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6 ANNO 2 - NUMERO 6 - Aprile/Maggio 2009 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA ABRUZZESE

Ccomemagazine N6

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C COME MAGAZINE, il primo free-press abruzzese a trattare di enogastronomia e di promozione del territorio.

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>> Editore responsabileModiv s.n.c.www.c-magazine.it - [email protected]

>> Direttore responsabileCristina Mosca (non fumatrice)

se volete dirle qualcosa fatelo a: [email protected]

>> Coordinatore generale e art directorFrancesco Cinapri (non fumatore)

se volete dirgli qualcosa fatelo a: [email protected]

>> Area commercialeAlessio Pisciella (ex atleta)

se volete dirgli qualcosa fatelo a: [email protected]

3284836589 - 3494902638

Per il numero 6 di C come Magazine hanno attraversato il vento, la pioggia, la neve, la tempesta, la grandine, i diluvi universali di questo pazzo fine inverno insieme a noi Chiara Ciavolich, Mauri-zio Di Battista, Marco Gaito, Massimo Giuliano, Guernica, Anita Righetti, Giovanni Rosato e Valentina Tenaglia.

>> Modiv s.n.c.Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe)tel 388/7960830www.c-magazine.it - [email protected]

Registrazione presso il Tribunale di Pescaran° 7/08 del 31/03/2008

>> Direttore marketingDaniele Di Vittorio (ex fumatore)

se volete dirgli qualcosa fatelo a: [email protected]

>> Grafica ed impaginazioneCreo Advertising - Pescarawww.creoadv.it

>> Ufficio fotograficoSergio Pasqual, Alessio Pisciella, Daniele Di VittorioFrancesco Cinapri, Simone Angelucci, Nino Di Felice.

>> StampaAGP Arti Grafiche Picene - Maltignano (Ap)

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C COME SOMMARIOovvero cosa troverete nel numero sei

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C come RUBRICHE

05 >> C come Sommario07 >> C come Editorial(i)09 >> C come Informazione10 >> C come Blog 46 >> C come Vi consigliamo 57 >> C come Film61 >> C come News66 >> C come Vip

C come SPECIALE SUINO

24 >> C come Maiale nero

29 >> C come Ventricina32 >> C come “Maialata”

C come ABRUZZO

12 >> C come Tradizione16 >> C come Antrum42 >> C come Nadia e Vilma Moscardi52 >> C come Ricette

C come REPORTAGE

18 >> C come Mia 36 >> C come Saral Food48 >> C come Bit58 >> C come Vinitaly

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Con l’aria nuova di primavera la testa se ne va un po’ per i fatti suoi e insegue tutte le idee che le capitano a tiro. Nonostante questo, i nostri eroi sono arrivati alla fine anche di questa rivista e ne sono come sempre orgogliosi, anzi come sempre un filino più orgogliosi della chiusura precedente. Passato il primo compleanno e passati i festeggiamenti (l’età si fa già sentire, ragazzi...!), ci prepariamo a qualche cambiamento che aiuterà “C” a crescere sana e in forma. Il più evidente lo notate già da questo numero: la presenza di uno speciale dedicato ad un prodotto o ad un argomento caro al nostro territorio. Il re di questo bimestre sarà il suino anche se, lo sappiamo, a Pasqua non vada troppo di moda, mentre lo speciale del prossimo numero sarà naturalmente dedicato al vino, complice la nostra visita a Verona all’inizio di aprile.Al primo giro di boa è d’obbligo ringraziare i capannelli di persone che al Saral Food di Silvi a metà marzo si sono fermate ad ascoltare i nostri amici cuochi e ne hanno gustato le proposte deliziose. I colleghi della stampa locale che ci hanno fatto gli auguri di compleanno sui tg e sulle testate cartacee e online. Ringraziare chi ci vuole bene e ci legge dal nostro sito e da Facebook, e ringraziare chi leggendo questa frase sta già pensando “Ah ma “C” è anche su Facebook? Ora divento subito fan anche io”. Ringraziare i nostri collaboratori che insieme a noi si appassionano e portano freschezza alla rivista e pazienza nel cuore (santi collaboratori...). E ringraziare, naturalmente, chi non ha mai smesso di credere in noi e perché no, anche chi ha smesso: il mondo è bello perché è vario.

“Degustare è un atto di piacere, raccontare questo piacere è un fatto artistico, ma l’unica vera opera d’arte in definitiva è il cibo. Il cibo che rappresenta la perfezione perché non sconfina mai nel prima e nel dopo della quotidianità, perché si imprime nella mente come unità chiusa ed autosufficiente, momento unico scolpito fuori dal tempo e dallo spazio, perla dell’animo libera dalle emozioni della vita”. Queste parole di Muriel Barbery scritte in “Estasi culinarie” sono l’espressione massima a mio parere per chi ha la pas-sione per l’arte culinaria come noi di C-Magazine; chiudendo gli occhi queste parole rievocano le sensazioni che si prova-no degustando capolavori di maestri come Heinz Beck, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare a marzo a Pescara presso il ristorante Cafè “Le paillotes” e di cui troverete la testimonianza nello speciale C come Vip.Tantissimo onore anche a chef della nostra terra come Pep-pino Tinari del ristorante Villa Majella che ci ha invitati in oc-casione dalla “maialata”, o Nadia e Vilma Moscardi del risto-rante “Elodia” di Camarda, L’Aquila.Insomma chiudere gi occhi a volte non significa solo ripo-sare. Chiudere gli occhi per regalarci attimi emozionanti: questo è come noi di C-magazine affrontiamo la nostra av-ventura, con la voglia sempre di stupirci davanti ad una nuo-va opportunità, davanti alle chance che il nostro Abruzzo ci regala a tavola e non solo. Cosa ci riserverà il futuro è una domanda che non amiamo porci. Per ora sorridiamo ed an-diamo avanti.

C COME PRIMAVERA C COME ESTASI CULINARIE

C COME EDITORIAL(I)di Cristina Mosca & Francesco Cinapri

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Cristina Mosca

Direttore responsabile di C-MagazineStagione preferita: autunnoNell’aria: profumi notiNegli occhi: orizzonti

Francesco Cinapri

Direttore artistico di C-Magazine Stagione preferita: la vita...una stagioneNell’aria: polline tra poco... :-)Negli occhi: la bellezza della vita

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In ottemperanza al regolamento comunitario 1698/2005 riguardante il sostegno allo sviluppo rurale il nuovo PSR dell’Abruzzo 2007-2013 ha previsto una particolare misura, la 114, per l’utilizzo dei servizi di consulenza. Nello specifico tale misura ha lo scopo precipuo di fornire un supporto agli imprenditori agricoli che a partire dall’ulti-ma riforma della politica agricola, la riforma Fischler, hanno l’obbligo di rispettare la cosiddetta “condizionalità”.Il PSR Abruzzo, dunque, offre a tutti gli imprenditori del mondo agricolo e forestale che ne faranno richiesta l’op-portunità di avvalersi della consulenza di professionisti che hanno competenze specifiche in tema di condizionalità. I servizi di consulenza dovranno riguardare obbligatoria-mente l’applicazione dei criteri riguardanti la sicurezza sul lavoro così come prescritto dalla normativa comunitaria e nazionale e soprattutto i temi previsti dal regolamento co-munitario 1782/2003 in materia di condizionalità, quali la sanità pubblica, la salute delle piante e degli animali; la pro-tezione dell’ambiente; il benessere degli animali; il manteni-mento dei terreni agricoli in buone condizioni agronomiche ed ambientali mediante le rotazioni colturali e le diverse pratiche agricole.Alla condizionalità e alla sicurezza, che devono essere pre-viste obbligatoriamente nei servizi di consulenza, si può aggiungere la consulenza per lo sviluppo agricolo e fo-restale, i cui contenuti riguardano il supporto alle scel-te gestionali e produttive con l’obiettivo della qualità e dell’innovazione organizzativa e tecnologica; il sostegno alla commercializzazione dei prodotti agricoli e della selvicoltura, compresa l’informazione sulle opportunità di nuovi sbocchi di mercato; il potenziamento delle oppor-

tunità di crescita delle aziende offerte da una gestione ef-ficiente e compatibile, dallo sviluppo della multifunzionalità e della diversificazione delle produzioni e delle attività; l’in-centivazione della programmazione e dell’attuazione degli interventi selvicolturali.La Regione riconoscerà agli agricoltori che decideranno di attivare la misura 114 un finanziamento che dovrebbe esse-re pari circa all’80% del costo del servizio di consulenza. Tutti gli agricoltori che hanno diritto di attivare questa mi-sura dovranno necessariamente scegliere un organismo di consulenza accreditato presso la Regione Abruzzo. Ad oggi ancora non esiste un albo di organismi accreditati per la consulenza e si è in attesa di una sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (B.U.R.A.).In definitiva si può senza dubbio affermare che l’adozione di tale misura permetterà agli agricoltori abruzzesi di avva-lersi di un innovativo servizio di consulenza che permetterà di adeguarsi alla normativa comunitaria circa il rispetto del-la condizionalità. Al contempo, i nostri agricoltori avranno a disposizione uno strumento in più, che se ben sfruttato garantirà una conduzione aziendale rispettosa dell’ambien-te ed attenta alla qualità delle produzioni con evidenti rica-dute positive per i consumatori. Nella speranza che questa misura prenda avvio in breve tempo e che si ricompongano le controversie che si sono aperte sull’accreditamento de-gli organismi di consulenza, diamo un giudizio positivo su questa tipologia di intervento prevista dal PSR della Re-gione Abruzzo, che permetterà alle aziende di assolvere i diversi obblighi di legge e di potenziare la propria compe-titività in termini di efficienza produttiva e di incremento del livello qualitativo delle produzioni agricole.

di Marco Gaito – Ph.D. in politica agraria, Università di Teramo

I SERVIZI DI CONSULENZA NEL PIANO DI SVILUPPO RURALE 2007-2013

C COME INFORMAZIONE

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Una romana tedesca dall’animo semiabruzzese che vive e lavora nel Sud Ovest della Germania ai confini con la Francia e che svolge la sua attività da freelance in campo linguistico; una milanese newzelandese di Auckland con 3 figli, che dà corsi di cucina italiana nella terra di mezzo: questo è l’animo de “Cuoche dell’altro mondo”, un foodblog conosciutissimo nella blogsfera “mangereccia”.Alex e Marina sono due amiche che da sempre che hanno pensato all’idea di aprire un foodblog per crearsi un perso-nale filo diretto dopo il trasferimento in Nuova Zelanda di Marina con il fine di scambiarsi ricette tra di loro, ma poi pian piano il blog ha iniziato a ricevere le prime visite e cosi in soli due anni ha raggiunto circa 400 mila ospiti!Oltre alla passione per la cucina che accomuna Alex e Mari-na, “Cuoche dell’altro mondo” è anche uno spazio personale di Alex per condividere la sua passione con altri utenti circa la fotografia; infatti pubblica e condivide molte bellissime foto di suoi viaggi in giro per il mondo.Due cuoche, due gusti, due personalità che si esprimono in cucina diversamente ma sempre con estremo equilibrio.Alex predilige le ricette salate, arricchite da spezie ed erbe aromatiche: basta girare un pò per il blog e troverete ricette del calibro di “ceci e spinaci indian style” in cui assaporere-te spezie come cumino,coriandolo e curcuma (una bomba), oppure il “petto di pollo in salsa di senape e mandorle” che vi esortiamo a provare.Alex predilige sì ricette di questo genere, ma per qualche strano motivo mentre faceva i conti “col suo blog” un giorno si è accorta di pubblicare prevalentemente ricette di dolci; è una cosa che simpaticamente non si spiega nemmeno lei.

Pubblica in italiano e traduce tutte le ricette del blog in tede-sco, quindi forza Deutsche, fatevi avanti!Marina è dall’altra parte del mondo, cosi lontana ma cosi vicina all’Italia, 3 figli come già detto, un marito ed una pas-sione per il mare, ama cucinare ricette marinare e da qual-che tempo “sperimenta” assieme ad esse ingredienti nuovi che trova nella sua nuova terra. Agli appassionati di pesce consigliamo vivamente di cliccare su “triglie e finocchi agli agrumi” o “salmone con lemongrass e foglie di kaffir lime”, assolutamente sublimi!Allora che aspettate? Cliccate, cliccate ed entrate “nell’altromondo” di Alex e Marina.

Torta al vino e cioccolato (foto pagina accanto)

Ingredienti per 2 persone:Ingredienti per uno stampo di 26 cm, 4 uova, 250 gr di zuc-chero, 200 gr di burro morbido, 150 gr di farina, 1/8 l di vino rosso, 1 cucchiaino di cannella, 3 cucchiaini colmi di cacao in polvere, 150 gr di gocce di cioccolato fondente, 150 gr di mandorle tritate grossolanamente, 1 bustina di vanillinauna bustina di lievito in polvere per dolci

Preparazione:Sbattere con la frusta elettrica le uova, lo zucchero ed il bur-ro fino ad ottenere una crema. Aggiungere tutti gli altri ingre-dienti ed amalgamare bene. Versare l’impasto nello stampo imburrato e infornare per un’ora a 175° C.

http://cuochedellaltromondo.blogspot.com

C COME BLOGdi Francesco Cinapri - www.cucinamente.it

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La vocazione naturale alla pastorizia si legge nelle colline e nelle vallate a pettine che attraversano tutta la nostra terra. L’elemento simbolico della presenza degli Angioini in Abruzzo, perciò, non può che essere la carta dei tratturi, che sancisce l’attività in cui siamo tanto bravi: la transumanza. Bravi al punto da impostarvi l’economia principale e non solo: gran parte della cucina abruzzese si muove partendo dalle carni ovine e, in quanto popolo di tradizioni e rigore, le leghiamo alle feste di ricorrenza.La Pasqua con il cadere in primavera rappresenta l’apoteosi di questa cucina meravigliosa, e non solo per noi che l’abbiamo inventata. Un trionfo di carne, formaggio e pasta legati da uova a volontà saziano ogni palato, non solo per forma ma anche per gusto, per raffinatezza, per ricercatezza e, non ultimo, per fantasia. L’opulenza che si esibiva un tempo a tavola per quantità e per qualità oggi vive un profilo molto più contenuto, purtroppo.Proviamo a capire l’apoteosi.Prima di tutto con carni ovine intendiamo strictu sensu la pecora e i suoi derivati, per un motivo semplice: le pecore si

allevano per la lana, per cui la carne di capra è poco diffusa e molto spesso apprezzata solo dagli amatori. La pecora, nelle sue diverse età (agnello da latte, agnello, agnellone e pecora adulta) si presta a piatti pensati per esaltare la qualità di ciascuna carne, ma questa è un’altra storia.Dopo la Quaresima, che la tradizione vuole parca nelle scelte e di magro a tavola con qualche concessione al pesce e al baccalà, la Pasqua, che cade sempre la domenica, si annuncia sulla tavola già dal sabato con le interiora di agnello. Questo non deve essere troppo giovane, perché altrimenti le sue interiora sono insipide, né troppo vecchio, sennò sono stoppose. Regionalmente chiamato “la coratella” l’insieme di fegato, milza, polmone e rete dell’intestino, è considerato un piatto di magro e preparata per la vigilia della Pasqua. “La coratella” tagliata a pezzi piccoli, lavata con attenzione per eliminare i residui di sangue e asciugata, va passata in padella con olio e cipolla tagliata sottile, lasciando cuocere lentamente e chiudendo con uno spruzzo di vino. E qui cominciamo con le scuole di pensiero: chi usa uno spruzzo di aceto lasciando evaporare completamente, chi mescola a

di Anita Righetti - Foto: Sergio Pasqual

TUTTI A TAVOLA , È PASQUA!L’Abruzzo tra coratella e uova sode

C COME TRADIZIONE

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“la coratella” un uovo con succo di limone. La mia personale “coratella” è con i piselli, messi a metà cottura e senza aggiungere altro.Non è solo una questione di gusto: ciascuno di questi modi di cottura richiama collegamenti interessanti con la cultura, la tradizione e persino l’economia.

Ed ecco che arrivano le domenicali campane a festa della Santa Pasqua.Uova sode a volontà (15, 20, 30...) fatte benedire alla prima Messa del mattino compaiono sulla tavola della colazione ma vengono mangiate anche fuori pasto.Insieme al caffé troviamo le uova sode da sgusciare in tavola e condire solo col sale oppure già sgusciate, tagliate a metà e condite con sale, olio, prezzemolo e un niente di aceto. Si mangiano insieme al salame e a fette di pizza di Pasqua: questa, in alcune zone d’Abruzzo aquilano e marsicano è una pasta lievitata dolce con i canditi, in altre zone come il Chietino è una pasta lievitata ricca di strutto, formaggio, salsiccia secca e molto pepe. Entrambe le versioni sono comunque spennellate di rosso d’uovo. Il pranzo di Pasqua si apre con un piatto di salumi e di formaggi accompagnati da carciofi sottaceto o fritti in pastella.C’è chi non rinuncia al brodo, però con la pizza rustica, che fa più primavera; poi viene servita la chitarra col ragù all’abruzzese, dove fondamentale è un pezzo di agnello con un pezzo di coda (chi ce l’ha). La lasagna è d’obbligo anche perché il giorno dopo sarà usata fredda per la scampagnata, “la sciuscillette” del lunedì di Pasqua.Cos’altro serviamo in tavola la domenica di Pasqua? La costata e la rognonata alla brace; le costatine spellate dall’osso, riavvolte su se stesse, passate prima nella farina, poi nell’uovo battuto bene e fritte in abbondante olio d’oliva finché non diventano dorate; la polpa di agnello a pezzi piccoli, con l’osso o senz’osso (altra scuola di pensiero). Qualcuno sostiene infatti che l’osso dia più sapore: con cipolla, rosmarino e alloro da togliere a fine cottura è la base per “casce e ove”, dove l’uovo sbattuto bene con succo di limone e pecorino stagionato grattugiato avvolge la carne in una morbida crema, ma è da mescolare a lungo a fuoco spento, altrimenti diventa frittata.La stessa polpa di agnello, sempre a pezzi piccoli ma accompagnata da odori (sedano, carota e uno spicchio d’aglio) lasciato cuocere per oltre un paio d’ore - anche tre - con un cucchiaio di salsa di pomodoro e un bicchiere d’acqua, coperto e a fuoco bassissimo diventa spettacolarmente buono e si sposa bene con un bicchiere di Montepulciano.

Anche freddo è buono il giorno dopo, per “la sciuscillette”. E infine, un classico che va da sé, quasi senza essere neanche citato: l’agnello al forno.I contorni sono molti e diversi: dalla misticanza di verdure di campo ripassata in padella, ai carciofi ripieni o in padella, all’insalata mista o semplice, agli asparagi.I fiadoni dolci o salati, le pupe e i cavalli con l’uovo nella pancia, i bocconotti e la pizza dolce chiudono il pasto accompagnati dal vino cotto, tornato gradevolmente in auge: perfetto per accompagnare il fine pasto. Interessante sapere che il sacro per gli abruzzesi accompagna anche i cibi, con una foglia d’ulivo di palma benedetta messa sia sul fiadone che su pupe e cavalli: e la Pasqua diventa Santa anche a tavola.

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AL VINITALY UNA NUOVA LINEADI MONTEPULCIANO

La cantina Ciavolich ce lo ha presentato

C COME ANTRUM

L’Antrum nasce nel settembre del 2003. Non era solo la mia prima vendemmia ufficiale (mi ero “insediata” proprio in quell’anno): era anche l’anno in cui, con mio padre e mia ma-dre, decidemmo di dare avvio al progetto di restauro dell’an-tica cantina Ciavolich, che durante l’occupazione tedesca del 1943 diede rifugio alla nostra famiglia e a molte altre di Miglianico. Mio padre e mia zia passarono tre mesi nelle grotte scavate nella pietra della Maiella, sotto la sala di ripo-so del vino, nascosti insieme ad altre diciotto persone, con la cantina piena di vino (era appena stata fatta la vendemmia, l’ultima in quel luogo) e la paura di morire annegati come topi a causa dei bombardamenti che, qualora non avessero buttato giù l’intero palazzo, avrebbero decisamente potuto provocare lo scoppio delle grandi botti piene di vino che fer-mentava. Infine, l’8 dicembre 1943, furono costretti dalle SS a lasciare quell’antro antico: vi tornò 6 mesi dopo mio padre, unico uomo di casa, a rimettere ordine e ricominciare pro-prio da quel vino che riposava nelle botti sopravvissute al passaggio del fronte. Questo è il luogo in cui nasce l’Antrum, un Montepulciano d’Abruzzo doc aristocratico e generoso, dedicato ad un luogo troppo importante per noi: un antro pieno di amore e pieno di civiltà, un antro che racconta un pezzettino di storia d’Italia e un grande pezzo della storia della mia famiglia.

di Chiara Ciavolich

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Per la 39° volta si è svolta a Rimini, dal 14 al 17 febbraio, la mostra dedicata all’alimentazione extradomestica. Come è successo negli ultimi anni, in concomitanza della Mostra Internazionale dell’Alimentazione si sono svolte altre rasse-gne importanti, come l’undicesimo “Pianeta Birra Beverage & Co” (prima esposizione internazionale di birre, bevande, snack, attrezzature e arredamenti per pub e pizzerie), l’otta-vo “Mse Seafood&Processing” (salone internazionale delle tecnologie e dei prodotti della pesca, organizzato in col-laborazione con la statunitense DBC), il quinto “Oro Gial-lo” (salone internazionale dell’olio extravergine di oliva) e il primo appuntamento con “DiVino Lounge - wine, food and more”, dedicato a vini, spumanti e champagne. Comples-sivamente quasi 1.500 aziende, tra dirette e rappresentate, hanno occupato qualcosa come 100mila mq del quartiere

fieristico riminese. I visitatori che complessivamente han-no visitato queste fiere sono stati, secondo le stime, quasi 83mila, distribuiti nei quattro giorni di eventi molto interes-santi che si sono susseguiti nei vari padiglioni: alla Mia la Nazionale Italiana Pizzaioli che ha attirato come al solito l’attenzione promuovendo i campionati di Kamut Pizza, di Pizza senza Glutine e di Pizze Vegana. All’interno dell’area riservata ai vari campionati della pizza era presente il Ca-seificio Sabelli, come sinonimo di mozzarella di qualità per la pizza. Al Pianeta Birra si è svolto “Degustando – 24 ore fuori casa”: in sei “cornici d’autore” realizzate da presti-giosi architetti italiani si sono svolte performance di noti chef, sommelier, degustatori, barman, che hanno guidato gli operatori in un percorso per sviluppare nuove occasioni di consumo. Al Mse l’associazione culturale “Mare in Italy”

di Daniele Di Vittorio - Foto: Alessio Pisciella

A RIMINI ALIMENTI E TENDENZEEcco le aziende abruzzesi presenti nel 2009

C COME MIA

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ha organizzato delle brevi lezioni didattiche di cucina sul pesce che hanno coinvolto il pubblico presente in fiera. Ad Oro giallo durante tutta la giornata di sabato 14 feb-braio si è svolto il quinto campionato nazionale dell’olfatto “Il naso d’Italia”. Nella sezione “DiVino Lounge”, in un ri-storante di design a cura dell’architetto Luca Scacchetti, alcuni noti chef italiani hanno proposto nuovi abbinamenti di vini e acque con cibi gourmet. E l’Abruzzo? Innanzitutto due baristi nostri corregionali hanno partecipato alla fase finale dell’ottavo Campionato Italiano Baristi Caffetteria: Rosamaria Di Clemente e Riccardo Di Gasbarro. I barman erano accompagnati da Marcello Vitellone responsabile dell’Universal Caffè, presente in qualità di main sponsor

della manifestazione. Sparpagliate per i padiglioni erano invece presenti alcune aziende abruzzesi. Sorprenden-temente, nella sezione Oro giallo era presente solamente l’azienda agricola ortonese Fattoria Bardella con il suo olio d’oliva: per una regione come l’Abruzzo la presenza di un solo olio in una manifestazione internazionale rappresenta sicuramente un punto a sfavore per l’immagine della regio-ne. Nella sezione Mia abbiamo consolidato la conoscen-za di Fox Italia, un’azienda giovane ed innovativa di Città Sant’Angelo che si è imposta all’attenzione degli operatori puntando sulla specializzazione di prodotti da aperitivo. Nello stesso padiglione abbiamo incontrato un’altra azien-da del settore, Al.pe. Snack, di Montesilvano, anch’essa

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con una linea di prodotti snack alquanto innovativa e di prima qualità. Era presente, sempre nello stesso settore ma con pro-dotti completamente diversi, Sipre Italia, azienda del Pescarese specializzata nella sicurezza nei locali. Non poteva mancare il dolce con l’azienda teramana Geni’s specializzata in gelati ar-tigianali. Passando al Pianeta Birra abbiamo inoltre incontrato il Birrificio Maiella, piccola azienda di Casoli (Ch) e il “micro-birrificio” Almond22, che hanno onorato l’Abruzzo con la loro birra artigianale di ottima qualità. Inoltre all’interno dello stand di “Birra & Sound” ci siamo imbattuti in un’altra birra abruzzese, birra Lacu, che era loro ospite e anch’essa proponeva assaggi ai visitatori. In definitiva, la presenza dell’Abruzzo a questo evento non era molto corposa, forse in parte per la crisi economica e forse in parte per il poco appoggio delle istituzioni alle azien-de del settore: significativa era invece la presenza delle Regioni Molise, Campania, Marche, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Sicilia. Tutto ciò non fa altro che mettere in risalto ancora di più lo sforzo e l’impegno delle aziende abruz-zesi che, nonostante tutte le difficoltà del momento economico, sono riuscite ad esserci.

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di Maurizio Di Battista - Foto: Simone Angelucci

alla presenza, fino alla metà del secolo scorso, del maiale nero, divenuto poi quasi introvabile dopo l’avvento della suinicoltura industriale, in cui è stato soppiantato dal maiale dal pelo bianco, e dopo l’abbandono della transumanza e dei tratturi, quest’ultimi fondamentali collegamenti per gli scambi commerciali tra le varie regioni. La letteratura di settore ci ricorda che il maiale nero d’Abruzzo era diffuso e molto apprezzato per le doti di rusticità e adattabilità: è descritto dalla “Nuova Enciclopedia Italiana” di Mantovani, edita nel 1926, è trattato da due illustri zootecnici quali il Dematteis e lo Stanga... Anche nell’opera “Terra Vergine” d’Annunzio cita la sua presenza, e Basilio Cascella lo immortala in una foto dell’inizio del XX secolo: questo maiale viveva sul nostro territorio e assai diffusamente popolava le fattorie abruzzesi. Oggi la lungimiranza di appassionati allevatori locali e il riconoscimento da parte del Ministero delle Politiche Agricole di un programma di selezione e recupero della razza hanno reso possibile la salvaguardia di un patrimonio di biodiversità di inestimabile valore. Consorzi di allevatori di razza suina con l’apporto scientifico stanno conducendo degli studi sulla razza cercando di fare un impegnativa quanto difficile selezione genetica. Dallo stato di semiestinzione è diventato oggetto di recupero e valorizzazione, animale unico per prelibatezza delle carni e per adattamento ad un nuovo/vecchio stile di allevamento: quello all’aperto.

Un bieco moralismo che dura da secoli ha relegato il maiale a icona delle nefandezze umane, ma se si vuole rendere giustizia a questo prezioso animale bisogna riscoprire la più saggia e realistica cultura popolare, che lo ha sempre celebrato e portato ad esempio del buon vivere. Nella tradizione contadina, il maiale era l’animale più prezioso per l’economia gastronomica, di esso infatti si utilizza tutto, ricco di principi attivi ha permesso all’uomo di estrinsecare la propria fantasia e capacità gastronomica in ogni tempo a tutte le latitudini. Oggi conosciamo il classico maiale dalle setole bianche, ma in pochi sanno che in passato i maiali su tutto il territorio italiano erano neri. Le caratteristiche morfologiche erano diverse fra loro, alcuni cintati, alcuni macchiati, alcuni privi di setole ma tutti erano prevalentemente neri o grigio ardesia. Razza antichissima originaria della Campania, gia nota ai Romani, sembra trarre le sue origini da razze orientali, anche se c’è chi ipotizza che possa derivare da razze iberiche. Sin da tempi remoti, quindi, in gran parte del territorio italiano era diffuso l’allevamento di maiali neri, con caratteristiche e nomi diversi acquisiti dagli adattamenti e dalle consuetudini locali: Cinta Senese, Mora Romagnola, Casertana, Nero dei Nebrodi... Ogni maiale occupava la sua nicchia d’entroterra, e con esso ogni territorio esprimeva la propria tipicità nella lavorazione delle carni e in cucina. Nella regione Abruzzo numerose testimonianze e documenti ci riportano

UN PATRIMONIO DALLE SETOLE GRIGIETorna l’allevamento all’aperto

C COME MAIALE NERO

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riorganizzando il libro genealogico, comprendendo tutti i sottotipi dell’Appennino centro meridionale, geneticamente accomunati da frequenti scambi che si erano sviluppati lungo le antiche vie commerciali e della transumanza.Il tentativo effettuato a Caramanico trova dunque la sua prima ispirazione nella riscoperta di un sistema di allevamento utilizzato da millenni, ed oggi ritrovato come alternativa alla zootecnia intensiva, rielaborato su principi ecologici e riproposto come garanzia della qualità della produzione. Non è l’unico esperimento di reintroduzione: anche nel Vastese, territorio da sempre vocato alla tradizione suina, il centro di ricerca dell’Accademia della ventricina ha portato a termine l’esperimento di ripristino del suino nero autoctono, e dai dati organolettici a disposizione viene fuori che sarebbe opportuno ripristinare in toto l’allevamento di questa razza, tanta è l’eccezionalità e la qualità.Oggi il tentativo di recupero del maiale nero d’Abruzzo è soprattutto un recupero di grande importanza ecologica e culturale, ma anche un’occasione di sviluppo di un’esperienza zootecnica perfettamente integrata con il territorio, che deve concretizzarsi nel modello della filiera corta ovvero della connessione stretta tra produttore e consumatore: l’unica in grado di garantire la sopravvivenza di tali realtà microproduttive e di riportare sulle nostre tavole profumi e sapori delle case dei nostri nonni.

La tecnica di allevamento tradizionale prevede un largo uso di pascolo nei boschi di faggio, di castagna o di quercia, con scarsa integrazione di mangimi e con ampi spazi dove il suino possa brucare liberamente. Allevato allo stato brado e semibrado nelle quercete, il suino si ciba di ghiande, di tuberi, di radici, di piccoli insetti e di frutti del bosco: ne consegue che l’animale offre lardo e carni marezzate tenere, compatte e saporite. L’allevamento all’aperto è condotto secondo un rapporto equilibrato fra superficie agricola e animali, nel massimo rispetto dell’ambiente e del benessere, con un’alimentazione basata su prodotti esclusivamente provenienti dal nostro territorio: questo “stile di vita”, a differenza di quanto accade nei grossi impianti industriali, porta ad un’insorgenza estremamente ridotta, praticamente nulla, di alcune malattie, soprattutto respiratorie, provocate nelle porcilaie dal ristagno di gas nocivi; i farmaci, per questo, vengono usati in casi davvero eccezionali. Questo nuovo interesse per il maiale nero ha permesso una maggiore diffusione della conoscenza di questo patrimonio per il consumatore e la pubblica opinione. Ciò ha condotto non solo all’accreditamento di questa razza presso gli esperti del settore, ma anche al riconoscimento del nucleo di animali allevati a Caramanico Terme (Pe) e in altri siti regionali, come sottotipo abruzzese facente parte della razza ufficiale “Apulo-Calabrese” di cui l’associazione nazionale allevatori suini sta

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di Giovanni Rosato - Foto: archivio Arssa

buccia d’arancia. Insaccato nella vescica o, secondo l’antica tradizione nello stomaco del maiale, di recente è commercializzata anche in barattoli di vetro. Presenta un colore chiaro o rosa a grana fine e può essere utilizzata tal quale o ottima nelle serate d’inverno, spalmata sulle bruschette calde. La ventricina del Vastese invece è a grana grossa disomogenea, in cui si distinguono i diversi pezzi di carne, e dal sapore leggermente piccante. La produzione di questo gustosissimo salume si estende anche nel vicino Molise, un tempo parte degli “Abruzzi”. Pur diviso oggi da confini regionali, questo territorio condivide tradizioni simili, come quello della “maialatura”, ovvero l’uccisione del maiale e la sua trasformazione in salami. Questa ventricina nasce nell’area meridionale della provincia di Chieti e nelle zone collinari e pedemontane del medio e alto Vastese comprese tra i fiumi Trigno e Osento, dalle colline di Scerni, passando per Guilmi sino a Schiavi d’Abruzzo. Deve una delle sue particolarità più marcate e intense ad un altro prodotto

Di “ventricine” in Abruzzo ce ne sono diverse ma riconducibili ad almeno due tipologie principali, differenti per carattere e composizione. È impossibile ancora oggi decretare le loro origini: ci piace pensare che ogni massaia e campanile abbiano le loro buone ragioni per fregiarsene.Per ora parleremo della ventricina del Vastese e quella Teramana: queste squisitezze sono frutto di esperienza e tradizione popolare radicate con fermezza nei territori ma elaborate a loro volta in ricette simili, rendendo così arduo il compito di chi volesse uniformarle in una descrizione simbolica. La zona di produzione della ventricina Teramana è compresa tra la fascia montana e collinare del comprensorio dei Monti della Laga e del Gran Sasso. Tra i paesi più rappresentativi ricordiamo Crognaleto (TE). Vengono utilizzati ritagli di prosciutto, guanciale, pancetta e sugna macinati finemente con l’aggiunta di sale, aglio, pepe bianco e nero, peperone trito dolce e piccante, semi di finocchio, rosmarino e

LE PRINCIPESSE ABRUZZESIAlla corte dell’insaccato

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tradizionale della nostra regione: il peperone dolce. La sua introduzione nel Vecchio Continente avvenne in Spagna e da lì si diffuse; questa solanacea del genere capsicum annum si acclimatò benissimo nelle regioni meridionali dell’Europa, acquistando negli anni caratteristiche uniche di adattabilità al territorio. A rigor di logica sembra che i primi insaccati con questo nuovo e speciale prodotto nascano intorno al XVII secolo d.C.A tutela e promozione del prodotto è stata istituita nel 2000 a Scerni l’associazione no-profit “Accademia della ventricina”, che ad oggi conta centinaia di iscritti e vanta tra le sue fila nomi illustri di estimatori e produttori. Dopo anni di ricerche e studi quest’associazione ha stilato un disciplinare di produzione dettagliato in cui è raccolta l’intera vita della ventricina: si comincia dall’allevamento di razze autoctone, con il progetto di recupero del “maiale nero abruzzese” allevato in stato di semibradismo con un’alimentazione genuina a base di ghiande, mais, crusca, orzo e avena, per poi passare alla preparazione delle carni, rigorosamente tagliate a punta di coltello. Le parti del maiale sono le più nobili, dalla spalla alla coscia, al lombo e alla pancetta. Si passa successivamente alla salatura e speziatura con peperone

dolce e piccante trito al mortaio, e finocchietto selvatico. Dopo aver lasciato insaporire l’impasto per almeno 12 ore, si procede all’insaccatura utilizzando vesciche di maiale e budelli ciechi. Ricordiamo che l’unico conservante ammesso è il sale! Per evitare una disidratazione eccessiva, intorno al quarantesimo giorno si può procedere con una leggera spalmatura di strutto sulla superficie.

I sensi. La ventricina del Vastese presenta all’aspetto un colore melograno vivo appena giunta a maturazione. Man mano che prosegue la stagionatura, il colore tende al rosso arancio e si osserva anche una maggior compattezza dell’impasto. All’olfatto si manifesta una fragranza di peperone secco con note finali di tostatura dello stesso ed un velato sentore di fiore finocchio. L’esaltazione poi avviene in bocca con una leggerissima acidità dovuta al peperone trito, subito smorzata dalla dolcezza del grasso. Come antipasto o prima portata, realizzata con le innumerevoli ricette del territorio, o ancora come piatto unico, l’importante è che la ventricina sia trattata da principessa e nobile del menù conviviale, perché tale è!

I vini. D’estate può essere accompagnata da un bianco morbido e fresco come il nostro Trebbiano d’Abruzzo delle colline vastesi. In autunno ed inverno proponiamo il matrimonio con il vitigno principe d’Abruzzo, il nostro Cerasuolo. Tonalità di colore complementari, profumi fruttati ed intensi di ciliegia e melograno: provare per credere!Poi ci sono le persone giuste al momento giusto: è il caso di Luigi Di Lello, produttore e artefice dell’“Accademia della Ventricina del Vastese”, che con instancabile dedizione è riuscito negli anni a donare forza e vigore a questo prodotto. Uno degli ultimi successi è proprio quello dell’atteso marchio di riconoscimento d.o.p, l’unico per un salume nella nostra regione: un traguardo importante e difficile da raggiungere, ma che di sicuro non sarà un punto di arrivo per questo mecenate della cultura del ben vivere che investendo su un prodotto della tradizione ha lottato contro campanilismi che stentano a capire il valore dell’unione consortile, in un sistema che guarda ai numeri delle produzioni e solo su questi basa i suoi conti. Si è fatto promotore e partecipe in prima persona di quest’impresa puntando solo sulla qualità legata alla tradizione, convinto che, come il motto dell’Accademia ricorda, “per fare una buona ventricina occorre un maiale felice.”

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Del maiale, si sa, non si butta via niente. Ben lo sanno i contadini che li allevano, ottenendo dalla sua carne gustosa le più vaste applicazioni gastronomiche, e ben lo sanno anche Angela e Peppino Tinari, proprietari del ristorante Villa Majella a Guardiagrele, che insieme all’esperienza del loro chef Vittorio Fusari hanno dato vita ad una serata dedicata interamente ai pregi del noto animale. Titolo della degustazione è, appunto, “La maialata”, a indicare il protagonismo del suino nella tradizionale cucina abruzzese. Si parte con il classico assaggio dei salumi, come tradizione insegna, e già da qui il “fatto in casa” emerge chiaramente dal sapore genuino che solo la produzione propria permette

di esprimere. Si prosegue con un piatto tipico lombardo, la cassoeula, molto simile alla choucroute francese, dove la verza, immancabile elemento dei pasti invernali, si accompagna alla costina di maiale. Nella prima portata l’Abruzzo si impone con il ragù di ventricina dell’alto vastese, una specialità regionale dal sapore unico, prodotta ancora oggi in modo molto artigianale e caratteristico. Tra i secondi proposti non poteva mancare, invece, il “cif e ciaf”, saporito spezzatino di costatine, lombatine e pancetta soffritti con peperoni piccanti, che la storia vuole venisse cucinato nella cena di rito dopo l’uccisione del maiale. Immancabile anche la portata “alla brace”, l’antico metodo di cottura noto per

di Valentina Tenaglia - Foto: Francesco Cinapri

AVVENTURA DI UNA NOTTE DI FINE INVERNO

A Guardiagrele una cena di gran classe

C COME “MAIALATA”

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Ingredienti per 6 persone: 1 kg di sottospalla di maiale nostrano; 1 kg di punta di petto con spuntature; 1 testa di aglio rosso di Sulmona (gli spicchi schiacciati e vestiti); 3 rametti di rosmarino; 1 peperoncino; 8 acini di pepe schiacciato; 3 bacche di ginepro; 1 decilitro di olio extra-vergine; 3 dl di vino bianco; sale grosso q.b.

Prendo un tegame di terracotta, lo metto sulla piastra e poi lo accendo. Nel frattempo che si comincia a scaldare met-to tutti gli ingredienti tranne il vino bianco; man mano che il tegame inizia a cuocere giro di tanto in tanto e controllo che la cottura vada bene.Una volta rosolato per bene bagno con il vino bianco, aspetto che evapori, assaggio di sale e servo ai piatti guar-nendo con verdure selvatiche di campo bollite e saltate con aglio, olio e pizza di mais.

CIF E CIAF DI MAIALEdi Peppino Tinari

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la sua semplicità di preparazione, ma anche per la capacità di esaltare il sapore della carne rossa. A questo punto ci si potrebbe anche fermare, ma visto che del maiale non si butta via niente possiamo arrivare in scioltezza fino al dessert, composto da una mousse all’arancia accompagnata dal sanguinaccio, una crema dolce dal retrogusto acidulo, realizzata a base di cioccolato fondente aromatizzato… con sangue di maiale, ovviamente. Ogni portata è stata accompagnata da un vino diverso per esaltare la qualità di ogni piatto: fedeli alla tradizione abruzzese, si è partiti da un

Trebbiano Castello di Semivicoli per la cassoeula, passando per un Montepulciano Crognaleto del 2004 fino ad arrivare ai secondi piatti accompagnati dal Montepulciano Marina Cvetic e al Plaisir colline pescaresi per il dolce. Notoriamente la carne di maiale è utilizzata da una cucina “povera” e di rado la troviamo nelle preparazioni di alta cucina. Angela e Peppino Tinari hanno però saputo ricreare l’atmosfera della semplice cena tra amici miscelando i giusti ingredienti con sapiente abilità, e proponendo così una “maialata” di grande classe.

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Si è svolta da sabato 14 a mercoledì 18 marzo 2009 presso la Fiera Adriatica Palauniverso di Silvi Marina la nuova edi-zione del Saral Food, il Salone nazionale della ristorazione alimentare e delle attrezzature per locali pubblici. I settori di particolare interesse sono stati quest’anno la panette-ria, la gelateria, la pasticceria, le attrezzature alberghiere, la ristorazione, il turismo, i mobili e gli arredamenti per al-berghi e ristorazione. Una vetrina nazionale estesa su una superficie di 12.000 metri quadrati dove ogni giorno, dal-le 9.30 alle 19.30, oltre 200 espositori provenienti da tutta Italia hanno dato vita ad eventi e degustazioni enogastro-nomiche. A queste si unisce una serie di eventi collaterali che hanno sempre avuto grande riscontro nelle precedenti edizioni: su tutti il “Mokambo Speciality Trophy” 2009 e il convegno organizzato dalla Federazione Autonoma Balne-are. «Il Saral Food rappresenta una vetrina per tutte quelle

piccole e medie aziende abruzzesi che vogliono mettersi in evidenza presso un pubblico proveniente da tutto il Centro Sud – commenta l’organizzatore Giancarlo Cianflone – La manifestazione è stata caratterizzata da un ottimo flusso di persone equamente divisa tra semplici visitatori, personale specializzato e personale del settore. Quest’anno il Saral è anche diventato “maggiorenne”: persino il presidente della Regione Gianni Chiodi è venuto a “soffiare” sulla 18esima candelina». Anche “C come Magazine” festeggiava un compleanno, il primo, e lo ha fatto con uno stand tutto suo, in cui era-no esposti tutti e sei i numeri della rivista (dallo 0 al 4) e naturalmente era distribuito quella nuovo. Abbiamo avu-to un’idea che si è dimostrata azzeccata: all’interno dello stand è stato inserito un interessante angolo cucina che ogni giorno dalle 15,30 alle 17,30 ha ospitato uno chef noto

di Daniele Di Vittorio - Foto: Alessio Pisciella

L’ABRUZZO C’È…E SI VEDESuccesso per lo stand di C a Silvi

C COME SARAL FOOD

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in ambito regionale. Il primo appuntamento, in apertura del Saral Food è stato con “C come mare”, uno spazio affidato sabato 14 marzo a Nicola Fossaceca del ristorante “Al me-trò” di San Salvo Marina, che ha preparato la triglia in sca-pece. Domenica 15 per “C come montagna” è stata la volta di Lorenzo Pace, presidente dell’associazione provinciale cuochi di Pescara, che ha proposto una crema di patate del Fucino accompagnata da pomodori canditi e polpettine di ricotta. Lunedì 16 per “C come popolare” era presente lo chef vastese Massimiliano Ascione della “Locanda de-gli archi” dell’albergo diffuso Sextantio di Santo Stefano di Sessanio, che ci ha proposto esempi di cucina rurale insie-me a tutto il suo staff e al direttore dell’albergo Giovanni Pa-

cifico. Martedì 17 marzo, infine, in “C come dolce” Angelo Di Masso della pasticceria “Pan dell’Orso” di Scanno ci ha divertito con dei piccoli giochi in marzapane, con la com-plicità di Fabrizio Camplone della pasticceria “Caprice” di Pescara. Tutte queste dimostrazioni sono state seguite dal pubblico della fiera in maniera molto attenta, apprezzando visibilmente il fatto di poter ammirare come lavorano chef di livello, e in alcuni casi di poter anche assaggiare quello che hanno visto nascere davanti i loro occhi. Per la redazione di “C come Magazine” è stato un esperi-mento che ha avuto molo successo e che sicuramente si ripeterà in futuro. Occhio gente... vi stupiremo con effetti speciali!

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A pronunciarla la prima volta la parola “Elodia” sembra quasi una musica; poi si indaga e si scopre che il signifi-cato è ancora più magico. «Si dice fosse il nome di una ragazza bellissima che viveva nelle campagne neretesi – racconta mamma Elodia, che trentacinque anni fa ha ap-erto la sua prima rosticceria sulle montagne aquilane di Ca-marda – e di cui tutti erano innamorati». Un’aura di incanto che accompagna tuttora i gesti in cucina: il luogo in cui le sorelle Nadia e Vilma Moscardi hanno dirottato tutte le loro scelte. Da “Elodia”, 2 forchette Michelin confermate nel 2008, l’ospitalità la fa da padrona (alla faccia di chi dice che gli abitanti delle montagne sono un po’ orsi). Abituata per quasi due lustri, a pochi anni dalla nascita, ad essere il punto di riferimento per gli scienziati del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso durante la pausa pranzo, os-pitando personaggi come Antonino Zichichi e Oscar Luigi Scalfaro, nel 1991 la famiglia Moscardi si è decisa per la svolta: trasformare la rosticceria in un ristorante di qualità. «Per crescere dovevamo proporre qualcosa di completa-mente diverso – racconta Antonello, primogenito di tre figli e responsabile della sala e della cantina – ma non abbia-mo voluto tagliare del tutto con il passato: la tradizione è il nostro punto di partenza». Ecco che Nadia e Vilma, le sue due sorelle minori, hanno raccolto il testimone passato da mamma Elodia e hanno applicato tecnologie e tecniche al sapore delle tradizioni, con un approccio moderno e percor-si di formazione che hanno assecondato le loro passioni. «Il segreto è nelle materie prime: la loro qualità è una garanzia e non dà spazio a trasformazioni eccessive – raccontano le due cuoche, entrambe con la qualifica di sommelier – Le scegliamo sempre reperibili dal territorio: parlano per noi la

presenza nei nostri piatti dello zafferano, dei funghi e dei tartufi, delle carni locali e dei formaggi. Non vogliamo solo stupire: studiamo sì nuove consistenze, ma senza stravolgere troppo la cucina e puntando alla leg-gerezza. L’esperienza dev’essere sì gustativa ma anche so-bria, equilibrata». Per merito della passione persino i dolci, che non sono esattamente il fulcro della tradizione aqui-lana, trovano il loro spazio di prestigio nel menu, grazie alla scoperta di una vera vocazione di Nadia per l’alta pastic-ceria. «Le origini non si dimenticano – commenta mamma Elodia – infatti presentiamo nel menu alcune tipicità del mio Teramano, come scrippelle, mazzarelle e virtù». Tra i primi cinque ristoranti in Abruzzo secondo la Guida delle Guide di Civiltà del bere, “Elodia” ha ricevuto lo scor-so novembre a Torino il Premio Barolo & Co alla Reggia di Venaria Reale come “elogio di una famiglia che presenta la qualità di un territorio e rinnova la memoria delle cose che sanno di buono” e cerca un aggancio sempre più stretto col suo territorio tramite iniziative che mettano in risalto i talenti locali. «Con l’iniziativa “L’arte in cucina” – spiega Antonello Moscardi – ospitiamo esposizioni di artisti del territorio sia nel ristorante sia nel relais, dove ogni camera è dedicata ad un fotografo, ad un pittore o uno scultore». Antonello Moscardi è presidente dell’associazione Qualità Abruzzo e vicepresidente dell’Associazione Italiana Som-melier per Abruzzo e Molise, e tante idee in testa: «Solo con il lavoro in rete possiamo affrontare questo periodo di crisi – conclude – Il valore dell’associazionismo sta nel con-fronto e nello scambio culturale: solo così è possibile un aggiornamento continuo».

C COME NADIA E VILMA MOSCARDI

LA MODERNITÀ DELLA TRADIZIONEA Camarda la donna è cuoco

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di Cristina Mosca - Foto: Sergio Pasqual

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Preparazione:Mettere in infusione nel brodo caldo i pistilli di zafferano per 30 minuti. Per il ripieno centrifugare le patate turchesa a crudo con il brodo allo zafferano, unire l’agar, cuocere a bagnomaria ed infine abbattere in piccoli stampini circolari in silplat. Sbollentare il baccalà e rosolarlo in padella con olio ben caldo, la cipolla e il sedano tagliati e dadini; frullare il tutto con l’aggiunta di un po’ di acqua di cottura del baccalà. Impastare la farina con le uova e un pizzico di sale, stendere l’impasto ed ottenere delle sfoglie molto sottili con le quali fare dei ravioli con il ripieno di patate. Cuocere i ravioli in abbondante acqua salata ed amalgamare in padella con una noce di burro, lo zafferano in polvere e il brodo vegetale e sistemare di sale e di pepe. Servire su un piatto ben caldo con la vellutata di baccalà,

un filo di olio extra-vergine di oliva, bastoncini di patate viola fritti ed ultimare il piatto con dei pistilli di zafferano.

Ingredienti per 4 persone:

1/2 kg. di farina 00, 3 uova e 2 tuorli, 300 ml di brodo vegetale, 200 g di patate turchesa o fiocco di neve, 100 g di patate viola, 0,4 g di agar, 0,5 g di pistilli di zafferano dell’Aquila, 1 g zafferano dell’Aquila in polvere, una noce di burro fresco, olio extra vergine d’oliva, 400 g di baccalà, cipolla e sedano.

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Preparazione:Montare le uova con il pecorino grattugiato, scaldare il latte con un pizzico di noce moscata e poi versarlo a filo sull’impasto di uova; mantecare e sistemare di sale e pepe. Mettere l’impasto in 4 stampini monouso imburrati e infornare a 170°C per 25 minuti circa.

Servire i flan accompagnati dalla crema di lattuga, i germogli, le lamelle di pecorino e l’uovo di quaglia fritto.

Ingredienti per 4 persone:

800 ml latte, 4 uova, 800 g pecorino di Pizzoli, sale, pepe, noce moscata, crema di lattuga, germogli di gira-sole, 4 uova di quaglia, olio extra vergine di oliva, lamelle di pecorino fresco.

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messaggio promozionale

UN DESIGN DI... PLATINOFaber Sedie presenta una nuova linea

C COME VI CONSIGLIAMO

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Da oltre trent’anni produttrice di sedie e tavoli, l’azienda ha presentato la “Platinum Collection” al Salone Interna-zionale Gelateria, Pasticceria e Panificazioni Artigianali di Rimini (Sigep): una linea di design elegante e glamour per tavoli, sedie, sgabelli, sofa, poltrone che va a completare la già vasta gamma di personalizzazione nei servizi nella ristorazione e agli alberghi. «La “Platinum Collection” è una linea più ricercata che deriva dall’esperienza trentennale dell’azienda – spiega Luciano Di Sabatino, “papà” del nuovo marchio Faber del 2004 – e dal confronto con l’Europa. Oggi infatti lavoria-mo in tutta Italia, in Francia, Svizzera, Germania, Romania, Ucraina, facendoci forza della nostra passione e della no-stra tenacia». La “Platinum Collection” ha una caratteristica che comba-cia perfettamente con lo stile Faber: i legni di qualità (mas-sello di faggio o di rovere) e la ricercatezza nelle finiture,

nell’imbottitura e nelle verniciature danno vita a prodotti esclusivi adatti per ambienti raffinati. In occasione del Sigep è stato presentato anche un esclusivo catalogo multimediale che mette in risalto lo spirito aziendale: “Our hands, our passion, simply Ita-lian”. «Nelle nostre mani c’è la nostra passione – spiega Lu-ciano Di Sabatino – ed è squisitamente italiana: la pre-senza di un laboratorio artigianale operativo arricchisce il prestigio dei nostri prodotti e li rende plasmabili a se-conda dei desideri del committente». Dal 1975 la Faber Sedie è l’unica azienda a produrre se-die e tavoli nel centro Italia: oltre al marchio ha rinnovato ed esteso la gamma di sedie, poltroncine, tavoli, tavoli-ni, rendendoli forti di un rapporto competitivo tra valore e prezzo e dando loro un valore aggiunto nel coniugare estetica, funzionalità, qualità e durata.

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«Scusi, ha una guida sugli agriturismo?»; «Scusi, io vorrei del materiale sui vostri campeggi»; «Scusi, villaggi vacan-ze?». Da una statistica tutta personale realizzata “spiando” le attività dei banchetti ospiti dello stand Abruzzo Promo-zione Turismo alla Bit di Milano 2009 pare emergere il trend della vacanza fai-da-te, tutta affidata alla sensibilità (e al portafogli) dell’individuo e della famiglia e quindi bisognosa di una buona comunicazione a monte attraverso depliant, audiovisivi e dimostrazioni eno-gastronomiche e scenogra-fiche, puntando a dare un assaggio dei suoni, dei colori e dei sapori che l’Abruzzo può offrire. A cominciare dallo sport, con la presentazione dell’apertura della prima “Alta via di sci alpinismo” e del nuovo navigatore GPS per le atti-vità outdoor sull’Appennino abruzzese ad opera del settore Turismo della Regione, passando per la presentazione del-la tappa italiana del World Tour di Beach Volley maschi-le a Roseto degli Abruzzi il prossimo settembre, per finire alla cultura e ad un catalogo sui cammini d’Europa curato dall’associazione “Culto e cultura in Abruzzo”. Per restare in tema di natura, la provincia di Teramo ha presentato un documentario sugli aspetti geologici e naturalistici realiz-zato insieme alla Gran Sasso Teramo Spa, l’assessorato al

turismo della provincia di Chieti ha raccontato i suoi itinera-ri dai trabocchi ai tratturi, L’Aquila ha illustrato il suo piano di marketing turistico e proposto i suoi salumi e formaggi, mentre l’assessorato al turismo della provincia di Pescara ha presentato il Convention Bureau, frutto dello studio di fattibilità a cura della società di consulenza Euroconsulting, che prevede un protocollo d’intesa e la costituzione di una società volta allo sviluppo dell’offerta dei servizi legati al tu-rismo congressuale: una società a responsabilità limitata a totale partecipazione pubblica che coinvolge anche la Ca-mera di Commercio di Pescara e la Saga (Società abruzze-se gestione aeroporto). Noi di C siamo stati alla Bit sabato e domenica e abbiamo respirato le atmosfere di goliardia e di genuinità abruzzesi create con la musica e i balli: nel fred-do Nord siamo stati rappresentati da suoni, ritmi ancestrali e un’incontenibile ironia che arrivavano subito al cervello, come un alcool leggero, grazie alla Piccola Underground Orchestra di Cupello, dei musicanti del progetto regionale Teatro Ambiente, dal gruppo “L’allegra compagnia” di Mon-tesilvano e dalla solennità dei figuranti Armigeri di Bucchia-nico (Ch). Interessante l’esposizione sull’aglio rosso di Sul-mona da parte della produttrice Antonella Di Censo, che ha

Foto: Modiv

LE PORTE DEL GUSTO SI APRONO PER I TURISTI

Sapori e ritmi a Milano

C COME BIT

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invitato tutti a Campo di Fano, a Prezza di Sulmona, nella seconda settimana di luglio perché all’aglio rosso vengono dedicati tre giorni di festa «L’aglio rosso di Sulmona – ha rivelato – non si “svuota” e si mantiene a lungo, tanto che secondo la tradizione si conserva in trecce (dette scerte, o certe) da 52 teste di aglio: uno spicchio al giorno. È un seme antico, non ibrido, che si è rafforzato grazie al terri-torio in cui è cresciuto, per questo ha la sua caratteristica “pellicina” che lo fa sembrare “sporco” e viene raccolto con tutte le radici, ispide e lunghe per sopravvivere nel terreno sassoso. La raccolta del suo fiore, inoltre, avviene durante soli dieci giorni all’anno e rigorosamente a mano: aspetto che dovrebbe renderlo prezioso almeno quanto il tartufo, invece i suoi prezzi sono del tutto contenuti». All’insegna della tipicità è stata presentata anche la quarta edizione di “Buongusto”, che si svolgerà a Gessopalena il 12 e il 13 settembre e che verrà anticipata, domenica 21 giugno, da “Cacio in festa”, la festa dei caseifici aperti. Anche

quest’anno sono previsti la mostra mercato, il prestigioso concorso di formaggi, e i laboratori del gusto, questi per la prima volta in collaborazione con l’Onav e Slow Food, con tanti omaggi al settore come la distribuzione di latte crudo in piazza. Durante gli ultimi due giorni della Bit è sta-to presentato al grande pubblico il Consorzio di tutela del tacchino alla Canzanese, che include aziende produttrici e unisce i Comuni di Canzano, Castellalto, Cellino Attanasio e Cermignano allo scopo di tutelare la denominazione di origine e promuovere il consumo di questo piatto nato a metà del 1800 e speciale se cucinato nel forno a legna e servito rigorosamente freddo. «Va di moda tutto l’anno – racconta il sindaco di Canzano Francesco Di Marco – ed è un piatto assolutamente attuale, soprattutto per i pranzi veloci dell’era moderna». Protagonista in chiusura di sce-na la ventricina, la cui degustazione guidata è stata curata dall’Accademia della ventricina e dal Museo del Maiale di Carpineto Sinello (Ch).

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C COME RICETTE

Per la prima volta sono il gioco di squadra e la stima perso-nale a vincere una campionato enogastronomico: alla nona edizione dei Campionati nazionali di Cucina “Internazionali d’Italia esposizione culinaria” che si è svolta dal primo al 5 marzo a Marina di Massa Carrara, la squadra dell’Associa-zione provinciale Cuochi di Pescara si è aggiudicata la me-daglia d’oro. Il team abruzzese, formato dal responsabile Michele Ot-talevi e dagli chef Mario Rabottini, Gianluca Carrozzi, Vito Giansante e Silvestro Ruggieri con la collaborazione di Lucio D’Angelo, Enzo Piccirilli e Floriano Capraro, ha convinto la giuria e i numerosi ospiti preparando un menù di tre portate composto da ravioli di farina “Solina” farciti di alici e cicoriet-ta selvatica di Campo Imperatore su crema di fagioli Tondino del Tavo emulsionata all’olio extravergine d’oliva dop apruti-no-pescarese con riccioli di pecorino di Farindola e pepero-ne secco; dal rotolo di agnello farcito con uova e formaggio con parfait del suo fegato al mosto cotto e chips di patata di Avezzano, polpettina fritta su ristretto di pomodoro e basilico con chitarra di asparagi e carote all’aglio rosso di Sulmona profumata alla Centerba Toro; e dal parrozzo con cuore di cioccolato e “Lingotto d’Oro d’Abruzzo” con cialda di miele di Sulla e spuma di ratafià. Nomi lunghissimi che lasciano lo spazio in scena per i veri protagonisti: gli ingredienti, tutti di qualità, tutti abruzzesi. «Il prestigioso risultato è frutto di un lavoro di squadra che dura da oltre un anno – ha dichiarato Lorenzo Pace, presi-dente dell’associazione, nel congratularsi con il team per il risultato possiamo dire storico – Per la prima volta una squa-dra abruzzese partecipa ad una competizione nazionale e consente alla cucina regionale di conquistare la ribalta nazio-nale non per merito di singoli cuochi, come fortunatamente negli ultimi tempi sta accadendo, ma ad opera di un team di cuochi. Questo risultato è anche il frutto della professionalità e dell’esperienza dei suoi componenti, che non hanno pro-

posto “semplici” pietanze ma veri e propri capolavori in cui il cibo diventa sinfonia del gusto e i piatti sono arte, nel senso più classico del termine». «La cucina non è un semplice insieme di nutrimenti e sapo-ri – ha sottolineato il responsabile della squadra pescarese Michele Ottalevi, medaglia d’oro come miglior capo team dell’edizione 2009 – ma esprime la storia e la civiltà di un territorio, del quale utilizza la sapienza e i prodotti che incan-tano il palato e lo solleticano come fossero sirene del gusto. Abbiamo utilizzato i migliori prodotti abruzzesi, valorizzando-li al massimo e utilizzando metodi di lavorazione e di cotture innovativi, che ne esaltano i sapori. Un vero successo per la gastronomia abruzzese».

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A MASSA VINCE IL GIOCO DI SQUADRAIl team abruzzese riporta 6 ori

Foto: Uic Abruzzo

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Ingredienti per 4 persone: 500 g di seppie, 250 g di patate, 150 g di arance, 280 g di pompelmo, sale q.b., dl 0,30 di olio di oliva

Pulire le seppie e cuocere al vapore per 5 minuti; dividerle a metà, condirle con sale e olio e lasciare raffreddare. Pelare le patate, tagliare a cubetti e cuocere con 2 dl d’acqua per circa 15 minuti e frullare con 7 spicchi d’aran-ce. Pelare a vivo le arance e i pompelmi ricavando spicchi interi.Mettere la crema di patate nei piatti, adagiare sopra le seppie, guarnire con spicchi d’arancia e di pompelmo e decorare con foglie di rucola.

Ingredienti per 4 persone: per la pasta: 2 uova intere, 100 g zuc-chero, 180 g farina, 4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva, buccia di limone grattugiata, buccia d’arancia grattugiata, un pizzico di sale. Per il ripieno: 120 g di mostarda d’uva, 500 g di crema pastic-cera, 250 g di panna semimontata.

Montare le uova con lo zucchero, aggiungere l’olio, la buccia di arancia e limone, montare ancora e in fine unire la farina setacciata. Scaldare sul fuoco l’apposito ferro, ungere con l’olio e versare circa un cucchiaio di pasta e cuocere alcuni minuti per ogni lato. Toglierle dallo stampo, tagliarle a metà e avvolgerle a cono. Montare la pan-na ed amalgamarla alla crema pasticcera, unire la mostarda d’uva e farcire le Pizzelle. Disporle ai lati dei piatti, decorare al centro con la panna montata, guarnire con 2 triangoli di pizzelle simulando le ali di farfalla sormontando con fettine di fragole. Guarnire con ciuffi di menta, miele di acacia e zucchero a velo.

PIZZELLE DELLA SPOSA CON MOSTARDA D’UVAdi Antonio De Sanctis,

presidente Unione regionale cuochi abruzzesi

SEPPIOLINE AL VAPORE SU CREMA DI PATATE AROMATIZZATA AGLI AGRUMIdi Sergio Savaglia, presidente ass.ne cuochi L’Aquila

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Ingredienti per 4 persone: 400 g di paccheri “Cocco”, 100 g di seppia tagliata a striscioline,100 g di vongole sgusciate, 100 g di cozze sgusciate, 50 g di porro, 50 cl. di olio extravergine d’oliva, 150 g di cime di rape lessate, sale, pepe, e prezzemolo q.b., 5 pomodori “pesarelle”,1 peperone secco dolce, 4 scampi.

In padella rosolare il porro tagliato a julienne, unire i pomodori ta-gliati a spicchi, il peperone, le seppie e cuocere per 10’. Aggiungere le cozze, le vongole, le cime di rape e aggiustare di sale e pepe. Saltare in padella gli scampi per alcuni minuti. Cuocere i paccheri, scolarli e mantecarli con la salsa. Disporre i paccheri nei piatti e guarnire con il prezzemolo tritato, dell’olio extravergine a crudo e gli scampi.

Ingredienti per 6 persone: 1 kg coratella d’agnello, ½ dl d’aceto, 1 foglia d’alloro, 1 dl d’olio extravergine d’oliva, 100 g tra sedano, carota e cipolla, 200 g di peperoni, 200 g di zucchine, 1 dl di treb-biano d’Abruzzo, sale e pepe q.b.

Lavare la coratella, lessarla in acqua acidula e profumata con l’al-loro. Scolarla e tagliarla a pezzettini. In una padella soffriggere sedano, carota e cipolla, tritati: unire la coratella, sfumare con il vino, aggiungere i peperoni e le zucchine, regolare di sale e pepe e lasciar cuocere a fuoco lento. Mettere la coratella al centro dei piatti, guarnire con delle fettine sottili di pane casereccio tostate e delle foglie di cicoria selvatica fritte.

PACCHERI “COCCO” AI SAPORI DI MARE E DI TERRA

di Enea D’Amico, ass.ne cuochi Pescara

CORATELLA D’AGNELLO ALLA NERETESEdi Domenico Jommi, ass.ne cuochi Teramo

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di Guernica - http://atuttavita.blogspot.com

Bee MovieGenere: AnimazioneNazione: Stati UnitiAnno produzione: 2007Durata: 90 minutiRegia: Steve Hickner, Simon J. SmithCast: (voci originali), Jerry Seinfeld, Matthew Broderick, Patrick Warburton, John Goodman, Chris Rock, Kathy Bates, Barry Levinson, Ray Liotta, Sting, Larry King, Oprah Winfrey, Renèe ZellwegerProduzione: DreamWorks AnimationDistribuzione: Universal PicturesSceneggiatura: Spike Feresten, Barry Marder, Andy Robin, Jerry Seinfeld

Protagonista di questa briosa pellicola è Barry, una giova-ne ape. Terminati gli studi universitari, Barry è determinato a realizzare il sogno di scoprire cosa c’è al di fuori del suo alveare. Insieme all’amico Adam si intrufola nello squadrone (stile Top Gun!) delle api impollinatici riuscendo ad evadere. Riesce finalmente a conoscere il mondo degli umani, l’incon-sueto che lo caratterizza e ad assaporare l’agognata libertà.Durante questo viaggio incontra Vanessa, una dolce fioraia della quale si invaghisce. Questo sentimento lo spingerà a contravvenire alla regola perentoria di evitare ogni forma di contatto con gli umani: Barry le rivolge la parola, stringendo con Vanessa un tenero rapporto d’amicizia che lo porterà a fare tante altre scoperte e ad accorgersi di come gli umani si impossessano ed utilizzano indebitamente il loro miele. Con l’aiuto di Vanessa arriva addirittura ad intentare una causa contro le multinazionali del miele, vincendola.Tuttavia le ripercussioni a lungo termine si dimostrano dan-nose e questo spinge Barry ed i suoi amici a riflettere e riva-lutare il loro ruolo…

Guardando il film mi è capitato di pensare a come spesso ci illudiamo di conoscere il mondo animale e siamo spinti dalle nostre convinzioni, instillate dai luoghi comuni, a credere che le api siano solo insetti fastidiosi ed aggressivi.Questo lungometraggio ha il merito di farci ricredere e richia-mare maggiore interesse sulle problematiche ambientali, grazie anche all’animazione computerizzata che permette allo spettatore di conoscere ed esplorare le vite, altrimenti celate, di queste creature. Dal punto di vista tecnico risulta molto accurato. La splen-dida scenografia è stata curata dallo stesso scenografo de “La sposa cadavere”, e si distinguono nettamente due mon-

di paralleli: l’alveare, realizzato come una vera e propria città composta di case, auto, industrie, e New York, città “uma-na”, dove le api impollinatici si recano a raccogliere il nettare e impollinare i fiori. I disegni, pur rassomigliando a fumetti, risultano verosimili ed accattivanti. Facilmente individuiamo i temi di fondo del film: lo sfrutta-mento ingiusto dei lavoratori e l’importanza dell’operare col-lettivo al fine di realizzare il benessere di ogni società. Le battute sono sottili e cariche di sarcasmo. A tal proposito è impossibile non ricordarne una che Barry pronuncia riferen-dosi a Ray Lotta: “Tu non sei un bravo ragazzo”; dilettandosi con il titolo del film di Scorsere “Quei bravi ragazzi”. Si dà vita ad una visione caricaturale della società americana, una realtà “Simpsonizzata”, se così si può dire. Non a caso le due multinazionali del miele hanno nomi che rimandano a due note aziende americane fallite. Per quanto le avventure di Barry possano risultare divertenti per i più piccoli, ci ac-corgiamo che le sottigliezze suddette non possono essere colte dal pubblico giovane. Pertanto appare, nettamente, come il target di riferimento sia quello degli adulti. Tuttavia alcune parodie e citazioni sono talmente ricercate da richie-dere perfino nello spettatore adulto una certa conoscenza cinematografica e della realtà americana. E questo rappre-senta, a mio avviso, un potenziale limite per il film. Si aggiunga che per effetto del doppiaggio alcuni dialoghi basati su giochi di parole, palesemente non traducibili in ita-liano, perdono la loro fluidezza. Le gag per questo appaio-no talvolta forzate e la storia a tratti poco plausibile poiché povera di una coerenza tale da far scorrere il film in maniera lineare, deludendo le mie iniziali aspettative.

C COME FILM

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C COME VINITALY

Anche quest’anno l’Abruzzo sarà in vetrina alla 43esima edizione della più rappresentativa ed importante rassegna enologica internazionale che si svolgerà dal 2 al 6 aprile nel complesso di Verona Fiere. La nostra regione si presenterà con un mercato in forte crescita e parteciperà alla grande rassegna con circa 100 aziende vitivinicole abruzzesi, insie-me ai servizi dell’Arssa, dell’Enoteca Regionale ed in colla-borazione con il centro interno delle Camere di Commercio. «La Regione – spiega l’assessore Mauro Febbo – ha scelto di proporre quest’anno la vocazione dell’Abruzzo vitivinicolo che è fatta di sottozone, di vitigni autoctoni e di nuovi disci-plinari di produzione: non più un’immagine legata solo ad un unico grande prodotto come il Montepulciano, vitigno simbolo della regione, ma un Abruzzo fatto di tante sfac-cettature che consentono di “berlo” 365 giorni l’anno senza stancarsi mai». Nelle circa 30 postazioni dell’area preposta si terranno tre degustazioni istituzionali presentate dalla sommelier abruz-zese Adua Villa, volto noto al pubblico per la sua partecipa-zione alla trasmissione di Rai Uno “La prova del cuoco”. Si comincerà giovedì 2 aprile con “Montepulciano d’Abruzzo Doc: nuove proposte per la valorizzazione del territorio”, in cui verranno presentati i vini delle sottozone introdotte dal nuovo Disciplinare del Montepulciano d’Abruzzo approvato nel 2006. Venerdì 3 aprile sarà la volta della degustazione “Autoctono per vocazione”, che presenterà i vitigni autocto-ni inseriti nel nuovo “disciplinare Abruzzo”. Per concludere, sabato 4 aprile ci sarà una degustazione d’eccezione dedi-cata ai vini dei tre imprenditori scomparsi di recente Gianni Masciarelli, Nicola Santoleri ed Edoardo Valentini, seguita da “Cerasuolo d’Abruzzo doc: rosè di carattere”.

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Per valorizzare e promuovere le eccellenze agroalimentari, accanto al padiglione 11 è situato il “ristorante Abruzzo”, dove ogni giorno docenti ed allievi degli Istituti alberghieri e realtà associative proporranno un menù realizzato con i prodotti e con le ricette tradizionali abruzzesi. Torna imman-cabile anche la XVesima edizione del SOL, il Salone Inter-nazionale dell’Olio extravergine di oliva: nel padiglione C le 22 aziende partecipanti per le quattro province abruzzesi si presenteranno al mercato forti dei numerosi attestati e rico-noscimenti sulla qualità.

LE SFUMATURE DELL’ABRUZZOA Verona degustazioni e ricordi

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Con il Vinitaly che incombe, ci si augura che la recente rottura del “bicchiere di vino” firmato Toyo Ito non debba essere di cattivo auspicio per la nostra regio-ne. La scultura realizzata dal noto archi-tetto giapponese, inaugurata lo scorso 14 dicembre in Piazza della Rinascita, a Pescara, ha fatto crac dopo appena due mesi. Lo “Huge Wine Glass”, così chiamato per la sua somiglianza a un bicchiere contenente vino, 20 metri cubi di materiale acrilico trasparente di 5 metri per 2, ha subito un cedimento strutturale, riportando una vistosa crepa al centro, dal lato del mare. La struttura, costata 1 milione 100mila euro, è sta-ta transennata dai vigili urbani. I vigili del fuoco, invece, hanno provveduto a “imbracarla” per evitare che crollasse definitivamente. Insomma, “s’ha crepat lu bicchir”... La Clax Italia, che ha rea-lizzato il progetto di Toyo Ito si è detta pronta a ripristinare l’opera a costo zero, nel caso in cui venga dimostrata la totale colpa della società. Si parla di due anni per la riconsegna dello Huge Wine Glass. E intanto il vino continua a scorrere, ma solo dentro di noi. (M.G., foto Primadanoi.it)

Il presidente di Gambero Rosso Paolo Cuccia e il presidente di Slow Food Ita-lia Roberto Burdese hanno consensual-mente deciso a nome delle rispettive case editrici di concludere la collabo-razione per la realizzazione della guida “Vini d’Italia” che durava da oltre 20 anni. Sono esattamente 22 le edizioni pubblicate, a partire dalla prima uscita nel novembre 1987, e ora la guida con-tinuerà ad essere pubblicata da Gam-bero Rosso, proprietario della testata, mentre Slow Food Italia si dedicherà a nuove iniziative dedicate al vino tra cui anche una nuova guida che vedrà però la luce nel 2010. «Ciò non preclude in alcun modo la possibilità di realizzare nuove e differenti forme di collabora-zione tra Slow Food Italia e Gambero Rosso per il futuro – assicurano – L’atti-vità comune di questi 22 anni ha contri-buito in maniera decisiva allo sviluppo del settore vinicolo italiano e all’affer-mazione nel mondo dei prodotti di qua-lità». “Vini d’Italia” ha oggi edizioni in lingua inglese e tedesca; promuovendo la presentazione dei Tre Bicchieri nel mondo fa accrescere di anno in anno il consenso verso i vini italiani.

Si chiama “Il falso in tavola, una misti-ficazione da conoscere e contrastare” ed è un volume pubblicato nel 2009 dall’Accademia Italiana della Cucina e curato da Giovanni Ballarini e Pao-lo Petroni. Il libro è stato presentato lo scorso 25 marzo in occasione di una tavola rotonda dedicata alla difesa del-le cucine tipiche e tradizionali dall’as-salto dei “falsi alimentari” e organizza-ta dalla sezione di Pescara-Aternum dell’Accademia italiana della Cucina e dalla Provincia di Pescara. Insieme alla delegata dell’Aic di Pescara-Aternum Luciana D’Aprile e l’assessore provin-ciale alla Cultura Paolo Fornarola, il dirigente veterinario dell’Asl di Pescara Vincenzo Olivieri ha trattato il tema “Il falso nella filiera dei prodotti ittici”; Mi-riam D’Ascenzo, docente di microeco-nomia della facoltà di Scienze manage-riali, del “Rapporto tra scelta, consumo ed imprevisto”. In sala, rappresentanti delle forze dell’ordine quotidianamente impegnati nella lotta per la repressio-ne delle frodi alimentari come il Corpo forestale dello Stato, il Nucleo antisofi-sticazione dei carabinieri, la Direzione marittima.

Il casoIl caso del bicchiere Il caso dei tre bicchieri

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C COME NEWS

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L’associazione “Silvi in Europa... con le Fiat 500” torna a fare da ambasciatrice d’Abruzzo in Germania con un lungo viaggio che porterà una carovana di oltre trenta mitiche Fiat fino in Baviera. In un tour che durerà dal 29 aprile al 2 maggio gli associati proporranno pro-dotti turistici ed enogastronomici del territorio abruzzese. «Coglieremo l’oc-casione per consolidare fratellanze con associazioni di Memmingen - assicura Vincenzo D’Elia, presidente di “Silvi in Europa” - Sarà un’opportunità unica per i nostri operatori, che avranno dei gazebo a disposizione in cui poter far conoscere ai Tedeschi i tanti buoni mo-tivi per trascorrere le vacanze in Abruz-zo. Contiamo nel coinvolgimento di tut-te le categorie». Il programma prevede una prima sfilata per il centro della città di Memmingen con coro polifonico, sventolando bandiere italiane e tede-sche e proponendo esempi dell’acco-glienza forte e gentile abruzzese. Si terrà un’azione dimostrativa ad Ulm e sulla via del ritorno si susciterà curio-sità nelle città che faranno da tappa, tra cui anche Merano. Informazioni su come aggregarsi su www.silvineuropa.it.

La tappa regionale del campionato della cucina per casalinghe svoltasi a marzo presso l’hotel Sole di Montesil-vano è stata vinta dalla semplicità di un piatto povero come il Pane cotto e foglie, preparato dalla signora Con-cetta Raspa di Pescara. A premiarla il bistellato Michelin di Rivisondoli Niko Romito ed i coniugi Tabilio, titolari del-la struttura e promotori dell’evento. La signora Concetta Raspa l’ha spuntata per un soffio sul timballo alla terama-na di Gianna Valle e sul coniglio allo zafferano di Navelli di Maria Zecchini. Altri riconoscimenti sono andati ai car-ciofi ripieni di Antonio Splendiani e ai paccheri con zucca gialla e agnello di Rosaria Barbetta. Ben 14 elaborati in gara, tra primi e secondi, presentati in diretta web sul sito del campionato italiano della cucina (www.campiona-toitalianodellacucina.com). La giuria era composta anche dal sin-daco di Montesilvano Pasquale Cordo-ma, da Mimmo D’Alessio, responsabile regionale dell’Accademia Italiana della Cucina, e Leo Giacomucci e Nicolò Di Garbo, presidenti onorari dell’associa-zione provinciale cuochi di Pescara.

In Germania in 500 Al campionato della cucina

C COME NEWS

Si è conclusa il 20 marzo la XIX edizione dello storico concorso di cucina regio-nale “Lu Carrature d’Ore”, organizzato dall’associazione provinciale Cuochi di Pescara in collaborazione con l’asses-sorato regionale all’agricoltura e l’Ars-sa, la Provincia di Pescara e il Comune di Rosciano. I vincitori di quest’anno hanno tutti tra i 20 e i 28 anni, salvo per la vincitrice del trofeo “De Victoriis Medori” per la tradizione, Isolina Petri-ni del ristorante “Il Bacucco d’Oro” di Mutignano di Pineto (Te) con le Virtù. Sono saliti sul podio un emozionatissi-mo Angelo Taricani (chef libero profes-sionista) con le “ceppe” di solina con stracotto di capretto, salsa di carciofi, peperoni arrostiti e olio all’arancia; Mo-reno D’Antuono (ristorante “La taverna del capitano”) al secondo posto con chitarra di gallinella di mare con cala-maretti spillo, scampi e salsa brodetto alla pescarese; e Martina Di Fabio (ri-storante “Romantik Hotel Sporting Villa Maria” di Francavilla al Mare) che ha conquistato il terzo posto con i “fagot-tini selvatici al profumo di bosco”. Le ricette sul prossimo C! (foto di Nino Di Felice).

I vincitori de Lu Carrature d’ore

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Si conclude a metà aprile la campa-gna di promozione e valorizzazione delle tre d.o.p. abruzzesi all’interno della Gdo, la grande distribuzione or-ganizzata, finanziata dall’assessorato all’agricoltura della Regione Abruzzo e dall’Arssa. Per avvicinare i consu-matori all’eccellenza dell’olio extra-vergine d’oliva della nostra regione e far conoscere i marchi dell’Aprutino Pescarese, delle colline Teatine e del Pretuziano delle colline teramane, è partita a fine febbraio un’iniziativa di degustazione e promozione negli iper-mercati abruzzesi, tramite stand in-formativi , assaggi guidati e strumenti audiovisivi: l’ultimo appuntamento in Abruzzo è dal 14 al 18 aprile presso l’Iper di Montebello di Ortona (Ch), mentre dal 20 al 24 aprile la campa-gna proiettata sulla Gdo nazionale si concluderà a Mantova. «È molto im-portante garantire al consumatore la provenienza delle materie prime – ha dichiarato Silvano Ferri, presidente del Consorzio di tutela per l’Aprutino Pescarese – e il rigoroso rispetto del disciplinare nei processo produttivi»

Continuano per tutto il resto dell’anno gli incontri enogastronomici a tema organizzati dall’associazione “Dagli Appennini alle Onde” presso “La ban-diera”. Dopo l’inaugurazione della stagione con la serata del 16 marzo dedicata allo stoccafisso e al baccalà, martedì 7 aprile si attenderà Pasqua “sotto il segno dei pesci”, mettendo alla prova chef “di montagna” con piatti marinari. L’8 giugno sarà una serata a musica e barbecue, con “Note di gusto, sapori sonori sotto le stelle, mentre il 13 luglio l’argomento sarà “piccante”: la cucina erotica, con petto, cosce e... bollicine. Dopo l’estate gli incontri riprenderanno il 28 settembre con le birre trappiste, mentre il 12 ottobre arriveranno i sapori ed i profumi dell’autunno. Il 10 novembre l’immancabile festeg-giamento di San Martino, il 30 novem-bre golosi scambi culturali con chef a sorpresa e il 21 dicembre sarà regina la cucina di montagna, in attesa del Nata-le. Informazioni presso il ristorante.

Incontri a tema alla BandieraOlio Dop all’ipermercato

C COME NEWS

Nell’ambito del progetto l’Aquila Città di Territorio, i Comuni de l’Aquila e di S. Stefano di Sessanio insieme a Rifugio della Rocca (Rocca Calascio), Sextantio (S. Stefano di Sessanio) e Vinalia (Palaz-zo dei Nobili dell’Aquila) danno vita ad una stagione musicale dedicata a Franz Joseph Haydn, uno dei grandi geni della storia della musica, che tutto il mondo ricorderà in occasione del bicentenario della sua morte avvenuta il 31 mag-gio 1809 a Vienna. Verranno proposte così serate che uniscono la musica alla cena, grazie alla collaborazione del cuo-co Massimililano Ascione e dell’Offici-na Musicale diretta dal Maestro Orazio Tuccella. Un esempio? La cena del 4 aprile riprodurrà un tipico menù di festa, proponendo maccheroni, agnello e piz-za di Pasqua con il sottofondo di Haydn e Mozart; il 30 maggio invece a tutto Be-ethoven, con erbe spontanee in tavola, spizzichi con gli “strivoli”, spezzatino di agnello e fichi e riso dolce. Appun-tamento a “La locanda sotto gli archi”. Informazioni su www.sextantio.it

Musica a Sextantio

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C COME VIP

“Occi facciamo celato alla faniglia! “In un primo momento sento solo il suo accento fortemente “deutsch”, mi giro, ed eccolo lì, piccolo di statura ma mae-stoso in cucina!Venerdi 6 marzo noi di C come Magazine abbiamo parte-cipato per voi al minicorso di cucina tenutosi al Ristorante Café “Le paillotes” di Pescara: in cattedra Heinz Beck, il si-gnor 3 stelle e cinque forchette Michelin, mister 19/20 nella guida de L’Espresso, monsieur 93/100 in quella del Gambero Rosso.Il menù da lui presentato in collaborazione dal vivo dello chef Antonio Strammiello (già suo allievo a “La Pergola” di Roma e oggi a capo della cucina del ristorante pescarese) è un menù completo che va dall’antipasto al dolce (foto pagina accanto) e che recita così: Carpaccio di cappesante su ama-ranto al mais nero con olio allo zenzero, fagottini “La pergola” ripieno di carbonara, ricciola cime di rapa e neve di bacca-là, ed infine gelatina di arance con gelato alla vaniglia e fiori commestibili.Piatti dai nomi difficili ma all’esecuzione semplici, che richie-dono cura e minuzia nella cottura nonchè nella composi-zione, oltre che l’impiego di alimenti “facilmente reperibili” come l’azoto, l’agar agar, l’amaranto ed il mais nero...! Tre ore di cultura enogastronomica in cui poter ammirare e chiedere consigli al guru della ristorazione italiana in asso-luto.Ci ha stupiti su tutto il resto il suo attaccamento al prodotto italiano e la sua assoluta fedeltà a quelle che sono le tecni-che di cottura della nostra nazione; notare tutto questo in uno chef proveniente da Friedrichshafen ha dell’incredibile. Un’esperienza di vero piacere. (f.c.)

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