iñárritu torna al cinema con un nuovo capolavoro, diretto magistralmente e curatissimo sotto tutti i punti di vista, come dimostra l’eccezionale numero di Academy Awards a cui è candidato: ben 12 nominations, da quella per la regia a quella per gli effetti sia sonori che speciali. Il regista migliora e porta all’estrema realizzazione quanto già aveva dimostrato di saper fare dietro la macchina da presa in ‘’Birdman’’: lunghissimi piani sequenza, inquadrature a dir poco impossibili che arrivano perfino a presentare (sulla telecamera stessa!) l’affannoso respiro di un orso o gli schizzi di sangue di un dito mozzato. A una regia geniale corrispondono una fotografia, un montaggio, dei costumi, degli effetti altrettanto eccezionali, così come le straordinarie performances di Leonardo Di Caprio e Tom Hardy(entrambi meritatamente candidati all’Oscar). Tutti questi elementi combinati, insieme a una suspense e una tensione paurose, regalano allo spettatore un’esperienza unica e tanto coinvolgente da

gettarlo quasi fisicamente nel film, e da fargli credere di stare affogando in una cascata, di assaporare la nuda terra o il proprio stesso sangue, di essere dilaniato da un orso o di subire lo scalpo degli indiani. Il realismo toccato è impressionante, ma tale iperrealismo non si ferma al puro dolore fisico, alla lotta per la sopravvivenza, ma penetra nella profondità dell’animo umano e affronta temi quali: il rapporto uomo-natura, la relazione uomo-dio, lo scontro tra diversi popoli e culture, l’amore tra un padre e il proprio figlio, il confine tra il bene e il male, il delitto e il tormento, la paura e l’angoscia, la morte e la rinascita, l’esistenza umana. L’iperrealismo si fonde così a un opera che intende essere anche psicologica, esistenziale e mostrare che cosa un uomo in condizioni terribili e in balia della fame, del freddo o del denaro è disposto a fare ai suoi simili e le imprese impossibili che l’individuo può compiere spinto dal desiderio di riscatto, di vendetta. La universalità delle tematiche affrontate è permessa inoltre proprio dalla tragica ma anche semplice trama la cui linearità è funzionale a dare un carattere universale alla vicenda e a contribuire ancor di più al coinvolgimento dello spettatore, che arriva a identificarsi con i personaggi sulla scena, e forse a temere, uscito dalla sala del cinema, la pugnalata alle spalle di un proprio compagno, il morso di una qualche belva feroce, l’incursione di mercenari e predoni, oppure la freccia di un indiano appostato sulla strada opposta.

12 13

RecensioniMANFREDI ALBERTO MONTI V C

THE REVENANT – REDIVIVO

“Per un uomo della sua età, cinquantadue anni, divorziato, gli sembra di avere risolto il problema del sesso piuttosto bene”: così si apre “Vergogna”, premiato romanzo di Coetzee, e non servirà finire il libro per confutare queste prime righe; perché David Laurie, il protagonista del romanzo, il problema non l’ha risolto affatto. Ambientato nel Sudafrica selvaggio del post-apartheid, “Vergogna” è un libro profondamente incentrato sulla dimensione storica, descrivendo una terra in cui i rapporti tra bianchi e neri sono tutti ancora da definire. Coetzee racconta una storia difficile con un linguaggio sterile e scarno, di dura bellezza, aprendo la riflessione su temi antropologici.David Laurie è un insegnante presso l’università di Città del Capo, uomo mediocre, insegnante mediocre e padre mediocre, la sua esistenza è sempre stata caratterizzata dalla (consapevole) permanenza nella “zona grigia”, in cui la felicità può anche essere “moderata”. Tutto cambia nel momento in cui comincia ad intrattenere una relazione sessuale con una studentessa, la quale in seguito lo denuncerà per stupro. La curiosità sessuale di David, più che altro edonistica immaturità, lo porterà a commettere questo atto, scatenando le ire della società perbenista e benpensante, avvolta nella coperta del politically correct, e causando la sua “disgrace”, titolo originale dell’opera. Durante il “processo”, tenuto dal consiglio di facoltà, Tribunale dell’Inquisizione accademico, David ammetterà la sua colpevolezza, rinunciando alla possibilità di difendersi, tuttavia ammettendo di non avvertire alcun senso di colpa. Viene allora lanciata una sfida aperta contro l’ipocrisia della società accademica, in nome di Eros, divinità di cui David ammette di essere succube.Le voci corrono e David per evitare il pericolo che la sua storia personale si trasformi in un (mediocre) show televisivo, si rifugia in campagna, dalla figlia Lucy, donna che porterà le pretese di indipendenza alle estreme conseguenze.Lucy, posthippie, lesbica e animalista, è una contadina che ha scelto di fuggire dal mondo caotico della città per addentrarsi nell’”heart of

darkness” del Sudafrica, vivendo in una fattoria sperduta e lontana, non solo geograficamente, ma anche eticamente, dal mondo civilizzato. David si trova a confrontarsi con una realtà completamente diversa dalla propria, in cui però trova una semplice struttura sensata, in cui può dedicarsi senza alcun impedimento alla stesura di un saggio su Byron e alla poesia in sé, che non assume più il ruolo di mezzo di corteggiamento. Il territorio, tuttavia, non è sicuro, minacce storiche minano la stabilità dei rapporti tra abitanti e il particolare rapporto tra padre e figlia. Questo pericolo si manifesta nel momento in cui avviene il Fatto: Lucy subisce una violenza da parte di tre uomini neri, rimanendo incinta. David si è adeguato alle dinamiche del posto nuovo in cui vive, dedicandosi a diverse attività e assumendosi incarichi difficili, ma come può tollerare la violenza che Lucy ha deciso di accettare?Lucy, infatti, decide di non denunciare gli uomini, assoggettata alla mentalità del posto; la donna affronta ciò che le è capitato come una pena che lei, per l’umanità intera, ha dovuto scontare, autoproclamandosi capro espiatorio di crimini che altri hanno commesso, spinta da un esacerbato senso di giustizia. Nel gesto incomprensibile e indifendibile dei tre uomini vi è, infatti, tutta la rabbia repressa dopo anni di schiavitù. E’ la storia della ragazza il tema portante del romanzo, anche se difficile sia da capire che da accettare. Non si ribella alla mentalità locale, come abbandonata ad un preciso destino, ma è proprio il fatto che decida di non fuggire, nonostante le continue esortazioni del padre, la sua estrema ribellione.Ed allora ciò che Lucy e David hanno dovuto subire diventa paura e rabbia, poi dolore e vergogna, di un padre che deve ufficialmente rinunciare alla pretesa di poter difendere la figlia da tutto e tutti e di una figlia, ma soprattutto di una donna, privata dell’agognata autonomia in quanto privata del diritto di scelta sessuale, che assume su di sé gli errori imperdonabili di una società decadente.

ELISABETTA CANNATA IV CVERGOGNA

14 15

e

Creature oscure, presenze demoniache, sanguinari delitti, sette sataniche, maledizioni, terrore allo stato puro. È questa l’impostazione della serie televisiva “Penny Dreadful”, creata e scritta da John Logan, che dal 2014 affascina i suoi telespettatori e sta diventando sempre più popolare tra i teenager e non solo. Il titolo è tratto puramente dalle forme di pubblicazione inglesi del XIX secolo, appunto i penny dreadful, che alla modica cifra di un penny, proponevano narrazioni di genere gotico-horror a cadenza settimanale, e si ispira a “La Lega degli Straordinari Gentlemen”, di Alan Moore. La serie è ambientata in un’inquietante Londra del periodo vittoriano, dove la bella sensitiva Vanessa Ives (interpretata dall’attrice di successo Eva Green) si trova ad affrontare le sue paure più recondite, a fianco dell’intuitivo Sir Malcolm Murray e dell’abile pistolero americano Ethan Chandler. La vera peculiarità della trama è il modo in cui vengono intrecciati anche personaggi della letteratura horror di tutti i tempi, tra i più ricorrenti il professor Frankenstein, tratto dal celeberrimo romanzo di Mary Shelley, Dorian Gray, dall’omonimo libro di Oscar Wilde, il dottor Jekyll, da “Dottor Jekyll e Mister Hide”, di Robert Louise Stevenson, e il conte Dracula, dal famoso scritto di Bram Stoker. Inoltre sono presenti caratteri come vampiri, lupi mannari e streghe.Le stagioni sono attualmente tre e affrontano ciascuna una diversa tematica dell’orrore, restando comunque collegate l’una all’altra. La prima stagione è andata in onda nella programmazione americana a partire dal 2014 e soltanto l’anno dopo arrivò in Italia. In questo primo debutto della serie, i nostri protagonisti si trovano a lottare contro una schiera di zombie-vampiri, colpevoli del rapimento della figlia di Sir Malcolm, Mina. Nella seconda stagione, invece, il tema affrontato è quello della stregoneria; inoltre Vanessa, dovrà affrontare un conflitto interiore, e sarà obbligata a scegliere se continuare a combattere dalla parte del bene o arrendersi e cedere al male che si trova nel profondo della sua anima. La terza stagione è correntemente in onda su tutte le piattaforme “Netflix” già dall’1

maggio, e si focalizza sulla storia del conte Dracula e del suo spietato esercito di vampiri.“Penny Dreadful” è un genere di serie tv che non si trova frequentemente, e differisce dalle altre perché è in grado di risvegliare tutte le nostre paure di quando eravamo bambini, e, perché no, anche attuali. Benché all’inizio possa sembrare un po’ confusa, non giudicatela, bastano solo un paio di episodi in più per capire realmente il genio dello show. Le prime cose che colpiscono di “Penny Dreadful” sono lo stupefacente realismo degli abiti e della scenografia, che rispecchiano perfettamente quelli del periodo storico in cui la serie è ambientata, e l’uso molto accurato degli effetti speciali. Inoltre la serie riesce a produrre nei suoi telespettatori una grande suspense, e proprio per questo è molto coinvolgente: dopo aver visto un episodio, è quasi impossibile non cliccare subito “Play” su quello successivo. Tuttavia, sia la trama, sia l’ambientazione da incubo, contribuiscono a rendere lo show non adatto ai deboli di cuore. Se siete invece amanti dell’horror letterario e cinematografico e vi ritenete coraggiosi abbastanza, questa è la serie tv perfetta per voi.

FRANCESCO GALIOTO III BPENNY DREADFUL

Dopo Black Ops 3, Infinity Ward torna al timone della serie bellica di Activision con Call of Duty: Infinite Warfare. Sarà dispo-nibile a partire dal 4 novembre per PC, PlayStation 4 e Xbox One, e nonostante Activision affermi che Call of Duty tor-nerà alle sue radici con un’epica batta-glia tra due fazioni in guerra, l’ambienta-zione è ben lontana dalla Seconda Guerra Mondiale vissuta e giocata agli albori della serie. Questa battaglia avrà infatti luogo nel Sistema solare. Sarà commercializzata anche un’edizione speciale, chiamata Lega-cy Edition, che al prezzo di all’incirca 100 euro includerà anche Call of Duty: Modern Warfare Remastered, ossia il rifacimento del quarto episodio della saga, definito uno dei Cod meglio realizzati. Modern Warfare Re-mastered è sviluppato da Raven, e adatta il titolo alle prestazioni delle piattaforme attuali, con una risoluzione delle textu-re e dei dettagli completamente rivista, illuminazione dinamica, effetti particella-ri, animazioni e audio aggiornati e molt o altro. Ma, ritornando al titolo di punta del prossimo 4 novembre, ancora non c’è mol-to da dire dato che il primo trailer del gioco è stato rilasciato solamente un paio di setti-mane fa, ma persino questo piccolo video ha

suscitato un forte sgomento nei cuori no-stalgici dei veterani della saga di Activision. Infatti il video in questione, pubblicato su Youtube, oltre ad aver raggiunto più di 15 milioni di visualizzazioni, ha riscosso un grande insuccesso con più di un milione e mezzo di “non mi piace”. Detto ciò, gli aman-ti della saga aspetteranno con ansia le fiere estive per avere più informazioni riguardo al gioco in sé e alle varie modalità al suo interno.

ACHILLE LIBERATORE III L

CALL OF DUTY INFINITE WARFARE

1716

Il virus Zika è stato isolato per la prima volta nell’omonima foresta dell’Uganda da un prima-te ed è rimasto isolato in Africa fino agli anni ’60, usando come vettore una zanzara che prediligeva gli animali. Oggi, invece, il virus si trasmette tramite le zanzare del genere Aedes (le stesse che diffondono la febbre gialla e la febbre Dengue), come l’Aedes aegypti e la più conosciuta Zanzara tigre, le quali pre-diligono l’Uomo; questo, ovviamente, rende il virus Zika un problema, perché facilita lo scoppio di una pandemia. •Quali sono i sintomi? Il contagio da virus Zika di solito provoca: una leggera febbre, eruzio-ni cutanee, congiuntivite, dolore muscolare e alle giunture, malessere e mal di testa; questi sintomi possono durare dai 2 ai 7 giorni e vengono spesso scambiati per una normale in-fluenza, per questo gli infetti vanno raramente in ospedali adeguatamente attrezzati. Il virus potrebbe inoltre causare complicanze gravi: è stato osservato negli individui colpiti un aumento dell’insorgere di malattie neu-rologiche ed autoimmuni; ad esempio, si è notato un incremento dell’insorgere della sin-drome di Guillain-Barré, a causa dellaquale il sistema immunitario attacca il sistema nervoso periferico, provocando la progressiva perdita di sensibilità degli arti fino alla paresi. Infine, nell’ultimo periodo, è aumentato, tra i bambini nati da madri che hanno contratto lo Zika, il nu-mero di quelli affetti da microcefalia (che provoca nel feto la riduzione delle dimensioni del cranio, con conseguenti problemi nello sviluppo del cervello). •Come e dove si è diffuso ? Il virus Zika si diffonde nelle aree tropicali dove sono pre-senti grandi popolazioni di zanzare; in questo momento l’epidemia è presente in: Sud Ame-rica, Asia meridionale, Africa e Pacifico Occi-dentale. Come già detto, il virus si diffonde soprattutto tramite le zanzare, ma il contagio può avvenire anche per via sessuale o per con-tatto di sangue. Alcuni scienziati collegano l’au-mento dei contagi a tre fattori principali, due

diessi collegati fra loro: la deforestazione, che porta, come in Brasile, le zanzare ad attaccare le città per continuare a vivere, l’aumento della temperatura globale che aiuta le zanza-re a riprodursi e la conseguente siccità, che rende necessaria la costruzione di cisterne per la raccolta dell’acqua, in cui essa ristagna e crea un ambiente favorevole alla riproduzione del-le zanzare. Per fortuna gli insetti appartenenti a questo genere non riescono a volare per più di 400m, quindi non possono portare da soli la malattia in nuovi paesi, però purtroppo i numerosi viaggi internazionali hanno favorito il trasporto di uova, zanzare o soggetti infetti per il mondo. •Come si può prevenire e/o curare? Purtroppo non esistono ancora né una cura né un vaccino per questa malattia, così l’unica cosa che possiamo fare per fermarne la diffusione è la prevenzione. A livello globale si può avvia-re una vera e propria guerra contro le zanzare, con una strategia che potrebbe passare at-traverso l’immissione nelle aree a rischio di insetti maschi geneticamente modificati in grado di portare nella specie un gene leta-le, che blocchi la riproduzione della gene-razione successiva. Inoltre si può avviare una campagna di maggiore controllo delle acque stagnanti per limitare le capacità riproduttive delle zanzare; questo può anche essere messo in atto dai singoli individui, che dovrebbero coprire qualunque contenitore d’acqua, dai secchi ai vasi per i fiori. Poi, a livello indivi-duale, si dovrebbe cercare di non essere punti dalle zanzare usando repellenti, indossando vestiti (preferibilmente dai colori chiari) che coprono la maggior parte del corpo e usando barriere fisiche come zanzariere o, più semplice-mente, chiudendo porte e finestre. Chi contrae il virus può alleviare i sintomi con normali medicinali per l’influenza e antidolorifici, ma dovrebbe chiamare un medico se le sue condizioni si aggravano.

LUCA GIAMMANCO II EVIRUS ZIKA PRIMO

EMILIANO ROTIGLIANO IV C

Il sole era sorto, dovevano essere le dieci o le undici. In circostanze normali, ci sarebbe stata una frizzante aria primaverile. In que-sto periodo dell’anno, a quest’ora, madri e bambini andavano alla Pozza, a essere pre-cisi alla “pozzetta”, che era più piccola ma più vicina e pulita. Le donne andavano per lavare i panni e portare a casa l’acqua, i ra-gazzi per sguazzare e fare la lotta. In queste occasioni, i bambini di diversi ceti giocava-no insieme e le loro madri chiacchieravano serenamente. Insegnavano alle figlie come occuparsi delle faccende di casa e, magari, si divertivano pure a scambiarsi pettegolezzi.Anche Davan da piccolo andava alla pozzetta tutti i giorni. La cosa più bella non era però farsi il bagno né tirarsi il fango a vicenda, non era mai stato un amante di questi giochi, ben-sì il viaggio che faceva con sua madre. Erano della fascia orientale della Piana, la più lonta-na dalla città e dalla Pozza. Partivano presto, il sole era ancora basso. L’andata era sempre piacevole, quasi un’ora di cammino accom-pagnata dal vento inebriante dell’ovest. Al ri-torno invece faceva caldo e arrivavano a casa tutti sudati, però il pensiero del pranzo di lì a poco li teneva di buon umore. Aveva un buon ricordo di quei momenti, forse perché erano stati i pochi che aveva passato da solo con sua madre. Si chiamava Gwen, questo gliel’a-veva detto suo padre, Davan non ricordava di averla mai sentita chiamare per nome. Suo padre gli aveva sempre raccontato che era la donna più bella del mondo: col tempo si era reso conto da solo che sua madre era la donna più bella del mondo quanto lui il re delle Ter-re Occidentali. Non l’aveva detto a suo padre e non gli dispiaceva che gli avesse mentito a proposito, sua madre aveva un cuore d’oro e tanto gli bastava, questo lo sapeva sin da bambino.Davan si mise a sedere per terra e si accorse di respirare a fatica. Sentiva il fumo

mordergli da dentro la gola, il petto e le na-rici. Emise un rantolo prolungato nel tenta-tivo di liberarsi da tutta la cenere che ave-va respirato la notte scorsa. Si mise carponi mentre lo prendeva la nausea e vomitò per terra. Sotto di lui si formò una pozzanghera nera, le sue mani sentirono il liquido caldo e grumoso che colava su di esse. Era come se le sue narici e la sua gola stessero andando in fiamme. I conati continuarono per due mi-nuti buoni, poi Davan alzò lo sguardo per os-servare il paesaggio attorno a lui. Si trovava a pochi metri dalla pozzetta, da lì si aveva una buona vista del Monte Secco, dai suoi piedi imponenti fin quasi alla vetta alta e aspra.Davan si trascinò fino al laghetto spellandosi gli avambracci sul terreno arido, si affacciò sullo specchio d’acqua. Mentre si chinava, si accorse che la sua faccia era una maschera di sangue, cenere e fango. Bevve un sorso ma gemette di dolore quando dovette degluti-re e cadde faccia a terra sulla riva, inebetito. Steso per terra com’era, poteva vedere un piccolo scarabeo nerissimo che zampettava a pochi centimetri dalla sua faccia, si concen-trò su di esso con l’inquietante intensità tipi-ca della febbre, fu l’ultima sagoma che vide mentre le palpebre gli si richiudevano. Arriva-rono stremati a una una fattoria. La casa era ancora buia, la prima che incontravano anco-ra intatta. All’uscita erano legati due stalloni marroni, irrequieti per il pericolo percepito. Brawn strattonò il compagno per la manica e gleli indicò –Così li condanneremmo a morte. Ringhiò Davan. Fece per gridare ai contadini ma Brawn lo fermò –Se sono ancora lì dentro sono già morti, noi siamo più stanchi di loro, non ha senso lasciarli lì. Si mise in sella. Davan si passò una mano sulla barba e diede un’oc-chiata alle finestre in cerca di segni di vita: scorse delle sagome muoversi nell’ombra,

18 19

cioè attraverso il vecchio Whalt. Nessuno aveva il cuore di farlo così era toccato a lui. Nell’operazione ruppe due costole del po-vero defunto, quanto al polmone non c’era modo di rimetterlo dentro così Davan aveva estratto la roccia con l’organo ancora impala-to. Alla fine avevano spinto la cassa toracica dentro il corpo alla meno peggio e l’aveva-no seppellito così. Ripensando a quell’espe-rienza, ricordava molto più nitidamente il disgusto per le condizioni del vecchio e per l’ingrato lavoro che gli era toccato fare che non la malinconia per aver visto il vecchio Whalt morire, dopo aver sentito il suo ultimo grido mentre precipitava.Quando si svegliò, era notte fonda. Inizialmente i suoi occhi non riuscivano a penetrare l’oscurità ma capì di non essere più alla pozzetta, sentiva i rumori della palude, quelli che lo avevano accompa-gnato le poche volte che si era avventurato nella Pozza. Lentamente, le ombre iniziarono a prendere forma davanti a lui, era in un bi-vacco con altre due persone, una delle quali sembrava essere l’uomo del nord di prima, l’altra gli dava le spalle, infagottata di coper-te. Stava morendo di sete ma non aveva le forze per muoversi né avrebbe saputo dove cercare l’acqua in quel buio. La testa gli pul-sava e si sentiva scottare. Sperò vivamente che le zanzare non uscissero dalla palude più interna, molta gente era morta anche solo per un morso, la malattia agiva lentamente, deteriorando il corpo dell’infetto e portan-dolo inevitabilmente alla morte. Probabil-mente di questo era morta sua madre, anche se il colpo di grazia gliel’aveva dato il parto. Suo fratello Gerard era nato sano per fortu-na ma non aveva mai visto Gwen.Davan sentì le forze che lo abbandonavano di nuovo così si rannicchiò tra le coperte che scoprì avvolte intorno a lui e chiuse gli occhi.I due gruppi, uno di quasi trecento uomini, l’altro di tre, stavano per ricongiungersi quando quello che doveva essere il capitano abbassò la lan-cia ad altezza d’uomo –Fermi, voi. Chi siete?

I cavalli si fermarono da soli di fronte l’osta-colo. Davan riuscì ad alzare lo sguardò dal-la criniera dell’animale quanto bastava per scorgere chi avesse parlato, lo conosceva ap-pena, il capitano: si chiamava Adam, a volte lo vedeva quando portava il raccolto a Edgesto-nes. Era un uomo basso e smilzo, dallo sguar-do indisponente, non l’aveva mai incontrato di guardia alle porte della città, probabilmen-te il suo orgoglio non avrebbe retto l’onta di un compito così basso. Ora probabilmente, a cavallo e con l’armatura che sfavillava alle prime luci dell’alba, voleva fare la parte del comandante: chiaramente erano contadini in fuga, chiunque l’avrebbe capito. Cercò di spiegargli la situazione ma riuscì solo a grac-chiare un verso incomprensibile. Vide un ca-vallo avvicinarsi e sentì un finto sospiro di sussiego sopra di lui, poi la testa del capitano si chinò, a quel punto Davan riuscì a compor-re una frase comprensibile. –Contadini della Piana, davvero? E quella bella spada dove ve la siete procurata? Rispose Adam malizioso indicando l’arma che pendeva dalla cintola di Brawn, si crede davvero furbo, pensò Davan, –L’abbiamo presa a un feritò. Grugnì. –E que-sta donzella che portate con voi, è moglie di uno di voi due? O magari volevate portarvela via come vostro trofeo? Fece il capitano con aria teatrale, Davan gli avrebbe volentieri sferrato un colpo con la pala che ora gli pen-deva inerte dalla mano. –No signore. Jadye si sporse dalla spalla di Brawn, a lei la voce era rimasta –Dicono il vero, siamo della piana e mi hanno salvato la vita. –Taci donna. Par-lerai quando sarai interpellata. Scattò Adam stizzito. Davan sentì la rabbia investire il suo corpo, la testa gli pulsava furiosamente, ora non riusciva quasi più a scorgere nulla, capì di stare scivolando dal cavallo. Udì un grido femminile alle sue spalle quando perse com-pletamente la presa, sentì la testa battere per terra, il sapore metallico del sangue che gli scendeva in bocca, poi più nulla.

probabilmente i proprietari si preparavano a scappare e loro gli stavano portando via i cavalli. Jadye urlò guardando alle sue spal-le: offuscati dalla pioggia sempre più fitta, un gruppo di cinque o sei uomini era a cen-to metri da loro, cavalcavano delle creature enormi che Davan aveva riconosciuto poco prima come rinoceronti. Pur rallentati dal fango, li avrebbero raggiunti in pochi secon-di. –Io sto andando Davan, con o senza di te, loro sono spacciati in ogni caso, perché dob-biamo morire anche noi? Estrasse la spada e tagliò la corda del cavallo, non ci fu bisogno di spronarlo per quanto l’animale era tero-rizzato. In pochi secondi Brawn era sparito.I cavalieri erano a cinquanta metri, Davan caricò amareggiato la ragazza su uno dei ca-valli. Solo quaranta metri. Salì in sella. Tren-ta metri e gli sarebbero stati addosso. Dalla casa uscirono un vecchio e quella che dove-va essere sua nipote, una ragazza giovane e bella, probabilmente bionda anche se col buio non si distingueva bene quasi nulla. A Davan si gelò il sangue nelle vene, sperava di lasciare lì uomini forti, che avrebbero cercato di difendere loro e le loro famiglie, in qual-che modo l’avrebbe fatto sentire meglio.Venti metri appena. Poteva sentire gli esotici animali sbuffare furiosi dietro di lui. Il vecchio lo guardò, non con accusa, piuttosto rasse-gnazione. Davan spronò il cavallo appena in tempo mentre i cavalieri caricavano in dire-zione della fattoria, avrebbero ucciso il vec-chio e anche la ragazza, dopo averla stuprata.Davan si sentì sollevare di peso da braccia vigorose. Sentiva ancora sulle labbra l’a-spro del vomito e la morsa che gli stringe-va naso e gola. Venne adagiato per terra, la schiena poggiata su qualcosa, probabil-mente una pietra. Il suo soccorritore si chi-nò verso di lui per capire se fosse cosciente, non era di quelle parti, Davan ne era certo. I suoi lineamenti erano troppo marcati e la pelle troppo chiara. Doveva venire dal nord, probabilmente dall’Irala, l’isola dei draghi.

I loro sguardi si incontrarono per qualche secondo. I suoi occhi erano castani chiaris-simi, quasi opachi, mentre Davan sprofon-dava nell’incoscienza, pensò che sembra-vano occhi tristi, che fossero fuori luogo su un uomo del nord con le braccia vigorose.Stavano proseguendo la salita in silenzio. For-tunatamente i cavalli conoscevano la strada perché i cavalieri non sarebbero stati in grado di guidarli. L’unico rumore veniva dagli zocco-li dell bestie sulla strada lastricata e qualche sporadico colpo di tosse. La carica di adrena-lina che aveva consentito loro di scappare si era esaurita, ora tutto il fumo che Davan non poteva aver fatto a meno di respirare men-tre scappava di casa stava iniziando ad aggre-dire i suoi polmoni e la vista gli si annebbiava.La parete rocciosa del Monte Secco era liscia e grigia: dentro di esso erano state scavate miniere di sale per cui, soprattutto in quel versante, era pieno di cave e tunnel dove nascondersi; col buio, però, infilarsi in una di quelle grotte completamente alla cieca era fuori discussione, bastava un piede in fallo per fare un volo di cinquanta metri per sfra-cellarsi al suolo, o magari rimanere impalato su una stalagmite. Davan aveva sentito di gente a cui era capitato e una volta gli era persino capitato di assistervi di persona quan-do aveva fatto visita a Bryme in miniera. Non era un bello spettacolo da vedere: non solo il vecchio Whalt aveva schizzato di sangue qua-lunque cosa nel raggio di cinque metri ma la stalagmite, penetrando dal petto, era uscita dall’altro lato portando con sé la cassa tora-cica e anche un polmone, il destro. Gli altri minatori volevano portarlo via ma non c’era modo di tirarlo fuori dalla colonna di roccia etra l’altro era così lordo di sangue che non c’e-ra modo di afferrarlo come si deve, così ave-vano segato la stalagmite e avevano cercato di tirarla fuori dal verso in cui era entrata ma anche così la roccia era troppo irregolare per uscire. A quel punto Davan aveva suggerito di farla uscire dall’altro lato,

20 21

Solstizio d’Inverno

Che mai t’affatica, mio Sole, che arranchi sul breve cammino?

Che pena ti stringe, che sì stanche ci imponi le mani,

che l’abbraccio tuo dolcemai così spento a noi si donò

disiosi!

È la notte dei freddi ad imporcil’amore, e non porti che

ciò che di te e di noi più felice visse e vivrà.Ci porti la speme e il tormento e con loro le Rose del maggioe Maestrale severo e i figli loro

diletti, che furono i Giorni che già la nostra culla ospitarono.

Patrigni.

Altre Rose verranno e altri Vènti con te,indesiderati.

Verrà di loro il profumo fatale, in bilico tra l’estasi

e la nausea.E non ci stancheremo. Non si stancheranno.

È dei cani l’inutile corsa.

Non senti che peso, mio Sole,che triste zavorra t’aggrava,

che breve sentiero, che vile travaglio?

Già tutto finisce, non vedi?Già scorgo il confine.

Insiemetramonteremo.

MARCO VITALE V H

Io che ho incantato la Lunasotto il tuo ciglio di perla

e c’era quel labbro socchiuso quell’anima muta

sotto la notte delle stelle ardenti

Io che ti ho abbagliatoquand’eri solodentro la vita.

Hai scoperto le fatenascoste

dentro i segni celesti(Giove, Europa, Io:

semi veria significare la notte)

Cristalli eterni

col sembiante vivo del vento

E poi le scintille delle falene

oltre la siepe;una nuova via del tempo:

la gravitàti aveva bucato il cuore

E sui campi elisi,quelli della novella Sirio,

c’era la ragione che baciava, lenta,

la luce del nostro Nuovo Sole.

EMANUELE MILAZZO V C

Cannizzaro Campione d’Italia di Scacchi

Complimenti ad Alberto Alaimo (5^E), Elena D’Eredità (5^E), Emiliano Rotigliano (membro della nostra redazione, 3^C),

Cristoforo Guccione (5^L) e Tea Gueci (3^E) per aver vinto il titolo italiano Juniores ai campionati giovanili studenteschi di scacchi, tenuti a Sibari dal 12

al 15 Maggio!

REDAZIONE:DOCENTE REFERENTE:Prof.ssa Elena Santomarco

CAPOREDATTORE:Davide Angelini V C

VICE-CAPOREDATTRICE:Elisabetta Cannata IV C

IMPAGINAZIONE E GRAFICA: Mario Labruzzo II EDavide Angelini V CMarco Vitale V H

HANNO COLLABORATO:Gabriele Giambanco IV NLuca Giammanco II EEttore Inzerillo III CGiorgio La Spina IV CVincenzo Manfrè V AGiulia Mossuto III FMarco Maiorino III FAldo Marguglio III HEmanuele Milazzo V CManfredi Alberto Monti V CLucia Raffaele II DGabriele Rizzo III CEmiliano Rotigliano III CChiara Schillaci III CFlavio Scuderi III H

SEGUICI SU FACEBOOK, CER-CA LA PAGINA:

“ObbiettivaMente!”

VUOI PARTECIPARE ANCHE TU? Invia un messaggio alla pagina, oppu-re contatta i caporedattori o qualcuno interno alla redazione.Puoi anche inviare una mail a:

[email protected]