282
Università degli studi di Roma “La Sapienza” Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Civile Indirizzo Strutture Tesi di Laurea: Analisi non lineare per lo studio delle prestazioni di una struttura ospedaliera soggetta a sisma Relatore: Laureando: Prof. Ing. F. Bontempi Alessio Coppi Correlatore: Matricola: Ing. F. Petrini 799139 ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011

Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli studi di Roma

“La Sapienza”

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Civile

Indirizzo Strutture

Tesi di Laurea:

Analisi non lineare

per lo studio delle prestazioni

di una struttura ospedaliera soggetta a sisma

Relatore: Laureando:

Prof. Ing. F. Bontempi Alessio Coppi

Correlatore: Matricola:

Ing. F. Petrini 799139

ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011

Page 2: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INTRODUZIONE 1

INTRODUZIONE

Tra gli edifici pubblici, gli ospedali rivestono un ruolo strategico in caso di calamità, in

quanto sono chiamati a svolgere un’importantissima funzione di soccorso alla popolazione,

garantendo l’efficace continuazione delle prime operazioni di pronto intervento sanitario

avviate sul campo.

All’ospedale, sede tra le più esposte e sensibili in quanto affollata da migliaia di persone

aventi capacità reattive diversissime, viene quindi richiesto non solo di resistere senza danni

eccessivi alla forza d’urto del sisma, ma anche di continuare a offrire sufficienti livelli di

assistenza sanitaria. Ciò significa che si deve porre una particolare attenzione non solo agli

elementi portanti, ma anche a quelli non strutturali e impiantistici, oltre che alla

distribuzione delle funzioni e ai flussi. In Italia, per quello che risulta da un’indagine

effettuata sulla base di dati del Ministero della Salute, molti Comuni sono stati classificati

sismici dopo la costruzione o l’ampliamento degli ospedali, che non sono quindi stati

realizzati secondo delle specifiche norme sismiche.

Il tema è di particolare attualità grazie a disposizioni legislative (Ordinanza del Presidente

del Consiglio dei Ministri n°3274/2003 ) che, per la prima volta nel nostro paese, hanno

imposto agli enti proprietari la verifica di sicurezza sismica di tutte le opere di interesse

strategico ai fini della protezione civile, tra le quali si annoverano anche le strutture

ospedaliere. Le passate esperienze di eventi sismici intensi hanno mostrato una elevata

vulnerabilità delle strutture ospedaliere. Ciò è certamente dovuto a fattori intrinseci,

come la complessità delle funzioni ospitate, l’elevato tasso di occupazione, ed

all’impreparazione all’evento; pur tuttavia, l’inadeguatezza di molti edifici ospedalieri è

stata la principale causa della scadente prestazione risultata. Il rischio sismico di una

struttura è funzione dell’effetto combinato della pericolosità del sito dove l’opera sorge e

della vulnerabilità al terremoto dell’opera stessa. La pericolosità di sito è oggi disponibile ad

un accurato livello di precisione per tutto il territorio nazionale. La vulnerabilità

dell’edificio deve essere invece valutata caso per caso.

Le disposizioni normative vigenti (Norme Tecniche per le Costruzioni, Decreto Ministeriale

14/1/2008) necessitano di integrazioni in più ambiti al fine di eseguire la valutazione di

sicurezza di strutture ospedaliere. Gli aspetti di maggior rilievo riguardano la definizione

degli obiettivi di sicurezza, che non sono comuni a quelli propri dei normali edifici, e la

valutazione della risposta e le tecniche di adeguamento dei componenti non strutturali

(arredi, impianti, attrezzature mediche, etc. ), essenziali al mantenimento delle funzioni

operative dell’ospedale anche a seguito di un evento sismico.

Sorge quindi la necessità di uno studio approfondito della struttura capace di descrivere il

comportamento non lineare, le prestazioni ai vari stati limite e i possibili meccanismi di

collasso. Lo strumento più completo ed affidabile è costituito dall’analisi dinamica non

lineare (Time History Analysis), che valuta la risposta tramite l’integrazione al passo delle

equazioni del moto. Questo metodo presenta, però, dei forti limiti di utilizzo legati alla

necessità di una modellazione agli elementi finiti piuttosto complessa e di una potenza di

calcolo tali da confinarne attualmente l’uso al solo ambito della ricerca. D’altro canto

l’analisi lineare, pur essendo caratterizzata da una complessità notevolmente inferiore sia in

termini di basi teoriche che di impegno di calcolo, risulta inadeguata e troppo carente nella

previsione della risposta sismica delle strutture, specie di quelle in cui gli effetti della non

linearità hanno un ruolo determinante.

Page 3: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INTRODUZIONE 2

Un’alternativa attraente è l’uso di procedure di analisi statiche non lineari (analisi di

pushover) che, pur conservando la notevole semplicità d’uso e di interpretazione dei risultati

tipica delle analisi statiche lineari, consentono stime più realistiche ed affidabili della

risposta strutturale anche in campo non lineare. L’analisi di pushover risolve, tramite una

procedura iterativa incrementale, le equazioni di equilibrio statico corrispondenti ad un

modello strutturale non lineare, soggetto ad un sistema di forze laterali di forma costante

che riproduce gli effetti di un sisma, la cui intensità viene gradualmente e monotonicamente

aumentata fino al raggiungimento delle condizioni ultime.

Il lavoro svolto in questa tesi si è basato su un’analisi statica non-lineare di una struttura in

acciaio non regolare in altezza adibita ad uso ospedaliero dove:

1. le non linearità geometriche sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;

2. le non linearità di materiale sono state considerate mediante l’introduzione di

cerniere plastiche definite secondo la FEMA 356 (Federal Emergency Management

Agency-356):

a. cerniere assiali per i controventi;

b. cerniere flessionali per le travi;

c. cerniere presso-flessionali per le colonne.

3. sono stati svolti tre casi di analisi diversi con e senza effetti P-Δ:

a. CASO 1: analisi con distribuzione di forze uniforme da intendersi come

derivata da una distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della

costruzione;

b. CASO 2: analisi con distribuzione di forze corrispondente ad una

distribuzione di accelerazioni proporzionale alla forma del modo di vibrare

fondamentale;

c. CASO 3: MPA (Modal Pushover Analysis, Chopra A.K. e Goel R.K. [2001])

la quale consiste essenzialmente nell’eseguire tante analisi statiche non lineari

quanti sono i modi di vibrare significativi, ognuna con una distribuzione di

forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo considerato e

successivamente si determina la risposta globale combinando i singoli effetti

ottenuti da ciascuna analisi.

Sono risultati molto utili, per la modellazione e l’analisi dell’ospedale con il software di

calcolo agli elementi finiti SAP2000®, una serie di esempi raccolti nelle due appendici

perché hanno permesso di comprendere meglio gli aspetti legati alla modellazione delle

cerniere plastiche e al metodo di analisi statica non lineare.

Page 4: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE i

INDICE

INTRODUZIONE .................................................................................................................. 1

1 - RISCHIO SISMICO E APPROCCIO PRESTAZIONALE ......................................... 3

1.1 - RISCHIO SISMICO ........................................................................................................ 3

1.2 - VULNERABILITA’ SISMICA ....................................................................................... 4

1.2.1 - Metodi per la valutazione della vulnerabilità ............................................................ 4

1.3 - DOMANDA SISMICA ................................................................................................... 5

1.4 - LIVELLI DI PRESTAZIONE ......................................................................................... 7

1.4.1 - Livelli di prestazione secondo FEMA 356................................................................ 7

1.4.1.1 - Struttura .............................................................................................................. 8

1.4.1.2 - Componenti non strutturali ................................................................................ 9

1.4.1.3 - Combinazione delle prestazioni ....................................................................... 10

1.4.2 - Livelli di prestazione secondo DM 2008 ................................................................ 12

1.4.3 - Livello prestazionale per gli ospedali ..................................................................... 13

1.5 - BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 14

2 - STRUTTURA OSPEDALIERA .................................................................................... 15

2.1 - ANALISI DEL SISTEMA OSPEDALIERO ................................................................ 15

2.2 - RISPOSTA DEL SISTEMA OSPEDALIERO AD UN EVENTO SISMICO ............. 17

2.3 - ADEGUAMENTO ........................................................................................................ 19

2.3.1 - Strategia di adeguamento ........................................................................................ 19

2.3.2 - Processo di adeguamento ........................................................................................ 19

2.3.3 – Confronto tra strategie alternative di adeguamento................................................ 20

2.3.4 - Scelta tra strategie alternative di adeguamento ....................................................... 21

2.4 - VULNERABILITA’ DELLA STRUTTURA OSPEDALIERA ................................... 22

2.4.1 - Cause di vulnerabilità in ospedale ........................................................................... 22

2.4.2 - Valutazione della vulnerabilità strutturale .............................................................. 23

2.4.3 - Valutazione della vulnerabilità non strutturale ....................................................... 25

2.4.3.1 - Elementi non strutturali .................................................................................... 25

2.4.3.2 - Valutazione della vulnerabilità non strutturale ............................................... 27

2.4.3.3 - Rapida visuale delle referenze selezionate ....................................................... 29

2.4.3.4 - Riduzione della vulnerabilità non strutturale ................................................. 34

2.5 – BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 41

Page 5: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE ii

3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO ......................... 42

3.1 – INTRODUZIONE ......................................................................................................... 42

3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE ..................................................................... 43

3.2.1 - L’effetto PΔ ........................................................................................................... 44

3.2.2 - L’effetto P ........................................................................................................... 45

3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 ............................................... 46

3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements ................................................................... 46

3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000 ........................................................................................ 48

3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ ............................................................. 50

3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna ...................................................................... 50

3.2.6 - Opzioni del SAP 2000 ............................................................................................. 50

3.2.6.1 - Effetti P-δ .......................................................................................................... 50

3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine ........................................................................ 50

3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE ..................................................................... 52

3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata ..................................................................... 52

3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica ................................................................................. 53

3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo .......................................................... 54

3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 ........................... 58

3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente

asimmetrico secondo FEMA 356 .................................................................................... 58

3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 58

3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo

FEMA356 ........................................................................................................................ 63

3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 63

3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico

incrudente secondo FEMA 356 ....................................................................................... 68

3.3.3.3.1 - Dominio di interazione .................................................................................. 68

3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 70

3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI .............................. 77

3.5 – BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 80

4 - ANALISI NON LINEARE STATICA .......................................................................... 81

4.1 - INTRODUZIONE .......................................................................................................... 81

4.2 - SISTEMI SDOF ............................................................................................................. 82

4.3 - SISTEMI MDOF ........................................................................................................... 83

4.4 - CURVA DI CAPACITA’ .............................................................................................. 84

Page 6: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE iii

4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità ......................................... 86

4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA .. 87

4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 .................................................... 87

4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale

del moto .............................................................................................................................. 88

4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 ............... 88

4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

CONVENZIONALI ............................................................................................................... 90

4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme ....................................... 91

4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo

fondamentale di vibrare ...................................................................................................... 92

4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

MULTIMODALE .................................................................................................................. 93

4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) ............................................................................ 94

4.7.1.1 - Determinazione della domanda sismica totale ................................................ 96

4.7.1.2 - Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA ............................................................ 97

4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE ................................. 98

4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 .................................................................. 99

4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000 ................................................................................... 99

4.9.1.1 - Salvataggio di più steps .................................................................................... 99

4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati ...................................................... 99

4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi ................................................................... 101

4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico ................................ 101

4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step .......................................................... 104

4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione ..................................................... 104

4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” ..................................................... 104

4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000 ....................................... 104

4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura ........................................................................... 105

4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale ................................................................. 105

4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante ........................................................... 106

4.10 – BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................... 107

5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA .................................................................... 108

5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA .................................................................................. 108

5.1.1 - Collocamento geografico ...................................................................................... 108

5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica ........................................................................... 108

Page 7: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE iv

5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale ................................................................................. 109

5.1.3.1 – Solaio ............................................................................................................. 110

5.1.3.2 – Colonne .......................................................................................................... 111

5.1.3.3 – Controventi .................................................................................................... 111

5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore .................................................................................. 112

5.1.3.5 – Fondazioni ..................................................................................................... 113

5.1.4 – Materiali ................................................................................................................ 113

5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica ................................................................... 113

5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni................................................................... 114

5.1.4.3 - Acciai speciali................................................................................................. 114

5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato ........................................................................... 114

5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso ................................................... 115

5.1.4.6 – Calcestruzzo ................................................................................................... 115

5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale ............................................................................ 116

5.2 – AZIONI ....................................................................................................................... 116

5.2.1 - Carichi verticali ..................................................................................................... 116

5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali ............................................ 117

5.2.1.2 - Carico Antropico ............................................................................................ 118

5.2.2 – Azione sismica ...................................................................................................... 118

5.2.2.1 – Combinazione delle azioni ............................................................................. 120

5.3 - SCELTE PROGETTUALI .......................................................................................... 121

5.3.1 - Scelte progettuali globali ....................................................................................... 121

5.3.2 - Scelte progettuali locali ......................................................................................... 121

5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI........................................ 125

5.4.1 - Modellazione del solaio ........................................................................................ 125

5.4.2 - Modellazione delle travi ........................................................................................ 127

5.4.3 - Modellazione delle colonne .................................................................................. 130

5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi ................................................... 130

5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA ............................................................... 131

5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche ................................................................... 132

5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali ............................................................................... 132

5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) .................................. 133

5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) ................................... 137

5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali ......................................................................... 143

5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali ............................................................. 144

Page 8: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE v

5.6 – BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................... 147

6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE ..................................... 148

6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO ........................................................ 148

6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE ...................... 150

6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ................................................ 161

6.2.1.1 - Stima della domanda allo SLC ....................................................................... 161

6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 161

6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 166

6.2.1.2 - Stima della domanda allo SLV ....................................................................... 170

6.2.1.2.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 170

6.2.1.2.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 173

6.2.1.3 - Stima della domanda allo SLD ....................................................................... 176

6.2.1.3.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 176

6.2.1.3.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 179

6.2.1.4 - Stima della domanda allo SLO ....................................................................... 181

6.2.1.4.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 181

6.2.1.4.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 183

6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

modo di vibrare principale ................................................................................................ 185

6.2.2.1 - Stima della domanda allo SLC ....................................................................... 185

6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 185

6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 186

6.2.2.2 - Stima della domanda allo SLV ....................................................................... 187

6.2.2.2.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 187

6.2.2.2.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 188

6.2.2.3 - Stima della domanda allo SLD ....................................................................... 189

6.2.2.3.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 189

6.2.2.3.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 190

6.2.2.4 - Stima della domanda allo SLO ....................................................................... 191

6.2.2.4.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 191

6.2.2.4.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 192

6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

dei modi di vibrare principali (MPA) ............................................................................... 193

6.2.3.1 - Stima della domanda allo SLC ....................................................................... 193

6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 193

Page 9: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE vi

6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 194

6.2.3.2 - Stima della domanda allo SLV ....................................................................... 196

6.2.3.2.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 196

6.2.3.2.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 196

6.2.3.3 - Stima della domanda allo SLD ....................................................................... 197

6.2.3.3.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 197

6.2.3.3.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 198

6.2.3.4 - Stima della domanda allo SLO ....................................................................... 199

6.2.3.4.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 199

6.2.3.4.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 199

6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ ....................................................................... 201

6.2.4.1 - Stima della domanda allo SLC ....................................................................... 201

6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 201

6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 202

6.2.4.2 - Stima della domanda allo SLV ....................................................................... 202

6.2.4.2.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 202

6.2.4.2.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 204

6.2.4.3 - Stima della domanda allo SLD ....................................................................... 205

6.2.4.3.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 205

6.2.4.3.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 206

6.2.4.4 - Stima della domanda allo SLO ....................................................................... 207

6.2.4.4.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 207

6.2.4.4.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 208

6.2.5 - CASO 3 con effetti P-Δ ......................................................................................... 209

6.2.5.1 - Stima della domanda allo SLC ....................................................................... 209

6.2.5.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 209

6.2.5.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 210

6.2.5.2 - Stima della domanda allo SLV ....................................................................... 211

6.2.5.2.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 211

6.2.5.2.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 212

6.2.5.3 - Stima della domanda allo SLD ....................................................................... 213

6.2.5.3.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 213

6.2.5.3.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 214

6.2.5.4 - Stima della domanda allo SLO ....................................................................... 215

6.2.5.4.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 215

Page 10: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE vii

6.2.5.4.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 215

6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI .................................. 216

6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul

performance point ai relativi stati limite .......................................................................... 217

6.3.2 - Studio dell’evoluzione in campo non-lineare della struttura ................................ 221

6.3.3 - Curve di capacità per il CASO 1 e il CASO 2 con e senza effetti P-Δ ................. 224

6.3.4 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano ....... 226

6.3.5 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi

.......................................................................................................................................... 228

APPENDICE A - CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’ .................. 232

A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE .......................................................... 232

A.1.1 – Materiale .............................................................................................................. 232

A.1.2 – Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 233

A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 234

A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico ............................................... 236

A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 236

A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 238

A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico ............................................. 239

A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 239

A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 242

A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) ................. 244

A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3 ... 244

A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 245

A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 247

A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico ........................... 249

A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 249

A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 253

A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356 ........................................................ 254

A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 254

A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 259

A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE .......... 261

A.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 261

A.2.2 - Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 261

A.2.3 – Modello trave tesa ................................................................................................ 262

A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 .................. 262

Page 11: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE viii

A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5 .................. 265

A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5 ........ 268

A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli ............................................................................... 271

A.2.3.5 – Conclusioni .................................................................................................... 272

A.3 - MODELLO TRAVE ................................................................................................... 273

A.3.1 – Materiale .............................................................................................................. 273

A.3.2 – Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 273

A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 275

A.3.4 - Modello trave tesa ................................................................................................ 275

A.3.4.1 - Risultati dell’analisi ....................................................................................... 275

A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto ....................................................................... 276

A.3.4.3 - Curva di capacità ........................................................................................... 278

A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D ....................................................... 281

A.4.1 – Materiale .............................................................................................................. 281

A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi ............................................................. 282

A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 284

A.4.4 - Risultati dell’analisi .............................................................................................. 284

A.4.5 - Modelli a confronto .............................................................................................. 286

A.4.5.1 - Curva di capacità ........................................................................................... 290

A.5 - BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................ 293

APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR) .................................................................... 294

B.1 – INTRODUZIONE ...................................................................................................... 294

B.2 - MODELLO 1 .............................................................................................................. 295

B.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 296

B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 ................................................. 297

B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356 ........................................... 297

B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................ 297

B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso -flessionale secondo FEMA 356 .......................... 304

B.2.2.2.1 - Dominio di interazione ................................................................................ 304

B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................ 308

B.2.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 331

B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 333

B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 338

B.3 - MODELLO 2 .............................................................................................................. 343

Page 12: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE ix

B.3.1 – Materiale .............................................................................................................. 343

B.3.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 ................................................. 344

B.3.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 344

B.3.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 346

B.3.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 352

B.4 - MODELLO 3 .............................................................................................................. 358

B.4.1 – Materiale .............................................................................................................. 358

B.4.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 ................................................. 359

B.4.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 359

B.4.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 361

B.4.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 366

B.5 - MODELLO 4 .............................................................................................................. 371

B.5.1 – Materiale .............................................................................................................. 371

B.5.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 ................................................. 372

B.5.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 372

B.5.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 374

B.5.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 379

B.6 - BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................... 384

CONCLUSIONI ................................................................................................................. 385

BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 387

Page 13: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE x

INTRODUZIONE

Page 14: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xi

1 - RISCHIO SISMICO E LIVELLI DI PRESTAZIONE

1.1 - RISCHIO SISMICO

1.2 - VULNERABILITA’ SISMICA

1.2.1 - Metodi per la valutazione della vulnerabilità

1.3 - DOMANDA SISMICA

1.4 - LIVELLI DI PRESTAZIONE

1.4.1 - Livelli di prestazione secondo FEMA 356

1.4.1.1 - Struttura

1.4.1.2 - Componenti non strutturali

1.4.1.3 - Combinazione delle prestazioni

1.4.2 - Livelli di prestazione secondo DM 2008

1.4.1 - Livello prestazionale per gli ospedali

1.5 - BIBLIOGRAFIA

Page 15: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xii

2 – STRUTTURA OSPEDALIERA

2.1 - ANALISI DELLA COMPONENTE FISICA

2.2 - RISPOSTA DEL SISTEMA OSPEDALIERO AD UN EVENTO SISMICO

2.3 – ADEGUAMENTO

2.3.1 - Strategia di adeguamento

2.3.2 - Processo di adeguamento

2.3.3 – Confronto tra strategie alternative di adeguamento

2.3.4 - Scelta tra strategie alternative di adeguamento

2.4 - VULNERABILITA’ IN OSPEDALE

2.4.1 - Cause di vulnerabilità in ospedale

2.4.2 - Valutazione della vulnerabilità strutturale

2.4.3 - Valutazione della vulnerabilità non strutturale

2.4.3.1 - Elementi non strutturali

2.4.3.2 - Valutazione della vulnerabilità non strutturale

2.4.3.3 - Rapida visuale delle referenze selezionate

2.4.3.3 - Riduzione della vulnerabilità non strutturale

2.5 – BIBLIOGRAFIA

Page 16: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xiii

3 - ASPETTI DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO

3.1 – INTRODUZIONE

3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE

3.2.1 - L’effetto PΔ

3.2.2 - L’effetto P

3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000

3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements

3.2.4 - Effetto P-δ

3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ

3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna

3.2.6 - Opzioni del SAP 2000

3.2.6.1 - Effetti P-δ

3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine

3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE

3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata

3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica

3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo

3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000

3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356

3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera

3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA356

3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera

3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356

3.3.3.3.1 - Dominio di interazione

Page 17: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xiv

3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera

3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI

3.5 – BIBLIOGRAFIA

4 - ANALISI NON LINEARE STATICA

4.1 – INTRODUZIONE

4.2 - SISTEMI SDOF

4.3 - SISTEMI MDOF

4.4 – CURVA DI CAPACITA’

4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità

4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA

4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008

4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale del moto

4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008

4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

CONVENZIONALI

4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme

4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo

fondamentale di vibrare 4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

MULTIMODALE

4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)

4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale

4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA 4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE

Page 18: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xv

4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000

4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000

4.9.1.1 - Salvataggio di più steps

4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati

4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi

4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico

4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step

4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione

4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” 4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000

4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura

4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale

4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante 4.10 – BIBLIOGRAFIA

5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA 5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA

5.1.1 - Collocamento geografico

5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica

5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale

5.1.3.1 – Solaio

5.1.3.2 – Colonne

5.1.3.3 – Controventi

5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore

5.1.3.5 – Fondazioni

5.1.4 – Materiali

5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica

5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni

5.1.4.3 - Acciai speciali

5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato

5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso

5.1.4.6 – Calcestruzzo

5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale

5.2 – AZIONI

5.2.1 - Carichi verticali

5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali

5.2.1.2 - Carico Antropico

5.2.2 – Azione sismica

5.2.2.1 – Combinazione delle azioni

5.3 - SCELTE PROGETTUALI

Page 19: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xvi

5.3.1 - Scelte progettuali globali

5.3.2 - Scelte progettuali locali

5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

5.4.1 - Modellazione del solaio 5.4.2 - Modellazione delle travi

5.4.3 - Modellazione delle colonne

5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi 5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA

5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche

5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali

5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)

5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)

5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali

5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali

5.6 – BIBLIOGRAFIA

Page 20: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xvii

6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE

6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO

6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE

6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

6.2.1.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.1.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.1.2.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.1.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.1.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.1.3.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.1.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.1.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.1.4.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.1.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata modo di vibrare principale

6.2.2.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.2.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.2.2.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.2.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.2.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.2.3.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.2.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

Page 21: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xviii

6.2.2.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.2.4.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.2.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare principali (MPA)

6.2.3.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.3.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.3.2.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.3.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.3.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.3.3.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.3.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.3.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.3.4.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.3.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ

6.2.4.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.4.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.4.2.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.4.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.4.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.4.3.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.4.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.4.4 - Stima della domanda allo SLO

Page 22: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xix

6.2.4.4.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.4.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.5 - CASO 3 con effetti P-Δ

6.2.5.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.5.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.5.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.5.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.5.2.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.5.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.5.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.5.3.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.5.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.5.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.5.4.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.5.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI

6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul performance point ai relativi stati limite

6.3.2 - Studio dell’evoluzione in campo non-lineare della struttura

6.3.3 - Curve di capacità per il CASO 1 e il CASO 2 con e senza effetti P-Δ

6.3.4 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano

6.3.5 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi

Page 23: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xx

APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’

A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE

A.1.1 – Materiale

A.1.2 – Cerniera plastica assiale

A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico

A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico

A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)

A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3

A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera

A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo EC3

A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.8 - MODELLO 5: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356

A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE

A.2.1 – Materiale

A.2.2 - Cerniera plastica assiale

A.2.3 – Modello trave tesa

A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1

Page 24: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xxi

A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5

A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5

A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli

A.2.3.5 – Conclusioni

A.3 - MODELLO TRAVE

A.3.1 – Materiale

A.3.2 – Cerniera plastica assiale

A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

A.3.4 - Modello trave tesa

A.3.4.1 - Risultati dell’analisi

A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto

A.3.4.3 - Curva di capacità

A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D

A.4.1 – Materiale

A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi

A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

A.4.4 - Risultati dell’analisi

A.4.5 - Modelli a confronto

A.4.5.1 - Curva di capacità

Page 25: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xxii

APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR-1999)

B.1 – INTRODUZIONE

B.2 - MODELLO 1

B.2.1 – Materiale

B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356

B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356

B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera

B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356

B.2.2.2.1 - Dominio di interazione

B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera

B.2.3 - Analisi PUSHOVER

B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

B.3 - MODELLO 2

B.3.1 – Materiale

B.3.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356

B.3.3 - Analisi PUSHOVER

B.3.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

B.3.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

B.4 - MODELLO 3

B.4.1 – Materiale

B.4.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356

B.4.3 - Analisi PUSHOVER

Page 26: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xxiii

B.4.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

B.4.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

B.5 - MODELLO 4

B.5.1 – Materiale

B.5.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356

B.5.3 - Analisi PUSHOVER

B.4.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

B.4.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

CONCLUSIONI

Page 27: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 3

1 - RISCHIO SISMICO E APPROCCIO PRESTAZIONALE

1.1 - RISCHIO SISMICO [1]

RISCHIO SISMICO ( PTd[L] )

Misura probabilistica del grado di severità degli effetti (perdite L) che possono essere

prodotti dai terremoti, in un sito prefissato, durante un intervallo di tempo prefissato Td.

VULNERABILITÀ SISMICA (P[D|I,T] )

Misura probabilistica del grado di severità del danno (D) che un manufatto di prefissata

tipologia T subisce per effetto di un terremoto di prefissata intensità I.

PERICOLOSITÀ SISMICA ( PTd[I] ) Misura probabilistica del grado di severità dei terremoti (Intensità I) che possono presentarsi

in un sito prefissato, durante un intervallo di tempo prefissato Td.

ESPOSIZIONE ( P[E|T] ) Misura probabilistica della quantità di beni e attività (E) che si accompagnano ad una

prefissata tipologia (T).

Rischio=… Vulnerabilità ∙ Pericolosità ∙ Esposizione

𝐏𝐓𝐝[𝐋] = ∑ 𝐏[𝐋|𝐃, 𝐄, 𝐓 ]

𝐈,𝐓,𝐃,𝐄

∙ 𝐏[𝐃|𝐈, 𝐓] ∙ 𝐏𝐓𝐝[𝐈] ∙ 𝐏𝐓𝐝[𝐓] ∙ 𝐏[𝐄|𝐓]

La definizione del rischio sismico deriva dall’incrocio di tre competenze:

INGEGNERE GEOLOGO ECONOMISTA ( STRUTTURISTA ) ( SISMOLOGO ) ( PIANIFICATORE )

P[D|I,T] PTd[I] P[E|T]

VULNERABILITÀ PERICOLOSITÀ ESPOSIZIONE

[1]

Page 28: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 4

1.2 - VULNERABILITA’ SISMICA

1.2.1 – Metodi per la valutazione della vulnerabilità [2]

I metodi disponibili per la valutazione della vulnerabilità di un edificio possono essere

classificati per livelli di crescente complessità ed accuratezza:

1. I livello: procedure di natura statistica/esperienziale basate su schede sviluppate

appositamente per i complessi ospedalieri;

2. II livello: analisi numeriche di dettaglio, di differente complessità (lineari e/o non-

lineari, statiche e/o dinamiche), utilizzato nella pratica professionale;

3. III livello: metodi di natura probabilistica che rappresentano lo stato dell’arte in

materia dove tutte le variabili in gioco e le incertezze ad esse associate sono

considerate e quantificate.

VULNERABILITÀ SISMICA

Tipologia Costruttiva

Epoca di realizzazione e

qualità costruttiva

Storia e stato di

manutenzione del fabbricato

Muratura

c.a.

Acciaio

Page 29: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 5

1.3 - DOMANDA SISMICA

[3]

NO

NO

Sisma

Classificazione del

terreno

Classificazione

topografica

Tipo di

terreno

Valutazione del periodo

fondamentale

𝑇1<4sec?

Studi approfonditi

Il terreno appartiene alle

tipologie A, B, C, D, o E?

SI

SI

Tipo di

modello

L’azione sismica viene

modellata tramite uno

spettro di risposta?

NO

Spettro di risposta Accelerogramma

Valutazione delle non

linearità

Ritorna al livello

precedente

SI ( 1. )

Page 30: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 6

SOTTOPROCEDURA ( 1. )

[3]

Spettro

Valutazione dei parametri di definizione

dell’azione sismica

Valutazione del fattore di struttura q

Definizione dello spettro per lo Stato

Limite di Collasso SLC

Definizione dello spettro per lo Stato

Limite di Salvaguardia della Vita SLV

Definizione dello spettro per lo Stato

Limite di Danno SLD

Definizione dello spettro per lo Stato

Limite di Operatività SLO

Ritorna al livello

precedente

Spettri di risposta

per gli Stati Limite

Ultimi

Spettri di risposta

per gli Stati Limite

di Esercizio

Page 31: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 7

1.4 - LIVELLI DI PRESTAZIONE

1.4.1 - Livelli di prestazione secondo FEMA 356

[1]

Livelli di prestazione della FEMA 356

STRUTTURA

S-1 Occupabilità immediata

S-2 Controllo del danno

S-3 Salvaguardia della vita

S-4 Limitata sicurezza strutturale

S-5 Prevenzione del collasso

S-6 Nessuna prestazione considerata

COMPONENTI NON STRUTTURALI

N-A Operatività

N-B Occupabilità immediata

N-C Salvaguardia della vita

N-D Pericolo ridotto

N-E Nessuna prestazione considerata

Livelli di prestazione dell’edificio

(nel suo complesso )

Page 32: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 8

1.4.1.1 - Struttura [4]

S-1 Occupabilità Immediata: Lo stato di danneggiamento post-sisma garantisce la

sicurezza dell’occupazione dell’edificio. Il rischio per le persone dovuto ai danni

strutturali è molto basso e, sebbene possano essere necessari alcuni limitati interventi

di riparazione, questi non sono necessari perché l’edificio possa essere di nuovo

occupato.

S-2 Controllo del danno: campo di prestazioni compreso tra S-1 e S-3.

S-3 Salvaguardia della vita: Stato di danneggiamento post-sisma che include un

danneggiamento degli elementi strutturali tale da mantenere un margine rispetto

all’inizio di un collasso parziale o totale.

S-4 Limitata sicurezza strutturale: campo di prestazioni compreso tra S-3 e S-5.

S-5 Prevenzione del collasso: Stato di danneggiamento post-sisma che include un

danneggiamento agli elementi strutturali tale da garantire ancora la portanza nei

confronti dei carichi verticali ma da non garantire alcun margine nei confronti del

collasso.

S-6 Nessuna prestazione considerata: In questo livello di prestazione non si

richiede che l’edificio raggiunga alcuna prestazione strutturale specificata.

Figura 1.1 - Livelli di prestazione della struttura [1]

Page 33: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 9

1.4.1.2 - Componenti non strutturali [4]

N-A Operatività: Stato post-sisma in cui i componenti non strutturali presenti nella

struttura sono ancora in grado di sostenere le funzioni precedenti al sisma.

N-B Occupabilità Immediata: I danneggiamenti ai componenti non strutturali non

precludono l’accesso all’edificio ed i sistemi di sicurezza (tra i quali si includono le

porte, le scale, gli ascensori e le luci d’emergenza) generalmente rimangono

operativi. Le persone che occupano l’edificio possono rimanere al suo interno a patto

che la struttura sia sicura dal punto di vista strutturale. Sebbene possano non essere

disponibili l’energia, l’acqua, il gas e le linee di comunicazione richieste per il

normale uso dell’edificio, il rischio di ferimenti dovuti a danni di componenti

strutturali è molto basso.

N-C Salvaguardia della vita: Stato in cui i danni ai componenti non strutturali non

comportano gravi rischi per gli occupanti dell’edificio. In questa situazione si

possono verificare danni significativi e costosi ma senza il crollo o la caduta dei

componenti.

N-D Pericolo ridotto: Possibilità di danni a componenti non strutturali tali da farne

rischiare anche il crollo o la caduta. I componenti più pericolosi, tuttavia, sono

ancora sicuri nei confronti del crollo o della caduta in aree aperte al pubblico.

N-E Nessuna prestazione considerata: In questo livello di prestazione non si

richiede che l’edificio raggiunga alcuna prestazione strutturale specificata.

Figura 1.2 - Correlazione tra i livelli di prestazione strutturale e non strutturale [1]

Page 34: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 10

1.4.1.3 - Combinazione delle prestazioni

La prestazione attesa è definita dalla combinazione delle prestazioni strutturali e non-

strutturali.

Livelli e campi di prestazione strutturale

S-1

Occupabilità

immediata

S-2

Controllo

del danno

S-3

Salvaguardia

della vita

S-4

Limitata

sicurezza

strutturale

S-5

Prevenzione

del collasso

S-6

Nessuna

prestazione

considerata

Liv

elli

di

pre

staz

ion

e n

on

str

utt

ura

le N-A

Operatività

1-A

( O )

2-A NR

(Non

raccomandato)

NR NR NR

N-B

Occupabilità

immediata

1-B

( OI )

2-B 3-B NR NR NR

N-C

Salvaguardia

della vita

1-C 2-C 3-C

( SV )

4-C 5-C 6-C

N-D

Pericolo

ridotto

NR 2-D 3-D 4-D 5-D 6-D

N-E

Nessuna

prestazione

considerata

NR NR NR 4-E 5-E

( PC )

6-E

Nessuna

prestazione

Tabella 1.1 - Combinazione tra i livelli di prestazione strutturale e non strutturale [2]

Le combinazioni di interesse per la valutazione di sicurezza sismica degli ospedali sono:

Operatività ( O ): prevede un lieve danneggiamento delle strutture (S-1), tale da

consentire l’immediata agibilità dell’edificio, come anche degli elementi

architettonici in genere ed, inoltre, il funzionamento di tutte le principali reti

impiantistiche (acqua, luce, gas, comunicazioni, ascensori, ect.) (N-A);

Occupabilità immediata ( OI ): lo stato delle strutture è analogo alla condizione

precedente (S-1), mentre per quanto riguarda le componenti non-strutturali sono

garantite le condizioni di agibilità (tamponature, infissi, controsoffitti) ma NON la

funzionalità delle principali reti (N-B);

Salvaguardia della vita ( SV ): prevede un danno strutturale significativo (S-3), ma

per il quale è ancora ragionevolmente garantita la sicurezza per la vita degli

occupanti. L’edificio potrebbe aver necessità di riparazioni o opere provvisionali

prima di essere riutilizzato. Analogamente, danni significativi ed estesi sono previsti

per tutti gli elementi non-strutturali (N-C);

Prevenzione del collasso ( PC ): l’organismo strutturale è ai limiti del collasso,

parziale o totale, anche se complessivamente ancora in grado di sostenere la forza di

gravità (S-5); lo stato degli elementi non-strutturali non è preso in considerazione,

supponendo gli stessi irreparabilmente danneggiati o distrutti (N-E).

Page 35: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 11

Figura 1.3 - Livelli di prestazione strutturale e non strutturale per edifici nel loro complesso [1]

L’associazione tra gli stati limite definiti nelle nuove norme e i livelli di prestazione

identificati dalle norme statunitensi è immediata:

Fema 356 NTC 2008

O SLO

OI SLD

SV SLV

PC SLC Tabella 1.2 – Corrispondenza tra livelli di prestazione U.S.A. e stati limite italiani [2]

Page 36: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 12

1.4.2 - Livelli di prestazione secondo DM 2008 [5]

Gli stati limite di esercizio sono:

Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo

complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le

apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni

d’uso significativi;

Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo

complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le

apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a

rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza

e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi

immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle

apparecchiature.

Gli stati limite ultimi sono:

Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la

costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e

significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa

di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una

parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei

confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la

costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed

impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva

ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza

nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

La norma specifica che:

Qualora la protezione nei confronti degli stati limite di esercizio sia di prioritaria

importanza, l’intensità dell’azione può essere aumentata in funzione del grado di

protezione che si vuole raggiungere (NTC08, § 3.2). Questo è certamente il caso

degli ospedali.

Nel caso di edifici esistenti, il livello di intensità dell’azione sismica per la verifica

dello Stato Limite di Operatività può essere stabilito dal Progettista di concerto con il

Committente (NTC08, § 8.3.).

Page 37: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 13

1.4.3 - Livello prestazionale per gli ospedali

Gli ospedali si differenziano rispetto alla maggior parte delle costruzioni fondamentalmente

per i seguenti aspetti:

1. la funzione sociale;

2. il ruolo strategico in caso di calamità naturali (come un evento sismico);

3. l’elevato valore del contenuto (superiore rispetto al contenitore – edificio);

4. l’elevato tasso di occupazione, il ciclo ininterrotto d’attività, la complessità dei

sistemi e delle funzioni.

In particolare i presidi ospedalieri più importanti devono mantenere l’operatività delle

principali funzioni anche a seguito di un evento sismico intenso.

Livello

prestazionale

Operativo Agibile Stabile Collasso

Danni

strutturali

Danni non

strutturali

Danni

contenuto

Assenti

assenti

lievi

lievi

lievi

moderati

moderati

moderati / estesi

estesi

estesi

-

-

Sicurezza

Economici

Funzionali

Si

0-10%

Operativo con

minimi disagi

Si

10-30%

Operativo con

lievi disagi

( giorni )

Si

30-60%

Non operativo

necessarie

riparazioni ( mesi )

No

60-100%

Non operativo

Stato

Tabella 1.3 - Livelli di prestazione per gli ospedali [2]

Page 38: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 1 14

1.5 - BIBLIOGRAFIA

[1] Braga F. (2009), “Dispense del corso di costruzioni in zona sismica”, Dipartimento di

Ingegneria Strutturale e Geotecnica dell’Università di Roma “La Sapienza”, Roma.

[2] Lupoi G., Lupoi A., Pinto P.E., Ansovini P. (2008), “Documento di Supporto alle

Autorità Regionali per la redazione di Linee Guida”,11 Marzo 2008.

[3] Bontempi F. (2010), “Progetto e analisi di ospedali come costruzioni strategiche: visione

di sistema, norme tecniche, azione sismica, robustezza strutturale”, 7° Congresso Nazionale

per Operatori degli Uffici Tecnici, Rieti, 24-25-26 Giugno 2010.

[4] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of

buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),

November 2000.

[5] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

Page 39: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 15

2 – STRUTTURA OSPEDALIERA

2.1 - ANALISI DEL SISTEMA OSPEDALIERO [6]

La componente fisica include una grande varietà di elementi differenti in natura e scopi,

come strutture, installazioni, forniture e attrezzature.

SISTEMA STRUTTURALE

[6]

Le attrezzature e le funzioni mediche devono essere spazialmente distribuite: la Degenza è

quasi interamente adibita alla funzione di “hotel”, mentre tutti i servizi medici essenziali

sono concentrati nella Piastra.

GENERICA EROGAZIONE DI BASE

[6]

GAS MEDICO

[6]

Sistema strutturale

Piastra

Degenze

Torre scala

Distribuzione

Generica Erogazione

di Base

Produzione

Normale

Emergenza

Attrezzature

Gas Medico

( fornitura fissa )

Ossigeno

Bottiglie

Bombole

Nitrogeno

Bombole

Linea di

fornitura

N.B.: Per evitare il danno sono

importanti ancoraggi adeguati e

unioni flessibili

Page 40: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 16

ENERGIA ELETTRICA

[6]

SISTEMA DELL’ACQUA

[6]

SISTEMA ASCENSORE

[6]

Energia Elettrica

Collegamenti delle

linee di Trasmissione

MV = Medio voltaggio

LV = Basso voltaggio

UPS = Sistema di Energia Ininterrotto

EPG = Generatore di Energia di Emergenza

N.B.: Per evitare il danno sono importanti

ancoraggi adeguati e unioni flessibili

Generatore di

Energia

UPS

EPG

Energia Normale

dell’edificio

MV/LV

Trasformatori

Nodi delle linee di

Distribuzione

Rotaie Guida

Sistema Ascensore

Motore

Energia

Macchina

Contrappesi

Porte

N.B.: Il danno all’ascensore interessa le componenti

meccaniche e i loro supporti e ancoraggi sono i più

danneggiati durante un terremoto

Sistema dell’acqua

N.B.: Per evitare il danno sono

importanti ancoraggi adeguati e

unioni flessibili

Attrezzature

Energia

elettrica

Pompe

elettriche

Caldaie

Fornitura

dell’acqua

Acqua

della città

Serbatoio

Tubazioni

Page 41: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 17

2.2 - RISPOSTA DEL SISTEMA OSPEDALIERO AD UN EVENTO SISMICO

I diversi fattori che influenzano la risposta di un ospedale ad un evento sismico possono

essere suddivisi in due gruppi conformemente ai loro effetti:

1. quelli che producono un aumento della domanda di cura;

2. quelli che producono una diminuzione delle risorse disponibili e quindi della capacità

di cura.

La situazione è così schematizzata [6]:

Una rappresentazione qualitativa dell’evoluzione temporale della domanda e della capacità

di cura in conseguenza ad un terremoto è fornita in figura 2.1, dove:

Figura 2.1 - La risposta medica di emergenza ad un evento pericoloso (terremoto) [6]

Influenza sul

sistema ospedaliero

Diminuzione

della capacità

Aumento

della domanda

Aumento

della domanda Diminuzione

della capacità

Diminuzione

della capacità

Aumento

della domanda

Diminuzione

della capacità

Conseguenze sul

sistema ospedaliero

Limitazione o scarsità di

provviste

( componente materiale )

Aumento di pazienti

( componente organizzativa,

umana e materiale )

Aumento di pazienti

Diminuzione del personale medico

( componente organizzativa, umana e

materiale )

Inefficienza dei servizi medici

( componente materiale )

Necessità di evacuazione

( componente organizzativa )

insufficienze

della rete

perdite

perdite

insufficienza di

apparecchiatura

insufficienza

di strutture

Disastro

esterno

Disastro

interno

Sisma

Danno strutturale

e non strutturale

Linee vita

Strutture

Ospedale

Ambiente

Page 42: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 18

Per garantire una risposta sicura, efficace e competente:

NO

SI

l’organizzazione deve pre-definire le procedure in grado di ottimizzare le risorse

(umane e materiali) disponibili;

gli operatori devono essere addestrati a prestare servizi di cura nelle situazioni

emergenziali;

gli edifici devono garantire, oltre alla sicurezza fisica dei pazienti e degli operatori,

anche la funzionalità di tutti i principali servizi necessari per l’erogazione delle cure

(acqua, energia, etc.). [6]

START

C’è interazione tra

l’organizzazione,

gli operatori e gli

edifici?

risposta NON

sicura, efficace e

competente

risposta sicura,

efficace e

competente

END

Page 43: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 19

2.3 - ADEGUAMENTO

2.3.1 - Strategia di adeguamento

Approccio Tempo di

inagibilità

Tempo di

realizzazione

Costo Risultato

Demolizione e

costruzione

nuova struttura

Limitato se la

costruzione

è altrove, alto

se la

costruzione

coincide con la

precedente

Alto Alto Struttura pienamente rispondente alle

nuove normative sia strutturali

(sisma) che impiantistiche e

funzionali

Adeguamento

con un

singolo

intervento

Medio-alto Medio Medio Struttura migliorata, ma non

pienamente rispondente alle nuove

normative

Adeguamento

per passi

Molto limitato Alto Limitato Struttura migliorata, ma non

pienamente rispondente alle nuove

normative Tabella 2.1 - Strategia di adeguamento [2]

Le Norme Sismiche del 1996 (D.M. 16/01/1996) distinguevano tra due tipi di interventi:

1. adeguamento, definito come la messa a norma dell’edificio;

2. miglioramento, che realizza un incremento della capacità resistente dell’opera ma

non in misura tale da rendere la stessa in grado di soddisfare gli standard vigenti.

2.3.2 - Processo di adeguamento

la pianificazione ha un duplice scopo:

SI 1) minimizzare le interferenze tra attività;

2) coinvolgere tutti i soggetti.

START

Verifica di sicurezza dell’esistente

Il progetto dell’intervento di adeguamento

La pianificazione e gestione del processo

Pianificazione e gestione

corrette?

END

NO

Page 44: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 20

2.3.3 – Confronto tra strategie alternative di adeguamento

Criterio Indicatore Recupero Recupero

Incrementale

Riedificazione Costruzione

ex novo Tecnico Prestazione

SLO

Tr=?? Tr=?? Tr=475anni Tr=475anni

Sanitario Disagi Elevati Medi ?? Nulli

Posti letto

indisponibili

?? Limitati Tutti Nessuno

Economico Costi

complessivi

Elevati Modesti 300000/PL +

costi indiretti +

demolizione

300000/PL +

eventuali

proventi per la

cessione delle

aree

sociale Qualità

servizi/standard

sanitari

invariata Invariata Stato dell’arte Stato dell’arte

Tabella 2.2 - Confronto strategie di adeguamento [2]

Criterio Tecnico: Livello di prestazione

Indicatore: periodo medio di ritorno dell’azione sismica che soddisfa lo stato limite di

operatività, SLO

Criteri Sanitario: Interruzione del Servizio Sanitario

Indicatore: Aree non disponibili, misurate su base annua in percentuale rispetto ai mq totali.

Indicatore: Posti-letto persi, misurati su base annua in percentuale rispetto ai posti-letto

totali dell’ospedale.

Criterio Economico: Costi complessivi

Indicatore: costi complessivi dell’intervento, diretti + indiretti.

Per costi diretti si intende la somma necessaria per l’esecuzione del progetto di

adeguamento.

I costi indiretti sono quelli che derivano dalla mancata erogazione del servizi medici.

Criterio Sociale: Qualità del servizio

Indicatore: qualità dei servizi e standard sanitari

Page 45: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 21

2.3.4 - Scelta tra strategie alternative di adeguamento

Criterio

Tecnico

NO

Criterio

Economico/

SI Sanitario NO

Criterio

Economico/ SI

Sanitario

NO

Criterio

Sociale SI

NO

SI

START

Definizione degli obiettivi di sicurezza

Criteri di valutazione (INDICATORI)

Prestazione per lo SLO

della struttura post-

adeguamento > del

valore di riferimento?

Riedificazione / Costruzione ex novo

Recupero

Posso sostenere

elevati disagi ed

elevati costi?

Approccio

incrementale

Intervento

unico

Minor costo e

nessun disagio? Riedificazione

Costruzione

ex novo

Qualità dei

servizi e

standard sanitari

sufficienti?

END

Page 46: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 22

2.4 - VULNERABILITA’ DELLA STRUTTURA OSPEDALIERA

2.4.1 - Cause di vulnerabilità in ospedale

Gli ospedali sono altamente vulnerabili per le seguenti caratteristiche [7]:

Complessità: un ospedale è un servizio molto complesso il quale, deve provvedere

alle cure sanitarie, deve anche funzionare come un hotel, un ufficio, un laboratorio e

un magazzino.

Occupazione: gli ospedali hanno un alto livello di occupazione, con pazienti, staff

medico e di supporto, e visitatori presenti 24 ore al giorno.

Forniture critiche: la maggioranza delle forniture richieste dagli ospedali (medicine,

stecche, bendaggi, etc.) sono essenziali alla sopravvivenza dei pazienti e cruciali per

la cura delle vittime del disastro.

Attrezzature di base: nessun servizio dipende dai servizi pubblici o di soccorso alla

vita più di un ospedale, il quale non può funzionare senza energia, acqua, gas clinici,

ossigeno, combustibile e comunicazioni.

Materiali pericolosi: molti prodotti che si trovano in un ospedale sono pericolosi se

versati o persi.

Oggetti pesanti: durante un disastro le attrezzature potrebbero cadere causando serie

ferite o ostruendo i percorsi di evacuazione.

Page 47: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 23

2.4.2 - Valutazione della vulnerabilità strutturale

Una struttura serve da scheletro in modo analogo al ruolo delle ossa del corpo umano. La

procedura di analisi della valutazione qualitativa sulla vulnerabilità sismica comprende:

1. Identificazione delle caratteristiche strutturali;

2. Analisi delle loro interrelazioni in riguardo alla azione del terremoto;

3. Determinazione della fragilità.

[8]

START

Identificazione della tipologia strutturale

Scelta di una appropriata funzione di fragilità

Identificazione dei fattori di vulnerabilità

Controllo delle condizioni di stress delle componenti

critiche tramite calcoli matematici

Stima dell’influenza dei fattori di vulnerabilità sulla

prestazione sismica degli edifici

Interpretazione della fragilità strutturale basata sui

fattori di vulnerabilità identificati

Fare una relazione di sicurezza strutturale riguardante i

fattori dell’edificio

Identificazione delle opzioni di intervento strutturale

END

Page 48: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 24

1. Identificazione della tipologia strutturale

I parametri base della categorizzazione strutturale sono il sistema resistente alla forza

laterale, i materiali usati, l’altezza dell’edificio e il diaframma di piano.

2. Scelta di una appropriata funzione di fragilità

La funzione fragilità, la quale descrive il livello di danno su un particolare tipo di

costruzione sotto differenti livelli di intensità di terremoto, deve essere scelta in base

all’edificio ospedaliero in questione.

3. Identificazione dei fattori di vulnerabilità

La conoscenza di pericoli geologici del sito specifico, forme strutturali, sistema

resistente alla forza laterale, connessioni degli elementi, diaframmi e pericoli non

strutturali è richiesta per il giudizio e l’analisi.

4. Controllo delle condizioni di stress delle componenti critiche tramite calcoli

matematici

Queste verifiche sono generalmente ideate per il controllo delle condizioni di stress

degli elementi critici, condizioni che possono facilmente accadere a causa di speciali

configurazioni e costruzione dell’edificio.

5. Stima dell’influenza dei fattori di vulnerabilità sulla prestazione sismica degli

edifici

I possibili effetti dei fattori di vulnerabilità sul target strutturale dovrebbero essere

identificati sulla relativa scala (la scala è in termini di incremento di vulnerabilità e

definita come alto, medio, basso, non applicabile e sconosciuto).

6. Interpretazione della fragilità strutturale basata sui fattori di vulnerabilità

identificati

La funzione fragilità descritta precedentemente per una particolare tipologia

strutturale dovrebbe essere ulteriormente raffinata basandoci sulle informazioni

descritte al punto precedente. I miglioramenti saranno in termini di debole, medio e

buono.

7. Fare una relazione di sicurezza strutturale riguardante i fattori dell’edificio

Il danno atteso sull’edificio alle differenti intensità dovrebbe essere giudicato usando

la matrice del grado di danno. La matrice ottiene dichiarazioni sulla prestazione

sismica dell’edificio basata sulla tipologia e specifica rifinitura della vulnerabilità

strutturale come debole, medio e buono. Le valutazioni si riferiscono alla prestazione

degli edifici in termini del grado di danno atteso per i differenti livelli di intensità del

terremoto misurati nella scala di Intensità Mercalli Modificata (MMI)

8. Identificazione delle opzioni di intervento strutturale

Non è possibile progettare la ristrutturazione con i livelli di valutazione descritti

sopra. Comunque opzioni di intervento per la debolezza degli edifici possono essere

identificati basandoci sulla valutazione di prestazione, costruzioni con deficienze

gravi e con materiali da costruzione deboli e deteriorati potrebbero necessitare la

ricostruzione.

Page 49: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 25

2.4.3 - Valutazione della vulnerabilità non strutturale

2.4.3.1 - Elementi non strutturali

Gli elementi non-strutturali sono di primaria importanza per gli ospedali in quanto:

a) il fuori servizio degli arredi, degli impianti e delle apparecchiature pregiudica la

operatività delle funzioni ospedaliere dopo il sisma;

Figura 2.2 - Domanda dei servizi medici dopo il terremoto [8]

b) l’incolumità dei pazienti, del personale può essere messa a repentaglio per un

danneggiamento elevato;

c) rappresentano più dell’ottanta per cento del valore economico dell’intero ospedale;

Figura 2.3 - Tipici investimenti nella realizzazione di un edificio [3]

Tutti gli elementi che non hanno una

funzione strutturale

Elementi

architettonici

Impianti Contenuto

degli edifici

Sistemi di

collegamento

Page 50: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 26

d) le esperienze passate hanno dimostrato l’elevata vulnerabilità anche per eventi

sismici di media-bassa intensità.

Livelli di prestazione

I livelli di prestazione da considerare per gli elementi non strutturali sono due:

a) la operatività, O, che si ottiene per una prestazione di livello N-A da perseguire per

le componenti essenziali per la funzionalità;

b) l’occupabilità immediata, OI, che si ottiene per una prestazione di livello N-B da

perseguire per gli altri elementi.

Selezione degli elementi più importanti

Dato l’elevato numero di elementi non-strutturali presenti in un ospedale, è necessario

operare una selezione degli elementi più importanti in base a:

caratteristiche di vulnerabilità;

importanza per la funzionalità dei servizi ospedalieri in situazioni di emergenza;

valore economico del componente;

pericolosità associata al danneggiamento.

Parametri di risposta

Il danneggiamento dei componenti non-strutturali in caso di evento sismico è

principalmente funzione di tre quantità di risposta:

a) la deformazione delle strutture (drift) tra i vari livelli di un edificio;

b) l’accelerazione di piano;

c) lo spostamento differenziale tra parti strutturali separate da un giunto.

Verifica dei livelli di prestazione

Il livello di codifica per la valutazione delle componenti non-strutturali è ancora

insoddisfacente, le ragioni sono molteplici:

recente interesse per livelli di performance differenti dalla sicurezza per la vita;

la grande varietà di elementi e di tipologie costruttive rende difficile la definizione di

standard applicabili a tutte le situazioni.

Per queste ragioni si deve adottare una metodologia di verifica diversa da quella

convenzionalmente utilizzata per gli elementi strutturali.

La fase verifica deve essere, in questo caso, composta di due parti:

1) esame in loco delle reali condizioni degli elementi non-strutturali (caratteristiche

costruttive e di installazione) ed eventuale adeguamento in assenza degli

accorgimenti necessari a garantirne l’operatività / la funzionalità in caso di evento

sismico;

2) verifica “convenzionale” che la domanda, misurata attraverso le quantità di risposta

indicate in precedenza, non superi una soglia massima (capacità) oltre la quale non è

più possibile garantirne l’integrità e / o il corretto funzionamento.

La definizione delle soglie limite: in letteratura sono disponibili un certo numero di studi

che mettono appunto in relazione il danneggiamento dei componenti non-strutturali con lo

stato di deformazione della struttura.

Page 51: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 27

2.4.3.2 - Valutazione della vulnerabilità non strutturale

[8]

START

La valutazione

qualitativa strutturale

dell’ospedale è stata

già svolta

Esecuzione della valutazione

strutturale

Identificazione dei sistemi critici e

delle attrezzature mediche

Valutazione delle componenti

individuali

Valutazione della vulnerabilità dei

sistemi

Valutazione delle prestazioni non

strutturali

END

NO

SI (1.)

Page 52: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 28

( 1. )

[8]

Contributo delle componenti ospedaliere alla

funzionalità dell’ospedale dopo un terremoto

Componenti

strutturali

Componenti

Non-strutturali

Piano di

emergenza

Attrezzature della

linea della vita

Attrezzature

mediche

Elementi

architettonici

Sistema di uscita di emergenza

Sistema anti-incendio

Sistema elettrico

Sistema supplementare dell’acqua

Sistema supplementare del gas medico

Sistema di comunicazione

Sistemi critici

Page 53: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 29

2.4.3.3 - Rapida visuale delle referenze selezionate

Ciascuna referenza fornisce il grado di rischio di tipi differenti di componenti in relazione:

1. al sito del terremoto;

2. alla posizione nell’edificio;

3. ai differenti fattori di vulnerabilità.

Il rischio è classificato come Basso, Moderato, Alto e Molto Alto dove Basso significa che

l’attrezzatura è salva e Molto Alto che essa è altamente vulnerabile e necessita di un

miglioramento appropriato a raggiungere i livelli di sicurezza.

Lista delle referenze selezionate:

1. Trasformatori

2. Pannelli di controllo per generatori

3. Scatole e pannelli di distribuzione

4. Batterie e scaffali

5. Generatori

6. Apparecchiatura di controllo delle comunicazioni

7. Laboratorio medico e attrezzature di unità medica

8. Refrigeratori per la banca del sangue

9. Pompe

10. Compressori e aspiratori

11. Serbatoi su gambe

12. Serbatoi orizzontali

13. Serbatoi verticali ancorati

14. Attrezzatura antincendio

Page 54: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 30

Trasformatori

Figura 2.4a [8] Figura 2.4b [8]

Descrizione Terremoto

Moderato

Terremoto

Severo

Posizione

nell’edificio

Posizione

nell’edificio

Terzo alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Terzo alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Rischio base Basso Moderato Moderato Moderato Moderato Alto

1 Assenza di

ancoraggio

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

2 Ancoraggio

“povero”

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

3 Riguarda

martellamento /

impatto

Moderato Moderato Alto Moderato Alto Alto

4 Percorso di

carico scadente

Moderato Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

5 Riguarda

l’interazione

Moderato Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

6 Bobine non

trattenute

saldamente

Alto Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

7 Altro ……

Tabella 2.3 – Grado di rischio [8]

Page 55: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 31

Generatori

Figura 2.5a [8] Figura 2.5b [8]

Descrizione Terremoto

Moderato

Terremoto

Severo

Posizione

nell’edificio

Posizione

nell’edificio

Terzo alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Terzo

alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Rischio base Basso Basso Moderato Basso Moderato Moderato

1 Assenza di

ancoraggio

Alto Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

2 Ancoraggio

“povero”

Moderato Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

3 Riguarda la

vibrazione

dell’isolatore

Moderato Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

4 Riguarda

l’unione rigida

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

5 Spostamento diff.

Elemento motore /

Generatore

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

6 Riguarda

l’interazione

Moderato Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

7 Altro ……

Tabella 2.4 - Grado di rischio [8]

Page 56: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 32

Serbatoi in piedi

Figura 2.6a [8] Figura 2.6b [8]

Descrizione Terremoto

Moderato

Terremoto

Severo

Posizione

nell’edificio

Posizione

nell’edificio

Terzo alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Terzo alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Rischio base Moderato Moderato Alto Moderato Alto Alto

1 Il serbatoio non è

ancorato o l’ancoraggio è

scarso

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

2 Se ancorato ad una slitta e

questa non è ancorata

Moderato Alto Alto Alto Alto Molto

Alto

3 Tubazione attaccata è

troppo rigida per resistere

allo spostamento atteso

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

4 Le gambe sembrano

essere piccole per il peso

del serbatoio, o la slitta ha

aperture non rinforzate

Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

5 Altro ……

Tabella 2.5 - Grado di rischio [8]

Page 57: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 33

Attrezzatura antincendio

Figura 2.7 [8]

Descrizione Terremoto

Moderato

Terremoto

Severo

Posizione

nell’edificio

Posizione

nell’edificio

Terzo

alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Terzo

alla

Base

Terzo

medio

Terzo

superiore

Rischio base Basso Basso Basso Basso Basso Basso

1 Non c’è regolare ispezione

dei dispositivi per assicurare

la propria funzione

Molto

Alto

Molto

Alto

Molto

Alto

Molto

Alto

Molto

Alto

Molto

Alto

2 Unità non accessibili Alto Alto Molto

Alto

Alto Molto

Alto

Molto

Alto

3 Altro ……

Tabella 2.6 - Grado di rischio [8]

Page 58: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 34

2.4.3.4 - Riduzione della vulnerabilità non strutturale

Rimozione [7]: in molti casi è probabilmente il migliore intervento.

Figura 2.8a [8] Figura 2.8b [8]

Figura 2.8a : Questi pacchi di documenti riposti sopra le librerie e gli armadi sono un

pericolo per la salvaguardia della vita.

Figura 2.8b : I pericoli per la salvaguardia della vita possono essere ridotti mediante la

rimozione delle cose meno importanti dal posto di lavoro.

Ricollocazione [7]: in molti casi riduce il pericolo.

Figura 2.9a [8] Figura 2.9b [8]

Figura 2.9a : Il frigorifero posto vicino una porta di uscita è un pericolo per la salvaguardia

della vita.

Figura 2.9b : Questi armadi possono ostruire il corridoio e proporre un pericolo per la

salvaguardia della vita.

Mobilità ristretta per certi oggetti [7]: è una buona misura. Qualche volta i

generatori sono montati su molle per ridurre il rumore e le vibrazioni quando essi

sono in funzione, ma queste molle potrebbero amplificare notevolmente il moto.

Quindi supporti di ritenuta o catene dovrebbero essere posizionati intorno alle molle

per impedire lo spostamento o la caduta fuori dal supporto del generatore stesso.

Page 59: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 35

Figura 2.10a [8] Figura 2.10b [8]

Figura 2.10a : Un generatore su rotelle può scivolare e capovolgersi durante un terremoto

causando una perdita funzionale.

Figura 2.10b : Generatori e altre attrezzature vibranti possono essere fissate da speciali

supporti, i quali permettono alcuni movimenti ma prevengono loro dal capovolgimento.

Ancoraggio [7]: è la precauzione più largamente usata.

Figura 2.11a [8] Figura 2.11b [8]

Figura 2.11a : Macchina autoclave senza ancoraggio.

Figura 2.11b : Questa macchina può essere fissata al pavimento tramite il getto di una base

di cemento.

Figura 2.12a [8] Figura 2.12b [8]

Page 60: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 36

Figura 2.12a : Serbatoio per i trattamenti dell’acqua, il quale ha una predisposizione per il

bullonaggio alla base, ma non è bullonato.

Figura 2.12b : Il bullonaggio alla base può prevenire il ribaltamento degli oggetti pesanti

durante un terremoto.

Figura 2.13a [8] Figura 2.13b [8]

Figura 2.13a : Oggetti alti e stretti come frigoriferi possono facilmente capovolgersi durante

i terremoti.

Figura 2.13b : Tali oggetti possono essere protetti dal capovolgimento tramite bullonaggio

alla parete.

Agganciamento [7]: in molti ospedali, molta dell’attrezzatura come i monitor, le

unità di aspirazione, i ventilatori, gli incubatori, l’attrezzatura di rianimazione, etc. è

tenuta su rotelle o su carrelli con rotelle, e i sistemi a rotella sono necessari per una

migliore mobilità. Questa attrezzatura su rotelle però può scivolare o impattare con

persone, pareti, letti o altre cose causando danno. Lo sviluppo di un proprio sistema

di agganciamento usando catene e ganci può proteggere questa attrezzatura e può

diminuire il pericolo di impatto durante l’uso e il deposito.

Figura 2.14a [8] Figura 2.14b [8]

Figura 2.14a : ECG schermi su rotelle con rischio potenziale di scivolamento e

capovolgimento.

Figura 2.14b : Provvista di catene sulla parete per agganciare tali macchine.

Page 61: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 37

Figura 2.15a [8] Figura 2.15b [8]

Figura 2.15a : Raggi X mobile su rotelle.

Figura 2.15b : Agganciamento dei raggi X mobile alla parete.

Figura 2.16a [8] Figura 2.16b [8]

Figura 2.16a : Attrezzatura di rianimazione su carrelli con rotelle.

Figura 2.16b : Agganciamento del carrello e chiusura per mezzo di cinghie.

Figura 2.17a [8] Figura 2.17b [8]

Figura 2.17a : Bombole di ossigeno non agganciate potrebbero cadere sopra.

Figura 2.17b : Agganciando il cilindro con una catena lo posso salvare dalla caduta.

Page 62: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 38

Chiusura per mezzo di cinghie [7]: in molti ospedali, le forniture e i contenuti dei

laboratori, le scorte mediche e quelle generiche sono tenute in condizioni non sicure

su scaffali e negli armadi e potrebbero cadere giù rompendosi durante un terremoto.

Non è difficile mitigare questo rischio:

Figura 2.18a [8] Figura 2.18b [8]

Figura 2.18a : Bottiglie chimiche e medicinali sui scaffali costituiscono un rischio di caduta.

Figura 2.18b : Chiusura dei scaffali per mezzo di cinghie di nylon dopo l’ancoraggio

dell’armadio alla parete è un modo facile di rendere quelle bottiglie sicure.

Unioni flessibili [7]: sono usati perché ciascun oggetto separato si muove

indipendentemente dall’altro in risposta ad un terremoto.

Figura 2.19a [8] Figura 2.19b [8]

Figura 2.19a : Tubi rigidi connessi con un serbatoio di acqua pesante possono rompersi

durante un terremoto.

Figura 2.19b : Tubazione flessibile su attrezzatura pesante protegge essa dalla rottura

durante un terremoto.

Page 63: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 39

I supporti [7]: sono adatti in molti casi, per esempio nel caso dei soffitti appesi.

Figura 2.20a [8] Figura 2.20b [8]

Figura 2.20a : Questo tipo di ventola necessita di un supporto extra.

Figura 2.20b : Supporto extra alla ventola.

Sostituzione [7]: di qualcosa che non rappresenta un pericolo simico è appropriato in

alcune situazioni, per esempio nel caso di un pesante tetto tegolato.

Alterazione [7]: è una soluzione possibile per un oggetto che rappresenta un pericolo

sismico. Per es. rotoli di plastica adesiva trasparente possono essere usati per coprire

le superfici interne del vetro delle finestre in modo da prevenire che questi si

frantumino diventando una minaccia interna.

Figura 2.21a [8] Figura 2.21b [8]

Figura 2.21a : Questa finestra di vetro può causare un pericolo per la salvaguardia della vita.

Figura 2.21b : La semplice laminazione della plastica può proteggere le vite.

Isolamento [7]: è utile per piccoli e slegati oggetti.

Rinforzo [7]: è fattibile in molti casi. Per esempio, una parete o un camino possono

essere rinforzati, senza una grande spesa, coprendo la superficie con una rete

metallica e cemento.

Page 64: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 40

Ridondanza [7]: è consigliabile. Piani di risposta di emergenza, che richiedono

provviste aggiuntive per raggiungere un certo livello di indipendenza dagli

approvvigionamenti esterni i quali potrebbero essere interrotti in caso di terremoto.

Rapida risposta e riparazione [7]: certe volte non è possibile fare qualcosa per

prevenire la rottura di una tubazione in un dato posto, quindi le parti di ricambio sono

accumulate e i dispositivi sono costruiti per entrare velocemente nell’area in caso che

un tubo si rompa durante un terremoto.

Incremento della sicurezza delle sale operatorie [7]: la maggior parte

dell’attrezzatura nelle sale operatorie è mantenuta su rotelle o su carrelli su rotelle

senza nessun fissaggio e può quindi essere altamente vulnerabile.

Figura 2.22a [8] Figura 2.22b [8]

Figura 2.22a : La maggior parte dell’attrezzatura nelle sale operatorie è su carrelli con

rotelle. Il rischio di caduta è alto.

Figura 2.22b : Legando tutta l’attrezzatura ad una trave di acciaio può migliorare la

situazione.

Page 65: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 2 41

2.5 - BIBLIOGRAFIA

[2] Lupoi G., Lupoi A., Pinto P.E., Ansovini P. (2008), “Documento di Supporto alle

Autorità Regionali per la redazione di Linee Guida”,11 Marzo 2008.

[3] Bontempi F. (2010), “Progetto e analisi di ospedali come costruzioni strategiche: visione

di sistema, norme tecniche, azione sismica, robustezza strutturale”, 7° Congresso Nazionale

per Operatori degli Uffici Tecnici, Rieti, 24-25-26 Giugno 2010.

[6] Lupoi G., Franchin P., Lupoi A., Pinto P.E., Calvi G.M. (2008), “Probabilistic Seismic

Assessment for Hospitals and Complex-Social Systems”, IUSS Press, Pavia, Gennaio 2008.

[7] Pan American Health Organization (2000), “Principles of Disaster Mitigation in Health

Facilities”, Washington D.C. (USA), 2000.

[8] Guragain R., Pandey B.H., Shrestha S.N. (2004), “Guidelines for Seismic Vulnerability

Assessment of Hospitals”, National Society for Earthquake Technology-Nepal, Kathmandu,

April 2004.

Page 66: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 42

3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE

DEI TELAI IN ACCIAIO

3.1 - INTRODUZIONE

La progettazione di edifici è generalmente svolta utilizzando codici di calcolo ad hoc per

l’analisi strutturale, nei quali sono state implementate le teorie strutturali (travi, lastre e

gusci). Tali teorie nascono dall’esigenza di ottenere, per mezzi continui dotati di particolare

struttura, soluzioni più agevoli rispetto a quelle offerte dalla meccanica del continuo,

utilizzando ipotesi semplificative senza compromettere la correttezza della formulazione.

In particolare gli elementi generalmente utilizzati per modellare edifici con struttura a telaio

(costituiti da travi e colonne o da elementi riconducibili a questi) soddisfano le ipotesi della

teoria delle travi: generati da una superficie piana (sezione trasversale) che trasla

mantenendosi ortogonale alla traiettoria descritta dal suo baricentro (asse geometrico), in

modo tale che sviluppo e raggi di curvatura dell’asse geometrico risultino grandi rispetto a

qualunque dimensione lineare della sezione trasversale (elementi snelli), essi si deformano

mantenendo piane le sezioni rette e possono quindi essere rappresentati dal solo asse

geometrico. I codici di calcolo descrivono quindi le strutture a telaio tramite elementi mono-

dimensionali.

E’ importante comunque ricordare che per quegli elementi strutturali per i quali non vale

l’ipotesi di snellezza (le dimensioni della sezione sono comparabili con quelle della

lunghezza) e quindi di indeformabilità della sezione, è necessario fare ricorso ad altri

modelli: ad esempio per pareti e trave spesse si possono utilizzare elementi bidimensionali

che si rifanno alla teoria delle lastre, per blocchi di muratura si possono utilizzare elementi

tridimensionali propri della meccanica del continuo.

Sebbene la teoria elastica lineare sia una formulazione efficiente del problema strutturale, le

stesse ipotesi su cui essa si basa la rendono del tutto inadatta a cogliere il reale

comportamento di una struttura, all’insorgere di una qualunque non linearità.

La caratteristica fondamentale dell’analisi non lineare risiede nell’impossibilità di garantire,

da parte della teoria stessa, l’esistenza di una soluzione e quand’anche essa vi sia, la sua

unicità. Risulta inoltre non più applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti,

basato sull’indipendenza della risposta del sistema dalla storia di carico, inoltre in generale

il sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita una energia potenziale

totale.

Vi sono casi in cui gli aspetti non lineari sono particolarmente rilevanti e quindi è

consigliabile, e talvolta necessario, far ricorso all’analisi non lineare, ad esempio:

valutazione della capacità portante di strutture esistenti danneggiate;

autotensioni dovute a variazioni termiche;

analisi di strutture snelle;

analisi sismica;

casi in cui si hanno forti ridistribuzioni di momento in fase fessurata;

strutture molto deformabili in esercizio.

In generale si possono individuare due fonti di non linearità:

1) non linearità geometrica: il materiale continua ad avere un comportamento elastico

lineare, ma sono inclusi gli effetti di deformazioni e spostamenti finiti nella

Page 67: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 43

formulazione delle equazioni di equilibrio, che saranno formulate nella configurazione

deformata della struttura;

2) non linearità di materiale: è dovuta al fatto che il materiale, di cui è composta la

struttura, risponde in modo differente al crescere dei carichi, ovvero lo stesso materiale

cambia caratteristiche alla progressiva deformazione che esso subisce. In particolare la

legge del legame costitutivo di materiale può essere olonoma, ossia identica in fase di

carico e scarico, o anolonoma, ossia avente andamenti diversi nei vari cicli di carico e di

scarico e quindi dipendente dall’effettiva storia deformativa;

In tali casi la soluzione del problema può anche non esistere, od esistere ma non essere

unica. Come detto, non vale più il principio di sovrapposizione degli effetti ed in generale il

sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita un’energia potenziale

totale.

Figura 3.1 - Mancata validità del principio di sovrapposizione degli effetti in campo non lineare [9]

3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE Nella modellazione di strutture che subiscono elevati spostamenti e deformazioni, è

necessario tenere in conto la non linearità geometrica della risposta strutturale che causa una

variazione degli spostamenti non proporzionale ai carichi. Infatti, quando un corpo elastico

si deforma in modo significativo non è più valida l’ipotesi della teoria dell’elasticità lineare

secondo la quale è possibile, in un processo deformativo, confondere configurazione iniziale

e finale. Poter confondere la configurazione iniziale con quella finale implica, in termini di

modellazione, di poter utilizzare un sistema di riferimento che rimane invariato durante

l’analisi e, in termini di soluzione, una linearità tra causa ed effetti.

In questo paragrafo viene indagata la non linearità geometrica nei confronti prima degli

effetti sul singolo elemento (Effetto P-), poi sull’intera struttura (Effetto P-).

Le travi e le colonne di un telaio sono elementi strutturali soggetti all’azione combinata

della sollecitazioni assiale e flettente, che interagiscono tra di loro per effetto degli

spostamenti che si verificano nella struttura.

Il momento flettente in un elemento trave-colonna di una struttura è composto da due

contributi:

1. momento flettente del I° ordine che è generato dai carichi trasversali agenti

sull’elemento e dalle coppie distribuite lungo la trave o concentrate agli estremi

Page 68: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 44

2. momento flettente del II° ordine causato dall’interazione fra la forza assiale agente

nell’elemento e la configurazione trasversale deformata dell’elemento stesso, a sua

volta il momento flettente del II° ordine può essere di due diverse tipologie :

a. momento dovuto all’effetto P-, causato dall’interazione dell’azione assiale

agente nell’elemento e lo spostamento dell’elemento relativo alla sua corda;

b. momento dovuto all’effetto P-, causato dall’interazione dell’azione assiale

con lo spostamento relativo fra i due estremi dell’elemento.

I momenti del II° ordine sono dannosi perché diminuiscono la resistenza ultima degli

elementi snelli compressi e quindi vanno considerati nella modellazione strutturale degli

elementi compressi.

3.2.1 - L’effetto PΔ

Per comprendere in che modo la presenza di grandi spostamenti/rotazioni nella risposta

della struttura elastica renda non soddisfatte le ipotesi della teoria della elasticità lineare, si

consideri una mensola caricata con una forza inizialmente in direzione ortogonale all’asse.

Figura 3.2 - Mensola soggetta a carico ortogonale e non linearità della risposta per effetto dei grandi

spostamenti/rotazioni indotti [10]

Supporre che, per tutta la storia deformativa dell’elemento, configurazione iniziale e finale

coincidano, corrisponde a considerare il sistema di riferimento della mensola fisso e, quindi,

il carico sempre ortogonale all’asse della trave: il taglio crescerà linearmente con lo

spostamento verticale dell’estremo libero.

Se invece, come è anche intuibile fisicamente, si considera che, man mano che il carico

cresce, l’elemento cambia configurazione rispetto a quella iniziale, assunto solidale con il

corpo un sistema di riferimento locale, quest’ultimo risulterà ruotato rispetto alla direzione

del carico agente in modo tale che:

a) la componente del carico ortogonale all’asse non crescerà più linearmente con lo

spostamento;

b) anche il momento di conseguenza crescerà non linearmente in quanto una quota del

carico diventerà azione assiale.

Page 69: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 45

Nell’analisi di un telaio piano in condizioni di non linearità geometrica, si utilizza uno

schema di calcolo in cui si considerano gli effetti dovuti agli spostamenti dei punti di

applicazione dei carichi. Il fenomeno per cui le forze verticali P interagiscono con gli

spostamenti laterali prodotti dal sistema di forze H è denominato effetto P- e nell’analisi

non lineare dei telai è fondamentale in quanto considera il fatto che ciascun elemento è parte

integrante e interagente con il sistema strutturale. Ciò può essere spiegato facendo

riferimento al caso del telaio di fig. 3.3 in cui i carichi verticali sono applicati direttamente

sui nodi trave-pilastro e sul quale sono presenti anche carichi orizzontali. Questi ultimi

provocano, sulle aste verticali, spostamenti tali da far sì che i carichi verticali generino un

momento ai piedi delle stesse. L’effetto della non linearità viene computato considerando

tale momento aggiunto a quello dovuto ai carichi orizzontali. Questa nuova configurazione

di carico genererà un nuovo campo di spostamenti orizzontali che varierà l’entità dei

momenti del secondo ordine dovuti ai carichi verticali.

Figura 3.3 - Configurazione deformata relativa all’effetto P-Δ [11]

Quando le forze laterali H agiscono sul telaio, questo si sposta lateralmente fino a che una

configurazione di equilibrio non è raggiunta. Il corrispondente spostamento laterale I può

essere calcolato sulla base della configurazione originale del telaio. Se ai carichi orizzontali

Hi si aggiungono i carichi verticali Pi, l’interazione con gli spostamenti laterali I provoca

un ulteriore spostamento II che sommandosi al precedente definisce lo spostamento totale

=I +II.

Attraverso un continuo aggiornamento dei momenti fittizi e degli spostamenti generati, si

può trovare, qualora esista, la configurazione di equilibrio stabile, cioè quella in cui il

campo di spostamenti raggiunge la convergenza.

3.2.2 - L’effetto P

Per comprendere in che modo la presenza di effetti del secondo ordine nella risposta di una

struttura elastica renda non soddisfatte le ipotesi della teoria dell’elasticità lineare, si

consideri un elemento verticale soggetto ad un carico verticale V e ad un carico orizzontale

H tale da imporre uno spostamento δ.

H H

P P I I + II

Page 70: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 46

Figura 3.4 - Effetti del secondo ordine [10]

Supporre che configurazione indeformata e deformata coincidano, corrisponde a considerare

il sistema di riferimento dell’elemento fisso e, quindi, il carico verticale sempre parallelo

all’asse della colonna: la struttura sarà soggetta ad una azione assiale pari a V e ad un

momento flettente alla base pari ad Hxh.

Se invece si considera che, a causa dello spostamento δ, l’elemento ha cambiato

configurazione rispetto a quella iniziale inflettendosi, assunto solidale con il corpo un

sistema di riferimento locale, quest’ultimo carico risulterà ruotato rispetto alla direzione dei

carichi agenti in modo che il carico V contribuirà anche al taglio ed incrementerà il

momento flettente di Vxδ.

3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 [12]

3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements

Nelle analisi ai piccoli spostamenti ci sono due ipotesi principali, come segue.

(1) Il rapporto geometrico tra spostamenti nodali e deformazioni di elemento è una

relazione lineare.

(2) Le equazioni di equilibrio si possono scrivere nella posizione indeformata della

struttura.

In realtà nessuna di queste ipotesi è corretta.

Matematicamente, la prima ipotesi è corretta solo quando gli spostamenti tendono a zero.

Come gli spostamenti dei nodi (o, più correttamente, le rotazioni degli elementi) aumentano,

il rapporto tra spostamenti nodali e deformazioni di elemento diventa progressivamente

sempre più non-lineare. La seconda ipotesi non è corretta per la semplice ragione che

l’equilibrio deve essere soddisfatto nella posizione deformata. Come le rotazioni

dell’elemento diventano progressivamente più grandi, questa ipotesi diventa sempre meno

corretta.

La vera analisi ai grandi spostamenti prende in considerazione entrambi i tipi di non

linearità. L’analisi P-Δ mantiene l’ipotesi (1), ma considera l’equilibrio nella posizione

deformata (in realtà non lo fa esattamente, ma questo non è un punto critico). La figura 3.5

illustra la differenza per una semplice barra.

Page 71: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 47

Figure 3.5 - Non linearità geometrica [12]

Supponiamo per questo esempio che l’estensione assiale della barra sia trascurabile (si

presuppone che EA è molto grande). Le tre parti della figura sono i seguenti.

(A) Teoria dei piccoli spostamenti. Questa teoria dice che:

(i) la parte superiore della barra si muove orizzontalmente (questa è geometria

dei piccoli spostamenti, che prevede anche che l’estensione della barra è

zero);

(ii) l’equilibrio può essere considerato in posizione indeformata. Quindi, la

forza H è zero per tutti i valori di Δ (prendiamo i momenti intorno alla

base del barra).

(B) Teoria P-Δ. Questa teoria dice che:

(i) la barra si muove orizzontalmente e l’estensione della barra è pari a zero

(geometria dei piccoli spostamenti);

(ii) l’equilibrio è considerato in posizione deformata. Quindi H = PΔ/h.

(C) Teoria dei grandi spostamenti. Questa teoria dice che:

(i) la parte superiore della barra si muove in un arco, quindi si muove

verticalmente e orizzontalmente, in modo che l’estensione della barra sia

infatti pari a zero;

(ii) l’equilibrio è considerato in posizione deformata. Quindi H = PΔ/hcosθ.

La differenza tra il valore di H ottenuto dalla teoria P-Δ e quello ottenuto dalla teoria dei

grandi spostamenti è piccola fino a rotazioni piuttosto grandi. Ad esempio per Δ/h = 0,05

(un drift di grandi dimensioni per la maggior parte delle strutture), la teoria P-Δ dà H =

0.05V e la teoria dei grandi spostamenti dà H = 0.05006V, che è una differenza trascurabile.

Inoltre, per Δ/h = 0,05 lo spostamento verticale nel caso (C) è 0.00125h. La teoria P-Δ

predice zero, che non è un errore significativo nella maggior parte dei casi. Quindi, per la

maggior parte delle strutture è sufficientemente accurato utilizzare la teoria P-Δ.

Page 72: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 48

Si consideri, tuttavia, la semplice struttura “barra” in Figura 3.6.

Figure 3.6 - Caso dove la Teoria P-Δ non è accurata [12]

Per questa struttura, la teoria dei piccoli spostamenti dice che la struttura dispone di

rigidezza pari a zero, poiché la teoria non prevede estensione delle barre con l’aumentare

della flessione, e quindi nessuna forza assiale. Quindi, forza V è zero per tutte le deviazioni.

Se la forza iniziale nelle barre è pari a zero, la teoria P-Δ dice anche che la forza V deve

essere zero, in quanto la teoria predice ancora nessuna estensione delle barre.

La teoria dei grandi spostamenti, tuttavia, prevede che le barre si estendano, e che ci sia una

forza V progressivamente crescente con l’aumentare della deflessione. Se la forza iniziale

nelle barre è P in tensione, la teoria P-Δ dice che questa forza rimane costante, e che esiste

una relazione lineare V = 2PΔ/L tra la forza verticale e lo spostamento verticale (applicare

l’equilibrio come nell’esempio precedente) . La rigidezza 2P/L è la rigidezza "geometrica" o

"stress iniziale" delle due barre. La teoria dei grandi spostamenti predice correttamente una

rigidezza in progressivo aumento, con una rigidezza iniziale pari a 2P/L.

Nella maggior parte delle strutture costruite sottoposte a carichi del tipo terremoto, il

comportamento è più strettamente analogo alla figura 3.5 rispetto alla figura 3.6. La teoria

P-Δ funziona bene in questo caso, e ha il vantaggio che è più semplice da applicare rispetto

alla teoria dei grandi spostamenti, e richiede meno calcoli. Il tipo di comportamento in

figura 3.6 (azione catenaria) si può verificare nei membri di piano nell’analisi di crollo

progressivo.

3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000

La figura 3.7 (a) mostra una colonna a sbalzo con carichi verticali e orizzontali.

Figure 3.7 - Gli effetti P-Δ and P-δ [12]

Page 73: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 49

Se la colonna rimane elastica, si deforma come mostrato. Quindi, considerando l’equilibrio

nella posizione deformata, il diagramma momento flettente è come mostrato nella figura 3.7

(b) (non proprio, se consideriamo i veri grandi spostamenti, ma ad un alto grado di

precisione).

Il diagramma momento flettente ha tre parti, come segue.

(1) Una parte dei piccoli spostamenti, con un momento alla base Hh. Questo è il

momento per la teoria dei piccoli spostamenti.

(2) Un parte P-Δ, con un momento alla base PΔ. Questo dipende dallo spostamento

laterale nella parte alta della colonna.

(3) Un parte P-δ. Questo dipende dalla curvatura della colonna all’interno della sua

lunghezza.

Computazionalmente, è facile tener conto della parte P-Δ del momento, poiché dipende solo

dalla rotazione complessiva della colonna. È più difficile spiegare la parte P-δ, dato che

dipende dalla deformazione di curvatura della colonna (che a sua volta dipende dai momenti

e dal fatto che la colonna si snerva o rimane elastica).

E’ possibile tener conto dell’effetto P-δ nelle analisi strutturali. Tuttavia, è importante fare

attenzione quando si considera questo effetto. Nella figura 3.7, la colonna è elastica. La

figura 3.8 mostra la stessa colonna, ma ora si snerva e si forma una cerniera plastica alla

base.

Figure 3.8 - Gli effetti P-δ quando si snerva la Colonna [12]

Come mostra la figura, per un dato Δ i momenti P-Δ sono gli stessi di prima, ma i momenti

P-δ ora sono molto più piccoli. La teoria P-δ deve tenere conto di questo. Se i momenti P-δ

sono calcolati in base alla deformazione elastica di una colonna, questi momenti possono

essere sostanzialmente in errore.

Page 74: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 50

3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ

Se una colonna o controvento forma cerniere plastiche solo alle sue estremità, è poco

probabile, in ogni caso concreto che i momenti P-δ saranno significativi. Se una colonna è

abbastanza rigida in modo da attirare momenti notevoli, le sue deformazioni elastiche a

flessione di solito sono così piccole che gli effetti P-δ sono insignificanti. Se una colonna è

abbastanza flessibile, anche se potrebbe avere gravi effetti P-δ, di solito non attirerà molto

momento e le sue deformazioni elastiche di curvatura sono ancora piccole. Nella maggior

parte dei casi gli effetti P-δ possono essere ignorati.

Questo vale però solo per le colonne o controventi che si snervano soltanto alle loro

estremità. Gli effetti P-δ possono essere notevoli se una colonna o controvento presenti una

cerniera plastica nella sua lunghezza, dal momento che le deformazioni che contribuiscono

all’effetto P-δ includono ora le deformazioni anelastiche così come le deformazioni

elastiche.

Infine, si noti che se si divide un membro di colonna in, diciamo, due elementi, con un nodo

al centro del membro, l’effetto P-δ si applica solo all'interno di ogni elemento, e sarà quasi

certamente molto piccolo. Eventuali effetti associati con spostamento del nodo centrale sono

ora effetti P-Δ. Questo è un modo per tenere conto degli effetti P-δ (cioè, aggiungete i nodi

e gli elementi in più, e convertirli in effetti P-Δ).

3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna

Figura 3.8 mostra anche perché gli effetti P-Δ riducono la resistenza effettiva a flessione di

una colonna. Ipotizzate che la capacità flessionale di una cerniera plastica sia M. Si tratta di

una quantità costante - non è influenzata da effetti P-Δ. Se usiamo la teoria dei piccoli

spostamenti, la cerniera plastica si forma quando M = Hh, e la forza orizzontale predetta

della colonna è H = M/h. Se consideriamo gli effetti P-Δ, la cerniera si forma quando M =

Hh + PΔ, e la forza prevista è = H (M - PΔ)/h.

3.2.6 - Opzioni del SAP 2000

3.2.6.1 - Effetti P-δ

SAP 2000 correntemente non considera gli effetti P-δ (cioè non si considera la non linearità

geometrica all’interno della lunghezza di un elemento colonna o controvento). Quindi, se si

utilizza un singolo elemento per modellare un elemento controvento, SAP 2000 non

modella il buckling del controvento nella sua lunghezza. È possibile, tuttavia, modellare

questo tipo di buckling dividendo un elemento controvento in una serie di elementi più

corti, e specificando che gli effetti P-Δ sono da considerare. Instabilità di questo tipo

possono risultare sensibili ad una iniziale fuori-rettilineità nel membro, e si può fare il

membro storto deliberatamente al fine di avviare il carico di punta. Se si vuole considerare

questo tipo di comportamento, si consiglia di testare prima il membro modellato in un

piccolo sub-assemblaggio, per assicurarsi che si ottiene il comportamento previsto.

Un’alternativa più semplice per un carico di punta di una barra è quello di utilizzare il

buckling di materiale tipo acciaio.

3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine

Generalmente le normative richiedono che gli effetti P−Δ del secondo ordine vengano

considerati quando si progettano telai in acciaio. Gli effetti P−Δ hanno origine da due fonti.

Page 75: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 51

Tali fonti sono la traslazione laterale globale del telaio e la deformazione locale degli

elementi del telaio.

Si consideri l’elemento asta mostrato nella figura, che è estratto da un livello di piano di una

struttura più grande. La traslazione globale totale di questo elemento asta è indicata con Δ,

mentre la deformazione locale dell'elemento è indicata con δ. Gli effetti P-Δ del secondo

ordine totali nell’elemento asta sono quelli causati da entrambi Δ e δ.

Figura 3.9 - Effetti P-Delta del secondo ordine totali in un elemento asta causati da entrambi Δ e δ [13]

Il programma è provvisto di un'opzione per considerare gli effetti P-Δ nell’analisi. Quando

si considerano gli effetti P-Δ nell’analisi, il programma fa un buon lavoro nel catturare gli

effetti dovuti alla deformazione Δ mostrata nella figura 3.9, ma tipicamente non cattura gli

effetti della deformazione δ (a meno che, nel modello, l'elemento asta non sia spezzato in

più parti lungo la sua lunghezza).

Nei codici di calcolo, la considerazione degli effetti P-Δ è generalmente ottenuta

computando la capacità a flessione di progetto usando una formula simile a questa

equazione :

𝑀𝐶𝐴𝑃 = 𝑎𝑀𝑛𝑡 + 𝑏𝑀𝑙𝑡 dove:

MCAP = capacità a flessione di progetto

Mnt = capacità a flessione richiesta dall’elemento assumendo che non ci sia

traslazione dell'asta (associata alla deformazione δ nella figura 3.9)

Mlt = capacità a flessione richiesta dall'elemento come risultato della traslazione

laterale soltanto dell’asta (associata alla deformazione Δ nella figura 3.9)

a = fattore adimensionale che moltiplica Mnt

b = fattore adimensionale che moltiplica Mlt (assunto uguale a 1 dal programma; a tal

proposito si veda sotto)

Quando il programma esegue la progettazione aste in acciaio, assume che il fattore b sia

uguale ad 1 e usa le formule specifiche della normativa di progetto per calcolare il fattore a.

Assumere b=1 significa che si sono considerati gli effetti P-Δ nell’analisi come descritto

Page 76: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 52

precedentemente. Quindi, più in generale, eseguendo una progettazione aste in acciaio, gli

effetti P-Δ dovrebbero essere considerati nell’analisi prima di eseguire la progettazione.

3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE

L’importanza e la necessità di considerare la risposta in campo anelastico del materiale

richiedono l’utilizzo di programmi di calcolo in grado di descrivere la non linearità del

materiale. I programmi attualmente disponibili sono in grado di fare questo utilizzando due

diversi approcci:

modellazione tramite cerniere plastiche (“a plasticità concentrata”);

modellazione tramite fibre (“a plasticità diffusa”).

In questa tesi si utilizzerà la modellazione “a plasticità concentrata” e quindi non si tratterà

quella “a plasticità diffusa”.

3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata

E’ stata la prima tecnica di modellazione implementata in programmi di analisi strutturale

per descrivere il comportamento anelastico di una struttura sotto l’azione ciclica del sisma.

Essa prevede che tutti gli elementi costituenti la struttura rimangano sempre in campo

elastico e che vengano introdotti, alle estremità di questi, elementi cerniera con

comportamento anelastico laddove si preveda la formazione della cerniera plastica.

La non linearità della struttura rimane quindi concentrata in pochi elementi.

Poiché la curva caratteristica di una cerniera plastica non è univocamente definita, ma

dipende dalla sua posizione nella struttura e dal comportamento del singolo elemento

strutturale e da quello globale della struttura, i codici spesso forniscono un’ampia libreria di

legami costitutivi fra i quali scegliere di caso in caso.

Il vantaggio di questa modellazione è che permette di lavorare principalmente con elementi

elastici computazionalmente meno onerosi e più facilmente gestibili, lasciando a pochi punti

della struttura la concentrazione della non linearità del materiale.

Il limite di questa modellazione è che richiede una certa esperienza dell’operatore per

stabilire dove distribuire gli elementi non lineari e per scegliere lunghezze e curve

caratteristiche che permettano di cogliere il reale comportamento delle cerniere plastiche.

I modelli a plasticità concentrata hanno come oggetto la valutazione diretta del carico di

collasso di strutture costituite da materiali duttili, quali i metalli, in regime di piccoli

spostamenti. La crisi viene in tal caso identificata con la situazione in cui risulta impossibile

soddisfare contemporaneamente l’equilibrio e le limitazioni sul livello di sforzo

sopportabile dal materiale, situazione che la duttilità consente effettivamente di avvicinare

in casi reali.

Il modello a cerniera plastica riconduce l’analisi evolutiva di travi ad una sequenza di

soluzioni elastiche, riferita a strutture il cui grado di iperstaticità viene man mano degradato

dall’attivazione delle successive cerniere, fino alla formazione di un meccanismo. A rigore,

tali soluzioni dovrebbero includere anche la valutazione del regime deformativo, onde

assicurare che le rotazioni nelle cerniere siano compatibili con il verso concesso dalla

plasticizzazione.

Lo snervamento nel singolo elemento di trave è assunto come localizzato strettamente nella

regione in cui si ha la formazione della cerniera plastica. Quest’ultima si forma, infatti,

quando il momento flettente nel punto considerato raggiunge il momento di completa

plasticizzazione MP.

Page 77: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 53

Si ricorda a tal proposito che MP è funzione, per una medesima sezione, dell’azione assiale

in essa presente e, in modo minore, anche dell’azione tagliante presente.

La natura delle deformazioni plastiche è irreversibile, in caso contrario si verificherebbe

infatti uno scarico elastico: la sezione tornerebbe a comportarsi come un mutuo incastro ed

il momento decrescerebbe, in valore assoluto, dal valore limite precedentemente raggiunto.

Al di fuori della zona in cui si ha la formazione di una cerniera plastica si fa l’ipotesi di un

comportamento puramente elastico dell’elemento. In altre parole, tutte le sezioni trasversali

presentano delle relazioni bilineari elasto-plastiche tra momento-curvatura.

3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica [11]

Si può impostare la teoria della flessione plastica sull’osservazione seguente: in prima

approssimazione il momento flettente massimo che un’asta qualsiasi di una travatura a nodi

rigidi in acciaio dolce può sopportare è pari a:

MP = σ0 ∙ Z

dove Z è il modulo plastico della sezione, mentre σ0 è la tensione limite di snervamento del

materiale. Tale momento può provocare nell’asta una curvatura molto grande, ed in teoria,

addirittura infinita.

Consideriamo ora una trave semplicemente appoggiata e caricata da un carico di entità P in

mezzeria. La sezione trasversale dell’elemento è di tipo a “doppio T”.

Incrementando la forza P fintanto che in mezzeria, dove il momento è massimo, si

raggiunge la sollecitazione flettente MP, si trova che le deformazioni plastiche si estendono

lungo la zona della trave in cui M > Me. Pertanto ipotizzato un fattore di forma della sezione

=1.14 (ragionevole per sezioni di tale tipo), l’estensione di tale zona sarà (vedi figura

3.10):

∆l = l ∙ (MP −Me

MP

) = 0,123 ∙ l

Data la forma del diagramma M-1/r, si deduce che la curvatura resta piccolissima intorno ai

punti in cui la sezione si affaccia alla fase elasto-plastica, mentre ha valori enormi in

prossimità del punto dove è applicato il carico e si ha la completa plasticizzazione della

sezione. Quindi la trave assume una deformata simile a quella di due aste rigide incernierate

nel punto in cui è applicato il carico, dove di fatto le curvature sono elevate.

Anche in presenza di un carico distribuito sulla trave, la zona delle deformazioni importanti

resta localizzata e si può quindi ammettere che la deformata si componga di due tronconi

rigidi incernierati tra loro.

Da quanto detto emerge che si ha la formazione di una cerniera ad attrito che rimane rigida

fintanto che M < MP e che permette la rotazione relativa tra i due tronconi di trave quando il

momento raggiunge il suo valore limite MP. Tale cerniera è nota col nome di cerniera

plastica.

Rispetto ad una cerniera strutturale, la cerniera plastica presenta due differenze:

pur consentendo delle rotazioni relative tra i due tratti contigui di trave, essa

trasmette un momento costante pari a MP;

Page 78: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 54

è una cerniera unidirezionale, può ruotare cioè solo nel verso di plasticizzazione, vale

a dire compatibilmente col segno del momento flettente.

Figura 3.10 - Rappresentazione della nozione di cerniera plastica [11]

3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo [11]

Si consideri il caso di flessione semplice, retta, su di una trave prismatica infinitamente

lunga. Inoltre si faccia l’ipotesi che le deformazioni plastiche siano continue e non vi siano

direzioni privilegiate di deformazione. In tali condizioni le sue sezioni rette rimangono

piane e normali al piano di inflessione della trave.

P

M

Deformata

approssimata

Cerniera plastica

Mp Me

Zona

plasticizzata

della trave

Page 79: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 55

Il momento elastico massimo Me viene raggiunto quando lo sforzo nelle fibre estreme

assume il valore del limite elastico 0 del metallo e vale:

Me = σ0 ∙ W

dove W è il modulo di resistenza della sezione, pertanto la curvatura corrispondente a tale

stato di tensione risulta essere:

χe =Me

EJ

la curvatura può anche essere espressa così:

{

χe =

Me

EJMe = σ0 ∙ W

W =2 ∙ J

h

ε0 =σ0E

→ χe =2 ∙ ε0h

Se si supera il momento limite elastico Me succede che le fibre estreme della sezione della

trave si plasticizzano; a mano a mano che il momento di sollecitazione cresce, le zone

plasticizzate della sezione aumentano estendendosi verso l’asse baricentrico.

Figura 3.11 - Schema evolutivo della plasticizzazione della sezione [11]

0 0 MAX

0 0 0 0

0

Page 80: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 56

Facciamo ora l’ipotesi che la sezione sia dotata di doppia simmetria. Imponendo la

condizione di equilibrio alla traslazione orizzontale, per una flessione semplice si trova che

l’asse neutro rimane sempre coincidente con l’asse baricentrico.

La curvatura anche in campo elasto-plastico, sotto tali ipotesi è legata alla distanza y

dell’interfaccia elasto-plastica dall’asse neutro dalla relazione di Bernoulli:

χ =ε0y

e facendo il rapporto tra e e si ottiene questa relazione:

{

χ =ε0y

χe =2 ∙ ε0h

→ 2y

h=χeχ

dove si vede come l’altezza del nucleo elastico della sezione, cioè 2y è inversamente

proporzionale alla curvatura presente nella stessa. Quindi in teoria per curvature tendenti

all’infinito il nucleo elastico tende a sparire e la distribuzione degli sforzi sulla sezione

tende ad essere bi-rettangolare (vedi figura 3.11). A tale situazione deformativa corrisponde

il massimo momento flettente che la sezione, e quindi la trave può sopportare. Tale

momento è noto come Momento Limite Plastico MP.

Dalla suddetta definizione appare chiaro come tale Momento Limite Plastico sia solo

un’idealizzazione visto che per essere raggiunto sono necessarie deformazioni sicuramente

inaccettabili nella realtà. Basti pensare che anche qualora si potesse ripiegare la trave su se

stessa, la curvatura massima raggiungibile sarebbe pari a 2/h (dove con h si è indicata

l’altezza della trave) e quindi ben lontana da valori infiniti. Ciò per dire che nella realtà la

sezione presenta sempre, anche a collasso, un nucleo elastico. Tuttavia, per acciai dolci si ha

che nel relativo diagramma - il punto limite del tratto orizzontale è caratterizzato da

deformazioni delle fibre estreme della sezione mediamente pari a tredici volte la

deformazione limite elastica. Quindi significa che la zona mediana elastica della sezione ha

un’ampiezza pari ad 1/13 dell’altezza sezionale con conseguente momento relativo totale

che differisce di appena 1/500 da quello di completa plasticizzazione.

Quanto detto finora per il caso della flessione pura, può essere esteso con ottima

approssimazione anche a travi soggette a flessione semplice per effetto di carichi trasversali.

Infatti l’azione tagliante ha un’influenza debolissima sul valore del momento limite plastico

a patto che tale azione sia contenuta al punto di evitare una plasticizzazione anticipata

dell’anima nei confronti della sezione. La stessa teoria si può applicare anche nel caso di

colonne presso-inflesse fino a che l’azione assiale presente costituisce una frazione

“sufficientemente piccola” dell’azione assiale limite NP = 0 A .

Vediamo ora di esprimere la legge di variazione del momento con la curvatura. Scrivendo

l’equilibrio alla rotazione tra le forze interne ed il momento sollecitante esterno si ha:

𝑀 = ∫ y dA𝐴

Page 81: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 57

Dalla figura 3.11 si vede come in campo elasto-plastico la distribuzione degli sforzi sia di

tipo trapezoidale.

Risulta allora comodo scomporre tale distribuzione come indicato in figura 3.12, in modo

da poter scrivere la relazione di equilibrio nel seguente modo:

𝑀 = 0 𝑊𝑒 + 0 𝑍 − 0 𝑍𝑒

dove:

We indica il modulo di flessione della sola porzione elastica della sezione;

Z è il modulo plastico della sezione;

Ze è il modulo plastico della zona elastica della sezione pensata anch’essa come

elasticizzata.

Figura 3.12 - Scomposizione della distribuzione delle tensioni sulla sezione [11]

Ricordando allora che MP = 0 Z e raccogliendo 1/Me a fattore comune la relazione di

equilibrio può essere scritta come:

𝑀

𝑀𝑒

=𝑀𝑃

𝑀𝑒

[1 −𝑍𝑒 −𝑊𝑒

𝑍]

In generale si ha che Ze e We dipendono dall’ampiezza relativa tra il nucleo elastico e

l’intera altezza della sezione, e pertanto da 2y

h=

χe

χ anche dal rapporto tra la curvatura in

campo elasto-plastico e la curvatura elastica, cioè:

(𝑍𝑒 −𝑊𝑒) = 𝜙 (2𝑦

ℎ) = 𝜙 (

𝜒

𝜒𝑒)

Questa relazione permette di disegnare per ogni tipo di sezione la curva momento-curvatura

normalizzata ossia (M/Me - /e).

Per curvature “molto grandi” tende ad annullarsi ed M tende al momento di completa

plasticizzazione. In pratica allora, i citati diagrammi M-1/r normalizzati tendono

asintoticamente al valore = M/MP comunemente noto col nome di Fattore di Forma della

sezione.

= + _

Page 82: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 58

Quest’ultimo è fortemente condizionato dalla forma della sezione. La sezione rettangolare

ad esempio conta di un fattore di forma pari ad 1.5. Per la putrella ideale vale 1 mentre nelle

putrelle ad ali larghe varia da 1.10 ad 1.22.

In generale si può dire che è minimo nei profili ad ali sottili, mentre è massimo per quelli

ad ali spesse.

3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000

3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico

secondo FEMA 356

In questo caso si è attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione ridotti del

coefficiente χ , funzione della snellezza dell'asta, determinato secondo EC 3:

Fc = χ Ft

Uc = χ Ut

3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da

un legame costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura 3.13 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [4]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera

una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso

irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il

Page 83: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 59

programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più

rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Il valore trovato dal SAP 2000 dello spostamento della cerniera prima della perdita di

resistenza non coincide con quello del nodo di controllo poiché a causa del suo legame

rigido-plastico non può cogliere lo spostamento elastico:

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

E’ necessario definire due parametri della cerniera plastica:

1. Lunghezza

La cerniera plastica è modellata come un punto discreto (cerniera concentrata). Tutte

le deformazioni plastiche avvengono all’interno della cerniera concentrata, questo

significa che si deve assumere una lunghezza per la cerniera sulla quale la

deformazione o la curvatura plastica è integrata.

Si può approssimare la plasticità che è distribuita sulla lunghezza dell’elemento

tramite l’inserimento di molte cerniere. Per esempio si potrebbero inserire 10

cerniere a posizioni relative all’interno dell’elemento di 0.05, 0.15, 0.25, …, 0.95,

ciascuna con proprietà di deformazione basate su una lunghezza di cerniera assunta

pari ad 1

10 della lunghezza dell’elemento.

2. Posizione

Il punto dove concentrare tutte le risorse inelastiche.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera

plastica assiale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non

lineari di una sezione circolare cava, soggetta a compressione e trazione, risultano espressi

nella tabella 5-7 delle FEMA 356.

Page 84: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 60

Figura 3.14 - Tabella 5-7 [4]

Page 85: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 61

Abbiamo tre possibili casi a seconda del rapporto tra il diametro “d”e lo spessore “t” della

sezione circolare cava. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i

parametri di modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso

trovato.

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari sia a trazione che a compressione è

possibile definire il legame della cerniera assiale determinando il Fy e uy:

𝐹𝑦 = 𝐴 ∙ 𝑓𝑦𝑒

𝑢𝑦 = 𝐿 ∙ 𝜀𝑦𝑒

Dove:

Fy = resistenza a snervamento attesa;

fye = tensione a snervamento attesa del materiale;

A = area della sezione;

uy = spostamento a snervamento atteso;

εye = deformazione a snervamento attesa del materiale;

L = lunghezza del controvento.

Noti i fattori di scala (Fy e uy) sarà possibile calcolare i valori del legame forza-spostamento

sia adimensionale che dimensionale.

Grafico 3.1 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Page 86: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 62

Dal programma SAP è possibile definire una cerniera assiale secondo le FEMA 356

utilizzando il comando “auto”, tramite il quale è possibile accedere a dei modelli di cerniera

predefiniti.

Figura 3.15 - Assegnazione “Auto” della cerniera

Figura 3.16 - Proprietà cerniera

La cerniera così definita coincide con quella determinata manualmente seguendo le

indicazioni impartite dalle FEMA 356.

Page 87: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 63

3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo

FEMA356

3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame

costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura 3.17 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [4]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell’incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera

una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso

irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il

programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più

rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della cerniera plastica

flessionale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non

lineari delle sezioni in acciaio, soggette a flessione, risultano espressi nella tabella 5-6 delle

FEMA 356.

Page 88: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 64

Figura 3.18 - Tabella 5-6 [4]

Page 89: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 65

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione in

acciaio. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i parametri di

modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso trovato.

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura 3.19 - Definizione della rotazione di corda [4]

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della trave allora per il calcolo

di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑏

6 𝐸 𝐼𝑏

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lb = Lunghezza della trave;

Ib = Momento di inerzia della trave;

E = Modulo di elasticità.

Page 90: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 66

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione primari secondari

a b c IO LS CP LS CP

Tabella 3.1 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [4]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera flessionale determinando il 𝑀𝑝𝑙:

𝑀𝑝𝑙 = 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Noti i fattori di scala (Mpl e θy) sarà possibile calcolare i valori del legame momento-

rotazione sia adimensionale che dimensionale.

Grafico 3.2 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

M (

KN

m)

θ (-)

Legame Momento-Rotazione

IO

LS

CP

Page 91: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 67

La cerniera flessionale così definita è stata inserita manualmente nel programma di calcolo

SAP2000:

Figura 3.20 - Tipo di cerniera (SAP2000)

Figura 3.21 - Proprietà cerniera (SAP2000)

Page 92: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 68

3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente

secondo FEMA 356

3.3.3.3.1 - Dominio di interazione

Il primo passo sarà quello di calcolare il dominio di interazione P-M per la sezione

considerata; tale dominio lo si otterrà secondo NTC-08 e FEMA-356 e sarà poi definito nel

programma SAP2000.

Dominio di interazione N-M secondo NTC-08

Per sezioni a doppio T di classe 1-2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso

flessione si ha:

1. Nel piano dell’anima:

𝑀𝑁,𝑦,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑

(1 − 𝑛)

(1 − 0,5𝑎)≤ 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑

2. Nel piano delle ali:

a) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 𝑝𝑒𝑟 𝑛 ≤ 𝑎

b) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 [1 − (𝑛−𝑎

1−𝑎)2

] 𝑝𝑒𝑟 𝑛 > 𝑎

Dove: 𝑛 =𝑁𝐸𝑑

𝑁𝑝𝑙,𝑅𝑑 ; 𝑎 =

(𝐴−2𝑏 𝑡𝑓)

𝐴≤ 0,5 𝑐𝑜𝑛 {

𝐴 = area lorda della sezione𝑏 = 𝑙𝑎𝑟𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖𝑡𝑓 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖

L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ.

A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M.

Dominio di interazione P-M secondo FEMA-356

La resistenza flessionale attesa per l’elemento colonna sarà:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa nel membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ.

A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M.

Page 93: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 69

Con il programma SAP2000 è possibile definire tale dominio, con l’unica accortezza di

accertare la convessità della curva stessa.

Figura 3.22 - Definizione della curva di interazione N-M3

Grafico 3.3 - Confronto FEMA-356 / SAP2000

-6000

-4000

-2000

0

2000

4000

6000

-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K

N]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

FEMA 356

SAP2000

Page 94: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 70

3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame

costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura 3.23 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [4]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera

una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso

irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il

programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più

rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della cerniera plastica

presso/tenso-flessionale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le

procedure non lineari delle sezioni in acciaio, soggette sia a sforzo normale che a flessione,

risultano espressi nella tabella 5-6 delle FEMA 356 in funzione prima di tutto del rapporto

fra lo sforzo normale agente P e il più piccolo valore di capacità a compressione assiale PCL.

Le FEMA-356 per un’analisi Pushover in controllo di spostamento impongono due campi

all’interno dei quali può variare il valore dello sforzo assiale agente P:

1. P/PCL < 0,2

2. 0,2 < P/PCL <0,5

Il programma SAP2000 consiglia l’utilizzo di almeno tre curve momento rotazione per

definire il legame di una cerniera presso/tenso-flessionale secondo FEMA-356 capace di

Page 95: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 71

considerare la variabilità dello sforzo assiale. In base ai campi sopra definiti si troveranno

tre sforzi assiali con PCL= χ Ag Fye .

In corrispondenza dei tre sforzi assiali caratteristici determinati troviamo tre punti del

dominio di interazione N-M3 e quindi siamo capaci di delimitare i due campi di interesse.

Grafico 3.4 - Visualizzazione dei due campi di interesse

Adesso bisogna determinare le tre curve:

CURVA 1

P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5

CURVA 2:

P/PCL = 0,2009 => 0,2 < 0,2009 < 0,5

CURVA 3:

P/PCL = 0,1999 < 0,2

Il procedimento lo si svolgerà solo per la CURVA 1 mentre sarà omesso per le altre visto

che è il medesimo.

N[KN]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

P / PCL = 0,4999

P / PCL = 0,2009

P / PCL = 0,1999

Page 96: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 72

CURVA 1: P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5

Figura 3.24 - Tabella 5-6 [4]

Page 97: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 73

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione in

acciaio. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i parametri di

modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso trovato.

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura 3.25 - Definizione della rotazione di corda [4]

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il

calcolo di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐(1 −

𝑃

𝑃𝑦𝑒)

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lc = Lunghezza della colonna;

Ic = Momento di inerzia della colonna;

E = Modulo di elasticità;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

Page 98: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 74

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione Primari secondari

a b C IO LS CP LS CP

Tabella 3.2 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [4]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera presso/tenso-flessionale determinando il 𝑀𝑝𝑙:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Noti i fattori di scala (Mpl e θy) sarà possibile calcolare i valori del legame momento-

rotazione sia adimensionale che dimensionale.

Grafico 3.5 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

La cerniera a presso/tenso-flessione così definita verrà inserita nel programma di calcolo

SAP2000:

Figura 3.26 - Tipo di cerniera

M (

KN

m)

θ (-)

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

LegameMomento-RotazioneIO

LS

CP

Page 99: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 75

Figura 3.27 - Interazione P-M3

Figura 3.28 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 1)

Page 100: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 76

Figura 3.29 - Definizione della curva di interazione P-M3

Il SAP 2000 sembra fissare una fattore di scala uguale per le tre curve anche se soggette a

diversi sforzi normali, mentre in realtà gli effetti di tali sforzi sulla rotazione θy vengono

considerati direttamente nei valori delle tabelle descriventi il legame della cerniera.

La formula completa per la rotazione a snervamento data dalle FEMA-356 è la seguente:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐(1 −

𝑃

𝑃𝑦𝑒)

Il SAP2000 invece la scompone così:

1. Inserisce in fig. 3.27 una rotazione a snervamento calcolata come se l’elemento fosse

una trave

θy(SAP) =Z Fye lc

6 E Ic

2. Calcola il fattore che tiene conto degli effetti prodotti dallo sforzo normale e lo

moltiplica per tutti i valori della tabella del legame Momento-Rotazione

(1 −P

Pye)

Page 101: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 77

3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI [10]

Considerare la risposta strutturale non lineare, a causa della presenza di non linearità

geometriche e/o del materiale, implica l’utilizzo di metodi di analisi non lineari in cui sono

impiegate procedure di soluzione di tipo incrementale iterativo.

Queste ultime prevedono l’applicazione del carico agente sulla struttura tramite incrementi

successivi predefiniti e la ricerca della condizione di equilibrio in ogni incremento tramite

iterazioni.

Facendo riferimento ad un approccio agli spostamenti, solitamente utilizzato nei codici

strutturali, si consideri una struttura lineare sollecitata da un carico applicato

incrementalmente pari a λiP0 con λi fattore di carico all’incremento i-esimo: risolvere la

struttura significa verificare che, ad ogni incremento, sia verificato l’equilibrio fra le forze

interne resistenti FS e i carichi esterni.

Essendo FS funzione lineare degli spostamenti tramite la matrice K, il tutto si riduce a

risolvere il sistema lineare:

𝐾𝑈𝑖 = 𝜆𝑖𝑃0

Se, invece, si considera una struttura non lineare, l’equilibrio sarà descritto dal sistema non

lineare:

𝑅(𝑈𝑖) = 𝜆𝑖 ∙ 𝑃0

dove R(Ui) sono le forze resistenti funzione non lineare degli spostamenti.

Figura 3.30 - Confronto fra la risposta di un sistema lineare e uno non lineare [10]

Per risolvere l’equazione non lineare si utilizza una approssimazione per cui si assume che,

nel passo infinitesimo δU, la funzione δR è lineare e pari a:

δR = KTδU

Page 102: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 78

essendo KT la matrice di rigidezza tangente definita come:

KT =

[ 𝜕𝑅1𝜕𝑈1

⋯𝜕𝑅1𝜕𝑈𝑛

⋮ ⋱ ⋮𝜕𝑅𝑛𝜕𝑈1

⋯𝜕𝑅𝑛𝜕𝑈𝑛]

Lo spostamento U soluzione dell’equazione non lineare si ottiene con procedure

incrementali. Le più comunemente utilizzate nei codici strutturali sono la procedura di

Newton-Raphson e quella di Newton-Raphson modificata. Entrambe prevedono di calcolare

l’incremento ΔUi corrispondente all’incremento di carico λi(P0)-λi-1(P0) tramite iterazioni

successive per cui:

∆𝑈𝑖 = ∆𝑈𝑖0 + ∆𝑈𝑖

1 +⋯+ ∆𝑈𝑖𝑗+⋯+ ∆𝑈𝑖

𝑛

Nel caso di Newton-Raphson lo spostamento correttivo ∆𝑈𝑖𝑗 è calcolato a patire dalla

soluzione all’iterazione precedente Rj(Ui-1+∆𝑈𝑖𝑘) con k=0,j-1, supponendo la funzione R

lineare, secondo la relazione:

∆𝑈𝑖𝑗= (𝐾𝑇

𝑗)−1× (𝜆𝑖𝑃0 − 𝑅

𝑗)

Il metodo prevede quindi che ad ogni iterazione venga calcolata la matrice tangente:

𝐾𝑇𝑗= 𝐾𝑇(𝑈𝑖−1 + ∆𝑈𝑖

𝑘)

con k=0, .., j-1. Nell’iterazione iniziale ∆𝑈𝑖0 la tangente verrà calcolata in corrispondenza

della soluzione al passo incrementale precedente Ui-1.

Figura 3.31 - Procedura iterativa di Newton-Raphson [10]

Page 103: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 79

Nel metodo Newton-Raphson modificato gli spostamenti correttivi sono determinati

utilizzando in tutte le iterazioni la rigidezza iniziale 𝐾𝑇0 risulta quindi:

∆𝑈𝑖𝑗= (𝐾𝑇

0)−1 × (𝜆𝑖𝑃0 − 𝑅𝑗)

Figura 3.32 - Procedura iterativa di Newton-Raphson modificata [10]

E’ possibile inoltre utilizzare altri metodi derivanti dalla combinazione dei due descritti che

si differenziano per il numero di volte in cui nell’incremento viene ricalcolatala la matrice di

rigidezza. Solitamente le prestazioni migliori si ottengono aggiornando la matrice nei primi

passi e poi mantenendola costante.

In tutti i metodi l’iterazione nell’incremento si interrompe quando è soddisfatto un criterio

di tolleranza, che solitamente si basa sulla norma dello spostamento correttivo e/o sulla

norma dello sbilanciamento delle forze. Si richiede cioè che siano soddisfatte

rispettivamente le condizioni:

‖ ∆Ui

n

∆Ui‖ ≤ tol ‖

λiP0 − Rn

P0‖ ≤ tol

essendo ‖u‖ = √(uT ∙ u) la norma del vettore u

Sebbene gran parte dei codici di calcolo di analisi e progettazione permettono all’utente di

svolgere analisi non lineari senza dover compiere alcuna scelta in termini di parametri o

metodi, è d’altra parte consigliabile conoscere lo strumento che si sta utilizzando ed essere

eventualmente in grado di modificarlo.

Infatti, le possibilità generalmente lasciate dai codici sono:

1. scegliere il metodo incrementale;

2. stabilire il numero di volte in cui è aggiornata la matrice di rigidezza;

3. definire i numeri di incrementi da compiere nel passo di carico;

4. definire il massimo numero di iterazioni di equilibrio da compiere nel singolo

incremento;

5. scegliere i diversi criteri di convergenza basati su spostamenti o forze o una loro

combinazione.

Page 104: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 3 80

3.5 - BIBLIOGRAFIA

[4] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of

buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),

November 2000.

[9] A. Mattei, Tesi di Laurea: “Verifiche prestazionali di un edificio industriale in acciaio in

presenza di sisma”, Corso di laurea in Ingegneria Civile indirizzo Strutture, Facoltà di

Ingegneria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2005-2006.

[10] L. Petrini, R. Pinho, G. M. Calvi (2006), “Criteri di progettazione antisismica degli

edifici”, IUSS Press, Novembre 2006-3a edizione.

[11] A. Moretti, M. Zambelli, Tesi di Laurea: “Metodi numerici per la valutazione della

capacità portante di telai piani in acciaio in presenza di effetti del II ordine”, Dipartimento

di Ingegneria Strutturale, Facoltà di Ingegneria, Politecnico di Milano, Anno Accademico

1996-97.

[12] Computers and Structures, Inc. (2006), “PERFORM COMPONENTS AND

ELEMENTS FOR PERFORM-3D AND PERFORM-COLLAPSE”, University Avenue

Berkeley, California (USA), August 2006.

[13] M. Brunetta, L. Bandini, M. De Lorenzi (2006), “SAP2000® software per analisi e

verifiche di strutture”, Pordenone, Settembre 2006.

Page 105: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 81

4 - ANALISI NON LINEARE STATICA

4.1 - INTRODUZIONE [14]

Per ottenere una previsione accurata e realistica della risposta sismica di una struttura è

necessario disporre di strumenti di analisi che permettano di coglierne il comportamento

non lineare e la sua evoluzione nel tempo.

L’analisi dinamica non lineare al passo è indubbiamente lo strumento più completo ed

efficace (assumendo ovviamente che il modello strutturale riproduca con accuratezza il

sistema reale): la risposta della struttura viene determinata mediante integrazione al passo

delle equazioni del moto di un sistema a molti gradi di libertà (MDOF) non lineare.

Questa presenta però alcuni aspetti che ne impediscono un diffuso impiego nella pratica

professionale:

la scelta dei parametri che intervengono è delicata ed influenza sensibilmente i

risultati dell’analisi stessa;

sono necessarie numerose analisi impiegando differenti accelerogrammi

opportunamente selezionati per ottenere un risultato rappresentativo della risposta

attesa;

l’accuratezza dell’analisi va a scapito della semplicità e della rapidità di esecuzione;

l’interpretazione dei risultati è complessa ed onerosa.

I codici sismici consentono infatti di utilizzare analisi elastiche lineari (statiche e dinamiche)

che conseguentemente, pur con i relativi limiti, risultano ancora procedure largamente

diffuse.

Un’alternativa attraente è l’uso di procedure di analisi statiche non lineari che, pur

conservando la notevole semplicità d’uso e di interpretazione dei risultati tipica delle analisi

statiche lineari, consentono stime più realistiche ed affidabili della risposta strutturale anche

in campo non lineare. In effetti, è sempre più frequente la loro applicazione sia nella

progettazione che nella verifica strutturale.

Questo tipo di analisi comprende essenzialmente due aspetti:

1. la determinazione di un legame forza-spostamento (curva di capacità o curva di

pushover), rappresentativo del reale comportamento monotono della struttura, per la

cui definizione si richiede un’analisi di spinta o di pushover ;

2. la valutazione dello spostamento massimo o punto di funzionamento (performance

point) raggiunto dalla struttura a fronte di un evento sismico definito tramite uno

spettro di risposta elastico in accelerazione.

L’analisi di spinta consente quindi di descrivere il comportamento della struttura tramite un

semplice legame monodimensionale forza-spostamento detto curva di capacità. In tal modo

l’analisi della risposta della struttura viene ricondotta a quella di un sistema ad un solo

grado di libertà (SDOF) equivalente alla struttura di partenza. I metodi statici non lineari

permettono di individuare lo spostamento massimo di tale sistema SDOF equivalente e

quindi la risposta della struttura (punto prestazionale) soggetta ad un evento sismico

descritto dal relativo spettro di risposta in accelerazione.

L’analisi pushover consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o un

parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite prefissato; la

“spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono un profilo di forze o di

Page 106: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 82

spostamenti prestabilito. In sostanza è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle

equazioni di equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema di

spostamenti o forze applicato.

L’analisi di spinta consente di definire un legame scalare forza-spostamento caratteristico

del sistema studiato, detto curva di capacità, che permette di ricondurre la ricerca dello

spostamento massimo di un sistema soggetto ad una certa azione esterna a quella di un

sistema SDOF equivalente.

4.2 - SISTEMI SDOF [14]

Nel caso di sistemi SDOF l’analisi di spinta è particolarmente intuitiva.

Un sistema SDOF può essere idealizzato come una massa concentrata m sorretta da un

elemento privo di massa con rigidezza laterale k e collegato ad un elemento (privo di massa

e rigidezza) responsabile dello smorzamento.

La configurazione deformata (o campo di spostamento) del sistema è definita quindi da un

unico parametro che può identificarsi con lo spostamento relativo della massa rispetto al

suolo (spostamento orizzontale Dt in figura).

Figura 4.1 - Schematizzazione di sistema ad un grado di libertà (SDOF) [14]

Un caso evidente di struttura riconducibile ad un sistema SDOF è quello delle pile da ponte

che possono considerarsi, con buona approssimazione, pendoli rovesci ossia oscillatori

semplici in cui la totalità della massa (impalcato, pulvino e fusto della pila) è concentrata in

testa mentre la rigidezza del sistema può attribuirsi ad un elemento di massa nulla (il fusto

della pila stessa).

In questi semplici casi, l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla massa del sistema uno

spostamento D o una forza F la cui intensità viene gradualmente incrementata nella

direzione dell’unico grado di libertà disponibile. Il valore iniziale della forza o dello

spostamento non ha ovviamente importanza. Le espressioni che definiscono la forzante

(intesa in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:

𝐷 = 𝛼𝑑

𝐹 = 𝛽𝑓

Dunque, fissato arbitrariamente il valore di d o f, il fattore moltiplicativo α o β viene

gradualmente incrementato da zero fino ad un valore finale che permetta di investigare il

campo di risposta di interesse per il sistema in esame. Ad ogni valore di α o β corrisponde

quindi un valore di D o F che rappresenta lo spostamento o la forza applicati alla massa del

sistema.

Page 107: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 83

Il comportamento del sistema è definito da un legame forza-spostamento in cui la forza

coincide con il taglio alla base Vb e lo spostamento con quello della massa Dt:

nel caso di analisi a forze imposte (F è la forza applicata ad m): Vb=F e Dt=D

essendo D lo spostamento di m prodotto da F;

nel caso di analisi a spostamenti imposti (D è lo spostamento applicato ad m): Dt=D

e Vb=F essendo F la reazione vincolare risultante;

4.3 - SISTEMI MDOF [14]

Nel caso di sistemi MDOF, l’approccio è simile a quello visto per i sistemi SDOF con la

differenza che la struttura viene “spinta” applicando un profilo di forze o di spostamenti

orizzontali in corrispondenza di ciascun piano e che, per descrivere il comportamento

dell’intero sistema in termini di legame forza-spostamento, è necessario scegliere un solo

parametro di forza ed un solo parametro di spostamento.

La scelta di tali parametri non è univoca e può dar luogo a differenti legami forza

spostamento ossia a differenti legami costitutivi del sistema SDOF equivalente detti curva di

capacità.

Solitamente, come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base e

lo spostamento del baricentro dell’ultimo piano dell’edificio anche se, in realtà, questa

scelta non ha un preciso fondamento teorico ma è più probabilmente un retaggio delle

originarie applicazioni di questa tecnica alle pile da ponte delle quali si monitorava, per

ovvie ragioni, lo spostamento in sommità.

Figura 4.2 - Applicazione dell’analisi di spinta ad un telaio [14]

Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della struttura, sorge la

questione se l’analisi di spinta debba essere condotta applicando un sistema di spostamenti o

di forze. Se la struttura avesse un comportamento elastico lineare i due approcci

condurrebbero agli stessi risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta una sensibile

differenza tra le due alternative.

Concettualmente l’analisi dinamica viene condotta con le forze inerziali per cui l’analisi di

spinta a forze imposte sembrerebbe più appropriata ma, in un’analisi dinamica, perfino

quando un modo è dominante, l’andamento delle forze di piano non rimane inalterata (ossia

Page 108: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 84

non variano proporzionalmente ad un fattore costante), per cui applicare una distribuzione

di forze constante non è comunque esatto; inoltre possono sorgere difficoltà nel condurre

analisi anelastiche stabili con controllo in forze, poiché queste non sono in grado di cogliere

un eventuale comportamento softening della struttura né di seguire accuratamente risposte

associate a rigidezze molto piccole, per cui può essere preferibile eseguire analisi a

spostamenti controllati. Di contro, lavorando a spostamenti imposti, si vincola la deformata

della struttura, per cui si rischia di conseguire campi di forze completamente errati rispetto a

quelli attesi in una struttura “libera” di deformarsi a fronte dell’evento sismico e quindi a

risultati seriamente fuorvianti.

Comunque, l’approccio basato sulle forze è quello che ha attirato maggiormente l’interesse

tra ricercatori ed ingegneri professionisti anche perché di facile implementazione su tutti i

più comuni programmi di calcolo.

4.4 - CURVA DI CAPACITA’ [14]

Il risultato più immediato di un’analisi di pushover è la definizione della curva di capacità

(o curva di pushover) della struttura ossia della curva forza-spostamento espressa,

solitamente, in termini di taglio alla base (Vb) e spostamento in sommità (Dt) che

rappresenta appunto la capacità esibita dal sistema a fronteggiare una certa azione esterna.

Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende dalla

rigidezza k o dalla flessibilità 𝑘−1 del sistema che a loro volta dipendono essenzialmente

dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del sistema e sono funzioni non lineari

rispettivamente dello spostamento e della forza applicata al sistema:

𝐹 = 𝑘(𝐷) oppure 𝑉𝑏 = 𝑘(𝐷𝑡)

𝐷 = 𝑘−1(𝐹) oppure 𝐷𝑡 = 𝑘−1(𝑉𝑏)

In figura sono diagrammati i legami forza-spostamento ossia le curve di capacità

rappresentativi di tre comportamenti emblematici caratterizzati da un iniziale

comportamento elastico lineare fino alla soglia di snervamento (rappresentato da un ramo

sostanzialmente lineare) seguito da un comportamento post-elastico non lineare

incrudente(i), perfetto (p) o degradante (d).

Figura 4.3 - Curva di capacità di un sistema reale [14]

Page 109: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 85

Nel caso più complesso, ma di maggiore interesse, di sistemi MDOF la curva di capacità

mostra andamenti analoghi caratterizzati ancora da un tratto inizialmente rettilineo,

corrispondente al comportamento lineare della struttura, che si incurva quando inizia la

plasticizzazione e la risposta progredisce in campo non lineare.

Grafico 4.1 - Comportamento della curva di capacità

E’ possibile individuare sulla curva di capacità quattro segmenti [15]:

Un iniziale segmento lineare corrispondente a un comportamento elastico-lineare, nel

quale la domanda di deformazione laterale è proporzionale all'intensità del sisma, a

prescindere dalle caratteristiche del sistema o del moto del suolo. Questo segmento si

estende dall’origine all’inizio di plasticizzazione.

Un secondo segmento pseudo-lineare, nel quale la domanda di deformazione laterale

è circa proporzionale all'intensità del sisma.

Un terzo segmento curvilineo corrispondente ad un comportamento nel quale la

domanda anelastica di deformazione laterale non è più proporzionale all'intensità del

sisma. Con l'aumentare dell'intensità, le domande di deformazione laterale

aumentano a un ritmo più veloce. Questo segmento corrisponde al rammollimento

del sistema, o alla riduzione della rigidezza. In questo segmento, il sistema "transita"

da un comportamento lineare ad una eventuale instabilità dinamica. Anche se un

segmento curvilineo è sempre presente, in alcuni casi la transizione può essere

relativamente lunga e graduale, mentre in altri casi può essere molto breve e brusca.

Un segmento finale lineare che è orizzontale o quasi orizzontale, nel quale le

domande di deformazione laterale infinitamente grandi si verificano per piccoli

incrementi di intensità del sisma. Questo segmento corrisponde al punto in cui un

sistema diventa instabile (instabilità laterale dinamica).

Page 110: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 86

La curva di capacità definisce la capacità della struttura indipendentemente da qualsiasi

specifica richiesta sismica (infatti non si fa riferimento alcuno all’azione sismica) e quindi

descrive le caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta di

legame costitutivo semplificato della struttura. Trattandosi di un legame scalare forza-

spostamento il comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a

quello di un sistema SDOF che può ragionevolmente definirsi equivalente dato che la curva

di capacità è stata costruita tenendo conto del comportamento dell’intero sistema MDOF.

Quando un terremoto induce uno spostamento laterale sulla struttura la sua risposta è

rappresentata da un punto su tale curva e, poiché la deformazione di tutti i suoi componenti

è correlata allo spostamento globale della struttura stessa, ogni punto di questa curva

definisce anche uno specifico stato di danno strutturale.

4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità Si riporta di seguito il classico andamento di una curva Forza - Spostamento. Su questa

curva, valida sia a livello globale della struttura sia in un punto specifico di essa, si possono

individuare gli stati limite di controllo.

Figura 4.4 - Comportamento deformativo della struttura [16]

il punto B evidenzia l’abbandono della fase elastica, e la comparsa del primo

meccanismo plastico (cerniera plastica a momento/taglio o effetti combinati PMM,

svergolamento di un elemento compresso, snervamento per trazione, ecc);

il punto IO evidenzia il raggiungimento del primo stato limite denominato Immidiate

Occupancy (rioccupazione immediata), superato il quale si ha un danneggiamento

basso, ma comunque tale da rendere necessario un intervento di ripristino locale per

la rioccupazione dell’edificio;

il punto LS evidenzia il raggiungimento del secondo stato limite denominato Life

Safety (Salvataggio della vita), superato il quale si ha un danneggiamento alto, e non

si ha la certezza del salvataggio delle vite degli occupanti dell’edificio;

il punto CP evidenzia il raggiungimento dell’ultimo stato limite denominato Collapse

Prevention (Prevenzione del Collasso). Questo livello segna un danneggiamento

molto pronunciato prossimo a quello di Collasso (individuato dal punto C).

Si fa notare che il collasso individuato dal punto C, risulta un Collasso in termini di forza

orizzontale, cioè le membrature della struttura sono così danneggiate da non portare più

Page 111: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 87

forze orizzontali, ma permane una resistenza ai carichi verticali. Il collasso vero e proprio è

indicato dal punto E. Inoltre, mentre il valore di IO e CP sono dettati da ragionamenti fisici,

il valore LS è un valore di comodo scelto opportunamente tra i due precedenti.

Questa curva è valida sia a livello globale per la struttura, e in questo caso assume

l’importanza della individuazione dei diversi stati limite, sia a livello locale. In tal caso,

assume un valore di assegnazione dei diversi livelli di danneggiamento di quella particolare

"hinge"(cerniera).

4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA

4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 [5]

L’analisi non lineare statica consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e,

per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite,

ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante

(taglio alla base) Fb. Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in

direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale

o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il centro di

massa dell’ultimo livello della costruzione (sono esclusi eventuali torrini).

Il diagramma Fb - dc rappresenta la curva di capacità della struttura.

Questo tipo di analisi può essere utilizzato soltanto se ricorrono le condizioni di

applicabilità nel seguito precisate per le distribuzioni principali (Gruppo 1); in tal caso esso

si utilizza per gli scopi e nei casi seguenti:

- valutare i rapporti di sovraresistenza au/a1 di cui ai §§ 7.4.3.2, 7.4.5.1, 7.5.2.2,

7.6.2.2, 7.7.3, 7.8.1.3 e 7.9.2.1 delle NTC;

- verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati

con il fattore di struttura q;

- come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di

analisi lineari;

- come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.

Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle

distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle distribuzioni secondarie (Gruppo 2)

appresso illustrate.

Gruppo 1 - Distribuzioni principali:

- distribuzione proporzionale alle forze statiche di cui al § 7.3.3.2, applicabile solo se il

modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di

massa non inferiore al 75% ed a condizione di utilizzare come seconda distribuzione

la 2 a);

- distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale alla

forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella

direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%;

- distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in

un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale della struttura

è superiore a TC.

Page 112: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 88

Gruppo 2 - Distribuzioni secondarie:

a) distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione

uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;

b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di

controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.

L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale

equivalente ad un grado di libertà.

4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale

del moto [5]

Se la risposta viene valutata mediante analisi statica in campo non lineare, ciascuna delle

due componenti orizzontali (insieme a quella verticale, ove necessario, e agli spostamenti

relativi prodotti dalla variabilità spaziale del moto, ove necessario) è applicata

separatamente. Come effetti massimi si assumono i valori più sfavorevoli così ottenuti.

4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 [17]

Questo metodo d’analisi è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto la

componente del terremoto considerata è governato da un modo di vibrare naturale

principale, caratterizzato da una significativa partecipazione di massa.

L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale

equivalente ad un grado di libertà.

Figura 4.5 - Sistema e diagramma bilineare equivalente [17]

La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti

grandezze Fb e dc del sistema reale dalle relazioni:

F* = Fb / Γ

d* = dc / Γ

dove Γ è il “fattore di partecipazione modale” definito dalla relazione:

Γ = φT M τ / φT M φ

Page 113: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 89

Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma considerata;

il vettore φ è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale normalizzato ponendo dc=1;

la matrice M è la matrice di massa del sistema reale.

Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva bilineare

avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico (vedi figura 4.5).

Detta Fbu la resistenza massima del sistema strutturale reale ed F*bu = Fbu/Γ la resistenza

massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per

il punto 0,6 F*bu della curva di capacità del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione

F*y si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla

curva di capacità per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di

resistenza ≤ 0,15Fbu.

Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:

𝑇∗ = 2𝜋√𝑚∗

𝑘∗

dove m* = φTMτ e k* è la rigidezza del tratto elastico della bilineare.

Nel caso in cui il periodo elastico della costruzione T* risulti T* ≥ TC la domanda in

spostamento per il sistema anelastico è assunta uguale a quella di un sistema elastico di pari

periodo (vedi figura 4.6):

d*max = d*

e,max = SDe (T*)

Figura 4.6 - Spostamento di riferimento per T > TC [17]

Nel caso in cui T* < TC la domanda in spostamento per il sistema anelastico è maggiore di

quella di un sistema elastico di pari periodo (vedi figura 4.7) e si ottiene da quest’ultima

mediante l’espressione:

𝑑𝑚𝑎𝑥∗ =

𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

𝑞∗[1 + (𝑞∗ − 1)

𝑇𝐶

𝑇∗] ≥ 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Page 114: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 90

dove q* = Se (T*) m*/Fy* rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di

snervamento del sistema equivalente.

Figura 4.7 - Spostamento di riferimento per T ≤ TC [17]

Se risulta q*≤1 allora si ha d*max = d*

e,max .

Gli effetti torsionali accidentali sono considerati nel modo previsto al § 7.2.6 delle NTC.

Una volta trovata la domanda in spostamento d*max per lo stato limite in esame si verifica

che sia d*max ≤ d*

u e si procede alla verifica della compatibilità degli spostamenti per gli

elementi/meccanismi duttili e delle resistenze per gli elementi/meccanismi fragili.

L’analisi non lineare statica condotta nei modi previsti dalle NTC può sottostimare

significativamente le deformazioni sui lati più rigidi e resistenti di strutture flessibili

torsionalmente, cioè strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo superiore

ad almeno uno dei modi di vibrare principali traslazionali. Per tener conto di questo effetto,

tra le distribuzioni secondarie delle forze occorre scegliere la distribuzione adattiva.

L’azione sismica deve essere applicata, per ciascuna direzione, in entrambi i possibili versi e

si devono considerare gli effetti più sfavorevoli derivanti dalle due analisi.

4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

CONVENZIONALI L’analisi di pushover consiste nell’esame della struttura sottoposta ai carichi verticali (pesi

propri, permanenti ed accidentali) e ad un sistema di forze laterali al crescere delle quali

aumenta monotonicamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo della

struttura (posto tipicamente in sommità dell’edificio), fino al raggiungimento delle

condizioni ultime.

Le distribuzione di forze convenzionali sono:

distribuzione uniforme di forze;

distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano;

distribuzione triangolare;

distribuzione proporzionale al modo fondamentale.

Page 115: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 91

Tali metodologie di analisi di pushover convenzionali sono proposte, dalle varie normative

internazionali (EC8, FEMA, ATC), come metodi standard di analisi statica non-lineare per

le strutture regolari.

Le tipologie di pushover convenzionali si distinguono fra loro solamente per la diversa

modalità di distribuzione delle forze sulla struttura.

La caratteristica che contraddistingue le tipologie di pushover convenzionali da quelle

adattive è l’invariabilità della forma dei carichi laterali applicati al crescere del

moltiplicatore dei carichi.

4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme Nei telai piani per pushover uniforme si intende applicare ad ogni piano del telaio una forza

orizzontale proporzionale ai pesi sismici di ciascun piano, poi tramite un moltiplicatore dei

carichi si incrementano tali valori fino ad arrivare alle condizioni ultime della struttura,

oppure fino ad un prefissato livello di deformazione o spostamento.

In ogni caso riferendoci al caso oggetto di studio ogni peso sismico di ciascun piano non è

uguale e dunque la distribuzione di forze è uniforme in corrispondenza di ogni piano ma

non in tutta la sua altezza.

La relazione utilizzata per valutare le forze di piano è valutata in funzione della massa di

ciascun piano normalizzata rispetto a quella totale dell’edificio:

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

dove:

𝐹𝑖: forza dello i-esimo piano;

𝑀𝑖: massa dello i-esimo piano;

𝑀𝑡𝑜𝑡: massa totale dell’edificio.

Ricordiamo che l’analisi con distribuzione uniforme è proposta dalle normative perché si

presuppone che tale distribuzione di forze riesca a cogliere il comportamento ultimo di una

struttura che va in crisi con un meccanismo di piano debole formatosi alla base. Con un

meccanismo di rottura del tipo appena descritto le accelerazioni, indotte dall’azione sismica,

che si innescano sull’altezza dell’edificio non possono essere che uguali fra loro. Difatti

quando si forma un meccanismo di piano debole alla base della struttura, quest’ultima si

deformerà traslando con un moto rigido rispetto al piano andato in crisi, quindi la forma

modale della struttura passerà da lineare a costante sull’altezza.

Purtroppo quanto appena detto vale per i telai piani, ma non è affatto vero per una struttura

spaziale, nella quale potrebbe generarsi una crisi di piano debole in entrambe le direzioni x e

y, oppure solamente in una delle due direzioni. Ovviamente non esiste un metodo per

saperlo a priori, tutto dipende dalla direzione di provenienza del sisma e da come sono

disposti (in pianta) gli elementi di controventamento della struttura.

Nel caso di strutture spaziali non si sa quindi in quale direzione applicare le forze; se solo in

una, in entrambe contemporaneamente oppure se fare due analisi di pushover distinte nelle

due direzioni e poi combinare i risultati con le regole di quadratura. Ovviamente se l’input

sismico proviene da una direzione parallela ad x o y le forze si applicheranno solamente in

quella direzione, ma nel caso di eccitazione sismica bidirezionale il problema permane.

L’idea più semplice, ma non supportata da alcuna evidenza sperimentale, potrebbe essere

Page 116: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 92

quella di effettuare due analisi di pushover distinte in entrambe le direzioni ortogonali. In

alternativa si potrebbero prendere in considerazione diverse direzioni di provenienza

dell’input sismico ed applicare delle forze laterali parallele alle supposte direzioni di

provenienza del sisma.

Fino ad ora si è parlato di come distribuire le forze di pushover lungo l’altezza della

struttura e con quale direzione, rimane però ancora il problema di capire come distribuire le

forze laterali a livello del singolo piano. Su di un piano infatti si trovano diversi punti, tutti

appartenenti al medesimo solaio, in cui sarebbe possibile applicare le forze laterali di

pushover. Per estendere l’applicazione del pushover uniforme alle strutture spaziali è quindi

necessario un nuovo criterio che stabilisca come distribuire le forze all’interno del piano.

Diversi studi fatti da vari autori (Chopra e Goel [2004], Kilar e Fajfar [2002], Penelis e

Kappos [2002], Moghadam e Tso [1996]) hanno mostrato che la soluzione migliore, ed

anche la più logica, è quella di applicare la risultante delle forze di piano nel centro di massa

(CM) del piano stesso. Tale evidenza deriva dal fatto che le forze laterali di pushover

cercano di esprimere le forze d’inerzia che si innescano sotto l’azione sismica, quindi tali

forze non possono essere che distribuite proporzionalmente alla distribuzione delle masse a

livello dei singoli piani. Ovviamente, per le regole della geometria delle masse, la forza

risultante che ne deriva passa per il centro di massa del piano considerato.

Per i motivi appena detti, se la struttura presenta dei solai infinitamente rigidi è possibile

applicare direttamente un’unica forza di pushover per ogni piano, tale forza sarà applicata

appunto nel CM

del piano considerato. L’infinita rigidezza del solaio farà si che le forze

siano distribuite a livello del singolo piano. Le forze applicate hanno tutte lo stesso modulo,

non solo lungo l’altezza, ma anche a livello di piano. Ciò è dovuto al fatto che il centro di

massa CM

coincide con il centro di simmetria del solaio. Nel caso in cui il CM non fosse

esattamente al centro del solaio allora la distribuzione delle forze nei nodi d’angolo non

sarebbe la stessa, in tal caso bisognerebbe ripartire la forza di piano in maniera

proporzionale alla distribuzione delle masse all’interno del piano.

Si osserva che la curva di capacità è funzione del punto di applicazione della risultante delle

forze applicate: alla distribuzione uniforme in genere corrisponde un punto di applicazione

basso e quindi una grande resistenza e piccoli spostamenti allo snervamento ed allo stato

limite di collasso.

L’analisi di pushover con distribuzione uniforme non si rivela adatta per le strutture spaziali

irregolari in pianta: essa non riesce a prevedere le massime rotazioni di piano che si

sviluppano a seguito dell’evento sismico.

4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo

fondamentale di vibrare Questa tipologia di pushover è in relazione al comportamento della struttura nella fase

elastica e vuole essere un affinamento del caso triangolare: in questo caso si adotta una

distribuzione delle forze laterali proporzionale al modo di vibrare fondamentale in una certa

direzione (modo con maggiore massa partecipante nella direzione prescelta). Se l’input

sismico proviene dalla direzione x, allora si adotterà una distribuzione delle forze

proporzionale al modo fondamentale lungo la direzione x, ovvero, proporzionalmente al

modo che possiede la maggior massa partecipante traslazionale lungo tale direzione; in

modo analogo si procede se l’input sismico proviene dalla direzione y.

La miglioria apportata dell’analisi di pushover con distribuzione proporzionale al modo

fondamentale (rispetto a quella con distribuzione triangolare) consiste nella rimozione

Page 117: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 93

dell’ipotesi che il modo di vibrare fondamentale della struttura sia di forma simile alla

triangolare, ma viene effettivamente valutata la forma modale fondamentale.

Distribuire le forze laterali secondo una forma proporzionale ad un modo dominante

permette di approssimare meglio la risposta sia di una struttura irregolare spaziale ma anche

di un telaio piano (per tali strutture i modi fondamentali non sono di forma triangolare); si

ottiene quindi una migliore descrizione delle forze d’inerzia che si innescano sotto azione

sismica.

Per strutture intelaiate piane ci sono essenzialmente modi con percentuale di massa

partecipante preponderanti nella direzione del piano mentre per le strutture spaziali ed

irregolari in pianta accade che i modi traslazionali e rotazionali si accoppiano fra loro

generando dei modi roto-traslazionali che presentano componenti di spostamento in

entrambe le direzioni x e y.

A questo punto rimane da definire quale sia il modo fondamentale da prendere in

considerazione per la distribuzione delle forze; il buonsenso suggerisce di prendere il modo

che possiede la maggior massa partecipante lungo la direzione di provenienza dell’input

sismico.

Nelle relazioni seguenti si valutano le forze per ciascun piano.

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

Dove:

𝐹𝑖: forza dello i-esimo piano;

𝑀𝑖: massa dello i-esimo piano;

𝜑𝑖: spostamento modale dello i-esimo piano normalizzato rispetto al massimo

spostamento modale.

Lo spostamento 𝜑𝑖 è quello del punto corrispondente al centro di massa dello i-esimo piano.

Si osserva che la curva di capacità è funzione del punto di applicazione della risultante delle

forze applicate: alla distribuzione di forze proporzionale al modo fondamentale di vibrare

corrisponde in genere un punto di applicazione alto e quindi una piccola resistenza e grandi

spostamenti allo snervamento ed allo stato limite di collasso.

Questa analisi entra in crisi quando non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta

strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale perché diventano significativi i

contributi forniti dagli altri modi, è il caso di strutture irregolari in altezza.

4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

MULTIMODALE L’analisi pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli

edifici irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e

delle rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta

strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Per quanto riguarda la distribuzione

delle rigidezze, l’irregolarità in altezza può essere causata dalla presenza nella struttura di

piani di altezza inferiore o dalla rastremazione degli elementi verticali. In riferimento alla

distribuzione delle masse, l’eventuale irregolarità in altezza è solitamente causata dalla

presenza nell’edificio di un piano molto caricato rispetto agli altri.

L’irregolarità in altezza provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo

di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture

Page 118: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 94

regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della massa

totale. Questo fatto rende inapplicabile l’analisi pushover convenzionale che considera la

distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata di un modo di vibrare, e

rende necessaria l’applicazione di un metodo che riesca ad includere gli effetti di tutti i modi

di vibrare significativi.

Uno studio finalizzato all’analisi pushover di edifici irregolari in altezza è quella condotto

da Chopra e Goel e descritto in un articolo del 2001 dal titolo “A modal pushover analysis

procedure for estimating seismic demands for buildings” pubblicato nella rivista scientifica

“Earthquake Engineering and Structural Dynamics”. In questo studio viene proposto un

metodo di analisi statica non lineare per edifici irregolari in altezza, ovvero per strutture che

hanno una risposta dinamica caratterizzata da più modi di vibrazione naturale significativi,

che va sotto il nome di “analisi pushover multimodale” o “modal pushover” proprio perché

considera l’effetto di più modi di vibrare.

4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) [18]

L’analisi modale pushover di Chopra e Goel consiste essenzialmente nell’eseguire tante

analisi statiche non lineari quanti sono i modi di vibrare significativi, ognuna con una

distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo considerato;

successivamente si determina la risposta globale combinando i singoli effetti ottenuti da

ciascuna analisi.

L’equazione differenziale che governa la risposta di una struttura multipiano soggetta

all’accelerazione sismica �̈�𝑔(𝑡) è la seguente:

𝑀�̈� + 𝐶�̇� + 𝐾𝑈 = −𝑀𝐼�̈�𝑔(𝑡)

dove M, C e K sono rispettivamente le matrici delle masse, dello smorzamento viscoso e

della rigidezza, mentre U è il vettore degli spostamenti laterali di piano e I è il vettore unità.

Il secondo membro dell’equazione può essere interpretato come l’effettiva forzante sismica:

𝑝𝑒𝑓𝑓(𝑡) = −𝑀𝐼�̈�𝑔(𝑡) = −𝑠 �̈�𝑔(𝑡)

dove s è il vettore che definisce la distribuzione delle forze orizzontali lungo l’altezza

dell’edificio.

Dalla relazione si ha che:

𝑀𝐼 = 𝑠 = ∑ 𝑠𝑛

𝑁

𝑛=1

= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛

𝑁

𝑛=1

dove il pedice n si riferisce al modo di vibrare della struttura n-esimo.

In questa equazione è racchiuso il senso dell’analisi multimodale, ovvero a differenza

dell’analisi pushover convenzionale in cui, considerando un unico modo di vibrare, il

vettore s si determina come segue:

𝑠 = 𝛤𝑀𝛷

nel modal pushover esso non è più riferito ad un solo modo di vibrazione ma si calcola con

la relazione:

Page 119: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 95

𝑠 = ∑ 𝑠𝑛

𝑁

𝑛=1

= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛

𝑁

𝑛=1

ovvero la distribuzione delle forze laterali espresse come la somma delle distribuzioni di

forze relative a ciascuno degli n modi di vibrare significativi della struttura.

Nella pratica questo si traduce eseguendo n analisi pushover secondo il metodo N2, per

ciascuna delle quali si determina la domanda di spostamento d*max.

Successivamente i parametri relativi alla domanda, determinati per ciascuna delle analisi

statiche non lineari, si combinano in accordo ad una appropriata regola di combinazione

modale per ottenere la domanda totale, riferita alla risposta strutturale globale.

Figura 4.8 - Esempio delle deformate relative ai primi tre modi di vibrare di un edificio di 9 piani [18]

In figura si riporta l’esempio di un edificio di 9 piani, ed in particolare si mostrano le

deformate relative ai primi tre modi naturali di vibrazione. Ipotizzando che si tratti di un

edificio irregolare in altezza la massa totale non sarà attivata solamente dal primo modo di

vibrare ma una parte significativa sarà attivata dal secondo e terzo modo.

Dunque, in un caso del genere per eseguire l’analisi statica non lineare è necessario

applicare il metodo di modal pushover. Si devono eseguire, quindi tre analisi considerando

per ciascuna la distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo di

vibrare corrispondente. Tali distribuzioni di forze statiche orizzontali sono espresse dalla

relazione seguente:

𝑠𝑛∗ = 𝑀𝛷𝑛

in cui 𝑠𝑛∗ si ottiene dividendo i membri dell’equazione

𝑠 = ∑ 𝑠𝑛

𝑁

𝑛=1

= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛

𝑁

𝑛=1

Page 120: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 96

per il fattore di partecipazione modale 𝛤𝑛, il quale essendo costante non influenza i rapporti

relativi tra le forze orizzontali della distribuzione considerata; 𝛷𝑛 è il vettore degli

spostamenti di piano relativi alla deformata di vibrare n-esimo.

Figura 4.9 - Distribuzione delle forze orizzontali s*n=MΦn, n=1,2, e 3 [18]

Ciascuna delle analisi viene condotta con il metodo N2 usuale, e quindi, dalla curva di

capacità del sistema MDOF si determina la bilineare equivalente del sistema SDOF e,

procedendo al confronto di quest’ultima con lo spettro di risposta in formato ADRS si

determina la domanda di spostamento d*max. Successivamente si ottiene la risposta globale

combinando i risultati ottenuti da ciascuna analisi.

4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale

Una volta effettuate le n analisi di pushover separatamente, per ottenere la domanda di

spostamento totale, occorre combinare tra di loro le domande massime di spostamento d*max

ottenute da ciascuna analisi.

I tipi di combinazione suggeriti dagli autori del metodo sono le usuali combinazioni usate

per l’analisi modale, ovvero la combinazione quadratica semplice (SRSS) oppure la

combinazione quadratica completa (CQC). In particolare, come si procede usualmente nella

combinazione dei modi in una analisi modale con spettro di risposta, al fine di calcolare la

domanda di spostamento complessiva può essere usata una combinazione quadratica

semplice se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10% da tutti gli

altri. In caso contrario si dovrà utilizzare una combinazione quadratica completa.

Indicando con d la domanda totale e con di la domanda ottenuta dall’analisi pushover riferita

al modo i-esimo, la combinazione quadratica semplice è definita dalla relazione seguente:

𝑑 = (∑ 𝑑𝑖2

𝑁

𝑖=1

)

1/2

Page 121: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 97

in cui N è il numero dei modi significativi considerato.

Analogamente si definisce la combinazione quadratica completa:

𝑑 = (∑ ∑ 𝜌𝑖𝑗𝑑𝑖𝑑𝑗

𝑁

𝑗=1

𝑁

𝑖=1

)

1/2

in cui i pedici i e j sono riferiti al modo i-esimo ed al modo j-esimo, mentre ρij è il

coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j calcolato con l’espressione seguente:

𝜌𝑖𝑗 =(8 𝜉2(1 + 𝛽𝑖𝑗)𝛽𝑖𝑗

3/2)

((1 − 𝛽𝑖𝑗2)

2+ 4 𝜉2𝛽𝑖𝑗(1 + 𝛽𝑖𝑗)

2)

dove ξ è il coefficiente di smorzamento viscoso e 𝛽ij è così definito:

𝛽𝑖𝑗 =𝜔𝑖

𝜔𝑗

in cui 𝜔𝑖 ed 𝜔𝑗 sono le frequenze rispettivamente del modo i e del modo j.

In questo modo si ottiene la domanda di spostamento complessiva, includendo in essa gli

effetti dovuti a tutti i modi di vibrare significativi della struttura.

4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA [19]

Secondo il rapporto FEMA-440 con il metodo MPA si possono ottenere risultati che, sia in

termini di forze, sia in termini di spostamenti di piano assoluti e relativi appaiono migliori

rispetto a quelli conseguiti con un’analisi di Pushover di tipo tradizionale. Tuttavia, nel

documento viene anche messo in luce il fatto che l’accuratezza di tali risultati dipende

significativamente dal parametro indagato, dalle caratteristiche della struttura e dai dettagli

della specifica procedura. Inoltre viene evidenziata la tendenza a sovrastimare gli effetti del

sisma, in particolare forze e momenti, a causa delle caratteristiche del sistema di

combinazione dei risultati SRSS. Infine viene rilevato come, a causa dell’invariabilità dei

profili adottati nelle singole analisi il metodo MPA sia fondamentalmente limitato, al pari

dei criteri convenzionali. Sebbene tale metodo costituisca un miglioramento significativo

rispetto alle tecniche di analisi Pushover convenzionali, permangono alcune importanti

insufficienze legate al fatto che gli effetti dell’accumulazione dei danni indotti dal crescente

livello di deformazione non vengono considerati. Dunque non vengono conteggiati i

possibili cambiamenti del comportamento strutturale indotti dalle riduzioni delle rigidezze

degli elementi e dalle conseguenti elongazioni dei periodi relativi ai diversi modi di vibrare.

Appare chiaro come tali insufficienze siano dovute alla invariabilità del vettore dei carichi

laterali applicato durante l’analisi, sia esso rappresentativo del solo modo di vibrare

fondamentale o di più modi, a causa dell’inadeguatezza nel riflettere il progressivo degrado

strutturale attraverso un vettore dalla forma fissata. Per questi motivi gli ultimi sviluppi di

questi ultimi anni nei riguardi dell’analisi statica non lineare si sono rivolti verso analisi

Pushover di tipo adattivo.

Page 122: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 98

4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE [20]

Le problematiche che investono tali tipi di strutture non è legata solo alle differenze dei

modelli in cui possono essere studiate ma senza entrare nello specifico di quanto già detto

sulle analisi di pushover, sono indubbie le difficoltà nel valutare la direzione, il punto di

applicazione e la distribuzione di forze sulla struttura al variare delle azioni d’inerzia

sismiche.

Nel modello oggetto di studio si sono fatte delle ipotesi semplificative inerenti i problemi

elencati in precedenza:

Le forme delle distribuzioni delle forze laterali sono applicate sempre in entrambe le

direzioni x e y e sono:

a. distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una

distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;

b. distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata del primo

modo di vibrare;

c. distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata dei modi di

vibrare principali (MPA).

Le forze sismiche di pushover seguono la direzione degli assi x e y ma sono applicate

singolarmente e non contemporaneamente.

Il punto di applicazione delle forze corrisponde al baricentro delle masse di ogni

piano. Per il calcolo di questo punto si è fatto riferimento alla geometria delle masse

in particolar modo al rapporto tra momento statico delle masse di piano e le masse

stesse. Il momento statico si valuta moltiplicando la massa di una membratura (per

esempio pilastro, trave, scale o pannello murario) per la relativa distanza rispetto agli

assi coordinati x o y che sono posizionati generalmente all’origine della griglia su cui

è stata modellata la struttura.

Page 123: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 99

4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 [21]

4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000

Normalmente solo lo stato finale è salvato per una analisi non lineare statica. Si può

scegliere invece di salvare i risultati intermedi per vedere come la struttura ha risposto

durante la fase di carico. Questo è particolarmente importante per l’analisi non lineare

statica dove si ha la necessità di sviluppare la curva di capacità.

4.9.1.1 - Salvataggio di più steps

Se si sceglie di salvare più steps, lo stato all’inizio dell’analisi (step 0) sarà salvato, così

come un numero di stati intermedii. Da un punto di vista terminologico, il salvataggio di

cinque steps significa la stessa cosa di salvare sei stati (da step0 a step5): lo step è

l’incremento mentre lo stato è il risultato.

Il numero di steps salvati dipende dai parametri:

Minimo numero di steps salvati;

Massimo numero di steps salvati;

Opzione di salvare solo gli incrementi positivi.

4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati

Il minimo e il massimo numero di steps salvati operano un controllo sul numero di punti

attualmente salvati nell’analisi. Se il minimo numero di steps salvati è troppo piccolo, si

potrebbe non avere abbastanza punti per rappresentare adeguatamente una curva di

Pushover. Se il minimo e il massimo numero di steps salvati è troppo grande, allora l’analisi

potrebbe richiedere un eccessivo onere computazionale.

Il programma determina automaticamente la spaziatura degli steps da essere salvati come

segue. La massima lunghezza degli steps è uguale alla forza totale fissata o allo spostamento

totale fissato diviso il minimo numero di steps salvati. Il programma comincia dal

salvataggio degli steps a questo incremento. Se avviene un evento significativo ad uno step

di lunghezza minore di questo incremento, allora il programma salverà anche quello step e

continuerà con il massimo incremento da lì.

Per esempio, supponiamo che il minimo e il massimo numero di steps salvati sono fissati

pari a 20 e 30 rispettivamente, e il target è fissato ad uno spostamento di 10 mm.

L’incremento massimo di steps salvati sarà 10/20=0.5 mm. Così, il dato è salvato a 0.5, 1,

1.5, 2, 2.5 mm. Supponiamo che avviene un evento significativo a 2.7 mm. Allora il dato è

anche salvato a 2.7 mm, e continua da lì salvando a 3.2, 3.7, 4.2, 4.7, 5.2, 5.7, 6.2, 6.7, 7.2,

7.7, 8.2, 8.7, 9.2, 9.7 e 10.0 mm.

Il massimo numero di steps salvati controlla il numero di eventi significativi per i quali il

dato sarà salvato. Il programma raggiungerà sempre la forza o lo spostamento fissati

all’interno del numero di steps massimi salvati, comunque, nel fare così il programma

potrebbe saltare il salvataggio degli steps agli eventi successivi.

Per esempio, supponiamo che il minimo e il massimo numero di steps salvati sono fissati

pari a 20 e 21 rispettivamente, e il target è fissato ad uno spostamento di 10 mm.

L’incremento massimo di steps salvati sarà 10/20=0.5 mm. Così, il dato è salvato a 0.5, 1,

1.5, 2, 2.5 mm. Supponiamo che avviene un evento significativo a 2.7 mm. Allora il dato è

anche salvato a 2.7 mm, e continua da lì salvando a 3.2 e 3.7 mm. Supponiamo che avvenga

un altro evento significativo a 3.9 mm. Il programma non salverà il dato a 3.9 mm, perché

Page 124: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 100

se lo facesse non sarebbe capace di limitare il massimo incremento a 0.5 mm e ancora di

portare a termine il pushover completamente in non più di 21 steps. Si nota che se avvenisse

un secondo evento significativo a 4.1 mm piuttosto che a 3.9 mm, allora il programma

sarebbe capace di salvare lo step e ancora di incontrare il criterio specificato per

l’incremento massimo e il massimo numero di steps.

CASO 1

Minimo numero di steps salvati = 20;

Massimo numero di steps salvati = 21;

L’incremento massimo = 0,5mm;

Eventi significativi a 2,7mm e a 3,9mm.

CASO 2

Minimo numero di steps salvati = 20;

Massimo numero di steps salvati = 21;

L’incremento massimo = 0,5mm;

Eventi significativi a 2,7mm e a 4,1mm.

CASO 1 CASO 2

(mm) (mm)

0,5 0,5

1 1

1,5 1,5

2 2

2,5 2,5

evento significativo 2,7 2,7

3,2 3,2

3,7 3,7

evento significativo 3,9 4,1

4,4 4,6

4,9 5,1

5,4 5,6

5,9 6,1

6,4 6,6

6,9 7,1

7,4 7,6

7,9 8,1

8,4 8,6

8,9 9,1

9,4 9,6

9,9 10

Tabella 4.1 - Stati dell’analisi Pushover

Page 125: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 101

4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi

Questa opzione è di primario interesse per l’analisi pushover sotto il controllo in

spostamento. Nel caso di estrema non linearità, particolarmente quando una cerniera perde

carico, la curva pushover potrebbe mostrare incrementi negativi nello spostamento

monitorato mentre la struttura sta provando a ridistribuire la forza proveniente da una

componente collassata.

Si può scegliere o no di voler salvare solo gli steps aventi incrementi positivi. Gli incrementi

negativi rendono spesso l’aspetto della curva pushover confuso.

Si potrebbe quindi voler scegliere di salvare solo gli incrementi positivi nella maggioranza

dei casi eccetto quando l’analisi sta avendo una convergenza preoccupante.

4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico

Prendiamo in considerazione il telaio 2D (H=4m; B=4m) raffigurato in figura 4.10:

Figura 4.10 - Telaio 2D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE360M 4 S450

Trave IPE400 4 S355

Asta del controvento TUBO 219,1/8 5,65 S235 Tabella 4.2 - Elementi costituenti il telaio 2D

I tipi di acciaio utilizzati nel telaio preso in esame sono riportati in tabella 4.3:

ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)

S235 360 235 1,05 223,8 210000

S355 510 355 1,05 338,1 210000

S450 550 440 1,05 419,0 210000

Tabella 4.3 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

Abbiamo variato il minimo e il massimo numero di steps salvati avendo fissato un target ad

uno spostamento pari a 1 m per tutti e quattro i modelli.

Modello 1:

Minimo numero di steps salvati = 1000

Massimo numero di steps salvati = 3000

Page 126: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 102

Modello 2:

Minimo numero di steps salvati = 500

Massimo numero di steps salvati = 1500

Modello 3:

Minimo numero di steps salvati = 250

Massimo numero di steps salvati = 1000

Modello 4:

Minimo numero di steps salvati = 100

Massimo numero di steps salvati = 500

La massima lunghezza degli steps è uguale allo spostamento totale fissato diviso il minimo

numero di steps salvati, l’incremento massimo di steps salvati sarà:

min/max num steps 1000/3000 500/1500 250/1000 100/500

spostamento tot (m) 1 1 1 1 min num steps 1000 500 250 100

max incremento (m) 0,001 0,002 0,004 0,01 Tabella 4.4 - Incremento max dei 4 modelli studiati

A questo punto abbiamo lanciato l’analisi e poi verificato tramite dei parametri significativi

la bontà della stessa:

min/max num steps steps salvati steps nulli steps totali

Modello 1 1000/3000 1005 2 2479

Modello 2 500/1500 506 4 1500

Modello 3 250/1000 253 2 629

Modello 4 100/500 103 0 257 Tabella 4.5 - Parametri significativi dei 4 modelli studiati

Gli steps totali rappresentano il massimo numero di steps considerati nell’analisi. Potrebbe

includere steps salvati così come sotto-steps i quali risultano non essere salvati. In tutti i

modelli si è raggiunto lo spostamento fissato con un numero di steps totali inferiore o

uguale al massimo numero di steps salvati.

Gli steps nulli avvengono durante la procedura di soluzione non lineare quando:

una cerniera si sta scaricando;

un evento (snervamento, scarico, ecc.) innesca un altro evento;

l’iterazione non converge e ci si attende un step più piccolo.

Un eccessivo numero di steps nulli potrebbe indicare che la soluzione è andata in stallo

dovuta ad un collasso catastrofico o ad una sensibilità numerica; non è il nostro caso visto

che il massimo numero di steps nulli lo riscontriamo nel modello 2 ed è pari a 4, quindi

piccolo.

Gli steps salvati devono essere maggiori o uguali al minimo numero di steps salvati. Nel

nostro caso sono sempre maggiori, ciò significa che sono avvenuti degli eventi significativi

a degli steps di lunghezza minore dell’incremento massimo.

Page 127: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 103

Dimostrata la bontà dell’analisi si passa al confronto degli sforzi assiali di compressione

trovati nell’asta compressa del controvento per i quattro modelli facendo particolare

attenzione al valore di snervamento.

Riportiamo in tabella 4.6 tutti i valori della N di compressione (Nc) sino allo step10,

riportiamo cioè i risultati sino allo stato 11 per i quattro modelli:

Modello 1 Modello 2 Modello 3 Modello 4

1000/3000 500/1500 250/1000 100/500

STEP Nc (KN) Nc (KN) Nc (KN) Nc (KN)

0 1,361 1,361 1,361 1,361

1 132,416 263,471 525,581 916,291

2 263,471 525,581 916,291 916,291

3 394,526 787,691 916,291 916,291

4 525,581 916,291 916,291 916,291

5 656,636 916,291 916,291 916,291

6 787,691 916,291 916,291 916,291

7 916,291 916,291 916,291 916,291

8 916,291 916,291 916,291 916,291

9 916,291 916,291 916,291 916,291

10 916,291 916,291 916,291 916,291 Tabella 4.6 - Nc dei 4 modelli studiati

I quattro modelli raggiungeranno la N di snervamento in corrispondenza di steps diversi

come era facile aspettarsi visto che hanno incrementi massimi diversi.

Inoltre i quattro modelli trovano lo stesso valore di N di snervamento indipendentemente

dalla diversa scelta del numero di steps fatta per ciascun modello come si vede nel grafico

4.2:

Grafico 4.2 - Nc per i diversi modelli al variare degli steps

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Nc

(KN

)

Step

Nc in funzione del Min/Max numero steps

1000/3000

500/1500

250/1000

100/500

Page 128: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 104

4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step

L’iterazione è usata per assicurarsi che l’equilibrio sia raggiunto a ciascuno step dell’analisi.

Per ciascuno step è tentata per prima l’iterazione a rigidezza costante. Se la convergenza

non è raggiunta allora si tenta l’iterazione Newton-Raphson (rigidezza tangente). Se

entrambe falliscono, la lunghezza dello step è ridotta, e il processo è ripetuto.

Si può controllare separatamente il numero delle iterazioni a rigidezza costante e N-R

permesse in ogni step. Il settaggio di uno dei due parametri a zero impedisce quel tipo di

iterazione. Il settaggio di entrambi a zero spinge il programma a determinare

automaticamente il numero e il tipo di iterazioni permesse. Le iterazioni a rigidezza costante

sono più veloci di quelle N-R, ma le ultime sono usualmente le più efficaci. I valori di

default lavorano bene in molte situazioni.

4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione

L’iterazione è usata per assicurarsi che l’equilibrio sia raggiunto a ciascuno step dell’analisi.

Si può fissare la relativa tolleranza di convergenza la quale è usata per comparare la

grandezza della forza con la grandezza della forza agente sulla struttura.

Si potrebbe avere la necessita di usare valori significativamente più piccoli della tolleranza

di convergenza al fine di ottenere buoni risultati per problemi ai grandi spostamenti che non

per altri tipi di non linearità. Si può decrementare questo valore sino ad ottenere risultati

congrui.

4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”

L’algoritmo della soluzione non lineare usa una strategia “event to event” per le cerniere. Se

si ha un grande numero di cerniere nel modello, questo potrebbe derivare in un enorme

numero di steps risolti. Si può specificare una tolleranza dell’evento cumulo la quale è usata

per raggruppare gli eventi insieme allo scopo di ridurre il tempo di risoluzione.

Quando una cerniera snerva o si muove verso un altro segmento della curva forza-

spostamento (momento-rotazione), un evento è messo in ordine. Se altre cerniere sono

chiuse facendo esperienza del loro proprio evento, all’interno dell’evento cumulo di

tolleranza, loro saranno trattate come se hanno raggiunto l’evento. Questo induce un piccolo

ammontare di errore nel livello di forza (momento) in corrispondenza del quale avviene lo

snervamento o il cambio in segmento.

Specificando una più piccola tolleranza dell’evento cumulo si incrementerà l’accuratezza

dell’analisi, al costo di un maggiore tempo computazionale.

Si può chiudere il processo “event to event” completamente, in quel caso il programma sarà

iterato sulle cerniere. Questo potrebbe essere utile in modelli con un gran numero di

cerniere, ma non è raccomandato se ci si aspetti che le cerniere perdano resistenza in modo

repentino.

4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000

Questa opzione è primariamente intesa per l’analisi pushover usando proprietà di cerniera

che esibiscono improvvisi cali nella loro capacità di carico trasportato.

Quando una cerniera scarica, il programma deve trovare una via per rimuovere il carico che

la cerniera stava portando e possibilmente ridistribuirlo al resto della struttura. Lo scarico

della cerniera avviene dovunque la curva tensioni-deformazioni (forze-deformazioni e

momenti-rotazioni) mostra un calo in capacità, così come è spesso assunto dal punto C al

punto D, o dal punto E al punto F (completa rottura).

Page 129: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 105

Così lo scarico lungo una pendenza negativa può essere instabile nelle analisi statiche, e una

soluzione unica non è sempre matematicamente garantita. Nelle analisi dinamiche (e il

mondo reale) l’inerzia produce stabilità e una soluzione unica.

Per l’analisi statiche, sono necessari dei metodi speciali per risolvere questo problema di

instabilità. Differenti metodi potrebbero lavorare meglio con differenti problemi. Metodi

diversi potrebbero produrre risultati diversi con lo stesso problema. SAP2000 fornisce tre

diversi metodi per risolvere questo problema dello scarico della cerniera, i quali sono

descritti successivamente.

Se tutte le pendenze tensione-deformazione sono positive o nulle, questi metodi non sono

usati a meno che la cerniera oltrepassa il punto E e si rompe. L’instabilità causata dagli

effetti geometrici non è trattata da questi metodi.

4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura

Quando una cerniera raggiunge una porzione della curva tensione-deformazione a pendenza

negativa, il programma continua a provare ad incrementare il carico applicato. Se questo

risulta in una deformazione incrementata (tensione decrementata) l’analisi procede. Se la

deformazione prova a invertire, il programma invece inverte il carico sull’intera struttura

sino a che la cerniera è completamente scarica per il prossimo segmento sulla curva

tensioni-deformazioni. A questo punto il programma ritorna ad incrementare il carico sulla

struttura. Altre parti della struttura potrebbero ora raccogliere il carico che è stato rimosso

dalla cerniera scarica.

Se il carico deve essere invertito o no per scaricare la cerniera dipende dalla flessibilità

relativa della cerniera scaricante comparata con altre parti della struttura che agiscono in

serie con la cerniera.

Questo metodo è il più efficiente dei tre metodi disponibili, ed è usualmente il primo

metodo che si dovrebbe provare. Esso generalmente lavora bene se la cerniera scaricante

non richiede grandi riduzioni nel carico applicato alla struttura. Esso fallisce se due cerniere

concorrono allo scarico, i.e., dove una cerniera richiede il carico applicato per incrementare

mentre l’altra richiede il carico per decrementare. In questo caso, l’analisi si fermerà con il

messaggio “incapace a trovare una soluzione”, in quel caso si dovrebbe provare uno degli

altri due metodi.

Questo metodo usa un moderato numero di steps nulli.

4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale

Questo metodo è simile al primo metodo, eccetto che invece di scaricare l’intera struttura,

solo l’elemento contenente la cerniera è scaricato. Quando una cerniera è su una porzione

della curva tensione-deformazione a pendenza negativa e il carico applicato causa l’invertire

della deformazione, il programma applica un temporaneo, localizzato, auto-equilibrante,

carico interno che scarica l’elemento. Questo causa lo scarico della cerniera. Una volta che

la cerniera è scaricata, il carico temporaneo è invertito, trasferendo il carico rimosso verso

gli elementi contigui. Questo processo è inteso per imitare come le forze di inerzia locale

potrebbero stabilizzare un elemento scaricante rapidamente.

Questo metodo è spesso il più efficace dei tre metodi disponibili, ma usualmente richiede

più steps rispetto al primo metodo, includendo molti piccoli steps e un sacco di steps nulli. Il

limite sugli steps nulli dovrebbe usualmente essere fissato tra il 40% e il 70% degli steps

totali permessi.

Page 130: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 106

Questo metodo fallirà se due cerniere nello stesso elemento concorrono allo scarico, i.e.,

dove una cerniera richiede il carico temporaneo per incrementare mentre l’altra richiede il

carico per decrementare. In questo caso, l’analisi si fermerà con il messaggio “incapace a

trovare una soluzione”, dopo il quale si dovrebbe dividere l’elemento così che le cerniere

siano separate e riprovare di nuovo. Si controlla il .LOG file per vedere quali elementi

stanno avendo problemi. L’approccio più facile è assegnare le cerniere sovrascritte, e

scegliere di suddividere automaticamente dalle cerniere.

4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante

Questo metodo è abbastanza differente dai primi due. Dovunque una cerniera raggiunge una

porzione della curva tensioni-deformazioni a pendenza negativa, tutte le cerniere che sono

diventate non lineari sono riformate usando le proprietà della rigidezza secante, e l’analisi è

ripartita.

La rigidezza secante per ciascuna cerniera è determinata come la secante dal punto O al

punto X sulla curva tensione-deformazione, dove: il punto O è il punto di tensione-

deformazione all’inizio del caso di carico (il quale usualmente include la tensione dovuta al

carico di gravità); e il punto X e il punto corrente sulla curva tensione-deformazione se la

pendenza è zero o positiva, o altrimenti è il punto all’estremo inferiore del segmento a

pendenza negativa della curva tensione-deformazione.

Quando il carico è riapplicato dall’inizio dell’analisi, ciascuna cerniera si muove lungo la

secante sino a raggiungere il punto X, dopo il quale la cerniera riprende usando la curva

tensione-deformazione data.

Questo metodo è simile all’approccio suggerito dalle guide linea FEMA-356, e ha senso

quando si considera l’analisi pushover come un carico ciclico di incremento della grandezza

piuttosto che come una spinta statica monotona.

Questo metodo è il meno efficiente dei tre, con il numero di steps richiesti incrementati

come la radice dello spostamento target. Esso è anche il più robusto (il meno probabile a

fallire) a patto che il carico di gravità non sia troppo grande. Questo metodo potrebbe fallire

quando la tensione in una cerniera sotto il carico di gravità è grande abbastanza che la

secante da O a X è negativa. In un altro modo, questo metodo potrebbe essere utile a fornire

soluzioni dove gli altri due metodi falliscono dovute a cerniere con piccole (vicino

all’orizzontale) pendenze negative.

Page 131: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 4 107

4.10 - BIBLIOGRAFIA

[5] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

[14] T. Albanesi, C. Nuti (2007), Dispensa: “ANALISI STATICA NON LINEARE

(PUSHOVER)”, Dipartimento di Strutture, Università degli studi di Roma Tre, Roma,

Maggio 2007.

[15] FEMA, (2009): “Effects of Strength and Stiffness Degradation on Seismic Response”,

Federal Emergency Management Agency-P440A, Washington D.C. (USA), June 2009.

[16] A. Habibullah, S. Pyle (1998), “Practical Three Dimensional Nonlinear Static Pushover

Analysis”, Published in Structure Magazine, Winter 1998.

[17] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (2008), “Bozza di Istruzioni per l’applicazione

delle Norme tecniche per le Costruzioni”, aggiornamento al 07/03/2008.

[18] Chopra A.K., Goel R.K. (2001), “A modal pushover analysis procedure for estimating

seismic demands for buildings”, Earthquake Engineering Research Center, University of

California, Berkeley, 31 August 2001.

[19] FEMA (2005): “Improvement of Nonlinear Static Seismic Analysis Procedures”,

Federal Emergency Management Agency-440, Washington (USA), June 2005.

[20] Fausto Viesi (2008), Tesi di Laurea: “Confronto tra modellazione a plasticità diffusa e

concentrata per strutture in c.a.: la scuola di Bisignano”, Corso di Laurea in Ingegneria

Civile - Indirizzo Strutture -, Università degli studi di Bologna, anno accademico2007/2008.

[21] Computers and Structures, Inc. (2010), “CSI Analysis Reference Manual For

SAP2000®, ETABS®, and SAFE® ”, Berkeley, California (USA), March 2010.

Page 132: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 108

5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA

5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA

La struttura ospedaliera studiata è in acciaio di nove piani, di cui tre interrati e sei fuori

terra, la cui destinazione d’uso prevista è quella di parcheggi e locali per impianti e

macchinari per i primi tre, ambienti ad uso ospedaliero per i restanti sei piani.

5.1.1 - Collocamento geografico

La costruzione dell’opera è prevista a Rieti. Le coordinate geografiche sono:

LAT 42° 25’ 58’’ N

LONG 12° 51’ 83’’ E

visualizzabili nell’immagine seguente presa direttamente da Google Earth.

Il sottosuolo su cui la struttura sorgerà è costituito da terreni a grana grossa mediamente

addensati, per cui può essere associata alla categoria C secondo le N.T.C. 2008.

Figura 5.1 - Posizione e coordinate geografiche [22]

5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica L’edificio ha una forma in pianta rettangolare sia per i piani interrati che per i piani fuori

terra. L’impronta dei piani interrati può essere definita da un rettangolo con lato maggiore di

circa 218 m e lato minore di 82,5 m, mentre a partire dal primo piano fuori terra l’impronta

si restringe rimanendo comunque rettangolare di lati 158x37,5m e centrata rispetto a quella

sottostante. Tutta la struttura è organizzata in pianta mediante una suddivisione regolare in

maglie quadrate di lato 7,5 m. Le superfici totali associate ai piani interrati e fuori terra

risultano essere rispettivamente circa pari a 17950 mq e 5900 mq.

Page 133: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 109

La struttura si sviluppa per una altezza totale di 33 m, 12 dei quali interrati. I tre livelli

inferiori presentano un’altezza di interpiano pari a 4 m, mentre i restanti sei pari a 3,5 m.

Il materiale utilizzato per tamponare le pareti esterne è il vetro intervallato, in

corrispondenza di ogni solaio, da una fascia di piano in acciaio che ha la funzione di

individuare chiaramente ogni livello e di fornire una trama orizzontale al prospetto

dell’edificio. Sono state utilizzate due tipologie differenti di vetro: vetro specchiato, usato

nelle due facciate lungo i lati lunghi dell’edificio, dove verranno realizzate le stanze di

degenza, e vetro trasparente, usato nei lati corti in corrispondenza del telaio centrale, dove

verranno realizzati i corpi scala e nel telaio centrale sul lato lungo per interrompere la trama

continua. Tutti i livelli, tranne quello di copertura, presentano un pacchetto del solaio di

altezza complessiva pari a 78 cm, realizzato in modo tale da consentire il passaggio

dell’impiantistica di servizio. In relazione a ciò, il rivestimento di piano esterno ha altezza

pari a 2 m e si estende per 1.2 m al di sopra del piano finito e 0.8 al di sotto.

In corrispondenza dell’ultimo piano, l’altezza del pacchetto solaio risulta essere di 52,5 cm

e la copertura, progettata come non praticabile, è costituita da lastre metalliche continue

disposte su un orditura di supporto di listelli in legno necessaria a fornire la pendenza

desiderata.

Figura 5.2 - Render dell’ospedale [22]

5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale

La struttura portante dell’opera è interamente realizzata in acciaio. La struttura è a telaio

nella direzione del lato lungo, con la particolarità che i telai in questa direzione presentano

travi binate continue, ad eccezione di quelli esterni dove le travi sono collegate alle colonne

con unioni bullonate a squadrette, mantenendo il filo esterno di queste ultime. Nella

direzione del lato corto non sono presenti travi se non nei due telai esterni, dove queste sono

collegate con la stessa tipologia di unione adoperata per il lato lungo. In altezza le colonne

sono continue e alla base è stato schematizzato un vincolo di incastro. Sia per le travi che

per le colonne sono stati impiegati profili a doppio T.

Page 134: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 110

Il pacchetto del solaio è costituito da pannelli alveolari precompressi poggianti sulle travi

binate cui si è fatto riferimento in precedenza. Queste travi hanno la particolarità di essere

travi con fori esagonali lungo lo sviluppo dell’anima. Con questa soluzione si è evitata una

orditura di travi secondarie limitando l’altezza totale del pacchetto solaio e consentendo

comunque di avere un adeguato spazio per il passaggio degli impianti. Le travi binate

inoltre sono rese collaboranti con la soletta mediante l’inserimento di pioli.

Figura 5.3 - Modello della struttura portante

Per quanto riguarda i controventi verticali sono stati utilizzati due sistemi diversi di

controventamento per le due direzioni principali. Per il lato corto sono stati utilizzati

controventi a croce (su due piani) per tutti i piani tranne l’ultimo dove sono presenti

controventi a V rovescia. Per il lato lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due

piani che però non si intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze

architettoniche che prevedono l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio

considerato

Per i controventi sono stati impiegati profili tubolari collegati alle colonne tramite

collegamenti a perno.

La tipologia di fondazione adottata è quella di plinti collegati da cordoli, mentre solo al di

sotto dei corpi scala-ascensori sono realizzate delle piccole platee.

5.1.3.1 - Solaio La struttura portante del solaio è costituita da pannelli alveolari precompressi tipo Neocem

H16 di spessore pari a 16 cm, completati dal getto in opera di una soletta integrativa di 6

cm. Il solaio è privo di travi secondarie, i pannelli poggiano direttamente sulle travi

principali binate, costituite da profili forati di tipo ISE HEA280-400 saldati alle ali delle

colonne, con l’asse in direzione del lato maggiore della struttura; si hanno quindi delle

strisce di luce 6,8 m che si estendono per tutta la lunghezza dell’edificio.

Il pacchetto del solaio è, chiuso inferiormente da un controsoffitto utile al passaggio degli

impianti. Questo è costituito da fibra minerale e si sorregge tramite dei sostegni fissati

direttamente sulle ali delle travi.

Page 135: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 111

Figura 5.4 - Pacchetto solaio

5.1.3.2 - Colonne

La colonna utilizzata è di tipo continua. Data l’altezza si è provveduto a collegare, mediante

collegamenti con doppio coprigiunto d’anima e d’ala, quattro profili per ciascuna colonna.

Partendo dal basso i primi due profili mantengono la stessa sezione, successivamente i

restanti due profili diminuiscono progressivamente di area. I vari profili che costituiscono

l’intera colonna, partendo dal basso verso l’alto sono lunghi rispettivamente 6,8,10 e 9 m. I

profili utilizzati sono riassunti nella seguente tabella.

Tabella 5.1 - Profili colonne [22]

5.1.3.3 - Controventi

Nella struttura si è reso necessario solamente l’utilizzo di controventi verticali, per i quali

sono stati impiegati profili tubolari cavi, recanti alle estremità delle pinze appositamente

sagomate per il collegamento di questi ultimi alle piastre saldate alle colonne. Tutti i

collegamenti dei controventi sono stati realizzati mediante perni. La tabella sottostante

indica la gamma dei profili impiegati.

Tabella 5.2 - Profili utilizzati per i controventi [22]

Page 136: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 112

5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore In tutta la struttura sono presenti cinque vani scala e ascensore, i quali sono collocati

ciascuno all’interno di una maglia di lato 7,5m ed equamente distribuiti lungo lo sviluppo

della costruzione. Al centro della maglia sono presenti un nucleo ascensore porta lettighe ed

un ascensore di dimensioni più ridotte.

Figura 5.5 - Tipologie di ascensori [22]

Sono stati scelti come ascensore montalettighe quello di dimensione in pianta di 330 x 240

cm con portata massima di 2000 kg e l’altro di dimensione in pianta di 180 x 240 cm con

portata massima di 630 kg.

La scala si snoda intorno a questi due corpi ed è realizzata mediante due rampe parallele

collegate tramite un pianerottolo intermedio. Ciascuna rampa è realizzata attraverso una

coppia di cosciali paralleli collegati, mediante unioni bullonate con squadrette, a delle

colonne appositamente previste per lo scopo. A livello di piano è presente un solaio con

pannelli alveolari precompressi come quello precedentemente descritto, mentre il

pianerottolo è costituito da lastre di vetro satinato sorrette da una serie di travi. Gli elementi

strutturali usati per il corpo scala ascensore sono profili a doppio T per le colonne, IPE per

le travi, UPN per i cosciali, per i controventi di questi ultimi e del telaio ascensore, profili

tubolari cavi per il collegamento trasversale dei cosciali.

Page 137: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 113

5.1.3.5 - Fondazioni La tipologia di fondazione utilizzata è una fondazione a plinti isolati collegati da cordoli.

Solo al di sotto del corpo scala ascensore viene realizzata una piccola platea. I plinti

possono essere raggruppati in base alla geometria in tre tipologie fondamentali:

PL1: 1,5x1,5 m in pianta e 1 m in profondità;

PL2: 1,8x1,8 m in pianta e 1 m in profondità;

PL3: 2,5x2,5 m in pianta e 1,5 m in profondità

5.1.4 - Materiali

In seguito si riportano le principali caratteristiche dei materiali utilizzati per la parte

strutturale dell’opera. In allegato verranno riportate le schede tecniche sia di questi materiali

che di quelli per uso non strutturale.

5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica

Gli acciai utilizzati per gli elementi strutturali travi, colonne, cosciali, controventi del telaio

ascensore, piatti di rinforzo nei collegamenti sono appartenenti alle classi riportate in

tabella:

Tabella 5.3 - Laminati a caldo con profili a sezione aperta [5]

Mentre per quanto riguarda gli elementi di controventamento si fa riferimento alla seguente

tabella:

Tabella 5.4 - Laminati a caldo con profili a sezione cava [5]

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

Page 138: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 114

5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni

Per le varie unioni bullonate sono stati impiegati bulloni di classe 6.8 e 8.8 aventi le

seguenti caratteristiche:

Tabella 5.5 - Classi bulloni e corrispondenti tensioni di snervamento e rottura [22]

5.1.4.3 - Acciai speciali

Per tutte le connessioni a perno e per i tirafondi impiegati nei collegamenti di fondazione tra

colonne e plinti, sono stati utilizzati acciai speciali per grossa bulloneria aventi le seguenti

caratteristiche:

Tabella 5.6 - Acciai speciali per grossa bulloneria [22]

5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato

L’acciaio utilizzato nelle parti in cemento armato è del tipo B450C, caratterizzato dai

seguenti valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura utilizzate nei calcoli:

Tabella 5.7 - Valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura [5]

Page 139: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 115

e conforme al rispetto dei seguenti requisiti previsti dalle NTC08:

Tabella 5.8 - Requisiti richiesti dalle norme per acciaio B450C [5]

5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso

Per i pannelli di solaio alveolare precompresso sono stati utilizzati trefoli a 7 fili di acciaio

dalle seguenti caratteristiche:

Tabella 5.9 - Caratteristiche geometriche e meccaniche dell’acciaio per c.a.p. [22]

5.1.4.6 - Calcestruzzo

In tutta la struttura il calcestruzzo gettato in opera è stato impiegato esclusivamente nella

realizzazione delle fondazioni e della soletta del solaio. In entrambe i casi si è adoperato un

calcestruzzo di classe C28/35.

Per quanto riguarda invece i pannelli alveolari precompressi di cui è composto il solaio, è

stato utilizzato uno di classe C45/55.

Page 140: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 116

Le caratteristiche di tali calcestruzzi sono riassunte in tabella:

Tabella 5.10 - Caratteristiche meccaniche cls C28/35 [22]

Tabella 5.11 - Caratteristiche meccaniche cls C28/35 [22]

5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale

Sono stati utilizzati dispositivi di vincolo dinamico del tipo Fip-industriale OT 40/40 per

trasmettere le sollecitazioni dinamiche prodotte da sisma e vento, evitando così il

martellamento tra le due porzioni di edificio; questi apparecchi consentono comunque le

deformazioni lente, come quelle dovute alle variazioni di temperatura.

Sono stati impiegati, in corrispondenza del giunto strutturale, dei connettori a taglio per il

trasferimento dello stesso tra le due semistrutture al fine di mantenere un comportamento

globale dell’intera costruzione come in assenza del giunto. Tali connettori sono del tipo

HALFEN HSD-CRET 122.

5.2 - AZIONI Si considerano le azioni che interessano la costruzione. I carichi vengono calcolati in base

alle disposizioni del “D.M. 14 gennaio 2008”.

5.2.1 - Carichi verticali

I carichi verticali agenti sulla costruzione sono i carichi permanenti strutturali e non

strutturali e i carichi antropici.

Page 141: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 117

5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali

PIANO TIPO:

Tabella 5.12 - Carichi permanenti strutturali [22]

Tabella 5.13 - Carichi permanenti non strutturali [22]

Tabella 5.14 - Carichi variabili [22]

COPERTURA:

Tabella 5.15 - Carichi permanenti strutturali [22]

Tabella 5.16 - Carichi permanenti non strutturali [22]

Page 142: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 118

Tabella 5.17 - Carichi variabili [22]

5.2.1.2 - Carico Antropico

La destinazione d’uso della struttura è quella di parcheggio e locali per macchinari nei tre

piani interrati e ambienti ad uso ospedaliero per i sei piani fuori terra. Il valore del carico

antropico da considerare è stato richiesto dal committente e valutato pari a 6 kN/m2; fa

eccezione la copertura che viene considerata accessibile per la sola manutenzione, il carico

in questo caso è di 0,5 kN/m2. Sulle scale, che appartengono alla categoria C2, agisce una

pressione pari a 4 kN/m2. Nella tabella sono riassunte le azioni considerate.

Tabella 5.18 - Carichi antropici agenti sulla struttura [22]

5.2.2 – Azione sismica

La normativa attuale propone degli spettri di risposta in funzione al sito di costruzione

(coordinate geografiche), alla classe dell’edificio, alla vita nominale e al tipo di terreno in

cui sorge l’edificio. In particolare, per la struttura in esame, sono riportati i parametri che

hanno permesso la costruzione degli spettri tramite il foglio di calcolo SPETTRI-NTC.

L’ospedale è situato a Rieti:

Figura 5.6 – Individuazione della pericolosità del sito

Page 143: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 119

Essendo un edificio di pubblica importanza, è stata scelta una vita nominale pari a:

𝑉𝑁 = 100 𝑎𝑛𝑛𝑖

e la classe d’uso III dato che è una costruzione che prevede affollamenti significativi. Il

relativo coefficiente d’uso vale:

𝐶𝑢 = 1,5

Per cui le azioni sismiche vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR:

𝑉𝑅 = 𝑉𝑁 ∙ 𝐶𝑢 = 150 𝑎𝑛𝑛𝑖

Figura 5.7 - Scelta della strategia di progettazione

L’azione sismica viene calcolata con riferimento agli stati limite. Si considera una categoria

di terreno C, cioè terreni a grana grossa mediamente addensati, mentre la categoria

topografica risulta essere T1 (superficie pianeggiante). Si considera uno smorzamento

convenzionale pari al 5%.

SITO RIETI

VITA NOMINALE (anni) 100

CLASSE D’USO III

COEFFICIENTE D’USO 1,5

CATEGORIA DI SOTTOSUOLO C

CATEGORIA TOPOGRAFICA T1 Tabella 5.19 - Parametri utili a definire gli spettri di risposta

Page 144: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 120

Gli spettri ottenuti dal calcolo, riferiti alla componente orizzontale del moto sismico (l’unica

che si considera), sono riportati in figura.

Grafico 5.1 - Spettri di risposta elastici (componente orizzontale)

5.2.2.1 - Combinazione delle azioni

Per quanto concerne la combinazione dell’azione sismica con i carichi verticali la normativa

specifica che questa debba essere effettuata, per gli Stati Limite secondo la formula:

𝐹𝑑 = 𝛾𝐸𝐸 + 𝛾𝐺𝐺𝐾 + 𝛾𝑃𝑃𝐾 + ∑(𝛹2𝑖𝛾𝑄𝑄𝐾𝑖)

𝑖

dove:

E rappresenta l’azione sismica per lo stato limite considerato e per la classe di

importanza in esame;

GK rappresenta il valore caratteristico della azione permanente (peso proprio, carichi

permanenti portati, precompressione, ecc);

QK rappresenta il valore caratteristico dell'azione variabile;

PK rappresenta il valore caratteristico della deformazione impressa (effetto della

temperatura, deformazione del terreno, viscosità, ritiro, etc.);

γE, γG, γQ, γP rappresentano i coefficienti parziali;

𝝭2i sono i coefficienti di combinazione delle azioni variabili.

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0

Se [

g]

T [s]

SLC

SLV

SLD

SLO

Page 145: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 121

5.3 - SCELTE PROGETTUALI

5.3.1 - Scelte progettuali globali L’opera in questione sarà adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione

di notevole importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte al suo interno, ma anche

riguardo le dimensioni.

Per quanto riguarda le scelte progettuali globali, la strategia di progettazione adottata è stata

quella per specializzazione. Ciò significa che si sono voluti individuare due sistemi

resistenti differenti per resistere ai carichi verticali e orizzontali. Si è scelto di realizzare una

struttura nella quale i percorsi di carico dalla sommità fino in fondazione fossero chiari e

facilmente individuabili. Tale scelta comporta anche la possibilità di operare una

ottimizzazione locale degli elementi, i quali assolvono solamente alla funzione specifica per

la quale sono stati progettati, e inoltre in presenza di eventuali danneggiamenti si ha il

vantaggio di poter procedere a una manutenzione più semplice e mirata, sostituendo

direttamente gli elementi messi fuori servizio. Tuttavia questa strategia di progettazione

porta con se anche dei possibili svantaggi, quali la canalizzazione di elevate concentrazioni

di tensione in zone localizzate, come ad esempio gli scarichi dei controventi in fondazione.

Di tutto ciò si è tenuto conto cercando, nonostante la specializzazione dei diversi sistemi

resistenti, di distribuire, nel rispetto dei vincoli progettuali, i controventi nei vari telai della

struttura.

Il sistema resistente ai carichi verticali è costituito dalle colonne, dalle travi binate e dal

solaio alveolare precompresso. Il vantaggio di adottare questa scelta rispetto a un più

classico solaio con travi principali, secondarie e lamiera grecata, è stato quello di avere una

maggiore resistenza al fuoco, un minor numero di connessioni da realizzare tra travi

principali e secondarie, una posa in opera dei pannelli facile e rapida, ed è stato dettato

anche da esigenze di tipo architettonico che limitavano l’altezza massima del pacchetto

solaio.

Il sistema resistente ai carichi orizzontali è costituito invece dai controventi, per i quali si è

scelta una configurazione che li vedesse distribuiti abbastanza uniformemente nell’ambito

dei vari telai, sempre nel rispetto dei vincoli architettonici. Questa scelta è stata fatta anche

cercando di evitare, per quanto possibile, un eccessiva concentrazione di tensioni localizzata

in fondazione nelle zone di scarico degli stessi.

Per quanto riguarda la scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni da adottare, si è deciso

per una fondazione diretta, nello specifico una fondazione su plinti collegati tra loro

mediante cordoli per garantire alla fondazione un comportamento d’insieme sotto azioni

sismiche; solo al di sotto del corpo scala ascensore viene realizzata una piccola platea.

5.3.2 - Scelte progettuali locali

Unione trave-trave

L’unione tra il moncone di trave saldato alla colonna e le travi forate ISE è stata prevista ad

una distanza di 500 mm a partire dalla fine dell’ala della colonna, il collegamento è

realizzato con coprigiunti d’ala e d’anima bullonati alle due parti in modo da ripristinare

totalmente la continuità dell’elemento.

Page 146: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 122

Per i coprigiunti è stato utilizzato lo stesso tipo di acciaio della colonna.

Figura 5.8 - Unione trave-trave [22]

Unione colonna-colonna

L’unione tra i diversi profili delle colonne è stato realizzato al livello di piano, questa scelta

è stata fatta sia per poter ottimizzare al meglio i profili scelti che per nascondere il

collegamento all’interno del solaio. Questo collegamento è realizzato con coprigiunti d’ala e

d’anima bullonati alle due parti in modo da ripristinare totalmente la continuità

dell’elemento.

Figura 5.9 - Unione colonna-colonna [22]

Page 147: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 123

Unione colonna-travi-controventi

In corrispondenza del nodo analizzato, convergono due controventi sullo stesso lato, uno dal

basso e uno dall’alto, costituiti da profili tubolari collegati mediante unioni a perno, ad un

piatto saldato al centro dell’ala della colonna in corrispondenza dell’anima. I controventi

hanno alle estremità delle pinze sagomate in modo tale che il collegamento avvenga facendo

entrare il piatto saldato, che sporge dalla colonna, nella pinza e in seguito si possano unire

questi piatti tramite un perno.

Figura 5.10 - Unione colonna-travi-controventi [22]

Unione trave-controventi a V rovescia

In corrispondenza dell’ultimo piano della struttura, in diversi telai del lato corto sono stati

inseriti dei controventi a V rovescia, costituiti sempre da profili tubolari collegati, mediante

unioni a perno, in basso ad un piatto saldato sull’ala della colonna e in alto in

corrispondenza di un piatto saldato al centro della trave, facente parte del telaio, sotto l’ala

inferiore. I controventi hanno alle estremità delle pinze sagomate in modo tale che il

collegamento avvenga facendo entrare il piatto saldato, che sporge dalla colonna, nella

pinza e in seguito si possano unire questi piatti tramite un perno. Per quanto riguarda la

parte superiore, i controventi presentano all’estremità un piatto asimmetrico rispetto all’asse

in modo tale che le estremità dei controventi durante la posa in opera risultino ciascuna sui

lati opposti del piatto saldato alla trave e in seguito il collegamento possa avvenire sempre

attraverso il perno che attraversa i tre piatti.

Page 148: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 124

Figura 5.11 - Unione trave-controventi a V rovesvia [22]

Unione colonna-plinto di fondazione

Il collegamento tra le colonne e i plinti di fondazione è stato progettato come vincolo ideale

di incastro. Le colonne in acciaio vengono vincolate a terra mediante una struttura di

fondazione costituita da un plinto in cemento armato,

Figura 5.12 - Plinto per colonna in acciaio

con forma parallelepipeda, alla quale le colonne vengono collegate tramite una piastra di

base e bulloni semplicemente annegati nel calcestruzzo del plinto.

Figura 5.13 - Collegamento colonna-plinto

Page 149: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 125

5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

5.4.1 - Modellazione del solaio Il solaio è stato modellato in SAP 2000 mediante elementi bidimensionali di piastra “shell”,

di forma rettangolare o triangolare a seconda delle esigenze geometriche imposte dallo

sviluppo in pianta della struttura.

Le caratteristiche degli elementi shell sono determinate in modo tale che il modello risulti

equivalente al solaio reale in termini di rigidezze di piano e flessionali, mentre la massa

strutturale è stata posta pari a zero e assegnata successivamente come carico uniformemente

distribuito sulla superficie dell’elemento stesso.

Figura 5.14 - Solaio alveolare [22]

Lo spessore dell’elemento finito definito col nome di “membrana” è stato calcolato

imponendo che l’area per unità di lunghezza del solaio sia la stessa che nel caso reale,

mentre quello indicato con il nome di “flessione” è stato determinato uguagliando le inerzie

flessionali:

Figura 5.15 - Caratteristiche del solaio [22]

Page 150: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 126

La rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h” considerato, eguaglia solamente

quella effettivamente presente nel solaio alveolare nella direzione di maggior rigidezza,

ossia quella degli alveoli, pertanto si è inserito in SAP, nella casella “Modificatori

rigidezza” presente nella finestra di definizione della sezione dell’elemento shell, un

coefficiente correttivo, pari al rapporto tra la rigidezza flessionale del solaio nella direzione

di minor rigidezza e la rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h”, in modo da

eguagliare quelle presenti nel solaio reale.

Figura 5.16 - Finestra definizione caratteristiche elemento [22]

L’ipotesi fatta è che il solaio abbia comportamento prevalentemente unidirezionale vista

l’ortotropia.

Questi coefficienti sono stati ottenuti come spiegato di seguito:

Coefficienti delle rigidezze flessionali m11, m22, m12 ottenuti come rapporto tra

l’inerzia per unità di lunghezza del solaio reale e l’inerzia dell’elemento shell nella

direzione considerata;

Coefficienti delle rigidezze di piano f11, f22, f12 ottenuti come rapporto tra le aree per

unità di lunghezza del solaio reale e l’area dell’elemento shell, nella direzione

considerata;

Coefficienti di taglio V13, V23 ottenuti come i precedenti, dipendentemente dalla

direzione considerata

Gli elementi shell inseriti per costruire il modello del solaio hanno il sistema di riferimento

locale orientato come mostrato in figura, dove l’asse 1 è quello avente colore rosso e

parallelo all’asse y, l’asse 2 avente colore bianco parallelo all’asse x, e l’asse 3 ortogonale al

piano individuato dai precedenti ed ortogonale all’asse z.

Figura 5.17 - Sistema di riferimento locale delle shell [23]

Page 151: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 127

Il modello, con un solaio realizzato con elementi shell, è risultato computazionalmente

troppo oneroso (8 ore di calcolo tramite il programma SAP 2000) se sottoposto ad analisi

statica non lineare. Tale onere computazionale è stato ridotto (di 5 ore) sostituendo gli

elementi shell con un diaframma rigido per ciascun piano e inserendo le masse mancanti

nel relativo master joint di piano.

5.4.2 - Modellazione delle travi

Gli elementi strutturali, quali in particolare travi, pilastri e controventi, sono modellati

attraverso elementi monodimensionali indicati nel programma con nome di “frame”, a

ciascuno dei quali assegnata la corrispondente sezione.

Figura 5.18 - Trave modellata tramite elementi "frame" [23]

L’elemento Frame è rappresentato da una linea retta che congiunge due punti, i e j (nodi),

ognuno dei quali ha sei gradi di libertà (3 traslazioni e 3 rotazioni). Ciascun elemento ha il

proprio sistema di coordinate locale per la definizione delle proprietà della sezione e dei

carichi e per l’interpretazione dei risultati. Gli assi di questo sistema locale sono indicati con

i numeri 1, 2 e 3; il primo asse è diretto lungo l’elemento, gli altri due giacciono nel piano

perpendicolare ad esso.

Figura 5.19 - Sistema di riferimento locale dell'elemento "frame" [23]

Page 152: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 128

Per quanto riguarda la modellazione dei vincoli alle estremità delle travi dei telai

perimetrali, essendo queste collegate alle colonne mediante cerniere, vengono assegnati dei

“release” , ovvero rilasci, di momento.

Figura 5.20 - Assegnazione dei release alle travi [22]

Per le travi binate sono stati modellati due frame paralleli, distanti tra loro 58 cm. Esse sono

poi collegate alla colonna attraverso dei bracci rigidi. Per quanto riguarda le caratteristiche

inerziali, non è sufficiente assegnare le sezione poiché essa non ha rigidezza costante, per

effetto dei fori alveolari ed inoltre è una trave mista acciaio-calcestruzzo e quindi bisogna

tener conto del contributo dato dalla soletta. E’ stato quindi necessario ricavare la corretta

rigidezza della stessa, ricorrendo ad una modellazione di dettaglio agli elementi finiti.

L’inerzia della trave è stata valutata imponendo una forza unitaria distribuita o concentrata

nella mezzeria e leggendo la freccia della trave, nota la quale sono invertibili le relazioni

note da scienza delle costruzioni per una trave appoggiata:

𝐽 =𝑝 ∙ 𝑙3

48 ∙ 𝑓 ∙ 𝐸

𝐽 =5 ∙ 𝑝 ∙ 𝑙3

384 ∙ 𝑓 ∙ 𝐸

La prima relazione è per una trave appoggiata con carico concentrato, mentre la seconda con

carico distribuito.

Sono stati introdotti più modelli per valutare come la modalità con la quale è stato assegnato

il carico influisce sulla rigidezza. I risultati osservati sono riportati sulla tabella che segue :

1. trave in acciaio modellata come elemento frame con sezione costante (HEA

400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo l’elemento;

2. trave in acciaio modellata con elementi shell con sezione costante (HEA 400x280) e

carico unitario applicato distribuito lungo l’elemento;

Page 153: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 129

3. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con carico unitario

distribuito;

4. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con carico unitario

concentrato in mezzeria;

5. trave mista acciaio-calcestruzzo modellata con elementi shell e fori esagonali con

carico unitario concentrato in mezzeria

Modello Elemento finito I (mm4) 1 Frame 294x106

2 Shell 297x106

3 Shell 259x106

4 Shell 258x106

5 Shell 757x106 Tabella 5.20 - Inerzie per i diversi modelli [22]

Dai primi due modelli si è verificata la correttezza della modellazione elementi shell; dal

terzo e dal quarto si è osservata l’influenza sulla rigidezza di come è stato applicato il

carico. Essendo quest’ultima non significativa, nel modello 5, si è inserito anche il blocco di

calcestruzzo collaborante e valutata I applicando una forza unitaria concentrata.

Ricavata l’inerzia della sezione mista acciaio- calcestruzzo, questa è stata introdotta nel

modello globale assegnando un elemento frame con sezione in acciaio HEA 400x280, e

intervenendo sui modificatori come riportato sotto. Nello specifico si è ridotta la massa, per

tenere conto dei fori e incrementata l’inerzia come rapporto tra quella della sezione in

acciaio e quello della sezione mista.

Figura 5.21 - Modificatori proprietà/rigidezza per la trave alveolare modellata con elemento frame [22]

Page 154: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 130

5.4.3 - Modellazione delle colonne Anche le colonne ed i controventi, come specificato sopra, sono state modellate attraverso

elementi frame aventi sezioni di area opportuna. Per le colonne sono state previste tre

rastremazioni.

Figura 5.22 - Rastermazione delle colonne [22]

N° rastremazione Z [m]

1° 12

2° 22,5

3° 33 Tabella 5.21 - Rastremazioni delle colonne [22]

La soluzione scelta prevede che l’unione tra colonne di sezioni differenti sia di tipo

bullonata ed eseguita direttamente in cantiere. Le colonne infine vengono realizzate tutte in

continuità.

5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi Sebbene la scelta del sistema finale di controventamento sia giunta a termine di un processo

iterativo che ha portato a una soluzione finale totalmente diversa da quella ipotizzata in

partenza, tuttavia la modellazione dei controventi è stata eseguita sempre utilizzando, com’è

ovvio, elementi frame, ai quali, durante i vari tentativi, è stata cambiata di volta in volta

sezione e/o posizionamento.

Nelle varie configurazioni adottate prima di giungere a quella definitiva, il fattore comune a

tutte è stato il vincolo progettuale che impediva di posizionare controventi nei telai

perimetrali del lato lungo e la necessità di prevedere spazi sufficienti per l’accesso ai vari

ambienti, accessi che secondo un architettonico di massima realizzato in fase preliminare,

sono stati previsti per la maggior parte nei telai del lato lungo.

Tutti i controventi a croce sono stati posti in modo da comprendere due piani, analogamente

anche la maggior parte dei controventi in direzione X, tranne quelli di piano terra in tutte e

due le direzioni e quelli dell’ultimo piano nella direzione Y.

Anche ai controventi, come alle travi, vengono assegnati i “release” dei momenti in quanto

si vuole che il loro collegamento alle colonne schematizzi una cerniera.

La scelta progettuale relativa al posizionamento dei controventi è stata effettuata tenendo in

considerazione due aspetti fondamentali:

Page 155: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 131

Il comportamento dinamico dell’edificio ed in particolare i suoi modi naturali di

vibrare;

Le limitazioni imposte dai vincoli architettonici, presenti sia all’interno della

struttura, dovuti alla divisione degli ambienti, che all’esterno, legati invece alle

necessità estetiche di mantenere libere le facciate.

5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA Il modello si può sintetizzare in tre punti salienti:

1. La struttura è formata da tre tipi di telai:

telai perimetrali incastrati alla base con travi collegate alle colonne da nodi

cerniera

Figura 5.23 - Telaio perimetrale nel piano XZ

Figura 5.24 - Telaio perimetrale nel piano YZ

telai nel piano XZ incastrati alla base con travi binate collegate alle colonne

da nodi incastro

Figura 5.25 - Telaio interno nel piano XZ

Page 156: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 132

telai nel piano YZ incastrati alla base con controventi collegati alle colonne

da nodi cerniera

Figura 5.26 - Telaio interno nel piano YZ

2. Sono stati inseriti controventi a trazione/compressione con profili tubolari cavi che, a

parità di area sbandano per un N di buckling molto più alto e si prestano a lavorare

meglio a trazione/compressione.

3. Si incastrano tutte le travi binate alle colonne. Questa soluzione si è posta a seguito

della decisione su come realizzare le connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi

dove convergono contemporaneamente colonna, travi binate, controventi. Avendo

previsto, per risolvere il suddetto problema, che le colonne dovessero uscire dallo

stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle due ali, si è

provveduto a modificare nel modello globale il vincolo tra questi ultimi due elementi

strutturali, passando da cerniera a incastro.

5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche

5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali

La struttura è composta da due sistemi diversi di controventamento per le due direzioni

principali.

Per il lato corto sono stati utilizzati controventi a croce (su due piani) per tutti i piani tranne

l’ultimo dove sono presenti controventi a V rovescia.

Per il lato lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due piani che però non si

intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze architettoniche che prevedono

l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio considerato.

Nelle aste dei controventi del lato lungo sono state assegnate delle cerniere plastiche assiali

che si distinguono per la dimensione della sezione e per la lunghezza dell’asta.

Nelle aste dei controventi del lato corto sono state assegnate delle cerniere plastiche assiali

che si distinguono per la dimensione della sezione, per la lunghezza dell’asta, per la

posizione e il numero di cerniere all’interno dell’asta.

Page 157: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 133

5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)

Per il lato lungo sono stati utilizzati controventi a due piani che però non si intersecano tra

di loro, e quindi è stato possibile inserire a ciascun asta una cerniera plastica al centro

essendo lo sforzo assiale costante su tutta la lunghezza del controvento.

Sezione L [m] Legame cerniera

177,8x6 10,26 Tipo 1

219,1x8 10,26 Tipo 2

244,5x8

10,26 Tipo 3

10,61 Tipo 4

10,97 Tipo 5

273x10 5,48 Tipo 6 Tabella 5.22 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano XZ

Tipo 1

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -49,8 -0,0132

D- -49,8 -0,0016

C- -209,4 -0,0016

B- -206,3 0,0000

A 0,0 0,0000

B 760,9 0,0000

C 1012,0 0,1263

D 608,7 0,1263

E 608,7 0,1607 Tabella 5.23 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.2 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

1200

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 158: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 134

Tipo 2

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -96,9 -0,0134

D- -96,9 -0,0022

C- -492,0 -0,0022

B- -484,7 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1246,9 0,0000

C 1658,4 0,1263

D 997,5 0,1263

E 997,5 0,1607 Tabella 5.24 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.3 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 3

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -130,6 -0,0161

D- -130,6 -0,0027

C- -662,8 -0,0027

B- -653,0 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1396,8 0,0000

C 1857,8 0,1263

D 1117,5 0,1263

E 1117,5 0,1607 Tabella 5.25 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 159: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 135

Grafico 5.4 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 4

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -123,9 -0,0158

D- -123,9 -0,0026

C- -628,9 -0,0026

B- -619,6 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1396,8 0,0000

C 1857,8 0,1306

D 1117,5 0,1306

E 1117,5 0,1662 Tabella 5.26 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,05 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20

F [K

N]

Spostamento [m]

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,04 -0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 160: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 136

Tipo 5

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -117,4 -0,0155

D- -117,4 -0,0026

C- -595,9 -0,0026

B- -587,1 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1396,8 0,0000

C 1857,8 0,1350

D 1117,5 0,1350

E 1117,5 0,1718 Tabella 5.27 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.6 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 6

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -341,5 -0,0162

D- -341,5 -0,0027

C- -1733,1 -0,0027

B- -1707,5 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1941,6 0,0000

C 2582,3 0,0675

D 1553,3 0,0675

E 1553,3 0,0859 Tabella 5.28 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 161: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 137

Grafico 5.7 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)

Per il lato corto sono stati utilizzati controventi a croce, nei quali sono state inserite due

cerniere plastiche alle estremità, e controventi a V rovescia, nei quali è stata inserita una

cerniera plastica al centro.

In questo caso è stato utile distinguere i controventi a croce da quelli a V rovescia per

facilitare la lettura della sequenza delle plasticizzazioni.

Cerniere plastiche assiali nei controventi a V rovescia

Sezione L [m] Legame cerniera Posizione cerniera

177,8x6 5,13 Tipo 7

al centro 219,1x8 10,97 Tipo 8

273x8 5,48 Tipo 9 Tabella 5.29 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano YZ

Tipo 7

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -112,0 -0,0199

D- -112,0 -0,0020

C- -430,5 -0,0020

B- -424,2 0,0000

A 0,0 0,0000

B 602,8 0,0000

C 801,7 0,0631

D 482,2 0,0631

E 482,2 0,0804 Tabella 5.30 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-2000

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 162: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 138

Grafico 5.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 8

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -86,5 -0,0128

D- -86,5 -0,0021

C- -439,2 -0,0021

B- -432,7 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1246,9 0,0000

C 1658,4 0,1350

D 997,5 0,1350

E 997,5 0,1718 Tabella 5.31 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10

F [K

N]

Spostamento [m]

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18 0,20

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 163: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 139

Tipo 9

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -275,8 -0,0162

D- -275,8 -0,0027

C- -1399,6 -0,0027

B- -1378,9 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1565,1 0,0000

C 2081,6 0,0675

D 1252,1 0,0675

E 1252,1 0,0859 Tabella 5.32 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.10 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Cerniere plastiche assiali nei controventi a croce

Per le cerniere dei controventi a croce sono state inserite due cerniere a posizioni relative

all’interno dell’elemento di 0 e 1, ciascuna con proprietà di deformazione basate su una

lunghezza di cerniera assunta pari ad 1

2 della lunghezza dell’elemento.

In questo caso abbiamo deciso di esprimere il legame non come forza-deformazione ma

come STRESS-STRAIN per facilitare l’assegnazione nel programma SAP2000.

Sezione L [m] Legame cerniera Posizione cerniera

219,1x8 10,26 Tipo 10

alle due estremità

244,5x8

10,26 Tipo 11

10,61 Tipo 12

10,97 Tipo 13 Tabella 5.33 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano YZ

-2000

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

2500

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10

F [K

N]

Spostamento [m]

Page 164: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 140

Tipo 10

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -18271,6 -0,0013

D- -18271,6 -0,0002

C- -92728,5 -0,0002

B- -91358,2 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.34 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Grafico 5.11 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Tipo 11

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -21970,8 -0,0016

D- -21970,8 -0,0003

C- -111501,9 -0,0003

B- -109854,1 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.35 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020

σ [

KN

/m2 ]

ε [-]

Page 165: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 141

Grafico 5.12 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Tipo 12

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -20847,1 -0,0015

D- -20847,1 -0,0002

C- -105799,0 -0,0002

B- -104235,5 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.36 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Grafico 5.13 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020

σ [

KN

/m2 ]

ε [-]

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020

σ [

KN

/m2 ]

ε [-]

Page 166: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 142

Tipo 13

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -19755,1 -0,0014

D- -19755,1 -0,0002

C- -100257,2 -0,0002

B- -98775,6 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.37 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Grafico 5.14 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,004 -0,002 0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012 0,014 0,016 0,018

σ [

KN

/m2

]

ε [-]

Page 167: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 143

5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali

E’ stato definito un solo tipo di cerniera flessionale poiché la struttura ha solo i telai interni

del lato lungo a nodi colonna-travi rigidi e le travi hanno tutte la stessa sezione e la stessa

lunghezza.

Le caratteristiche della sezione della trave sono mostrate nella finestra del SAP 2000:

Figura 5.27 - Proprietà della sezione della trave

Tipo 14

Figura 5.28 – Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Page 168: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 144

5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali

Le cerniere plastiche presso-flessionali delle colonne sono state inserite con il comando

“AUTO” del SAP2000. In questo modo il programma prende tutti i parametri utili a definire

le cerniere plastiche direttamente dalle tabelle della FEMA-356.

Nelle seguenti figure è mostrata la procedura per l’inserimento delle cerniere plastiche

presso-flessionali di una colonna posizionata alla base della struttura (HE360M):

Figura 5.29 - Interazione P-M2-M3

Figura 5.30 - Numeri e valori di forze assiali e angoli

Page 169: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 145

Figura 5.31 - Legame Momento-Rotazione

Figura 5.32 - Definizione della curva di interazione P-M2-M3

Page 170: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 146

Con la stessa procedura sono state definite le cerniere plastiche delle restanti colonne

posizionate alla base e alla sommità di ciascuna colonna.

Sezione H [m] Legame cerniera

HE300B 4 Tipo 15

HE300M 3,5 Tipo 16

HE320A 3,5 Tipo 17

4 Tipo 18

HE320B 3,5 Tipo 19

HE340A 3,5 Tipo 20

HE340B 3,5 Tipo 21

HE360M 4 Tipo 22 Tabella 5.38 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche presso-flessionali

Page 171: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 5 147

5.6 - BIBLIOGRAFIA

[5] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

[22] Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un

edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”, Anno Accademico 2009-2010.

[23] Computers and Structures, Inc. (2010), “SAP2000® Help, Linear and Nonlinear Static

and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”, Berkeley, California

(USA), 2010.

Page 172: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 148

6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE

6.1 - IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI

L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:

Si imposta un primo “load case”, che chiamiamo “push-v” ,di analisi non lineare a

“Load control” per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il

carico permanente strutturale e non, il carico antropico, il carico dovuto alle

tamponature e ai tramezzi.

Figura 6.1 - Analisi non lineare push-v.

Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato “pushover”, che avrà

come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale

appositamente definito. Questo caso sarà a “displacement control”.

Figura 6.2 - Analisi non lineare pushover.

Page 173: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 149

Figura 6.3 - Tendina definizione dell’applicazione del carico

Figura 6.4 - Tendina definizione dei risultati salvati

Figura 6.5 - Tendina definizione dei parametri non lineari

Page 174: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 150

La definizione dei risultati salvati e dei parametri non lineari è dipesa da varie ragioni:

Minore approssimazione nel calcolo

Maggiore accuratezza nel tracciamento della curva pushover

Problemi di convergenza della soluzione a ciascun step

Tempo di calcolo non eccessivo (< 4 ore)

6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE

Bisogna scegliere i modi di vibrare significativi nelle due direzioni X e Y utili per la

definizione della distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata di un

modo di vibrare.

Per fare questo si considerano i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi

modale della struttura.

Massa modale partecipante

Modo di vibrare Periodo Direzione X Direzione Y

[s] [%] [%]

I Modo Principale (dir.Y) 1,062 0 55

I Modo Principale (dir.X) 0,805 59 0

II Modo Principale (dir.Y) 0,423 0 30

II Modo Principale (dir.X) 0,363 29 0

III Modo Principale (dir.Y) 0,205 0 9

Massa modale partecipante cumulata 88 94 Tabella 6.1 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000

Grafico 6.1 – Modi principali di vibrare nella direzione X e Y

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0

Se [

g]

T [s]

Sp.elastico

I MODO dir.Y

II MODO dir.Y

III MODO dir.Y

I MODO dir.X

II MODO dir.X

Amplificazione

Mx = 29%

Mx = 59%

My = 9%My = 30%

My = 55%

Page 175: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 151

Per la struttura in esame si svolgono le seguenti analisi pushover:

1. con distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione

uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione.

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

PIANO MASSA Mi / Mtot F

[n°] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,03 2,63

8 5729,35 0,07 6,85

7 5727,37 0,07 6,84

6 5769,82 0,07 6,89

5 5777,98 0,07 6,90

4 5794,44 0,07 6,92

3 17507,763 0,21 20,92

2 17596,97 0,21 21,03

1 17591,16 0,21 21,02

tot 83693,70 1,00 100,00 Tabella 6.2 - Distribuzione delle forze

2. con distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata del I modo

principale di vibrare nella direzione considerata;

Questa distribuzione è possibile secondo le NTC-08 solo se il modo di vibrare

principale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al

75%, i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi modale della struttura

non confortano.

per la direzione X si ha:

𝑀𝑃(𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,59 = 59% ≤ 75%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0075 1,000 2198,85 0,07 7,25

8 5729,35 0,0070 0,923 5289,51 0,17 17,44

7 5727,37 0,0063 0,831 4762,03 0,16 15,70

6 5769,82 0,0054 0,717 4135,97 0,14 13,64

5 5777,98 0,0044 0,584 3374,39 0,11 11,12

4 5794,44 0,0034 0,447 2588,99 0,09 8,54

3 17507,76 0,0019 0,250 4376,36 0,14 14,43

2 17596,97 0,0010 0,139 2440,06 0,08 8,04

1 17591,16 0,0005 0,066 1165,89 0,04 3,84

tot 83693,70 30332,05 1,00 100,00 Tabella 6.3 - Distribuzione delle forze (I modo)

Page 176: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 152

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 1,627

4883,44

3959,40

2964,78

1970,67 1156,77

1093,94

338,35

77,27

18643,48

Tabella 6.4 - Coefficiente di partecipazione modale (I modo)

per la direzione Y si ha:

𝑀𝑃(𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,55 = 55% ≤ 75%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 -0,0082 1,000 2198,85 0,08 8,21

8 5729,35 -0,0073 0,888 5086,70 0,19 19,00

7 5727,37 -0,0063 0,767 4391,54 0,16 16,41

6 5769,82 -0,0052 0,632 3646,06 0,14 13,62

5 5777,98 -0,0041 0,504 2910,83 0,11 10,87

4 5794,44 -0,0029 0,358 2073,48 0,08 7,75

3 17507,76 -0,0018 0,218 3825,15 0,14 14,29

2 17596,97 -0,0009 0,114 2003,85 0,07 7,49

1 17591,16 -0,0003 0,036 630,55 0,02 2,36

tot 83693,70 26767,02 1,00 100,00 Tabella 6.5 - Distribuzione delle forze (I modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Page 177: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 153

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 1,707

4516,14

3367,28

2304,01

1466,42 741,97

835,73

228,19

22,60

15681,19

Tabella 6.6 - Coefficiente di partecipazione modale (I modo)

3. con distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata dei modi di

vibrare principali (MPA).

In questo caso, essendo la struttura irregolare in altezza, è stato necessario

considerare gli effetti dei modi di vibrare superiori. Il tipo di analisi utilizzata per

risolvere questo problema è la MPA (Analisi Modale Pushover, Chopra e Goel

[2001]), che consiste nel condurre tante analisi Pushover quanti sono i modi di

vibrare significativi utilizzando profili delle forze laterali diversi, che rappresentino

la risposta della struttura relativa a quel modo.

Le diverse curve di capacità così ottenute vengono trasformate in quelle dei sistemi

SDOF equivalenti e successivamente idealizzate rendendole bilineari. Vengono

quindi valutate separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti ad

ognuno dei sistemi SDOF ed infine combinate con il metodo SRSS.

Per la struttura in esame si sono scelte le seguenti distribuzioni di forze

nella direzione X:

i. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del I modo principale di vibrare in direzione X

Tale caso è stato già trattato al punto 2 di questo elenco

ii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale di vibrare in direzione X

𝑀𝑃(𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,29 = 29%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

Page 178: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 154

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0070 1,000 2198,85 0,09 9,48

8 5729,35 0,0043 0,612 3505,42 0,15 15,11

7 5727,37 0,0023 0,332 1899,00 0,08 8,18

6 5769,82 -0,0002 -0,022 -129,80 -0,01 -0,56

5 5777,98 -0,0022 -0,318 -1838,79 -0,08 -7,92

4 5794,44 -0,0036 -0,514 -2980,66 -0,13 -12,85

3 17507,76 -0,0050 -0,715 -12523,11 -0,54 -53,97

2 17596,97 -0,0035 -0,508 -8938,42 -0,39 -38,52

1 17591,16 -0,0017 -0,250 -4395,90 -0,19 -18,95

tot 83693,70 23203,40 1,00 100,00 Tabella 6.7 - Distribuzione delle forze (II modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 1,070

2144,74

629,64

2,92

585,18 1533,25

8957,64

4540,29

1098,50

21691,02

Tabella 6.8 - Coefficiente di partecipazione modale (II modo)

nella direzione Y:

i. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del I modo principale di vibrare in direzione Y

Tale caso è stato già trattato al punto 2 di questo elenco

ii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale di vibrare in direzione Y

𝑀𝑃(𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,30 = 30%

Page 179: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 155

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0063 1,000 2198,85 0,08 8,39

8 5729,35 0,0042 0,676 3873,31 0,15 14,77

7 5727,37 0,0018 0,291 1665,83 0,06 6,35

6 5769,82 -0,0004 -0,056 -325,67 -0,01 -1,24

5 5777,98 -0,0024 -0,386 -2228,41 -0,08 -8,50

4 5794,44 -0,0037 -0,598 -3467,95 -0,13 -13,23

3 17507,76 -0,0054 -0,862 -15097,44 -0,58 -57,58

2 17596,97 -0,0034 -0,539 -9487,85 -0,36 -36,19

1 17591,16 -0,0012 -0,190 -3350,03 -0,13 -12,78

tot 83693,70 26219,35 1,00 100,00 Tabella 6.9 - Distribuzione delle forze (II modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 0,970

2618,54

484,51

18,38

859,44 2075,56

13018,94

5115,61

637,97

27027,81

Tabella 6.10 - Coefficiente di partecipazione modale (II modo)

iii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale di vibrare in direzione Y

𝑀𝑃(𝐼𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,09 = 9%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

Page 180: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 156

PIANO MASSA U [m] φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F [KN]

n° [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0009 -0,164 -361,52 -0,02 -2,18

8 5729,35 0,0002 -0,031 -176,88 -0,01 -1,07

7 5727,37 -0,0018 0,333 1908,43 0,12 11,52

6 5769,82 0,0000 0,002 11,59 0,00 0,07

5 5777,98 0,0005 -0,089 -516,16 -0,03 -3,12

4 5794,44 0,0008 -0,151 -877,53 -0,05 -5,30

3 17507,76 0,0040 -0,725 -12700,64 -0,77 -76,70

2 17596,97 -0,0055 1,000 17596,97 1,06 106,27

1 17591,16 -0,0036 0,664 11674,95 0,71 70,50

tot 83693,70 16559,21 1,00 100,00 Tabella 6.11 - Distribuzione delle forze (III modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

59,44 0,467

5,46

635,91

0,02

46,11 132,90

9213,42

17596,97

7748,46

35438,69

Tabella 6.12 - Coefficiente di partecipazione modale (III modo)

Le distribuzioni sopra elencate sono di tipo invariante.

Le analisi con le prime due distribuzioni conducono a valutazioni della risposta della

struttura approssimate sebbene tale approssimazione sia ancora buona per strutture basse o

medio alte in cui gli effetti dei modi alti sono probabilmente minimi e la plasticizzazione

ben distribuita in altezza.

L’analisi MPA conduce a valutazioni della risposta della struttura migliori poichè

l’irregolarità in altezza della struttura provoca una risposta dinamica caratterizzata non da

un unico modo di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le

strutture regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della

massa totale.

Page 181: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 157

Le analisi sopra elencate saranno svolte per la stessa struttura senza e con gli effetti P-Δ. Per

ogni analisi si troveranno tramite il metodo N2 le domande della struttura per i quattro stati

limite richiesti dalle NTC 2008.

Adesso è possibile rappresentare tutte le distribuzioni di forze ottenute.

DIREZIONE X:

Figura 6.6 - Vista XZ della struttura ospedaliera

Grafico 6.2 - Distribuzioni di forze convenzionali

0

5

10

15

20

25

30

35

0 5 10 15 20 25

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale alle masse(UNIFORME)

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse X

Page 182: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 158

Grafico 6.3 - Distribuzioni di forze per la MPA

DIREZIONE Y:

Figura 6.7 - Vista YZ della struttura ospedaliera

0

5

10

15

20

25

30

35

-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del I modo divibrare lungo l'asse X

Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del II modo divibrare lungo l'asse X

Page 183: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 159

Grafico 6.4 - Distribuzioni di forze convenzionali

Grafico 6.5 - Distribuzioni di forze per la MPA

0

5

10

15

20

25

30

35

0 5 10 15 20 25

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale alle masse(UNIFORME)

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse Y

0

5

10

15

20

25

30

35

-100,00 -50,00 0,00 50,00 100,00 150,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse Y

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel II modo di vibrare lungol'asse Y

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel III modo di vibrare lungol'asse Y

Page 184: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 160

In tutte le distribuzioni di forze si ha una forte discontinuità nel passaggio dal terzo al quarto

piano dovuta soprattutto ad una grande variazione di massa di piano proprio a questa altezza

della struttura ospedaliera (irregolarità in altezza).

Infatti si riscontra tale distribuzione delle masse di piano:

PIANO MASSA

[n°] [KN s2/m]

9 2198,85

8 5729,352

7 5727,372

6 5769,818

5 5777,984

4 5794,435

3 17507,763

2 17596,97

1 17591,16 Tabella 6.13 – Valori della massa per ciascun piano

Grafico 6.6 – Masse di piano

I profili di carico proporzionali al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare

non dipendono solo dalla distribuzione in altezza delle masse ma anche dalla forma del

modo considerato, infatti i modi superiori al I modo principale di vibrare risultano

importanti ai piani bassi e alti della struttura.

0,00

2000,00

4000,00

6000,00

8000,00

10000,00

12000,00

14000,00

16000,00

18000,00

20000,00

1° piano

2° piano

3° piano

4° piano

5° piano

6° piano

7° piano

8° piano

9° piano

Mp

ian

o[K

N s

2/m

]

Page 185: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 161

6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

6.2.1.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico 6.7 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura una

interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello spettro di

risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico 6.8 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

0

2

4

6

8

10

12

0 10 20 30 40 50

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

Page 186: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 162

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico 6.9 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

F∗bu) 𝑘∗ =

0,60 F∗bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione F*y individuato

uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari

ad 1.

F*bu 0,6F*bu d*c (0,6 F*bu) K* F*u d*u(F*u)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [m]

222653,6 133592,156 0,0538 2483345,276 222448,585 0,239946

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

203863,747 0,0821 0,2399 83693,70 1,153 Tabella 6.14 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

0

30000

60000

90000

120000

150000

180000

210000

240000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

Page 187: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 163

Grafico 6.10 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 1,153 s

Se (T*) = 4,262 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*

F*y / m* = 2,436 m / s2

Figura 6.8 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

0

30000

60000

90000

120000

150000

180000

210000

240000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(SDOF)

C. di capacitàbilineare (SDOF)

Page 188: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 164

Grafico 6.11 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,153 4,262 14,364 Tabella 6.15 - Performance Point per il sistema a un SDOF

E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il

fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del

periodo T relazionato al periodo TC :

𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)

𝑇

𝑇𝐶

𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶

𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶

Figura 6.9 - Fattore di riduzione

Nel caso in esame si ha:

𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥

𝑑𝑦∗

= 1,75

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 189: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 165

Lo spettro anelastico sarà quindi:

𝑆𝑎 =𝑆𝑒

𝑅𝜇

= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒

𝑅𝜇

= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

Grafico 6.12 - Curva di Domanda Anelastica

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

14,3639 1 14,3639

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.13 - Curva di Capacità e Performance Point

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB

TC

TD

Sp. Anelastico

TB anelastico

TC anelastico

TD anelastico

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 190: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 166

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

201731,4 0,14369 Tabella 6.16 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

1. Dati: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: si omette essendo lo stesso del

paragrafo 6.2.1.1.1

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico 6.14 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

F∗bu) 𝑘∗ =

0,60 F∗bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari

ad 1.

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

Page 191: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 167

F*bu 0,6F*bu d*c (0,6 F*bu) K* F*u d*u(F*u)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [m]

172072,8 103243,7 0,0719 1436672,244 172072,84 0,2703

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

157918,680 0,1099 0,2703 83693,70 1,517 Tabella 6.17 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

Grafico 6.15 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 1,517 s

Se (T*) = 3,242 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*

F*y / m* = 1,887 m / s2

Figura 6.10 - Calcolo della domanda

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(SDOF)

C. di capacitàbilineare (SDOF)

Page 192: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 168

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.16 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,517 3,242 18,885 Tabella 6.18 - Performance Point per il sistema a un SDOF

E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il

fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del

periodo T relazionato al periodo TC :

𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)

𝑇

𝑇𝐶

𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶

𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶

Figura 6.11 - Fattore di riduzione

Nel caso in esame si ha:

𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥

𝑑𝑦∗

= 1,72

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 193: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 169

Lo spettro anelastico sarà quindi:

𝑆𝑎 =𝑆𝑒

𝑅𝜇

= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒

𝑅𝜇

= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

Grafico 6.17 - Curva di Domanda Anelastica

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

18,885 1 18,885

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.18 - Curva di Capacità e Performance Point

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Sp. Anelastico

TB anelastico

TC anelastico

TD anelastico

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 194: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 170

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

159989 0,18885 Tabella 6.19 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.1.2.1 - Distribuzione nella direzione X

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico 6.19 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura una

interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello spettro di

risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico 6.20 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Page 195: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 171

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,523 S => T* ≥ TC

T* = 1,153 S

Se (T*) = 3,737 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*

F*y / m* = 2,436 m / s2

Figura 6.12 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.21 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,153 3,737 12,593 Tabella 6.20 - Performance Point per il sistema a un SDOF

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 196: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 172

E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il

fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del

periodo T relazionato al periodo TC :

𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)

𝑇

𝑇𝐶

𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶

𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶

Figura 6.13 - Fattore di riduzione

Nel caso in esame si ha:

𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥

𝑑𝑦∗

= 1,53

Lo spettro anelastico sarà quindi:

𝑆𝑎 =𝑆𝑒

𝑅𝜇

= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒

𝑅𝜇

= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

Grafico 6.22 - Curva di Domanda Anelastica

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Sp. Anelastico

TB anelastico

TC anelastico

TD anelastico

Page 197: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 173

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

12,593 1 12,593

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.23 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

194330 0,12593 Tabella 6.21 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

1. Dati: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.2.1

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: si omette essendo lo stesso del

paragrafo 6.2.1.2.1

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.2

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.2

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,523 s => T* ≥ TC

T* = 1,517 s

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 198: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 174

Se (T*) = 2,842 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*

F*y / m* = 1,887 m / s2

Figura 6.14 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.24 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,517 2,842 16,556 Tabella 6.22 - Performance Point per il sistema a un SDOF

E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il

fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del

periodo T relazionato al periodo TC :

𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)

𝑇

𝑇𝐶

𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶

𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 199: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 175

Figura 6.15 - Fattore di riduzione

Nel caso in esame si ha:

𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥

𝑑𝑦∗

= 1,51

Lo spettro anelastico sarà quindi:

𝑆𝑎 =𝑆𝑒

𝑅𝜇

= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒

𝑅𝜇

= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

Grafico 6.25 - Curva di Domanda Anelastica

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

16,556 1 16,556

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Sp. Anelastico

TB anelastico

TC anelastico

TD anelastico

Page 200: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 176

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.26 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

154086,9 0,16556 Tabella 6.23 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.1.3.1 - Distribuzione nella direzione X

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico 6.27 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLD)

2. domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura una

interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello spettro di

risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei valori delle ordinate.

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 201: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 177

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico 6.28 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente. si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,477 s => T* ≥ TC

T* = 1,153 s

Se (T*) = 1,758 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 2,436 m / s2

Figura 6.16 - Calcolo della domanda

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Page 202: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 178

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.29 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,153 1,758 5,925 Tabella 6.24 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

5,925 1 5,925

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.30 - Curva di Capacità e Performance Point

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15 20 25 30

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 203: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 179

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

141533,8 0,05925 Tabella 6.25 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

1. Dati: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.3.1

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: si omette essendo lo stesso del

paragrafo 6.2.1.3.1

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.2

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.2

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,477 s => T* ≥ TC

T* = 1,517 s

Se (T*) = 1,337 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 1,887 m / s2

Figura 6.17 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Page 204: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 180

Grafico 6.31 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,517 1,337 7,790 Tabella 6.26 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

7,790 1 7,790

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.32 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

110121,7 0,07790 Tabella 6.27 - Performance Point per il sistema a MDOF

0

1

2

3

4

5

6

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

dmax

Page 205: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 181

6.2.1.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.1.4.1 - Distribuzione nella direzione X

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico 6.33 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLD)

2. domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura una

interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello spettro di

risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico 6.34 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Page 206: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 182

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,463 s => T* ≥ TC

T* = 1,153 s

Se (T*) = 1,392 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 2,436 m / s2

Figura 6.18 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.35 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,153 1,392 4,691 Tabella 6.28 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

4,691 1 4,691

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15 20 25 30

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 207: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 183

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.36 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

123100,3 0,04691 Tabella 6.29 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

1. Dati: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.4.1

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: si omette essendo lo stesso del

paragrafo 6.2.1.4.1

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.2

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.2

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,463 s => T* ≥ TC

T* = 1,517 s

Se (T*) = 1,059 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 1,887 m / s2

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 208: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 184

Figura 6.19 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.37 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,517 1,059 6,167 Tabella 6.30 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

6,167 1 6,167

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

0 5 10 15 20 25 30

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 209: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 185

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.38 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

91056,64 0,06167 Tabella 6.31 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del I modo principale di vibrare

6.2.2.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.39 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 210: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 186

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,958 5,131 11,931 Tabella 6.32 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.40 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

113587 0,19412 Tabella 6.33 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.41 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 211: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 187

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,206 4,075 15,023 Tabella 6.34 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.42 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

101317,1 0,25643 Tabella 6.35 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.2.2.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.43 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 212: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 188

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,958 4,498 10,460 Tabella 6.36 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.44 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

111686 0,17018 Tabella 6.37 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.45 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

Page 213: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 189

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,206 3,573 13,170 Tabella 6.38 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.46 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

97115,7 0,22481 Tabella 6.39 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.2.3.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.47 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

0

1

2

3

4

5

6

0 3 6 9 12 15 18

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 214: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 190

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,958 2,116 4,921 Tabella 6.40 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.48 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

84193,75 0,08007 Tabella 6.41 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.49 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15 20 25

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 215: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 191

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,206 1,681 6,196 Tabella 6.42 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.50 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

74571,13 0,10577 Tabella 6.43 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.2.4.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.51 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

0 3 6 9 12 15 18

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 216: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 192

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,958 1,676 3,896 Tabella 6.44 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.52 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

75155,65 0,06339 Tabella 6.45 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.53 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

0 3 5 8 10 13 15 18 20 23

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 217: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 193

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,206 1,331 4,906 Tabella 6.46 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.54 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

61749,4 0,08374 Tabella 6.47 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata dei modi principali di vibrare (MPA)

6.2.3.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.1.1 mentre per il caso di analisi

con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del II modo

principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2.

Grafico 6.55 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF (II modo)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

0

2

4

6

8

10

12

14

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.

Page 218: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 194

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,461 9,233 4,963 5,186 Tabella 6.48 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Grafico 6.56 - Curva di Capacità e Performance Point (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

145955,1 0,05547 Tabella 6.49 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una

combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%

da tutti gli altri.

T [s] ΔT [%]

I modo 0,805 54,9

II modo 0,363 Tabella 6.50 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%

I modo (SLC) II modo (SLC) SRSS (SLC)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

19,41 5,55 20,19 Tabella 6.51 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.1.2.

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,03 0,06 0,09 0,12 0,15 0,18

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)P.P.

dmax

Page 219: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 195

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,243 9,233 1,383 2,159 Tabella 6.52 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

129487,2 0,02095 Tabella 6.53 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,148 8,317 0,461 0,461 Tabella 6.54 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

88537,14 0,00215 Tabella 6.55 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una

combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%

da tutti gli altri.

T [s] ΔT [%]

I modo 1,062 60,2

II modo 0,423 51,5

III modo 0,205 Tabella 6.56 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%

I modo (SLC) II modo (SLC) III modo (SLC) SRSS (SLC)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

25,64 2,09 0,22 25,73 Tabella 6.57 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

Page 220: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 196

6.2.3.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.3.2.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.2.1.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo

6.2.1.1.2 e si riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per

favorire una maggiore snellezza dell’elaborato.

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,461 8,240 4,429 4,550 Tabella 6.58 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

141849,6 0,04868 Tabella 6.59 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLV) II modo (SLV) SRSS (SLV)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

17,02 4,87 17,70 Tabella 6.60 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.2.2.

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,243 8,240 1,234 1,814 Tabella 6.61 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Page 221: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 197

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

128877,7 0,01760 Tabella 6.62 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,148 7,500 0,416 0,416 Tabella 6.63 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

84844,66 0,00194 Tabella 6.64 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLV) II modo (SLV) III modo (SLV) SRSS (SLV)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

22,48 1,76 0,19 22,55 Tabella 6.65 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.3.3.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.3.1.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo

6.2.1.1.2 e si riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per

favorire una maggiore snellezza dell’elaborato.

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,461 4,248 2,284 2,284 Tabella 6.66 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Page 222: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 198

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

104683,1 0,02443 Tabella 6.67 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLD) II modo (SLD) SRSS (SLD)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

8,01 2,44 8,37 Tabella 6.68 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.3.2.

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,243 4,248 0,636 0,636 Tabella 6.69 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

99904,89 0,00617 Tabella 6.70 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,148 3,855 0,214 0,214 Tabella 6.71 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Page 223: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 199

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

68378,66 0,00100 Tabella 6.72 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLD) II modo (SLD) III modo (SLD) SRSS (SLD)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

10,58 0,62 0,10 10,60 Tabella 6.73 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.3.4.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.4.1.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo

6.2.1.1.2 e si riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per

favorire una maggiore snellezza dell’elaborato.

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,461 3,469 1,865 1,865 Tabella 6.74 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

94574,17 0,01995 Tabella 6.75 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLO) II modo (SLO) SRSS (SLO)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

6,34 1,99 6,65 Tabella 6.76 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.4.2.

Page 224: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 200

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,243 3,469 0,520 0,520 Tabella 6.77 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

85433,69 0,00504 Tabella 6.78 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,148 3,38467 0,188 0,188 Tabella 6.79 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

72161,9 0,00088 Tabella 6.80 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLO) II modo (SLO) III modo (SLO) SRSS (SLO)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

8,37 0,50 0,09 8,39 Tabella 6.81 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

Page 225: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 201

6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ

6.2.4.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.57 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,121 4,384 13,964

CASO 2 (P-Δ) - - - Tabella 6.82 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.58 - Curva di Capacità e Performance Point

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

200000

225000

0 3 6 9 12 15 18 21

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)

Page 226: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 202

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 196157,9 0,13964

CASO 2 (P-Δ) - - Tabella 6.83 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.59 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

Non è possibile trovare il performance point allo SLC per il sistema equivalente SDOF sia

per il CASO 1 che per il CASO 2.

Per tale motivo si interrompe il metodo senza passare al sistema MDOF.

6.2.4.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.4.2.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

Page 227: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 203

Grafico 6.60 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,121 3,844 12,242

CASO 2 (P-Δ) 0,941 4,582 10,270 Tabella 6.84 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.61 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 189006,8 0,12242

CASO 2 (P-Δ) 106926,8 0,16708 Tabella 6.85 - Performance Point per il sistema a MDOF

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLV)

TB (SLV)

TC (SLV)

TD (SLV)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

200000

225000

0 3 6 9 12 15 18 21

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)P.P. (CASO 2)

Page 228: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 204

6.2.4.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.62 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,513 2,848 16,519

CASO 2 (P-Δ) 1,200 3,591 13,105 Tabella 6.86 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.63 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 148957,5 0,16519

CASO 2 (P-Δ) 93389,07 0,22369 Tabella 6.87 - Performance Point per il sistema a MDOF

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLV)

TB (SLV)

TC (SLV)

TD (SLV)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27

S [m

/s2

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)

P.P. (CASO 2)

Page 229: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 205

6.2.4.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.4.3.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.64 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,121 1,808 5,760

CASO 2 (P-Δ) 0,941 2,156 4,832 Tabella 6.88 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.65 - Curva di Capacità e Performance Point

0

1

2

3

4

5

6

0,0 2,5 5,0 7,5 10,0 12,5 15,0 17,5

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLD)

TB (SLD)

TC (SLD)

TD (SLD)

T* (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

200000

225000

0 3 6 9 12 15 18 21

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)

P.P. (CASO 2)

Page 230: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 206

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 137972,4 0,05760

CASO 2 (P-Δ) 82186,47 0,07861 Tabella 6.89 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.4.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.66 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,513 1,340 7,772

CASO 2 (P-Δ) 1,200 1,689 6,166 Tabella 6.90 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.67 - Curva di Capacità e Performance Point

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15 20 25

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLD)

TB (SLD)

TC (SLD)

TD (SLD)

T* (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)

P.P. (CASO 2)

Page 231: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 207

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 108024,8 0,07772

CASO 2 (P-Δ) 73301,65 0,10524 Tabella 6.91 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.4.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.4.4.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.68 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,121 1,432 4,560

CASO 2 (P-Δ) 0,941 1,707 3,825 Tabella 6.92 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.69 - Curva di Capacità e Performance Point

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

0,0 2,5 5,0 7,5 10,0 12,5 15,0 17,5

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLO)

TB (SLO)

TC (SLO)

TD (SLO)

T* (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

200000

225000

0 3 6 9 12 15 18 21

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)P.P. (CASO 2)

Page 232: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 208

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 119764,5 0,04560

CASO 2 (P-Δ) 73607,62 0,06224 Tabella 6.93 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.4.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.70 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,513 1,061 6,153

CASO 2 (P-Δ) 1,200 1,337 4,881 Tabella 6.94 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.71 - Curva di Capacità e Performance Point

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

0,0 2,5 5,0 7,5 10,0 12,5 15,0 17,5 20,0

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLO)

TB (SLO)

TC (SLO)

TD (SLO)

T* (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità(CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità(CASO 2)

P.P. (CASO 2)

Page 233: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 209

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 89372,45 0,06153

CASO 2 (P-Δ) 60471,7 0,08332 Tabella 6.95 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.5 - CASO 3 con effetti P-Δ

6.2.5.1 - Stima della domanda allo SLC

6.2.5.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.1.1 mentre per il caso di analisi

con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del II modo

principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2.

Grafico 6.72 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF (II modo)

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,439 9,233 4,498 4,864

Tabella 6.96 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 234: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 210

Grafico 6.73 - Curva di Capacità e Performance Point (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

142334,7 0,05203 Tabella 6.97 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una

combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%

da tutti gli altri.

T [s] ΔT [%]

I modo 0,805 54,9

II modo 0,363 Tabella 6.98 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%

I modo (SLC) II modo (SLC) SRSS (SLC)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

- 5,20 5,20 Tabella 6.99 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.5.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.1.2

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

Non è possibile trovare il performance point allo SLC per il sistema equivalente SDOF e

quindi neanche per quello MDOF.

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,02 0,04 0,06 0,08

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di Capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 235: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 211

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,152 8,452 0,497 0,497

Tabella 6.100 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

88093,08 0,00232 Tabella 6.101 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una

combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%

da tutti gli altri.

T [s] ΔT [%]

I modo 1,062 60,2

II modo 0,423 51,5

III modo 0,205 Tabella 6.102 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%

I modo (SLC) II modo (SLC) III modo (SLC) SRSS (SLC)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

- - 0,232 0,232 Tabella 6.103 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

Per lo stato limite di collasso i valori ottenuti nelle due direzioni non sono significativi visto

che sia in direzione X che in direzione Y risulta impossibile trovare il performance point per

il I modo di vibrare, il quale fornisce il contributo maggiore allo spostamento.

6.2.5.2 - Stima della domanda allo SLV

6.2.5.2.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.2.1.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo

6.2.1.1.2 e si riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per

favorire una maggiore snellezza dell’elaborato.

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

Page 236: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 212

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,439 8,240 4,014 4,250

Tabella 6.104 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

138608,5 0,04547 Tabella 6.105 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLV) II modo (SLV) SRSS (SLV)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

16,71 4,55 17,32 Tabella 6.106 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.5.2.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.2.2.

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,245 8,240 1,250 1,860

Tabella 6.107 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

125649,5 0,01804 Tabella 6.108 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

Page 237: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 213

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,152 7,622 0,448 0,448

Tabella 6.109 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

84286,79 0,00209 Tabella 6.110 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLV) II modo (SLV) III modo (SLV) SRSS (SLV)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

22,369 1,804 0,209 22,443 Tabella 6.111 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.5.3 - Stima della domanda allo SLD

6.2.5.3.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.3.1.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo

6.2.1.1.2 e si riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per

favorire una maggiore snellezza dell’elaborato.

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,439 4,248 2,070 2,070

Tabella 6.112 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

98588,58 0,02214 Tabella 6.113 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLD) II modo (SLD) SRSS (SLD)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

7,86 2,21 8,17 Tabella 6.114 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

Page 238: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 214

6.2.5.3.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.3.2.

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,245 4,248 0,644 0,644

Tabella 6.115 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

99502,22 0,00625 Tabella 6.116 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,152 3,916 0,230 0,230

Tabella 6.117 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

67298,69 0,00108 Tabella 6.118 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLD) II modo (SLD) III modo (SLD) SRSS (SLD)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

10,524 0,625 0,108 10,544 Tabella 6.119 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

Page 239: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 215

6.2.5.4 - Stima della domanda allo SLO

6.2.5.4.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.4.1.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo

6.2.1.1.2 e si riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per

favorire una maggiore snellezza dell’elaborato.

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,439 3,469 1,690 1,690

Tabella 6.120 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

89354,85 0,01808 Tabella 6.121 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLO) II modo (SLO) SRSS (SLO)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

6,22 1,81 6,48 Tabella 6.122 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.5.4.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.4.4.2

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,245 3,469 0,526 0,526

Tabella 6.123 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Page 240: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 216

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

85822,54 0,00510 Tabella 6.124 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,152 3,442 0,202 0,202

Tabella 6.125 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

72492,59 0,00095 Tabella 6.126 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

La domanda di spostamento complessiva viene calcolata usando la combinazione SRSS:

I modo (SLO) II modo (SLO) III modo (SLO) SRSS (SLO)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

8,332 0,510 0,095 8,348 Tabella 6.127 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI

Al termine di questo lavoro i risultati ottenuti sono molteplici e potrebbe essere dispersivo e

confuso mostrarli tutti. Si è pensato quindi di mostrare solo quelli più significativi e meno

ridondanti, in particolare mi sono concentrato su questi punti:

l’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi

sul performance point ai relativi stati limite;

lo studio dell’evoluzione in campo non-lineare della struttura;

la curva di capacità, divisa in vari tratti, capace di descrivere il

comportamento globale della struttura;

l’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità in termini di spostamenti e

drifts di piano;

l’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano;

valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due

analisi.

Page 241: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 217

6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi

sul performance point ai relativi stati limite

Nei grafici inseriti sotto è mostrata l’influenza del profilo di carico applicato sulla curva di

capacità e quindi sulle domande agli stati limite.

Grafico 6.74 – Distribuzioni delle forze con relative risultanti nella direzione X

Grafico 6.75 - Performance Point per i diversi stati limite nella direzione X

0

5

10

15

20

25

30

35

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzione delle forze(CASO 1)

Risultante delle forze(CASO 1)

Distribuzione delle forze(CASO 2)

Risultante delle forze(CASO 2)

0

50000

100000

150000

200000

250000

0 5 10 15 20 25 30

Tagl

io a

lla b

ase

[KN

]

Spostamento ultimo piano [cm]

Curva di Capacità(CASO 1)

Curva di Capacità(CASO 2)

P.P. (SLC)

P.P. (SLV)

P.P. (SLD)

P.P. (SLO)

Page 242: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 218

Grafico 6.76 – Distribuzioni delle forze con relative risultanti nella direzione Y

Grafico 6.77 - Performance Point per i diversi stati limite nella direzione Y

Si osserva che la curva forza-spostamento, la quale descrive la risposta globale dell’edificio

è funzione del punto di applicazione della risultante delle forze applicate e della

distribuzione delle rigidezze in altezza. Alla distribuzione uniforme corrisponde il punto di

applicazione più basso, quindi investe maggiormente la parte più rigida della struttura che

risponde con una maggiore resistenza e un minore spostamento ai diversi stati limite. La

0

5

10

15

20

25

30

35

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzione delle forze(CASO 1)

Risultante delle forze(CASO 1)

Distribuzione delle forze(CASO 2)

Risultante delle forze(CASO 2)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0 10 20 30 40

Tagl

io a

lla b

ase

[KN

]

Spostamento ultimo piano [cm]

Curva di Capacità(CASO 1)Curva di Capacità(CASO 2)P.P. (SLC)

P.P. (SLV)

P.P. (SLD)

P.P. (SLO)

Page 243: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 219

risultante della distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I

modo principale è applicata in un punto più alto rispetto a quella della distribuzione

uniforme, quindi investe maggiormente la parte meno rigida della struttura che presenta di

contro minore resistenza e maggiore spostamento ai diversi stati limite. La struttura risulta

avere un comportamento più rigido nel caso di distribuzione uniforme.

Riassumiamo in quattro tabelle i valori ottenuti nelle due direzioni per i quattro stati limite:

P.P. (SLC) P.P. (SLV) P.P. (SLD) P.P. (SLO) dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

14,36 100,0 0,00 12,59 87,7 -12,33 5,92 41,2 -58,75 4,69 32,7 -67,34 Tabella 6.128 - Confronto tra i valori dei P.P. ottenuti per il CASO 1 nella direzione X

P.P. (SLC) P.P. (SLV) P.P. (SLD) P.P. (SLO) dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

19,41 100,0 0,00 17,02 87,7 -12,33 8,01 41,2 -58,75 6,34 32,7 -67,34 Tabella 6.129 - Confronto tra i valori dei P.P. ottenuti per il CASO 2 nella direzione X

P.P. (SLC) P.P. (SLV) P.P. (SLD) P.P. (SLO) dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

18,88 100,0 0,00 16,56 87,7 -12,33 7,79 41,2 -58,75 6,17 32,7 -67,34 Tabella 6.130 - Confronto tra i valori dei P.P. ottenuti per il CASO 1 nella direzione Y

P.P. (SLC) P.P. (SLV) P.P. (SLD) P.P. (SLO) dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

dmax [cm]

dmax [%]

Δdmax [%]

25,64 100,0 0,00 22,48 87,7 -12,33 10,58 41,2 -58,75 8,37 32,7 -67,34 Tabella 6.131 - Confronto tra i valori dei P.P. ottenuti per il CASO 2 nella direzione Y

In entrambe le direzioni si mantengono le medesime proporzioni tra i performance points

corrispondenti ai diversi stati limite, tali proporzioni sono così graficate:

Grafico 6.78 - Confronto tra i valori dei P.P. ottenuti

dmax [%]

P.P. (SLC) 100,0

P.P. (SLV) 87,7

P.P. (SLD) 41,2

P.P. (SLO) 32,7

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

120,0

dm

ax [

%]

Page 244: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 220

Per lo SLC in direzione X si ha:

Grafico 6.79 - Performance points dei sistemi SDOF ottenuti per i due casi di analisi

Grafico 6.80 - Performance points dei sistemi MDOF ottenuti per i due casi di analisi

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

25000

50000

75000

100000

125000

150000

175000

200000

225000

250000

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27

Tb [

KN

]

dc [cm]

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

Page 245: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 221

CASO 2 (dist. I modo) CASO 1 (dist. uniforme)

dmax [cm] dmax [%] Δdmax [%] dmax [cm] dmax [%] Δdmax [%]

19,41 135,1 35,14 14,36 100,0 0,00 Tabella 6.132 - Confronto tra i valori dei P.P.

Grafico 6.81 - Confronto tra i dmax dei diversi casi di analisi

Si vede ora l’incremento in termini di spostamento che si ha rispetto allo spostamento

trovato per il CASO 1 visto che è il valore più piccolo.

Grafico 6.82 – Incremento in termini di spostamento

6.3.2 - Studio dell’evoluzione in campo non-lineare della struttura

Dai risultati ottenuti si nota come i punti di prestazione corrispondenti agli stati limite di

esercizio si trovino al di là del punto di prima plasticizzazione, questo è confermato dallo

studio dell’evoluzione delle cerniere plastiche nella struttura.

Si creano infatti delle cerniere plastiche assiali nei controventi compressi già allo SLO. I

controventi che si plasticizzano per primi sono quelli di lunghezza maggiore (L>10m), ciò si

spiega facilmente visto e considerato che il carico di collasso per carico di punta si riduce al

dmax [cm]

CASO 2 (dist. I modo) 19,41

CASO 1 (dist. uniforme) 14,36

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

dm

ax [

cm]

Δdmax [%]

Δdmax(CASO2/CASO1) 35,14

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

Δd

max

[%

]

Page 246: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 222

crescere dell'esilità dell'asta, quantificata dalla snellezza, che dipende dalla resistenza alla

rotazione della sezione trasversale e dalla lunghezza, nonché dal modo in cui la stessa asta è

vincolata.

Si rappresenta un telaio interno nel piano XZ ai vari stati limite per il CASO 1 a conferma di

quanto sopra detto:

Figura 6.20 - Telaio interno nel piano XZ allo SLO

Figura 6.21 - Telaio interno nel piano XZ allo SLD

Figura 6.22 - Telaio interno nel piano XZ allo SLV

Figura 6.23 - Telaio interno nel piano XZ allo SLC

Si può aggiungere che il comportamento agli stati limite ultimi in termini di duttilità non è

negativo in quanto con l’aumentare dello stato deformativo le plasticizzazioni indicate dalla

formazione di nuove cerniere plastiche si sviluppano progressivamente in modo diffuso su

Page 247: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 223

tutta la struttura. Inoltre non si creano meccanismi di piano debole e le cerniere sulle

colonne si creano poche e per ultime al contrario di quelle sui controventi che sono però

elementi di facile sostituzione.

La distribuzione di forze uniforme (CASO 1) rappresenta correttamente la distribuzione di

forze nella fase inelastica della struttura, supponendo che le deformazioni plastiche si

concentrino in corrispondenza della base dell’edificio, ma tale condizione non è sempre

verificata. La struttura, a causa della sua irregolarità in altezza, presenta la formazione di un

meccanismo di piano debole al 4°piano se soggetta ad una distribuzione di carico non

uniforme (CASO 2).

Si rappresenta un telaio interno nel piano XZ allo SLC per il CASO 2 a conferma di quanto

sopra detto:

Figura 6.24 – Meccanismo di piano debole al 4° piano della struttura per il CASO 2 allo SLC

Questo è in accordo con i profili di spostamento di piano e drift di interpiano:

Grafico 6.83 - Spostamenti di piano e drifts di interpiano considerati per il CASO 2 in direzione X

Page 248: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 224

6.3.3 - Curve di capacità per il CASO 1 e il CASO 2 con e senza effetti P-Δ

Grafico 6.84 – Curva di capacità con e senza effetti P-Δ per il CASO 1 in direzione X

Grafico 6.85 – Curva di capacità con e senza effetti P-Δ per il CASO 1 in direzione Y

0

50000

100000

150000

200000

250000

0 5 10 15 20 25 30

Tb [

KN

]

dc [cm]

LINEARE

PSEUDO LINEARE

SOFTENING

INSTABILITA'

LINEARE (P-Delta)

PSEUDO LINEARE(P-Delta)

SOFTENING (P-Delta)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0 5 10 15 20 25 30

Tb [

KN

]

dc [cm]

LINEARE

PSEUDO LINEARE

SOFTENING

LINEARE (P-Delta)

PSEUDO LINEARE(P-Delta)

SOFTENING (P-Delta)

Page 249: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 225

Grafico 6.86 - Curva di capacità con e senza effetti P-Δ per il CASO 2 in direzione X

Grafico 6.87 - Curva di capacità con e senza effetti P-Δ per il CASO 2 in direzione Y

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0 5 10 15 20 25 30

Tb [

KN

]

dc [cm]

LINEARE

PSEUDO LINEARE

SOFTENING

INSTABILITA'

LINEARE (P-Delta)

PSEUDO LINEARE(P-Delta)

SOFTENING (P-Delta)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0 5 10 15 20 25 30 35 40

Tb [

KN

]

dc [m]

LINEARE

PSEUDO LINEARE

SOFTENING

LINEARE (P-Delta)

PSEUDO LINEARE(P-Delta)

SOFTENING (P-Delta)

Page 250: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 226

La non linearità geometrica della risposta strutturale causa una variazione degli spostamenti

non proporzionale ai carichi. Considerando gli effetti P-Δ nell’analisi non lineare statica si

tiene conto di tale non linearità e la curva di capacità che si ottiene muta rispetto a quella

ottenuta da una analisi non lineare statica senza effetti P-Δ:

il tratto LINEARE e PSEUDO LINEARE della curva non subiscono variazioni

significative;

il tratto di SOFTENING della curva possiede una pendenza minore, quindi si ha una

riduzione della rigidezza globale della struttura;

scompare il tratto di INSTABILITA’ della curva se presente.

I cambiamenti sopra menzionati della curva di capacità sono prodotti dal momento dovuto

all’effetto P-. Questo momento, causato dall’interazione dell’azione assiale con lo

spostamento relativo fra i due estremi dell’elemento, riduce la resistenza ultima degli

elementi snelli compressi. Questo fenomeno è pronunciato a causa di un alto tasso di lavoro

a compressione degli elementi compressi tale da produrre grandi momenti del II ordine

anche per modesti spostamenti relativi fra i due estremi di ciascun elemento.

6.3.4 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano

E’ evidente e logico che l’uso di tecniche pushover multimodali (MPA) dovrebbe produrre

stime generalmente migliori di drift di interpiano rispetto ad un’analisi pushover con un solo

vettore di carico. Anche se i modi superiori tipicamente contribuiscono poco allo

spostamento, le analisi pushover multimodali possono essere utili per identificare i casi in

cui le risposte in spostamento sono dominate da un modo superiore.

Chopra e Goel (2001b) hanno trovato che l’MPA originale fornisce buone stime di

spostamento di piano e di drift di interpiano per un edificio a telaio in acciaio resistente a

momento di nove piani.

Chintanapakdee e Chopra (2003) hanno applicato la procedura MPA per la stima dei drift di

interpiano per telai a 3, 6, 9, 12, 15, e 18 piani. Hanno scoperto che la precisione delle stime

del drift di interpiano dipendono dal livello di piano e dal grado di inelasticità. La precisione

era migliore per bassi edifici e per i piani inferiori e medi di edifici più alti. Per i piani

superiori di telai alti, la procedura MPA non è stata in grado di fornire una stima

ragionevole dei drift di interpiano per i diversi terremoti.

La MPA si configura come una procedura fra le più accurate per la valutazione della

domanda sismica di strutture deformabili a comportamento debolmente non-lineare.

Per tale motivo si rappresentano i profili degli spostamenti di piano e drifts di interpiano

della struttura sottoposta ad un terremoto di modesta intensità, ovvero allo SLO, perché ci si

aspetta che il cimento della struttura in campo plastico sia limitato.

Ammettendo che l’analisi MPA porti a risultati corretti, l’analisi con distribuzione

proporzionale al modo fondamentale nella direzione X si discosta dalla precedente in

termini di drift di interpiano così:

sottostima del 34% il drift al 1° piano;

sovrastima del 20% il drift al 4° piano;

sottostima del 18% il drift al 9° piano.

Page 251: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 227

Grafico 6.88 – Spostamenti di piano e drifts di interpiano allo SLO in direzione X

Grafico 6.89 – Spostamenti di piano e drifts di interpiano allo SLO in direzione Y

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamenti di piano

MPA

Modo Fondamentale

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

MPA

Modo Fondamentale

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3

Pia

no

U2 / Htot [%]

Spsostamenti di piano

MPA

ModoFondamentale

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

MPA

Modo Fondamentale

Page 252: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 228

Scaturiscono le seguenti osservazioni:

il contributo dei modi superiori è importante in termini di spostamenti di piano e

drifts di interpiano correggendo quelli ottenuti con un solo modo soprattutto ai piani

bassi e alti della struttura;

l’analisi MPA si configura come una procedura fra le più accurate per la valutazione

della domanda sismica di strutture dove l’irregolarità in altezza provoca una risposta

dinamica caratterizzata non da un unico modo di vibrare che attiva la quasi totalità

della massa, come invece accade per le strutture regolari, ma da più modi che

attivano ciascuno una significativa percentuale della massa totale.

6.3.5 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due

analisi

Nell’eseguire un’analisi statica non lineare, la scelta del profilo di carico costituisce un

aspetto fondamentale, in grado di influenzare significativamente l’accuratezza dei risultati

ottenibili.

In ambito normativo i più recenti codici prevedono di valutare la risposta attraverso

l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi, fornendo per ciascuna di esse, un gruppo di

profili di carico fra i quali scegliere la coppia più idonea per la struttura in oggetto. Il primo

gruppo, detto delle distribuzioni principali, è formato da profili di carico definiti a partire

dalle proprietà dinamiche della struttura a comportamento lineare, e il suo impiego si pone

l’obiettivo di riprodurre la risposta per effetto di terremoti di modesta intensità. In tali

condizioni, il cimento della struttura in campo plastico è limitato, e le variazioni delle

caratteristiche di rigidezza modificano soltanto parzialmente le proprietà dinamiche e la

forma dei modi propri di vibrare associati alla matrice di rigidezza tangente della struttura.

Ne consegue che, durante l’evento sismico, la distribuzione delle forze di inerzia e

dissipative lungo l’altezza si discosta poco da quella prevista attraverso lo studio delle

risposta elastica. Il secondo gruppo, contenente le distribuzioni secondarie, è formato da

profili di carico finalizzati a tenere in conto il profondo modificarsi delle caratteristiche

della struttura in presenza di diffuse deformazioni plastiche. La radicale variazione del

profilo degli spostamenti esibiti lungo l’altezza richiede una conseguente modifica della

distribuzione delle azioni che, agendo staticamente, tentano di riprodurre tale

comportamento.

Per il primo gruppo si considera l’analisi MPA vista la sua superiorità rispetto a quella con

un solo vettore di carico, mentre per il secondo gruppo si considera l’analisi con

distribuzione uniforme invece di quella con distribuzione adattiva. L’impiego di procedure

adattive, anche se in un gran numero di casi consente di ottenere stime della risposta più

accurate di quelle ottenibili con profili invarianti, spesso non fornisce risultati conservativi,

come è invece assicurato dall’impiego della distribuzione uniforme insieme ad una

distribuzione principale. D’altro canto, l’impiego della distribuzione uniforme, nella

maggioranza dei casi risulta eccessivamente penalizzante, conducendo ad una stima

fortemente cautelativa degli spostamenti dei piani inferiori.

I risultati sono espressi in termini di spostamento di piano e drift di interpiano sia per un

terremoto di modesta intensità (allo SLO), tale da produrre un cimento della struttura in

campo plastico limitato, che per un terremoto di grande intensità (allo SLC), tale da

produrre un cimento della struttura in campo plastico elevato.

Page 253: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 229

Grafico 6.90 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X

Grafico 6.91 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione Y

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamenti di piano

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3

Pia

no

U2 / Htot [%]

Spsostamenti di piano

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

MPA

UNIFORME

Page 254: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 230

Grafico 6.92 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione X

Grafico 6.93 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione Y

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamento di piano

UNIFORME

MPA

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 1 2

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

UNIFORME

MPA

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1

Pia

no

U2 / Htot [%]

Spostamento di piano

UNIFORME

MPA0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5

Pia

no

Drift [%]

Pushover direzione Y

UNIFORME

MPA

Page 255: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 231

Scaturiscono le seguenti osservazioni:

per un terremoto di modesta intensità (allo SLO) l’analisi MPA risulta più cautelativa

e probabilmente anche più accurata visto che il cimento della struttura in campo

plastico è limitato;

per un terremoto di grande intensità (allo SLC) l’analisi con distribuzione uniforme

risulta più cautelativa ai piani inferiori ed è finalizzata a tenere in conto il profondo

modificarsi delle caratteristiche della struttura in presenza di diffuse deformazioni

plastiche;

l’analisi con distribuzione uniforme coglie il comportamento ultimo di una struttura

che va in crisi con un meccanismo di piano debole formatosi alla base ma nel caso di

analisi con distribuzioni modali si forma un meccanismo di piano debole al 4° piano

che anticipa quello alla base della struttura.

Tali distribuzioni possono portare a risultati solo approssimati e talvolta a sfavore di

sicurezza nel caso di strutture dove il danno indotto dall’azione sismica modifica

significativamente nel tempo i modi di vibrare della struttura. In questi casi, l’utilizzo di

metodi di tipo adattivo (noti anche come metodi evolutivi), che tengono conto di modi di

vibrare superiori e modificano in continuazione la distribuzione dei carichi in funzione del

cambiamento delle caratteristiche della struttura durante il moto sismico, consente di

ottenere risultati più validi e precisi.

Page 256: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CONCLUSIONI 385

CONCLUSIONI

Questa tesi ha permesso di approfondire due tematiche.

La prima tematica è quella del ruolo strategico dell’ospedale, il quale si differenzia

rispetto alla maggior parte delle costruzioni fondamentalmente per i seguenti aspetti:

1. la funzione sociale;

2. il ruolo strategico in caso di calamità naturali (come un evento sismico);

3. l’elevato valore del contenuto (superiore rispetto al contenitore – edificio);

4. l’elevato tasso di occupazione, il ciclo ininterrotto d’attività, la complessità dei

sistemi e delle funzioni.

Ciò significa che si deve porre una particolare attenzione non solo agli elementi portanti, ma

anche a quelli non strutturali e impiantistici, per i quali sono stati molto utili i documenti

citati all’interno della bibliografia del capitolo 2.

La seconda tematica è quella dell’analisi statica non-lineare, metodo che i più recenti

codici prediligono per i casi più complessi. Tale analisi è in grado di considerare in maniera

esplicita la duttilità strutturale e l’evoluzione del comportamento non-lineare della struttura.

Si raccomanda però particolare cautela nell’applicazione del metodo in quanto la

definizione del modello è complessa e richiede un gran numero di informazioni. In questa

tesi, mediante un’analisi non lineare statica eseguita con il software di calcolo agli elementi

finiti SAP2000®, è stato possibile lo studio del comportamento non lineare di una struttura

tridimensionale non regolare in altezza.

Dai risultati ottenuti si evincono i seguenti punti:

1. l’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul

cosiddetto “performance point” (punto di prestazione) ai relativi stati limite, in

particolare la struttura risponde in modo più rigido se sottoposta ad una distribuzione

di forze uniforme mentre con una distribuzione proporzionale al modo fondamentale

si ottiene un meccanismo di piano debole al 4° piano;

2. l’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità:

a. il tratto lineare e pseudo-lineare della curva non subiscono variazioni

significative;

b. il tratto di softening della curva possiede una pendenza minore, quindi si ha

una riduzione della rigidezza globale della struttura;

c. scompare il tratto di instabilità della curva se presente;

3. l’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano e quindi la

superiorità della MPA (Modal Pushover Analysis, Chopra A.K. e Goel R.K. [2001])

rispetto a quella con distribuzione proporzionale al modo fondamentale poiché

l’irregolarità in altezza provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico

modo di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le

strutture regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale

della massa totale;

4. l’importanza della valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati

ottenuti da almeno due analisi con distribuzioni di forze di inerzia differenti (CASO 1

e CASO 3), questione recepita anche dai più recenti codici i quali forniscono due

Page 257: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CONCLUSIONI 386

gruppi di profili di carico fra i quali scegliere la coppia più idonea per la struttura in

oggetto:

a. per un terremoto di piccola intensità (allo Stato Limite di Operatività) la MPA

risulta più cautelativa e anche più accurata visto che il cimento della struttura

in campo plastico è limitato;

b. per un terremoto di grande intensità (allo Stato Limite di prevenzione del

Collasso) l’analisi con distribuzione uniforme risulta più cautelativa ai piani

inferiori ed è finalizzata a tenere in conto il profondo modificarsi delle

caratteristiche della struttura in presenza di diffuse deformazioni plastiche;

c. l’analisi con distribuzione uniforme coglie il comportamento ultimo di una

struttura che va in crisi con un meccanismo di piano debole formatosi alla

base ma nel caso di analisi con distribuzioni modali si forma un meccanismo

di piano debole al 4° piano che anticipa quello alla base della struttura;

d. tali distribuzioni possono portare a risultati solo approssimati e talvolta a

sfavore di sicurezza nel caso di strutture dove il danno indotto dall’azione

sismica modifica significativamente nel tempo i modi di vibrare della

struttura. In questi casi, l’utilizzo di metodi di tipo adattivo (noti anche come

metodi evolutivi), che tengono conto di modi di vibrare superiori e modificano

in continuazione la distribuzione dei carichi in funzione del cambiamento

delle caratteristiche della struttura durante il moto sismico, consente di

ottenere risultati più validi e precisi.

Page 258: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

BIBLIOGRAFIA 387

BIBLIOGRAFIA

[1] Braga F. (2009), “Dispense del corso di costruzioni in zona sismica”, Dipartimento di

Ingegneria Strutturale e Geotecnica dell’Università di Roma “La Sapienza”, Roma.

[2] Lupoi G., Lupoi A., Pinto P.E., Ansovini P. (2008), “Documento di Supporto alle

Autorità Regionali per la redazione di Linee Guida”,11 Marzo 2008.

[3] Bontempi F. (2010), “Progetto e analisi di ospedali come costruzioni strategiche: visione

di sistema, norme tecniche, azione sismica, robustezza strutturale”, 7° Congresso Nazionale

per Operatori degli Uffici Tecnici, Rieti, 24-25-26 Giugno 2010.

[4] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of

buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),

November 2000.

[5] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

[6] Lupoi G., Franchin P., Lupoi A., Pinto P.E., Calvi G.M. (2008), “Probabilistic Seismic

Assessment for Hospitals and Complex-Social Systems”, IUSS Press, Pavia, Gennaio 2008.

[7] Pan American Health Organization (2000), “Principles of Disaster Mitigation in Health

Facilities”, Washington D.C. (USA), 2000.

[8] Guragain R., Pandey B.H., Shrestha S.N. (2004), “Guidelines for Seismic Vulnerability

Assessment of Hospitals”, National Society for Earthquake Technology-Nepal, Kathmandu,

April 2004.

[9] A. Mattei, Tesi di Laurea: “Verifiche prestazionali di un edificio industriale in acciaio in

presenza di sisma”, Corso di laurea in Ingegneria Civile indirizzo Strutture, Facoltà di

Ingegneria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2005-2006.

[10] L. Petrini, R. Pinho, G. M. Calvi (2006), “Criteri di progettazione antisismica degli

edifici”, IUSS Press, Novembre 2006-3a edizione.

[11] A. Moretti, M. Zambelli, Tesi di Laurea: “Metodi numerici per la valutazione della

capacità portante di telai piani in acciaio in presenza di effetti del II ordine”, Dipartimento

di Ingegneria Strutturale, Facoltà di Ingegneria, Politecnico di Milano, Anno Accademico

1996-97.

[12] Computers and Structures, Inc. (2006), “PERFORM COMPONENTS AND

ELEMENTS FOR PERFORM-3D AND PERFORM-COLLAPSE”, University Avenue

Berkeley, California (USA), August 2006.

[13] M. Brunetta, L. Bandini, M. De Lorenzi (2006), “SAP2000® software per analisi e

verifiche di strutture”, Pordenone, Settembre 2006.

Page 259: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

BIBLIOGRAFIA 388

[14] T. Albanesi, C. Nuti (2007), Dispensa: “ANALISI STATICA NON LINEARE

(PUSHOVER)”, Dipartimento di Strutture, Università degli studi di Roma Tre, Roma,

Maggio 2007.

[15] FEMA, (2009): “Effects of Strength and Stiffness Degradation on Seismic Response”,

Federal Emergency Management Agency-P440A, Washington D.C. (USA), June 2009.

[16] A. Habibullah, S. Pyle (1998), “Practical Three Dimensional Nonlinear Static Pushover

Analysis”, Published in Structure Magazine, Winter 1998.

[17] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (2008), “Bozza di Istruzioni per l’applicazione

delle Norme tecniche per le Costruzioni”, aggiornamento al 07/03/2008.

[18] Chopra A.K., Goel R.K. (2001), “A modal pushover analysis procedure for estimating

seismic demands for buildings”, Earthquake Engineering Research Center, University of

California, Berkeley, 31 August 2001.

[19] FEMA (2005): “Improvement of Nonlinear Static Seismic Analysis Procedures”,

Federal Emergency Management Agency-440, Washington (USA), June 2005.

[20] Fausto Viesi (2008), Tesi di Laurea: “Confronto tra modellazione a plasticità diffusa e

concentrata per strutture in c.a.: la scuola di Bisignano”, Corso di Laurea in Ingegneria

Civile - Indirizzo Strutture -, Università degli studi di Bologna, anno accademico2007/2008.

[21] Computers and Structures, Inc. (2010), “CSI Analysis Reference Manual For

SAP2000®, ETABS®, and SAFE® ”, Berkeley, California (USA), March 2010.

[22] Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un

edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”, Anno Accademico 2009-2010.

[23] Computers and Structures, Inc. (2010), “SAP2000® Help, Linear and Nonlinear Static

and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”, Berkeley, California

(USA), 2010.

[24] EN 1993-1-1: 2005, “Eurocode 3 – Design of steel structures – Part 1-1: General rules

and rules for buildings”, Brussels, Maggio 2005.

[25] P. Fajfar (2000), “A nonlinear analysis method for performance-based seismic

design”, Earthquake Spectra, 16(3): 573-592.

[26] E. Del Monte (2010), “L’analisi statica non lineare secondo il D.M. 14/01/2008”,

Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Firenze,

26/04/2010.

Page 260: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Analisi non lineare per lo studio delle prestazioni

di una struttura ospedaliera soggetta a sisma

Università degli studi di Roma “La Sapienza”

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Civile

Relatore:Prof. Ing. F. BontempiCorrelatore:Ing. F. Petrini

Tesi di Laurea:

Laureando :Alessio Coppi

Page 261: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

SCHEMA LOGICO DELLA PRESENTAZIONE

2Alessio CoppiConclusioni

Introduzione

Parte I

Parte II

Parte III

Conclusioni

Prestazioni degli ospedali

Basi teoriche sull’analisi statica non lineare

Modello e analisi dell’ospedale

Risultati dell’analisi

Considerazioni finali

Page 262: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

PRESTAZIONI DEGLI OSPEDALI

3Alessio CoppiConclusioni

Gli ospedali si differenziano rispetto alla maggior parte delle costruzioni per i seguenti aspetti:

•la funzione sociale;

•il ruolo strategico in caso di calamità naturali (come un evento sismico);

•l’elevato valore del contenuto (superiore rispetto al contenitore – edificio);

•l’elevato tasso di occupazione, il ciclo ininterrotto d’attività, la complessità dei sistemi e delle

funzioni.

Livello

prestazionale

Operativo Agibile Stabile Collasso

Danni strutturali

Danni non

strutturali

Danni contenuto

Assenti

Assenti

lievi

Lievi

Lievi

moderati

Moderati

moderati / estesi

Estesi

Estesi

-

-

Sicurezza

Economici

Funzionali

Si

0-10%

Operativo con minimi

disagi

Si

10-30%

Operativo con lievi

disagi

( giorni )

Si

30-60%

Non operativo

necessarie riparazioni

( mesi )

No

60-100%

Non operativo

Stato

Lu

po

iG

., L

up

oiA

., P

into

P.E

., A

nso

vin

iP

. (2

00

8),

“D

ocu

men

to d

i S

up

po

rto

alle

Au

tori

tà R

egio

nal

i p

er l

a re

daz

ion

e d

i L

inee

Gu

ida”

,11

Mar

zo 2

00

8.

Page 263: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

NON LINEARITA’

4Alessio CoppiConclusioni

NON LINEARITA’

GEOMETRICAEFFETTI P-Δ

NON LINEARITA’

DI MATERIALE

MODELLAZIONE

A PLASTICITA’

CONCENTRATA

I metodi basati su un

comportamento

elastico-lineare della

struttura

I metodi di analisi

statica non-lineare

(analisi “push-over”)

NON SONO IN GRADO di considerare

in maniera esplicita la duttilità strutturale

e l’evoluzione del comportamento

non-lineare della struttura

SONO IN GRADO di considerare in

maniera esplicita la duttilità strutturale e

l’evoluzione del comportamento non-

lineare della struttura

Si possono

individuare

due fonti di

non

linearità

Page 264: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

ANALISI STATICA NON LINEARE

5Alessio CoppiConclusioni

Consiste nell’esame della struttura sottoposta ai carichi verticali e ad un sistema di forze laterali

scalate in modo da far crescere monotonamente lo spostamento orizzontale di un punto di

controllo della struttura (C.M. dell’ultimo livello della costruzione), fino al raggiungimento delle

condizioni ultime.

Il diagramma Taglio alla base – spostamento ultimo piano rappresenta la curva di capacità della

struttura.

Tagl

io a

lla b

ase

Spostamento ultimo piano

Curva diCapacità

P. Riva (2007), “Analisi Statica Non Lineare (Pushover)”, Dipartimento di Progettazione e Tecnologie, Università degli Studi

di Bergamo, Bergamo, 2007.

Page 265: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

METODO N2

6Alessio CoppiConclusioni

P. Fajfar (2000), “A nonlinear analysis method for performance-based seismic design”, Earthquake Spectra, 16(3): 573-592.

N = NON LINEARE2 = 2 MODELLI DI

CALCOLO (MDOF E SDOF)

Il metodo si articola nei seguenti punti:

1. Si passa dalla curva di capacità del sistema reale MDOF a quella del sistema SDOF

Fb [

F]

dc [L]

C. di capacità (MDOF)

C. di capacità (SDOF)

2. Si determinano le caratteristiche del sistema SDOF a comportamento bilineare equivalente

Tb [

F]

dc [L]

C. di capacità (SDOF)

C. di capacità bilineare (SDOF)

bF

F *

dd *

*FFb

*dd

Γ: COEFFICIENTE DI

PARTECIPAZIONE

Page 266: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III 7Alessio CoppiConclusioni

P. Fajfar (2000), “A nonlinear analysis method for performance-based seismic design”, Earthquake Spectra, 16(3): 573-592.

Fb[F

]

dc [L]

C. di capacità (MDOF)

P.P.

4. Si determina la domanda sismica globale per il sistema MDOF:

3. Si determina la domanda sismica per il sistema SDOF:

S [a

]

SD [L]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.d*max

PUNTO DI

PRESTAZIONE

METODO N2

N = NON LINEARE2 = 2 MODELLI DI

CALCOLO (MDOF E SDOF)

Page 267: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

STRUTTURA OSPEDALIERA

8Alessio CoppiConclusioni

Necci S., Schwarz R., Valleriani D. (2010), “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un edificio in acciaio adibito ad

uso ospedaliero”, Anno Accademico 2009-2010.

Edificio multipiano costituito da:• 3 piani interrati di 18000 mq ciascuno

• 6 piani fuori terra di 6000 mq ciascuno

•Altezza totale dell’edificio è di 33 m

• 250 stanze, circa 750 posti letto

Page 268: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

MODELLO DELLA STRUTTURA OSPEDALIERA

9Alessio CoppiConclusioni

218m

82,5m

12m 30m

158m

37,5m

21m

22,5m

33m

Modello è così caratterizzato:• 11350 elementi monodimensionali e 7150 nodi;

• 9 solai infinitamente rigidi nel piano;

• non si considera l’interazione terreno struttura (incastro alla base);

• si considera l’effetto P-Δ;

• 10600 cerniere plastiche.

Page 269: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

CERNIERE PLASTICHE SECONDO FEMA 356

10Alessio CoppiConclusioni

FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management

Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.

Definizione del legame della cerniera nel SAP2000

Ottenuta dal tratto

elastico del legame

costitutivo del

materiale

Ottenuta tramite la

definizione di un

legame rigido

plastico incrudente

Page 270: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

CERNIERE PLASTICHE SECONDO FEMA 356

11Alessio CoppiConclusioni

FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management

Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.

Controvento: cerniera assiale

Si ha a trazione un unico caso

mentre a compressione tre

possibili casi a seconda del

rapporto tra il diametro “d” e lo

spessore “t” della sezione.

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le

procedure non lineari di una sezione in acciaio circolare cava,

soggetta a compressione e trazione, risultano espressi nella

tabella 5-7 delle FEMA 356.

Trave: cerniera flessionale

Si hanno tre possibili casi a

seconda della snellezza

dell’anima e delle ali della

sezione in acciaio.

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le

procedure non lineari delle sezioni in acciaio, soggette a

flessione, risultano espressi nella tabella 5-6 delle FEMA 356.

Page 271: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

CERNIERE PLASTICHE SECONDO FEMA 356

12Alessio CoppiConclusioni

FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management

Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.

Colonna: cerniera presso-flessionale

P[KN]

M [KN m]

INTERAZIONE P-M

P / PCL = 0,4999

P / PCL = 0,2009

P / PCL = 0,1999

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione risultano espressi nella tabella 5-6 delle

FEMA 356 in due passi:

2. Scegliendo tra tre

possibili casi a

seconda della

snellezza

dell’anima e delle

ali della sezione

in acciaio.

1. Imponendo due

campi all’interno

dei quali può

variare il valore

dello sforzo

assiale agente P.

Co

mp

ute

rsa

nd

Str

uct

ure

s, I

nc.

(2

01

0),

“C

SI

An

alysi

s

Ref

eren

ce M

anu

al F

or

SA

P2

00

, E

TA

BS

®, an

d S

AF

”,

Ber

kel

ey,

Cal

ifo

rnia

(U

SA

), M

arch

20

10

.

Page 272: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

REGOLARITA’

13Alessio CoppiConclusioni

REGOLARE IN PIANTA

• La configurazione in pianta è compatta e

simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali

e il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la

costruzione risulta inscritta è inferiore a 4

• Non sono presenti rientri o sporgenze

• Gli orizzontamenti possono essere

considerati infinitamente rigidi nel loro piano

• Tutti i sistemi resistenti verticali non si

estendono per tutta l’altezza della costruzione.

• Massa e rigidezza variano in modo brusco tra

il 3° e 4° piano della costruzione.

• Il restringimento della sezione orizzontale

della costruzione tra il 3° e 4° piano è superiore

al 20% della dimensione del 3° piano.

IRREGOLARE IN ALTEZZA

NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

Page 273: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

MODI DI VIBRARE SIGNIFICATIVI

14Alessio CoppiConclusioni

Massa modale partecipante

Modo di vibrarePeriodo Direzione X Direzione Y

[s] [%] [%]

I Modo Principale (dir.Y) 1,062 0 55

I Modo Principale (dir.X) 0,805 59 0

II Modo Principale (dir.Y) 0,423 0 30

II Modo Principale (dir.X) 0,363 29 0

III Modo Principale (dir.Y) 0,205 0 9

Massa modale partecipante cumulata 88 94

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0

Se [

g]

T [s]

Sp.elastico

I MODO dir.Y

II MODO dir.Y

III MODO dir.Y

I MODO dir.X

II MODO dir.X

Amplificazione

Mx = 29%

Mx = 59%

My = 9% My = 30%

My = 55%

Page 274: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

ANALISI PUSHOVER DELLA STRUTTURA 3D

15Alessio CoppiConclusioni

Difficoltà nel valutare la

direzione, il punto di applicazione

e la distribuzione di forze sulla

struttura al variare delle azioni

d’inerzia sismiche

Ipotesi semplificative

• Le forme delle distribuzioni delle forze laterali sono:

a) distribuzione uniforme di forze;

b) distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la

deformata del modo di vibrare.

• Le forze sismiche di pushover, lungo la direzione longitudinale

e trasversale della struttura, sono applicate singolarmente e non

contemporaneamente.

• Il punto di applicazione delle forze corrisponde al baricentro

delle masse di ogni piano.

Page 275: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

ANALISI DI PUSHOVER SVOLTE

16Alessio CoppiConclusioni

CONVENZIONALI

Coglie il comportamento

ultimo di una struttura che va in

crisi con un meccanismo di piano debole

formatosi alla base

Permette una migliore descrizione delle forze

d’inerzia che si innescano sotto azione sismica

quando il modo fondamentale attiva la

quasi totalità della massa (STRUTTURA REGOLARE)

MPA

(Chopra e Goel-2001)

Fornisce una valutazione della risposta della struttura migliore quando la risposta dinamica è caratterizzata da più modi che

attivano ciascuno una percentuale significativa della

massa totale (STRUTTURA IRREGOLARE)

Chopra A.K., Goel R.K. (2001), “A modal pushover analysis procedure for estimating seismic demands for buildings”,

Earthquake Engineering Research Center, University of California, Berkeley, 31 August 2001.

P.

Riv

a(2

00

7),

“An

alis

iS

tati

caN

on

Lin

eare

(Pu

sho

ver

)”,

Dip

arti

men

to

di

Pro

get

tazi

on

ee

Tec

no

log

ie,

Univ

ersi

tàd

egli

Stu

di

di

Ber

gam

o,

Ber

gam

o,2

00

7.

Page 276: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2]

SD [cm]

P.P. per il sistema SDOFSp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

50000

100000

150000

200000

250000

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27

Tb[K

N]

SD [cm]

P.P. per il sistema MDOF

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C. di capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

dmax [cm]

CASO 2 (dist. I modo) 19,41

CASO 1 (dist. uniforme) 14,36

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

dm

ax [

cm]

Δdmax [%]

Δdmax(CASO2/CASO1) 35,14

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

Δd

max

[%

]

Γ

SLC nella direzione longitudinale:

Introduzione Parte I Parte II Parte III

IMPORTANZA DELLA DISTRIBUZIONE SCELTA

17Alessio CoppiConclusioni

0

5

10

15

20

25

30

35

0,00 10,00 20,00 30,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzione delle forze(CASO 1)

Risultante delle forze(CASO 1)

Distribuzione delle forze(CASO 2)

Risultante delle forze(CASO 2)

In direzione longitudinale:

0

50000

100000

150000

200000

250000

0 10 20 30

Tagl

io a

lla b

ase

[K

N]

Spostamento ultimo piano [cm]

Curva di Capacità(CASO 1)

Curva di Capacità(CASO 2)

P.P. (SLC)

P.P. (SLV)

P.P. (SLD)

P.P. (SLO)

La struttura avrà un comportamento più rigido nel CASO 1 rispetto al CASO 2.

0

5

10

15

20

25

30

35

0,00 10,00 20,00 30,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzione delle forze(CASO 1)

Risultante delle forze(CASO 1)

Distribuzione delle forze(CASO 2)

Risultante delle forze(CASO 2)

0

40000

80000

120000

160000

200000

0 10 20 30 40

Tagl

io a

lla b

ase

[K

N]

Spostamento ultimo piano [cm]

Curva di Capacità(CASO 1)

Curva di Capacità(CASO 2)

P.P. (SLC)

P.P. (SLV)

P.P. (SLD)

P.P. (SLO)

In direzione trasversale:

La struttura avrà un

comportamento più rigido nel

CASO 1 rispetto al CASO 2.

Page 277: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

PLASTICIZZAZIONE DELLA STRUTTURA AL VARIARE DEGLI S.L.

18Alessio CoppiConclusioni

SLO:

SLD:

CASO 1 in direzione longitudinaleSLV:

SLC:

Page 278: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Meccanismo di piano debole al 4° piano:

Introduzione Parte I Parte II Parte III

MECCANISMO DI PIANO DEBOLE

19Alessio CoppiConclusioni

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5 2

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

Modo Fondamentale

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamento di piano

Modo Fondamentale

SLC:

CASO 2 in direzione longitudinale

Page 279: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

MPA

Modo Fondamentale

Introduzione Parte I Parte II Parte III

IMPORTANZA DEI MODI SUPERIORI (MPA)

20Alessio CoppiConclusioni

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamenti di piano

MPA

Modo Fondamentale

SLO nella direzione longitudinale:

-18%

+20%

-34%

Page 280: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamento di piano

UNIFORME

MPA

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5 2

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

UNIFORME

MPA

Terremoto di grande intensità (allo SLC) nella direzione longitudinale:

Introduzione Parte I Parte II Parte III

MPA E ANALISI CON DISTRIBUZIONE UNIFORME

21Alessio CoppiConclusioni

Terremoto di piccola intensità (allo SLO) nella direzione longitudinale:

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

Drift di interpiano

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25

Pia

no

U1 / Htot [%]

Spostamenti di piano

MPA

UNIFORME

Page 281: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

Introduzione Parte I Parte II Parte III

CONCLUSIONI

22Alessio CoppiConclusioni

Terremoto di

piccola intensità

Cimento della

struttura in campo

plastico limitato

La MPA risulta più

cautelativa e più

accurata

Terremoto di

grande intensità

Cimento della

struttura in campo

plastico elevato L’analisi con

distribuzione

uniforme risulta

più cautelativa ai

piani inferiori

La MPA risulta più

cautelativa ai piani

superiori

dove il danno indotto

dall’azione sismica

modifica significativamente

nel tempo i modi di vibrare

della struttura

L’analisi con

distribuzione

adattiva risulta più

accurata

Page 282: Tesi Specialistica - Alessio Coppi

0

50000

100000

150000

200000

250000

0 5 10 15 20 25 30

Tagli

o a

lla b

ase

[K

N]

Spostamento ultimo piano [cm]

Curva di Capacità (CASO 1)

Curva di Capacità (CASO 2)

P.P. (SLC)

P.P. (SLV)

P.P. (SLD)

P.P. (SLO)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5 2

Pia

no

Drift [%]

UNIFORME

MPA