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Laura Ricci -Il filo di Eloisa Associazione culturale Eloisa Manciati - www.ilfilodieloisa.it Emily Dickinson, Cristina Campo, Marina Cvetaeva, Antonia Pozzi, Paola Febbraro, Amelia Rosselli Le imperdonabili, o dell'eccentrica e talentuosa virtù 1 Come avviene fin dalla sua costituzione (marzo 2007), anche per questo anno scolastico 2012-2013 “Il filo di Eloisa - Associazione culturale Eloisa Manciati” intende offrire alle scuole una proposta laboratoriale di lavoro che stimoli l’attenzione di allieve e allievi verso il pensiero e la produzione culturale delle donne. Si tratta di una proposta di riflessione e di lettura guidata intorno a un gruppo di poete e pensatrici vissute tra Ottocento e Novecento: Emily Dickinson, Cristina Campo, Marina Cvetaeva, Antonia Pozzi, Paola Febbraro e Amelia Rosselli. L’appellativo che abbiamo individuato per definirle, come fil rouge della nostra scelta, è le imperdonabili”. L’espressione, ispirata dal titolo di un libro di Cristina Campo, “Gli imperdonabili”, è diventata a sua volta il titolo di una serie di saggi che la filosofa Laura Boella ha dedicato a quattro pensatrici (Etty Hillesum, Cristina Campo, Ingborg Bachmann, Marina Cvetaeva) così definendole e, al tempo stesso, facendo dell'imperdonabile una modalità esistenziale e di pensiero che caratterizza un certo tipo di eccezionalità e che diventa cifra, in particolare, dell'esistenza di molte scrittrici e pensatrici. mercoledì 6 marzo 13

Le imperdonabili: Emily Dickinson - Cristina Campo

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Un secolo di distanza tra l'immensa Emily Dickinson e la poeta e traduttrice Cristina Campo. In comune, oltre ai versi dickinsoniani che Cristina tradusse, l'orrore dell'esibizione e del clamore, il valore del silenzio, la rigorosa tensione all'essenziale e all'assoluto. E l'aver attraversato e sperimentato comunque e profondamente, pur nella condizione di voluto scarto dal narcisismo esistenziale e dal chiasso della contemporaneità, la storia del proprio tempo, relazioni significative, una vasta e potente gamma di situazioni, sentimenti, sconvolgimenti. L'imperdonabile, in loro, è purezza e assolutezza, è colloquio mistico con l'altro da sé che prescinde da assestamenti al ribasso e da quotidiane mediazioni.

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Emily Dickinson, Cristina Campo, Marina Cvetaeva, Antonia Pozzi, Paola Febbraro, Amelia Rosselli

Le imperdonabili, o dell'eccentrica e talentuosa virtù

1

Come avviene fin dalla sua costituzione (marzo 2007), anche per questo anno scolastico 2012-2013 “Il filo di Eloisa - Associazione culturale Eloisa Manciati” intende offrire alle scuole una proposta laboratoriale di lavoro che stimoli l’attenzione di allieve e allievi verso il pensiero e la produzione culturale delle donne.

Si tratta di una proposta di riflessione e di lettura guidata intorno a un gruppo di poete e pensatrici vissute tra Ottocento e Novecento: Emily Dickinson, Cristina Campo, Marina Cvetaeva, Antonia Pozzi, Paola Febbraro e Amelia Rosselli.

L’appellativo che abbiamo individuato per definirle, come fil rouge della nostra scelta, è “le imperdonabili”. L’espressione, ispirata dal titolo di un libro di Cristina Campo, “Gli imperdonabili”, è diventata a sua volta il titolo di una serie di saggi che la filosofa Laura Boella ha dedicato a quattro pensatrici (Etty Hillesum, Cristina Campo, Ingborg Bachmann, Marina Cvetaeva) così definendole e, al tempo stesso, facendo dell'imperdonabile una modalità esistenziale e di pensiero che caratterizza un certo tipo di eccezionalità e che diventa cifra, in particolare, dell'esistenza di molte scrittrici e pensatrici.

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Come spiega Laura Boella, “perfezione”, o almeno l'aspirazione ad essa, è la parola chiave dell’imperdonabile, animata da una forte tensione a virtù legate alla verità, alla bellezza, all’aristocrazia, all’assolutezza: silenzio, attesa, capacità di durare, grazia, leggerezza, sensi fini, ironia, chiarezza, sottigliezza, impassibilità.

Virtù che raramente trovano riconoscimento nel mondo e tanto meno tra i contemporanei. Per questo l’imperdonabile viene spesso a trovarsi avanti o indietro rispetto al proprio tempo, in ogni caso in posizione eccentrica, senza legami con saperi costituiti o ideologie.

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Emily Dickinson Amherst (US), 10 dicembre1830

Amherst, 15 maggio 1886

Cristina CampoBologna, 29 aprile 1923 Roma, 11 gennaio 1977

Marina Cvetaeva Mosca, 8 ottobre 1892

Elabuga, 31 agosto 1941

Antonia PozziMilano, 13 febbraio 1912 Milano, 3 dicembre 1938

Paola FebbraroMarsciano, 9 gennaio1956

Roma 22 maggio 2008

Amelia RosselliParigi, 28 marzo 1930

Roma, 11 febbraio 1996

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Altra caratteristica dell’imperdonabile è “lo sforzo a farsi voce”, che si esprime sì nell'assolutezza della creazione poetica, ma anche in una scrittura più informale che, nella tensione a una creatività autonoma e originale, frequenta diversi generi:

dal diario alla lettera, dal saggio alla traduzione, all'annotazione.

Generi che anche le scrittrici da noi scelte frequentarono assiduamente, lasciando tracce preziose per ricostruire il loro pensiero e le loro esemplari biografie.

E ancora il “farsi campo”, inteso come disposizione aperta dell'animo e come tendenza all'ospitalità: di persone, animali, cose, pensieri, emozioni proprie e altrui;

o come la necessità di accogliere, comprendere e travalicare gli avvenimenti storici - a volte catastrofici - del proprio tempo, nell’aspirazione a compiere una metamorfosi di senso attraverso la relazione delle diverse esperienze tra loro, e di loro tutte con il mistero dell’essenziale.

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Un secolo di distanza tra l'immensa Emily Dickinson e la poeta e traduttrice Cristina Campo. In comune, oltre ai versi dickinsoniani che Cristina tradusse, l'orrore dell'esibizione e del clamore, il valore del silenzio, la rigorosa tensione all'essenziale e all'assoluto. E l'aver attraversato e sperimentato comunque e profondamente, pur nella condizione di voluto scarto dal narcisismo esistenziale e dal chiasso della contemporaneità, la storia del proprio tempo, relazioni significative, una vasta e potente gamma di situazioni, sentimenti, sconvolgimenti. L'imperdonabile, in loro, è purezza e assolutezza, è colloquio mistico con l'altro da sé che prescinde da assestamenti al ribasso e da quotidiane mediazioni.

Emily Dickinson1830 - 1886

Cristina Campo1923 - 1977

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Ho un fratello e una sorella. A mia madre non interessa la mente. Mio padre è troppo impegnato con le difese giudiziarie per accorgersi di cosa facciamo. Mi compra molti libri ma mi prega di non leggerli perché ha paura che scuotano la mente. Sono religiosi - eccetto me - e tutte le mattine si rivolgono a un’eclisse che chiamano “Padre”.

Emily Elizabeth DickinsonFoto scattata fra il 1846 e il 1847

1830 - 1886

Edward Dickinson Austin Dickinson

Lavinia DickinsonEmily Norcross

Susan Gilbert

Mabel Loomis Todd

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La separazione dal mondo

In questa posizione potevo afferrare la mentache non smetteva mai di cadere -E poi il cestino -Fammi pensare – sono sicuraquesto era tutto -

Non parlavo mai – se non quando mi si rivolgeva la parola -E in quei casi, poche parole a bassa voce -Non sopportavo di vivere – ad alta voce -mi vergognavo talmente del chiasso -

E se non fosse stato che era così lontano -e che tutti quelli che conoscevoci andavano – avevo spesso pensatocon quanta discrezione – sarei potuta morire.

486. 1862

In casa ero la più piccina -Mi ero scelta la stanza più piccola -Di notte, la lampada, il libro -e un geranio -

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La separazione dal mondo ?

Amherst, Massachusetts, Homestead

Charles WadsworthAlcuni dicono che

quando è dettala parola muore.Io dico invece che

proprio quel giornocomincia a vivere

Elizabeth e Josiah Holland

Thomas Wentworth Higginson

Otis Lord

Samuel Bowles

Questa è la mia lettera al mondoche non ha mai scritto a me -le semplici cose che la natura ha detto - con tenera maestà.

 Il suo messaggio è affidatoa mani che non posso vedere -

per amore di lei - amici miei dolci -con tenerezza giudicate - me.

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Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo (1923-1977), nasce a Bologna e vi trascorre un’infanzia solitaria e appartata, a causa di una debolezza cardiaca presto manifesta e che provocherà infine, a soli cinquantaquattro anni, la sua morte.

Dall’ambiente familiare agiato e colto in entrambi i rami (il padre, musicista e compositore, è direttore del Conservatorio musicale di Bologna, il fratello della madre, della famiglia Putti, primario di ortopedia all’ospedale di San Michele in Bosco) riceve un’eccellente educazione, nella quale si radicano i valori-chiave della sua futura opera di saggista, poetessa e traduttrice: forma, stile, bellezza, perfezione, sprezzatura.

Il giardino come spazio di riflessione, lettura e fantasticheria emerge presto nella sua esperienza biografica, essendo il giardino della villa dello zio Putti a San Michele in Bosco, il luogo dove la Campo trascorre - sotto controllo medico - le lunghe estati della sua pressoché continua convalescenza.

La separazione dal mondo

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Con l’apporto della fiaba, genere letterario a lungo prediletto, il giardino si converte quindi a tema letterario, luogo di sortilegi, di metamorfosi e di magici incontri in cui le scene della vita quotidiana e domestica si trasfigurano e si mutano in emozionanti avventure («Acqua fluiva, mentre io leggevo sotto le finestre della nostra cucina, in luogo dell’aiuola di zinnie, della siepe di spiree … E in quei mattini d’estate abbacinati di sole liquido, trapunti dal clic delle cesoie di Riccardo tra i bossi, dal fresco zampettio dei cani sulla ghiaia, dal tubare dorato delle tortorelle sul cedro, una voce che mi chiamasse da una porta-finestra aperta improvvisamente mi faceva trasalire…», La noce d’oro, in Campo 1998, p. 226)

(Qualcuno avrà notato con quale ipnotica lentezza battano le ciglia di un bambino che ascolta un vecchio rievocare (…)egli sta crescendo in quegli attimi; sta bevendo con voluttà e tremore alla fontana della memoria: l’ acqua fulgida e cupa da cui ha vita la percezione sottile. Gli imperdonabili, pag.14)

La fiaba come cifra del saper sapienziale dell’ infanzia

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Solitudine e vuoto

C’è una solitudine dello spazio,Una del mare,Una della morte, ma questeCompagnia sarannoIn confronto a quel più profondo puntoQuell’isolamento polare di un’anima Ammessa alla presenza di se stessaInfinito finito.

1695, non datata

Meccanici piedi ho spintodi vuoto in vuoto -lungo una strada sconnessa -per fermarmi: morire: avanzare -indifferentemente.

Se ho raggiunto una meta,essa termina oltre,vaga e appena intravista,Ho chiuso gli occhi - e anche annaspato.Meglio, la cecità.

761, 1863

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Cristina traduce la Dickinson, Mörike, Hofmannsthal e la Mansfield.Scrive la sua prima poesia e matura l’esigenza di ampi confronti culturali. Sono anni di studio molto intenso condizionato alternativamente dallo stato di salute.

La solitudine

1943: la guerra impone il riparo dei Guerrini a Fiesole. Morte tragica e sconvolgente di Anna Cavalletti e di sua madre, sotto i bombardamenti di Firenze. Cristina traduce numerosi grandi poeti.

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Ora non resta che vegliare sola

Ora non resta che vegliare solacol salmista, coi vecchi di Colono;il mento in mano alla tavola nudavegliare sola: come da bambinacol califfo e il visir per le vie di Bassora.Non resta che protendere la manotutta quanta la notte; e divezzarel'attesa dalla sua consolazione,seno antico che non ha più latte.Vivere finalmente quelle vie- dedalo di falò, spezie, sospirida manti di smeraldo ventilato -col mendicante livido, acquattatotra gli orli di una ferita.

Cristina Campo

Apparsa su “Paragone” febbraio 1965

La solitudine

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Il dolore per la morte tragica dell’amica e poeta la segnerà e rimane nella trama della sua scrittura, ritorna nell’ indicibile senso di perdita che, anni più tardi, già trasferita a Roma, la toccherà con la perdita di entrambi i genitori.

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L’esperienza della catastrofe

La tigre assenza

pro patre et matre

Ahi che la Tigre,la Tigre Assenza,

o amati,ha tutto divorato

di questo volto rivoltoa voi! La bocca sola

puraprega ancora

voi: di pregare ancoraperché la Tigre,

la Tigre Assenza,o amati,

non divori la boccae la preghiera...

Poesia pubblicata su “Conoscenza Religiosa” Num.3 Luglio/Settembre 1969 scritta da Cristina Campo in memoria dei suoi genitori scomparsi tra la fine del 1964 e il mese di Giugno 1965

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La catastrofe

Ma lei rispose che le corde erano saltate -l’archetto - polvere di atomi -Così a ripararla mi ci vollefino alla mattina del giorno seguente -

E poi - un giorno immenso,come due ieri,riversò il suo orrore sul mio volto -fino a bloccarmi lo sguardo -

La mente prese a ridere -Parlavo a vanvera - come un folle -E sono anni ormai, ma da quel giorno -La mente mia ridacchia, come una piccola sciocca.

Qualcosa di strano - dentro -Quella che ero - e quella che sono, adesso - due cose divise -potrebbe questa essere - Pazzia?

410, 1862

Venne la notte di quel primo giorno -e grata di avertanto - sopportato -all’anima chiesi di cantare -

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Non era la Morte, perché stavo in piedi,mentre i Morti, tutti, stanno distesi -Non era la Notte, perché le Campanea distesa suonavano il MezzogiornoNon era il Gelo, ché sulla Carnesentivo lo Scirocco - strisciare -Non era il Fuoco - ché i miei piedi di marmoun altare avrebbero ghiacciato -Eppure il sapore era quello,e le forme composte,che ho visto pronte alla Sepoltura,mi ricordavano - la mia -Era come se la mia vita fosse stata piallata e forzata in una struttura,come se la chiave mancasse e con essa il respiro,come a Mezzanotte, a volte -

quando il ticchettio del mondo s’arresta -e lo Spazio fissa le cose d'intorno -e i morsi del Gelo, i primi mattini d’Autunnoattanagliano il respiro del Suolo -Ma, più di tutto era il Caos - freddo - perenne -senza un appiglio, un albero di nave,o almeno un Segnale di Terra -a giustifica della - Disperazione.

510, 1862

La catastrofe

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Decantare e lasciare accadere la bellezza

Dopo un grande dolore, i sensi solenni s’atteggiano -Come tombe i nervi siedono cerimoniosi -il cuore, irrigidito, si chiede: fui io a sopportaree fu ieri, o secoli addietro?

Una sensazione solenne sentire -Nel fondo, l’anima che poco per volta maturaMentre pende dorata - e la scaladel Creatore poggiata lassù -e sotto, lontano nel fruttetosenti una creatura cadere -

Una sensazione stupenda sentireil Sole che ancora s’adopra intornoalla guancia, la tua che credevi compiuta -Mentre lo sguardo - critico e freddo -sposta un poco - il picciuolo -Per controllarti - nel centro profondo -

Ma sensazione ancora più solenne – sapereche l’occasione della tua vendemmiasi fa un poco più vicina - Ogni soleè l’unico - per certe vite.

483, 1862

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La bellezza, la scrittura come malattia e cura

“In un epoca di progresso puramente orizzontale… il solo atteggiamento non frivolo appare quello del cinese che, nella fila che lo conduceva alla ghigliottina) leggeva un libro. (…) Il cinese che legge, in ogni modo, mostra sapienza e amore per la vita”, Gli imperdonabili pag.73

Passione per la perfezione, passione della bellezza come capacità di vedere con i sensi sottili, di cogliere lo straordinario nelle cose (ancora il filo conduttore della fiaba!) ( canzoncina) ma anche come tremendo retaggio.

Chi sono gli imperdonabili?

Venite mie canzoni, parliamo di perfezioneCi renderemo passabilmente odiosi

Ezra Pound

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Canzoncina interrotta

Laggiù di primo ottobrela marea delle foglie

all'angelica nottegià tratteneva il piede.

Non vedute cadevano(là tutto era furtivo),lento frusciava runeal plenilunio un fico.

Sfilava dal tuo sognoun micio le sue cabale,veranda incomparabile,dolce Capodimondo.

Solo la veementemia ora laceravasul cancello le rose ...E riversa una statua

forse mordeva - al turbinedi quel volo - l'autunno,origliere di muschio…

Passione per la perfezione, passione della bellezza come capacità di vedere con i sensi sottili, di cogliere lo straordinario nelle cose (ancora il filo conduttore della

fiaba!) ma anche come tremendo retaggio.

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Il rapporto eccentrico con il mondo

Fammi un quadro del sole -Che l'appenda in stanza -e possa fingere di scaldarmimentre gli altri lo chiamano "Giorno"!

Disegnami un pettirosso - su un ramo -Che io l'ascolti, sarà il sogno,e quando nei frutteti la melodia tacerà -che io deponga - questa mia finzione -

Dimmi se è proprio caldo - a mezzogiorno -se siano i ranuncoli - che "si librano" -o le farfalle - che "fioriscono".Poi - evita - il gelo - che si stende sui campi -e il colore della ruggine - che si posa sugli alberi -Fingiamo che quelli, ruggine e gelo - non arrivino mai!

188, 1860

Molta follia è saggezza divina -per chi è in grado di capire -Molta saggezza - pura follia -Ma è la maggioranzain questo, in tutto, che prevale -Conformati: sarai sano di mente -Obietta: sarai pazzo da legare - immediatamente pericoloso e presto incatenato.

435, 1862

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La tessitura degli epistolari - Le lettere a Mita

Le ho già detto che posso accettare il suo silenzio. Comprenderlo mi è più difficile. Io le scrivevo dal fondo del Mar Morto, del deserto Nitrico, del nero Tartaro. Parlavo di non so cosa ma parlavo.) Non le chiedo di parlarmi di sé: le chiedo di non perdere la voce (cioè il senso preciso delle cose e que le centre est ailleurs. pag 71

Gli epistolari sono, se possibile, i testi più interessanti di una scrittrice che di sé dice. “Ha scritto poco e vorrebbe aver scritto ancor meno”. Rifuggendo dalla compagnia non gradita, nel suo fervido isolamento, C. entra in relazione con il mondo attraverso figure intense ed emblematiche della cultura e si prende cura del mondo, aiutando con incredibile generosità amici o sconosciuti in difficoltà. Per molti di questi resta il dono ulteriore delle sue lettere.

“io sono Caia, che vuole stare solo in casa a filare la lana –o le parole” (Lettere a un amico lontano)

Il rapporto eccentrico con il mondo

Due mondi: e io vengo da un altro

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La sprezzatura è un atteggiamento morale perduto al giorno d’oggi, un “ritmo morale”, la musica di una grazia interiore; è lo “spreco delicato, più necessario dell’utile”.

È il gesto d’amore purificato di ogni sentimentalismo, è la condanna di ogni estasi e commozione a buon mercato. È la perfezione ironica del cinese che in fila per morire, presta attenzione alla libro. (Boella)

..e indubbiamente i santi avventurieri, i lucenti eroi di fiaba che con lieve cuore, con lievi mani gettarono via la vita nell’ Immutabile, erano tagliati di quella stoffa Gli imperdonabili, pag 108

La sprezzatura

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La sprezzatura

Io non sono Nessuno! Tu chi sei?Anche tu - sei - Nessuno?Bene allora siamo in due!Non dirlo! - ci caccerebbero - lo sai!

Che orrore - essere - Qualcuno!Che volgarità- come una Rana -Che ripete il suo nome - tutto il mese di giugno - A un Pantano che la sta ad ammirare!

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Ogni vita converge verso un centro -Espresso - o silenzioso -

Nella natura umana di ognuno esisteun fine -

Appena confessato a se stessotroppo dolce

perchè la fede osiarrischiare -

Con grande cautela adorato - come un cielodi fragile vetro

irraggiungibile come irraggiungibiledalla mano il manto dell'arcobaleno -

E tuttavia con ostinazione inseguitopiù certo - per la lontananza

e alto - come per la diligenza lenta dei Santi -

il cielo -

Mai raggiunto - è possibile - dalla scarsaavventurosità di una vita -

Ma è proprio allorache l'eternità concede di provare -

ancora.

680, 1863

Il rigore

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Lo spreco delicato più necessario dell’utile

Al sicuro, in stanze d'alabastro -inviolati dal mattinoe dal meriggio -Dormono i miti membri della Resurrezione -Trave di raso,tetto di pietra.

Sopra di loro, leggeraride nel suo castello la brezza,mormora l'ape in orecchi ottusi,zufolano a ritmo gli uccelli ignari -Quanta accortezza sprecata qui!

Sopra di loro, nel primo quarto di lunapassano maestosi gli anni - mondiscavano archi - firmamenti scivolanosulle acque distese - diademi cadonoe dogi s'arrendono - senza fare rumore -Come punti su un disco di neve.

216, 1859 - 61

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L’Attenzione

Ispirata da Simone Weil, filosofa che amerà, studierà e di cui tradurrà alcuni testi, C. fa dell’ attenzione - che significa amore distillato nell’Impersonale, sparizione del turbamento interiore, sprezzatura nell’accostamento ai momenti estremi dell’ esperienza, senza le scorie dell’ immaginazione - “la mediazione con i divini incontri che pure popolarono la sua vita” ( Boella).

Alla fine della sua breve vita, C. sembra aver perduto tutto ma di tutto ha fatto, in senso letterale, esercizio continuo di attenzione e di perfezione, che le fa scrivere: eppure amo il mio tempo, perché è il tempo in cui tutto vien meno ed è forse, proprio per questo, il tempo della fiaba (…) il tempo della bellezza in fuga, della grazie e del mistero sul punto di scomparire come le apparizioni e i segni arcani della fiaba. Tutto ciò cui certi uomini non rinunciano mai, che tanto più li appassiona quanto più sembra perduto e dimenticato. Tutto ciò che si parte per ritrovare, sia pure a rischio della vita, come la rosa di Belinda in pieno inverno Gli imp.pag 151

Devota come un ramo

Devota come un ramocurvato da molte neviallegra come falòper colline d'oblio,su acutissime laminein bianca maglia di ortiche,ti insegnerò, mia anima,questo passo d'addio...

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Le imperdonabili, o dell'eccentrica e talentuosa virtù

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Il silenzio e l’attenzione ai piccol gesti, alle piccole cose

Ecco chi fu un Poeta -Chi distilla la sorpresa di un sensoda significati ordinari -Ed estrae essenza infinitaDa specie familiariChe si estinsero alla nostra Porta -...

448, 1862

Lego il cappello - piego lo Scialle -Con cura - mi impegno in piccole faccende -Come se - per me - le più insignificantiFossero infinite...

443, 1862

Io canto per consumare l’attesa -Allacciare la cuffia,chiudere la porta di casa,non mi resta nient’altro da fare,

fin quando, all’avvicinarsi del passo finaleviaggeremo verso il Giornoraccontandoci di come abbiamo cantatoper tenere lontana la Notte.

850, 1864

Io abito la Possibilità -Una Casa più bella della prosa -più ricca di Finestre -superbe - le sue porte -...

La visitano ospiti squisiti -La mia sola occupazione -spalancare le mani sottiliper accogliervi il Paradiso -

657, 1862

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Fiorire - è il fine -  chi passa un fiorecon uno sguardo distrattostenterà a sospettarele minime circostanzecoinvolte in quel luminosofenomenocostruito in modo così intricatopoi offerto come una farfallaal mezzogiorno -

Colmare il bocciolo - combattere il vermeottenere quanta rugiada gli spetta -regolare il calore - eludere il vento-sfuggire all'ape ladruncolanon deludere la natura grandeche l'attende proprio quel giorno -essere un fiore, è profondaresponsabilità -

1058, 1865 ca

Il nostrosaluto

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Emily Dickinson - Bibliografia

Scritti di Emily Dickinson e su Emily Dickinson

Poesie, a cura di Margherita Guidacci, Firenze, Cya, 1947. Poesie e Lettere, a cura di Margherita Guidacci, Firenze, Sansoni, 1961 (rist. 1993). Poesie, trad. di Barbara Lanati, introd. di Rossana Rossanda, Roma, Savelli, 1977. Lettere, a cura di Barbara Lanati, Torino, Einaudi, 1982. Silenzi, a cura di Barbara Lanati, Milano, Feltrinelli, 1986. Emily Dickinson, Geometrie dell'Estasi, a cura di Silvio Raffo, Milano, Crocetti, 1988. Le più belle poesie di Emily Dickinson - a cura di Silvio Raffo, Milano, Crocetti, 1993. Tutte le poesie, a cura di Marisa Bulgheroni, Milano, Meridiani Mondadori, 1997 (trad. di Silvio

Raffo, 1174 poesie; Margherita Guidacci, 392 poesie; Massimo Bacigalupo, 185 poesie; Nadia Campana, 27 poesie; con traduzioni d'autore di Cristina Campo, Eugenio Montale, Giovanni Giudici, Mario Luzi, Amelia Rosselli, Annalisa Cima).

L'alfabeto dell'estasi (Vita di Emily Dickinson) di Barbara Lanati, Milano, Feltrinelli, 1999. Nei sobborghi di un segreto (Vita di Emily Dickinson) - di Marisa Bulgheroni, Milano, Mondadori,

2001. Sillabe di seta, trad., introd. e note di Barbara Lanati, Milano, Feltrinelli, 2004Emily e le altre di Gabriella Sica, Roma Banda Larga, 2010

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Scritti di Cristina CampoGli imperdonabili, a cura di Margherita Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 1987 (raccoglie i saggi già comparsi in Fiaba e mistero, Firenze, Vallecchi, 1962 e in Il flauto e il tappeto, Milano, Rusconi, 1971). Lettere a un amico lontano, Milano, Scheiwiller, 1989, 19982. La tigre assenza, a cura di Margherita Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 1991. Sotto falso nome, a cura di Monica Farnetti, Milano, Adelphi, 1998.

Su Cristina CampoMario Luzi, La creazione poetica (soprattutto il paragrafo L’incanto dello scriba), in Vicissitudine e forma, Milano, Rizzoli, 1974. Piero Citati, Il viso di Cristina Campo, in Ritratti di donne, Milano, Rizzoli, 1992, pp. 287-290. Alessandro Spina, Conversazione in piazza Sant’Anselmo. Per un ritratto di Cristina Campo, Milano, Scheiwiller, 1993. Margherita Pieracci Harwell, Un cristiano senza chiesa, Roma, Studium, 1995. Monica Farnetti, Cristina Campo, Ferrara, Tufani, 1996. Per Cristina Campo. Atti delle giornate di studio su Cristina Campo, a cura di Monica Farnetti e Giovanna Fozzer, Milano, Scheiwiller, All’insegna del pesce d’oro, 1998.

Cristina Campo - Bibliografia

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