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Le crisi d’impresa e l’instancabile Legislatore: la recente riforma e il nuovo progetto di legge Rordorf La materia fallimentare è forse quella che, nell’ultimo decennio, ha più solleticato la bulimia normopoietica del Legislatore: una prima corposa riforma nel 2006 e una serie di ritocchi nel corso degli anni - di cui l’ultimo con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83 (il “Decreto Giustizia”, convertito con L. 6 agosto 2015, n. 132) - tutti accomunati da un’asserita “urgenza” e consistenti essenzialmente nel recepire alla meglio le istanze della prassi. Un vero e completo riassetto organico, tuttavia, non vi è mai stato e di ciò si è recentemente fatto carico il dott. Rordorf, uno dei più noti giuristi operanti nel settore, il quale ha prestato il proprio nome a un progetto di legge - intitolato «delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza») - approvato e presentato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 febbraio 2016 (il “DDL Rordorf”). Con il DDL Rordorf, il Governo chiede una delega mirata a rivedere dalle fondamenta la materia fallimentare, con il duplice scopo di ‘rimettere ordine’ rispetto alle molteplici riforme susseguitesi negli anni e uniformare sempre più la legislazione italiana a quella degli altri Stati membri dell’Unione Europea. E così, nel solco già tracciato dal Decreto Giustizia, il DDL Rordorf si propone, da un lato, di potenziare ulteriormente i due principali strumenti per la risoluzione della crisi alternativi al fallimento (concordato preventivo e accordi di ristrutturazione), rendendoli fruibili esclusivamente per quelle situazioni in cui vi sono buone chances di preservare la continuità aziendale; e, dall’altro lato, di spingere verso il fallimento (da ribattezzare ‘liquidazione giudiziale’, onde eliminare una volta per tutte lo stigma che il vocabolo reca con sé) tutti quegli imprenditori la cui crisi sia essenzialmente irreversibile. Ancora, con il DDL Rordorf il Governo si propone di implementare strumenti che consentano una precoce emersione della crisi d’impresa, di modo da rendere tempestivo ed efficace il ricorso al nuovo concordato in continuità. Ora, con questo alert intendiamo tracciare una panoramica sia della recente riforma oggetto del Decreto Giustizia, sia dei punti cardine che guideranno il Legislatore nell’implementazione del DDL Rordorf. 1. Il Decreto Giustizia Con il Decreto Giustizia, il Legislatore ha avuto come mira principale quella di migliorare ulteriormente gli strumenti di risoluzione della crisi d’impresa, recependo una serie di istanze della prassi. Di seguito una breve rassegna delle principali novità. 1.1. I Finanziamenti alle imprese in crisi (a) Finanza interinale Marzo 2016 Autori: Andrea Pinto Partner +39.023030291 +39.3316708403 [email protected] Andrea Campana Senior Associate +39.023030291 [email protected]

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Le crisi d’impresa e l’instancabile Legislatore: la recente riforma e il nuovo progetto di legge Rordorf

La materia fallimentare è forse quella che, nell’ultimo decennio, ha più solleticato la bulimia normopoietica del Legislatore: una prima corposa riforma nel 2006 e una serie di ritocchi nel corso degli anni - di cui l’ultimo con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83 (il “Decreto Giustizia”, convertito con L. 6 agosto 2015, n. 132) - tutti accomunati da un’asserita “urgenza” e consistenti essenzialmente nel recepire alla meglio le istanze della prassi.

Un vero e completo riassetto organico, tuttavia, non vi è mai stato e di ciò si è recentemente fatto carico il dott. Rordorf, uno dei più noti giuristi operanti nel settore, il quale ha prestato il proprio nome a un progetto di legge - intitolato «delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza») - approvato e presentato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 febbraio 2016 (il “DDL Rordorf”).

Con il DDL Rordorf, il Governo chiede una delega mirata a rivedere dalle fondamenta la materia fallimentare, con il duplice scopo di ‘rimettere ordine’ rispetto alle molteplici riforme susseguitesi negli anni e uniformare sempre più la legislazione italiana a quella degli altri Stati membri dell’Unione Europea.

E così, nel solco già tracciato dal Decreto Giustizia, il DDL Rordorf si propone, da un lato, di potenziare ulteriormente i due principali strumenti per la risoluzione della crisi alternativi al fallimento (concordato preventivo e accordi di ristrutturazione), rendendoli fruibili esclusivamente per quelle situazioni in cui vi sono buone chances di preservare la continuità aziendale; e, dall’altro lato, di spingere verso il fallimento (da ribattezzare ‘liquidazione giudiziale’, onde eliminare una volta per tutte lo stigma che il vocabolo reca con sé) tutti quegli imprenditori la cui crisi sia essenzialmente irreversibile. Ancora, con il DDL Rordorf il Governo si propone di implementare strumenti che consentano una precoce emersione della crisi d’impresa, di modo da rendere tempestivo ed efficace il ricorso al nuovo concordato in continuità.

Ora, con questo alert intendiamo tracciare una panoramica sia della recente riforma oggetto del Decreto Giustizia, sia dei punti cardine che guideranno il Legislatore nell’implementazione del DDL Rordorf.

1. Il Decreto Giustizia Con il Decreto Giustizia, il Legislatore ha avuto come mira principale quella di migliorare ulteriormente gli strumenti di risoluzione della crisi d’impresa, recependo una serie di istanze della prassi. Di seguito una breve rassegna delle principali novità.

1.1. I Finanziamenti alle imprese in crisi

(a) Finanza interinale

Marzo 2016

Autori: Andrea Pinto Partner +39.023030291

+39.3316708403

[email protected]

Andrea Campana Senior Associate +39.023030291

[email protected]

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Le prime interessati modifiche del Decreto Giustizia riguardano la finanza interinale. Ora l’art. 182 quinquies, comma 1, Legge Fall. (come modificato) prevede che la finanza interinale prededucibile possa essere richiesta dalle imprese che optano per l’accesso a un concordato ‘in bianco’ e da quelle che chiedono l’omologa di un accordo di ristrutturazione (sia con, sia senza l’anticipazione degli effetti protettivi di cui all’art. 182 bis, comma 6, Legge Fall.) anche prima del deposito del piano e degli altri documenti richiesti dalla legge per accedere alla procedura.

Inoltre, l’art. 182 quinquies, comma 3, Legge Fall. (aggiunto ex novo dal Decreto Giustizia) prevede che, ove la suddetta finanza interinale sia ‘urgente’ - cioè (i) funzionale a urgenti necessità relative al business, (ii) non reperibile altrimenti e (iii) senza la quale l’impresa subirebbe un danno imminente e irreparabile - essa possa essere richiesta anche senza dover ricorrere all’attestazione di un professionista che confermi la funzionalità della stessa al miglior interesse dei creditori; il tutto mediante un semplice ricorso al giudice (che dovrà decidere entro 10 giorni) e anche con riferimento alla possibilità di continuare ad utilizzare linee di credito autoliquidanti già concesse.

(b) Garanzia dei versamenti Il Decreto Giustizia, inoltre, ha introdotto la possibilità per il debitore di chiedere al Tribunale di essere autorizzato, a garanzia dei finanziamenti concessi, anche alla cessione dei propri crediti (art. 182 quinquies, comma 4, Legge Fall., come modificato dal Decreto Giustizia), in aggiunta alla concessione di pegni e ipoteche sui propri beni.

1.2. Modifiche alla procedura di concordato preventivo

(a) Stop all’abuso dell’istituto in danno dei creditori chirografari Troppo spesso l’imprenditore in crisi proponeva ai creditori chirografari una falcidia estremamente penalizzante quasi pari, se non identica, a quella che sarebbe conseguita al fallimento e riusciva ciò nonostante a ottenere l’omologazione della proposta concordataria grazie al fatto che, in sede di voto su quest’ultima, il silenzio dei suddetti creditori (spesso troppo piccoli e parcellizzati per essere fattivamente interessati all’espressione del voto) era equiparato ad assenso e contribuiva al raggiungimento della maggioranza necessaria all’approvazione.

Ora, però, l’art. 160, comma 4, Legge Fall. (come modificato dal Decreto Giustizia) prevede che - salvo il caso di proposte di concordato con assuntore (c.d. ‘miste’), e quindi, sia in caso di concordato in continuità, sia in caso di concordato esclusivamente liquidatorio - una proposta concordataria sia ammissibile solo ove assicuri il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei debiti chirografari. Inoltre, l’art. 178, comma 4, Legge Fall. è stato modificato nel senso di eliminare la parte in cui si prevedeva che i non votanti fossero considerati consenzienti, sicché ora i creditori ‘silenziosi’ non concorrono più alla formazione della maggioranza per l’omologa.

Tali misure dovrebbero far sì che i debitori cessino di ricorrere alla procedura di concordato preventivo in qualsiasi situazione, solo al fine di prolungare l’agonia dell’impresa e di riacquistare l’azienda sociale a prezzi ‘stracciati’ in danno dei creditori chirografari.

(b) Le offerte concorrenti

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Altra modifica di rilievo è rappresentata dall’introduzione di una procedura competitiva (oggetto dell’art. 163 bis Legge Fall., introdotto dal Decreto Giustizia), in relazione ai piani concordatari che prevedano un’offerta da parte di un soggetto già individuato, consistente nel trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni (c.d. ‘concordato chiuso’).

In tali casi, il tribunale dispone l’apertura di una gara attraverso cui raccogliere offerte concorrenti di altri soggetti interessati all’acquisto, con lo scopo di ottenere un ricavo maggiore. Tale modifica è finalizzata a far sì che, creando competizione rispetto all’acquisto dell’azienda del debitore, sia possibile recuperare più risorse finanziarie da mettere a disposizione dei creditori (onde ridurre al massimo, per quanto possibile, la falcidia concordataria).

In questo frangente, creditori e terzi hanno diritto di ottenere le informazioni utili per la presentazione di offerte concorrenti; offerte che, inizialmente tenute segrete, non possono essere sottoposte a condizioni e sono efficaci solo se conformi a quanto previsto dal decreto di apertura del procedimento. In caso di presentazione di più offerte migliorative, il giudice lancia un’asta.

(c) Le proposte concorrenti Sempre nell’ottica di ridurre la falcidia concordataria e aumentare la percentuale di soddisfazione dei creditori, è stata introdotta la possibilità di presentare proposte di concordato preventivo migliorative rispetto a quella formulata dal debitore (artt. 163 e 165 Legge Fall., come modificati dal Decreto Giustizia) per uno o più creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti.

Tali proposte di concordato (denominate ‘concorrenti’) non sono formulabili quando il debitore si proponga di assicurare il pagamento di meno del 40% dell’ammontare dei crediti chirografari in caso di concordato liquidatorio o di meno del 30% dell’ammontare dei crediti chirografari in caso di concordato in continuità.

Le proposte concorrenti possono essere presentate da uno o più creditori che, anche per effetto dell’acquisto di credito successivo alla presentazione della domanda di concordato, rappresentino almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore. Al fine del computo del 10% non si considerano i crediti della società che il debitore, delle società da queste controllate e di quelle sottoposte a comune controllo, di modo da evitare che il debitore influenzi a proprio vantaggio la situazione patrimoniale e cerchi di prevenire la presentazione di proposte concorrenti.

Le proposte concorrenti possono prevedere: (i) l’intervento di terzi; oppure (ii) un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione (se il debitore ha la forma di SpA o di Srl).

1.3. L’accordo di ristrutturazione con gli intermediari e la normazione degli accordi di moratoria e standstill

(a) L’accordo di ristrutturazione con gli intermediari finanziari È noto come nella pratica il più delle volte gli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis Legge Fall. siano negoziati dai debitori esclusivamente (o quasi) con il ceto bancario;

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ed è anche noto come in questi casi spesso il mancato raggiungimento di un accordo dipenda dalla posizione oltranzista e non collaborativa di istituti di credito con esposizione minima.

Per ovviare a tali situazioni, il Legislatore ha introdotto con l’art. 182 septies Legge Fall. (aggiunto ex novo dal Decreto Giustizia) un tipo di accordo di ristrutturazione da concludersi con il solo ceto bancario (e ferma la posizione di tutti gli altri creditori). L’accesso a questo tipo di accordo è limitato alle imprese che abbiano debiti verso banche e intermediari finanziari non inferiori alla metà dell’indebitamento complessivo e vincola anche i creditori bancari non aderenti, a condizione che: (i) tutti i creditori della categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi nelle condizioni di parteciparvi in buona fede; (ii) i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il 75% dei crediti della categoria. In tal modo, un istituto di credito che abbia crediti verso il debitore per un importo pari o inferiore al 25% dell’indebitamento complessivo di quest’ultimo non potrà più ostacolare la ristrutturazione.

In questi casi il tribunale - in sede di omologa dell’accordo di ristrutturazione - accerterà che le trattative si siano svolte in buona fede e che le banche e gli intermediari finanziari ai quali si vogliono estendere gli effetti dell’accordo: (i) abbiano posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e degli intermediari finanziari aderenti; (ii) siano stati correttamente informati sulle trattative e messi nella condizione di parteciparvi; (iii) possano risultare soddisfatti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

(b) La normazione degli accordi di moratoria e standstill Il Legislatore ha, poi, tradotto in norma - sempre con l’art. 182 septies Legge Fall. - un’altra prassi delle operazioni di ristrutturazione del debito bancario: quella dell’accordo di moratoria e standstill. Anche in tal caso, scopo della novità normativa è impedire che banche o intermediari finanziari con basse esposizioni debitorie possano impedire o pregiudicare l’avvio del percorso di ristrutturazione, rifiutandosi di concedere una moratoria iniziale.

La ‘convenzione di moratoria’ di cui all’art. 182-septies Legge Fall. coinvolge l’impresa debitrice e una o più categorie di banche o intermediari finanziari che rappresentino almeno il 75% dei crediti della categoria e produce effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti alla convenzione, a una duplice condizione: (i) che essi siano stati informati dell’avvio delle trattative e messi in condizione di parteciparvi in buona fede; (ii) che un professionista attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati alla moratoria.

A differenza dell’accordo di ristrutturazione, la convenzione di moratoria non richiede l’omologa da parte del giudice. Tuttavia, le banche e gli intermediari finanziari non aderenti alla convenzione possono proporre opposizione chiedendo che la convenzione non produca effetti nei loro confronti (l’opposizione si propone entro 30 giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata, accompagnata dalla relazione di un professionista designato).

1.4. La deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti Il Decreto Giustizia introduce alcune interessanti novità fiscali per gli enti creditizi e finanziari e le imprese di assicurazione, riformulando le norme che disciplinano la deducibilità, ai fini Ires, delle svalutazioni e delle perdite su crediti e la valutazione di

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rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti ai fini della determinazione della base imponibile Irap.

Le nuove regole si applicano dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015 (quindi dal 2015 per i soggetti “solari”). Il Decreto, tuttavia, detta delle regole ad hoc per il primo periodo di applicazione.

(a) Deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti ai fini Ires Per effetto delle nuove norme, le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritte in bilancio e le perdite realizzare mediante cessione a titolo oneroso dei crediti diventano integralmente deducibili nell'esercizio in cui sono iscritte in bilancio.

Nel primo periodo di applicazione della norma, tuttavia, la deducibilità integrale delle svalutazioni e delle perdite su crediti (diverse da quelle derivanti da cessione) è limitata al 75% del relativo ammontare. Il restante 25%, nonché gli importi iscritti in bilanci precedenti e non ancora integralmente dedotti in base alle regole previgenti, potranno essere portati in deduzione nei successivi 10 anni, secondo percentuali variabili stabilite dalla norma (5% nel 2016, 8% nel 2017, 10% nel 2018, 12% dal 2019 al 2024 e 5% nel 2025).

(b) Deducibilità delle rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti ai fini Irap

Il Decreto Giustizia interviene anche sulla base imponibile Irap, consentendo a banche, intermediari finanziari ed imprese di assicurazione di dedurre integralmente nell'esercizio di rilevazione in bilancio (e, quindi, non più per quote costanti in 5 esercizi) le rettifiche e le riprese di valore nette per deterioramento di crediti verso la clientela e le perdite, svalutazioni e riprese di valore nette per deterioramento di crediti verso assicurati.

Le nuove regole si applicano a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015. Tuttavia, analogamente a quanto previsto ai fini Ires, per il primo periodo di applicazione la deducibilità integrale è limitata al 75% dell'importo iscritti in bilancio. La quota eccedente, come pure le svalutazioni e rettifiche contabilizzate nel 2013 e 2014 e non ancora dedotte, saranno deducibili nei successivi dieci anni, con le medesime percentuali previste per il regime transitorio Ires.

2. Il DDL Rordorf A scorrere i principali punti toccati dal progetto emerge bene come obiettivo principale dell’intervento sia al contempo quello di accrescere un precoce ricorso alle procedure di risoluzione della crisi alternative al fallimento, nell’ottica di tutelare particolarmente a continuità aziendale, e così relegare nella procedura di liquidazione giudiziale (termine che dovrebbe sostituirsi anche lessicalmente al ‘fallimento’) solo quelle situazioni in cui la crisi sia irreversibile.

I punti di maggior interesse sono a nostro parere i seguenti.

(a) La nuova ‘procedura di allerta’ Punto di partenza di una revisione del sistema, secondo quanto indicato dalla Raccomandazione n. 2014/135/UE, è l’elaborazione di strumenti che consentano di ‘leggere’ e far emergere i sintomi della crisi con un certo anticipo, particolarmente in

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un contesto culturale (com’è quello italiano) in cui la tendenza degli imprenditori è negare il più a lungo possibile la sussistenza di difficoltà finanziarie.

Con il DDL Rordorf, quindi, il Governo si propone di creare un’apposita ‘procedura di allerta’ da svolgersi dinanzi a specifici organismi di composizione della crisi con lo scopo di rilevare e curare tempestivamente i segnali di una possibile insolvenza. Tale procedura di allerta dovrà essere attivata dall’organo amministrativo quando pervengano segnalazioni da parte degli organi di controllo e di revisione o da parte di creditori qualificati, quali l’Agenzia delle Entrate, gli agenti della riscossione e gli enti previdenziali. Onde rendere il meccanismo efficace, si prevede di introdurre specifiche ipotesi di responsabilità per tali ultimi soggetti in caso di omissione o ritardo nell’adempimento dei rispettivi obblighi (di whistleblowing per gli organi di controllo e revisione e i creditori qualificati e di attivazione della procedura per gli organi amministrativi).

La procedura di allerta avrà carattere stragiudiziale e rigorosamente confidenziale e dovrebbe concludersi con il ricorso anticipato, mediato dall’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, ad uno degli strumenti per la risoluzione della crisi alternativi al fallimento.

(b) La tendenziale scomparsa del concordato liquidatorio e la trasformazione del fallimento in ‘liquidazione giudiziale’ Altro punto cardine della proposta di riforma consiste nel cercare, da un lato, di rendere il concordato preventivo lo strumento di elezione per la tutela della continuità aziendale e, dall’altro lato, di creare una nuova procedura giudiziale (che prenderà il posto sia del fallimento, sia del concordato preventivo liquidatorio) cui rimettere le situazioni in cui l’unica soluzione possibile è la liquidazione del patrimonio sociale.

E così, anzitutto il Governo propone di rendere inammissibili ex lege le proposte di concordato di contenuto «essenzialmente liquidatorio». Secondo il DDL Rordorf, infatti, il ricorso a una procedura tanto complessa e costosa come il concordato preventivo - in un’ottica di economia processuale - potrà in futuro giustificarsi solo qualora vi sia la concreta possibilità di preservare la continuità aziendale e così consentire un’apprezzabile soddisfazione dei creditori. Inoltre, il Governo propone di attribuire anche ai creditori - in aggiunga alla possibilità di presentare offerte o proposte concorrenti (introdotta con il Decreto Giustizia) - la legittimazione a presentare domanda di concordato surrogandosi allo stesso imprenditore in crisi, e ciò sempre nell’ottica di stimolare il debitore a ricorrere precocemente al concordato preventivo.

A completare il quadro in questione, il Governo propone la sostituzione della procedura di fallimento con una nuova (e meno stigmatizzante) procedura di liquidazione giudiziale, da rendere più snella e rapida, anche mediante una migliore selezione dei curatori e un rafforzamento dei loro poteri e una generale revisione delle procedure di liquidazione dei beni sociali, onde ammodernare le stesse e limitare la diminuzione del valore dei beni che normalmente consegue a uno stato di declamata decozione;

(c) Il potenziamento dell’accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis Legge Fall. Il Governo, infine, propone anche di incentivare il ricorso agli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis Legge Fall. e in tale ottica ipotizza: (a) l’eliminazione della soglia del 60% dei creditori aderenti ai fini dell’omologa; (b) l’estensione degli effetti dell’accordo anche a tutti i creditori non aderenti (bancari e non) quando gli

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aderenti arrivino a rappresentare almeno il 75% dell’indebitamente complessivo; (c) la possibilità di sottoscrivere un accordo di moratoria e standstill anche con creditori non bancari (con effetto su tutto il ceto creditorio al superamento della predetta soglia del 75%).

Molteplici sono le problematiche potenzialmente derivanti dalle suddette proposte del Governo, ma - considerato che i lavori sono ancora in una fase embrionale - ci riserviamo di tornare sul punto quando il DDL Rordorf si tradurrà in una proposta specifica.

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