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Corso di Igiene del Lavoro:Corso di Igiene del Lavoro:
Lezione quattroLezione quattro
L’inquinamento atmosfericoL’inquinamento atmosferico
CORSO DI LAUREA IN
TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL’AMBIENTE E NEI LUOGHI DI LAVORO
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
PATOLOGIE DERIVANTI DALLE LE MODIFICHE PATOLOGIE DERIVANTI DALLE LE MODIFICHE DELL’ECOSISTEMA DELL’ECOSISTEMA
La vita degli organismi biologici, durata e soprattutto qualità, sono funzioni dirette dell’equilibrio tra i differenti componenti dell’Ecosistema.
I componenti dell’Ecosistema sono distinti in:
NATURALI INDOTTI
AriaAcquaClima
Caratteristiche del suolo
Disponibilità di risorse
EdificazioneInurbamento
Sviluppo tecnologico
Sfruttamento delle risorse
L’interazione tra i diversi componenti non è rigidamente unidirezionale, nel senso di poter determinare solo il miglioramento ovvero il peggioramento della qualità della vita
Clima freddo
Edificazione Inurbamento Sfruttamento risorse
Clima caldo
Edificazione Inurbamento Sfruttamento risorse
La principale causa di danneggiamento della qualità della vita è costituita dall’alterazione dell’equilibrio tra i diversi componenti dell’Ecosistema
L’inquinamento dell’aria, dell’acqua e, in conseguenza, del suolo sono da considerare come le principali manifestazioni della perdita di
equilibrio tra risorse e bisogni
INQUINAMENTOINQUINAMENTO DELL’ARIA DELL’ARIA
DEFINIZIONEQUANTITATIVA
Variazione della composizione media dell’aria per modifica delle percentuali di componenti propri, in grado di determinare effetti in rapporto con la rapidità, l’intensità e la durata della variazione
DEFINIZIONEQUALITATIVA
Variazione della composizione media dell’aria per l’introduzione di componenti non proprie, il cui effetto avverso è funzione della tossicità dei componenti e delle concentrazioni raggiunte
FORMEFORME DI INQUINAMENTO DI INQUINAMENTO
PRIMARIO
L’introduzione di inquinanti nell’aria deriva dal comparto solido (suolo) per fenomeni di:
Produzione (esempio, le eruzioni vulcaniche)
Emissione (esempio, le emissioni industriali)
SECONDARIO
L’inquinamento ha origine nel comparto fluido, generalmente per trasformazioni di inquinanti primari:
Produzione di smog per legame tra fumo e nebbia
Ozonizzazione alla presenza di cariche elettriche
CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINANTI DELL’ARIA PER NATURA DEGLI AGENTI :
Inquinanti chimici Inquinanti biologici Inquinanti energetici
CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINANTI DELL’ARIA PER STATO DI AGGREGAZIONE DEGLI AGENTI:
Inquinanti gassosi Inquinanti liquidi vaporizzati Inquinanti solidi carboniosi reflui da processi combustivi (Fumi)Inquinanti solidi non carboniosi reflui da processi ossidativo-combustivi (impropriamente definiti come “ossidovapori”)Inquinanti solidi reflui da processi di frantumazione meccanica e/o di essiccazione termoindotta (Polveri o Corpuscolato)
CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINANTI DELL’ARIA PER CARATTERISTICHE DELLE SORGENTI
1. Sorgenti arealiSono di tipo statico, puntiformi o estese, intermittenti o continue,
naturali o antropiche
2. Sorgenti lineariSono di tipo dinamico, puntiformi o puntiformosimili, nella quasi totalità
dei casi antropiche
CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINANTI DELL’ARIA PER ORIGINE:2. Sorgenti naturali3. Sorgenti antropiche
CONTRIBUTI DELLE DIFFERENTI SORGENTI ALLA CONTRIBUTI DELLE DIFFERENTI SORGENTI ALLA DETERMINAZIONE DELL’INQUINAMENTO CHIMICO DELL’ARIA DETERMINAZIONE DELL’INQUINAMENTO CHIMICO DELL’ARIA
NELLE AREE URBANENELLE AREE URBANE
Riscaldamentodomestico 5% 20%
Emissioniindustriali
1% 10%
Emissionitraffico veicolare 50% 70%
PRINCIPALI INQUINANTI CHIMICI DELLE AREE URBANEPRINCIPALI INQUINANTI CHIMICI DELLE AREE URBANE
CO - Monossido di carbonio
NOx – Pool di Ossidi di azoto
SOx – Pool di Ossidi di zolfo
COV - Composti organici volatili (VOC – Volatile Organic Compounds)
IAPC - Idrocarburi alifatici parzialmente combusti o incombusti
O3 - Ozono
Materiale corpuscolato - Polveri
Materiali fibrosi - Fibre
Altri inquinanti primari in tracce (aldeidi, acidi inorganici, idrogeno
solforato)
INQUINANTI REFLUI DAI PROCESSI COMBUSTIVIINQUINANTI REFLUI DAI PROCESSI COMBUSTIVI
Chilogrammi di inquinanti prodotti per tonnellata di combustibile
Combustibile
SOx NOx Particolato COV
Carbone 20 9 50 0,6
Olio combustibile
60 - 80 5 - 9 1 0,1 – 0,2
Gasolio 6 3 0,3 0,03 – 0,3
GPL 2 3 0,1 0,1
Benzina = 8-10 0,05 0,1
Benzina verde
= 12-15 0,01 0,1-0,2
Metano = 3 = =
Quantità di reflui prodotti da differenti tipi di autoveicoli, espresse in Quantità di reflui prodotti da differenti tipi di autoveicoli, espresse in grammi per chilometro di percorrenzagrammi per chilometro di percorrenza
Autoveicolo
NO SO CO COV Corpuscolato
Auto diesel 0,5 - 2 0,7 – 1,2 0,5 - 3 0,05 – 0,8 0,1 – 0,4
Auto benzinasuper
0,2 - 1 0,001 – 0,002
1 - 3 0,08 – 0,5 0,01 – 0,04
Auto benzina verde*
0,8 – 1,3 = 0,5 – 1,2 0,04 – 0,006
=
Autocarro diesel
3 20 1,4 - 3 5 - 50 0,9 - 6 0,5 – 4
Autocarro benzina
1 - 11 0,5 – 0,9 10 - 20 0,2 - 2 0,04 – 0,02
MONOSSIDO DI CARBONIOMONOSSIDO DI CARBONIO
Il monossido di carbonio, CO, è un gas incolore ed inodore, facilmente miscibile con l’aria, con la quale da origine a miscele esplosive
Il monossido di carbonio è molto reattivo.
Alla presenza di vapori metallici o polveri metalliche finemente disperse, da origine a carbonili infiammabili, esplosivi, molto tossici.
La complessazione con il Cloro da origine al COCl, Cloruro di carbonile o Fosgene, fumigante molto tossico ed asfissiante
Vapori di Cloro liberati dall’ipoclorito e fumo di tabacco
ORIGINE DEL MONOSSIDO DI CARBONIOORIGINE DEL MONOSSIDO DI CARBONIO
Combustione incompleta di composti contenenti Carbonio organico (combustibili)
La quantità di CO prodotta nei processi combustivi è funzione del:
2. tipo di combustibile
3. del grado di ossidazione nel processo chimico della combustione
4. della struttura delle camere di combustione
5. della lunghezza e della pervietà dei tiraggi
PRODUZIONE DI MONOSSIDO DI CARBONIO NEI MOTORI A PRODUZIONE DI MONOSSIDO DI CARBONIO NEI MOTORI A SCOPPIOSCOPPIO
Accelerazionea freddo
Decelerazione
Velocitàcrociera
VelocitàFuori giri
VALORI LIMITE DEL MONOSSIDO DI CARBONIO NELLE AREE URBANE(decreto 25/11/1994 del Ministero dell’Ambiente)
Livello di attenzione Livello di allarme 15 mg/mc 30 mg/mc
CONCENTRAZIONI MEDIE DEL MONOSSIDO DI CARBONIO IN ALCUNE AREE URBANE ITALIANE (anno 2005, medie dei
periodi invernale ed estivo)
Torino (P.za Castello) 21 mg/mc 9,7 mg/mcMilano (Foro Bonaparte)23 mg/mc 12,9 mg/mcBologna (Via Ugo Bassi) 13 mg/mc 5,7 mg/mcPadova (Via Facciolati) 9,4 mg/mc 9,7 mg/mcRoma (P.za Esedra) 26 mg/mc 19,1 mg/mcNapoli (P.za Garibaldi) 23 mg/mc 21,0 mg/mc
EFFETTI DANNOSI DEL MONOSSODIO DI CARBONIOEFFETTI DANNOSI DEL MONOSSODIO DI CARBONIO
Blocco del citocromo P450
Morte cellulare
Aumento concentrazione di HbCO
Anossia anemica
EFFETTI ACUTIEFFETTI ACUTI
Stato stuporosa, Coma, Morte (HbCO > 25%)
EFFETTI SUBACUTIEFFETTI SUBACUTI
Cefalea intensa, Dispnea, Torpore, Cianosi rossa (HbCO 10 – 20%)
EFFETTI CRONICIEFFETTI CRONICI(Esposizione a dosi contenute per periodi lunghi)
1. Aumento delle patologie ischemiche cardiache per esposizione protratta
a > 50 ppm (Lippmann)
2. Aumento delle patologie respiratorie per esposizione protratta a > 30
ppm (Strauss)
POOL DI OSSIDI DI AZOTOPOOL DI OSSIDI DI AZOTO
Sono definiti “ossidi di azoto” le miscele di composti ossidati a differenti gradi di ossidazione.La miscela è indicata con la sigla NOx
La stabilità dei composti azotati è differente in rapporto con il grado di ossidazione.
Il monossido NO è molto instabile e si trasforma rapidamente nel biossido NO2
Il pentossido N2O5 è molto reattivo ed idrosolubile; esso si trasforma in acido nitroso e nitrico e precipita come pioggia acida
Da queste proprietà deriva che:
2. nella miscela di ossidi di azoto, misurata in prossimità delle fonti di
produzione, la percentuale maggiore è costituita da NO
3. nella miscela di ossidi di azoto, misurata negli strati più alti dell’aria, la
percentuale maggiore è costituita da NO2
ORIGINE DEL POOL DI OSSIDI D’AZOTOORIGINE DEL POOL DI OSSIDI D’AZOTO
3. Ossidazione delle scorie azotate dei combustibili4. Ossidazione dell’azoto atmosferico in prossimità di processi ad alta
esotermia
L’ossidazione produce soprattutto monossido di azoto
La trasformazione in biossido avviene alla presenza di radicali perossidici e/o di ozono, secondo le reazioni:
NO + H2O2 = NO2 + H2O
NO + O3 = NO2 + O2
Le reazioni sono catalizzate dalle radiazioni ultraviolette
PRODUZIONE DI OSSIDI DI AZOTO NEI MOTORI A PRODUZIONE DI OSSIDI DI AZOTO NEI MOTORI A SCOPPIOSCOPPIO
Accelerazionea freddo
(r 2km, 4 Km autocatalizzate)
Decelerazione
VelocitàCrociera
(auto catalizzata)
VelocitàFuori giri
(auto catalizzata)
VALORI LIMITE DEL BIOSSIDO DI AZOTO NELLE AREE URBANEVALORI LIMITE DEL BIOSSIDO DI AZOTO NELLE AREE URBANE(decreto 25/11/1994 del Ministero dell’Ambiente)
Livello di attenzione Livello di allarme 200mcg/mc 400 mcg/mc
CONCENTRAZIONI MEDIE DEL BIOSSIDO DI AZOTO IN ALCUNE AREE CONCENTRAZIONI MEDIE DEL BIOSSIDO DI AZOTO IN ALCUNE AREE URBANE ITALIANE URBANE ITALIANE
(anno 2005, medie dei periodi invernale ed estivo)
Torino (P.za Castello) 286 mcg/mc 163 mcg/mcMilano (Foro Bonaparte)230 mcg/mc 119 mcg/mcBologna (Via Ugo Bassi) 97 mcg/mc 92 mcg/mcPadova (Via Facciolati) 168 mcg/mc 165 mcg/mcRoma (P.za Esedra) 257 mcg/mc 178 mcg/mcNapoli (P.za Garibaldi) 297 mcg/mc 215 mcg/mc
EFFETTI DANNOSI DEGLI OSSIDI DI AZOTOEFFETTI DANNOSI DEGLI OSSIDI DI AZOTO
1. Azione irritante sulle mucose respiratorie e congiuntivali10 e 13 ppm Effetto irritante> 150 ppm Broncostenosi> 500 ppm Edema polmonare
2. Azione metaemoglobinizzante< 200 ppm Aumento asintomatico MetaHb>200 – 500 ppm Dispnea, cianosi periferica500 – 1000 ppm Disturbi vascolari periferici> 1000 ppm Ipertensione nefrovascolare
RISULTATI DI STUDI EPIDEMIOLOGICI SULL’EFFETTO DEGLI OSSIDI RISULTATI DI STUDI EPIDEMIOLOGICI SULL’EFFETTO DEGLI OSSIDI DI AZOTODI AZOTO
1. 1989, Schawrtz (Stati Uniti): diminuzione del 5% della funzione ventilatoria per un incremento di 40 mcg/mc di NO2, espresso come media annuale
2. 1991, Schwartz (Germania): incremento del 28% del numero di casi di infezioni respiratorie in cittadini esposti a concentrazioni di Nox tra 10 e 70 mcg/mc
3. 1991, Quackenboss (Stati Uniti): diminuzione progressiva del 3% dei flussi respiratori forzati per ogni incremento di 20 mcg/mc di concentrazione di NO2
4. 1992, Braune Fahrlander (Svizzera): incremento di oltre il 20% dell’incidenza di sintomi respiratori e della durata delle patologie acute per livelli di NO2 superiori di almeno 20 mcg al valore soglia (in Svizzera esso è fissato a 51 mcg/mc)
POOL DI OSSIDI DI ZOLFOPOOL DI OSSIDI DI ZOLFO
Sono definiti “ossidi di zolfo” le miscele di composti ossidati SO2 (bissido) ed SO3 (triossido).
La miscela è indicata con la sigla SOx
La stabilità dei composti azotati è differente in rapporto con il grado di ossidazione.
Il biossido SO2 è abbastanza stabile; quando sono presenti alte concentrazioni di ozono, tende a trasformarsi rapidamente in triossido
Il triossiso SO3 è molto reattivo ed idrosolubile; esso si trasforma in acido solforoso e solforico e precipita come pioggia acida
ORIGINE DEL POOL DI OSSIDI DI ZOLFOORIGINE DEL POOL DI OSSIDI DI ZOLFO
Ossidazione dello zolfo, presente in differenti percentuali nei diversi combustibili
La produzione è massima nel bruciamento di combustibili minerali solidi (carbone fossile) e liquidi pesanti (nafta)
In funzione del contenuto di zolfo, la nafta e gli oli minerali sono distinti in ATS (alto tenore di zolfo, > a 1,5% della massa) e BTS (basso tenore di zolfo, < a 0,5% della massa)
I combustibili gassosi naturali (metano) ed artificiali (gas di cokeria) sono privi di zolfo
I combustibili liquidi compressi (GPL), che sono bruciati dopo il passaggio allo stato gassoso mediante depressurizzazione, contengono tracce di zolfo, che derivano dagli additivi per l’odorificazione (mercaptani)
PRODUZIONE DI MONOSSIDO DI CARBONIO NEI PRODUZIONE DI MONOSSIDO DI CARBONIO NEI MOTORI A SCOPPIOMOTORI A SCOPPIO
Accelerazionea freddo
Decelerazione
VelocitàCrociera
VelocitàFuori giri(autocarro
VALORI LIMITE DEL BIOSSIDO DI ZOLFO NELLE AREE URBANEVALORI LIMITE DEL BIOSSIDO DI ZOLFO NELLE AREE URBANE(decreto 25/11/1994 del Ministero dell’Ambiente)(decreto 25/11/1994 del Ministero dell’Ambiente)
Livello di attenzione Livello di allarme 125mcg/mc 250 mcg/mc
EFFETTI DEGLI OSSIDI DI ZOLFOEFFETTI DEGLI OSSIDI DI ZOLFO
1.Azione irritante sulle mucose respiratorie superficiali (contatto diretto) e profonde (solubilizzazione dei prodotti solforati)
2. Soglia dell’effetto olfattivo: 3 ppm
3.Soglia dell’effetto irritante le mucose nasali, faringee e congiuntivali:5-10 ppm
4. Soglia degli effetti irritanti i bronchi ed i bronchioli terminali> 11 ppm
Sintomatologia subacuta e cronica12.Tosse secca e stizzosa13.Dispnea14.Insufficienza respiratoria di tipo ostruttivo 15.Iperemia congiuntivale, lacrimazione, fotofobia
RISULTATI DI STUDI EPIDEMIOLOGICI SULL’EFFETTO DEGLI RISULTATI DI STUDI EPIDEMIOLOGICI SULL’EFFETTO DEGLI OSSIDI DI ZOLFOOSSIDI DI ZOLFO
1. Aumento del numero di ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie acute in aree con livelli di ossidi di zolfo > a 15 ppm
2. Incremento del numero di casi attesi di carcinoma del polmone per esposizioni protratte a concentrazioni ambientali di ossidi di zolfo > a 150 mcg/mc
OZONOOZONO
L’Ozono non è un inquinante diretto, nel senso che non esistono sorgenti antropiche in grado di produrre esso
La concentrazione di Ozono nella troposfera deriva da:• Processi naturali ozonizzazione dell’ossigeno dell’aria per effetto
delle scariche elettriche o per catalizzazione da parte di composti terpenici (resine di piante aghiformi soprattutto)
• Processi antropici ozonizzazione per effetto di trasformazioni fotochimiche dell’ossigeno dell’aria ad opera di inquinanti primari
Da quanto riportato, scaturisce che:2. la produzione naturale di ozono è massima nei periodi primaverili3. la produzione antropica di ozono è massima nei periodi estivi
VALORI LIMITE DELL’OZONO NELLE AREE URBANEVALORI LIMITE DELL’OZONO NELLE AREE URBANE(decreto 25/11/1994 del Ministero dell’Ambiente)
Livello di attenzione Livello di allarme180mcg/mc 360 mcg/mc
EFFETTI DANNOSI DELL’OZONOEFFETTI DANNOSI DELL’OZONO
3. Azione irritante 4. Azione sensibilizzante5. Azione immunosoppressiva6. Azione pirogena
PARTICOLATO CARBONIOSOPARTICOLATO CARBONIOSO
Scorie solide di dimensione millimetrica, costituite da agglomerati di particelle carboniose di dimensione micronica
La percentuale di Carbonio è molto alta, essendo sempre > a 80, fino a valori prossimi a 100
ORIGINE DEL PARTICOLATO CARBONIOSOORIGINE DEL PARTICOLATO CARBONIOSO
Combustione incompleta di materiale organico per:
• Difetto relativo di ossigeno deficit ossidativo
• Bassa temperatura di combustione insufficiente evaporazione dell’acqua
SINONIMI DI PARTICOLATO CARBONIOSOSINONIMI DI PARTICOLATO CARBONIOSO
FUMOFUMOTermine generico, utilizzato per definire contemporaneamente il refluo solido ed i vapori di combustione
NEROFUMONEROFUMO
Definizione di particolato carbonioso di dimensioni controllate, con scarse impurità, riutilizzabile per fini combustivi e termoproduttori
FULIGGINEFULIGGINEDefinizione di particolato carbonioso contenente impurità e ricco d’acqua, non efficace per la ricombustione
EFFETTI DANNOSI DEL PARTICOLATO CARBONIOSOEFFETTI DANNOSI DEL PARTICOLATO CARBONIOSO
SULLOSULLOAMBIENTEAMBIENTE
Danneggiamento di elementi minerali (carbonato di calcio)
Blocco della respirazione foliare
SULLOSULLOUOMOUOMO
Patologie respiratorie (BPCO)
Azione pneumocancerogena (IPA e pirenici)
Azione coronarospastica e sclerotica (Ossido di C)
Cancerogenesi cutanea e vescicale (Pirenici, Amine)
PARTICOLATO NON CARBONIOSOPARTICOLATO NON CARBONIOSO
Materiale solido aerodisperso, di natura e strutture variabile, con dimensioni da pochi nanometri a 500 micron
La dimensione, espressa come raggio razionalizzato di figura tridimensionale sferica, è la condizione essenziale alla definizione del particolato.
Dalla dimensione deriva, infatti, la possibilità di mantenimento in sospensione per i normali moti convettivi dell’aria (moti browniani)
In funzione della dimensione, il particolato è classificato in:
1. Truciolo dimensione > 100 micron – cade rapidamente al suolo
2. Polvere grossolana dimensione > 10 e < 100 micron – può essere mantenuto in sospensione, ma non è aspirabile con la depressione esercitata da un normale atto inspiratorio
3. Polvere fine PM10 dimensioni > 2,5 e < 10 micron – è inalabile,
ma resta ferma a livello delle prime vie aeree
4. Polvere molto fine PM2,5 dimensione <2,5 micron – è detta anche
“polvere toracica” poiché è aspirabile sino a livello del piccoli bronchi
5. Polvere ultrafine PM1 dimensione =< 1 micron – è detta anche
“polvere alveolare” poiché è in grado di arrivare sino agli alveoli
NATURA ED ORIGINI DEL PARTICOLATO NON NATURA ED ORIGINI DEL PARTICOLATO NON CARBONIOSO CARBONIOSO
• Molecole inorganiche derivati dalla crosta terrestre e da apposizioni su essa
• Molecole organiche Derivati da forme viventi o da deiezioni di esse
• Fibre derivate da minerali o vegetali
1. Frantumazione della crosta terrestre e delle apposizioni per effetto di energia meccanica, naturale (vento) o antropica
2. Espulsione da variazioni pressorie naturali (eruzioni vulcaniche)
3. Disidratazione termoindotta (essiccazione) di materiali inorganici o organici
FORMAZIONE DEL PARTICOLATO NON CARBONIOSO FORMAZIONE DEL PARTICOLATO NON CARBONIOSO
VALORI LIMITE DI PMVALORI LIMITE DI PM1010 NELL’ARIA NELL’ARIA
Direttive 1999/30/EC e 96/62 EC
Dal febbraio 2005 Dal febbraio 2010
Valore medio annuale
40 μg/mc 20 μg/mc
Massimo giornaliero 50 μg/mc 50 μg/mc
N° annuo superamenti consentiti
35 7
EFFETTI DANNOSI DEL PARTICOLATO NON EFFETTI DANNOSI DEL PARTICOLATO NON CARBONIOSOCARBONIOSO
Ap. Ap. respiratoriorespiratorio
Bronchite cronica
Allergie respiratorie
Pneumopatie sclerogene e coniotiche
Tumori polmonari
Ap. Ap. cariovascolarecariovascolare
Coronaropatie
> Sensibilità fattori di rischio cardiovascolare
Ap. Ap. riproduttivoriproduttivo
Riduzione fertilità
Tumori ovarici