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UGO FOSCOLO Tra illuminismo, neoclassicismo e preromanticismo

Ugo foscolo

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UGO FOSCOLOTra illuminismo, neoclassicismo

e preromanticismo

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Ugo Foscolo• Nasce il 6 febbraio 1778 a Zante, da padre veneziano e madre greca (influenza greca).• Si trasferisce a Venezia nel 1792., frequenta salotti e intrattiene relazione con Isabella Teotochi.• Nel 1797 dopo il Trattato di Campoformio, si trasferisce a Milano, incontra Parini, e poi a Bologna.• Inizia a comporre l’Ortis.• Tenente volontario nella Guardia Nazionale nel 1799.• Il fratello si suicida nel 1801, l’anno dopo completa l’Ortis.• Escono le poesie nel 1803.• Nel 1806 traduce l’opera di Sterne e ha una figlia da una donna inglese, tornato in Italia compone “Dei Sepolcri”.• Diventa professore di eloquenza a Pavia nel 1808.• Nel 1810 cominciano le polemiche con gli intellettuali e le difficoltà economiche. • Nel 1813 si sposta a Milano da Firenze, dove ha concluso alcune delle sue opere.• Nel 1815 fugge in svizzera.• Le situazioni economiche peggiorano e va a vivere con la figlia in Inghilterra nel 1824, ma finisce in prigione per debiti.• Lavora per mantenersi, ma debiti continui.• Muore a Londra il 10 settembre del 1827.

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DEORUM MANIUM IURA SANCTA SUNTO

«Siano rispettati i diritti dei Mani»

[XII tavole]

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Illuminismo: il materialismo e il meccanicismo

Neoclassicismo: il valore della memoria e l’esaltazione dei modelli classici e antichi

Pre-romanticismo: l’amore per la patria, la commemorazione del defunto e le immagini di stampo sublime

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«E una forza operosa le affaticadi moto in moto; e l'uomo e le sue tombe

e l'estreme sembianze e le reliquiedella terra e del ciel traveste il tempo.»

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Nella visione illuministica di Foscolo prevalgono temi quali il materialismo e il meccanicismo, riducibili a una massa infinita ed eterna di atomi, che, agitati dall’energia vitale, aggregandosi danno origine alla vita e disgregandosi alla morte. Si trovano in Foscolo tracce di tale concezione già nella fase giovanile di produzione dell’autore che, già fortemente influenzato dalle correnti illuministiche del periodo, aveva avuto modo di esprimersi ne “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” e, più nello specifico, nella celeberrima lettera da Ventimiglia:

«Pare che gli uomini siano fabbri delle proprie sciagure; ma le sciagure derivano dall’ordine universale e il genere umano serve orgogliosamente e

ciecamente ai destini».

In questo universo, dunque, non c’è posto per nessun dio e nessuna trascendenza: tutto vive e si consuma nel suo ambito, tutto è analizzabile e formalizzabile dalla ragione, purché lo si sappia e lo si voglia fare.

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«Celeste è questacorrispondenza d'amorosi sensi,

celeste dote è negli umani.»

La religiosità in Foscolo assume un valore che si distacca da qualsivoglia tipo di fede in un essere divino, avvicinandosi alla concezione laico – illuministica che prevede una particolare ritualità, in cui l’elemento principale risulta essere la memoria e il forte sentimento patetico, che lega insieme gli uomini, soprattutto nel momento della morte.È dunque possibile ritrovare tale ottica anche nel superamento della visione materialistica e meccanicistica, che così non toglie alla morte il suo compito di annichilire l’uomo e la materia, ma permette di trascendere questo elemento. In realtà non si tratta di religione “positiva”, ma piuttosto di un atteggiamento soggettivo, fatto proprio sentimentalmente anche se ritenuto falso e inconsistente sul piano razionale. E’ quindi una religiosità e non una religione.

Su questa base, Foscolo matura una differente visione della storia da quella illuministica, che invece confidava in essa come in un continuo processo di crescita, sviluppando un forte antiprogressivismo, che troverà riscontro nell’ideologia Neoclassica attraverso l’evoluzione del proprio pensiero dalle riflessioni di Gianbattista Vico a quelle di Johann Joachim Winckelmann.

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«L’universo si controbilancia. Le nazioni si divorano perché una non potrebbe

sussistere senza i cadaveri dell’altra.»

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Secondo Vico, ogni civiltà ha un suo corso fondamentalmente progressivo, il quale, giunto al suo apice, si arresta ed entra in crisi. Principi e stili di vita si indeboliscono e si corrompono. Davanti ad una umanità incapace di crescere e di rinnovarsi, si profila la drammatica prospettiva in quella che Vico chiama la barbarie seconda, che è un regresso, nel quale si riproducono in larga misura le forme di vita e di comportamento proprie dell’età primitiva; oppure la possibilità che subentri una potenza giovane e virtuosa che riesce a sottomettere quella in crisi.In effetti, nulla è più estraneo a Vico di quella ideologia del progresso sicuro e garantito che ispirerà una parte della filosofia della storia nell’età dell’Illuminismo.

Foscolo riprenderà tale concezione negativa della storia che diventa un’entità completamente insensata, un vuoto contenitore di azioni volte al nulla assoluto, la drammatica condizione che Jacopo Ortis, emblema del mito della giovinezza, non riuscirà ad assimilare e superare. Al contrario invece di quello stesso sguardo al materialismo, ormai maturato pienamente, nell’apertura del carme “Dei Sepolcri” (v.v. 1 – 15).

Ad esso si contrappone l’esaltazione di quei valori ellenistici e classicistici proposta da Winckelmann che sarà ripresa dall’autore di Zante tanto nella seconda parte “Dei sepolcri” quanto ne “Le Grazie”, ultimo capolavoro.

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«Dal dí che nozze e tribunali ed arediero alle umane belve esser pietosedi se stesse e d'altrui, toglieano i vivi

all'etere maligno ed alle ferei miserandi avanzi che Natura

con veci eterne a sensi altri destina.»

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Grande importanza assumono dunque, in Foscolo, tutti quei valori della civiltà che fanno sì che l’uomo possa sfuggire alla completa insensatezza che, altrimenti, piomberebbe su di esso. Si costruisce così una nuova concezione della Storia che, come già detto, evolve dalle basi che lo stesso Foscolo aveva gettato nell’Ortis. In questa fase essa non assume i caratteri di una totale sfiducia nell’esistenza stessa dell’uomo, ma neanche si propone in un totale superamento. Nasce quindi l’illusione foscoliana, la quale si configura come una possibilità di sopravvivenza oltre la tomba, attraverso la memoria. Anche se la vita dell'individuo ha fine nella materia, le illusioni, gli ideali, i valori e le tradizioni dell'uomo vanno oltre la morte perché rimangono nella memoria dei vivi consentendo a chi ha lasciato eredità d'affetti una sopravvivenza dopo la morte.Dunque è attraverso la memoria delle gesta dei grandi che è possibile avviare un processo di emancipazione della società sulla scorta dei valori classici in una dimensione di progettualità che vede la civiltà e la storia come elementi “infuturanti”.

«Testimonianza a' fasti eran le tombe, ed are a' figli»

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«E l'armoniavince di mille secoli il silenzio.»

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Se da una parte il Neoclassicismo poteva risultare la perpetuazione di un semplice atteggiamento di copia-studio del modello greco, Winckelmann sottolinea il concetto di imitazione interpretandolo come assimilazione dei principi e canoni classici, finalizzata alla nuova e originale creazione artistica. Per attenersi al modello antico, l'artista deve impostare razionalmente la propria arte, svuotandola di sentimenti e passioni, che possono deformare la pura bellezza della forma razionale. Allo stesso modo, deve evitare il colore, espressione fuorviante della passione, basando il proprio lavoro sulla linea, strumento di costruzione razionale.

Ricollegandosi alla teoria dell’ispirazione, più che dell’imitazione, è possibile cogliere nell’autore uno stile elegante e raffinato, un involucro di indicibile bellezze dal gusto classico che racchiude in sé temi cari all’ideologia foscoliana, e che si qualificano nella ripresa dell’equilibrio e dell’armonia nelle strutture.Tale esaltazione della poesia può avere valore, non solo nella configurazione della poetica, ma anche e soprattutto nell’identificazione di quel progetto di Storia infuturante che accompagna tutta la produzione del poeta succesiva a “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”.

«Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra.»

Poesia che viene inoltre espressa con funzione eternatrice che supera l’inganno del tempo e la stessa semplice memoria degli uomini, concretizzata nella figura della tomba.

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«Me vedrai sedutosu la tua pietra, o fratel mio, gemendo

il fior de' tuoi gentil anni caduto.»

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La rappresentazione della tomba, tema centrale in Foscolo, diventa l’unico elemento materiale per tramandare ai posteri la memoria delle gesta antiche e passate, che deve scuotere gli animi forti nell’intento di perpetuare quei valori tipici della classicità reinterpretati in chiave attualizzante.Se si considera la visione materialistica di Foscolo la tomba può risultare essere un inutile artifizio, volto ad un uso esclusivamente religioso; ma riprendendo l’evoluzione di tale tema, e il simbolismo che la tomba assume nella poesia foscoliana, risulta evidente che dalla tomba stessa è possibile che rimanga un forte ricordo legato al defunto e tale ricordo è tramite anche col mondo dei vivi.Si tratta di una sopravvivenza illusoria per il morto, ma reale per chi ama, che “sente” presente la persona amata, anche quando questa è lontana, anche quando è sottoterra.Tanto maggiore è l’amore che si suscita con le proprie azioni, tanto maggiore è il numero di coloro che ricordano con affetto, tanto più a lungo si sopravvive alla propria morte.Proprio sotto quest’ottica di fondamentale pregnanza semantica risultano essere i versi che Foscolo dedica nel carme sia alla sepoltura obliata di Parini, sia alla memoria dei grandi predecessori dell’artista stesso, quali: Machiavelli, Michelangelo, Galileo, Dante, Petrarca e Alfieri.

«A egregie cose il forte animo accendonol'urne de' forti.»

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Ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell'Alpi

altre Alpi di neve che s'immergono nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde […]. La Natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia da questo suo regno tutti i viventi.

I tuoi confini, o Italia, son questi!

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Del preromanticismo Foscolo coglie la caratterizzazione quasi pittorica dei paesaggi che egli stesso descrive, infondendo in essi un tangibile sentimento che si trasmette direttamente al lettore, anticipando in questo modo quelli che saranno i caratteri principali del Romanticismo.Sublime risulta così essere la descrizione delle Alpi nella lettera da Ventimiglia, nella quale la conformazione rocciosa e angusta della catena montuosa si confonde con l’animo infuocato e guerriero del giovane Ortis. S’incendia la passione foscoliana anche nelle opere successive, dimostrando come tale tratto della poesia sia oramai una affermata cifra stilistica, inalienabile dallo stile del poeta.È questo il caso dell’impressionante plasticità del sonetto “Alla sera”, in cui è possibile quasi intravedere l’ombra che avanza e porta con sé la notte dipingendo in essa gli umori del poeta, che lento si abbandona alla pace che gli porta tale spettacolo.Di matrice classica, ma di gusto tipicamente preromantico, sono anche le arie nel carme Dei Sepolcri ove Foscolo individua una forza vibrante che attraversa l’aria, salendo dalle tombe per trasmettere una nuova energia ai viventi. Si delinea sotto questi termini l’immagine dell’arboreamica, dei puri effluvj, e della fragranza, ponte degli Elisi.Non solo nella caratterizzazione del paesaggio, ma anche nella descrizione dei miti umani, sia letterari (Jacopo Ortis), che reali (Vittorio Amedeo Alfieri), Foscolo tradisce la propria impronta preromantica; tratteggiando sempre caratteri forti e decisi, a tratti titanici, completamente immersi nella propria, umana condizione.Si può dunque così parlare per Foscolo, di una reale tensione che parte dal vissuto stesso del poeta, spesso trasfigurato in arte, e che si lascia poi trasportare nelle immagini letterarie della sua produzione pregne di predisposizione romantica.

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Alla seraForse perché della fatal quïete Tu sei l'immago a me sí cara vieni, O sera! E quando ti corteggian liete Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquïete Tenebre e lunghe all'universo meni Sempre scendi invocata, e le secrete Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

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Preromantico in Foscolo è anche l’amor patrio, esaltazione della terra natia che deve nutrire e poi riaccogliere nel proprio grembo i resti dei propri figli rendendoli sacri e lagrimati. E ancora la caratterizzazione della storia come mezzo infuturante, attraverso la commemorazione delle gesta dei grandi della propria terra, tema che ricorre tanto nei Sepolcri, quanto in alcuni tra i più famosi Sonetti della produzione foscoliana.La memoria della propria patria è utile anche nella misura in cui si vede necessario un processo di unificazione nazionale al fine di riscoprire una comune identità, valore fondamentale per la civilizzazione.

Né più mai toccherò le sacre spondeove il mio corpo fanciulletto giacque,Zacinto mia, che te specchi nell'ondedel greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole fecondecol suo primo sorriso, onde non tacque

le tue limpide nubi e le tue frondel'inclito verso di colui che l'acque

cantò fatali, ed il diverso esiglioper cui bello di fama e di sventurabaciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,o materna mia terra; a noi prescrisse

il fato illacrimata sepoltura.

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In esso si ritrova il parallelismo con il mondo classico impostato in chiave preromantica, attraverso i personaggi di Ulisse e Omero nell’esaltazione della propria patria e della propria poesia. Un simile paragone si ritrova anche nei versi conclusivi del celeberrimo carme:

E tu onore di pianti, Ettore, avrai,ove fia santo e lagrimato il sangue

per la patria versato, e finché il Solerisplenderà su le sciagure umane.