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Biopolitiche prosumeristiche e sostenibilità del benessere di community

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Simone Cerrina Feroni BIOPOLITICHE PROSUMERISTICHE E SOSTENIBILITA’ DEL BENESSERE DI COMMUNITY ABSTRACT

Le biopolitiche contemporanee (emozioni, cognizioni e relazioni lavoro-correlate), declinate sul crinale psicosociale e incrociate col benessere aprono feconde zone d'ombra perchè il virus biopolitico si adegua rapidamente al contesto e contagia welfare, qualità della vita ed economia sociale e cooperativa. Il benessere, messo al lavoro con patologica ansia migliorativa e schiacciamento temporale, vira ambiguamente verso la sfera produttiva, con una relazionalità circolare su disoccupazione, malattia e insicurezza sociale. Le vite al lavoro sono vite pubbliche, da cui la vergogna da sotto-sviluppo per l'incapacità e la routine di corto raggio, o quando l'iperlavoro collassa nello zero lavoro. Ma queste nuove vulnerabilità attivano forze opposte, sotto radar: la transizione dal Lavoro ai lavori-attività, il commoning (cum-munus) e il dono gratuito. Invertendo gestalticamente figura e sfondo colgo talune contraddizioni, che aiutano, forse, a chiarire come adeguare paradigmi e pratiche di orientamento, formazione e sviluppo, rivolte a individui, organizzazioni e community.

«Io ho fatto il mio dovere verso il futuro: che il futuro faccia il suo dovere verso di me»

F. Pessoa (Il banchiere anarchico, Guanda 1988)

«Per l'allegria il pianeta nostro è poco attrezzato. Bisogna strappare la gioia ai giorni futuri»

Majakowskij (Ai vecchi giorni)

1. LA SOCIALIZZAZIONE ECONOMICA Molti reinterpretano le tecnologie foucaultiane genitorial-libertarie

1 nella formula posfordista

2 vite al

lavoro, in cui si riducono le zone di indifferenza fra pubblico e privato e le relazioni fra i todos empresarios diventano, letteralmente, economiche

3. Risk taking, problem solving, comunicare, gestire progetti: non è un

elenco di corsi di formazione, ma agende di vite quotidiane. Un videogioco è svago e potenziamento, un viaggio è spunto per nuovi servizi, cinema e teatro invadono case e uffici, mentre i luoghi di lavoro mimano climi amical-familiari (welfare aziendale). Sfumano mondi vitali e senso comune (non più comune), e i soggetti sono da un lato disembedded in relazioni pure, ma dall'altro ri-assoggettati, perchè attivi nella propria commodificazione. Un incitamento alla co-responsabilizzazione sia smart che mcdonaldizzato, sottilmente regressivo-seduttivo, che induce adesione complice e desiderio da saturare subito. La libertà perde spessore politico-conflittuale e assume valenza microtecnica-normativa: si è governati mediante una libertà (neoliberismo appunto), che rilancia il dispositivo stesso (welfare faidate). Vite come progetti aziendali, ritorno (rischioso) dell'investimento su sé stessi, autoimprenditorializzazione forzata (Boltanski e Chiapello, 2011). Certo, ottimizzazione e qualità della vita: meglio una cena organizzata in outsourcing

4, in

modo manageriale, che una mal improvvisata. Emancipante carburante che sostiene la volizione all'automonitoraggio e alla riflessitività (riflessione dentro le azioni), mancanze che spingono gli orizzonti, e organizzazioni più soggettive, vitali, autogovernate a piramide rovesciata. Ma l'alienazione in capitale umano

5 mette in risalto le vite improduttive e avvelena solidarietà e gratuità. Oggi questo nuovo

prosumerismo6 si estende alla società civile: welfare partecipato, processi partecipativi, wikinomics. Soggetti

però individuali o finti gruppi (sciami o team)

2. Il BENESSERISMO: MALESSERE DEL BENESSERE

1 Bazzicalupo (2006) pg. 112, De Michelis e Leghissa (2008), Codeluppi (2008), Fumagalli (2009). La governamentalità “pastorale” somma codici materni (consumo, dipendenza, privato) e paterni (produzione, indipendenza, pubblico) 2 Pastiche di premoderno (il lavoro era vita nella fase preindustriale) e ultramoderno (turbo per i ritmi naturali). 3 Nel 1956, negli USA, c'è il sorpasso dei servizi sui settori primari. Un servizio è life skill (relazionali, cognitive e sociali), ma finte. Ad esempio, si passa dal buon senso all'assertività forzata. Nei racconti di Carver c'è il sorriso commerciale del piazzista di aspirapolveri (Collectors) e il pasticcere ri-umanificato (Una cosa piccola ma buona). 4 Conley (2008) e Strasser (2003. Mercificazione di relazioni ed emozioni (Hochschild, 1983) 5 Termine risalente agli anni 50 (nell’istruzione), evoluto in capitale organizzativo e poi sociale: uno slittamento dell'economico sul sociale. 6 Consumatori, utenti o cittadini che co-progettano i servizi, ma già Baudrillard nel 1970 intuisce che ciascuno è terziario dell'altro, padrone-servo di sé stesso.

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Per Spaltro (1984)7 il benessere è stupirsi nel traversare le interfacce psicosociali da minore a

maggiore densità sociale, fra identità e appartenenza, cioè le dualità desiderio-paura nel passare i livelli di funzionamento sociale (individuo-coppia, coppia-piccolo gruppo, gruppo-organizzazione e organizzazione-community)

8. Tollerando rimozione e espiazione senza negare né fondersi. “Violento appetito del futuro,

piacevole calda anticipazione, emozione albeggiante, come una bella giornata davanti a sé, dorata e tranquilla”: così Steinbeck in La Valle dell'Eden descrive Adam che si riprende dopo anni dalla depressione seguita alla fuga della moglie, nella più classica delle immagini americane, con le mani intrecciate dietro la nuca e le gambe distese (probabilmente sul tavolo). Girare intorno al raggiungimento, “de-siderare” (”so-stare” sotto le stelle) in attesa dell'altro che “viene e ti porta via”, fra passato e futuro. Sentimento di prefigurazione dei functioning (Sen, 1986), di potenziale achievement e “possibilit-azione” sociorelazionale. Col calore, che già segnalava Spinoza, della passione gioiosa di vivere anche unfunctioning e debolezze: salute come order from noise, learning dal disimparare, empowerment dalle vulnerabilità, cogliendone la forza. Più di wellbeing: non armonia aconflittuale, ma agency. Una lettura attenta di Avallone e Paplomatas (2005)

9 mostra come dal benessere e dalla salute

organizzativa si passi al benessere e salute tout court. Si parla di convivenza organizzativa, ma molti assi di indicatori (soddisfazione/risentimento, voglia di impegnarsi/senso di inutilità, sensazione di far parte/disconoscimento, voglia di vivere/insofferenza, autorealizzazione/aggressività, convinzione di poter cambiare le condizioni negative/disinteresse, relazioni positive/pettegolezzo) si adattano alle vite. Ma l'accelerazione temporale non consente di elaborare la polarizzazione ipernarcisismo-depressione, il che, in assenza di solidarietà

10, rende il benessere una breve felicità. La Dualità del benessere è oggettiva,

malestante: è quella mainstream. Nello sbilancio vita-lavoro, in cui non si sa se il prossimo lavoro sarà meglio o peggio, quanto ci vorrà a trovarlo e come cambierà le nostre vite, si torna alla casella iniziale. Il Benessere del dualismo (accento sul benessere) è invece soggettivo, benestante, changing: occasione di sviluppare capability e avere più scelte. I chiasmi, come questo, rappresentano le dualità in forma ternaria, evidenziando la soggettivazione, cioè il passaggio dal malessere al benessere. Vediamo alcuni esempi. Formazione e politiche attive del lavoro, differenziazione che taglia orizzontalmente vite e lavori. Il diritto all'orientamento e al learning long-life (e longwide, in una perenne adolescenza) rende tutti, in varia misura, vulnerabili, perchè questa nuova competenza di base proclamata come diritto (Decr. Lgs 13/13), è poco praticata in forma organizzata. E' dono fra colleghi o fra estranei che costa poco, e vale tanto come riconoscimento, ma spesso inquinato (o meglio ibridato) dallo stress di incitamento alla autoproduttività. Soggettivare queste pratiche di aiuto è declinarle come commoning, dono relazionale, estendendo la condivisione delle conoscenze alle nuove competenze di base. Nel mercato del lavoro, spazio cruciale delle vite-lavoro, market-place di vite (body rental, locatio operis), e di tempo competente, soggettivare è socializzare i mezzi di produzione, cioè il pooling delle vite e delle competenze, per loro natura sociali, che, anche condivise nelle Banche del Tempo, restano private ed economiche. Soggettivazione, quindi, come decommodificazione. La flessibilità cattiva, i nuovi vulnerabili (La Rosa et al, 2008) da sovrasviluppo, da vite artificialmente aumentate, presentano due facce speculari: da un lato la paura dei dolenti che sprofondano nella perdita di interesse per vite sovra-umane, dall'altro la performance minima dei non competitivi, rigidamente attenti al contratto (gli apatici resistenti). Nel film dei Fratelli Coen “L'uomo che non c'era”, non a caso ambientato negli anni '50, il barbiere osserva con distacco la propria vita

11. Chicchi (2003) e Castel

(2011) segnalano la friabilità psichica e lo smarrimento degli imballati nelle opportunità insormontabili, demotivati, stanchi, amareggiati, a rischio di marginalità, con difficoltà a concentrarsi, decidere, organizzare e agire. Da una iniziale difficoltà a fronteggiare gli spiazzamenti urgenti continui, venata di rimpianto e disorientamento da senso di dissipazione del sé

12, si passa a vite deteriorate, in cura formativa/orientativa,

ma più spesso ignorate. I disabili all'ascolto e alla riflessività mostrano impazienza più anomia e negazione, astio e rabbia silente per essere sostituibili o imitabili, senso di vite mancate

13 e relazioni sociali ridotte. Le

capability rinsecchiscono, e si diventa cinicamente indifferenti14

: la personalità passiva maschera quella aggressiva

15 e l'assenza di vere componenti socio-emozionali in soggetti apparentemente esemplari, ma non

elaborati in sé solidi. Certo, anche forze contrarie o resilienti allo sbilancio work-life: gli (ma più “le”)

7 Assumo il benessere come costrutto più intuitivo, rispetto a salute, welfare, qualità della vita, organizzazione, ma a questi correlato. 8 Community, nell'accezione protestante, cioè locale, democratica, di uguali ma distinguendo le differenze. Forte appartenenza ma potere diffuso, mentre comunità può essere omologante. 9 Un esempio di come applicare i modelli psicoorganizzativi alle vite, dopo che l'operazione inversa è stata quasi completata. 10 Penso agli agenti immobiliari di Americani, di James Foley: «Il primo vince una Cadillac, il secondo un set di coltelli da bistecca, gli altri saranno licenziati». 11 Nel precario (Banfi e Bologna, 2011) paralizzato dalla sensazione di scalare una montagna troppo alta subentra una personalità artificiale “come se”, un misto di aggressivo e passivo, amabilità e cinismo. Nelle scienze dell'educazione, la disciplina più messa in crisi dal nuovo assetto, Cambi (2006) parla di «era del disincanto». 12 Per usare una immagine che non si scorda l'oggetto di Alien di Ridley Scott, che si attacca e succhia via la vita. 13 «Il modo in cui manchiamo la vita è la vita stessa» ( Richard Ford nel romanzo Il giorno dell'indipendenza). 14 Il risentimento non è invidioso alla Tocqueville, ma più gelosia per chi vince senza merito, evidenziando il mito del mercato (del lavoro) perfetto e una competizione leale. 15 La follia dei commessi di Bancs publiques.Versailles rive droite del regista Bruno Podalydes.

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invulnerabili immunizzati che resistono alla contaminazione dei mondi vitali e ad essere trasformati in stili di vita. Gli svogliati fannulloni, chi non vuole migliorare, il malato che non si cura, chi mostra chiusura ai flussi, le “vite mediane” di chi non si getta del tutto per paura di essere, a sua volta, gettato. L'ora di vita oziosa più che l'ora di lavoro,

la dépense, i ritmi compassati e lo scroccone celano risentimento o disturbi posttraumatici

da stress? Soggettivare è rovesciamento in vulnerabilità feconda, vitale, “abitare” collettivamente questa dualità, incontrarla, darle del tu, avere il coraggio di riconoscerne le zone buie, le ferite, di essere deboli e chiedere/dare aiuto, in climi distesi di riflessione, inclusivi dell’hostis. Pubblicizzare autoformazione, ricerca di lavoro e relazioni implica un'evoluzione dei diritti/doveri e delle policy di welfare riequalizzante

16 per chi somma scarsa reattività e scarse risorse. Il welfare oggi è

solidal-produttivista17

, indirizza alla coopetition e alla capacity building territoriale, ma è anche riconoscimento sociale di giacimenti di competenze potenziali inutilizzate. Al centro il work-life balance, ardua mediazione fra socio e economico: il tempo di cura sottrae o aggiunge all'apprendimento continuo? E i servizi, poiché la tutela è intromissione nelle vite, diventano turbobiopolitici e riflessivi. A questo si somma la carenza di dono nel Longlife Learning e lo scarso mutuoaiuto, anche come operatori. Soggettivare è transitare al community welfare: condivisione dei rischi delle vite-imprese, con un nuovo ruolo pubblico come driver di comunità empowered (Donolo, 2006). Emerge una nuova polarità apocalittici/integrati (Lordon, 2015). Il benessere reso fattore produttivo dallo stress da logorio della vita ipermoderna, da cicli di prodotti life enrichment, da corse agonistiche perfino fra territori. Il dovere di “pluspotere” e il selfassembly di capitale personale è incessante yoyo depressione-euforia che autosfrutta i giacimenti psicosociali (fiducia, reciprocità, lealtà), trasfigurandosi in fantasma di impotenza, perdita di “inter-esse” per l'altro, inerzia autistica del vivere giorno per giorno

18. L’ansia

compulsivo-ossessiva «sempre oltre», troppo piena, sfida inumana di curriculum di corsa (currere), life book trafelati e stampa 3D di sé stessi (selfies) consuma la self-efficacy, evapora il desiderio di desiderare, e può collassare in soggetti sazi, disaggregati socialmente, desiderosi di sottrarsi e del desiderio non interessato dell'altro. Riducendo il gradiente di benessere

ed erodendo le sane conflittualità sociali, e quindi

l'innovazione. Meglio dei ruoli bloccati premoderni, ma si perde il sé: avere troppe competenze e agire troppe relazioni, alla fine, è come essere nessuno. L'eccesso di routine generava nevrosi, la vita-avventura la psicosi? Anche nella versione melanconica: la paura di non essere amati porta a cancellare il munus, a difese regressive (dipendenza/controdipendenza) e paranoidi (Mc Glass, 1993). Vite artificialmente adattive, quasi-virtuali

19, che riparano ma non sono “riparatrici” (Sloan, 1996).

3. COMMONING DELL'INTERFACCIA VITE-LAVORI

Lo smantellamento delle comunità burocratico-fordiste (Laville, 1998 e Accornero, 1997) e l'automazione erodono il lavoro come bene relazionale, ma, come detto, tutto è potenziale lavoro: capacità, relazioni, vacanza, gioco. Dal rifiuto del lavoro alienante molti emigrano alla buona flessibilità del multitasking, ai desideri e passioni trasformati in attività, più riconosciuti e condivisi che monetizzate (leisure, aiuto/cura, sport, attività ricreative e culturali, gli orti, il web, il volontariato civico), anche per sé (hobby, ricerca, lettura, arte). Conciliando i tempi dal punto di vista della vita activa e delle relazioni, anche critiche: la de-differenziazione produce cioè effetti collaterali, ridifferenziando il contesto. Ciò che si fa, in modo organizzato e finalizzato, è risorsa inesauribile: labor e work sono entrambi investimento energetico, stili di vita e convivenza, che si ibridano in un continuum (sharing economy, società delle opportunità). Dal monoteismo del Lavoro alla girandola caotica del reengineering dei processi vita-studio-lavoro, ma di segno ribaltato. La scelta del mix Lavoro-lavori è job creation in forme alternative e sociali

20, gestione associata e

amatoriale delle vite, cooperazione fra imprese e basic income in senso lato21

. Conoscenze, strumenti e sistemi locali di economie socio-relazionali (GAS, monete locali) contagiosi e riossigenanti che riconfigurano produzione e consumo in nuovi modello di civiltà, rileggendo l'empowerment di comunità come desiderio di influenzare eventi sociali. Interconnessione o autoorganizzazione di lavori e servizi pubblici

22, sviluppando le

capacità socio-organizzative come common da ripartire, livellandone la densità. Soluzioni (per ora) non biopolitiche, sostenibili socialmente e ambientalmente (ottimizzazione dell'energia e dei prodotti), modulabili

16 Per l’ OMS (1948) salute è completo benessere fisico, psichico e sociale. L'UE, sul Long-life Learning (2004), parla di «cittadini di ogni età e in ogni momento della vita, con l'obiettivo di gestire i percorsi personali di vita». Diritto esigibile, come sanità e scuola, e gratuito, se servizio al lavoro, per trattati risalenti anch'essi al 1948. Ma anche dovere «nella crescita personale, familiare, nel tempo libero e nella vita quotidiana» 17 Ferrera (2013): i concetti ponte fra libertà e uguaglianza sono choice (opportunità) e comunità (inclusione attiva). Le varianti spaziano fra formule social-liberali (libertà e choice), liberal-egualitarie (uguaglianza e choice), liberalcomunitarie (uguaglianza e comunità) e conservatore-progressista (libertà e comunità). 18 L'infans oscilla fra oggettivo e soggettivo, buono e cattivo: altalena oggi riattualizzata ma difficilmente ricomposta, perchè desiderio e benessere sfumano appena realizzati. 19 Penso al modulatore d'umore di Philip Dick (“Ma gli androidi sognano pecore elettriche”), cioè il catalogo di emozioni a comando degli androidi. 20 Le cooperative di consumo come prosumer collettivi? 21Basic life (mobilità, casa, nutrimento, abiti, socialità) per progetti personali, salute minima, vita decente, sicura. 22 Art 43 della Costituzione: affidare a comunità di lavoratori o utenti (prosumer?) i servizi essenziali.

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in estensione sociale, benestanti perchè sfide collettive. Desocializzazione ma risocializzazione: una seconda vita conviviale e cooperativa come nuova difesa sociale. Welfare di cittadinanza (finora legato al Lavoro) da ridefinire, e spazio per la politica.

Possiamo ora tratteggiare meglio il secondo polo, soggettivo, che interpreta l'interfaccia vita-lavoro (o vita improduttiva-produttiva come forme di funzionamento socio-relazionale) come sporgenza che taglia trasversalmente e riequilibra (modello quaternario) la prima. Il conflitto identità-appartenenza (soggettivo-oggettivo) incrocia la variabile changing (soggetto che modifica l’ambiente, contesto abilitante) - change ( contesto che influisce sul soggetto), identificando il ciclo in figura:

Lo strain da parte del contesto attiva risorse e potenzialità (salute), che si possono trasformare in benessere (capability, competenze, empowerment), che sostiene il welfare (politiche di prevenzione/inclusione attiva come libertà di scelta) che sfocia in functioning “un livello di qualità della Vita sopra”, che riconnette il contesto come eustress, norme/cultura, education, bien-star, citizen satisfaction. Avere tutti la tavolozza dei colori e saperli usare, mentre il benessere è scoprire il colore della vita. E il ciclo riparte, con una migliore salute. Cosa residua? Salute/malattia (il caduceo) e welfare/malware: il ciclo si imballa in malessere o si inceppa in meccanismi interistituzionali ambigui, mentre la Qualità della Vita pare uno zoccolo duro oggettivo e misurabile, molare come l'atmosfera nei distretti industriali o il clima organizzativo: aspettative e percezioni condivise socialmente. Modello compatibile con Karasek e Theorell (1990) sul coping dello stress e (in parte) con quello di Sen. Letto dal quadrante welfare, schema solidal-produttivista, cioè la ridistribuzione sia come fattore produttivo che promozione sociale. 4. NEL MALESSERE C’E’ IL GERME DEL BENESSERE COLLETTIVO

«Il malessere c'è, il benessere va inventato» (Spaltro), anzi la sua invenzione è già benestante (in thanatos eros). Qui lo squarcio di futuro è “ben con-vivere”, società come soci, mutua reputazione, motivazione e soddisfazione emergenti che valorizzano le differenze e il tempo che altri ci dedicano. Libertà di scegliere gli stili di vita-lavori: accelerare, se si intravede spazio per riconoscere il disordine, sciogliendo la routine mortifera, o decelerare, solidificando ordini comuni e organizzando l’istinto vitale. Società a più dimensioni: luoghi gruppali, espressivi, di sostegno di vicinato leggero, sharing condominiale esteso, attento ai meno potenti e a non creare nuove disuguaglianze, in cui guardare negli occhi chi non partecipa alla corsa della vita. La fraternità sorge in spazi di riumanizzazione in cui dare del noi alla non autosufficienza, non lasciar evaporare tristezza e dolore, ma condividerli, elaborando le sconfitte più delle vittorie (Benasayag, 2008). Officine di riparazione (o pronto intervento) delle vite difettose: se ci sono per tutti è benessere equo e solidale. Co-vite

23 :un circolo di studio elabora fra pari l'apprendimento, come una friendly society

23 Ritornano le Comuni? Housing social, sostenibilità comune, interesse per il vicino di casa, il nuovo estraneo. Interazione,

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mutualistica le pari disuguaglianze. In fondo nei gruppi primari si condividono vite: attorno alle nuove formule di solidarietà cooperativa nei gruppi secondari e terziari si “accomodano” socialmente pezzi di vite-lavoro, valorizzando la spendi-abilità di general intellect, saperi e relazionalità insaturi. Nuovi organi e strumenti di community care: dalla sociologia del lavoro e delle organizzazioni all'organizzazione delle vite-lavori. Le organizzazioni mutano in community e in lavoro vivente, ma queste si riorganizzano in vite funzionanti socialmente, solidali (Borghi, 1998), ribaltando di segno l’effetto di trascinamento delle forme dei rapporti di produzione (Lewin: il contesto entra nei campi psicologici) in belle vite perchè dense di belle relazioni, e perciò ben-rigenerate. Servono un Terzo Settore e un telaio di cittadinanza robusto, aperto alla realtà sociale, buffering omeostatico (in questo senso vitale) di safety

24 sociale e risk taking collettivo. Circoli di

cooperazione, di ascolto territoriale, circuiti sociali riproduttivi, che ricuciano gli strappi delle reti, rigruppando e accomunando (communalship) “comunità competenti”

25. Processi partecipativi

26 su questi temi che

valorizzino le energie civiche di cittadini, parti sociali e privati nella co-ideazione di policy e servizi. Il cittadino qui è co-istruttore

27 che partecipa a progetti pubblicizzati

28 in community temporanee informali, dove

sciogliere culture solidificate, co-costruire vocabolari condivisi e ispessire beni relazionali. Si diventa più competenti nell'affrontare questioni pubbliche, ci si civilizza, si impara a ponderare, argomentare, esplorare le ragioni altrui, trovare soluzioni inedite

29, sviluppando negli attori sociali senso di community (Caldarini,

2008 e Fischer, et al, 2002). Deindividualizzare il longlife learning, facendo leva su relazioni faccia a faccia aperte alla delusione, alla non relazione da parte dell'altro, anche all'artificialità e formalità. Rischio costitutivo nelle relazioni di aiuto (si pensi alla clinica), ma chiave di volta per uscire dall'assistenza che ferisce e rende debitori, apparecchiando nuove pratiche collettive di scambio di tempo competente. Associare vite-lavori significa saperle impiegare bene, ben-viverle. Con-vivenza in cui si è in mano d'altri, cum-viviale sentimento di fratellanza (nella differenza), in cui la fatica di trovare/cambiare lavoro è in good company, fra compagni di avventura/sventura. Prosumerismo socializzato, che si fà carico degli interessi privati con un coping di community che fronteggi la competizione, sostenuto dal Comune, istituzionalmente preposto a ciò, in sussidiarietà orizzontale. Fatta di infiniti gruppi di incontro e “luoghi comuni”, informali, belli, gratuiti, welfare di strada, servizi di condominio antiballardiani, circoli della salute. Una comunitarizzazione e un committment collettivo inclusivo avanzato, con attività autogestite che già esistono, ma di cui qui si coglie in profondità la funzionalizzazione alla coesione sociale. Laboratori di ispessimento di flussi e tempi di vita, di cura della capacità di riproduzione, coerente col benessere sociale in senso pieno (De Maria, 2000). Da gestire con estrema attenzione: le community possono essere malestanti, riattivano e riparano, ma le fantasmizzazioni del comune (penso al grande gruppo) e le dinamiche psicosociali vanno animate senza rimuovere i dualismi, coltivando fiducia, ascolto e riformulazione di invidie e gelosie, valorizzando la non indifferenza (Mannarini, 2004). Abilità donate come valore relazionale: paradossalmente oggi c'è più dono. L'evoluzione delle biblioteche dai libri ai beni, delle scuole in Longlife learning Center, delle cooperative di comunità evidenziano più relazioni gratuite, fiduciose, di associazione democratica. Nel volontariato, bene relazionale del miglior Terzo Settore, si scambiano tempo, intensità, emozioni e servizio competente, ma è dono spesso interessato, investimento in reputazione, in «capitale» socio-relazionale, gift velenoso

30. Le formule a

relazionalità limitata (marketplace di noleggio/scambio, gerarchie evolute in coworking) si aprono sempre più al free work e a fedeltà e responsabilità oltre il dovuto: ci si spende gratuitamente sperando di trasformare lo stage in rapporto di lavoro. La condivisione utilitarista appare anche nella sharing economy e nel commoning/baratto (peer-to-peer, social netwoks), che cresce anche come risposta alla Nuova Recessione/Depressione. Ma il dono vero non guarda al controdono, è immune (Esposito, 2004) in senso positivo, marca la relazione di fiducia, connette le vite, e una restituzione c'è sempre, anche se ingrato non riconoscimento. Taglia e eccede mercato, stato e gruppi, anzi spesso sussidiarizza ciò che dovrebbe essere garantito dalla giustizia. Intrecciare dono e socioeconomic innovation riduce l'alone economico delle relazioni e stimola alla comune “capacit-azione”, ma richiede coscienziosità, organizzazione, libertà. Si riconfigura l'interesse pubblico: lavoro/apprendimento da bene pubblico/privato a merit good sociorelazionale, cittadinanza eudaimonica di community plurali nell'orchestrare «cum-petenze» (chiedere insieme). Dalle relazioni messe al lavoro alle relazioni free, liberate.

interprenditorialità, entreprise (mutua influenza in francese), partnership di vite in comune (il termine istituzionale acquista qui nuovo senso). 24 Allargando lo spettro degli interessi privati e mitigando l'incertezza con uno smooth imbalance. Prima la convivenza era meno problematica: oggi è arduo declinare un noi, e un dopo di noi plurale, in cui rigenerare la capacità di riprodurre loyalty (ma anche voice e exit), e fiducia nell'altro abbastanza generalizzato. 25 Laville et al (2000). Il rischio è la corporativizzazione del benessere, l'associazione che serve solo i propri soci. . 26 D'Albergo e Segatori (2012) e Cerrina Feroni e Taccone (2015). 27 Accoglienza, ascolto e riconoscimento di cittadini inesperti e organizzazioni non allineate: democrazia inclusiva antipopulista e antibiopolitica. 28 Dal servizio pubblico al servizio ben pubblicizzato, reso pubblico, che sentiamo come nostro. 29 Luoghi di attenzione alla parola dell'altro e sviluppo di pensiero critico e autocritico, dove sperimentare appartenza e estraneità, proprio perchè non decisivi per decidere. 30 Virno (2001) Dualismo free labour-free work, lavoro alienato-liberato, opus-labor. Il dono di tempo competente è ambiguo?

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ESPOSITO R. (2004): Bios. Biopolitica e filosofia, Torino, Einaudi FERRERA M.: “Neowelfarismo liberale: nuove prospettive per lo stato sociale in Europa”, in Stato e Mercato 97, Aprile 2013 FISCHER A.T., SONN C.S, BISHOP B.J (2002): Psychological sense of community. Research, applications and implications, New York, Kluwer Academic FUMAGALLI A. : Bioeconomia e capitasimo cognitivo. Verso un nuovo paradigma di accumluazione, Roma, Carocci, 2009 HOCHSCHILD A. R.: Managed Heart. Commercialization of human feeling, Oakland, Univ of California Press, 1983 KARASEK R., THEORELL T.: Healthy work: stress, productivity and the reconstruction of working life, New York, Basic Books, 1990 LA ROSA M., BORGHI V, CHICCHI F. (a cura di): Le grammatiche sociali della mobilità, Angeli, Milano, 2008 LAVILLE J.L., LA ROSA M., CHICCHI F.: Reinventare il lavoro, Roma, Ed Multimediali, 2000 LORDON F.: Antropologia delle passioni e forme dello sfruttamento, Roma, DeriveApprodi, 2015.

MANNARINI T. : Comunità e partecipazione. Prospettive Psicosociali, Milano, Angeli, 2004 MC GLASS J. : Shattered selves. Multiple personalities in a postmodern world, HarperCollins Pub., 1993

Page 7: Biopolitiche prosumeristiche e sostenibilità del benessere di community

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VIRNO P. : Grammatica della moltitudine: per una analisi delle forme di vita contemporanee, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001

Note bio-bibliografiche

Esperto di benessere organizzativo, dal 2006 ricerca con modelli psicoorganizzativi ispirati a quelli di Spaltro l'interfaccia B (piccolo gruppo-organizzazione), interpretata come benessere organizzativo, e l'interfaccia C (organizzazione – interorganizzazione), cioè benessere di community. Ha lavorato 14 anni in Elea-Olivetti e diretto una Agenzia Formativa di CNA e Confartigianato, curando progetti, anche internazionali, in ambito organizzativo o di formazione, orientamento e consulenza per individui, gruppi, organizzazioni e territori. Esperto di creazione d'impresa e esperto certificato in valutazione degli apprendimenti e delle competenze. Coautore di “L'impresa artigiana”, Maggioli, 2000.

Pubblicazioni recenti correlate:

Cerrina Feroni S.: “L'interfaccia C come “zona di passaggio” al benessere territoriale”, in Atti, I Convegno nazionale Associazione Italiana per gli studi sulla Qualità della Vita “Qualità della vita: territorio e popolazioni”, Centro Studi CISL Firenze, 2013 Cerrina Feroni S.: ”Benesserismo forzato: dal “diritto a perseguire la felicità” alla “spinta gentile” verso l'ultrabenessere, in Atti V Convegno nazionale Società Italiana di Sociologia della Salute (SISS) “Le sfide della Sanità Italiana tra crisi strutturali e social innovation “- Sessione 3: “Benessere e disagio sociale: l'attività redistributiva dei servizi di welfare, Università di Roma/Senato della Repubblica, 2014 Cerrina Feroni S.: ”Processi partecipativi inclusivi per integrare servizi socio-sanitari e servizi per le Politiche Attive dei lavori e del LongLife learning”, in atti VI Convegno nazionale Società Italiana di Sociologia della Salute (SISS) “La costruzione della salute nel welfare socio-sanitario. Nuovi scenari e pratiche sociologiche- Sessione : “Cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute”, Università di Pisa, 2015 Cerrina Feroni S., Taccone L.: “Vite in comune come valore pubblico: i processi partecipativi applicati al learning e all'orientamento lungo tutto l'arco della vita. I cittadini protagonisti di buone pratiche di welfare di community”, in Atti ESPANET 2015, Welfare in Italia e Welfare globale: esperienze e modelli di sviluppo a confronto, Sessione: Tra questione urbana e questione sociale: città, politiche e governance locale dentro e oltre la crisi, Università di Salerno, 2015 Cerrina Feroni S.: “Non puoi non migliorare: il ciclo della qualità delle vite-lavori”, in Convegno nazionale AIQUAV 2015, “Qualità della vita e stili di vita”, Sessione salute, Centro Studi CISL Firenze, 2015

Cerrina Feroni S.: “Vite-lavori associate come nuovo koinos e welfare di community competenti” in V Giornata di studio in Geografia Economico-politica “Oltre la globalizzazione -Commons/Comune” Sessione “Beni comuni, economie (alternative) e capitalismi”, Facoltà di Economia e Dipartimento MEMOTEF, Università degli Studi La Sapienza, Roma, 2015

In uscita:

Cerrina Feroni S: “Oltre il commoning, il dono? Officine di Longlife Learning a «trazione buona cum-vivenza” convegno Vulnerability anf Gift, in economics and business, an interdisciplinary conference, Heirs, UI Sophia, Spes Europe, Grace Loppiano, Aprile 2016