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Page 1: Kirghizistan

BILANCIO UFFICIALE: 191 MORTI E 2 MILA FERITI. MA LE VITTIME POTREBBE ESSERE MOLTE DI PIÙ

Kirghizistan: Croce Rossa, crisi immensa Onu: 400 mila profughi senza cibo, acqua e riparo

BISHKEK - In Kirghizistan è in atto una «crisi immensa», con decine di migliaia di profughi senza cibo, acqua, riparo. È questo secondo la Croce rossa internazionale il risultato di meno di una settimana di violenza interetnica nel sud del Paese, fra le comunità kirghiza e uzbeka nella quale si sommano anche le divisioni politiche. Le Nazioni Unite ritengono che siano almeno 400 mila i profughi. Lo ha riferito una portavoce Il bilancio ufficiale delle vittime è salito a 191 morti e 2 mila feriti, molti dei quali in condizioni gravi, anche se diverse organizzazioni non governative denunciano la possibilità che le persone uccise negli scontri possano essere molti di più. La stessa Croce Rossa parla di «diverse centinaia» di morti.

PROFUGHI - Secondo un portavoce dell'Agenzia Onu per i rifugiati, il numero di rifugiati in Uzbekistan si aggira tra le 75 mila e le 100 mila persone «contando solo gli adulti». Il numero degli sfollati è invece intorno ai 300 mila. Mercoledì 9 mila persone hanno attraversato il confine uzbeko. La Commissione europea ha concesso un contributo di emergenza di 5 milioni di euro per assistere le vittime degli scontri.

CALMA E TENSIONE - A Osh è tornata la calma e le strade sono presidiate dai militari, anche se il New York Times cita testimoni oculari secondo cui i soldati in uniforme regolare dell'esercito kirghizo hanno aperto il fuoco contro abitazioni della comunità uzbeka, gridando slogan anti-uzbeki. La tensione però cresce al confine con l'Uzbekistan, dove decine di migliaia di profughi sono ammassati senza alcun tipo di aiuto. Nonostante gli scontri, si terrà comunque il 27 giugno il referendum costituzionale. Lo ha confermato il vice premier ad interim, Azimbek Beknazarov, che ha invitato «tutti i cittadini kirghizi» ad andare a votare e ha riferito che «la situazione a Osh si sta stabilizzando».

17 giugno 2010

Profughi kirghizi (Reuters)

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Caos in Kirghizistan, «è un golpe»

Il presidente Bakiev ha lasciato il Paese Governo dimissionario. I rivoltosi controllano la tv di Stato e annunciano di aver costituito un nuovo esecutivo

BISHKEK - I violenti scontri scoppiati mercoledì nei

dintorni del palazzo presidenziale di Bishkek, capitale del

Kirghizistan, si sono trasformati in un colpo di Stato. Il

governo del Paese ex sovietico si è dimesso e il presidente

Kurmanbek Bakiev ha lasciato, secondo fonti aeroportuali,

il Paese. Il primo ministro Daniyar Usenov avrebbe

rassegnato le dimissioni, secondo quanto sostiene uno dei

leader dell’opposizione, Temur Sariev, parlando alla tv di

Stato, il cui centro di trasmissione a Bishkek è sotto il

controllo dei rivoltosi. Sariev ha aggiunto che anche il

resto del governo si è dimesso. L'opposizione ha inoltre

annunciato di aver costituito un nuovo esecutivo. Come

primo ministro sarebbe stata scelta Roza Otubaieva, ex ministro degli Esteri del Kirghizistan ed esponente del

Partito socialdemocratico. In serata, la polizia di frontiera del Kirghizistan ha annunciato la chiusura del confine

con il Kazakistan su richiesta delle autorità di questo Paese.

CAOS - Il Paese è comunque in pieno caos. Un altro leader del fronte anti-Bakiev, Umurbek Tekebaiev, ha

affermato che negli scontri tra dimostranti e polizia sono morte 100 persone. Il ministero della Sanità, dal canto

suo, ha diffuso un bilancio secondo il quale ci sarebbero 40 morti e 400 feriti. Incertezza sulle sorti del ministro

degli Interni Moldomusa Kangantiev che, secondo diverse fonti, sarebbe stato ucciso a botte nella città di Talas.

Altri parlano invece di condizioni critiche. Fonti sostengono inoltre che il vicepremier Akylbek Japarov sarebbe

caduto nelle mani dei rivoltosi. Oltre alla tv di Stato, i manifestanti hanno preso anche il controllo del Parlamento,

della sede del Servizio di sicurezza nazionale ed è stato dato alle fiamme il primo piano della sede della procura

generale. Nelle mani dei ribelli anche due città: Talas e Naryn. Solo cinque giorni fa nella capitale kirghisa era

giunto in visita il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon.

Scontri in Kirghizistan

DIMISSIONI - I manifestanti chiedevano le dimissioni del presidente Kurmanbek Bakiyev(arrivato al potere

cinque anni fa dopo la cosiddetta rivoluzione dei tulipani) e protestavano anche contro l'aumento del prezzo del

carburante, addebitato alla corruzione del governo. Le proteste sono iniziate nei giorni scorsi a Talas con

un'irruzione negli uffici governativi. In mattinata tutti i principali leader dell’opposizione sono stati arrestati, poi il

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premier Ussenov ha decretato lo stato d'emergenza. Gli scontri più violenti sono iniziati davanti alla sede

dell'opposizione: circa 200 dimostranti hanno bloccato il tentativo della polizia di disperdere l'assembramento,

appiccando il fuoco alle auto degli agenti, e poi hanno marciato verso il centro della capitale. La folla, armata con

spranghe di ferro, si è via via ingrossata e si è diretta verso la sede della presidenza.

APPELLO ALLA CALMA - Profonda preoccupazione per le violenze che hanno provocato decine di morti e un

appello alla calma: Washington ha seguito da vicino la crisi in Kirghizistan, alleato chiave per la guerra in

Afghanistan per la presenza di una importante base aerea americana alla periferia della capitale. «Siamo

preoccupati per le notizie degli scontri e dei saccheggi e facciamo appello a tutte le parti perchè evitino le violenze

e facciano ricorso alla moderazione», ha detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale P.Crowley

mentre da Bishkek, la capitale teatro dei disordini, arrivava l'annuncio, non confermato dal Dipartimento di Stato

ma avvalorato dal New York Times, del rovesciamento del governo del presidente Kurmanbek Bakiev.

Redazione online

07 aprile 2010

Kirghizistan

Bishkek, 11-04-2010

La capo del governo provvisorio del Kirghizistan, Roza Otunbayeva, ha detto di star prendendo in

considerazione di far arrestare il presidente fuggitivo, Kurmanbek Bakiev, per incriminarlo della morte di 81

persone uccise durante gli scontri del 7-8 aprile a Bishkek.

Il presidente del Kirghizistan, Kurmanbek Bakiev, spodestato mercoled 7 aprile da un'insurrezione popolare

e costretto alla fuga, ha dichiarato oggi che non intende rassegnare le dimissioni e che qualsiasi tentativo di

eliminarlo fisicamente "affoghera' il Paese nel sangue".

Parlando in un'intervista alla Reuters, Otunbayeva ha detto che il governo a interim non usera' la forza per

far arrestare Bakiev, ma di non garantire la sua incolumita' da coloro che vogliono vendetta. "Non siamo a

favore dell'uso della forza anche se il mandato di arresto per lui e i suoi complici e' gia' stato emesso", ha

detto. "A essere onesti, non possiamo fermare coloro che sono pronti a precipitarsi l (al nascondiglio di

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Bakiev, ndr) con i fucili", ha aggiunto Roza Otunbayeva. "Cio' che ha fatto esige un processo serio", ha detto

ancora la ex leader dell'opposizione.

KIRGHIZISTAN 7 aprile 2010

Degenera la situazione in Kirghizistan

Bishkek, 7 aprile 2010 (Viaceslav Oseledko, Afp)

Con il passare delle ore a Bishkek, la capitale del Kirghizistan, cresce la protesta degli oppositori del

presidente Kurmanbek Bakiev. I morti sarebbero almeno 42, e ci sarebbero quattrocento feriti.

“Secondo le ultime notizie”, scrive Le Monde, “dopo aver preso il controllo di una stazione televisiva, i

manifestanti hanno assaltato il parlamento e la procura generale e hanno ucciso il ministro

dell’interno”.

I manifestanti protestano contro il rincaro del petrolio e accusano il governo di essere sempre più

corrotto. Il premier del Kirghizistan, Daniar Ussenov, ha decretato lo stato d’emergenza e ha ordinato

all’esercito di reprimere la protesta.

Secondo alcuni testimoni i soldati hanno aperto il fuoco sui manifestanti sparando con proiettili veri. I

morti potrebbero essere anche cento. Sia gli Stati Uniti sia la Russia, che possiede varie basi militari nel

paese, hanno chiesto alle parti in causa di limitare l’uso della forza e di mantenere la calma.

“Il presidente Bakiev non si è ancora fatto vedere in pubblico”, scrive il Moscow Times, “e non è chiaro

dove si trovi in questo momento. Secondo i suoi oppositori Bakiev, che è andato al potere cinque anni fa

dopo una rivolta popolare, ha sacrificato la democrazia in questi anni di governo per mantenere l’ordine

e ha approfittato della sua posizione per arricchirsi”.

8/4/2010 (13:49) - IL CASO

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Kirghizistan, la premier è su Twitter "Posso farmi sentire solo via Internet" Roza Otunbayeva racconta il caos e posta gli annunci ufficiali in Rete I blogger: «Ora non dimenticateci» GIUSEPPE BOTTERO

Su Twitter sbarca la rivoluzione, quella vera. Dopo

un’intera giornata di aggiornamenti convulsi sulla

situazione in Kirghizistan, sul sito di microblogging è

spuntata anche la neo premier del governo di fiducia

popolare, Roza Otunbayeva, che ha aperto un account

personale da cui comunica con i

cittadini:http://twitter.com/otunbayeva. Nickname:

“Otunbayeva”. Qui Roza tiene aggiornati i suoi supporter, in russo e inglese, sugli ultimi sviluppi della crisi a

Bishkek. Twitter è l’unico modo, spiega nel primo post, per aggirare la censura imposta ai media elettronici

dal regime di Kurmanbek Bakiev, ora deposto dopo due giorni di scontri. «Cari amici, Internet è già

diventato il più importante canale di comunicazione con la gente. Perciò ho deciso di entrare in Twitter per

comunicare direttamente con voi», scriveva la Otunbayeva il 19 marzo scorso, il giorno in cui ha mosso i

primi passi in Rete. Circa un mese fa, infatti, all’inizio delle proteste, il governo avrebbe oscurato molti siti

web locali, e tagliato l’accesso a quelli stranieri, mentre il 6 aprile le autorità avrebbero quasi interamente

oscurato la Rete Internet. «La famiglia Bakiyev ha chiuso Radio Libertà, bloccato siti web e blog, chiuso gli

ultimi giornali e canali tv indipendenti», dice in un’intervista rilanciata dal network di cyber attivisti Voci

Globali il politico kirghizo Edil Baisalov, in esilio a Washington. Sulla sua pagina Twitter la Otunbayeva

mescola cronaca e incitazioni alla rivolta, racconti presi dal Web e comunicazioni ufficiali. «Il popolo kirghizo

finalmente si è risvegliato!» scrive.

In un messaggio di ieri sera la premier racconta la situazione della sicurezza nella capitale: «I cittadini di

Bishkek hanno organizzato ronde di vigilanza, servizi di veterani, pattuglie civili e in borghese. Il Ministero

dell’Interno e i Servizi di Sicurezza Nazionale lavorano sulla stabilizzazione della situazione a Bishkek. I

militari sono demoralizzati, ma stanno disperatamente lottando per ristabilire l’ordine». Come nel caso

dell’Iran anche in Kirghizistan il servizio di microblogging sta giocando un ruolo fondamentale. «Twitter si

sta dimostrando un buon modo per seguire le notizie avanti anche rispetto alle agenzie di stampa e agli altri

media», riflette Nathan Hamm, blogger e cyber attivista che segue quotidianamente l’attualità e le

problematiche dei Paesi dell’ex Unione Sovietica sul sito www.registan.net. Twitter è stato il primo sito a

diffondere la foto della casa di Bakyiev in fiamme e sulle sue pagine sono rimbalzati i link ai video delle

violenze. «Dobbiamo salvare tutto, archiviare i documenti- è l’appello che si legge su Registan-. Non

possiamo far sì che ci si dimentichi di queste giornate». La Otunbayeva, che ha già ricevuto la benedizione di

Putin, continua postare i suoi proclami in 140 caratteri. «Quello che abbiamo fatto ieri è stata la nostra

risposta alla repressione e alla tirannia sul popolo messo in atto dal regime di Bakiyev- dice-. La potete

chiamare rivoluzione, oppure rivolta, in ogni caso è il nostro modo di dire che vogliamo giustizia e

democrazia».

Una delle immagini degli scontri rimbalzate sul Web