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Università degli Studi di Milano
Corso di laurea magistrale a ciclo unico in
Giurisprudenza
I PRINCIPI DELL’OPEN-GOVERNMENT:
GLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Tesi di laurea in
Informatica Giuridica Avanzata
Relatore: Chia.mo Prof. Pierluigi Perri
Correlatore: Chia.mo Prof. Giovanni Ziccardi
Presentata da (matricola 775630)
Ruggero Davide Labruna
Sessione terza (invernale)
Anno accademico 2014-2015
Introduzione
2
Indice
Introduzione ...................................................................... 4
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la
informatizzazione della Pubblica Amministrazione.......... 7
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa ........................................ 8
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005 ................................................................. 17
1.3 – La ratio del CAD ........................................................................................ 26
1.4 – I destinatari del Codice .............................................................................. 31
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale ......................... 41
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010 ................................................................. 51
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della
Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni
pubbliche .......................................................................... 61
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo informatico ......... 62
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati ................... 72
2.3 – La sicurezza dei dati ................................................................................... 95
2.4 – Le banche-dati territoriali e nazionali .................................................... 102
2.5 – I siti web istituzionali ............................................................................... 109
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
3
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto
legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva ............... 128
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza” ........................ 129
3.2 – Finalità e strumenti della nuova concezione di trasparenza................ 137
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico ........................................ 143
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale .................................................. 151
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come
rimedio ............................................................................ 168
4.1 – La costruzione del governo aperto ........................................................ 169
4.2 – Il memorandum sull’open-government della amministrazione Obama
e il FOIA ............................................................................................................. 180
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo ...................... 188
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle
informazioni pubbliche .................................................. 201
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati ................................. 202
5.2 – Classificazione dei dati aperti e linked-data .......................................... 212
5.3 – Le licenze open-access ............................................................................. 219
Conclusioni ..................................................................... 228
Bibliografia ..................................................................... 230
Introduzione
4
Introduzione
Lo scopo precipuo di questa tesi di laurea è quello di illustrare come nel corso degli
ultimi anni (in particolare dalla soglia del nuovo millennio) la Pubblica
Amministrazione italiana si stia massicciamente evolvendo col fine di implementare
la efficienza della propria azione tramite la cosiddetta “trasparenza amministrativa”,
sviluppo reso possibile grazie agli strumenti inediti che la recente evoluzione
tecnologica (soprattutto quella informatica) sta fornendo alla società
contemporanea.
In questo articolato percorso si partirà da una approfondita analisi del Codice della
Amministrazione Digitale (d.lgs. 80/2005), il testo unico che per primo ha
incardinato tutte le innovazioni che in quel periodo stavano interessando il campo
amministrativo – o che quanto meno lo ha fatto in maniera organizzata – e da
questo sfruttate in funzione dei propri obiettivi, che è uno strumento indispensabile
per poter comprendere al meglio il processo generale di trasparenza in atto e le sue
specifiche manifestazioni nel campo dell’open-government; perciò in questo
capitolo si argomenterà del profondo impatto che hanno avuto le nuove tecnologie
sulla amministrazione italiana, oltre che dell’inerpicato iter di formazione del CAD,
delle sue finalità, dei soggetti a cui si rivolge, dell’ambito di applicazione della
propria disciplina e infine della riforma (d.lgs. 235/2010) che l’ha interessata
apportandone alcune significative modifiche.
Una volta presa familiarità con la normativa generale del testo si potrà passare a
esaminare le sue fattispecie specifiche con cui ci si imbatte per la prima volta – o
quasi – in forme di trasparenza amministrativa dell’ordinamento italiano, laddove in
questa sede ci si trova per lo più a legiferare nel campo dei dati delle pubbliche
amministrazioni e di come questi possano essere resi fruibili pure dalla società civile
per i propri fini; a tal proposito si comincerà col trattare le modalità con cui un
soggetto privato può prendere parte alle azioni amministrative che direttamente lo
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
5
interessano, le procedure con cui queste informazioni sono effettivamente rese
accessibili agli stessi (in special modo con riferimento ai nuovi mezzi informatici), i
profili di garanzia che devono essere assicurati loro durante la propria elaborazione,
gli archivi digitali in cui sono fedelmente conservate e infine i portali in internet delle
istituzioni pubbliche attraverso cui queste devono essere messe a disposizione della
intera comunità.
Successivamente si abbandonerà il Codice della Amministrazione Digitale per poter
passare a esaminare il testo che in seconda battuta, ma in maniera nettamente più
specifica, si è occupato di questo tema – e da cui prende addirittura il nome –
ovvero il Decreto Trasparenza, di cui l’esame in questa ricerca appare
imprescindibile per gli enormi sviluppi che ha arrecato alla pregressa definizione del
diritto di conoscibilità, conferendoli finalmente un carattere di effettività a quel
tempo ancora inespresso; così al suo interno si potranno studiare gli effetti apportati
da questa inedita visione della trasparenza amministrativa, gli scopi e i mezzi
concreti con cui questa viene perseguita, la ideazione di un rivoluzionario diritto
(quello di accesso civico) capace di porre parzialmente argine ai gravi problemi di
applicazione affliggenti il precedente sistema di accessibilità e infine i pericoli o le
restrizioni della accessibilità totale (con particolare accento sulle possibili lesioni al
diritto alla privacy).
Così facendo, una volta poste le opportune fondamenta, ci si può finalmente
addentrare nel cuore di tutto l’elaborato, ovvero la sezione dove si giunge a delineare
nei suoi caratteri fondamentali il sistema del governo aperto come il momento più
alto in cui sono sfociate tutte le sottili – quanto insidiose – spinte presenti nel ventre
della società civile degli ultimissimi anni, così persistenti da non poter più essere
trascurate ma da dover necessariamente essere messe in pratica quanto più
celermente possibile attraverso espedienti che garantiscano in qualche modo la
partecipazione dei cittadini al governo dello Stato; pertanto qui si svilupperanno
innanzitutto le esigenze che hanno portato allo scaturire di questo nuovo modello di
amministrazione per poi scendere nella indagine dei suoi tratti distintivi, si prenderà
a esempio il sistema statunitense (da sempre precursore nel campo dell’open-
Introduzione
6
government) sviscerando due dei principali – e paralleli – atti che garantiscono una
innata apertura alla sua struttura organizzativa, e da ultimo si prenderanno in
considerazione gli intenti finali per cui questa è instaurata, ovvero la finalità di porre
in essere una verifica costante della attività di governo e un possibile ri-uso – a
scopo ancora conoscitivo o meramente economico – degli stessi dati messi così
agevolmente a disposizione.
Infine ci si imbatterà in uno degli aspetti più incisivi di tutto il campo dell’open-
government, ovvero quei dati aperti che consentono materialmente alla Pubblica
Amministrazione di rendere disponibile al pubblico generalizzato le informazioni in
proprio possesso di cui sia doverosamente prescritta – o anche se figlia di mera una
iniziativa volontaria della medesima – la divulgazione; di questa ultima parte si
inizierà lo svolgimento occupandosi sin da subito delle sfaccettature motivazionali e
tecniche di questo strumento, si passerà poi a una classificazione esplicativa delle
varie categorie di open-data e della illustrazione specifica del suo livello
indubbiamente più soddisfacente (il linked-data), per poi finire a esporre un ulteriore
mezzo con cui possono essere di fatto aperti questi dati (ovvero le licenze open-
access).
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
7
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la
informatizzazione della Pubblica Amministrazione
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa ........................ 8
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005 .................................................. 17
1.3 – La ratio del CAD ......................................................................... 26
1.4 – I destinatari del Codice ............................................................... 31
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale ......... 41
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010 .................................................. 51
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
8
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
La originaria espressione della “amministrazione elettronica” (di recente sostituita
dal più moderno attributo “digitale”) è usata per rappresentare in modo sintetico la
attuale trasformazione della Pubblica Amministrazione (spesso indicata con
l’acronimo PA) in seguito alla introduzione e – poi – all’utilizzo sempre più
significativo delle tecnologie informatiche al proprio interno.1
La principale ragione di questo mutamento è da ricercare nel fatto che la Pubblica
Amministrazione italiana, nel rispetto delle direttive europee ormai numerosissime e
inequivocabilmente caratterizzate da un formale profilo di effettiva cogenza, sta
vivendo un profondo processo di rinnovamento sollecitato dalla necessità di doversi
adeguare a regole concordate proprio al livello della legislazione comunitaria; di
conseguenza le normative nazionali in tema di amministrazione digitale sono
particolarmente numerose – almeno se paragonate a quelle di altri settori – e
ovviamente sono assai recenti, in quanto si tratta di una serie di regole che da una
parte mirano ad approntare un sistema a carattere ordinamentale (quindi
orientativamente completo ed esaustivo), mentre dall’altra tendono ad adeguare
l’assetto giuridico della Pubblica Amministrazione all’evolversi dei tempi e delle
relazioni.2
Così proprio nell’ambito riguardante la gestione della cosa pubblica costituisce un
principio ormai generalmente acquisito che l’uso della informatica o – più in
generale – delle tecnologie della informazione e della comunicazione
(complessivamente indicate con l’acronimo “ICT”3) sia una delle principali soluzioni
per uscire dalla grave crisi di risultati in cui versa la amministrazione italiana; per
questo nelle ultime legislature (in particolare quelle che vanno dall’inizio del nuovo
1 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 2 G. S. Alemanno, “Il codice della amministrazione digitale: adempimenti e lettura guidata delle norme”, CEL, Bergamo, 2011 (p. 23-74) 3 “Information and Communication Technologies”
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
9
millennio e conclusesi poco dopo la fine del primo decennio dello stesso) la attività
normativa inerente alla applicazione delle nuove tecnologie informatiche e
telematiche nella Pubblica Amministrazione ha avuto un notevole impulso e
abbiamo assistito alla diffusione sempre più capillare di queste negli uffici pubblici e
nei processi di lavoro delle singole amministrazioni.4
Tuttavia in questa 1^ fase del processo di informatizzazione della azione
amministrativa è stato privilegiato lo sviluppo della infrastruttura-base, mentre la
introduzione delle nuove tecnologie è stata limitata alla sola riproduzione di processi
e di modelli burocratici già esistenti; così facendo è stato commesso l’errore di
ritenere che il solo inserimento materiale delle innovazioni digitali negli uffici
potesse migliorare di per sé la efficacia e la efficienza del settore pubblico, eppure
proprio la esperienza della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana
ha dimostrato che tale riduttivo approccio ha limitato fortemente i benefici
conseguibili con l’uso della informatica5, determinando spesso il fallimento di
ambiziosi progetti.
Questo approccio, oltre a evidenziare una non-adeguata comprensione da parte dei
dirigenti delle amministrazioni di quali siano gli adempimenti organizzativi richiesti
dalla adozione dei nuovi sistemi, fa emergere la mancata comprensione da parte dei
medesimi del fatto che la informatizzazione “tout court” dei processi – senza una
loro re-ingegnerizzazione completa – è destinata a non sortire alcun effetto positivo,
né in termini di efficienza né in termini di trasparenza; infatti (come ci ricorda a tal
proposito uno dei più importanti commentatori del processo di riforma del settore6)
digitalizzare la Pubblica Amministrazione non significa applicare meccanicamente la
informatica alle diverse procedure di lavoro così come si sono codificate nel tempo,
ma al contrario richiede modifiche profonde ai procedimenti stessi e in questo
modo consente anche di offrire servizi nuovi, prima impensabili.
4 Prefazione di E. De Giovanni, in P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 5 M. Bombardelli 6 P. Subioli
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
10
Altro errore che ha inficiato il graduale ingresso delle tecnologie digitali nelle
strutture amministrative è rappresentato dalla circostanza per cui l’uso della
informatica e della telematica è stato visto solo come un obiettivo in sé o – nel
migliore dei casi – come uno strumento di riduzione dei monumentali costi di
funzionamento del settore pubblico; eppure l’ “e-government” non consiste nella
mera automazione della attività delle amministrazioni ma – secondo la definizione
datane dall’OCSE7 – si concretizza nell’impiego delle ICT (in particolare di internet)
come strumenti per migliorarne la efficienza e renderla maggiormente orientata alla
soddisfazione degli utenti.
Appare quindi evidente che il processo di digitalizzazione non riguardi solo le
tecnologie ma – anzi – specialmente le azioni di ammodernamento normativo e
organizzativo che consentano di ottimizzare il lavoro degli enti e di offrire agli utenti
(cittadini o imprese) validi servizi online; la informatica diventa quindi il grimaldello
per scardinare il datato e inefficiente assetto burocratico e la occasione per ripensare
la intera amministrazione italiana, innovandola sia sotto il profilo della
razionalizzazione delle procedure interne (cosiddetto “back-office”), sia sotto quello
dei rapporti con la utenza mediante la erogazione online di vecchi o nuovi servizi
(“front-office”).8
Questa serie di osservazioni fa emergere che oggi quello che si innova in tema di
Pubblica Amministrazione può oggettivamente consentire ai cittadini di assumere
un ruolo attivo in questo ambiente che si sta continuando a modificare –
ovviamente tra alcune insuperate difficoltà e anziane resistenze – con un triplice
ordine di finalità: il 1° è quello che ricomprende l’insieme delle ragioni giustificanti il
fatto che una partecipazione attiva e cosciente dei cittadini alla gestione della cosa
pubblica può incidere positivamente sulla completezza della azione amministrativa
correlata (in particolar modo quando si tratta di interessi che vanno ad incidere sui
diritti dei singoli soggetti privati), mentre il 2° è quello che si riferisce a ragioni di
7 “Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico” 8 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150)
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
11
puro ordine economico del procedimento burocratico, poiché – ad esempio – una
trasmissione di atti attraverso supporti informatici rappresenta un risparmio che, in
tempi di rispetto del patto di stabilità imposto dalla Unione Europea per reggere il
confronto economico con il resto del mondo, costituisce un notevole vantaggio per
lo Stato, e infine il 3° (e ultimo) attiene alla prevenzione delle patologie dei
provvedimenti amministrativi, ovvero alle connaturate – e ormai consuete –
impugnazioni che spesso possono anche tutelare gli svariati interessi legittimi e gli
eventuali diritti dei ricorrenti, ma parimenti producono ritardi notevoli della azione
pubblica con i correlati costi rilevanti.9
Che si affronti questa problematica sotto la dizione internazionale di “e-
government” o di “amministrazione digitale”, appare sempre più evidente che la
introduzione di tecnologie informatiche nelle amministrazioni pubbliche, che pure
contribuisce – o dovrebbe contribuire – a risolvere tanti problemi (es. snellimento
delle procedure e migliore utilizzazione delle risorse), è anche destinata a crearne
continuamente di nuovi; si pensi così alla tematica della tutela dei dati personali,
minacciati dalla moltiplicata capacità di creazione di banche-dati da un lato e dalla
accresciuta possibilità di accesso a queste informazioni da parte di soggetti pubblici e
privati dall’altro.
Addentrandosi nel cuore della disciplina, le amministrazioni sono indirizzate ad
usare le tecnologie informatiche per la formazione e la conservazione dei propri atti,
oltre che per la raccolta stessa delle informazioni necessarie alle decisioni da
assumere; i documenti e i dati in formato elettronico così formati saranno
direttamente accessibili ai cittadini – in rapporto alla ampiezza dei diritti che saranno
loro riconosciuti – a tutela delle proprie situazioni soggettive o al fine di esercitare il
controllo democratico sull’operato delle amministrazioni.
La disponibilità di un numero enormemente maggiore di informazioni (dirette o
rielaborate) sulla attività svolta e sui risultati raggiunti consentirà alle
9 G. S. Alemanno, “Il codice della amministrazione digitale: adempimenti e lettura guidata delle norme”, CEL, Bergamo, 2011 (p. 23-74)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
12
amministrazioni di verificare con continuità la efficienza della propria
organizzazione e di apportare le dovute correzioni con maggiore tempestività; il
depositarsi di un vero e proprio “patrimonio informativo pubblico” e le accresciute
capacità tecnologiche di trattamento di queste informazioni fanno delle pubbliche
amministrazioni dei soggetti titolari di dati di notevole interesse pubblico in sé, del
tutto indipendentemente dalla ragione – spesso strumentale all’esercizio delle
proprie funzioni – per la quale le medesime sono state raccolte, con le connesse
responsabilità sulla qualità e sulla diffusione delle stesse.10
È legittimo pensare che dalle considerazioni appena accennate si sia mosso il
legislatore italiano – oltre a quello comunitario – nel definire logiche e principi
migliorativi delle relazioni, delle istanze e delle risposte (insomma della
comunicazione generalmente intesa), avviando così da molti anni un processo di
trasformazione delle carte – intese specificatamente nel senso di documenti – che sia
in grado di trasferire la lettura di questi formati cosiddetti “analogici” in senso
“digitale”, ovvero attraverso un computer che questi riesca a interpretare e tradurre
consentendone la lettura (la cosiddetta “dematerializzazione”).
Siamo chiaramente nel campo della informatica (o di quella che più correttamente si
dovrebbe conoscere come informazione automatica) che si snoda su 2 binari
principali, quello della informazione e quello del calcolo: il 1° è quello che mette in
moto una azione finalizzata a fornire una o più conoscenze attraverso una raccolta
di dati catalogandoli in modo intellegibile (ovvero – per adoperare una sola parola –
codificandole), invece il 2° è quello che si realizza mediante la applicazione del
calcolo, che significa agevolare la capacità del sistema di ricevere – memorizzandole
– queste conoscenze per poi poterle elaborare e tradurre all’esterno.11
Seguendo il ragionamento, una amministrazione può dunque dirsi realmente digitale
solo quando i suoi processi prevedono l’impiego delle tecnologie della informazione
10 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 11 G. S. Alemanno, “Il codice della amministrazione digitale: adempimenti e lettura guidata delle norme”, CEL, Bergamo, 2011 (p. 23-74)
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
13
e della comunicazione con i seguenti obiettivi, ovvero accrescere la efficienza,
ridurre i costi e migliorare la qualità dei servizi resi alla utenza; in maniera più
analitica, l’aumento della efficienza può essere rappresentato dal risparmio di risorse
impiegate (in termini di personale, di spazi fisici e di materiali) per la erogazione dei
servizi, dalla riduzione delle tempistiche di conclusione dei procedimenti e dalla
possibilità di raggiungere ulteriori obiettivi a parità di costi, oltre che dall’aumento
della possibilità di verifica del buon funzionamento degli uffici, mentre la riduzione
dei costi dovrà essere valutata sia con riferimento a quelli per gli investimenti sia a
quelli di esercizio, e infine sicuramente più complessa è la verifica del miglioramento
della qualità dei servizi, che presuppone necessariamente la predisposizione di
meccanismi per monitorare la soddisfazione degli utenti in merito alle prestazioni
dispensate dalle amministrazioni12.
Nel nostro caso il Codice della Amministrazione Digitale in analisi è la risposta,
giudicabile come rapida se si considerano i normali tempi di reazione della macchina
burocratica italiana, agli sconvolgimenti che la era della informatizzazione stava
provocando; tuttavia non è tanto la questione tecnica (es. la potenza degli
elaboratori) ad aver scompaginato gli assetti consolidati delle amministrazioni
pubbliche, ma sono le tematiche connesse ad internet che hanno reso evidente come
l’usuale approccio verso gli utenti da parte della Pubblica Amministrazione non era
più possibile nel 3° millennio e che ad un metodo verticale era necessario sostituirne
uno di tipo orizzontale di rete, già individuabile “in nuce” nella direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 settembre 1995 (che parlava appunto di
“Rete unitaria della pubblica amministrazione”).13
“Primus inter pares” nella gestione della informatica delle amministrazioni italiane
si poneva la “Autorità per la informatica nella Pubblica Amministrazione”
12 P. Ridolfi 13 L. Spallino, “Il codice della amministrazione digitale: le tecnologie al servizio del cittadino e della pubblica amministrazione”, webimpossibile.net, 2006
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
14
(conosciuta con la sigla “AIPA”), istituita dall’art. 4 del decreto legislativo 12
febbraio 1993 n. 3914.
In attuazione di quella normativa dal 1993 gli sviluppi tecnologici e le spese
informatiche delle amministrazioni erano supervisionati dalla Autorità stessa, che
aveva l’obiettivo di disciplinare la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi
informativi automatizzati delle amministrazioni dello stato – anche ad ordinamento
autonomo – e degli enti pubblici non-economici nazionali; nello specifico la autorità
aveva l’incarico di emanare regole e standard di settore per la pianificazione, la
progettazione, la realizzazione, la gestione, il mantenimento dei sistemi informativi
automatizzati delle amministrazioni e delle loro interconnessioni (oltre che per la
qualità e la sicurezza dei sistemi), inoltre altra importante funzione della Autorità era
quella di coordinamento dei progetti di sviluppo dei sistemi informativi delle singole
amministrazioni che avveniva attraverso la redazione di un piano triennale
(annualmente rivisto), e infine sempre le amministrazioni pubbliche nella
acquisizione di beni e servizi informatici erano tenute a chiedere un parere
preventivo di congruità tecnico-economica alla medesima.
In seguito il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 settembre 200115 ha
istituito il “Dipartimento per la innovazione e le tecnologie” assegnandoli dei precisi
compiti, ma era evidente che alcune delle funzioni in capo a quest’ultimo urtavano
prepotentemente con quelle assegnate alla Autorità predetta; di conseguenza si
rendeva necessaria una modifica della AIPA, laddove a tale revisione ha provveduto
con un considerevole ritardo (nel 2003) il Codice della privacy che ha trasformato la
AIPA nel “Centro Nazionale per la Informatica nella Pubblica Amministrazione”
(indicata con l’acronimo “CNIPA”), operante presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri per la attuazione delle politiche del Ministro per la innovazione e le
tecnologie (ora assorbito dalla figura del Ministro per la semplificazione e la
pubblica amministrazione) con autonomia tecnica, funzionale, amministrativa,
contabile e finanziaria, nonché con indipendenza di giudizio.
14 “Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche” 15 “Istituzione del Dipartimento per la innovazione e le tecnologie”
1.1 – La digitalizzazione della azione amministrativa
15
Qualche anno più tardi il decreto legislativo 1 dicembre 2009 n. 17716 ha provveduto
alla riorganizzazione del CNIPA che ha assunto la denominazione “DigitPA”, così
in continuità con la attività della AIPA e del CNIPA questa esprimeva pareri tecnici,
obbligatori e non-vincolanti sugli schemi dei contratti che la Pubblica
Amministrazione intendeva stipulare per la acquisizione di beni e servizi informatici;
più precisamente tutte le amministrazioni erano tenute a chiederle un parere se
l’importo contrattuale superava una certa soglia che rispetto a quella indicata nella
previgente normativa risultava triplicata, di conseguenza il controllo sulle
acquisizioni informatiche permaneva ma era a maglie più larghe in quanto
sfuggivano alla verifica tutti i progetti dal valore economico inferiore a 1 milione di
euro.17
Alla fine di questo continuo alternarsi di vicissitudini, con il decreto-legge 22 giugno
2012 n. 8318 è stato soppresso il precedente ente di diritto pubblico italiano
competente e al suo posto è stata istituita la “Agenzia per l’Italia Digitale”
(abbreviata in “AgID”), che ha il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi
dettati dalla Agenda digitale italiana (in coerenza con quella europea) e di contribuire
alla diffusione dell'utilizzo delle tecnologie della informazione e della
comunicazione, favorendo la innovazione e la crescita economica19; si è così
provveduto a razionalizzare il complesso delle funzioni in materia creando a tal fine
un organismo unico al posto della pluralità di enti fino ad allora previsti in materia,
laddove a questa nuova struttura sono attribuite tutte le funzioni precedentemente
espletate da DigitPA e dalla “Agenzia per la diffusione delle tecnologie per la
innovazione” (enti che vengono contestualmente soppressi), nonché quelle facenti
capo al Dipartimento per la innovazione e le tecnologie.20
16 “Riorganizzazione del Centro nazionale per la informatica nella pubblica amministrazione” 17 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 18 “Misure urgenti per la crescita del Paese” 19 Agenzia per l’Italia Digitale, “Agenzia per l’Italia Digitale”, agid.gov.it 20 Camera, “Informatizzazione della pubblica amministrazione” in “Temi della attività parlamentare” della XVI legislatura, leg.16.camera.it, 2012
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
16
Inoltre, nel processo di riforma e innovazione della Pubblica Amministrazione che
sta avendo luogo dalla emanazione del nuovo Codice della Amministrazione
Digitale (di cui si tratterà successivamente), le amministrazioni sono accompagnate
dalla AgID che metterà a disposizione le proprie competenze tecniche per avviare
azioni di assistenza tecnica mirata, di formazione e di consulenza21.
21 DigitPA, “Il nuovo CAD: manuale d’uso”, Forum PA, Italia, 2011
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005
17
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005
In linea di massima l'approccio del legislatore italiano alle nuove frontiere della
innovazione tecnologica può essere così riassunto: una 1^ fase iniziale – per così
dire “pionieristica” – dove tra i primi anni ‘90 e il 2000 la risposta del legislatore si è
concretizzata sotto forma di singoli atti normativi – tra loro slegati – scanditi dalle
diverse contingenze del momento e si è composta principalmente di procedure
relative alla prestazione di servizi e di beni informatici, di un primo abbozzo di tutela
della privacy e di inter-connessione dei dati disponibili presso le pubbliche
amministrazioni, una 2^ fase intermedia rappresentata specialmente dal Testo unico
sulla documentazione amministrativa del 2000 e caratterizzata non tanto dalla
singolarità del metodo quanto dalla unicità del contenitore, e infine una 3^ fase
moderna improntata alla ristrutturazione complessiva nel settore a seguito del
continuo avvicendarsi di plurime fonti normative in merito alla digitalizzazione della
Pubblica Amministrazione, laddove quest'ultimo stadio è ben rappresentato dal
Codice della Amministrazione Digitale del 2005 (e costantemente aggiornato fino ai
giorni nostri).22
Insospettabilmente, l’Italia è stata il primo paese europeo a dotarsi di una disciplina
in materia di informatizzazione della azione amministrativa legiferando nel lontano
1997 in materia di “documento informatico”, laddove la innovazione introdotta
dall’art. 15 comma 223 della legge 15 marzo 1997 n. 5924 consisteva nell’attribuire
valore legale ai documenti, agli atti, ai dati e ai contratti formati, archiviati o
22 L. Spallino, “Il codice della amministrazione digitale: le tecnologie al servizio del cittadino e della pubblica amministrazione”, webimpossibile.net, 2006 23 “Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. I criteri e le modalità di applicazione del presente comma sono stabiliti, per la pubblica amministrazione e per i privati, con specifici regolamenti da emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17 comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400. Gli schemi dei regolamenti sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per la acquisizione del parere delle competenti Commissioni." 24 “Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa” o “Bassanini-semel”
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
18
trasmessi da privati e dalla Pubblica Amministrazione mediante gli strumenti
informatici o per via telematica; in particolare la suddetta “legge Bassanini-1” aveva
come scopo precipuo quello di semplificare la comunicazione fra le singole
amministrazioni e tra la Pubblica Amministrazione in generale e i cittadini, evitando
le informazioni ridondanti e l'ingorgo delle poste grazie all'utilizzo del mezzo
informatico.25
In seguito, per risolvere i problemi riguardanti la imputazione dell’atto ad un
determinato soggetto, il decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997
n. 51326 ha introdotto l’istituto della “firma digitale” come sistema di autenticazione
dei documenti informatici (corrispondente alla firma autografa su carta); il percorso
normativo che aveva così preso avvio poneva le basi per una attività amministrativa
che di norma doveva essere svolta tramite sistemi informativi automatizzati, non a
caso da allora si sono susseguiti una serie di provvedimenti che hanno coperto
praticamente tutti gli aspetti relativi al ciclo di vita del documento informatico
tramite la sua regolamentazione della formazione, della firma, della trasmissione e
della archiviazione, rendendo possibile la tanto ambita dematerializzazione della
attività amministrativa.27
A questo punto l’assetto normativo per agire in modalità digitale era completo ma
complessivamente frammentato, infatti accanto a tutti questi regolamenti che
disciplinavano la vita del documento informatico vi erano le norme che
regolamentavano gli atti amministrativi tradizionali, così sorse la esigenza di un
riordino legislativo per orientare l’interprete e per favorire la adozione di prassi
applicative uniformi28; originariamente a questa dispersione normativa il legislatore
tentava periodicamente di porre un argine con la realizzazione di testi riorganizzativi
25 Formez.pa, “Scheda introduttiva al codice della amministrazione digitale CAD”, egov.formez.it, 2013 26 “Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici” 27 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 49-63) 28 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80)
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005
19
consolidati nella forma di “testi unici” o di “codici”, laddove nel 1° caso si
dovrebbero realizzare solo operazioni di semplificazione – senza modifiche – delle
norme, mentre nel 2° caso sarebbero consentite anche le revisioni necessarie alla
compilazione di testi organici29.
Seguendo queste linee-guida le fonti sopracitate sono state poi integralmente
riprodotte nel decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 44530
(conosciuto ai più come “Testo unico sulla documentazione amministrativa”), nel
quale sono altresì contenute le norme in materia di protocollo informatico e di
gestione dei flussi documentali, laddove tali disposizioni possono essere definite
come la vera e propria chiave di volta del sistema in materia di informatizzazione dei
procedimenti amministrativi; effettivamente il Testo unico è stato per circa un
quinquennio la principale normativa di riferimento (oggi ormai solo in parte vigente
per le modalità di autenticazione delle copie e delle sottoscrizioni, nonché
all’ampliamento dei casi in cui è possibile utilizzare le dichiarazioni sostitutive di atti
notori) che ha disciplinato il settore della gestione documentale informatica, poiché
assommava in sé – raccogliendole e coordinandole – tutte le disposizioni riguardanti
la documentazione amministrativa in senso lato, ivi incluse le norme
specificatamente inerenti all’utilizzo delle nuove tecnologie della informazione e
della comunicazione da parte della Pubblica Amministrazione, armonizzandone il
contenuto con la disciplina sulla documentazione cartacea tradizionale.31
È tuttavia da accennare il fatto che in realtà il d.p.r. 445/2000 – originariamente – si
proponeva il più limitato scopo di raccogliere in modo organico solo le norme sul
documento informatico (sulle condizioni minime per la sua validità, sul suo valore
probatorio, sulle modalità per la sua valida trasmissione e acquisizione diretta, ecc.) e
sulla gestione dello stesso nel nuovo ambiente informatico, il tutto nella finalità
29 Prefazione di F. Merloni, in E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 30 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” 31 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 49-63)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
20
generale di semplificazione – consentita dalle tecnologie informatiche – della
gestione documentale e della attività del cittadino.
Ciononostante la pulsione innovatrice che stava animando il settore all’inizio del
nuovo millennio non si arrestò con la pubblicazione del sopracitato Testo unico ma
continuò a sfociare in nuove leggi, tuttavia tale prolificità – pur denotando un
grande interesse del legislatore – rischiava paradossalmente di frenare la
digitalizzazione nel settore pubblico, infatti le difficoltà di comprensione delle
norme da parte di chi era chiamato ad applicarle quotidianamente erano accresciute
dalla circostanza che la stessa materia fosse frammentata in molteplici
provvedimenti normativi, con pletoriche duplicazioni di definizioni e pericolose
imprecisioni concettuali; di qui un cambiamento di velocità nella politica di e-
government della successiva legislatura, che ritorna prepotentemente a puntare su
una revisione della normativa vigente per assicurare a quest’ultima la necessaria
innovazione (per superare i vincoli e i ritardi) e organicità (per eliminare le
sovrapposizioni e le contraddizioni create dalla dispersione normativa).
Questo orientamento si è concretato nell’art. 1032 della legge 29 luglio 2003 n. 22933
che ha incaricato il governo a predisporre il riassetto della disciplina in materia di
società della informazione, scelta che ha portato alla formazione di una delega molto
ampia e non-limitata alle sole norme sulla amministrazione (digitale), ma relativa
pure al complesso fenomeno della adozione di tecnologie informatiche nella società
– da parte dei cittadini e delle imprese – per le proprie esigenze e per semplificare i
rapporti con le amministrazioni34; di conseguenza la adozione del successivo Codice
della Amministrazione Digitale (emanato in attuazione della suddetta delega)
risponde anche ad esigenze di semplificazione del quadro normativo vigente, infatti
questo – nelle intenzioni del legislatore delegato – avrebbe dovuto dare finalmente
32 “Riassetto in materia di società della informazione” 33 “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione” o “Legge di semplificazione 2001” 34 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137)
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005
21
un assetto organico al complesso di diritti dei cittadini e di doveri delle
amministrazioni in relazione all’uso delle nuove tecnologie info-telematiche.35
Nello specifico, la legge 229/2003 al comma 136 assegnava al Governo il compito di
porre in essere entro un discreto lasso di tempo (18 mesi) uno o più decreti
legislativi, su proposta del Ministro per la innovazione e le tecnologie e degli altri
ministri competenti in materia, per il coordinamento e il riassetto delle norme in
materia di società della informazione; i criteri direttivi posti dalla legge delega che
dovevano animare il governo nella attuazione di questo incarico erano indirizzati a
graduare la efficacia probatoria dei diversi tipi di firma elettronica (tra cui
soprattutto quella digitale), a rivedere la nuova disciplina vigente per garantire la più
ampia disponibilità in rete dei servizi delle pubbliche amministrazioni, a prevedere la
possibilità di attribuire al documento informatico – contenuto nei sistemi
informativi pubblici – i caratteri della primarietà e della originalità (ovvero in
sostituzione o in aggiunta ai documenti non-informatici), a realizzare il
35 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 36 “Il Governo è delegato ad adottare, entro 18 mesi dalla data in entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, su proposta del Ministro per la innovazione e le tecnologie e dei ministri competenti per materia, per il coordinamento e il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di società della informazione, ai sensi e secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997 n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) graduare la rilevanza giuridica e la efficacia probatoria dei diversi tipi di firma elettronica in relazione al tipo di utilizzo e al grado di sicurezza della firma; b) rivedere la disciplina vigente al fine precipuo di garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici e di assicurare ai cittadini e alle imprese l'accesso a tali servizi secondo il criterio della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure necessari e nel rispetto dei principi di eguaglianza, non discriminazione e della normativa sulla riservatezza dei dati personali; c) prevedere la possibilità di attribuire al dato e al documento informatico contenuto nei sistemi informativi pubblici i caratteri della primarietà e originalità, in sostituzione o in aggiunta a dati e documenti non informatici, nonché obbligare le amministrazioni che li detengono ad adottare misure organizzative e tecniche volte ad assicurare l'esattezza, la sicurezza e la qualità del relativo contenuto informativo; d) realizzare il coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare o semplificare il linguaggio normativo; e) adeguare la normativa alle disposizioni comunitarie.”
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
22
coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti e ad adeguare la
normativa alle disposizioni comunitarie.37
Proseguendo con la norma il comma 238 del medesimo articolo specificava il
compito di emanare i decreti legislativi per la disciplina relativa al documento
informatico, alla firma elettronica (o digitale), al procedimento amministrativo
informatico, alla sicurezza informatica dei sistemi e alle modalità di accesso
informatico alle banche-dati delle amministrazioni.39
È di notevole importanza il fatto che si tratti di un testo suscettibile di modifiche,
poiché il medesimo articolo al comma 340 ha demandato al governo la possibilità di
intervenire con dei decreti recanti disposizioni correttive e integrative, tanto al CAD
quanto alla disciplina del SPC.
La delega in esame ha poi trovato attuazione in 2 distinti corpi normativi: in prima
battuta con il Codice della Amministrazione Digitale che costituisce il “cuore” della
disciplina sulla amministrazione informatizzata, e in secondo luogo – pur se
antecedente temporalmente – con il quasi coevo decreto sul “Sistema Pubblico di
Connettività” (solitamente indicato con l’acronimo “SPC”) che disciplina la
infrastruttura telematica istituita per connettere tra loro tutte le amministrazioni
37 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 38 “La delega di cui al comma 1 è esercitata per i seguenti oggetti: a) il documento informatico, la firma elettronica e la firma digitale; b) i procedimenti amministrativi informatici di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo; c) la gestione dei documenti informatici; d) la sicurezza informatica dei dati e dei sistemi; e) le modalità di accesso informatico ai documenti e alle banche-dati di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo.” 39 Commento di M. Pietrangelo, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103) 40 “Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto degli oggetti e dei principi e criteri direttivi determinati dal presente articolo, entro 12 mesi [poi aumentati a 15] decorrenti dalla data di scadenza del termine di cui al medesimo comma 1.”
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005
23
italiane (centrali e locali)41; tuttavia da più parti si era subito contestata la scelta del
legislatore di non ricomprendere all’interno del Codice stesso la normativa sul
Sistema Pubblico di Connettività, così queste critiche sono state recepite –
abbastanza celermente – dal governo con il decreto legislativo 4 aprile 2006 n. 15942
che – tra le altre novità apportate al d.lgs. 82/2005 – ha abrogato la disciplina del
SPC (decreto legislativo 28 febbraio 2005 n. 4243) trasferendola con un approccio
organico completamente nel CAD44.
Riportando la attenzione specificatamente sul punto focale di questa trattazione, con
il decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 è stato adottato il “Codice della
Amministrazione Digitale” (comunemente indicato con l’acronimo “CAD”), ovvero
un corpo organico di disposizioni relativo all’uso delle tecnologie info-telematiche
nella Pubblica Amministrazione; entrato in vigore il 1º gennaio 2006, il Codice
traccia il quadro legislativo entro cui deve attuarsi la informatizzazione della azione
amministrativa e nel farlo sancisce veri e propri diritti dei cittadini e delle imprese in
materia di uso delle tecnologie nei rapporti con le amministrazioni, inoltre il CAD
contiene anche l’obbligo per le medesime di snellire le procedure e di prestare – per
quanto materialmente possibile – tutti i servizi e le comunicazioni (interne ed
esterne) per via telematica45.
Si può dire che il d.lgs. 2005/82 rappresenta uno dei provvedimenti della 3^ fase
cosiddetta di “codificazione” che ha l’obiettivo duplice di riordinare la materia e
semplificarla, demandando la regolamentazione di dettaglio a disposizioni di rango
inferiore che possono essere promulgate successivamente – o anche
41 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 42 “Disposizioni integrative e correttive al Codice della amministrazione digitale” 43 “Istituzione del Sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione” 44 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 45 Formez.pa, “Scheda introduttiva al codice della amministrazione digitale CAD”, egov.formez.it, 2013
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
24
contestualmente – al Codice46; a tal proposito la novità dell’ultimo intervento
spiegato in tale direzione risiede innanzitutto nel superamento dell’approccio
settoriale che è stato proprio della normativa sino ad allora adottata in materia di
digitalizzazione della azione amministrativa.
Infatti una volta acquisita la consapevolezza della inadeguatezza – o almeno della
insufficienza – degli interventi rivolti alla regolamentazione di aspetti specifici (si
pensi alla normativa in materia di firma digitale o di protocollo informatico),
pertanto privi di una visione complessiva delle strategie di diffusione e utilizzo delle
nuove tecnologie in seno alla amministrazione italiana, si sono invece poste le basi
per la elaborazione di uno strumento – di più vasto respiro – programmaticamente
finalizzato ad allestire un complesso di disposizioni tendenzialmente rivolte a
disciplinare in modo organico l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte della
Pubblica Amministrazione, tanto al suo interno nell’esercizio delle proprie funzioni
quanto all’esterno nei rapporti con cittadini e imprese; dunque il merito maggiore
del Codice della Amministrazione Digitale è stato quello di raccogliere e di
sistematizzare in una unica cornice normativa le principali norme già esistenti in
materia di informatizzazione amministrativa (quindi in questa visione le modifiche
alla disciplina vigente appaiono secondarie) volte alla promozione concreta delle
ICT nell’àgere amministrativo.
Anche la tecnica legislativa adottata segna una innovazione rispetto al passato – poi
seguita pure nelle posteriori fasi di semplificazione della attività amministrativa –
poiché (come già anticipato) a differenza della scelta operata precedentemente nel
1997 con le “leggi Bassanini”47 non vi è più una singola normativa statuente i
46 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 47 Legge 15 marzo 1997 n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa” o “Bassanini-semel”; legge 15 maggio 1997 n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento della attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo” o “Bassanini-bis”; legge 16 giugno 1998 n. 191, “Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997 n. 59 e 15 maggio 1997 n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni; disposizioni in materia di edilizia scolastica” o “Bassanini-ter”; legge 8 marzo 1999 n.
1.2 – La eziologia del d.lgs. 82/2005
25
principi generali seguita da molteplici decreti legislativi e regolamenti di attuazione,
ma l’impianto ordinamentale pensato oggi dal legislatore prevede una legge che si
limita a delegare il riassetto dei concetti fondamentali del settore (legge 229/2003),
successivamente un unico decreto delegato (d.lgs. 82/2005) che pone tali criteri solo
per mezzo di norme di rango primario, e infine una serie di decreti del ministro
competente per materia che pongono le regole tecniche e applicative, i quali – per la
duttilità che li contraddistingue – si prestano a rendere maggiormente perseguibile la
aderenza degli strumenti normativi previsti dal CAD alla rapida evoluzione propria
dell’incedere tecnologico; così agendo nel Codice da un lato trovano spazio alcune
disposizioni regolamentari che assurgono oggi a norme di rango primario, dall’altro
non vi è traccia di tutte quelle disposizioni in materia di diffusione e applicazione
delle nuove tecnologie in seno alla Pubblica Amministrazione, che è ben possibile –
se non doveroso – fissare in seconda battuta con strumenti più duttili (quali appunto
i decreti ministeriali).48
50, “Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998” o “Bassanini-quater” 48 Commento di M. Pietrangelo, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
26
1.3 – La ratio del CAD
Il Codice della Amministrazione Digitale detta alcuni principi generali della materia
che si riveleranno di grande rilevanza al fine di dirimere eventuali dubbi
interpretativi e di individuare l’effettivo ambito di applicazione di alcune disposizioni
problematiche; sotto questo profilo viene in particolare rilievo la disposizione di cui
all’art. 249 comma 150 CAD che fissa in maniera sintetica ma con estrema chiarezza
le finalità del Codice e – in generale – dell’intero sistema normativo in materia di
innovazione tecnologica della Pubblica Amministrazione.
La norma in questione prevede che gli enti – sia centrale che locali – devono
garantire una serie di operazioni riguardo alla informazione in modalità informatica
(specificatamente la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la
conservazione e la fruibilità) e portano a termine questo incarico adoperando le
innovazioni rinvenibili sul mercato più confacenti alla esigenza richiesta; si tratta di
istituti in parte già conosciuti dal nostro ordinamento (come l’accesso), mentre altri
sono stati introdotti per la prima volta proprio dal CAD (come la disponibilità e la
fruibilità dei dati), che fanno comunque tutti riferimento alla necessità di garantire la
più alta disponibilità di servizi per via telematica da parte delle pubbliche
amministrazioni, sempre nel rispetto dei principi di eguaglianza e di non-
discriminazione.51
È quindi alla realizzazione di questo principio che mirano in modo specifico le
norme contenute nel Codice, in particolare dal principio della circolazione e del
trattamento delle informazioni in modalità digitale entro le singole amministrazioni
49 “Finalità e ambito di applicazione” 50 “Lo Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità della informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie della informazione e della comunicazione.” 51 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150)
1.3 – La ratio del CAD
27
(che le gestiscono e le conservano in questa forma), tra le diverse amministrazioni
(come è sotteso alle nozioni di trasmissione e di fruibilità) e nei confronti dei
cittadini (cui sono assicurate la disponibilità e l’accesso alle informazioni in modalità
digitale, oltre alla possibilità di ricevere quelle trasmesse) così affermato discende che
– conformemente alle previsioni contenute nel decreto – le pubbliche
amministrazioni (siano esse statali, regionali o locali) “si organizzano e agiscono a tal
fine” usufruendo delle ICT; si tratta questa – come è evidente – di una previsione
aperta, laddove è demandato al complessivo articolato del CAD riempirla di
contenuti, costruendo diritti e doveri legati alla applicazione delle innovazioni
informatiche nella organizzazione amministrativa.52
Se si analizza in maniera più approfondita quest’ultima disposizione, dalla sua
dizione letterale appare chiaro che il legislatore – pur nel rispetto della autonomia
organizzativa di ciascuna amministrazione – abbia previsto la erogazione dei servizi
online come una obbligazione di risultato, che potrà considerarsi adempiuta solo
ove le pubbliche amministrazioni garantiscano la effettività di tutti gli specifici diritti
che l’ordinamento assegna ai cittadini e alle imprese53; è proprio facendo leva sui 3
criteri della azione amministrativa (efficacia, efficienza e trasparenza) che è stata
avviata la complessa trasformazione da una gestione “formale”, valutata
principalmente su parametri di legalità, a una amministrazione “di risultati”, che
viene invece valutata per quello che produce in termini di soddisfazione degli
interessi e dei bisogni dei cittadini, delle famiglie e delle imprese (insomma della
società amministrata nel suo insieme).
Ciò che qui rileva è che questo passaggio modifica la concezione stessa della
legittimità della azione amministrativa anche quanto alle regole che ne costituiscono
il contenuto, infatti – così come hanno sostenuto alcuni autorevoli commentatori54
– la legittimità perde valore in sé per diventare essa stessa uno strumento di buona
amministrazione; l’approdo ad una amministrazione di questo tipo, dove non c'è più
52 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 53 Formez.pa, “Scheda introduttiva al codice della amministrazione digitale CAD”, egov.formez.it, 2013 54 V. Cerulli Irelli
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
28
spazio per una illegittimità di tipo meramente formale, richiede necessariamente una
azione a tutto campo che si fondi su nuovi approcci customer-oriented, riformando
il procedimento di emanazione dei provvedimenti dal suo interno e rinnovando i
valori a cui gli attori debbono ispirarsi.55
Inoltre lo stesso comma 1 con la indicazione relativa all’impiego delle “tecnologie
più appropriate” – oltre a salvaguardare anche qui la indipendenza organizzativa di
ciascun ente – intende rimarcare sin da subito il cosiddetto “principio della neutralità
tecnologica” cui l’intero provvedimento vuole essere improntato, specie considerato
che trattasi di norme di rango primario per nulla idonee a regolare in modo puntuale
aspetti squisitamente tecnici56; a tal proposito bisogna rilevare che il Codice della
Amministrazione Digitale contiene in tema 2 approcci completamente differenti –
più precisamente 2 politiche legislative diametralmente opposte – che si rilevano
dalla enunciazione di alcune norme tra loro contrastanti nella modalità di redazione,
infatti inizialmente nel 1997 (con il d.p.r. 513/1997 già citato) il legislatore si è dato
una normativa nella quale ha scelto una precisa tipologia di firma elettronica (ovvero
quella digitale), egli aveva quindi apertamente favorito questo preciso modello
perché – evidentemente – lo riteneva più sicuro degli altri.
Ciononostante quando l'Unione Europea nel 1999 rivolse la sua attenzione alla
materia dei documenti informatici e delle firme elettroniche fece una scelta diversa
optando per la neutralità tecnologica, laddove secondo questo concetto il legislatore
– nel formulare una norma – non si deve limitare a selezionare una sola tecnologia
specifica, ma bisogna permettere ai destinatari di adoperarne di diverse stabilendo
degli obiettivi che ognuna di esse dovrà soddisfare per essere considerata adeguata
rispetto alla ratio della disposizione in esame (la stessa questione è al centro
dell'attuale dibattito sulla Posta Elettronica Certificata, che è manifestamente
contraria a questo principio); si tratta quindi di un approccio alternativo che segue
55 L. Spallino, “Il codice della amministrazione digitale: le tecnologie al servizio del cittadino e della pubblica amministrazione”, webimpossibile.net, 2006 56 Commento di M. Pietrangelo, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103)
1.3 – La ratio del CAD
29
un criterio di tipo funzionale, secondo il quale la tecnologia deve garantire alcuni
requisiti minimi – specificati dalla norma stessa – in ordine allo scopo da perseguire,
perciò solo se li soddisfa tutti in misura sufficiente essa è accettabile
indipendentemente dalle modalità concrete in cui lo raggiunge.
Da una parte legiferare per funzione (coerentemente con il principio della neutralità
tecnologica) permette quindi di mantenere una certa libertà di scelta rispetto alle
varie proposte di mercato, infatti di fronte ad un ventaglio di tecnologie –
ugualmente accettabili – ognuno potrà scegliere quella che più si adatta alle proprie
esigenze (ad esempio ragionando a seconda della spesa che vuole sostenere); inoltre
la norma così formulata – dando rilievo ad una osservazione maggiormente pratica –
si adatta meglio all’evolversi del progresso tecnologico essendo più elastica, facendo
in modo che una recente innovazione – migliore delle precedenti – possa essere
immediatamente adottata, dal momento che la legge non vincola i destinatari ad uno
strumento specifico che nel frattempo può anche essere diventato obsoleto (o
addirittura non essere più sicuro) a fronte del celere sviluppo informatico.
Dall’altra legiferare per oggetto invece ha il vantaggio di rendere le norme più chiare
e determinate, poiché l’antitetico principio della neutralità tecnologica delinea
inevitabilmente norme più generali, indeterminate e spesso di difficile
comprensione; tuttavia anche la 2^ scuola di pensiero in esame ha i suoi svantaggi,
infatti questo orientamento può causare vari problemi di compatibilità tra le diverse
tecnologie che potrebbero potenzialmente essere contemporaneamente adottate e
richiede ai giudici la necessità di mantenersi costantemente aggiornati sulle novità
tecnologiche del settore in concreto.57
Più modestamente – ma non per questo meno utilmente – il Codice appare altresì
essere il cuore pulsante della 3^ fase del complesso processo di innovazione delle
amministrazioni pubbliche che passa sotto il nome di e-government, un successivo
stadio che si affida non più soltanto all’impulso delle politiche pubbliche (tramite i
finanziamenti ad hoc e la promozione di un modello comune da perseguire) ma
57 EticaPA, “Codice della amministrazione digitale”, eticapa.it, 2013
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
30
anche alla leva normativa, che sin qui era stata utilizzata solo per supportare i
processi senza però mirare a promuoverli direttamente, attraverso la costruzione di
un sistema di diritti in capo ai cittadini o alle imprese (per quanto di norma non-
azionabili) e di obblighi in capo alle amministrazioni pubbliche.58
Giacché la disposizione in esame enuncia la finalità del nuovo intervento normativo
complessivamente considerato, sembra opportuno verificarne la conformità con la
norma ispiratrice (più precisamente la legge 229/2003 già esaminata); così il comma
1 dell’art. 2 CAD può intendersi come riferito – in particolare – ad uno specifico dei
principi e criteri direttivi contenuti nella delega, ovvero quello che prescrive di
“rivedere la disciplina vigente al fine precipuo di garantire la più ampia disponibilità
di servizi resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti
pubblici e di assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi secondo il
criterio della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure necessari e
nel rispetto dei principi di eguaglianza, non-discriminazione e della normativa sulla
riservatezza dei dati personali” (art. 10 comma 1 lett. b della legge delega).59
58 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 59 Commento di M. Pietrangelo, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103)
1.4 – I destinatari del Codice
31
1.4 – I destinatari del Codice
Prima di passare ad esaminare in concreto il contenuto degli obblighi ad aspetto
informatico previsti dal Codice della Amministrazione Digitale appare opportuno
soffermarsi sull’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di
digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, così come delineato dall’art. 2
comma 260 CAD; prima di tutto urge sottolineare che la suddetta disposizione
fornisce soltanto delle indicazioni generali sulla applicabilità della disciplina del d.lgs.
82/2005 al settore in esame, infatti in molti casi sarà poi il singolo articolo ad
individuare uno specifico ambito di operatività per lo stesso.61
Partendo dal suo aspetto soggettivo possiamo fondamentalmente distinguere 3 tipi
di regole contenute nel CAD, ovvero quelle che si applicano a tutti i soggetti
dell’ordinamento – quindi anche ai privati – e di conseguenza sono configurabili
quali norme di diritto civile (come tali pienamente nella competenza statale, essendo
riservata esclusivamente allo Stato la disciplina dell’ordinamento civile), quelle che si
applicano a tutti i soggetti che compongono il sistema pubblico (entro queste
distingueremo eventualmente quelle che si applicano anche ai gestori di pubblici
servizi e agli organismi di diritto pubblico), e infine quelle che si applicano alle sole
amministrazioni centrali.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione soggettivo attivo, al perseguimento
delle finalità indicate al 1° comma sono deputati lo Stato, le Regioni e le autonomie
locali (di cui si tratterà consecutivamente la competenza).
60 “Le disposizioni del presente Codice si applicano alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 nel rispetto del riparto di competenza di cui all'articolo 117 della Costituzione, nonché alle società, interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1 comma 5 della legge 30 dicembre 2004 n. 311.” 61 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
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Rispetto invece a quello passivo, i soggetti interessati sono individuati mediante il
rinvio all’elenco contenuto dall’art. 162 comma 263 del decreto legislativo 30 marzo
2001 n. 16564 (il cosiddetto “Testo unico sul pubblico impiego”), pertanto le norme
del Codice si applicheranno a tutte le amministrazioni dello Stato, ivi comprese le
scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative, le aziende o le amministrazioni
dello Stato a ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità
montane e i loro consorzi o associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti
autonomi di case popolari, le camere di commercio della industria, dell’artigianato o
dell’agricoltura e le loro associazioni, tutti gli enti pubblici non-economici nazionali,
regionali e locali, e infine le amministrazioni, le aziende o gli enti del servizio
sanitario nazionale.65
In realtà il 2° comma in commento, pur prevedendo la applicazione della nuova
normativa a tutte le pubbliche amministrazioni, conteneva però 3 opportune cautele,
ovvero una clausola di copertura per le discipline speciali (“salvo non sia
diversamente stabilito”) e – con riguardo in particolare alle Regioni e agli enti locali
– degli espliciti riferimenti al principio di autonomia organizzativa degli enti e alle
regole per il riparto di competenza – per materia – definite dall’art. 117 della
Costituzione66 (i primi 2 limiti sono stati poi stralciati dal testo con la massiccia
revisione al CAD del 2010); così in via generale le disposizioni del Codice si
applicavano a tutta la Pubblica Amministrazione e non alle sole amministrazioni
62 “Finalità e ambito di applicazione” 63 “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non-economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale, l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.” 64 “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” 65 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 66 Costituzione della Repubblica Italiana
1.4 – I destinatari del Codice
33
centrali “salvo che non fosse diversamente stabilito”, tuttavia il quadro di queste
eccezioni era al tempo così esteso da divenire – di fatto – la norma.
Questi espressi riferimenti alla autonomia organizzativa e all’art. 117 cost.
introducono la complessa questione delle competenze di Stato e Regioni in ordine
alle materie regolate dal Codice della Amministrazione Digitale; occorre tuttavia
ricordare sin d’ora che l’art. 10 della sopracitata legge 229/2003 ha indicato come
limite di esercizio della delega alcuni oggetti (es. documento informatico e firma
digitale) che senz’altro rientrano nella competenza legislativa dello Stato in materia
di ordinamento civile e di livelli essenziali delle prestazioni, ma anche altri ambiti (es.
modalità di accesso informatico alle banche-dati di competenza delle
amministrazioni statali) che invece escluderebbero del tutto la legittimità di un
intervento legislativo statale vincolante anche per le Regioni e gli enti locali, a meno
che tale intervento non possa motivarsi in ragione della esigenza di coordinamento
informativo e informatico – dei dati tra quelle stesse amministrazioni – che l’art. 117
comma 2 lett. r cost. affida allo Stato.67
Risulta quindi del tutto evidente che, come esplicitato dalla 2^ parte del comma in
esame, nel dettare le regole che si rivolgono a disciplinare la azione della Pubblica
Amministrazione non si può ignorare né la riserva costituzionale in materia della
organizzazione propria di ciascuna amministrazione autonoma né l’assetto delle
competenze legislative delineato dall’art. 117 della Costituzione, infatti la riforma del
Titolo V della medesima (attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 368)
ha realizzato un sistema di differenziazione organizzativa e normativa nel quale di
regola ciascun soggetto autonomo dispone della propria struttura e le Regioni
godono di potestà legislativa generale – e residuale – salve le competenze
espressamente affidate allo Stato; dunque a fronte di una competenza legislativa
statale esclusiva doppiamente limitata (dalla autonomia organizzativa degli enti
territoriali nel loro complesso e da quella legislativa delle singole Regioni), il ricorso
67 Commento di M. Pietrangelo, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103) 68 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
34
a norme dotate di maggiore cogenza per tutto il sistema pubblico avrebbe potuto
causare dei problemi e delle resistenze che il legislatore del Codice ha preferito
evitare pur indebolendone la vincolatività sul territorio, tuttavia la scelta –
nonostante fosse quasi obbligata – di affidare essenzialmente a meccanismi
concertativi il raggiungimento anche da parte delle amministrazioni autonome degli
standard fissati per la amministrazione statale indebolisce l’impianto complessivo
della operazione (almeno in alcune sue parti).69
Ma – come già anticipato – a seguito delle posteriori modifiche apportate dal
processo di riforma del Codice della Amministrazione Digitale nel 2010
sembrerebbe venire meno il rispetto obbligatorio della autonomia organizzativa
della singole amministrazioni, pertanto quest’ultime ora sono anch’esse tenute in
ogni caso alla applicazione del Codice, laddove ciò appare in linea con il principio di
delega contenuto nella legge 69/2009 che intende ampliare l’ambito di applicazione
del nuovo CAD; inoltre, coerentemente con quanto previsto dall’art. 33 comma 1
lettera o70 della stessa legge, alle pubbliche amministrazioni vengono ora equiparate
le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico
inserite nel conto economico consolidato della Pubblica Amministrazione come
individuate dall’ISTAT (Istituto nazionale di statistica), aggiungendo tale disposto al
comma 2 dell’art. 2 CAD (novità introdotta dall’art. 2 comma 271 lettera a del d.lgs.
235/2010).
Tuttavia la applicazione della disciplina per questi enti sembrerebbe progressiva ed è
pure prevista la facoltà di avvalersi della assistenza tecnica offerta dalla AgID,
pertanto parrebbe che queste disposizioni siano rinviate a una adozione graduale che
tenga conto della propria organizzazione e della loro disponibilità finanziaria; ma
così facendo proprio il principio del rispetto per la autonomia organizzativa della
amministrazione, che era stato esplicitamente indicato come limite alla applicazione
69 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 70 “Equiparare alle pubbliche amministrazioni le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico.” 71 “All'articolo 2 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 2 è sostituito dal seguente: […]”
1.4 – I destinatari del Codice
35
del Codice nella previgente versione e che è stato successivamente eliminato dall’art.
2 comma 2 lett. a del d.lgs. 235/2010, viene poi reintrodotto dall’art. 5772 comma
2073 dello stesso decreto che prevede la applicazione del CAD tenendo in
considerazione le esigenze logistiche delle amministrazioni.
In altri termini il Codice della Amministrazione Digitale amplia sì il proprio ambito
di applicazione prevedendo che tutte le pubbliche amministrazioni debbano attuarlo
indipendentemente dalla loro strutturazione, ma allo stesso tempo reinserisce una
eccezione per buona parte delle modifiche apportate dal nuovo CAD al fine di
considerare proprio le esigenze organizzative delle singole amministrazioni oltre che
le loro risorse finanziarie disponibili; peraltro in questa deroga non si rimanda
neanche a decreti attuativi da adottarsi immediatamente, cosa che – in linea teorica –
consentirebbe un ulteriore allungamento dei tempi di attuazione ad libitum delle
norme sopra richiamate.74
Di grande importanza è anche il comma 375 dell’art. 2 CAD – anch’esso così
aggiornato nel 2010 – ai sensi del quale (come già previsto dall’art. 376 comma 177 del
già esaminato d.p.r. 445/2000) le disposizioni in materia di firme elettroniche e di
72 “Norme transitorie e finali” 73 “Le disposizioni modificative del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, recante Codice della amministrazione digitale, di cui agli articoli 2 comma 1 lettera a), limitatamente alle parole «nonché alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione come individuato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1 comma 5 della legge 30 dicembre 2004 n. 311.», […] sono applicate dalle pubbliche amministrazioni anche in via progressiva, con la facoltà di avvalersi a tal fine della assistenza tecnica di DigitPA, considerate le proprie esigenze organizzative e secondo moduli, approvati con specifici provvedimenti di ciascuna amministrazione, che tengono conto delle risorse finanziarie disponibili certificate dagli uffici centrali di bilancio ovvero, per le amministrazioni non dotate di tali uffici centrali, dagli omologhi uffici.” 74 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 75 “Le disposizioni di cui al capo II, agli articoli 40, 43 e 44 del capo III, nonché al capo IV, si applicano ai privati ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445 e successive modificazioni.” 76 “Soggetti” 77 “Le disposizioni del presente testo unico si applicano ai cittadini italiani e dell'Unione europea, alle persone giuridiche, alle società di persone, alle pubbliche amministrazioni e agli enti, alle associazioni e ai comitati aventi sede legale in Italia o in uno dei paesi dell'Unione europea.”
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
36
gestione o conservazione dei documenti informatici (nonché di quelle riguardanti la
trasmissione degli stessi) si applicano anche ai privati.
Inoltre una parte non-irrilevante della normativa, più precisamente quella
concernente l’accesso ai documenti informatici e la fruibilità delle informazioni
digitali, è vigente anche per i gestori di servizi pubblici e gli organismi di diritto
pubblico, sia nei rapporti con gli organi della Pubblica Amministrazione che in quelli
con la utenza (art. 2 comma 478 CAD); dunque anche i gestori pubblici di servizi –
ancorché soggetti privati – sono inclusi tra i soggetti sottoposti alla generale
disciplina in tema di fruibilità digitale degli atti amministrativi (dettata
principalmente con riferimento alle pubbliche amministrazioni), infatti il diritto di
accesso non può essere negato in ragione della circostanza che il servizio venga
svolto in regime di concorrenza e che la forma giuridica rivestita sia di diritto
privato, atteso che la attività dei gestori di pubblici servizi quando si manifesta nella
amministrazione di interessi comuni è esercitata – oltre che per tornaconto
personale – anche allo scopo di soddisfare le esigenze della collettività (quindi ha per
forza di cose pure un rilievo pubblicistico).
Del resto l’ambito soggettivo in questione risulta oggi ulteriormente specificato dal
disposto rinvenibile alla lettera e del comma 179 nell’art. 22 della legge 7 agosto 1990
n. 24180, laddove questa precisa che per “Pubblica Amministrazione” devono
intendersi “tutti i soggetti di diritto pubblico e quelli di diritto privato limitatamente
alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o
comunitario”; in questa ottica va segnalata anche la previsione contenuta dall’art.
3681 comma 582 della ricorrente legge delega 69/2009 che ha aggiunto all’art. 2 CAD
78 “Le disposizioni di cui al capo V, concernenti l'accesso ai documenti informatici e la fruibilità delle informazioni digitali, si applicano anche ai gestori di servizi pubblici ed agli organismi di diritto pubblico.” 79 “Ai fini del presente capo si intende: […] e) per "Pubblica Amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.” 80 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” 81 “VOIP e Sistema Pubblico di Connettività” 82 “All'articolo 2 del Codice della amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, dopo il comma 2 è inserito il seguente: […]”
1.4 – I destinatari del Codice
37
il comma 2-bis83, prevedendo che tutte le disposizioni previste per le pubbliche
amministrazioni dal Codice della Amministrazione Digitale si applicano, ove
possibile tecnicamente e a condizione che non si producano nuovi – o maggiori –
oneri per la finanza pubblica oppure a carico degli utenti, anche ai soggetti privati
preposti all’esercizio di attività amministrative (statuizione che tuttavia venne
abrogata con la revisione al CAD del 2010).84
Invece per quanto riguarda gli organismi di diritto pubblico (ugualmente toccati
dalla estensione della disciplina prevista dal comma 4 dell’art. 2 CAD), questa
categoria è una figura di derivazione comunitaria, laddove ad essa corrispondono
“gli organismi – dotati di personalità giuridica – istituiti per soddisfare specifiche
finalità d’interesse generale non-aventi carattere industriale o commerciale, la cui
attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle Regioni, dagli enti locali,
da altri enti pubblici e organismi di diritto pubblico, la cui gestione è sottoposta al
loro controllo oppure i cui organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza
sono costituiti – almeno per la metà – da componenti designati dai medesimi
soggetti pubblici” (così come definita dall’art. 185 comma 386 lettera b del decreto
legislativo 24 luglio 1992 n. 35887); una motivazione aggiuntiva – anche se
secondaria – della estensione di disciplina del Codice è da ricercare nel fatto che il
Capo V è stato successivamente modificato dal d.lgs. 235/2010 anche sulla base
delle esigenze conoscitive del paese che – coerentemente con le indicazione europee
83 “Tutte le disposizioni previste dal presente codice per le pubbliche amministrazioni si applicano, ove possibile tecnicamente e a condizione che non si producano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ovvero, direttamente o indirettamente, aumenti di costi a carico degli utenti, anche ai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrativa.” 84 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 85 “Ambito di applicazione” 86 “Sono amministrazioni aggiudicatrici: […] b) gli organismi di diritto pubblico; sono tali gli organismi, dotati di personalità giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalità d'interesse generale non-aventi carattere industriale o commerciale, la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle Regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui organi d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno per la metà, da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici; gli organismi di diritto pubblico sono elencati, in modo non esaustivo, nell'allegato 3.” 87 “Testo unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture”
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
38
– sono sempre più di tipo indiretto, laddove le nuove tecniche censuarie prevedono
la progressiva scomparsa della interrogazione diretta al cittadino giacché le
informazioni dovranno essere acquisite in via indiretta dalle banche-dati disponibili,
quindi risulta importante anche per tale risvolto l’accesso alle informazioni in
possesso non solo delle pubbliche amministrazioni ma anche dei gestori di servizi
pubblici e degli organismi di diritto pubblico88.
Circa l’ambito di applicazione oggettivo del Codice della Amministrazione Digitale
si rinvia a quanto già detto in parte laddove sono stati ricordati gli oggetti su cui l’art.
10 della legge 229/2003 ha circoscritto l’intervento del legislatore delegato; invece
per quanto riguarda strettamente il punto di vista materiale, il campo di attuazione
coincide sostanzialmente con le finalità del decreto espresse dal comma 1 dell’art. 2
CAD, vale a dire la disciplina volta ad assicurare la disponibilità, l’accesso, la
gestione, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità delle informazioni in
modalità digitale.89
Da ultimo si segnala che già i primi articoli del d.lgs. 82/2005 individuano nella
riservatezza dei dati personali uno dei principali limiti generali alla attività
amministrativa digitale, infatti l’art. 2 comma 590 CAD fa salva in ogni caso la
disciplina più rilevante in materia di trattamento dei dati personali, non solo
prevedendo espressamente – in modo apparentemente superfluo – che le
disposizioni del Codice si applicano nel rispetto della legislazione vigente nel
sopracitato settore, ma giungendo fino ad affermare il diritto dei cittadini e delle
imprese ad ottenere che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei
diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato; il diritto alla
88 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 89 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 90 “Le disposizioni del presente Codice si applicano nel rispetto della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali e, in particolare, delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196. I cittadini e le imprese hanno, comunque, diritto ad ottenere che il trattamento dei dati effettuato mediante l'uso di tecnologie telematiche sia conformato al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato.”
1.4 – I destinatari del Codice
39
riservatezza è entrato definitivamente nel nostro ordinamento solo per effetto
dapprima della legge 31 dicembre 1996 n. 67591 e poi del cosiddetto “Codice della
privacy” (decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 19692), laddove tale diritto – secondo
la più autorevole dottrina – non indica più solo una posizione sostanzialmente
passiva del titolare che consiste nella intolleranza di ingerenze esterne, ma si
configura ormai come “diritto alla auto-determinazione informativa” grazie al quale
ciascuno può proteggere i propri dati personali, decidendo quali informazioni egli è
disposto a condividere con gli altri soggetti dell’ordinamento e quali invece
preferisce tenere all’oscuro della comunità esterna.93
A tutela degli interessi pubblici prevalenti le disposizioni del Codice della
Amministrazione Digitale trovano altresì una area nella quale ne è esclusa “tout
court” la applicazione, in particolare questo si verifica a fronte di attività inerenti
all’ordine e alla sicurezza pubblica, alla difesa e alla sicurezza nazionale o alle
consultazioni elettorali; così il 6° (e ultimo) comma94 dell’art. 2 CAD esclude la
applicabilità delle nuove norme nei casi di funzioni connesse con particolari esigenze
di tutela dell’interesse pubblico, infatti si ricorda che la raccolta, la elaborazione e
l’accesso alle informazioni riguardanti tali ambiti d’intervento costituiscono già
oggetto di specifiche disposizioni di legge o regolamentari.95
Ciononostante – data la formulazione utilizzata – la esclusione è forse
eccessivamente ampia, infatti verrebbe quasi da dire che l’inciso “limitatamente
91 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali” 92 “Codice in materia di protezione dei dati personali” 93 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 94 “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all'esercizio delle attività e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, e consultazioni elettorali. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, tenuto conto delle esigenze derivanti dalla natura delle proprie particolari funzioni, sono stabiliti le modalità, i limiti ed i tempi di applicazione delle disposizioni del presente Codice alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché alla amministrazione economico-finanziaria.” 95 Commento di M. Pietrangelo, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
40
all’esercizio delle attività e funzioni” comporti la non-applicabilità del Codice a interi
apparati pubblici in quanto operanti in questi settori materiali.96
In conclusione, il processo di evoluzione legislativa ha trovato un momento
particolarmente significativo con la emanazione del Codice della Amministrazione
Digitale, nel quale hanno trovato ampio spazio non solo i temi strettamente relativi
alla Pubblica Amministrazione (che pure ne costituiscono la parte preponderante)
ma anche – secondo una consolidata prassi del nostro legislatore – l’uso dello
strumento informatico nei suoi vari aspetti dei rapporti inter-privati; le aziende sono
così anch’esse coinvolte dal governo elettronico perché viene loro fornita la
possibilità di utilizzare i nuovi strumenti per colloquiare con le amministrazioni
pubbliche, ma anche per gestire in modo più efficiente le proprie attività utilizzando
– ad esempio – la conservazione sostitutiva dei documenti elettronici, la firma
digitale e la Posta Elettronica Certificata.97
96 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 97 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 49-63)
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale
41
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale
La funzione di coordinamento digitale nella Pubblica Amministrazione consiste
essenzialmente nell’esercizio di poteri volti ad assicurare che i sistemi informativi di
tutte le amministrazioni siano basati su criteri e standard comuni al fine di garantire
la omogeneità nella elaborazione e nella trasmissione dei dati, infatti la interazione
telematica fra gli uffici dei diversi enti pubblici ha rilevanti conseguenze di carattere
sostanziale in termini di maggiore efficacia ed efficienza della azione
amministrativa.98
Trattando l’argomento in questione non si può prescindere da alcune considerazioni
sulla ampiezza degli spazi concessi al legislatore statale nel dettare una disciplina
uniforme e – per converso – sulla latitudine degli ambiti di autonomia che residuano
a quelli regionali, nonché alla indipendenza normativa delle singole amministrazioni
(anche locali); infatti a tal proposito non si deve dimenticare che a seguito della già
vista riforma del titolo V della Costituzione operata con la l. cost. 3/2001 (con la
conseguente modifica dell’art. 117 cost.) sono stati attribuiti alle Regioni nuovi e
penetranti poteri normativi, mentre lo Stato ha mantenuto le competenze legislative
e regolamentari solo in alcune materie tassativamente elencate.
Nondimeno il modello del cosiddetto “federalismo informatico” richiede la
possibilità di regolare il sistema pubblico come un complesso unitario che appare
per larga parte incompatibile con la tendenza reale del sistema all’accrescimento
degli spazi di autonomia (regionale e locale), tuttavia lo Stato si è riservato in materia
competenze tali da consentirgli di esercitare un ruolo decisamente penetrante
98 Commento di D. Marongiu, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
42
nell’ambito dell’informatizzazione della amministrazione italiana, prima tra tutti la
funzione di coordinamento informativo e informatico dei dati.99
Tale analisi – lungi dall’avere un rilievo meramente teorico – assume anche una
grande importanza pratica, infatti è stato notato100 come il processo di innovazione
tecnologica della Pubblica Amministrazione sia caratterizzato sul piano delle
relazioni istituzionali dalla contrapposizione di 2 orientamenti tra loro contrapposti:
il 1° è originato dalla necessità di coordinamento e dalla esigenza di garantire la
inter-operabilità tra i sistemi informatici delle diverse amministrazioni spingendo
verso la attribuzione allo Stato di penetranti poteri di direzione e di controllo nel
settore, invece il 2° è fondato su una interpretazione maggiormente restrittiva del
dettato costituzionale legittimando le amministrazioni regionali e locali a elaborare in
maniera autonoma politiche di innovazione sottratte alle interferenze statali.101
La norma di riferimento in materia è rappresentata sempre dall’art. 117102 comma 2
lettera r della Costituzione, che attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in
materia di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati della
amministrazione statale, regionale e locale; dunque nel legiferare in tale ambito
spetta al Parlamento (o eventualmente al legislatore delegato) risolvere 2 importanti
questioni, ovvero a chi debba essere di fatto assegnato il potere di coordinamento (la
circostanza che lo Stato abbia la potestà legislativa in materia non implica
99 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 100 N. Lettieri 101 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 102 “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: […] r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati della amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; […] […] Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. […]”
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale
43
necessariamente che attribuisca a se stesso la citata funzione) e quali siano le sue
concrete forme di esercizio.103
Tuttavia la concreta formulazione della norma costituzionale non è riuscita a evitare
conflitti di competenza tra Stato e Regioni, che tutto sommato hanno dato modo
alla Corte costituzionale di chiarire la ampiezza del potere di coordinamento
centrale; così – grazie ai suoi contributi – attualmente è ormai pacifico che il potere
statale consiste in un raccordo di tipo tecnico che serve ad assicurare una
comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei in modo da
permettere la comunicabilità tra i diversi sistemi informatici delle pubbliche
amministrazioni (così la sentenza della Corte costituzionale 16 gennaio 2004 n. 17),
tanto più che lo stesso “giudice delle leggi” ha altresì stabilito che – per garantire la
omogeneità nella elaborazione e nella trasmissione dei dati – lo Stato può incidere
anche sulla organizzazione delle Regioni e degli enti locali (successiva sentenza della
Corte costituzionale 26 gennaio 2005 n. 31).
Di conseguenza – nonostante quanto anteriormente sancito con la revisione
costituzionale del 2001 – alla luce delle sopracitate sentenze si ricava che al
legislatore statale compete la individuazione di un nucleo minimo di prestazioni a
contenuto informatico che ogni amministrazione deve erogare ai propri utenti, oltre
a standardizzare le procedure e i linguaggi usati dai sistemi dei diversi enti; delineati
in questi termini i limiti di intervento del legislatore centrale, è di tutta evidenza
come residui un ampio margine di manovra per la normativa regionale, spazio di
autonomia che – ad oggi – non sembra ancora adeguatamente sfruttato.
Osservando la questione da un altro punto di vista, va detto che la materia della
informatica nella Pubblica Amministrazione è di competenza dello Stato per ciò che
concerne il coordinamento tecnico, ma è di competenza degli enti locali per i riflessi
che la digitalizzazione ha necessariamente sulla organizzazione degli uffici; questa
duplice valenza delle ICT, che è stata vista come essenziale strumento di raccordo
103 Commento di D. Marongiu, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
44
fra i vari livelli di governo e allo stesso tempo come mezzo fondamentale di
attuazione del principio di sussidiarietà, ha di fatto reso indispensabile un esplicito
articolo nel Codice della Amministrazione Digitale teso a definire i rapporti fra
Stato, Regioni e autonomie locali104; così l’art. 14105 CAD interviene proprio in
questo quadro normativo con l’intento esplicito di ricostruire un assetto organico
dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali – in materia di informatica – che sia
conforme al dettato previsto dalla lett. r dell’art. 117 cost.
In questo contesto, nel tentativo di scongiurare impedimenti di tipo istituzionale allo
sviluppo della innovazione amministrativa, il Codice delinea un modello
“partecipato” di coordinamento informatico creando forme di raccordo tra lo Stato
e le varie autonomie locali, cioè un sistema in cui l’esercizio della funzione
complessivamente considerata è condiviso da Stato, Regioni e autonomie locali
attraverso opportuni collegamenti; sotto questo profilo la disposizione in esame
rappresenta indubbiamente un momento di evoluzione rispetto al passato, nel senso
che porta al superamento dello scenario fortemente centralistico dominante negli
anni più recenti in cui – come si è già osservato – il coordinamento informatico era
esercitato prevalentemente dallo Stato (con debolissime forme di coinvolgimento
delle Regioni e degli enti locali), quindi sostanzialmente si è passati in maniera
graduale dalle prime ipotesi di stesura del Codice – in cui era ancora presente la
concezione centralistica – all’enunciazione attuale in cui la titolarità della funzione è
connessa tra i diversi livelli di governo. 106
In primo luogo l’art. 14 comma 1107 CAD precisa il contenuto del potere di
coordinamento informatico dei dati detenuti dalle amministrazioni ai diversi livelli
104 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 105 “Rapporti tra Stato, Regioni e autonomie locali” 106 Commento di D. Marongiu, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103) 107 “In attuazione del disposto dell'articolo 117 secondo comma lettera r) della Costituzione, lo Stato disciplina il coordinamento informatico dei dati della amministrazione statale, regionale e locale, dettando anche le regole tecniche necessarie per garantire la sicurezza e la inter-operabilità dei sistemi
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale
45
spettante allo Stato, includendovi anche la emanazione delle regole tecniche per
garantire la sicurezza e la inter-operabilità dei sistemi informatici pubblici; sotto
questo profilo la formulazione della norma – nel riprendere quanto già affermato
dalla Corte costituzionale – appare particolarmente condivisibile dal momento che la
adozione delle regole in materia di compatibilità di standard e formati è opportuno
che sia necessariamente omogenea per tutti i livelli amministrativi. 108
Approfondendo l’aspetto semantico della norma si afferma che lo Stato disciplina il
coordinamento informatico, laddove l’uso del termine “disciplinarlo” (a differenza
del verbo “garantirlo”) implica il mero compito di dettare le norme, la cui attuazione
non dev’essere poi assicurata necessariamente solo dallo Stato stesso (come già
anteriormente precisato); quindi in apertura dell’art. 14 è già chiaro che la posizione
differenziata dello Stato nella gestione della informatica è limitata al solo fatto che
esso è l’unico soggetto deputato a dettare la disciplina sul coordinamento.
Nella prosecuzione del comma sono poi delineate le forme e i limiti della
normazione statale su tale integrazione informatica, laddove essa ha luogo “anche
dettando le regole tecniche necessarie per garantirne la sicurezza e la inter-
operabilità”, ossia le specifiche e i parametri fondamentali per garantire che tutti i
sistemi informatici delle singole amministrazioni possano colloquiare in un’unica
grande rete comune a estensione nazionale.
La Corte costituzionale a riguardo109 aveva già precisato che la legge statale rispetta
l’onnipresente limite di cui alla lett. r dell’art. 117 cost. nella misura in cui delinea un
coordinamento meramente tecnico per assicurare una comunanza di linguaggi, di
procedure e di standard omogenei in modo da permettere la comunicabilità dei
sistemi della Pubblica Amministrazione, è dunque indubbio che l’art. 14 quando
dispone che il coordinamento si esplica attraverso la fissazione di norme tecniche
informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime.” 108 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 109 Sentenza della Corte costituzionale 16 gennaio 2004 n. 17
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
46
risulti in sintonia con la giurisprudenza costituzionale; tuttavia – come già rimarcato
– nel comma in esame si afferma che lo Stato disciplina il coordinamento
informatico “anche” dettando regole tecniche, quindi è evidente che la legge in
esame assegna al governo il potere di individuare – oltre alla sola normativa sugli
aspetti tecnologici – pure una disciplina di carattere amministrativo le cui coordinate
non sono però meglio specificate, di conseguenza è lecito domandarsi quali siano
l’oggetto e i limiti di questa legislazione statale sul coordinamento informatico che
non rientra nella mera regolamentazione tecnica.
A tal proposito la Corte si è pronunciata110 nel senso che, quando ci si trova di
fronte a disposizioni proprie del coordinamento informatico di tipo
“amministrativo”, esse sono applicabili nei confronti delle Regioni e degli enti locali
solo nella misura in cui dettano una disciplina limitata agli aspetti ritenuti essenziali
al fine di garantire la omogeneità nella elaborazione e nella trasmissione di dati;
perciò entro questi limiti – secondo la Corte costituzionale – possono attenere al
coordinamento informatico “anche i profili della qualità dei servizi e della
razionalizzazione della spesa in materia digitale, ma solo quando sono finalizzati alla
inter-comunicabilità fra i sistemi informatici delle singole amministrazioni”.
Proseguendo nella analisi dell’articolo, se il 1° comma del medesimo individua un
soggetto (lo Stato) depositario del potere di emanare la normativa sul
coordinamento informatico, il 2° e il 3° delineano invece le concrete modalità di
applicazione operativa di tale disciplina, cioè stabiliscono chi pone in essere gli atti di
organizzazione e di raccordo della informatica pubblica e con quali procedimenti; in
attuazione di tale principio esclusivamente lo Stato avrà il compito di dettare le
regole tecniche per garantire la sicurezza dei sistemi informatici e la loro integrabilità
reciproca, ma al di fuori di quest’ambito dovrà operare il principio della leale
collaborazione tra i diversi livelli istituzionali – come previsto dal 2° comma
dell’articolo in commento – e pertanto obiettivi comuni dovranno essere raggiunti
110 Sentenza della Corte costituzionale 26 gennaio 2005 n. 31
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale
47
mediante azioni condivise, che dunque dovranno inevitabilmente essere oggetto di
previa intesa.111
Apprestandosi ad analizzare il testo al momento vigente – anche alla luce delle
modificazioni che ha subito durante la sua genesi – è possibile registrare 3
mutamenti che capovolgono significativamente il precedente impianto del
coordinamento informatico come era stato configurato: la 1^ innovazione è che il
ruolo di promotore di accordi non spetta più solo allo Stato ma a tutti gli enti
territoriali, il 2° cambiamento consiste nel fatto che i poteri di indirizzo sono stati
trasferiti esclusivamente alla “Conferenza unificata” (organo esponenziale di tutti gli
enti territoriali – compreso il governo centrale – istituita con il decreto legislativo 28
agosto 1997 n. 281112), e infine la 3^ novità è costituita dalla partecipazione aggiunta
delle Regioni e degli enti locali alla predisposizione delle regole tecniche.113
Così in modo assolutamente condivisibile – anche al fine di evitare contenziosi – il
legislatore delegato ha introdotto un meccanismo istituzionale volto a una
definizione condivisa dai diversi livelli di governo delle scelte politiche e tecniche
legate alla informatizzazione amministrativa; infatti l’art. 14 comma 2114 CAD
dispone che lo Stato, le Regioni e le autonomie locali formulano – tramite la
Conferenza unificata – i criteri necessari per attuare un percorso partecipato di
informatizzazione della Pubblica Amministrazione (oltre a incoraggiare alla
stipulazione di intese per il medesimo fine).115
111 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 12-49) 112 “Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle Regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali” 113 Commento di D. Marongiu, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103) 114 “Lo Stato, le Regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di digitalizzazione della azione amministrativa coordinato e condiviso e per la individuazione delle regole tecniche di cui all'articolo 71.” 115 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
48
Successivamente con le stesse intenzioni in mente il nuovo CAD – recependo
alcune osservazioni della Conferenza Unificata – ha assegnato specificatamente alle
sole Regioni un particolare compito di promozione sul territorio di azioni tese a
realizzare il medesimo processo di digitalizzazione della azione amministrativa
coordinato fra le varie autonomie locali (art. 14 comma 2-bis CAD116, introdotto
dall’art. 10117 comma 1118 del d.lgs. 235/2010); allo stesso tempo l’art. 14 comma 2-
ter CAD (introdotto sempre dall’art. 10 comma 1119 del d.lgs. 235/2010)
accogliendo integralmente – anche in questo caso – le richieste della Conferenza
unificata al riguardo prevede che le Regioni e gli enti locali digitalizzino la loro
azione amministrativa e implementino l’uso delle tecnologie della informazione e
della comunicazione per garantire servizi migliori ai cittadini e alle imprese, laddove
tale precisazione ricalca – in buona sostanza – uno dei principi ricorrenti del nuovo
CAD, ossia la convinzione che la informatizzazione deve coinvolgere la Pubblica
Amministrazione nella sua interezza (centrale e locale) e nei suoi rapporti con i
cittadini e imprese.120
Inoltre (stando a quanto enuncia l’art. 14 comma 3121 CAD) il processo di
collaborazione tra livelli istituzionali potrà anche comportare – sempre per gli stessi
fini già specificati – la istituzione da parte dello Stato di organismi di cooperazione
tra lo stesso e le Regioni o gli enti locali, nonché la stipula di intese, pure per la
116 “Le pubbliche amministrazioni nella valutazione dei progetti di investimento in materia di innovazione tecnologica tengono conto degli effettivi risparmi derivanti dalla razionalizzazione di cui al comma 2, nonché dei costi e delle economie che ne derivano.” 117 “Modifiche all’art. 14 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n.82” 118 “All'articolo 14 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti: 2-bis: «Le Regioni promuovono sul territorio azioni tese a realizzare un processo di digitalizzazione della azione amministrativa coordinato e condiviso tra le autonomie locali.».” 119 “2-ter: «Le Regioni e gli enti locali digitalizzano la loro azione amministrativa e implementano l'utilizzo delle tecnologie della informazione e della comunicazione per garantire servizi migliori ai cittadini e alle imprese.».” 120 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 121 “Lo Stato, ai fini di quanto previsto ai commi 1 e 2, istituisce organismi di cooperazione con le Regioni e le autonomie locali, promuove intese ed accordi tematici e territoriali, favorisce la collaborazione interregionale, incentiva la realizzazione di progetti a livello locale, in particolare mediante il trasferimento delle soluzioni tecniche ed organizzative, previene il divario tecnologico tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale.”
1.5 – La competenza in materia di amministrazione digitale
49
predisposizione di progetti da realizzare in sede locale per il trasferimento delle
risorse tecnologiche, al fine di colmare il divario nello sviluppo delle tecnologie
informatiche tra le diverse aree geografiche del Paese (il cosiddetto “digital
divide”).122
Nello specifico questo comma elenca alcune funzioni concrete di coordinamento
informatico assegnate specificatamente allo Stato, laddove tale disposizione per
essere pienamente capita dev’essere letta alla luce di quanto già in precedenza
statuito nello stesso articolo, nel senso che lo Stato (pur svolgendo le funzioni qui
enumerate) non è l’unico soggetto deputato al coordinamento della informatica
pubblica – come già motivato – ma condivide l’esercizio della funzione con gli altri
enti territoriali; perciò da questo punto di vista il suo contenuto (che non ha subito
alcuna modificazione nelle stesure provvisorie del Codice che si sono succedute
nella compilazione) appare a tratti non-pienamente coordinato con la formulazione
definitiva del 2° comma (già analizzato), infatti il 3° comma in esame stabilisce
innanzitutto che lo Stato istituisce organismi di cooperazione con le Regioni e le
autonomie locali, laddove tale prescrizione può apparire a prima vista in contrasto
con il precedente comma in cui l’organismo di raccordo è identificato nella sola
Conferenza unificata, però questa disposizione conflittuale può essere interpretata
anche nel senso che la medesima si riferisca alla istituzione di ulteriori organismi con
competenze circoscritte (infatti si usa il plurale), mentre la prima manterrebbe un
ruolo di coordinatore generale.
Invece con riguardo alla prescrizioni per cui lo Stato “promuove intese ed accordi
tematici o territoriali” e “favorisce la collaborazione inter-regionale” la dicitura
appare forse pleonastica (perché ribadisce quanto già prescritto dal 2° comma),
peraltro in modo – anche qui – non-coordinato con la stesura definitiva dell’articolo,
in quanto il 3° comma non tiene conto del fatto che le intese e gli accordi possono
essere promossi anche dalle Regioni e dagli enti locali (come sancito sempre dal
comma 2); inoltre con riferimento alla funzione statale di incentivazione dei progetti
122 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 12-49)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
50
a livello locale essa è stata oggetto della – già menzionata – giurisprudenza
costituzionale in materia di coordinamento informatico, laddove la Corte aveva già
in passato dichiarato che fosse conforme alla lett. r dell’art. 117 cost. la gestione
ministeriale di un “Fondo per il finanziamento dei progetti di innovazione
tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel paese”, per cui questa
disposizione non incide in modo sostanziale sulla situazione pre-esistente.
In ultima analisi è ulteriormente stabilito che lo Stato previene il divario tecnologico
tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale, ma in questo
caso ci troviamo di fronte ad una mera enunciazione ideale che appare nella
sostanza come una dichiarazione di principio priva di immediata precettività, la
quale può però avere una importanza non-secondaria sul piano programmatico.123
In chiusura, per favorire sempre lo stesso processo di condivisione degli obiettivi ai
diversi livelli istituzionali, il comma 3-bis124 (aggiunto stavolta dall’art. 6125 comma
1126 del già menzionato d.lgs 259/2006) prevede anche la istituzione presso la
Conferenza unificata di una “Commissione permanente per la innovazione
tecnologica” nelle Regioni e negli enti locali con funzioni istruttorie e consultive, che
non dovrà però – missione difficilmente perseguibile – comportare maggiori oneri
per la finanza pubblica.127
123 Commento di D. Marongiu, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 79-103) 124 “Ai fini di quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso la Conferenza unificata, previa delibera della medesima che ne definisce la composizione e le specifiche competenze, una Commissione permanente per la innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali con funzioni istruttorie e consultive.” 125 “Modifica all'articolo 14 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82” 126 “Dopo il comma 3 dell'articolo 14 del decreto legislativo è inserito il seguente: 3-bis: «Ai fini di quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso la Conferenza unificata, previa delibera della medesima che ne definisce la composizione e le specifiche competenze, una Commissione permanente per la innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali con funzioni istruttorie e consultive.».” 127 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 12-49)
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
51
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
Nella intenzione originaria del legislatore il Codice della Amministrazione Digitale
doveva innovare l’ordinamento per garantire la più ampia disponibilità dei servizi
resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici,
realizzando il coordinamento formale di tutte le disposizioni presenti nel settore con
la finalità di garantire una coerenza logica e sistematica della sua regolamentazione
complessiva; tuttavia il d.lgs. 82/2005 (nella 1^ fase legislativa del Codice) non ha
colto appieno l’obiettivo di riassetto della normativa in materia di informatizzazione
della Pubblica Amministrazione, in quanto norme-cardine del settore (quali i già visti
d.lgs. 39/1993 e d.p.r. 445/2000) sono – per buona parte – ancora vigenti, difatti
l’investimento in attenzione politica, in promozione culturale e in innovazione
tecnologica non può certamente ritenersi completato, essendo evidente che la
emanazione di un testo normativo non è – da solo – sufficiente a cambiare la
dimensione quotidiana dei rapporti.
Ciononostante, aldilà di queste – giuste sebbene eccessivamente severe – critiche, il
procedimento di riforma appena visto ha comunque costituito un importante passo
in avanti nel percorso di sistemazione della intera disciplina128; invero è innegabile
che il Codice (anche nella sua imperfetta versione originaria) ne rappresenti un
punto di arrivo, di cui sarebbe fallace ignorare la influenza che è destinato
progressivamente ad assumere nei rapporti tra privati e soggetti pubblici, infatti esso
disciplina una serie di istituti (alcuni dei quali del tutto inediti) idonei a cambiare
notevolmente e per sempre il funzionamento stesso della Pubblica Amministrazione
e la prospettiva nella quale la medesima si relaziona con i cittadini.129
128 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 129 Prefazione di A. Di Amato, in M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 29-54)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
52
Eppure quella che doveva essere destinata a rappresentare la “Magna Charta” della
amministrazione digitale, che ha introdotto alcuni interessantissimi principi e diritti
nel suddetto campo di studio (come il diritto all’uso delle tecnologie nelle
comunicazioni con le pubbliche amministrazioni) era diventata una delle normative
meno conosciute e applicate dell’intero ordinamento giuridico italiano, infatti gran
parte delle amministrazioni ne aveva ignorato quasi del tutto i contenuti e – anche
laddove questo era conosciuto – il CAD non era stato praticamente mai applicato,
poiché i cittadini e le imprese (ovvero i soggetti che erano i diretti destinatari di
queste prerogative) non avevano contezza dei loro nuovi diritti e quindi non si erano
attivati giuridicamente per farli rispettare; al riguardo basti pensare che ad oltre 3
anni (rif. 2009) dalla entrata in vigore del d.lgs. 82/2005 non si fosse ancora formata
una giurisprudenza rilevante sul Codice, il che – in un Paese dal tasso di litigiosità
elevatissimo come il nostro – è un dato che deve fare riflettere su come poco o nulla
sia stato fatto per informare gli utenti di quanto previsto dalle norme in materia di
digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.130
Inoltre si aggiunge che la emanazione del primo Codice della Amministrazione
Digitale ha suscitato impressioni contrastanti presso gli operatori del settore e la
dottrina giuridica, poiché lo stesso conterrebbe numerose enunciazioni di principio
– spesso piuttosto solenni – senza accompagnarle però a disposizioni operative che
ne consentano la concreta attuazione; purtroppo il Codice offre molti spunti di
riflessione sotto questo profilo, che di certo – almeno in parte – eviterebbe se non si
ostinasse a utilizzare in maniera così smodata la espressione “diritti” (es. diritto
all’uso delle tecnologie ex art. 3 CAD), laddove questa tecnica di scrittura può
apparire ingenua, infatti utilizzare tale termine non significa creare di per sé dal nulla
un diritto, ossia una facoltà – giuridicamente tutelata – di operare proprie scelte e
130 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150)
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
53
soprattutto di esigere che gli altri mettano in atto o si astengano da un determinato
comportamento131.
Un primo passo verso la riduzione di un simile scenario è stata avviata con le
modifiche al Codice attuate con il decreto legislativo 159/2006 (già
precedentemente incontrato), laddove – per esempio – la tutela del diritto all'uso
delle tecnologie di cui all'art. 3 CAD è stata attribuita alla competenza esclusiva del
giudice amministrativo (“Tribunale Amministrativo Regionale” o “TAR”) come
segnale importante della volontà del legislatore di ricondurre la disciplina dettata dal
Codice all'interno dell'alveo istituzionale incardinato nel diritto amministrativo e –
forse – indicatore non-trascurabile della lettura di tali diritti come meri “interessi
legittimi”.132
Inoltre – come se non bastasse – la rapida e continua evoluzione tecnologica nel
campo della informatica ha fatto sì che il Codice divenisse rapidamente obsoleto,
senza essere mai stato davvero applicato fino in fondo.133
Per questi – e altri – motivi la scelta di riforma operata dal legislatore con la legge 18
giugno 2009 n. 69134 (già accennata in più punti), che da un lato apportava alcune
modifiche secondarie al CAD e dall’altro delegava il governo al suo riordino (art.
33135 comma 1136), è apparsa particolarmente condivisibile e significativa, laddove il
processo di informatizzazione del settore pubblico – che pure aveva qui vissuto una
fase di stallo – ripartiva vigorosamente dal Codice della Amministrazione Digitale e
dalla sua rivitalizzazione; ignorarne le prescrizioni non sarebbe stato più possibile dal
131 T. De Mauro 132 L. Spallino, “Il codice della amministrazione digitale: le tecnologie al servizio del cittadino e della pubblica amministrazione”, webimpossibile.net, 2006 133 E. Belisario, “Ecco il CAD 2.0: pubblicate in gazzetta ufficiale le nuove norme per la digitalizzazione della PA italiana”, forumpa.it, 2011 134 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” 135 “Delega al Governo per la modifica del Codice della amministrazione digitale” 136 “Il Governo è delegato ad adottare, secondo le modalità e i principi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997 n. 59 e successive modificazioni, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la innovazione, di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi volti a modificare il Codice della amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]”
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
54
momento che le sue norme dovevano prevedere termini stringenti per
l’adeguamento dei destinatari alla nuova disciplina e sarebbe stato potenziato il
sistema sanzionatorio per le amministrazioni che non dovessero rispettare le
prescrizioni contenute nel Codice.137
La relazione illustrativa al nuovo CAD (così realizzato) osserva meglio che la delega
contenuta nella legge 69/2009 detta i principi ed i criteri direttivi per una riforma
volta sia ad adeguare il testo del d.lgs. 82/2005 al veloce sviluppo verificatosi
nell’uso delle tecnologie della comunicazione e della informazione che ad assicurare
maggiore effettività alle molte norme – a carattere programmatico o recanti solo
indicazioni astratte – la cui attuazione ha finora segnato il passo, vuoi per la inerzia
delle amministrazioni vuoi per la oggettiva scarsità delle risorse disponibili”; inoltre
la medesima delega ha previsto all’art. 33 comma 2138 per la sua attuazione una
invarianza di costi difficilmente garantibile, disponendo che le amministrazioni
interessate provvedano con risorse umane, strumentali e finanziarie allo stato
disponibili e comunque senza nuovi – o maggiori – oneri per la finanza pubblica.139
Pertanto in attuazione di questa delega il 25 gennaio 2011 è entrato in vigore il
nuovo Codice della Amministrazione Digitale (che ha preso vita con il decreto
legislativo 30 dicembre 2010 n. 235140), laddove quest’ultimo completa il quadro
normativo in materia di informatizzazione della Pubblica Amministrazione iniziato 5
anni prima con la emanazione della 1^ versione del CAD attraverso il d.lgs.
82/2005, apportando molteplici soluzioni alle problematiche (appena illustrate) che
sono sorte in seguito alla promulgazione del testo originario; esso rappresenta senza
dubbio – non solo nella sostanza ma anche nella forma – la 2^ fase riformista del
137 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 89-150) 138 “All'attuazione della delega di cui al presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.” 139 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80) 140 “Modifiche ed integrazioni al Codice della amministrazione digitale”
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
55
Codice attraverso la quale si pone in essere un analogo processo volto al
rinnovamento della amministrazione italiana.
Sulla base delle esperienze maturate in questi anni, il d.lgs. 235/2010 introduce con
chiarezza una serie di innovazioni normative volte a garantire che la
amministrazione digitale non resti più una mera dichiarazione di principio, ma sia in
grado di incidere effettivamente sulla prassi delle amministrazioni nonché sulla
qualità dei servizi resi a cittadini e imprese; seguendo questo intento la revisione non
solo rende effettivi i diritti, accessibili le opportunità e cogenti gli obblighi, ma
soprattutto permette di dissipare la nebbia di incertezza che pervadeva il testo e
rassicurare gli operatori sulla reale validità – anche giuridica – del Codice.
Difatti il nuovo CAD tenta di rendere obbligatoria la innovazione nella Pubblica
Amministrazione nel modo più naturale possibile, da una parte dando ai cittadini
diritti e strumenti per interagire sempre, dovunque e verso qualsiasi amministrazione
attraverso internet, posta elettronica o reti, dall’altra stabilendo che tutte le
amministrazioni devono organizzarsi per rendere le informazioni e i procedimenti
sempre disponibili in modalità digitale141; il principio di effettività della riforma –
così ricercato – è posto in essere innanzitutto attraverso la introduzione di misure
premiali e sanzionatorie, che da una parte privilegiano le amministrazioni che
dimostrano di essere virtuose nella gestione della cosa pubblica mentre dall’altra
sanzionano quelle che si siano rivelate inadempienti ai propri doveri, inoltre a quelle
più virtuose viene riconosciuta anche la possibilità di utilizzare – dopo averli
eventualmente conseguiti – i risparmi ottenuti grazie alle nuove tecnologie digitali
impiegate (in parte per incentivare il personale interessato, in parte per finanziare gli
investimenti atti a supportare il processo di informatizzazione della stessa), profitti
che possono essere facilmente valutati con il semplice raffronto di base rispetto al
precedente periodo di non-applicazione.142
141 Premessa di R. Brunetta, in DigitPA, “Il nuovo CAD: manuale d’uso”, Forum PA, Italia, 2011 142 G. S. Alemanno, “Il codice della amministrazione digitale: adempimenti e lettura guidata delle norme”, CEL, Bergamo, 2011 (p. 23-74)
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
56
Si può così dire che la riforma del Codice della Amministrazione Digitale ha
l'obiettivo di assicurare che – questa volta – le disposizioni in materia di
informatizzazione della Pubblica Amministrazione siano veramente applicate, in
modo che vengano assicurati i correlati vantaggi ai cittadini e alle imprese attraverso
la semplificazione delle relazioni con gli uffici e la riduzione cronologica dei
procedimenti, mentre questi sono garantiti agli enti grazie alla maggiore efficacia
della azione amministrativa e alla diminuzione dei costi determinata dall'uso delle
moderne tecnologie143; inoltre la riforma apporta anche alcune modifiche che
possono essere classificate come di tipo attuativo, infatti l’ambito di applicazione del
nuovo CAD è caratterizzato per un certo verso dall’allargamento dei destinatari e
delle limitazioni alla applicazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. 82/2005
(come già visto nei paragrafi in merito).
In ultima battuta per quanto concerne l’adeguamento del Codice alla rapida
evoluzione nel campo della informatica è da osservare che tale risultato è stato
raggiunto solo parzialmente, infatti la definizione degli aspetti tecnologici è
specificatamente demandata alla postuma regolamentazione secondaria proprio al
fine di recepire agilmente le innovazioni digitali, mentre la legge delega di per sé non
prevede particolari novità a riguardo eccetto che per gli aspetti inerenti alla sicurezza
informatica (firma digitale e continuità operativa) e per il ri-uso delle applicazioni144;
invero la necessità di dare risposte al rapido mutamento tecnologico produttivo
dell’ultimo quinquennio richiedeva logicamente un aggiornamento del quadro
regolatorio, laddove rispetto a queste esigenze la riedizione del CAD costituisce un
insieme organico di norme che si pone l’obiettivo di creare le condizioni giuridiche e
organizzative affinché si possa finalmente completare il passaggio da una
amministrazione tradizionale basata su carta e sul riconoscimento “de visu” dei
cittadini a una gestione realmente digitale, ispirata a modelli operativi e strumenti di
143 E. Belisario, “Ecco il CAD 2.0: pubblicate in gazzetta ufficiale le nuove norme per la digitalizzazione della PA italiana”, forumpa.it, 2011 144 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80)
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
57
comunicazione in grado di sfruttare appieno le potenzialità offerte nel mondo
odierno dalle nuove tecnologie.145
Le materie affrontate dal nuovo Codice della Amministrazione Digitale sono per lo
più caratterizzate da una forte connotazione tecnica, perciò in molti casi i principi in
esso enunciati per poter essere resi realmente operativi necessitano di una ulteriore
specificazione da parte di susseguenti provvedimenti normativi contenenti regole a
carattere tecnico, come – ad esempio – i decreti attuativi (es. formazione del
documento informatico e sottoscrizione elettronica); invece in altri ambiti il
legislatore si è limitato a concedere alle amministrazioni un lasso di tempo utile – il
cui limite maggiore è di 18 mesi – per adeguare la propria organizzazione interna alle
nuove disposizioni (es. istituzione dell’ufficio unico ICT), che tuttavia non viene
abbandonata alla sola personale sollecitudine di chi dovrebbe provvedere visto che il
d.lgs. 235/2010 ha individuato in maniera precisa con riferimento ai singoli settori di
intervento tempistiche specifiche (parametrate rispetto alla entrata in vigore del
nuovo CAD) per la emanazione di tale regolamentazione, perciò – come già
anticipato – da adesso ignorare questi obblighi non sarà più possibile dal momento
che le nuove norme prevedono termini stringenti per una applicazione graduale ma
ininterrotta della normativa e potenziano il sistema sanzionatorio per le
amministrazioni che non dovessero rispettare le precise scadenze dettate dal
Codice.146
Dopo aver così analizzato i principali aspetti generali del Codice della
Amministrazione Digitale, pare opportuno illustrare brevemente il suo contenuto al
fine di darne una visione d’insieme.
Il CAD si può dire strutturato in 3 parti principali: la 1^ stabilisce i principi generali
della Pubblica Amministrazione digitale e i nuovi diritti in capo ai cittadini e alle
imprese, la 2^ parte riguarda più da vicino gli strumenti che rendono possibile la
realizzazione della attività amministrativa informatizzata e la loro validità giuridica
145 DigitPA, “Il nuovo CAD: manuale d’uso”, Forum PA, Italia, 2011 146 Formez.pa, “Scheda introduttiva al codice della amministrazione digitale CAD”, egov.formez.it, 2013
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
58
(es. firma digitale e Posta Elettronica Certificata), e infine la 3^ ha per oggetto le
modalità, i tempi, le responsabilità e i ruoli per realizzare questa trasformazione.147
Più approfonditamente, il d.lgs. 82/2005 – come modificato dalle molteplici
revisioni succedutesi dalla sua emanazione fino ai giorni nostri – è strutturato in 92
articoli, a loro volta organizzati in 9 capi (alcuni dei quali suddivisi in più sezioni).
1) Capo I – “Principi generali” (art. 1 – 19): questo nella 1^ sezione (“Definizione,
finalità e ambito di applicazione”) detta i concetti fondamentali delineando le
definizioni di alcuni termini, la ratio e i destinatari del Codice, nella 2^ (“Diritti dei
cittadini e delle imprese”) illustra i diritti dei cittadini e delle imprese nell’uso delle
tecnologie, infine la 3^ e ultima (“Organizzazione delle pubbliche amministrazioni e
rapporti fra Stato, Regioni e autonomie locali”) è dedicata alla organizzazione degli
uffici pubblici e ai rapporti fra Stato, Regioni e autonomie locali che per raggiungere
gli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza,
semplificazione e partecipazione utilizzano le tecnologie della informazione.
2) Capo II – “Documento informatico e firme elettroniche; trasferimenti, libri e
scritture” (art. 20 – 39): questo è dedicato ai documenti informatici, in particolare è
spiegata la validità del medesimo e delle sue copie digitali e analogiche, sono
introdotte le firme elettroniche (tra cui la firma digitale e i suoi certificatori) ed è
disciplinato il trasferimento di scritture fra le pubbliche amministrazioni e fra le
medesime e i privati.
3) Capo III – “Formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici”
(art. 40 – 44-bis): anche questo è incentrato sui documenti informatici, nello
specifico si affronta il tema della dematerializzazione e del protocollo informatico.
4) Capo IV – “Trasmissione informatica dei documenti” (art. 45 – 49): questo è
l’ultimo capo che si occupa dei documenti informatici, laddove si definisce il valore
147 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 49-63)
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
59
giuridico della trasmissione informatica degli stessi, introducendo anche la Posta
Elettronica Certificata (comunemente “PEC”).
5) Capo V – “Dati delle pubbliche amministrazioni e servizi in rete” (art. 50 – 66):
questo tratta nelle prime 2 sezioni (“Dati delle pubbliche amministrazioni” e
“Fruibilità dei dati”) delle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni
prevedendone la disponibilità e la accessibilità mediante l’uso delle tecnologie della
informazione unitamente agli aspetti di sicurezza (l’argomento che più ci interessa),
inoltre definisce i contenuti dei siti web delle pubbliche amministrazioni con le loro
caratteristiche e sono definite le banche-dati di interesse nazionale; nelle altre 2
sezioni (“Servizi in rete” e “Carte elettroniche“) sono disciplinate le modalità di
fruizione dei servizi in rete e gli strumenti per l’accesso agli stessi.
6) Capo VI – “Sviluppo, riacquisizione e ri-uso di sistemi informatici nelle pubbliche
amministrazioni” (art. 67 – 71): questo è dedicato alle modalità di sviluppo e di
acquisizione dei sistemi informativi della Pubblica Amministrazione, laddove esso
detta principi generali cui devono attenersi le varie pubbliche amministrazioni nella
creazione o appropriazione di nuovi sistemi informativi.
7) Capo VII – “Regole tecniche” (art. 71): questo è costituito dal solo art. 71 facente
riferimento alle regole tecniche previste dal Codice che dovranno essere dettate con
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la
pubblica amministrazione e la innovazione, comunque conformi agli standard
europei e internazionali.
8) Capo VIII – “Sistema pubblico di connettività e rete internazionale della pubblica
amministrazione” (art. 72 – 87): questo – aggiunto successivamente dal già citato
d.lgs. 159/2006 – è dedicato al Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e alla “Rete
internazionale delle pubbliche amministrazione” (“RIPA”), che costituiscono le
infrastrutture di rete e applicative per il dialogo informatico delle pubbliche
amministrazioni.
1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la informatizzazione della Pubblica Amministrazione
60
9) Capo IX – “Disposizioni transitorie finali e abrogazioni”: questo (l’ultimo) è
dedicato – come da titolo – alle disposizioni transitorie e alle abrogazioni.148
148 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 18-80)
1.6 – La riforma del d.lgs. 235/2010
61
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della
Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni
pubbliche
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo
informatico ............................................................................................. 62
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati .. 72
2.3 – La sicurezza dei dati .................................................................... 95
2.4 – Le banche-dati territoriali e nazionali .....................................102
2.5 – I siti web istituzionali ................................................................109
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
62
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo
informatico
Con la adozione delle tecnologie – qui prese in esame – il Ministero per la
semplificazione e la pubblica amministrazione si è prefisso l’obiettivo di migliorare
la trasparenza della azione amministrativa attraverso strumenti che consentano
l’accesso allo stato dei procedimenti e ai relativi documenti da parte di cittadini, di
imprese e di amministrazioni terze (rispetto a quella procedente); è proprio tramite il
Codice della Amministrazione Digitale che per la prima volta il legislatore va a porre
l’accento sui dati di fonte pubblica come priorità del processo di e-government –
sino ad oggi rivolto prevalentemente al versante dei servizi per i cittadini – al fine di
poter rendere fruibili in modalità digitale – nei limiti del logico – tutte le
informazioni di cui dispone, mettendole a disposizione in maniera incondizionata e
completa.149
Secondo tale visione saremmo di fronte a una rivoluzione democratica prima ancora
che tecnologica, laddove la totale divulgazione dei dati in possesso della Pubblica
Amministrazione porrebbe la collettività nelle condizioni ottimali per controllare le
modalità di esercizio del potere pubblico; eppure è lo stesso Codice a smentire tale
esuberante approdo sin dalla elencazione dei principi-obiettivi sancita dall’art. 12150
comma 1151 CAD, in base alla quale l’utilizzo delle ICT da parte delle pubbliche
amministrazioni è volto essenzialmente a realizzare obiettivi di efficienza, efficacia,
economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, laddove
149 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 150 “Norme generali per l'uso delle tecnologie della informazione e delle comunicazioni nella azione amministrativa” 151 “Le pubbliche amministrazioni nell'organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie della informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per la garanzia dei diritti dei cittadini e delle imprese di cui al capo I sezione II del presente decreto.”
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo informatico
63
l’avere indicato tra di essi la trasparenza stessa significa riconoscere che la piena
visibilità dei modi di esercizio del potere pubblico è tutt’ora un risultato da
perseguire, perché – evidentemente – non ancora del tutto raggiunto.
Ai fini dei seguenti paragrafi appare sin da subito rilevante il presente riferimento
alla trasparenza, il cui significato nell’ordinamento vigente può essere rintracciato
nell’art. 22152 comma 2153 della legge 241/1990 che la collega rigidamente all’istituto
del diritto di accesso sancendo – allo stesso tempo – la strumentalità di quest’ultimo
al raggiungimento della 1^; tuttavia la relazione privilegiata tra diritto di accesso e
trasparenza deve essere verificata alla luce dell’intervenuto Codice in commento,
uno dei cui maggiori pregi risiede nell’avere finalmente compreso che le pubbliche
amministrazioni non si limitano a formalizzare la attività amministrativa in atti e
provvedimenti, ma per giungere alla decisione amministrativa finale le medesime
tengono in gran considerazione ed elaborano una imponente mole di dati e di
informazioni.154
Risulta così evidente che la trasparenza – anche quale declinazione particolare del
principio di imparzialità – si concretizza principalmente nella partecipazione al
procedimento amministrativo e nel diritto di accesso ai documenti della Pubblica
Amministrazione da parte dei cittadini, entrambi attualmente esercitabili anche – se
non soprattutto, al giorno d’oggi – mediante l’uso delle sopra-citate ICT.155
In principio numerose disposizioni prevedevano una serie di obblighi a contenuto
informatico nei confronti delle amministrazioni, ma spesso tali norme erano
sprovviste di sanzioni e – di conseguenza – troppo basso era il loro livello di
attuazione; così il legislatore delegato ha deciso in seconda battuta di dare un nuovo
152 “Definizioni e principi in materia di accesso” 153 “L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale della attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza.” 154 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203) 155 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
64
impulso alla informatizzazione delle pubbliche amministrazioni dettando nel Codice
della Amministrazione Digitale una serie di articoli (contenuti nel Capo I - Sezione
II) che pongono al centro l’utente – persona fisica o giuridica che sia – e gli
assegnano una serie di nuovi e importantissimi diritti (definiti appunto “digitali”).
Tra questi nel nostro ordinamento è ora riconosciuto il diritto del privato a
partecipare al procedimento amministrativo informatico che lo riguardi, più
precisamente all’art. 4156 comma 1157 CAD si conferisce ai privati la possibilità di
pretendere che la partecipazione al procedimento amministrativo avvenga in
modalità telematica158; la norma non descrive esplicitamente le modalità “ICT-
based” attivabili per l’esercizio della partecipazione procedimentale e del diritto di
accesso ma rinvia alle modalità già predisposte dagli art. 59 e 60 del Testo unico
sulla documentazione amministrativa (il già affrontato d.p.r. 445/2000), laddove il
termine “accesso” è riferito tanto all’esercizio del correlato diritto da parte degli
interessati (art. 59159 riguardante l’accesso esterno) sia a quello inter-amministrativo
(art. 60160 concernente l’accesso effettuato dalle altre pubbliche amministrazioni).161
156 “Partecipazione al procedimento amministrativo informatico” 157 “La partecipazione al procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi sono esercitabili mediante l'uso delle tecnologie della informazione e della comunicazione secondo quanto disposto dagli articoli 59 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445.” 158 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 159 “Accesso esterno” <<1. Per l'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, possono essere utilizzate tutte le informazioni del sistema di gestione informatica dei documenti anche mediante l'impiego di procedure applicative operanti al di fuori del sistema e strumenti che consentono la acquisizione diretta delle informazioni da parte dell'interessato. 2. A tal fine le pubbliche amministrazioni determinano, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla tutela della riservatezza dei dati personali, e nell'ambito delle misure organizzative volte ad assicurare il diritto di accesso ai documenti amministrativi i criteri tecnici ed organizzativi per l'impiego, anche per via telematica, del sistema di gestione informatica dei documenti per il reperimento, la visualizzazione e la stampa delle informazioni e dei documenti. 3. Nel caso di accesso effettuato mediante strumenti che consentono la acquisizione diretta delle informazioni e dei documenti da parte dell'interessato, le misure organizzative e le norme tecniche indicate al comma 2 determinano, altresì, le modalità di identificazione del soggetto anche mediante l'impiego di strumenti informatici per la firma digitale del documento informatico, come disciplinati dal presente testo unico.
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo informatico
65
Inoltre il comma 2162 consente l’invio di qualunque atto o documento alle pubbliche
amministrazioni mediante strumenti informatici e telematici purché vengano
rispettate le vigenti norme tecniche nella formazione e nella trasmissione degli stessi,
perciò le amministrazioni non possono rifiutare di prendere in esame i documenti
che siano stati trasmessi in tal modo.
Di conseguenza l’articolo in esame si configura come la mera versione digitale del
diritto all’accesso “tradizionale” (in forma materiale) introdotto dalla legge
241/1990, laddove esso prevede la partecipazione al procedimento amministrativo e
il diritto di accesso ai documenti amministrativi – già disciplinati – mediante l’uso
delle nuove tecnologie della informazione e della comunicazione secondo quanto
disposto dagli art. 59 e 60 del d.p.r. 445/2000163, i quali avevano precedentemente
definito i criteri per la adozione delle misure organizzative atte a garantirlo anche
con la acquisizione diretta da parte del richiedente, mantenendo peraltro la
4. Nel caso di accesso effettuato da soggetti non appartenenti alla pubblica amministrazione possono utilizzarsi le funzioni di ricerca e di visualizzazione delle informazioni e dei documenti messe a disposizione anche per via telematica attraverso gli uffici relazioni col pubblico.>> 160 “Accesso effettuato dalle pubbliche amministrazioni” <<1. Le pubbliche amministrazioni che, mediante proprie applicazioni informatiche, accedono al sistema di gestione informatica dei documenti delle grandi aree organizzative omogenee di cui al comma 4 dell'articolo 50, adottano le modalità di inter-connessione stabilite nell'ambito delle norme e dei criteri tecnici emanati per la realizzazione della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni. 2. Le pubbliche amministrazioni che accedono ai sistemi di gestione informatica dei documenti attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni utilizzano funzioni minime e comuni di accesso per ottenere le seguenti informazioni: a) numero e data di registrazione di protocollo dei documenti, ottenuti attraverso la indicazione alternativa o congiunta dell'oggetto, della data di spedizione, del mittente, del destinatario; b) numero e data di registrazione di protocollo del documento ricevuto, ottenuti attraverso la indicazione della data e del numero di protocollo attribuiti dalla amministrazione al documento spedito. 3. Ai fini del presente articolo, le pubbliche amministrazioni provvedono autonomamente, sulla base delle indicazioni fornite dalla autorità per la informatica nella pubblica amministrazione, alla determinazione dei criteri tecnici ed organizzativi per l'accesso ai documenti e alle informazioni del sistema di gestione informatica dei documenti.>> 161 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203) 162 “Ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l'uso delle tecnologie della informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa.” 163 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
66
riservatezza sui documenti esclusi da questa ostensione164; la scelta se avvalersi della
modalità cartacea o di quella informatica compete unicamente al privato (scelta che
la amministrazione ha l’onere di rispettare), di conseguenza questa norma costringe
– implicitamente – le amministrazioni ad organizzarsi in modo tale da rendere
disponibili gli atti e i documenti anche in formato digitale ed essere in grado di
ricevere i medesimi per via telematica, laddove l’obiettivo – pure in questo caso – è
quello di svolgere la attività amministrativa online senza dover costringere il
cittadino a recarsi fisicamente allo sportello.165
Appare evidente che rispetto alla disciplina pregressa l’art. 4 del Codice non
introduce un nuovo diritto, infatti la possibilità di prendere parte al procedimento
ovvero di accedere ai documenti della Pubblica Amministrazione risulta già
consacrata dalla legge 241/1990 (la cui disciplina sostanziale rimane immutata),
perciò questa nuova disposizione si limita a consentire una diversa modalità di
attuazione dei medesimi istituti giuridici; in pratica il legislatore, opportunamente
considerando le potenzialità di semplificazione implicite nelle ICT, ha voluto così
attraverso il Codice assicurarne l’impiego agli interessati che le ritenessero preferibili
ai modelli tradizionali, laddove in questo modo non si può dire neanche che
individui un nuovo diritto – quello all’uso delle tecnologie – poiché il suo
riconoscimento è già operato dall’art. 3166 comma 1167 CAD, ma tutt’al più conferma
in capo ai cittadini legittimati la titolarità di una situazione giuridica soggettiva
abilitante alla partecipazione ovvero all’accesso, operando un ovvio – e per questa
ragione nemmeno esplicitato – rinvio alla precedente regolazione.168
164 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 165 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 166 “Diritto all'uso delle tecnologie” 167 “I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, con i soggetti di cui all'articolo 2 comma 2, e con i gestori di pubblici servizi ai sensi di quanto previsto dal presente codice.” 168 Commento di S. Tatti, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166)
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo informatico
67
La normativa sulla partecipazione costituisce il cuore pulsante della disciplina del
procedimento amministrativo, poiché questa mira a trasformare i cittadini da
spettatori in protagonisti e – pertanto – conduce ad una radicale ristrutturazione in
chiave democratica dei rapporti tra amministratori ed amministrati; in tale ottica una
partecipazione sostanziale dei cittadini alla attività procedimentale va a modificare in
profondità le linee direttive riguardanti l’operato dei pubblici poteri comportando
una trasformazione sostanziale della gestione della cosa pubblica da
“amministrazione-autorità” ad “amministrazione-servizio”, in forza della quale la
Pubblica Amministrazione è tenuta a uniformare la propria condotta al criterio di
collaborazione e soprattutto a dar conto ai privati del proprio operato.
Tutto ciò avviene in una ottica di perseguimento delle seguenti finalità: la
democratizzazione della azione amministrativa attraverso il riconoscimento
normativo del diritto degli interessati di intervenire nel procedimento affinché il
provvedimento finale non sia più la esclusiva manifestazione della volontà
unilaterale della Pubblica Amministrazione ma risulti come il prodotto del concorso
di tutti i soggetti partecipanti, la trasparenza della azione amministrativa tramite
l’intervento degli interessati nel procedimento che consenta loro in astratto
l’esercizio di un reale controllo sull’operato dei pubblici poteri e in concreto la
possibilità di proporre istanze, rilievi e considerazioni all’indirizzo della
amministrazione procedente, infine la prevenzione dei ricorsi amministrativi e
giurisprudenziali in modo da consentire ai privati di tutelare i propri interessi già nel
corso del procedimento senza dovere necessariamente attendere la conclusione
dell’iter per poi impugnare all’esito di questo il provvedimento.169
Occorre rilevare che la rubricazione dell’articolo apparentemente è dedicata in
maniera esclusiva alla partecipazione al procedimento amministrativo informatico,
mentre il suo testo disciplina in egual modo – se non maggioritario – anche il diritto
di accesso in generale senza però specificare se questo riguardi solo il suo aspetto
169 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
68
infra-procedimentale o anche quello esterno; tuttavia pare logico interpretare tale
disposto secondo la ratio complessiva del Codice (ovvero quella di favorire lo
sviluppo di una rete comunicativa diffusa tra amministratore ed amministrati) in
modo che sotto questo profilo non sembrano esservi ragioni valide per escludere
dalla applicazione dell’articolo la disciplina dell’accesso esterno170.
Invece per quanto riguarda l’altra questione, nonostante sia pur vero che l’accesso ai
documenti della istruttoria sia una delle facoltà in cui si sostanzia tipicamente la
partecipazione procedimentale, il primo resta un istituto del tutto autonomo dal
secondo e allo stesso non univocamente riconducibile171; in tal modo si evidenzia
che l’art. 4 fa riferimento sia al generale diritto di accesso (così come disciplinato nel
Capo V172 della legge 241/1990) che al diritto di prendere visione degli atti del
procedimento come modalità di intervento nel procedimento (previsto dal Capo
III173 del medesimo testo legislativo), trattando delle ipotesi di accesso dall’esterno
da parte di soggetti legittimati all’esercizio del relativo diritto, di quelli coinvolti nel
procedimento o infine di quelli in esso intervenuti, cioè sostanzialmente di tutte le
fattispecie riconducibili in capo a privati nei confronti della Pubblica
Amministrazione.
Portando la attenzione sull’aspetto che qui più ci interessa – come già detto – il
diritto di accesso (definito dall’art. 22174 comma 1175 lettera a176 della legge 241/1990
come il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia dei documenti
amministrativi) è una articolazione imprescindibile del principio di trasparenza, in
forza del quale i cittadini devono essere posti nella condizione di esercitare un
controllo adeguato sulla azione amministrativa al fine di verificarne la efficienza e la
170 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 171 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203) 172 “Accesso ai documenti amministrativi” 173 “Partecipazione al procedimento amministrativo” 174 “Definizioni e principi in materia di accesso” 175 “Ai fini del presente capo si intende per:” 176 “<<diritto di accesso>>: il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;”
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo informatico
69
imparzialità (rinviando parzialmente anche al principio di buon andamento della
Pubblica Amministrazione ex art. 97 comma 1177 della Costituzione).
Sono quindi soggette all’accesso tutte le tipologie di attività delle pubbliche
amministrazioni e di conseguenza anche gli atti disciplinati dal diritto privato, atteso
che quest’ultimi rientrano normalmente nella attività di amministrazione – in senso
stretto – degli interessi della collettività e che la legge non ha introdotto alcuna
deroga alla generale operatività del principio di trasparenza – non garantendo alcuna
zona franca – nei confronti della attività extra-pubblicistica; così – pur senza
spingersi a dichiarare accessibili tutte le informazioni in possesso della Pubblica
Amministrazione – si è voluto consentire il diritto di accesso non solo al
provvedimento finale, ma altresì a qualsiasi rappresentazione posta in essere con
qualunque mezzo (grafico, foto-cinematografico, elettro-magnetico o di altra specie)
del contenuto di atti – anche interni – formati dalle stesse pubbliche
amministrazioni e comunque utilizzati ai fini della gestione della cosa pubblica (in
linea con quanto già affermato dall’art. 22 comma 1 lettera d178 della legge
241/1990).179
Per tale via è stato individuato un modello intermedio di accessibilità documentale,
avente a oggetto non una qualsiasi informazione in possesso delle pubbliche
amministrazioni ma solo quella a contenuto di atti incorporati su un supporto di
qualunque specie; si può ritenere allora che il principio di neutralità del supporto in
cui è incamerato il contenuto degli atti, di per sé in grado di giustificare un accesso
generalizzato a qualsiasi dato nella disponibilità della singola amministrazione, è in
qualche modo limitato dall’oggetto accessibile individuato nel contenitore dei
documenti stessi.
177 “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità della amministrazione.” 178 “[...] <<documento amministrativo>>: ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.” 179 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
70
Una tale scelta costituisce un 1° filtro di natura oggettiva alla conoscibilità dei dati
nella disponibilità della Pubblica Amministrazione, a cui si aggiunge un 2° ulteriore
schermo di natura soggettiva laddove i legittimati ad accedere ai documenti
amministrativi sono individuati in tutti i privati – compresi quelli portatori di
interessi pubblici o diffusi – che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale
corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata che è collegata al
documento per il quale è richiesto l’accesso; se ne può dedurre che la legittimità alla
partecipazione discende dalla appartenenza del soggetto alla categoria degli
“interventori necessari” ovvero di quelli “volontari”, laddove i primi coincidono con
i diretti destinatari del provvedimento finale, con i soggetti ai quali la legge impone
di intervenire e con coloro che – pur essendo diversi dai diretti destinatari del
provvedimento – possono essere comunque pregiudicati dalla decisione della
Pubblica Amministrazione (purché individuati o facilmente individuabili), quindi
l’intervento è praticabile da chiunque sia titolare di un interesse –
indipendentemente dalla natura pubblica o privata di quest’ultimo – esposto al
rischio di un pregiudizio da parte del provvedimento amministrativo. 180
In conclusione, ciò che emerge con chiarezza da questa analisi è che il legislatore del
1990 – avendo sancito un nesso privilegiato tra trasparenza e accesso – ha inteso
garantire la prima attraverso il ristretto ambito della tutela delle situazioni soggettive,
ne consegue che il secondo è necessariamente una situazione strumentale alla tutela
di posizioni giuridiche differenti e che l’interesse che lo legittima non deve
coincidere obbligatoriamente con quello a impugnare il provvedimento finale
(cosiddetta “autonomia del diritto di accesso”); questa scelta in seguito è stata
confermata successivamente anche dal legislatore del 2005, il quale – pur
estendendo l’ambito di operatività della trasparenza alla intera azione amministrativa
– ha anche precisato che non sono ammissibili istanze di accesso preordinate a un
controllo generalizzato della operato delle pubbliche amministrazioni (art. 24181
180 Commento di S. Tatti, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 181 “Esclusione dal diritto di accesso”
2.1 – La partecipazione al procedimento amministrativo informatico
71
comma 3182, così come modificato dalla legge 15/2005), con ciò sancendo un
pesante ostacolo ai tentativi di concepire il diritto di accesso ai documenti
amministrativi come un veicolo di controllo democratico sulla attività svolta dai
pubblici poteri.183
182 “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni.” 183 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
72
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei
dati
La azione amministrativa nell’ordinamento italiano è stata da sempre imperniata sul
concetto di documento, inteso come vero e proprio risultato dell’esercizio dei poteri
pubblici e fulcro dei rapporti tra amministrazione e privati; la 1^ fase di
digitalizzazione della Pubblica Amministrazione non ha alterato questo ruolo
fondamentale del documento che – seppure nella sua forma informatica – ha
conservato immutata la propria centralità.
Ciononostante tale impostazione ha offerto il fianco alle critiche di chi riteneva che
in questo modo non si sfruttassero appieno tutte le inedite potenzialità offerte dalle
nuove tecnologie, in quanto ciò che nella modalità tradizionale è pratico in quella
informatica può risultare farraginoso; invero si è osservato come l’uso dei nuovi
progressi tecnici potesse rappresentare un fattore di razionalizzazione della attività
amministrativa – con notevoli benefici in termini di efficienza e trasparenza – ove si
fosse posta al centro dell’intero sistema la informazione digitale e non più il
documento (sebbene in modalità digitale).
Perciò si è aperta una 2^ fase del processo di informatizzazione delle pubbliche
amministrazioni improntata alla inter-operabilità tra le singole amministrazioni, alla
re-ingegnerizzazione dei processi e alla effettiva transizione verso modalità di
erogazione dei servizi online a cittadini e a imprese, laddove a livello normativo ciò
passa necessariamente per la presa d’atto della crisi del documento e della
consacrazione del dato al fine di ottimizzare le relazioni interne ed esterne delle
amministrazioni e poter così migliorare la erogazione di servizi online a cittadini e
imprese; in particolare si deve tener conto che ogni processo decisionale delle
pubbliche amministrazioni ha necessariamente alla base la elaborazione di una
informazione, infatti proprio questo è il motivo che rende così rilevante la loro
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
73
razionale organizzazione e gestione strategica in una ottica di condivisione e inter-
operabilità dei sistemi.
Sotto questo profilo della massima importanza è la definizione di dato delle
pubbliche amministrazioni contenuta all’art. 1184 comma 1185 lettera m186 CAD in
base al quale per tale deve intendersi quello formato o comunque trattato da una
Pubblica Amministrazione, laddove questa si tratta di una definizione volutamente
ampia per ricomprendere non solo le informazioni prodotte in prima persona dalle
amministrazioni ma anche quelli formati da altri soggetti e comunque trattati dai
pubblici ufficiali187; in pratica è stata delineata come una nozione onni-comprensiva
che di fatto ingloba tutta la enorme mole di dati che le pubbliche amministrazioni
producono, utilizzano e conservano nello svolgimento dei propri compiti
istituzionali.188
Percorrendo un breve passo indietro possiamo considerare i dati come nuclei
informativi di base, laddove essi possono essere per così dire auto-sufficienti (in
quanto ex-se costituiscono ciò che siamo soliti chiamare informazione) oppure non
esserlo (in questo caso solo la propria corretta aggregazione può fornire loro un
qualche significato), ma un suo significato alternativo è quello di elemento – o serie
di elementi – accertato e verificato che può formare oggetto di indagini, ricerche ed
elaborazioni o che comunque consenta di giungere a determinate conclusioni;
cionondimeno per meglio metterne a fuoco il senso può risultare utile far
riferimento a una nozione già codificata nel nostro ordinamento, più precisamente
quella di “dato personale” dettato dal Codice della privacy, laddove viene definito
come tale qualunque informazione relativa a persona (fisica o giuridica), ente o
184 “Definizioni” 185 “Ai fini del presente codice si intende per:” 186 “<<dato delle pubbliche amministrazioni>>: il dato formato, o comunque trattato, da una pubblica amministrazione;” 187 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 188 Commento di E. Belisario, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
74
associazione, identificati o identificabili – anche indirettamente – mediante
riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione
personale (art. 4189 comma 1190 lettera b191 del d.lgs. 196/2003).
Invece con specifico riferimento ai “dati pubblici” possiamo affermare in prima
analisi che questi si trattino di quelle informazioni raccolte e utilizzate dai soggetti
pubblici nell’ambito delle rispettive attività istituzionali, tuttavia si deve precisare che
in relazione a essi si possono configurare diverse accezioni: sono in 1° luogo i dati
accessibili pubblicamente (come descritto dall’art. 1 comma 1 lettera n192 CAD)
ovvero quelli per i quali mancano del tutto i requisiti di riservatezza per l’accesso (gli
atti normativi ne sono un tipico esempio), inoltre una 2^ ipotesi riguarda quelli
detenuti da soggetti pubblici con riferimento preponderante alla natura pubblica del
soggetto che svolge determinate azioni su di essi, e infine in 3^ e ultima battuta
possiamo definirli come quelli di interesse per un soggetto pubblico laddove il
carattere del soggetto è qui riferito non a chi detiene il dato (ovvero il titolare) ma al
fruitore del medesimo.193
A ben guardare l’aver precisato che il dato debba essere formato o comunque
trattato dalla Pubblica Amministrazione, se senz’altro precisa la sua nozione rispetto
alla mera formazione, come contro-indicazione richiede di specificare in maniera più
dettagliata il significato di “trattamento”, difatti è noto che una definizione settoriale
è già presente nella legislazione in tema di riservatezza (art. 4 comma 1 lett. b194) che
indica ben 17 attività integranti il trattamento dei dati personali, perciò occorre
189 “Definizioni” 190 “Ai fini del presente codice si intende per:” 191 “<<dato personale>>: qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;” 192 “<<dato pubblico>>: il dato conoscibile da chiunque;” 193 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 194 “[...] <<trattamento>>: qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, la elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'inter-connessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;”
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
75
interrogarsi sulla sua possibile trasposizione nel plesso normativo disciplinato dal
CAD.
La soluzione positiva condurrebbe a un apparente paradosso poiché la ampiezza di
significato così attribuita al trattamento dei dati personali in materia di riservatezza
troverebbe simmetrica corrispondenza nell’ambito della disponibilità dei dati delle
pubbliche amministrazioni, con l’inevitabile conseguenza che uno dei 2 ambiti
dovrebbe necessariamente recedere in presenza dell’altro; fermo restando che i dati
personali hanno già a livello costituzionale una tutela ad hoc che tutti gli altri “dati
semplici” non hanno, una possibile soluzione potrebbe essere individuata nella
differente ampiezza di oggetto delle 2 discipline, infatti il Codice in materia di
protezione dei dati personali è norma speciale rispetto al Codice della
Amministrazione Digitale già a partire dal suo oggetto, pertanto il 1° con specifico
riferimento ai dati personali dovrà ritenersi prevalente rispetto al 2° che invece
riguarda i dati “tout court".
La soluzione negativa dal canto suo costringerebbe a individuare caso per caso ed
ex-post quelle attività qualificabili come “contenuto minimo” del trattamento, così
in tale ultima prospettiva la perifrasi “dato formato o comunque trattato” potrebbe
essere intesa in 2 accezioni, ovvero il dato messo in ogni modo a disposizione della
Pubblica Amministrazione e quello che abbia subito un minimo di elaborazione a
fini amministrativi da parte della stessa (ciò a prescindere dalla circostanza che la
stessa lo abbia o meno formato in prima persona); in realtà il tenore letterale della
disposizione qui presa in esame suggerisce di accantonare la interpretazione negativa
prospettata in quanto non-coerente con la ratio del legislatore, di conseguenza si
ritiene preferibile quella positiva il cui pregio risiede nel fatto che la nozione di
trattamento verrebbe ancorata a parametri certi determinati ex-ante e perciò di certa
applicazione in sede di verifica giurisdizionale.
In questo quadro – così delineato – il Codice della Amministrazione Digitale per la
prima volta afferma in modo incisivo il ruolo del dato – accanto al documento –
quale presupposto indefettibile per la compiuta digitalizzazione della azione
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
76
amministrativa, dunque trova qui compimento il processo di dematerializzazione dei
flussi informativi e al contempo viene valorizzato l’enorme patrimonio di notizie
raccolte e prodotte dalle varie amministrazioni; la informazione diventa così la
chiave di volta di un sistema amministrativo che – pur preservando le necessarie
esigenze di certezza e di autenticità – guarda ai dati contenuti nei registri pubblici
come a una straordinaria risorsa, non solo nella ottica di assicurare la trasparenza nei
confronti degli amministrati ma anche ai fini di un possibile miglioramento della
efficienza e della efficacia della azione stessa dei pubblici poteri.195
Addentrandosi nella analisi della normativa inerente (Sezione I del Capo V), il
comma 1196 dell’art. 50197 CAD attiene specificatamente ai dati delle pubbliche
amministrazioni ed è schematicamente scomponibile in 3 disposizioni, una 1^ parte
che sancisce il nesso della formazione, raccolta, conservazione, messa a disposizione
e accessibilità dei dati con l’uso delle ICT, una 2^ che finalizza tale connubio alla
fruizione e alla riutilizzazione dei dati – alle condizioni fissate dall’ordinamento – da
parte delle altre pubbliche amministrazioni e dei privati, e infine una 3^ che specifica
i limiti di conoscibilità dei dati stessi sanciti da leggi e regolamenti, facendo salve
anche le norme in materia di protezione dei dati personali e di ri-utilizzo delle
informazioni nel settore pubblico; sostanzialmente questa norma prevede che tutta
la Pubblica Amministrazione utilizzi le tecnologie della informazione e della
comunicazione per ogni operazione da svolgere sui dati di loro pertinenza (dalla
formazione originaria alla archiviazione finale), contribuendo alla definitiva
estinzione della gestione cartacea degli stessi.198
195 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 196 “I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie della informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall'ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di ri-utilizzo delle informazioni del settore pubblico.” 197 “Disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni” 198 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121)
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
77
Gli adempimenti di tipo organizzativo e tecnologico qui illustrati sono posti
primariamente in essere per assicurare la disponibilità dei dati, necessaria – a sua
volta – per garantirne la fruizione e la riutilizzazione da parte di soggetti terzi (siano
essi privati o altre pubbliche amministrazioni); in particolare la nozione di
“fruibilità” è espressamente definita dallo stesso Codice (all’art. 1 comma 1 lettera
t199 CAD) come la possibilità di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi
informativi automatizzati di una altra amministrazione, laddove ciò pone alla ribalta
la questione sulla sottile linea di confine esistente tra fruizione e riutilizzazione.
Invece la definizione di “ri-utilizzo” è esterna al Codice ed è sancita nella direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio 98/CE del 17 novembre 2003200 relativa al
ri-utilizzo della informazione nel settore pubblico, che la individua positivamente
come l’uso di documenti in possesso degli enti pubblici da parte di persone fisiche o
giuridiche, a fini commerciali o non-commerciali diversi dallo scopo iniziale –
nell’ambito dei compiti di servizio pubblico – per i quali i documenti sono stati
prodotti, cosicché lo scambio di documenti tra enti pubblici adoperato
esclusivamente in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico non
costituisce di per sé ri-utilizzo (art. 2201 comma 1202 numero 4203); in questo caso la
normativa comunitaria si basa sulla considerazione che i dati prodotti e detenuti
dalle pubbliche amministrazione costituiscono una vera e propria risorsa – finora
sottovalutata – da sfruttare nella maniera migliore possibile per la crescita
economica, pertanto ne promuove il ri-utilizzo. 204
199 “[...] <<fruibilità di un dato>>: la possibilità di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un'altra amministrazione;” 200 “Ri-utilizzo della informazione del settore pubblico” 201 “Definizioni” 202 “Ai fini della presente direttiva si intende per:” 203 “<<ri-utilizzo>>: l'uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti. Lo scambio di documenti tra enti pubblici esclusivamente in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico non costituisce ri-utilizzo;” 204 Commento di E. Belisario, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
78
Purtuttavia la direttiva sul ri-utilizzo risulta fortemente condizionata dalle legislazioni
nazionali, in quanto la sua disciplina non si applica ai documenti esclusi dall’accesso
(art. 1205 comma 2206 lettera c207) e si basa – senza recar loro pregiudizio – sui regimi
esistenti nei singoli Stati membri, quindi la presente direttiva non ha efficacia nei casi
in cui i cittadini o le imprese devono dimostrare di avere un particolare interesse
all’ottenimento dell’accesso ai documenti (art. 1 comma 3208); diretta conseguenza di
tale previsione nel nostro ordinamento è che, stante il filtro soggettivo previsto dalla
legge 241/1990 per l’esercizio del diritto di accesso, la direttiva sul ri-utilizzo
paradossalmente non sembra trovare applicazione ai dati ricadenti nell’area del
diritto di accesso. 209
Inoltre il decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36210, che ha recepito in Italia la
suddetta normativa europea regolandone in concreto le modalità, ha previsto in un
primo momento che le pubbliche amministrazioni non avessero l’obbligo di
consentire il ri-utilizzo dei documenti contenenti dati pubblici nella loro
disponibilità, ma la decisione di consentire o meno tale azione sarebbe spettata
univocamente alla amministrazione o all’organismo interessato, salvo diversa
previsione di legge o di regolamento e il loro utilizzo per motivi statistici (art. 1211
comma 2212); pertanto inizialmente il decreto di recepimento della direttiva
comunitaria sembrava in parte contraddire il dettato previsto dal Codice della
Amministrazione Digitale, considerando il dato riutilizzabile da altra
205 “Oggetto e ambito di applicazione” 206 “La presente direttiva non si applica:” 207 “ai documenti esclusi dall'accesso in virtù dei regimi di accesso degli Stati membri, anche per motivi di: - tutela della sicurezza nazionale (ossia della sicurezza dello Stato), difesa o sicurezza pubblica; - segreto statistico o commerciale;” 208 “La presente direttiva si basa, senza recar loro pregiudizio, sui regimi di accesso esistenti negli Stati membri. La presente direttiva non si applica nei casi in cui i cittadini o le imprese devono dimostrare, in virtù del regime di accesso, di avere un particolare interesse all'ottenimento dell'accesso ai documenti.” 209 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203) 210 “Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al ri-utilizzo di documenti nel settore pubblico” 211 “Oggetto ed ambito di applicazione” 212 “Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico non hanno l'obbligo di consentire il ri-utilizzo dei documenti di cui al comma 1. La decisione di consentire o meno tale ri-utilizzo spetta alla amministrazione o all'organismo interessato, salvo diversa previsione di legge o di regolamento.”
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
79
amministrazione solo se concesso direttamente da quella titolare, se esplicitamente
previsto da una legge o da un regolamento oppure se richiesto a fini statistici, ma in
realtà la questione già si ricomponeva dopo aver considerato che il d.lgs. 36/2006
differenzia rigidamente il concetto di ri-utilizzo dei documenti contenenti dati
pubblici da quello di scambio degli stessi (definito come la cessione di documenti
finalizzata esclusivamente all’adempimento dei compiti istituzionali fra pubbliche
amministrazioni od organismi di diritto pubblico), tuttavia la questione venne
comunque risolta ex-post con il decreto legislativo 15 maggio 2015 n. 102213 che ha
modificato integralmente il problematico comma con una versione214 che non dà più
adito a dubbi.215
Proseguendo nella analisi dell’articolo ci si rende immediatamente conto che in
realtà il Codice della Amministrazione Digitale non si limita a porre la informazione
digitale al centro del procedimento amministrativo elettronico ma va oltre, fino ad
affermare alcuni importanti principi in materia.
Il più importante è sicuramente il cosiddetto “principio di disponibilità” dei dati
pubblici (dapprima nunciato all’art. 2 comma 1 CAD e in seguito declinato in
maniera più approfondita dall’art. 50 comma 2216), laddove per “disponibilità” si
intende la possibilità di accedere ai dati senza restrizioni non-riconducibili a esplicite
213 “Attuazione della direttiva 2013/37/UE che modifica la direttiva 2003/98/CE, relativa al ri-utilizzo della informazione del settore pubblico” 214 “Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico provvedono affinché i documenti cui si applica il presente decreto legislativo siano ri-utilizzabili a fini commerciali o non commerciali secondo le modalità previste dal medesimo decreto, inclusi i documenti i cui diritti di proprietà intellettuale sono detenuti da biblioteche, comprese le biblioteche universitarie, i musei e gli archivi, qualora il ri-utilizzo di questi ultimi documenti sia autorizzato in conformità alle disposizioni di cui alla Parte II, Titolo II, Capo III, del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, nonché a quelle di cui alla Parte II, Titolo VII, Capo II, del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196.” 215 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179) 216 “Qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, con le esclusioni di cui all'articolo 2 comma 6, salvi i casi previsti dall'articolo 24 della legge 7 agosto 1990 n. 241, e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali della amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima, salvo la prestazione di elaborazioni aggiuntive; è fatto comunque salvo il disposto dell'articolo 43 comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
80
norme di legge (art. 1 comma 1 lettera o217), allorché la portata innovativa di questo
principio risiede nell’affermare che ciascuna amministrazione deve rendere
accessibili e fruibili – in modalità digitale – alle altre amministrazioni i dati di cui è
titolare.
Pertanto mentre la disponibilità per i privati resta soggetta alle limitazioni generali
stabilite dalla normativa sull’accesso ai documenti amministrativi (che non viene
sostanzialmente intaccata dal CAD), più ampia e tendenzialmente generalizzata è la
disponibilità per gli altri enti pubblici, il che costituisce una novità assoluta non
essendo prevista da alcuna previgente normativa in materia di documento
informatico218; nelle intenzioni del legislatore tale norma dovrebbe ottimizzare i
flussi informativi in una realtà – quella delle amministrazioni – tradizionalmente
caratterizzata da gravi difetti di comunicazione, così attraverso la effettiva
disponibilità dei dati della Pubblica Amministrazione al suo interno si persegue il
fine di migliorare la efficienza della azione amministrativa, in considerazione dei
benefici che derivano dalla condivisione, dalla integrazione e dallo scambio di
informazioni tra gli uffici.
Per assicurare la citata effettività di questa disposizione – che ha portata generale – il
Codice ha posto un vero e proprio obbligo per le amministrazioni di attivarsi a
livello tecnologico e organizzativo, poiché la disponibilità del dato in veste digitale
presuppone che lo stesso sia formato, raccolto e conservato (evoluzione che quindi
comprende tutto il ciclo vitale dello stesso, dalla creazione o acquisizione fino
all’assorbimento finale) con l’uso di tecnologie della informazione e della
comunicazione che consentano la fruizione e la riutilizzazione da parte dei cittadini,
delle imprese e degli altri uffici pubblici (in una situazione simile a quella venutasi a
formare in seguito alla statuizione del diritto di accesso a opera della legge
241/1990); in aggiunta si precisa che la disponibilità dei dati in formato digitale
costituisce anche un pre-requisito necessario per garantire il diritto di accesso
217 “[...] <<disponibilità>>: la possibilità di accedere ai dati senza restrizioni non riconducibili a esplicite norme di legge;” 218 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121)
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
81
previsto dalla – già esaminata – legge 241/1990 anche nella modalità telematica
espressamente prevista dal successivo art. 52 CAD, quindi le amministrazioni sono
obbligate ad attrezzarsi perché – come noto – non possono essere invocate
difficoltà organizzative per impedire o per differire l’accesso da parte
dell’interessato. 219
Cionondimeno disponibilità non significa automatica condivisione di tutte le
informazioni o accesso indiscriminato alle stesse, infatti i limiti alla conoscibilità dei
dati rimangono quelli previsti dalle leggi e dai regolamenti.
Difatti in base alla successiva 2^ parte del comma 2 dell’art. 50 CAD, in coerenza
con le esclusioni oggettive dalla applicazione del Codice previste dal – ben
conosciuto – art. 2 comma 6, la norma non è operativa per i dati trattati nelle attività
attinenti alle consultazioni elettorali, alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica o
della difesa e sicurezza nazionale, oltre alle particolari modalità di applicazione
previste per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per la amministrazione
economico-finanziaria; inoltre sono esclusi dalla applicazione della norma i dati per i
quali l’art. 24220 comma 1221 della legge 241/1990 estromette il diritto di accesso (che
fanno specifico riferimento ai segreti di stato, ai procedimenti tributari e alla attività
della Pubblica Amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi,
amministrazione generale, pianificazione o programmazione), ma tale conclusione
poteva già desumersi dalla salvezza generale dei limiti alla conoscibilità previsti dalle
219 Commento di E. Belisario, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 220 “Esclusione dal diritto di accesso” 221 “Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977 n. 801 e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; c) nei confronti della attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
82
leggi e dai regolamenti di cui al comma 1 (a cui è riconducibile senza alcuno sforzo
interpretativo). 222
Un ulteriore limite è rappresentato dal necessario rispetto della legislazione in
materia di protezione dei dati personali, laddove il richiamo alla normativa in tema
di privacy è sicuramente indicativo delle intenzioni del legislatore di evitare che
l’accesso telematico rechi con sé rischi di conoscenza dei dati anche da parte di
soggetti non-autorizzati; appare poi evidente la volontà di evitare che la inter-
connessione possa comportare controlli indebiti e indiscriminati sui cittadini,
assicurando – con una clausola che sommariamente riproduce il cosiddetto
“principio di finalità” già previsto dall’art. 18223 comma 2224 del d.lgs. 196/2003 –
che i trattamenti di dati personali avvengano esclusivamente nell’ambito della
propria attività pubblica e che la informazione richiesta sia necessaria per
l’espletamento delle funzioni istituzionali della amministrazione richiedente, la quale
pertanto nella richiesta di accesso ai dati di un altro ente pubblico dovrà specificare i
motivi della stessa e l’uso che farà delle informazioni così ottenute.
I rapporti tra amministrazione cedente e quella richiedente potranno
facoltativamente essere disciplinati anche tramite apposite convenzioni ai sensi del
vecchio art. 58 comma 2225 CAD, in cui dovranno essere indicati le condizioni e i
limiti all’accesso posti a tutela della riservatezza dei dati personali; inoltre è
importante evidenziare come il legislatore si sia occupato anche dei costi del
suddetto accesso, sancendo che quest’ultimo deve avvenire senza oneri (salvo solo il
riconoscimento di eventuali costi eccezionali). 226
222 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 223 “Principi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici” 224 “Qualunque trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali.” 225 “Le pubbliche amministrazioni possono stipulare tra loro convenzioni finalizzate alla fruibilità informatica dei dati di cui siano titolari.” 226 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200)
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
83
Infine è fatto comunque salvo il disposto dell'articolo 43227 comma 4228 del d.p.r.
445/2000, laddove si prevede che al fine di agevolare la acquisizione d'ufficio di
informazioni e di dati relativi a stati, qualità personali e fatti (contenuti in albi,
elenchi o pubblici registri) le amministrazioni certificanti siano tenute a consentire
alle amministrazioni procedenti – senza oneri – la consultazione per via telematica
dei loro archivi informatici (nell’ovvio rispetto della riservatezza dei dati personali).
Proseguendo nella lettura dell’articolo si perviene a conoscenza della statuizione che
sancisce come in tutti i casi dello scambio di dati fra pubbliche amministrazioni
questi devono avvenire nel rispetto delle regole tecniche sul Sistema Pubblico di
Connettività (art. 50 comma 3229 CAD); quindi le amministrazioni devono utilizzare
le specifiche tecnologie che siano in grado di dialogare tra loro in modo da
consentire il reciproco e rapido utilizzo delle informazioni, ovvero in definitiva la
inter-connessione e la inter-operabilità tra le reti che gestiscono i flussi informativi
dei vari enti.
Con gli articoli sopra esaminati il nuovo CAD completa il percorso di
semplificazione – avviato nel decennio precedente – che obbliga la amministrazione
italiana a non richiedere informazioni di cui già dispone (direttamente o
indirettamente tramite i diversi organi pubblici) effettuando poi i necessari controlli
sulle dichiarazioni sostitutive presentate, dunque il legislatore stabilisce le modalità
informatiche attraverso le quali la Pubblica Amministrazione si presenta al cittadino
come entità unica ed efficiente. 230
227 “Accertamenti d'ufficio” 228 “Al fine di agevolare la acquisizione d'ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri, le amministrazioni certificanti sono tenute a consentire alle amministrazioni procedenti, senza oneri, la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici, nel rispetto della riservatezza dei dati personali” 229 “Al fine di rendere possibile l'utilizzo in via telematica dei dati di una pubblica amministrazione da parte dei sistemi informatici di altre amministrazioni la amministrazione titolare dei dati predispone, gestisce ed eroga i servizi informatici allo scopo necessari, secondo le regole tecniche del sistema pubblico di connettività di cui al presente decreto.” 230 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
84
Avanzando nello sfoglio del Codice della Amministrazione Digitale ci si imbatte
presto in un forte senso di déjà-vu, poiché anche l’accesso telematico espressamente
riconosciuto dalla vecchia versione dell’art. 52231 comma 1232 CAD – lungi dal
rappresentare un nuovo diritto – costituisce una mera differente modalità di
esercizio della medesima prerogativa di cui al solito art. 22 della legge 241/1990,
laddove al posto dell’ingresso materiale negli uffici e negli archivi cartacei delle
pubbliche amministrazioni si trova il collegamento telematico ai sistemi informatici e
alle banche-dati della stessa, con gli indubbi vantaggi che le moderne tecniche di
consultazione e di interrogazione consentono233; in pratica questa disposizione
concerne il solo profilo delle procedure attraverso le quali realizzare il suddetto
accesso sancendo un principio di tendenziale equivalenza fra le diverse forme
possibili, in particolare fra l’accesso realizzato per via telematica e quello perpetrato
secondo lo schema tradizionale.234
Nello specifico l’art. 52 (per certi versi sovrapponibile al già esaminato art. 4 CAD)
disciplina l’accesso telematico ai dati, documenti e procedimenti della Pubblica
Amministrazione attribuendo alle singole amministrazioni la relativa potestà
normativa, indicando la disciplina applicabile nelle disposizioni dello stesso Codice e
precisando che ciò dovrà avvenire nel rispetto delle disposizioni normative in
materia di protezione dei dati personali, di accesso ai documenti amministrativi, di
tutela del segreto e di divieto della divulgazione.
Invero la vera novità del presente articolo può essere rintracciata nell’avere riservato
l’accesso telematico anche ai dati e ai procedimenti e non solo ai documenti delle
amministrazioni pubbliche, tuttavia tale conclusione – che apparentemente sembra
231 “Accesso telematico ai dati e documenti delle pubbliche amministrazioni” 232 “L'accesso telematico a dati, documenti e procedimenti è disciplinato dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni del presente codice e nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento in materia di protezione dei dati personali, di accesso ai documenti amministrativi, di tutela del segreto e di divieto di divulgazione. I regolamenti che disciplinano l'esercizio del diritto di accesso sono pubblicati su siti pubblici accessibili per via telematica.” 233 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 234 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121)
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
85
incidere sulla disciplina sostanziale del diritto di accesso allargandone l’ambito
oggettivo di operatività ove effettuato con modalità digitali – dovrà essere misurata
con il proseguimento della disposizione stessa, laddove le singole pubbliche
amministrazioni dovranno regolamentare questa nuova forma di esercizio nel
rispetto delle tutt’ora vigenti disposizioni in materia di accesso ai documenti
amministrativi; tale limite esterno sembra contraddire l’esito interpretativo
scaturente dalla primissima enunciazione della norma, infatti – com’è noto – la legge
241/1990 individua soltanto nei documenti (intesi come contenuto di atti) l’oggetto
del diritto di accesso.
A prima vista la contraddizione in cui il legislatore incorre svolgendo questo tipo di
ragionamento non appare superabile neppure distinguendo tra i contenuti giuridici
dell’accesso (anche telematico), i quali rimangono disciplinati dalla normativa
previgente al Codice, e quelli tecnologici dello stesso, che realizzano siffatta modalità
secondo quanto previsto dal d.lgs. 82/2005, infatti la estensione dell’accesso anche
ai dati e ai procedimenti prevista dalla norma non può essere qualificata come un
mero contenuto tecnologico; in realtà a seguito della osservazione dei giudici del
Consiglio di stato – contenuta in un noto parere sul Codice della Amministrazione
Digitale – secondo cui sarebbe stato preferibile che la disciplina sull’accesso
telematico ai documenti amministrativi venisse definita non mediante autonomi
regolamenti bensì tramite fonti normative che novellino l’ancora vigente decreto del
Presidente della Repubblica 27 giugno 1992 n. 352235 (di attuazione della legge
241/1990), il legislatore delegato ha risposto che la disposizione non è volta a
disciplinare i contenuti giuridici dell’accesso, che come correttamente osservato dal
massimo organo della giustizia amministrativa devono essere definiti con
regolamenti che aggiornino la corrente disciplina regolamentare della materia, ma la
norma in esame è volta solo a precisare che l’accesso telematico – che continua a
essere regolato per quanto attiene ai suoi contenuti giuridici dalla normativa
235 “Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24 comma 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
86
anteriore – deve essere realizzato per l’aspetto che attiene ai contenuti tecnologici
secondo quanto previsto dal presente decreto legislativo, perciò con riferimento a
questi regolamenti il Codice della Amministrazione Digitale vuole solo indicare i
principi informatici di realizzazione.236
La seconda questione che viene in rilievo riguarda invece il margine di manovra
usufruito dal legislatore delegato rispetto alla legge 229/2003, infatti considerato che
tra gli oggetti della legge delega vi erano le modalità di accesso informatico ai
documenti e alle banche-dati di competenza delle amministrazioni statali (art. 10
comma 2237 lettera e238), a stretto rigore l’accesso telematico ai procedimenti e ai dati
che non siano racchiusi in questi contenitori violerebbero il tenore letterale della
ratio ispiratrice; tuttavia un possibile appiglio per sostenere la legittimità della scelta
compiuta dal legislatore è quello di ritenere l’accesso telematico – qualunque sia il
suo oggetto concreto – come un servizio reso dalla Pubblica Amministrazione, ove
per tale via l’art. 52 risulterebbe coerente con il criterio direttivo specifico che
autorizzava il governo a rivedere la disciplina al tempo vigente col fine precipuo di
garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica da parte delle
pubbliche amministrazioni o degli altri soggetti pubblici, assicurando ai cittadini o
alle imprese l’accesso a tali prestazioni secondo il criterio della massima
semplificazione dei procedimenti necessari e nel rispetto dei principi di uguaglianza,
di non-discriminazione e di riservatezza dei dati personali.239
Infine – in base al 2° e ultimo periodo dell’articolo in commento – i regolamenti che
disciplinano l’esercizio del diritto di accesso sono pubblicati sui siti pubblici delle
236 Commento di E. Guarnaccia, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 237 “La delega di cui al comma 1 è esercitata per i seguenti oggetti:” 238 “le modalità di accesso informatico ai documenti e alle banche-dati di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo.” 239 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203)
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
87
singole pubbliche amministrazioni accessibili per via telematica, in modo da
consentirne la maggiore disponibilità possibile.240
Tuttavia in seguito alla ri-scrittura quasi completa apportata dal nuovo CAD
all’odierno art. 52241 la sua attuale formulazione si presenta ben diversa da quella
appena analizzata (diluita in ben 9 commi), in particolare il comma 1242 prevede che
l’accesso telematico ai dati, ai documenti e ai procedimenti – rappresentante
l’obiettivo precedentemente raggiunto – e il ri-utilizzo dei dati e dei documenti sono
disciplinati dai soggetti di cui all'art. 2 comma 2 CAD secondo le disposizioni del
presente Codice e nel rispetto della normativa vigente; inoltre proseguendo nel 2°
periodo la disposizione aggiunge che le varie amministrazioni pubblicano sul
proprio sito web – all'interno della apposita sezione “trasparenza, valutazione e
merito” – il catalogo dei dati, dei metadati e delle relative banche-dati in loro
possesso e i regolamenti che ne disciplinano l'esercizio della facoltà di accesso
telematico o di ri-utilizzo.
Al nuovo comma 2243 del medesimo invece si specifica come i dati e i documenti
che le amministrazioni titolari pubblicano – in qualsiasi modalità – senza la espressa
adozione di una licenza di cui all’art. 2244 comma 1245 lettera h246 del d.lgs. 36/2006
si intendono rilasciati come dati di tipo aperto ai sensi del successivo art. 68 comma
240 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 241 “Accesso telematico e ri-utilizzo dei dati delle pubbliche amministrazioni” 242 “L'accesso telematico a dati, documenti e procedimenti e il ri-utilizzo dei dati e documenti è disciplinato dai soggetti di cui all'articolo 2 comma 2, secondo le disposizioni del presente codice e nel rispetto della normativa vigente. Le pubbliche amministrazioni pubblicano nel proprio sito web, all'interno della sezione «Trasparenza, valutazione e merito», il catalogo dei dati, dei metadati e delle relative banche-dati in loro possesso ed i regolamenti che ne disciplinano l'esercizio della facoltà di accesso telematico e il ri-utilizzo, fatti salvi i dati presenti in Anagrafe tributaria.” 243 “I dati e i documenti che le amministrazioni titolari pubblicano, con qualsiasi modalità, senza l'espressa adozione di una licenza di cui all'articolo 2 comma 1 lettera h del decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36 si intendono rilasciati come dati di tipo aperto ai sensi all'articolo 68 comma 3 del presente Codice. L'eventuale adozione di una licenza di cui al citato articolo 2 comma 1 lettera h è motivata ai sensi delle linee guida nazionali di cui al comma 7.” 244 “Definizioni” 245 “Ai fini del presente decreto si intende per:” 246 “<<licenza standard per il ri-utilizzo>>: il contratto, o altro strumento negoziale, redatto ove possibile in forma elettronica, nel quale sono definite le modalità di ri-utilizzo dei documenti delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico;”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
88
3 CAD; nuova rispetto alla sua formazione originaria era anche l’ex comma 1-bis247
(ora abrogato) che si occupava della valorizzazione e della fruizione dei dati pubblici
sollecitando le amministrazioni a promuovere progetti di elaborazione e di
diffusione degli stessi (anche attraverso l’uso di strumenti come la finanza di
progetto), laddove questa norma era di grande rilevanza soprattutto per via della sua
ratio, infatti sottolineava implicitamente il significativo valore economico di questo
tipo di informazioni e la necessità di aprire tale patrimonio al libero mercato (sia
pure in una forma regolamentata).248
La Sezione II del Capo V del d.lgs. 82/2005 è intitolata “fruibilità dei dati”, nella
quale con una serie organica di norme il Codice della Amministrazione Digitale mira
a individuare l’assetto istituzionale e organizzativo più idoneo a favorire la
circolazione delle informazioni tra i soggetti che – a vario titolo – sono coinvolti nel
processo di digitalizzazione della attività pubblica.
La centralità della informazione digitale fa sì che – anche tra le varie amministrazioni
– non si propagheranno più documenti ma dati, laddove per fare in modo che ciò
accada il legislatore ha affermato che il dato pubblico – oltre che disponibile – deve
essere anche fruibile, laddove con questo termine (come già spiegato) si intende la
possibilità di utilizzare lo stesso dato anche trasferendolo nel sistema informatico di
una altra Pubblica Amministrazione; in una accezione più generale con il medesimo
termine si può intendere il grado di inter-scambiabilità di una informazione tra
soggetti di ambienti distinti, sebbene nel contesto in esame tale nozione si connoti di
una specifica impronta tecnica che la porta a essere identificata con la capacità di
trasportabilità di un dato da un impianto digitale a un altro in modo da risultare
247 “Le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare e rendere fruibili i dati pubblici di cui sono titolari, promuovono progetti di elaborazione e di diffusione degli stessi anche attraverso l'uso di strumenti di finanza di progetto, assicurando: a) il rispetto di quanto previsto dall'articolo 54 comma 3 b) la pubblicazione dei dati e dei documenti in formati aperti di cui all'articolo 68 commi 3 e 4.” 248 DigitPA, “Il nuovo CAD: manuale d’uso”, Forum PA, Italia, 2011
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
89
completamente interpretabile anche dal nuovo apparato e – dunque – soddisfare gli
obiettivi per cui il dato è stato inizialmente trasferito.249
È bene precisare che la fruibilità tra diversi sistemi si può attuare attraverso 3
differenti modalità di scambio dei dati, ovvero l’accesso, la comunicazione e la
diffusione: l’accesso è indubbiamente la modalità di utilizzo più diretta che consente
a un soggetto di accedere al dato in modo immediato (secondo i livelli di
autorizzazione pre-determinati) dal momento che il sistema informatico riconosce il
diretto interesse della operatore a consultare quella particolare informazione
pubblica, invece la comunicazione consiste nella trasmissione (anche elettronica) dei
medesimi a uno o più soggetti determinati, e infine nella diffusione – al contrario – i
destinatari non sono affatto individuati e nemmeno individuabili (es. pubblicazione
delle informazioni sul sito web della amministrazione).
Nel quadro di un intervento normativo incentrato sulla fruizione dei flussi
informativi da parte delle pubbliche amministrazioni il legislatore provvede ad
identificare gli effetti riconnessi dal Codice all’invio di dati tra sistemi informativi
diversi, più precisamente invece di determinare – in positivo – le conseguenze
giuridiche connesse al transito delle notizie il comma 1250 dell’art. 58251 CAD
afferma che il trasferimento di un dato da un sistema informativo a un altro non
modifica la titolarità dello stesso, in questo modo significando che in capo alla
originaria amministrazione titolare della informazione (detta anche “cedente”)
rimane la responsabilità sulla gestione e sulla esattezza del dato, che dunque non
viene automaticamente trasferito al soggetto che ne è meramente fruitore.
Tuttavia distaccandosi dalla prassi – in quasi tutti gli altri casi rispettata – di
individuare espressamente il significato da attribuire alle espressioni di dubbia
interpretazione, il CAD non chiarisce esattamente cosa si intenda per
“trasferimento” del dato, così almeno in linea di principio – vista la assenza di una
249 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 250 “Il trasferimento di un dato da un sistema informativo ad un altro non modifica la titolarità del dato.” 251 “Modalità della fruibilità del dato”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
90
qualsivoglia precedente indicazione normativa sul punto – la espressione potrebbe
essere riferita tanto alla sua sola consultazione telematica quanto a un suo vero e
proprio trasferimento definitivo seguito dalla archiviazione dello stesso nel sistema
informativo della amministrazione che lo ha così ricevuto (in questo modo
sottraendolo di fatto alla banca-dati in cui era precedentemente conservato); ma a tal
proposito è d’uopo segnalare anche che per amministrazione “titolare” del dato si
indica quella che lo ha creato o comunque lo gestisce per fini istituzionali, mentre le
eventuali amministrazioni che utilizzino tale informazioni estemporaneamente non
ne diventano – per ciò solo – titolari.252
Altro profilo problematico emerso nella analisi dell’articolo in esame è rappresentato
dal rischio – almeno parziale – di un contrasto tra la disciplina dettata dal Codice
della Amministrazione Digitale e la normativa vigente ai sensi del Codice in materia
di protezione dei dati personali, poiché – come ha avuto modo di precisare il
Consiglio di stato – mentre per un verso il d.lgs. 82/2005 nega al trasferimento del
dato la capacità di modificare la titolarità dello stesso, per l’altro il d.lgs. 196/2003 –
all’opposto – prevede espressamente che la amministrazione che riceve le
informazioni da una altra diviene a sua volta ugualmente titolare del loro
trattamento (assieme a quella precedente); a tal proposito nei mesi immediatamente
precedenti alla approvazione del decreto correttivo al CAD – operato dal Consiglio
dei ministri con il d.lgs. 159/2006 – era in corso di studio pure una integrazione
all’art. 58 che avrebbe dovuto specificare la nozione di titolarità del dato con una
idonea definizione, infatti in questo modo si sarebbero evitate le confusioni tra la
predetta definizione dottrinaria e le altre non-coincidenti (tra le quali una menzione
speciale spetta di certo a quella specificata legislativamente dal Codice della privacy),
252 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200)
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
91
tuttavia questa soluzione – purtroppo – non è stata successivamente accolta dal
legislatore in sede di approvazione del testo definitivo.253
In questo contesto al fine di agevolare la circolazione dei dati pubblici e –
conseguentemente – le interazioni tra le procedure residenti sui diversi sistemi
informativi il legislatore ha deciso di fare ricorso allo strumento consensuale, così
nella passata versione dell’articolo in commento si poneva l’accento su come le
amministrazioni fossero libere di definire con apposite convenzioni le modalità con
cui intendevano rendere reciprocamente fruibili i dati di cui erano titolari (art. 58
comma 2254); tra l’altro questi venivano adottati solamente previa acquisizione del
parere espresso del Garante per la protezione dei dati personali, al quale spettava il
compito di fornire le indicazioni necessarie a eliminare i possibili rischi di
distruzione e perdita accidentale dei dati oggetto di trasferimento.255
Alla definizione del contenuto dei suddetti accordi partecipava – sempre in base alla
precedente formulazione del comma 3256 – l’ex-CNIPA cui spettava la
predisposizione degli schemi generali delle convenzioni ai quali le singole
amministrazioni dovevano attenersi, inoltre nel caso in cui questi patti intervenissero
tra amministrazioni centrali e regioni (o comunque altre amministrazioni
appartenenti al sistema delle autonomie locali) il contenuto del modello doveva
essere definito – sempre – dal CNIPA ma di intesa con la Conferenza unificata;
agendo in questo modo il legislatore aveva deciso di far ricorso a un meccanismo –
quello convenzionale – la cui duttilità avrebbe dovuto consentire alle
amministrazioni di adeguarsi in maniera sufficientemente sollecita alle continue
trasformazioni che caratterizzano – tipicamente – il mondo delle ICT, per di più il
253 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 254 “Le pubbliche amministrazioni possono stipulare tra loro convenzioni finalizzate alla fruibilità informatica dei dati di cui siano titolari.” 255 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 256 “Il CNIPA definisce schemi generali di convenzioni finalizzate a favorire la fruibilità informatica dei dati tra le pubbliche amministrazioni centrali e, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, tra le amministrazioni centrali medesime e le regioni e le autonomie locali.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
92
ricorso a questo tipo di accordi sembrava essere in grado di fugare i rischi dei
conflitti di competenza potenzialmente connessi alle forme di coordinamento
improntate a una logica rigidamente gerarchica o comunque – in senso lato – etero-
dirette.257
In seguito alla modifica di buona parte dei commi dell’art. 58 il nuovo CAD prevede
all’aggiornato comma 2258 una importante novità che riguarda l’accesso alle basi di
dati da parte delle pubbliche amministrazioni, imponendo alle amministrazioni
titolari di banche-dati accessibili per via telematica di predisporre convenzioni aperte
a tutte le amministrazioni per permettere l’ingresso alle proprie informazioni senza
oneri.
In chiusura è da rilevare come lo stesso d.lgs. 235/2010 pone adesso in evidenza un
preciso profilo di responsabilità delle pubbliche amministrazioni nella legittima
manipolazione dei dati in loro possesso, attraverso la loro corretta divulgazione o il
permesso di valorizzarli secondo quanto racchiuso nel concetto di open government
e – quindi – di open data (ovvero i dati in possesso della pubblica amministrazione
che si consentano liberamente accessibili), in tal modo le informazioni pubbliche
saranno certamente fruibili e ri-utilizzabili per la promozione della azione pubblica
(sia amministrativa che di governo); tuttavia questo è un canale che presenta anche
molti aspetti problematici, che ogni singola amministrazione – sulla base delle
proprie disposizioni normative – provvederà a regolamentare per le evidenti ragioni
di tutela delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute.
In pratica il nuovo CAD (specialmente con le modifiche agli art. 52 e 68259) prevede
l’obbligo per la Pubblica Amministrazione di consentire la fruizione gratuita dei dati
pubblicati sui siti istituzionali e il dovere di condividere i documenti in “formato
257 Commento di N. Lettieri, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 258 “Le pubbliche amministrazioni comunicano tra loro attraverso la messa a disposizione a titolo gratuito degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni mediante la cooperazione applicativa di cui all'articolo 72 comma 1 lettera e.” 259 “Analisi comparativa delle soluzioni”
2.2 – La disponibilità, l’accesso telematico e la fruibilità dei dati
93
aperto”, laddove è lo stesso Codice (all’art. 68 comma 3260 lettera a261 CAD) a
specificare che per quest’ultimo termine si intende una estensione resa pubblica e
documentata esaustivamente (in modo che i dati possano essere ri-elaborabili da
terzi); tra l’altro le varie singole amministrazioni possono ora promuovere progetti di
elaborazione e di diffusione delle informazioni pubbliche anche attraverso l’uso di
strumenti come la finanza di progetto (come già precedentemente accennato). 262
In seguito la successiva legge 17 dicembre 2012 n. 221263 (che ha convertito il
Decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179264) ha modificato pesantemente il comma 3
dell’art. 68 CAD inserendovi ex-novo la lettera b265, che ha introdotto nel Codice
della Amministrazione Digitale la inedita – ma importantissima ai fini della
successiva trattazione – nozione del “dato di tipo aperto” questa definizione
comprende tutti quei dati che presentano cumulativamente una serie di 3
caratteristiche, ovvero la disponibilità secondo i termini di una licenza che ne
permetta l'utilizzo da parte di chiunque – anche per finalità commerciali – in
formato disaggregato (dimensione giuridica), la accessibilità attraverso le tecnologie
ICT – ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private – in formati aperti, oltre al
dover essere adatti all'utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e
260 “Agli effetti del presente decreto legislativo si intende per:” 261 “<<formato dei dati di tipo aperto>>: un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi;” 262 Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, “Nuovo codice della amministrazione digitale”, http://www.funzionepubblica.gov.it/lazione-del-ministro/cad/nuovo-codice-dellamministrazione-digitale.aspx, 2011 263 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” 264 “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (o “Decreto crescita 2.0”) 265 “<<dati di tipo aperto>>: i dati che presentano le seguenti caratteristiche: 1) sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l'utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato; 2) sono accessibili attraverso le tecnologie della informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti ai sensi della lettera a, sono adatti all'utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati; 3) sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie della informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione. L'Agenzia per l'Italia digitale deve stabilire, con propria deliberazione, i casi eccezionali, individuati secondo criteri oggettivi, trasparenti e verificabili, in cui essi sono resi disponibili a tariffe superiori ai costi marginali. In ogni caso, l'Agenzia, nel trattamento dei casi eccezionali individuati, si attiene alle indicazioni fornite dalla direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 sul ri-utilizzo della informazione del settore pubblico, recepita con il decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
94
provvisti dei relativi metadati (dimensione tecnologica), e infine la messa a
disposizione gratuita oppure ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e
divulgazione (dimensione economica), laddove l’AgID deve stabilire con una
propria deliberazione i casi eccezionali – individuati secondo criteri oggettivi,
trasparenti e verificabili – in cui essi possono essere resi disponibili a tariffe superiori
a tali costi.
2.3 – La sicurezza dei dati
95
2.3 – La sicurezza dei dati
È sempre più avvertita la esigenza di prestare particolare attenzione alle
problematiche inerenti alla sicurezza dei sistemi informatici pubblici contenenti dati
e documenti di primario rilievo, difatti vi è il rischio che questi processi – se non
adeguatamente organizzati e controllati – finiscano per consentire la conoscenza
delle proprie informazioni ivi contenute anche a soggetti non-autorizzati oppure per
trattamenti diversi da quelli consentiti; in questo ambito la tutela della protezione
degli apparati tecnologici persegue un duplice obiettivo, da un lato salvaguardare i
dati della Pubblica Amministrazione come risorse di carattere strategico per il
corretto funzionamento dell’apparato burocratico, dall’altro tutelare i cittadini dai
rischi di accessi non-autorizzati o di un uso indebito dei propri dati personali.266
Grande attenzione è riservata anche al tema della difesa dei dati stessi, poiché le
pubbliche amministrazioni nell’esercizio della propria attività istituzionale
raccolgono, producono e archiviano una enorme quantità di informazioni e di
documenti, che di conseguenza dovranno essere rispettivamente acquisiti, formati e
conservati all’interno dei sistemi informatici delle amministrazioni titolari; questo
agglomerato si tratta di un vero e proprio patrimonio informativo che deve essere
tutelato nel miglior modo possibile da eventuali minacce (interne ed esterne) per
mantenere la integrità dei suoi dati, per prevenire i danni da accessi abusivi, per
evitare diffusioni non-autorizzate di informazioni e infine per consentire un corretto
funzionamento dell’apparato burocratico nel suo complesso evitando interruzioni
nella erogazione dei servizi online.267
266 Commento di E. Belisario, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 267 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
96
È da rilevare come prima dell’avvento del Codice della Amministrazione Digitale
ogni singola norma contenesse le proprie prescrizioni in tema di sicurezza dei dati
(così come avveniva con quelle disciplinanti l’accesso telematico agli stessi), invece
adesso con il decreto legislativo 82/2005, che ha riunito in un unico provvedimento
i vari strumenti utili per il processo innovativo della Pubblica Amministrazione, si
sono volute prevedere – per evidenti ragioni di chiarezza e di semplificazione –
poche ma chiare regole inerenti alla sicurezza automaticamente valide per tutti gli
ambiti a cui è astrattamente applicabile.
In secondo luogo vi è anche una altra ragione per il dirottamento verso questa
politica legislativa che è derivante dal principio di dinamicità della sicurezza, infatti la
protezione dei dati è un processo mutevole e non-statico che delinea un campo nella
quale è necessario poter agire rapidamente per far fronte ai sempre nuovi pericoli
generati dalla continua innovazione tecnologica, garantendo da una parte un idoneo
aggiornamento delle misure di sicurezza adottate con riguardo alla specificità dei
singoli dati oggetto di trattamento e dalla altra la esigenza del legislatore di poter
adeguare rapidamente le norme ai nuovi rischi che la inarrestabile – e spesso
imponderabile – evoluzione digitale dovesse introdurre; nel contempo il legislatore,
cosciente dei tempi che comunque richiede la modifica dei provvedimenti normativi
a prescindere dalla natura giuridica degli stessi, ha ritenuto inopportuno (come
modus operandi) inserire all’interno del Codice delle norme che contenessero delle
specificità tali da dover essere oggetto di costante aggiornamento.
Da questo punto di vista l’articolo che si va esaminando rispetta pienamente il
principio di neutralità tecnologica (come ratio – già vista – dell’intero Codice) non
stabilendo precisamente le caratteristiche dettagliate dei singoli strumenti ma
richiedendo semplicemente che gli stessi garantiscano – in rapporto allo stato delle
tecnologie odierne – un adeguato livello di sicurezza; tra l’altro questa prescrizione
ha un duplice effetto, poiché da una parte afferma la validità giuridica che le regole
2.3 – La sicurezza dei dati
97
tecniche assumeranno in tema di sicurezza costituendone la base giuridica, dall’altro
vincola – primo fra tutti – il legislatore nella stesura delle medesime regole.268
È importante sottolineare a riguardo come all’art. 51269 comma 1270 CAD siano
precisamente indicati i principi cui devono essere improntati i sistemi informativi
delle pubbliche amministrazioni: innanzitutto la integrità ed esattezza dei dati,
prevenendo possibili alterazioni delle informazioni attraverso la protezione dei
sistemi da eventuali manomissioni in quanto i dati custoditi negli apparati digitali
devono poter essere modificati o eliminati solo dai soggetti all’uopo abilitati ed è
quindi necessario che l’impianto sia congegnato in modo tale da prevedere diversi
livelli di autenticazione e consentire che rimanga comunque traccia delle diverse
operazioni ivi svolte, in secondo luogo la disponibilità e accessibilità (con evidenti
rimandi agli art. 50 e 52 CAD), poiché i dati devono poter essere usufruibili da tutte
le amministrazioni e i cittadini che ne abbiano diritto, e infine la riservatezza,
assicurando la opportuna confidenzialità delle informazioni unicamente ai soggetti
legittimati dato che il sistema deve essere strutturato in modo tale da evitare il
rischio di accessi non-autorizzati, inoltre sul medesimo tema vi legifera anche la
disciplina in materia di privacy (d.lgs. 196/2003) che prevede una serie di obblighi di
sicurezza per tutti i soggetti – pubblici e privati – che compiano operazioni di
trattamento dei dati personali.271
Dal suo contenuto si evince che non si tratta di una disposizione dalla efficacia
immediatamente precettiva in quanto le particolari norme di sicurezza relative ai dati
saranno previste nelle posteriori regole tecniche da adottarsi tramite decreto del
268 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 269 “Sicurezza dei dati” 270 “Con le regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 71 sono individuate le modalità che garantiscono l'esattezza, la disponibilità, l'accessibilità, l'integrità e la riservatezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture.” 271 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
98
Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 71272 comma 1273 CAD, ma il
concetto specifico di sicurezza cui fa riferimento l’articolo in commento è quello di
salvaguardia informatica intesa come l’insieme di tutte le operazioni di tipo tecnico e
organizzativo adottate al fine di rendere vani gli attacchi che possono essere
perpetrati ai danni di un sistema digitale e ai dati in questo contenuti; peraltro la
scelta di rinviare la adozione delle norme per la protezione dei dati a un successivo
regolamento appare particolarmente opportuna sotto il profilo della scelta dello
strumento, infatti il regolamento è più facilmente aggiornabile ed è quindi il mezzo
più idoneo per stare al passo con l’inarrestabile progresso tecnologico.
Cionondimeno la disciplina dettata dalle suddette regole tecniche dovrà essere
coordinata anche con le altre disposizioni sul tema non-richiamate espressamente
dal Codice, in particolar modo viene in rilievo la normativa prevista dal decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2000274 che detta dettagliatamente le
linee-guida contenenti i requisiti minimi per la sicurezza di questi sistemi: in primo
luogo è richiesto che la struttura dell’elaboratore su cui viene realizzato il sistema
operativo debba garantire la sicura e univoca identificazione degli utenti, la
disponibilità delle risorse riservata esclusivamente agli utenti abilitati limitando
l’accesso di ogni utente alle sole informazioni relative al suo livello di autenticazione
e la registrazione di tutte le attività rilevanti svolte da ciascun utente in modo tale da
garantirne la responsabilità, assicurando il tracciamento di qualunque evento di
modifica delle informazioni trattate e la individuazione dell’autore di tali variazioni
(laddove naturalmente devono essere impedite le modifiche non-autorizzate), inoltre
272 “Regole tecniche” 273 “Le regole tecniche previste nel presente Codice sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la pubblica amministrazione e la innovazione, di concerto con i Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico di DigitPA. Le amministrazioni competenti, la Conferenza unificata e il Garante per la protezione dei dati personali rispondono entro 30 giorni dalla richiesta di parere. In mancanza di risposta nel termine indicato nel periodo precedente, il parere si intende interamente favorevole.” 274 “Regole tecniche per il protocollo informatico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998 n. 428”
2.3 – La sicurezza dei dati
99
il contenuto degli archivi deve essere periodicamente riversato su supporti
informatici non-riscrivibili (cosiddetto “back-up”).275
La centralità del tema riguardante la sicurezza nei sistemi informativi delle pubbliche
amministrazioni – e quindi dei dati in essi contenuti – trova conferma anche nell’art.
51 comma 2276 CAD, laddove è evidente la finalità della norma di garantire – al
meglio delle possibilità tecnologiche possibili – la difesa dai pericoli che possono
derivare da veri atti dolosi (per esempio gli accessi abusivi) come da semplici eventi
accidentali (quali le calamità naturali)277; da apprezzare particolarmente in questo
comma è la previsione fatta dall’estensore del decreto legislativo circa le modalità di
custodia che dovranno essere tali da ridurre al minimo i rischi, laddove come si vede
l’obiettivo non è quello di eliminare completamente i pericoli fisiologici, poiché
questo denota da parte del legislatore la consapevolezza di cosa sia realmente la
sicurezza informatica e quali garanzie possa effettivamente fornire, infatti la
sicurezza – come già spiegato – è un processo dinamico che richiede continue
verifiche e modifiche tecniche ma che non esige la sicurezza assoluta, che del resto
non è verosimilmente raggiungibile neanche con le più sofisticate – e costose –
tecnologie e con l’impiego di alte professionalità.278
Tuttavia – come al solito – il postumo d.lgs. 235/2010 ha novellato l’art. 51 CAD
che estende la sua area applicativa, oltre che sulla sicurezza dei dati, anche a quella
dei sistemi e delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni e ha introdotto ex-
novo l’art. 50-bis279 CAD sulla continuità operativa; del resto ciò è parzialmente
coerente con le indicazioni contenute nella legge di delega 229/2003 che prevedeva
275 Commento di E. Belisario, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 276 “I documenti informatici delle pubbliche amministrazioni devono essere custoditi e controllati con modalità tali da ridurre al minimo i rischi di distruzione, perdita, accesso non autorizzato o non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.” 277 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 278 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 279 “Continuità operativa”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
100
di introdurre nel Codice della Amministrazione Digitale ulteriori disposizioni volte a
implementare la sicurezza informatica dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture delle
pubbliche amministrazioni (anche in relazione al SPC).
Più precisamente il nuovo art. 50-bis al comma 1280 prevede che le pubbliche
amministrazioni predispongano i piani di emergenza necessari per garantire la
continuità operativa dei servizi che erogano, laddove con la espressione “piani di
emergenza” si può dedurre che il legislatore abbia voluto intendere il combinato del
piano di continuità operativa e di quello del disaster recovery: più dettagliatamente al
comma 3281 il 1° fissa gli obiettivi e i principi da perseguire per minimizzare gli
impatti di un eventuale evento disastroso, descrive le procedure per la gestione della
continuità operativa (eventualmente affidabili anche a soggetti esterni a discrezione
delle singole amministrazioni) ed è soggetto a verifica biennale da parte delle
pubbliche amministrazioni, invece il 2° è parte integrante del 1° perché stabilisce le
misure tecniche e organizzative per garantire il funzionamento dei centri di
elaborazione dati e delle procedure informatiche rilevanti in siti alternativi a quelli di
produzione.
Dall’altro lato con le modifiche apportate dal d.lgs 235/2010 all’art. 51 CAD viene
affidato a DigitPA il ruolo di raccordo con le iniziative di prevenzione o di gestione
della sicurezza e di segnalatore al Ministro per la pubblica amministrazione del
280 “In relazione ai nuovi scenari di rischio, alla crescente complessità della attività istituzionale caratterizzata da un intenso utilizzo della tecnologia della informazione, le pubbliche amministrazioni predispongono i piani di emergenza in grado di assicurare la continuità delle operazioni indispensabili per il servizio e il ritorno alla normale operatività.” 281 “A tali fini, le pubbliche amministrazioni definiscono: a) il piano di continuità operativa, che fissa gli obiettivi e i principi da perseguire, descrive le procedure per la gestione della continuità operativa, anche affidate a soggetti esterni. Il piano tiene conto delle potenziali criticità relative a risorse umane, strutturali, tecnologiche e contiene idonee misure preventive. Le amministrazioni pubbliche verificano la funzionalità del piano di continuità operativa con cadenza biennale; b) il piano di disaster recovery, che costituisce parte integrante di quello di continuità operativa di cui alla lettera a e stabilisce le misure tecniche e organizzative per garantire il funzionamento dei centri di elaborazione dati e delle procedure informatiche rilevanti in siti alternativi a quelli di produzione. DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce le linee guida per le soluzioni tecniche idonee a garantire la salvaguardia dei dati e delle applicazioni informatiche, verifica annualmente il costante aggiornamento dei piani di disaster recovery delle amministrazioni interessate e ne informa annualmente il Ministro per la pubblica amministrazione e la innovazione.”
2.3 – La sicurezza dei dati
101
mancato rispetto delle regole tecniche (comma 1-bis282); inoltre è sempre onere della
Pubblica Amministrazione l’adeguamento dei propri dati, laddove le singole
amministrazioni hanno l’obbligo di aggiornare tempestivamente le informazioni
presenti nei propri archivi non appena vengano a conoscenza della inesattezza degli
stessi (comma 2-bis283).284
282 “DigitPA, ai fini dell'attuazione del comma 1: a) raccorda le iniziative di prevenzione e gestione degli incidenti di sicurezza informatici; b) promuove intese con le analoghe strutture internazionali; c) segnala al Ministro per la pubblica amministrazione e la innovazione il mancato rispetto delle regole tecniche di cui al comma 1 da parte delle pubbliche amministrazioni.” 283 “Le amministrazioni hanno l'obbligo di aggiornare tempestivamente i dati nei propri archivi, non appena vengano a conoscenza dell'inesattezza degli stessi.” 284 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
102
2.4 – Le banche-dati territoriali e nazionali
Il patrimonio informativo pubblico – che sta così prendendo forma – può assumere
una duplice configurazione, da un lato oggetto di un vero e proprio diritto
soggettivo dei cittadini volto a garantirne la partecipazione e il controllo
democratico, dall’altro risorsa per la stessa Pubblica Amministrazione che si
presenta quale titolare dei dati, laddove in quest’ultimo 2° caso – di regola – la
valorizzazione di un bene considerato come una attività economica è affidata al
mercato, invece nel 1° la domanda da porsi è come può essere assicurata la garanzia
e la effettività di tale diritto; qui le risposte possono essere diverse, visto che si va
dalla assunzione della attività come servizio pubblico, con la relativa organizzazione
delle funzioni di informazione pubblica volte a diffondere le relative informazioni,
alle regolazioni in grado di indirizzare o di conformare (a seconda che siano poste in
esser ex-ante o ex-post) l’esercizio di tale responsabilità da parte di soggetti privati.
A questo proposito le banche-dati delle pubbliche amministrazioni vengono a essere
trattate negli articoli dal 59 al 62-bis del Codice della Amministrazione Digitale, in
particolare i dati territoriali (art. 59) e le basi di dati di interesse nazionale (art. 60)
rappresentano 2 importanti capitoli della politica di valorizzazione del patrimonio
informativo pubblico a disposizione della Pubblica Amministrazione; le disposizioni
contenute in questi articoli sono finalizzate principalmente a coordinare
l‘interscambio di informazioni (sia tra pubbliche amministrazioni che tra queste
ultime e i soggetti privati) mediante la creazione di apposite basi-dati diversificate
per tipologie.285
Ci si concentra dapprima sull’art. 59286 che costituisce il punto di emersione
legislativa di un processo da tempo presente su scala europea e già avviato in Italia
negli anni ’90 attraverso la approvazione in sede di Conferenza Stato-Regioni
285 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 286 “Dati territoriali”
2.4 – Le banche-dati territoriali e nazionali
103
dell’accordo sui sistemi informativi geografici (cosiddetta “Intesa GIS”287) volto a
sviluppare le basi-dati territoriali (così da assicurare la copertura dell’intero territorio
nazionale) e proseguito più di recente con la costituzione del Comitato tecnico
nazionale per il coordinamento informatico dei dati territoriali.288
Nello specifico l’art. 59 comma 1289 CAD è dedicato ai dati territoriali che vengono
sin da subito definiti come informazioni geograficamente localizzate, tant’è che lo
scopo nello specificare la sua nozione è quello di individuare il dominio all’interno
del quale disciplinare strategicamente la gestione di questa tipologia di informazioni
che necessita di particolari modalità di elaborazione per soddisfare
contemporaneamente esigenze peculiari e interessi generali della Pubblica
Amministrazione; non a caso per queste informazioni è prevista la realizzazione di
banche-dati che contribuiscano a realizzare tali obiettivi importanti, laddove questo
bisogno nasce dal fatto che al giorno d’oggi le diverse pubbliche amministrazioni
non gestiscono in modo uniforme questi dati (impedendone di fatto lo scambio e la
fruibilità), dunque è auspicabile una rinnovata cooperazione tra tali soggetti per lo
scambio di informazioni affinché siano evitate inutili proliferazioni e duplicazioni di
dati, oltre al correlato rischio di disallineamento.290
Le citate banche-dati territoriali si trattano – senza entrare in superflui dettagli
tecnici – di complessi strumenti informatici che raccolgono e organizzano in base a
un criterio spaziale tutti i dati relativi a una determinata area geografica, in modo tale
da consentire lo svolgimento di indagini del territorio caratterizzati da livelli di
analiticità prima impensabili; la asserzione appena enunciata è agevolmente
comprensibile se si pone mente a una semplice circostanza, ovvero che una stessa
porzione di territorio costituisce oggetto di interesse per amministrazioni diverse e
appartenenti a livelli di governo differenti per lo svolgimento delle funzioni
287 “Geographic Information System” 288 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203) 289 “Per dato territoriale si intende qualunque informazione geograficamente localizzata.” 290 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
104
istituzionali loro assegnate, perciò è di immediata evidenza che lo sviluppo dei
sistemi informativi di tipo territoriale può consentire la condivisione sistematica e
coordinata in rete delle conoscenze che si riferiscono alla medesima area geografica,
accelerando il dispiegarsi dei procedimenti ed evitando inutili quanto dispendiose
ridondanze nella acquisizione dei suddetti dati.
Lo stesso art. 59 istituisce al comma 2291 il Comitato per le regole tecniche sui dati
territoriali delle pubbliche amministrazioni, organismo cui viene affidato il compito
di definire – appunto – le regole tecniche per la realizzazione delle basi dei dati
territoriali stessi (specificando fra l’altro i metadati che andranno a comporre il
suddetto repertorio) e per la fruizione o lo scambio dei medesimi tra le pubbliche
amministrazioni centrali e locali, nonché quello di proporre la normativa primaria e
secondaria riguardante le disposizioni standard di riferimento in materia di
formazione, gestione, diffusione, inter-scambiabilità e utilizzazione dei dati
geografici informatici; la composizione e le modalità di funzionamento di questo
organo devono essere definite a norma del comma 4292 con decreti del Presidente
del Consiglio dei ministri o – su sua delega – del Ministro per la innovazione e le
tecnologie (ora per la semplificazione e la pubblica amministrazione), previa intesa
con la Conferenza unificata.
In aggiunta il successivo comma 3293 istituisce il Repertorio nazionale dei dati
territoriali presso DigitPA (prima CNIPA), laddove questo rappresenta il catalogo
nazionale dei metadati (ossia delle informazioni sui dati) attraverso il quale sono
assicurati i servizi di ricerca per l’insieme dei dati territoriali; tramite un collegamento
291 “È istituito il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni, con il compito di definire le regole tecniche per la realizzazione delle basi dei dati territoriali, la documentazione, la fruibilità e lo scambio dei dati stessi tra le pubbliche amministrazioni centrali e locali in coerenza con le disposizioni del presente decreto che disciplinano il sistema pubblico di connettività.” 292 “Ai sensi dell'articolo 17 comma 3 della legge 23 agosto 1988 n. 400 con uno o più decreti sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, del Ministro per la innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, sono definite la composizione e le modalità per il funzionamento del Comitato di cui al comma 2.” 293 “Per agevolare la pubblicità dei dati di interesse generale, disponibili presso le pubbliche amministrazioni a livello nazionale, regionale e locale, presso DigitPA è istituito il Repertorio nazionale dei dati territoriali.”
2.4 – Le banche-dati territoriali e nazionali
105
manifesto con il posteriore comma 5294 veniamo a conoscenza del fatto che anche le
sue regole tecniche devono essere definite con decreti del Presidente del Consiglio
dei ministri o – su sua delega – del Ministro per la innovazione e le tecnologie (ora
per la semplificazione e la pubblica amministrazione), sentiti i pareri della
Conferenza unificata e del Comitato di cui al comma 3, inoltre con la stessa
procedura dovranno essere definite pure le direttive e i costi per l’utilizzo dei dati da
parte di pubbliche amministrazioni e di privati.295
Questo sistema rappresenta un indice ragionato attraverso il quale le pubbliche
amministrazioni (e nei casi previsti anche i privati) possono verificare in qualsiasi
momento la disponibilità delle informazioni relative a una determinata area del
territorio in modo tale da accedervi – se necessario – per via telematica e a costo
ridotto, evitando ogni volta una nuova quanto superflua ri-acquisizione ex-novo
delle medesime informazioni; per ciò che è stato detto il fine di questo istituto
appare quello di agevolarne la pubblicità per – conseguentemente – favorirne la
diffusione e la conoscibilità sull’intero territorio nazionale, infatti una unica banca-
dati accessibile in egual modo dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali può
facilitare questa divulgazione e al contempo evitare tutti quei problemi di
inconsistenza delle informazioni, oltre ad eliminare i – già paventati – rischi di
frammentarietà, disallineamento e disomogeneità dei dati derivanti da una eccessiva
proliferazione degli stessi.
La intenzione palese del legislatore – di facile cognizione – è quella di addivenire alla
individuazione di un patrimonio informativo unico per la intera Pubblica
Amministrazione che metta a disposizione di tutte le varie amministrazioni –
294 “Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la pubblica amministrazione e la innovazione, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per i profili relativi ai dati ambientali, sentito il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni, e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 luglio 1998 n. 281, sono definite le regole tecniche per la definizione del contenuto del repertorio nazionale dei dati territoriali, nonché delle modalità di prima costituzione e di successivo aggiornamento dello stesso, per la formazione, la documentazione e lo scambio dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti, nonché le regole ed i costi per l'utilizzo dei dati stessi tra le pubbliche amministrazioni centrali e locali e da parte dei privati.” 295 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
106
condividendoli – i dati di cui è venuta a conoscenza (nei più disparati modi) durante
lo svolgimento della propria attività istituzionale, prescindendo dalla titolarità della
specifica informazione in capo alla singola amministrazione; invero con l’art. 60296
CAD (che agisce su un altro piano ma con lo stesso fine dell’art. 59) il Codice della
Amministrazione Digitale pone specifica attenzione sulla inter-connessione tra le
banche-dati già esistenti, poiché l’obiettivo non è quello di crearne di nuove dal nulla
ma invece di sfruttare positivamente quelle già esistenti attraverso appropriati
strumenti coordinanti per lo scambio delle informazioni in proprio possesso.297
La “base di dati” viene identificata dal legislatore al comma 1298 con l’insieme delle
informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, ebbene
se si pone mente al fatto che – dal punto di vista tecnico e normativo – i dati trattati
da ogni singola amministrazione danno corpo da soli a una autonoma banca-dati, si
può ragionevolmente affermare che il legislatore ha inteso riferirsi con la
disposizione in esaminando a un livello di aggregazione delle informazioni di livello
superiore rispetto a quello che caratterizza le banche-dati tradizionalmente intese,
perciò la più ampia nozione di base-dati sembra ricomprendere al proprio interno
anche quella di banca-dati in senso stretto; gli elementi qualificanti di tale inedito
concetto risiedono fondamentalmente nelle 4 caratteristiche essenziali delle
informazioni che lo costituiscono, ovvero la omogeneità del contenuto, la
provenienza da soggetti pubblici, la natura digitale del trattamento (riferito alla
raccolta e alla gestione) e la strumentalità al perseguimento degli obiettivi
istituzionali delle amministrazioni usufruitrici.
Dall’insieme di queste disposizioni si può dedurre una generica definizione di dato
nazionale – che si evince dal medesimo articolo in via residuale – per cui è tale
296 “Base di dati di interesse nazionale” 297 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 298 “Si definisce base di dati di interesse nazionale l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni, anche per fini statistici, per l'esercizio delle proprie funzioni e nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti.”
2.4 – Le banche-dati territoriali e nazionali
107
qualunque informazione che non sia strettamente attinente a una porzione specifica
di territorio; inoltre è da sottolineare come anche il recente Repertorio nazionale dei
dati territoriali ex art. 59 rientra a tutti gli effetti – secondo il dettato legislativo – fra
le basi di dati di interesse nazionale.299
Nel proseguire della norma il comma 2300 ribadisce che le basi di dati di interesse
nazionale (cioè gli insiemi omogenei di informazioni derivanti dalla inter-
connessione delle differenti banche-dati così ottenute) devono essere realizzate
secondo criteri di omogeneità del contenuto, dal momento che per ciascuna
tipologia di dati è costituito un apposito Sistema Informativo Unitario (indicato con
l’acronimo “SIU”) che tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali,
garantendo l’allineamento (ovvero la uniformità riguardante la forma e
l’aggiornamento) delle informazioni registrate e l’accesso alle medesime da parte
delle pubbliche amministrazioni interessate; a ben vedere il legislatore sembra abbia
tenuto ben conto di tali rilievi in quanto l’articolo in commento non centralizza gli
archivi informatici delle singole pubbliche amministrazioni, limitandosi a prevedere
che le basi di dati di interesse nazionale costituiscano per ciascuna tipologia di
notizie un autonomo apparato.301
Così dopo aver individuato nel 1° comma il complesso dei dati da associare e gestire
unitariamente, il legislatore dispone che le informazioni raccolte in maniera
sistematica nelle singole basi-dati siano amministrate attraverso la predisposizione di
una struttura ad hoc (il Sistema Informativo Unitario, per l’appunto) che le organizzi
al proprio interno; in conclusione il Codice – facendo leva sulle crescenti
299 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179) 300 “Ferme le competenze di ciascuna pubblica amministrazione, le basi di dati di interesse nazionale costituiscono, per ciascuna tipologia di dati, un sistema informativo unitario che tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali e che garantisce l'allineamento delle informazioni e l'accesso alle medesime da parte delle pubbliche amministrazioni interessate. La realizzazione di tali sistemi informativi e le modalità di aggiornamento sono attuate secondo le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività di cui all'articolo 73 e secondo le vigenti regole del Sistema statistico nazionale di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989 n. 322 e successive modificazioni.” 301 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
108
potenzialità della rete – disegna una architettura informatica che dovrebbe
consentire, attraverso le funzionalità che notoriamente caratterizzano i cosiddetti
“impianti digitali distribuiti”, una gestione unitaria dei dati residenti sui vari sistemi
informativi pubblici dislocati su tutto il territorio.302
Da ultimo le specifiche basi di dati di interesse nazionale – secondo il comma 3303 –
saranno poi individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dal
2005 non ancora emanato) di concerto con i ministri di volta in volta interessati e su
parere del Garante della protezione dei dati personali e dell’Istituto nazionale di
statistica (il celebre “ISTAT”), inoltre laddove vengano in rilievo informazioni in
materie di competenza regionale dovrà anche essere acquisita la intesa con la
Conferenza unificata; infine al 2° periodo della citata disposizione si aggiunge che le
caratteristiche tecniche e le strutture responsabili di tali Sistemi Informativi Unitari
dovranno essere individuate con la medesima procedura.304
302 Commento di N. Lettieri, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 303 “Le basi di dati di interesse nazionale sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri di volta in volta interessati, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 nelle materie di competenza e sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l'Istituto nazionale di statistica. Con il medesimo decreto sono altresì individuate le strutture responsabili della gestione operativa di ciascuna base di dati e le caratteristiche tecniche del sistema informativo di cui al comma 2” 304 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121)
2.5 – I siti web istituzionali
109
2.5 – I siti web istituzionali
Come innanzi accennato il Codice della Amministrazione Digitale in molteplici
disposizioni riconosce ai cittadini e alle imprese il diritto a utilizzare la tecnologia
internet come strumento di comunicazione e di interazione con i pubblici uffici, di
conseguenza per garantire la effettività di questa prerogativa il legislatore ha imposto
in capo alle amministrazioni una serie di obblighi a contenuto informatico in
relazione alla presenza in rete e alle comunicazioni telematiche; inoltre la diffusione
delle reti telematiche (in particolare di internet) nel settore della Pubblica
Amministrazione porta con sé un elemento nuovo e per certi versi rivoluzionario,
infatti l’accesso alla informazione avviene – in questa prospettiva reticolare – in
modo diffuso, poiché l’utente è per così dire immerso in una notevole quantità di
dati disordinati che spaziano da un polo all’altro del globo terrestre.305
Fino ad oggi l’uso che le amministrazioni hanno fatto del web è stato – tranne
poche ma lodevoli eccezioni – incerto visto che raramente si è dimostrato rispettoso
delle norme che già da tempo il legislatore ha dettato in materia, perciò in un settore
pubblico ancora saldamente legato al carattere cartaceo (nonostante un quadro
normativo a riguardo da tempo compiuto) si è continuato a guardare ai siti internet
come un eventuale surplus e alla posta elettronica come una opzione aggiuntiva per
pochi – cittadini e dipendenti – esperti; fortunatamente gli ultimi interventi
normativi in materia (in particolare la legge 69/2009) hanno scardinato
definitivamente questo assetto, eliminando l’equivoco e non-funzionale regime del
doppio binario (cartaceo e digitale) della attività amministrativa e sancendo il
principio per cui la amministrazione – ove possibile – deve comunicare ed erogare i
servizi in modalità informatica attraverso l’uso di internet.
305 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
110
Oggi le leggi della Pubblica Amministrazione digitale conferiscono centrale
importanza ai siti internet degli enti, concepiti come un vero e proprio sportello
virtuale cui la utenza può rivolgersi – telematicamente – per ottenere informazioni di
carattere generale oppure per essere aggiornata sullo stato delle proprie pratiche, ma
anche più banalmente per fruire dei servizi che le singole amministrazioni rendono
disponibili online; così nelle intenzioni del legislatore i siti delle amministrazioni
diventano anche uno strumento di trasparenza attraverso i quali i cittadini possono
conoscere il livello di efficienza degli uffici pubblici ed esprimere giudizi sulla qualità
dei servizi di cui hanno usufruito.
Dal punto di vista tecnico la scelta del legislatore è quella di non imporre
normativamente l’uso di un determinato linguaggio di programmazione, laddove tale
opzione appare particolarmente convincente non solo perché rispettosa della
autonomia organizzativa dei singoli uffici, ma soprattutto poiché disporre
diversamente avrebbe significato violare clamorosamente anche il principio di
neutralità tecnologica (già visto) non tenendo conto che la evoluzione delle
tecnologie è troppo rapida per poter essere imbrigliata – proficuamente – in una
norma; ciò non significa che manchino le disposizioni normative in materia dei siti
web delle amministrazioni, ma tale norme sono strumentali da un lato a evitare che
l’impiego delle tecnologie possa essere discriminatorio e dall’altro che l’uso della rete
possa davvero consentire il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e
trasparenza.
Ciò posto è necessario – al fine di fissare alcuni paletti – precisare che per “sito
internet” può intendersi l’insieme di componenti (pagine, link e funzioni) che
risiedono su uno o più computer collegati alla rete internet e che è utilizzato per
veicolare le informazioni ed erogare i servizi; in particolare i siti facenti parte del
dominio “gov.it” hanno lo scopo precipuo di fornire informazioni e servizi ai
cittadini, alle imprese e alle varie altre amministrazioni, con la garanzia che le
2.5 – I siti web istituzionali
111
informazioni e i servizi richiesti provengano direttamente dall’ente pubblico titolare
e abbiano caratteristiche di qualità pre-determinate.306
Gli art. 53 e 54 del Codice nel rendere giuridicamente vincolante per le pubbliche
amministrazioni la realizzazione di siti istituzionali su reti telematiche, prassi peraltro
già molto diffusa considerando l’elevato numero di siti attivi pregressi, indicano una
serie di principi e contenuti – minimi – necessari che dovranno caratterizzare i siti
stessi, delineando il profilo della Pubblica Amministrazione online.
In particolare l’art. 53307 comma 1308 CAD definisce i principi che le pubbliche
amministrazioni centrali devono rispettare nella realizzazione dei loro siti
istituzionali prevedendo che questi rispettino i principi di accessibilità, nonché
elevata usabilità e reperibilità (anche da parte delle persone disabili), completezza
della informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione,
qualità, omogeneità e inter-operabilità.309
Sin da subito è da rilevare come rispetto ai sopra-citati principi alcuni di essi
(accessibilità, elevata usabilità e inter-operabilità) facciano esplicito riferimento ai siti
intesi come contenitori, altri (completezza di informazione e chiarezza del
linguaggio) agli stessi intesi come contenuto, e infine altri ancora (reperibilità,
affidabilità, semplicità di consultazione, qualità e omogeneità) a entrambe le
accezioni310; si noti pure come alcuni dei medesimi concetti (es. accessibilità) siano
strettamente collegati alla interazione dell’utente con il sito, invece altri (es.
completezza delle informazioni) siano totalmente indipendenti da tale legame.
306 Commento di M. Martoni, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 307 “Caratteristiche dei siti” 308 “Le pubbliche amministrazioni centrali realizzano siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i principi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità ed inter-operabilità. Sono in particolare resi facilmente reperibili e consultabili i dati di cui all'articolo 54.” 309 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 310 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 146-203)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
112
Tornando alla più stretta analisi dell’articolo occorre primariamente osservare che
attenendosi alla mera formulazione letterale, benché nella sostanza i principi per la
realizzazione dei siti web elencati dal Codice si rivolgano a tutte le pubbliche
amministrazioni, la attuale versione del comma in esame ne prevede la applicazione
esplicita alle sole pubbliche amministrazioni centrali; è chiaro che ci si debba
interrogare sulla esclusione di Regioni ed enti locali dal suo ambito di operatività,
laddove la problematica attiene – più in generale – alla limitata estensione del diritto
all’utilizzo delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con la Pubblica
Amministrazione che è operante solo nei confronti di quelle centrali (intendendosi
per tali quelle previste ex art. 1 comma 1 lettera z311 CAD), poiché il legislatore per
non aggravare ulteriormente i bilanci degli enti locali ha ritenuto maggiormente
opportuno non caricarli anche dei costi necessari a garantire il diritto della propria
cittadinanza alla comunicazione in forma telematica con gli stessi.
La esenzione delle altre pubbliche amministrazioni dall’obbligo di costruire siti
internet per la comunicazione istituzionale rappresenta una attuazione pratica di tale
linea di indirizzo, ma a prescindere dalla polemica sui costi non-eccessivi per la
costruzione di tali portali (infatti occorre comunque una struttura che li gestisca
anche dopo la attivazione) è da ribadire che questa disparità di trattamento del
cittadino nelle comunicazioni con la Pubblica Amministrazione – a seconda che si
tratti di enti locali o amministrazioni centrali – appare di assai dubbia legittimità
costituzionale; il Codice non è comunque insensibile alla problematica in questione e
intende favorire la realizzazione di siti internet delle amministrazioni regionali e
locali mediante indirette azioni di incentivazione, infatti il successivo comma 3
dell’articolo in commento prevede che lo Stato promuova nella ottica di una leale
311 “<<pubbliche amministrazioni centrali>>: le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le istituzioni universitarie, gli enti pubblici non economici nazionali, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300;”
2.5 – I siti web istituzionali
113
collaborazione tra livelli istituzionali diversi intese e azioni comuni finalizzate a tale
scopo.312
Passando invece al contenuto della norma appare evidente ai più che la prima
preoccupazione del legislatore sia quella di assicurare che i siti istituzionali siano di
facile utilizzo (anche da parte di utenti non-esperti) e che le informazioni in essi
contenute siano facilmente – e rapidamente – reperibili; questa disposizione ha il
merito di evidenziare come nella realizzazione di un sito web la amministrazione
debba sempre privilegiare l’aspetto dei contenuti e delle informazioni da fornire alla
utenza rispetto a quello puramente grafico, infatti il particolare riferimento alla
usabilità e alla semplicità di consultazione pone l’accento sul fatto che in questo caso
non si tratta di cosiddetti “siti-vetrina” bensì “di reale servizio”, che hanno la
funzione di erogare prestazioni – anche informative – online e quindi per essere
veramente proficui devono essere costruiti sulle esigenze attuali della utenza.
Il governo dei siti web della Pubblica Amministrazione è realizzato grazie
all’impegno di specifiche figure professionali dedicate alla gestione informatica,
operativa e amministrativa dei portali delle singole amministrazioni, cui si affianca
anche DigitPA per il suo ruolo di consulenza e di coordinamento nella realizzazione
e nella modificazione dei siti internet delle pubbliche amministrazioni centrali (art.
53 comma 2313 CAD), oltre che di gestore dei contratti-quadro del Sistema Pubblico
di Connettività con i quali le varie amministrazioni interessate hanno potuto
realizzare i propri siti web.
Invece dal comma 3314 – come già anticipato poc’anzi – è stato previsto che lo Stato
promuova intese e azioni comuni con le Regioni e gli enti locali affinché realizzino
siti istituzionali con le caratteristiche previste dal comma 1 per le amministrazioni
centrali, anche se appare auspicabile che la medesima disposizione venga estesa
312 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 313 “DigitPA svolge funzioni consultive e di coordinamento sulla realizzazione e modificazione dei siti delle amministrazioni centrali.” 314 “Lo Stato promuove intese ed azioni comuni con le regioni e le autonomie locali affinché realizzino siti istituzionali con le caratteristiche di cui al comma 1.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
114
direttamente anche alle stesse regioni e agli enti locali che rappresentano i soggetti
più vicini alle esigenze dei cittadini.315
Sono molteplici anche le disposizioni normative in materia di siti internet della
Pubblica Amministrazione che si occupano – nella maggior parte dei casi – di
definire un contenuto minimo delle informazioni che devono essere presenti sulle
pagine web degli enti, ma soprattutto il Codice della Amministrazione Digitale detta
delle disposizioni funzionali e strumentali alla garanzia dei diritti di cittadinanza
digitale che sono stati precedentemente illustrati e descritti.
In particolare l’art. 54316 comma 1317 CAD, facendo sostanzialmente propria la
distinzione tra dati essenziali e non-essenziali, dispone che i siti delle pubbliche
amministrazioni – stavolta non solo quelle centrali – debbano inglobare
necessariamente le seguenti informazioni (stilando di fatto un elenco di contenuti
minimi): l’organigramma, le tipologie di procedimento svolte, le scadenze e le
modalità di adempimento dei procedimenti, le caselle di posta elettronica
istituzionali attive, le pubblicazioni (es. messaggi di informazione o di
comunicazione), i bandi di gara o di concorso e i servizi forniti in rete.
315 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 65-71) 316 “Contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni” 317 “I siti delle pubbliche amministrazioni contengono necessariamente i seguenti dati pubblici: a) l'organigramma, l'articolazione degli uffici, le attribuzioni e l'organizzazione di ciascun ufficio anche di livello dirigenziale non-generale, i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici, nonché il settore dell'ordinamento giuridico riferibile alla attività da essi svolta, corredati dai documenti anche normativi di riferimento; b) l'elenco delle tipologie di procedimento svolte da ciascun ufficio di livello dirigenziale non-generale, il termine per la conclusione di ciascun procedimento ed ogni altro termine procedimentale, il nome del responsabile e l'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché della adozione del provvedimento finale, come individuati ai sensi degli articoli 2, 4 e 5 della legge 7 agosto 1990 n. 241; c) le scadenze e le modalità di adempimento dei procedimenti individuati ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990 n. 241; d) l'elenco completo delle caselle di posta elettronica istituzionali attive, specificando anche se si tratta di una casella di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005 n. 68; e) le pubblicazioni di cui all'articolo 26 della legge 7 agosto 1990 n. 241, nonché i messaggi di informazione e di comunicazione previsti dalla legge 7 giugno 2000 n. 150; f) l'elenco di tutti i bandi di gara; g) l'elenco dei servizi forniti in rete già disponibili e dei servizi di futura attivazione, indicando i tempi previsti per l'attivazione medesima; g-bis) i bandi di concorso.”
2.5 – I siti web istituzionali
115
Un nuovo impulso all’uso dei siti istituzionali per comunicare e per interagire con la
utenza è dato dalla legge 69/2009 che riempie le pagine web delle amministrazioni di
ulteriori contenuti, come l’obbligo di pubblicare le retribuzioni annuali, i curricula
vitae, gli indirizzi di posta elettronica o i numeri telefonici a uso professionale,
nonché di rendere pubblici – con lo stesso mezzo – i tassi di assenza e di maggiore
presenza del personale di livello dirigenziale distinti per uffici (in una ottica di
maggiore responsabilizzazione dei quadri operativi); il portale web della Pubblica
Amministrazione come strumento di trasparenza sull’àgere amministrativo è stato
previsto anche dal d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150318 che definendo la trasparenza
come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti
internet (art. 11319 comma 1320), obbliga tutte le amministrazioni a rendere pubblico
sul proprio sito il programma triennale per la trasparenza e la integrità, il relativo
stato di attuazione e il piano con la relazione sulle performance.321
Conseguentemente il legislatore nel prevedere il contenuto minimo di tali siti
istituzionali indica pure le pubblicazioni di cui all’art. 26322 comma 1323 – ormai
abrogato – della legge 241/1990 (direttive, programmi, istruzioni, circolari e ogni
altro atto che dispone in generale sulla organizzazione, funzioni, obiettivi e
procedimenti della amministrazione procedente), nonché tutti i messaggi di
318 “Attuazione della legge 4 marzo 2009 n. 15 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni” 319 “Trasparenza” 320 “La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto della organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati della attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117 secondo comma lettera m della Costituzione.” 321 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179) 322 “Obbligo di pubblicazione” 323 “Fermo restando quanto previsto per le pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dalla legge 11 dicembre 1984 n. 839, e dalle relative norme di attuazione, sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per la applicazione di esse.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
116
informazione e di comunicazione per i quali sarebbe opportuno disporre una
notificazione diffusa e generalizzata; peraltro oltre alle notizie indicate nel 1° comma
e relative alla struttura organizzativa delle persone responsabili per i diversi settori è
previsto che debbano essere pubblicati anche i comunicati-stampa relativi alla
attività della amministrazione e che siano realizzati spazi di interazione con e fra i
cittadini.324
Inoltre è sancito che, al fine di aumentare la trasparenza dei rapporti tra le
amministrazioni pubbliche e gli utenti, ogni singola amministrazione determini con
cadenza annuale sul proprio sito internet – o con altre forme idonee – un indicatore
dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, di servizi o di forniture
(denominato “indicatore di tempestività dei pagamenti”) e i tempi medi di
definizione dei procedimenti di erogazione dei servizi con riferimento all’esercizio
finanziario precedente (art. 23325 comma 5326 della legge 69/2009).
È da questa combinazione di norme che ha ulteriormente preso spunto l’ex-
Ministro per le riforme e la innovazione per invitare le amministrazioni, al fine di
incrementare il regime di pubblicità e di conoscenza della azione amministrativa da
parte dei cittadini, delle imprese e degli altri organismi pubblici, ad ampliare il
catalogo degli atti pubblicati rendendo conoscibili anche tutte le negoziazioni
relative ai servizi, forniture o lavori il cui importo presunto sia superiore ai 20.000
euro, nonché gli esiti delle medesime procedure; di conseguenza tutta la attività
finalizzata alla acquisizione di beni, servizi o realizzazione di opere caratterizzate da
una certa rilevanza deve poter essere consultabile da chiunque, delineando una
324 Commento di M. Martoni, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 325 “Diffusione delle buone prassi nelle pubbliche amministrazioni e tempi per la adozione dei provvedimenti o per la erogazione dei servizi al pubblico” 326 “Al fine di aumentare la trasparenza dei rapporti tra le amministrazioni pubbliche e gli utenti, a decorrere dal 1° gennaio 2009 ogni amministrazione pubblica determina e pubblica, con cadenza annuale, nel proprio sito internet o con altre forme idonee: a) un indicatore dei propri tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato "indicatore di tempestività dei pagamenti"; b) i tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi con riferimento all'esercizio finanziario precedente.“
2.5 – I siti web istituzionali
117
pubblicità di tipo non soltanto preventivo (bandi e avvisi in sede di indizione delle
procedure di evidenza pubblica) ma anche del loro svolgimento e dei loro esiti finali.
Tutto ciò con una sola limitazione, cioè che le uniche ipotesi in cui le
amministrazioni possono esimersi dal pubblicare gli atti inerenti alle proprie
aggiudicazioni si rinvengono laddove siffatto adempimento possa comportare la
diffusione di dati sensibili ovvero attenga a convenzioni contenenti informazioni
coperte da segreto di Stato oppure dalla cui divulgazione possa derivare una lesione
alla sicurezza o alla difesa nazionale.
Per ovviare alle conseguenti perplessità sollevate in materia di riservatezza dei dati
personali il parlamento aveva modificato il Codice della privacy in modo tale che le
notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di qualunque addetto a una
funzione pubblica e la relativa valutazione non fossero oggetto della protezione dei
dati personali (art. 19327 comma 3-bis328 – successivamente confluito altrove – del
d.lgs. 196/2003), quindi con tale previsione il legislatore ha praticamente legittimato
la pubblicazione dei suddetti dati da parte della Pubblica Amministrazione senza la
necessità di richiedere alcun consenso da parte dei diretti interessati. 329
Anche la pubblicità legale su internet porta con sé una diffusione di notizie che – in
alcuni casi – potrebbe ledere il diritto alla privacy, da intendersi non solo come
tutela della riservatezza delle informazioni che riguardano intimamente la sfera
privata ma – in maniera più ampia – anche come diritto all’oblio; a tal proposito il
Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto con vari provvedimenti
ponendo un limite alla ricercabilità delle notizie pubblicate sui siti della Pubblica
327 “Principi applicabili al trattamento di dati diversi da quelli sensibili e giudiziari” 328 “Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dalla amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l'astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e la amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni di cui all'art. 4 comma 1 lettera d.” 329 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
118
Amministrazione in modo da individuare il tempo massimo di permanenza in rete
della informazione, decorso il quale determinati documenti possono restare in
internet ma saranno consultabili solo a partire dal sito stesso dell’ente locale non
essendo più visibili dai motori di ricerca esterni (eventualmente esclusivamente
tramite quelli interni) e secondo tempi proporzionati all’interesse sociale che pervade
la notizia.
Ampliando il discorso mettere a disposizione informazioni personali sul proprio sito
internet significa – per le amministrazioni pubbliche – compiere quella specifica
tipologia di operazione del trattamento di dati personali denominata “diffusione” (di
cui all’art. 4 comma 1 lettera m330 del d.lgs. 196/2003); in particolare qualunque
trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per
lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali (come già visto col principio di
finalità), fermo restando che le comunicazioni di tali informazioni da parte di una
amministrazione pubblica sono ammesse unicamente quando sono previste da una
norma di legge o di regolamento (art. 19 comma 3331), il che significa che si viola
questa disposizione ove si rendano fruibili attraverso il sito web dati personali per i
quali siffatta forma di pubblicazione non sia puntualmente prevista quanto meno da
una norma di rango regolamentare.
È stato pure accennato alle capacità intrinseche dei siti internet delle
amministrazioni pubbliche di dare piena attuazione alla legge 241/1990, laddove la
stessa richiede a tale scopo che tutte le singole amministrazioni individuino l’elenco
dei documenti posseduti per i quali si può esercitare il diritto all’accesso; così
facendo il Codice della Amministrazione Digitale delinea il diritto all’accesso come
quello telematico ai dati e ai documenti della Pubblica Amministrazione, tra l’altro
prevedendo sul portale web la pubblicazione dei regolamenti che disciplinano
330 “[...] <<diffusione>>: il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;” 331 “La comunicazione da parte di un soggetto pubblico a privati o a enti pubblici economici e la diffusione da parte di un soggetto pubblico sono ammesse unicamente quando sono previste da una norma di legge o di regolamento.”
2.5 – I siti web istituzionali
119
l’esercizio stesso del suddetto diritto (art. 52 de quo già precedentemente
esaminato). 332
In altri termini nell’alveo della categoria generale delle informazioni accessibili online
sembra assistersi ad una frattura tra dati pubblici da un lato e dati oggetto del diritto
di accesso dall’altro, infatti solo i primi sono messi a disposizione del pubblico
tramite gli appositi siti istituzionali, mentre i secondi devono essere espressamente
richiesti da un soggetto privato portatore di un interesse qualificato, solo allora – se
non si contrappongono ragioni ostanti alla domanda – potranno essere resi
disponibili dalla Pubblica Amministrazione al soggetto istante ai fini dell’esercizio
del proprio diritto di accesso; ne consegue che un dato pubblico – per definizione –
non è un dato oggetto del diritto di accesso, invece vero è che il Codice accoglie una
relazione di inversa proporzionalità tra informazioni collocate online sui portali web
e area del diritto di accesso, tale che al crescere delle prime la seconda si ritrae
(quando le notizie sono volontariamente messe a disposizione in internet da parte
delle amministrazioni intellegibilmente non c’è alcun bisogno di richiederle). 333
Peraltro secondo i commi 2 e 2-bis (successivamente abrogati dal nuovo CAD)
mentre le amministrazioni centrali che già dispongono di propri siti istituzionali
sono tenuti a rendere disponibili detti contenuti entro una precisa scadenza dalla
data di entrata in vigore del Codice della Amministrazione Digitale, per le
amministrazioni regionali e locali questo vale solo nei limiti delle proprie risorse
tecnologiche e organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia
normativa (questione che si riallaccia a quella dell’ambito soggettivo di applicazione
dell’art. 53 limitato o meno alle sole amministrazioni centrali); anzitutto è da
escludere che – a dispetto in un certo senso del tenore letterale del comma 2334 –
l’obbligo di compliance da esso previsto valga solamente per le amministrazioni
332 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179) 333 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 334 “Le amministrazioni centrali che già dispongono di propri siti realizzano quanto previsto dal comma 1 entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente Codice.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
120
centrali che già dispongono di propri siti web e non per le altre, infatti a questa
impostazione si oppone in primo luogo la logica perché ove così intesa la norma
finirebbe – di fondo – con il premiare la amministrazione rimasta inerte non
gravandola né di adempimenti né dell’obbligo di realizzarli entro una tempistica
precisa, il che non sarebbe equo ridondando in ultima analisi a danno dei relativi
amministrati.
Da questo identico punto di vista va quindi evidenziato anche quanto stabilito al
comma 2-bis335 della norma in commento, secondo il quale l’obbligo di dotare i
rispettivi portali internet dei contenuti individuati nel precedente comma 1 vale per
le amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse tecnologiche e
organizzative disponibili non è da interpretare alle lettera; quanto al rispetto della
loro indipendenza normativa costituzionalmente garantita dal sistema delle
autonomie, il tema dei contenuti – necessari – nei siti istituzionali delle
amministrazioni pubbliche pare riconducibile all’ambito di applicazione del – già
trattato – art. 117 comma 2 lett. r cost., il quale come noto attribuisce alla potestà
legislativa esclusiva dello Stato il coordinamento informativo statistico e informatico
dei dati delle amministrazioni statali, regionali e locali. 336
Il 3° comma337 dell’art. 54 CAD stabilisce altresì che i dati pubblici contenuti nei siti
delle pubbliche amministrazioni devono essere fruibili in rete gratuitamente e senza
necessità di alcuna autenticazione informatica.
Di grande importanza è poi la disposizione contenuta dal conseguente comma 4338
secondo cui le pubbliche amministrazioni devono garantire la conformità delle
informazioni contenute nei siti istituzionali rispetto a quelle previste nei
335 “Il principio di cui al comma 1 si applica alle amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse tecnologiche e organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa.” 336 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 337 “I dati pubblici contenuti nei siti delle pubbliche amministrazioni sono fruibili in rete gratuitamente e senza necessità di identificazione informatica.” 338 “Le pubbliche amministrazioni garantiscono che le informazioni contenute sui siti siano accessibili, conformi e corrispondenti alle informazioni contenute nei provvedimenti amministrativi originali dei quali si fornisce comunicazione tramite il sito.”
2.5 – I siti web istituzionali
121
provvedimenti amministrativi originali (cartacei) dei quali si fornisce comunicazione
tramite il portale; quanto sopra esposto è necessario al fine di comprendere che il
contenuto dei siti internet delle varie amministrazioni andrà a rappresentare il nuovo
front-office della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri
cittadini/utenti, per tale ragione il quadro normativo in commento dovrà assicurare
non solo la certezza della identità degli interlocutori e che si stia interagendo con
una legittima rappresentanza dello Stato, ma anche la completezza e la attendibilità
dei servizi che vengono così erogati e delle informazioni che si inviano o
ricevono.339
In seguito il decreto integrativo 159/2006 ha aggiunto il comma 4-bis340 ai sensi del
quale la pubblicazione telematica produce effetti di pubblicità legale nei casi e nei
modi espressamente previsti dall’ordinamento, disposizione questa che ha sollevato
qualche dubbio da parte del Consiglio di stato341; in altre parole è adesso
espressamente previsto che gli obblighi di pubblicazione degli atti e dei
provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendano assolti
con la diffusione nei siti informatici delle pubbliche amministrazioni e degli enti
pubblici costretti.
Questa si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana per la intera
amministrazione italiana laddove finalmente viene superato il vecchio regime di
pubblicità legale basato sui bollettini e sugli albi cartacei, di conseguenza le
pubblicazioni effettuate in forma cartacea non avranno più effetto di pubblicità
legale ma solo efficacia di finalità integrativa come alternativa opzionale ma
irrilevante a fini giuridici (per il momento è fatto salvo soltanto il carattere di
pubblicità della Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana e di quella della Unione
europea); in questo modo il legislatore – pur motivato dalla esigenza di ridurre la
339 Commento di M. Martoni, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 340 “La pubblicazione telematica produce effetti di pubblicità legale nei casi e nei modi espressamente previsti dall'ordinamento.” 341 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 65-71)
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
122
spesa pubblica – prende atto che oggi l’unico modo per assicurare davvero la
conoscibilità di norme, atti e provvedimenti è la diffusione con gli strumenti
telematici, viene così conferita centralità ai siti istituzionali degli enti che diventano –
a tutti gli effetti – il principale mezzo per ottenere informazioni e per consultare
documenti della Pubblica Amministrazione.
Purtuttavia si fa presente che comunque la pubblicazione online – in linea generale –
può ancora assumere 2 diverse valenze: da un lato quella di mera forma pubblicitaria
di integrazione con funzione comunicativa (cosiddetta “certezza notiziale”) che non
sostituisce le altre forme di pubblicità previste dalla legge e perciò non-determinante
la decorrenza dei termini sostanziali o processuali, dall’altra può assumere veri effetti
costitutivi al pari della pubblicazione cartacea (“certezza legale”) risultando al
contrario parametro idoneo al calcolo del dies a quo per la decorrenza dei suddetti
termini.
Pur in assenza di completi dati ufficiali a riguardo è facile rilevare sin da subito come
– finora – siano state poche le pubbliche amministrazioni che hanno ottemperato
puntualmente al dettato normativo previsto dal Codice della Amministrazione
Digitale, sia con riferimento alla accessibilità dei portali web sia con riferimento alla
presenza di tutti i contenuti imposti normativamente; infatti se allo stato alcune
previsioni sulla trasparenza risultano attuate dalla maggioranza della Pubblica
Amministrazione, tuttavia non risulta che quelle relative alla pubblicazione dei
servizi disponibili e agli strumenti conferiti al cittadino per la verifica
dell’avanzamento della propria pratica personale siano state altrettanto rispettate, ciò
anche in considerazione del fatto che mentre le prime costituiscono un obbligo
normativo le seconde hanno una valenza meramente programmatica. 342
La delusione è accentuata dal fatto che i contenuti minimi necessari dei siti
istituzionali costituiscono una parte qualificante dell’oggetto del diritto all’uso delle
tecnologie sancito all’art. 3 CAD, che per tale via è conformato e – allo stesso
342 I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago, 2011 (p. 124-179)
2.5 – I siti web istituzionali
123
tempo – di fatto svuotato della sua portata innovativa; il rischio è che le pubbliche
amministrazioni scambino i contenuti minimi necessari con quelli da mettere
obbligatoriamente a disposizione del pubblico e perciò che online si riesca a
rintracciare soltanto i primi. 343
Difatti il combinato disposto degli art. 53 e 54 del Codice attribuisce al cittadino-
utente con evidenza 2 diritti, quello della agevole accessibilità a un patrimonio
minimo di dati idonei a orientare le proprie scelte procedimentali col fine di
massimizzarne il risultato finale e quello alla esattezza dei contenuti informativi
anzidetti; le criticità applicative a essi inerenti possono investire 2 situazioni tipiche,
ovvero la eventuale insufficienza – in tutto o in parte – delle informazioni che è per
legge obbligatorio mettere a disposizione sul sito o la eventuale inesattezza delle
stesse, laddove nella ottica dell’utente un sito istituzionale non-completo – o
parimenti non-aggiornato – costituisce una palese violazione dei diritti
riconosciutigli dall’ordinamento e azionabili in giudizio, quindi il cittadino che non
trovasse all’interno del sito istituzionale di una amministrazione le notizie innanzi
elencate potrebbe a ragione ricorrere dinanzi al giudice amministrativo per ottenere
la declaratoria di illegittimità del comportamento dell’ente e il conseguente
risarcimento del danno subito (in forma specifica o per equivalente monetario).
Infatti a prescindere dalle precise responsabilità di tipo amministrativo o disciplinare
previste dall’inasprito sistema sanzionatorio del nuovo CAD, deve affermarsi che la
mancata pubblicazione delle informazioni previste all’art. 54 CAD possa
determinare in capo alla Pubbliche Amministrazione anche una responsabilità di
tipo penale ai sensi dell’art. 328 c.p.344 (rifiuto od omissione di atti d’ufficio)345; valga
343 E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”, in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (p. 33-137) 344 “1. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni. 2. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro 30 giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad 1 anno o con la multa fino a 1032 euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di 30 giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
124
in proposito evidenza che con la sentenza 9 febbraio 2004 n. 2424 la 3^ sezione
civile della Corte di Cassazione è di recente tornata sulla questione ricordando che
secondo i giudici di legittimità la responsabilità delle pubbliche amministrazioni per
illecito extra-contrattuale (che può essere fatta valere dal privato anche solo tramite
azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario) è astrattamente
configurabile anche nella diffusione di informazioni inesatte.
Ciò è tanto più vero – ha osservato la Suprema corte – a seguito della mutata
concezione della ingiustizia del danno di cui all’art. 2043 c.c.346 (risarcimento per
fatto illecito), per cui non è più solo la lesione di un diritto soggettivo ma anche
quella di una posizione giuridica considerata meritevole di tutela da parte
dell’ordinamento (come l’interesse legittimo di affidamento nella Pubblica
Amministrazione) a obbligare l’autore dell’atto illecito al risarcimento del danno in
presenza di tutti gli altri elementi costitutivi della responsabilità aquiliana.
Sul punto i giudici ermellini hanno ri-affermato (con la sentenza a sezioni unite civili
22 luglio 1999 n. 500) il principio secondo il quale affinché un evento dannoso sia
imputabile alla responsabilità di una amministrazione tale addebito non può avvenire
sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento
amministrativo, ma richiede una più penetrante indagine in ordine alla valutazione
della colpa che – unitamente al dolo – costituisce tipicamente un requisito essenziale
della responsabilità aquiliana; quindi la sussistenza di tale elemento va riferita non al
singolo funzionario-agente ma alla Pubblica Amministrazione nel suo insieme (come
apparato generale) ed è configurabile solamente qualora l’atto amministrativo sia
stato adottato in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona
amministrazione alle quali deve ispirarsi normalmente l’esercizio della funzione
345 E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 (p. 80-200) 346 “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”
2.5 – I siti web istituzionali
125
amministrativa e che il giudice ordinario ha il potere di valutare in quanto limite
esterno alla discrezionalità amministrativa. 347
Come si vede gli articoli in esame hanno conseguenze pratiche rilevanti e
presuppongono che la Pubblica Amministrazione gestisca informaticamente anche i
processi al proprio interno, ri-organizzandosi con le metodologie di cui si è detto in
precedenza e utilizzando strumenti che permettano di gestire il procedimento
amministrativo informatico; pertanto è evidente che al fine di realizzare un sistema
di governo elettronico realmente funzionante ed efficace la criticità vada posta
anche sul back-office delle pubbliche amministrazione, cioè tutta la attività che la
macchina amministrativa svolge al proprio interno (al fine di poter poi agire
all’esterno) e il cui assestamento è – appunto – indispensabile al fine di permettere
che tutte le norme che si sono commentate in questo lavoro siano realmente
applicate sfruttando tutti i loro potenziali benefici. 348
Di conseguenza la opera digitale sarà finalmente completa solamente quando anche
la informazione utilizzerà in pieno tutte le potenzialità offerte dalla rete internet e si
trasformerà in una informazione di tipo interattivo, tale da permettere non solo la
consultazione ma anche la partecipazione dell’utente stesso a determinati
procedimenti (sia in fase di ricerca che nell’utilizzo stesso delle notizie e dei dati). 349
Oltretutto con l’art. 55350 CAD il legislatore introduce una altra forma di
partecipazione democratica cui – nei fatti – è stata data attuazione almeno per la
parte relativa alla consultazione pubblica della legge a opera del portale
www.normattiva.it, che ha l’obiettivo – fra gli altri – di informatizzare e di
classificare la normativa vigente per facilitarne la ricerca e la consultazione gratuita
da parte dei cittadini; da questa disposizione, che tra l’altro riproduce
347 M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008 (p. 81-121) 348 P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano, 2007 (p. 65-71) 349 M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori, Napoli, 2006 (p. 92-156) 350 “Consultazione delle iniziative normative del governo”
2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni pubbliche
126
pedissequamente il dettato normativo di cui all’art. 18351 della legge 229/2003,
sembra emergere con evidenza l’avvento di una nuova generazione di diritti dei
cittadini – nell’ambito della società civile – teleologicamente orientati ad assicurare
una loro più consapevole partecipazione alla vita democratica (e quindi politica)
dello Stato.
Tuttavia a seguito di una interpretazione particolarmente estensiva dell’art. 18
predetto la Presidenza del Consiglio dei ministri non si è limitata alla pubblicazione
sul sopracitato sito telematico delle sole iniziative normative e dei disegni di legge
particolarmente rilevanti come era stato tassativamente indicato dal comma 1352, ma
si è – positivamente – dotata ulteriormente di un supporto organizzativo capace di
rendere trasparente la intera attività normativa del governo complessivamente
considerata senza distinzioni in ordine alla rilevanza dei provvedimenti adottati;
inoltre esso permette già ai privati e alle loro forme associative di richiedere – in
aderenza alla missione perseguita volta a realizzare la partecipazione informativa del
cittadino – notizie e chiarimenti sulla attività normativa del Parlamento in generale e
su quella del Governo in particolare, al fine di garantire la piena fruibilità dei dati
giuridici da parte degli stessi.
Peraltro dal dettato letterale della norma è dato evincere non solo il perseguimento
dell’obiettivo di trasmettere una conoscenza ma anche quello di attivare nello
scambio delle informazioni – perseguito attraverso l’accesso al sito informatico – un
rapporto bilaterale di tipo dialogico tra chi esercita il potere e chi a esso è soggetto;
ne discende sotto quest’ultimo aspetto il venir in essere di una forma di
comunicazione pubblica che contiene intimamente in sé la apertura verso modalità
collaborative precipue delle moderne amministrazioni, dunque la traduzione in
formato digitale dei dati normativi e la loro trasmissione attraverso la rete internet
351 “Consultazione telematica” 352 “La Presidenza del Consiglio dei Ministri può pubblicare su sito telematico le notizie relative ad iniziative normative del Governo, nonché i disegni di legge di particolare rilevanza, assicurando forme di partecipazione del cittadino in conformità con le disposizioni vigenti in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali. La Presidenza del Consiglio dei Ministri può inoltre pubblicare atti legislativi e regolamentari in vigore, nonché i massimari elaborati da organi di giurisdizione.”
2.5 – I siti web istituzionali
127
attestano il processo di modernizzazione dell’apparato esecutivo nei rapporti con la
utenza e segnano una tappa importante nel processo di definizione del diritto di
essere informati dei privati, che supera – pur contenendolo – quello dell’accesso alla
informazione.
Così non appare peregrino ritenere che l’articolo in esame nella parte in cui afferma
che dal Governo sono assicurate forme di partecipazione del cittadino voglia
intendere qualcosa di più della semplice e-information, infatti la espressione
utilizzata – non inconsapevolmente – dal legislatore può far pensare (ma forse
sarebbe meglio dire sperare) a forme di intervento del cittadino nel processo
legislativo di competenza dell’organo esecutivo, posto che il termine
“partecipazione” – già sotto il profilo semantico – indica un comportamento attivo
da parte del soggetto che non può certamente limitarsi alla richiesta di delucidazioni
su scelte da altri intraprese; in conclusione si può dire che la norma manifesta il
perseguimento dell’obiettivo di divulgare il più possibile tra i cittadini gli atti
normativi in modo da consentire una maggiore e più consapevole attuazione della
legge, la cui conoscenza rappresenta la base essenziale per costruire una coscienza
democratica e civile.353
Infine il comma 2354 chiarisce che un apposito decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri individuerà poi le modalità della suddetta consultazione telematica
gratuita.
353 Commento di M. A. L. Mazzola, in G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”, Giuffrè, Milano, 2005 (p. 146-166) 354 “Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuate le modalità di partecipazione del cittadino alla consultazione gratuita in via telematica.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
128
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto
legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza”........129
3.2 – Finalità e strumenti della nuova concezione di trasparenza
................................................................................................................137
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico ........................143
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale ..................................151
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza”
129
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza”
Nel corso degli ultimi 2 decenni (in special modo dal 2000) si è assistito
nell’ordinamento italiano a una forte spinta verso la innovazione delle modalità di
organizzazione della Pubblica Amministrazione secondo un processo che ha visto
accompagnarsi – a pari passo – evoluzione tecnologica e normativa, laddove si
intravede una indiscutibile tensione di sistema verso la trasformazione della
macchina amministrativa verso modelli più aperti.
Ma è in particolare con il decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33355 (comunemente
definito anche “Decreto Trasparenza” o “Codice della trasparenza”) che la
trasparenza si pone come una vera condizione complessiva della azione
amministrativa, collocandosi a valle delle specifiche previsioni che ne regolano il
funzionamento per conservare inalterata – anzi rafforzata – la propria funzione di
principio generale che ispira nel suo insieme la intera attività pubblica; questa
previsione è comprovata dal fatto che lo stesso Capo I del suddetto d.lgs. 33/2013
(nel suo complesso rubricato “principi generali”) si apre con un articolo recante
espressamente il titolo del “principio generale di trasparenza” che in quanto
concetto generico è suscettibile di una particolare forza espansiva, il che è
particolarmente evidente con riferimento all’art. 1 le cui affermazioni di principio –
per l’appunto – non sono limitate al presente decreto ma si pongono quale criterio
di ordine generale teso a orientare la interpretazione delle diverse previsioni di legge
dichiaratamente volte ad assicurare la trasparenza, favorendo in questo modo la
estensione del numero di informazioni disponibili e la loro sottoponibilità a pratiche
di open-government.
355 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
130
Il 1° comma356 dell’art. 1357 fornisce una definizione dettagliata di questo principio
delineando la trasparenza come la accessibilità totale alle informazioni, in cui ciò che
cambia maggiormente rispetto alle nozioni pregresse è proprio l’ambito materiale a
cui si applica, infatti il riferimento è indirizzato ai dati concernenti la attività della
Pubblica Amministrazione allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul
perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche;
d’altro canto anche l’art. 2358 al comma 1359 ribadisce questa concezione della
trasparenza intesa quale meccanismo di pubblicità concernente la organizzazione
delle pubbliche amministrazioni, laddove è in primis proprio la ampiezza del novero
delle informazioni (oltre che la finalità di controllo diffuso) a segnare una marcata
evoluzione dal concetto – più spoglio – di accessibilità previsto dalla disciplina pre-
vigente.
In sostanza a una conoscibilità soggettiva assicurata – peraltro solo parzialmente –
attraverso l’accesso dei cittadini direttamente coinvolti in un rapporto con il potere
che nella conoscenza di determinati documenti trovano una necessità per la tutela
delle proprie situazioni giuridiche soggettive (ovvero la tradizionale idea di
trasparenza che trova affermazione nella legge 241/1990 sul procedimento
amministrativo) si aggiunge una conoscenza oggettiva di una serie di informazioni
pre-determinate rese indistintamente disponibili al pubblico, che consentono
esplicitamente anche un utilizzo finalizzato a esperire forme di controllo diffuso
sull’operato della Pubblica Amministrazione (comma 2360); evocando la metafora
della casa di vetro, in questo nuovo sistema la condizione di conoscibilità è in primo
luogo frutto di plurimi lascia-passare rilasciati dai proprietari ad alcuni soggetti che
356 “La trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e la attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.” 357 “Principio generale di trasparenza” 358 “Oggetto” 359 “Le disposizioni del presente decreto individuano gli obblighi di trasparenza concernenti l'organizzazione e la attività delle pubbliche amministrazioni e le modalità per la sua realizzazione.” 360 “Ai fini del presente decreto, per pubblicazione si intende la pubblicazione, in conformità alle specifiche e alle regole tecniche di cui all'allegato A, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni dei documenti, delle informazioni e dei dati concernenti l'organizzazione e la attività delle pubbliche amministrazioni, cui corrisponde il diritto di chiunque di accedere ai siti direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione.”
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza”
131
grazie a questo potranno così entrare in ogni stanza a loro necessaria (diritto di
accesso), ma discende anche dal fatto che in alcuni ambienti le finestre sono lasciate
appositamente spalancate e chiunque può guardarvi dentro (regime di pubblicità).
Bisogna purtuttavia rilevare che – erroneamente – la trasparenza cui istintivamente
si pensa è per lo più quella orizzontale (o esterna) che vive nella relazione tra Stato e
società, ma una dimensione altrettanto significativa è quella verticale che si sviluppa
all’interno delle pubbliche amministrazioni stesse; difatti le dinamiche della
conoscibilità non operano solo nel rapporto tra interno ed esterno ma anche dentro
alla organizzazione amministrativa stessa e questo sia mediante azioni intra-
amministrative (all’interno dello stesso ente) che inter-amministrative (tra istituzioni
diverse); di conseguenza la trasparenza riguarda anche la funzione statale di
coordinamento informativo, informatico e statistico – prevista dall’art. 117 comma 2
lett. r cost. – che fornisce allo Stato uno strumento utile per governare i meccanismi
interni al sistema pubblico (soprattutto quando sono riguardanti i dati delle
amministrazioni regionali e locali), che si sostanzia in una competenza trasversale
legittimante la attivazione di processi riguardanti la circolazione dei dati sia in via
generale che relativamente a settori specifici (come testimoniato anche dall’art. 1
comma 3361 del d.lgs. 33/2013).
Questa nuova accezione di trasparenza ha importanti ripercussioni anche sulla carta
fondamentale perché il suo intento è quello di dare attuazione a una serie di principi
costituzionali che costituiscono l’architrave dell’ordinamento italiano; non a caso
l’art. 1 comma 2362 del d.lgs. 33/2013 nel declinare i fondamenti del principio di
361 “Le disposizioni del presente decreto, nonché le norme di attuazione adottate ai sensi dell'articolo 48, integrano la individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell'articolo 117 2° comma lettera m della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati della amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo 117 2° comma, lettera r della Costituzione” 362“La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili,
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
132
trasparenza contiene 3 diversi ordini di previsione, così dapprima concorre ad
attuare direttamente alcuni principi costituzionali, in seguito è condizione di garanzia
per i diritti e le libertà, infine concorre alla realizzazione di una amministrazione
aperta al servizio del cittadino.
Per quanto riguarda la sua legittimazione, la Costituzione non prevede
esplicitamente termini di trasparenza amministrativa né di amministrazione aperta –
o concetti analoghi – ma nondimeno il suo enunciato è denso di principi che
necessitano per forza di cose di una qualche forma di trasparenza del potere.
Difatti la trasparenza non coincide con nessun specifico dettato costituzionale ma
concorre ad attuare una pluralità di principi fondamentali, perciò legandosi a una
molteplicità di quest’ultimi ma contemporaneamente non esaurendosi in nessuno di
essi si presenta come un principio implicito ma autonomo della Costituzione;
seguendo questo ragionamento la trasparenza vive non solo in una dimensione
organizzativa (come dovere delle pubbliche amministrazioni a essere aperte) ma è
anche chiaramente finalizzata alla soddisfazione degli altri diritti fondamentali (dei
quali è condizione di garanzia) come le libertà individuali e collettive o i diritti civili,
politici e sociali.
Il primo ed essenziale riferimento va rinvenuto già nell’art. 1 cost. che afferma al
comma 2363 il carattere democratico dell’ordinamento italiano, nel quale – in linea
con il significato semantico delle parole utilizzate – la sovranità appartiene al popolo
che la esercita tramite i suoi rappresentanti; da questo postulato si delinea una figura
di cittadino – non suddito – come detentore della sovranità (nella sua forma
associata), che di conseguenza necessita di essere doverosamente informato e nei
confronti del quale non si può usare come scudo il pretesto della segretezza, per
questi motivi è ormai pacifica la asserzione per la quale la trasparenza è l’elemento
che rende effettiva la democrazia.
politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.“ 363 “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza”
133
Importante è anche il collegamento tra trasparenza e uguaglianza (art. 3 cost.), una
relazione che si sviluppa intimamente – sia che si faccia riferimento alla eguaglianza
formale (comma 1364) che a quella sostanziale (comma 2365) – poiché il diritto a
conoscere è condizione necessaria sia perché la legge sia realmente uguale per tutti,
sia perché ciascuno possa concorrere in condizioni di effettiva parità alla vita
politica; sotto questa questo punto di vista la conoscenza si pone come lo strumento
di riequilibrio e di definizione della base di partenza comune contribuendo a
rimuovere gli ostacoli di ordine sociale del paese.
Inaspettatamente manca ogni richiamo all’art. 21 cost. che pure è forse il maggior
naturale riferimento cui si pensa quando si parla di “right to know”, ma questa
apparente dimenticanza può in parte ricondursi alla sua stessa formulazione
costituzionale; difatti il sopra-citato articolo nel disciplinare il diritto alla
informazione al comma 1366 ne esplicita soltanto il versante attivo (ovvero il diritto
di informare) come libertà di espressione per cui tutti hanno diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione, ma in realtà è ormai pacifico – grazie alla giurisprudenza della Corte
costituzionale – che questo diritto sottintenda pure un versante passivo (il diritto ad
essere informati) e uno riflessivo (il diritto ad informarsi).
Tuttavia la Costituzione italiana, a differenza di quella celebre svedese, non prevede
un autonomo rilievo costituzionale del diritto a conoscere seppure numerosi
tentativi di inserire norme di questo tipo non mancarono nella Assemblea
costituente, infatti una commissione in seno a quest’ultima ebbe a suo tempo modo
di sottolineare la opportunità di inserire nel testo delle disposizioni che sancissero il
diritto degli appartenenti alla collettività ad avere visione e copia dei documenti
amministrativi, un diritto che – pur con significativi limiti – sarà previsto a livello
364 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” 365 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” 366 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
134
legislativo solo a partire dalla legge 241/1990 attraverso una prima disciplina del
diritto di accesso; va tuttavia segnalato il fatto che – per quanto ampliato in via
interpretativa – l’art. 21 non è ancora di per sé in grado di porre direttamente in
capo ai cittadini un diritto a conoscere da far valere nei confronti delle istituzioni
pubbliche ma tutt’ora richiede necessariamente di essere disciplinato dalla legge.
Pertanto la omissione non appare casuale se poniamo attenzione al fatto che il
collegamento tra il diritto alla informazione e la trasparenza passa – nel sistema così
delineato – per strumenti di libero accesso alle informazioni pubbliche, dunque la
scelta del legislatore della riforma di propendere in maniera più decisa su
meccanismi di pubblicità, accettando il permanere di un modello del diritto di
accesso del tutto inadeguato per rispondere a esigenze diffuse di conoscenza, si
riflette sulla fuoriuscita dal campo visuale appartenente alla trasparenza del
principale riferimento costituzionale del right to know come diritto di richiedere
informazioni alla Pubblica Amministrazione.367
Un altro rimando degno di nota è l’art. 97 cost. (in cui ci si è già imbattuti) che fissa
il principio di imparzialità e buon andamento – inteso quest’ultimo come efficacia,
efficienza ed economicità, come da dottrina ormai ben affermata – della Pubblica
Amministrazione giacché entrambi per essere soddisfatti in maniera adeguata
richiedono una certa trasparenza di fondo, perciò nel fissare le modalità
organizzative della azione amministrativa la legge dovrà prevedere apposite forme
esterne di conoscibilità quale presupposto necessario di adeguatezza delle strutture
pubbliche; in realtà a guardare meglio la imparzialità degli organi amministrativi
presuppone non solo la conoscenza ma anche la partecipazione dei cittadini stessi,
perché solo attraverso il coinvolgimento degli interessati – che prendendo
direttamente parte alla attività istituzionale colmano il gap comunicativo di cui soffre
abitualmente il settore pubblico italiano – la decisione sarà realmente imparziale in
quanto adottata tenendo in debita considerazione tutte le posizioni coinvolte, infatti
367 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79)
3.1 – La innovazione apportata dal “Decreto Trasparenza”
135
facendo conoscere i suoi processi decisionali e consentendo ai privati di intervenirvi
la Pubblica Amministrazione riduce la sua auto-referenzialità dispositiva.
Questa stessa esigenza di coinvolgimento assume un particolare tratto di doverosità
in presenza di procedimenti che sono destinati a toccare da vicino gli interessi di
determinati soggetti, poiché in questo caso si pone in primo piano una particolare
esigenza che trova soddisfazione nel principio del giusto procedimento, un concetto
che a livello costituzionale ha avuto una serie di affioramenti ma che non è mai stato
direttamente esplicitato (tanto che la Corte costituzionale nella importante sentenza
22 febbraio 1962 n. 13 lo qualificò come principio generale dell’ordinamento privo
però di precisi riferimenti costituzionali), che può tuttavia ricondursi anche a
corollario degli art. 24 (comma 1368 e 2369) e 113 cost. (comma 1370) come diritto di
difesa ostensibile non solo nel giudizio propriamente inteso ma in ogni procedura
potenzialmente destinata a produrre effetti lesivi per il cittadino; invero dopo la
riforma operata dalla legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2371, che ha
riformato l’art. 111 cost. includendovi le regole sul giusto processo giurisdizionale al
comma 1372, quest’ultimo diviene un riferimento cui si tende in modo crescente a
rinviare nella riflessione sul fondamento costituzionale del parallelo “giusto
procedimento amministrativo”, sebbene si debba pur tenere conto del carattere
para-processuale che tradizionalmente riveste quest’ultimo, perciò se i cittadini
hanno diritto a vedersi applicata la corretta procedura nell’ambito giurisdizionale
queste stesse garanzie si estendono necessariamente anche al procedimento di tipo
amministrativo (quantomeno quando questo svolga una funzione para-
giurisdizionale o sanzionatoria).
Un ultimo principio costituzionale che nel suo contenuto incorpora alcuni dei
paradigmi propri della trasparenza amministrativa è quello di sussidiarietà che trova
368 “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” 369 “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.” 370 “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa” 371 “Inserimento dei principi del giusto processo nell'articolo 111 della Costituzione” 372 “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
136
ora espressione nell’art. 118 cost. comma 4373 – in seguito alla riforma del Titolo V
operata dalla legge cost. 3/2001 – laddove questo racconta la bi-univocità della
interazione tra la Pubblica Amministrazione e i privati, che risulta evidente nella sua
accezione orizzontale individuante nei cittadini (in forma singola o associata) i
legittimi curatori non solo dei propri interessi particolari ma anche di quelli generali
in un costante rapporto di collaborazione con gli amministratori pubblici; questo
diverso ruolo dei cittadini attivi come possibili protagonisti nella cura dei beni
comuni riflette a livello costituzionale un profondo mutamento di paradigma che è
anche espressione del diverso modello di amministrazione che andiamo
proponendo, una forma ora condivisa nella quale il pubblico e il privato collaborano
per il raggiungimento di obiettivi di interesse comune.374
In conclusione, ad una prima e incauta lettura la trasparenza si mostra – in base a
quanto sin qui illustrato – come mero corollario di una pluralità di principi
costituzionali mostrando in tutta la sua evidenza il suo insito carattere strumentale a
esigenze diverse; in realtà – approfondendo nella analisi – si arriva ben presto alla
epifania che la sua funzionalità per una moltitudine di concetti fondamentali ne
evidenzia in via incidentale anche il diretto valore costituzionale, infatti la
trasparenza è un concetto di fondo del quale l’impianto della carta fondamentale è
così pervaso da configurarla indirettamente come un meta-principio che impronta il
sistema costituzionale stesso.375
373 “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” 374 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108) 375 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79)
3.2 – Finalità e strumenti della nuova concezione di trasparenza
137
3.2 – Finalità e strumenti della nuova concezione di
trasparenza
Non solo articolata quanto a declinazioni, la trasparenza amministrativa è complessa
anche rispetto alle finalità nel senso che attraverso questa il sistema pubblico tenta di
dare soddisfazione ad una pluralità di differenti scopi, difatti essa mira in primo
luogo a rafforzare la posizione dei cittadini per la garanzia dei loro diritti
(conoscibilità), ma è anche un importante strumento per migliorare la efficacia della
azione amministrativa riducendone le disfunzioni, assicurandone la imparzialità,
agevolando la fruizione dei servizi e controllando la spesa pubblica (efficienza).376
Dal 1° punto di vista l’art. 1 comma 1 del d.lgs. 33/2013 nella sua parte finale
contiene una innovativa disposizione che merita di essere posta al centro della
attenzione perché relativa alla previsione di un controllo diffuso esperibile da parte
della generalità della popolazione, difatti attraverso i dati pubblici disponibili nei siti
istituzionali delle pubbliche amministrazioni i cittadini potrebbero essere messi nelle
effettive condizioni di controllare la gestione della cosa pubblica italiana, facendo
valere i risultati nelle diverse sedi (legali e democratiche); in questo caso appare più
che mai manifesta la schizofrenia del legislatore italiano che da un lato cede
palesemente alla tensione verso il modello dell’open-government e dall’altro
mantiene ben salda la divaricazione di questi nuovi meccanismi di trasparenza
rispetto all’originario e sempiterno diritto di accesso ai documenti, per il quale ha
espressamente previsto – e fino a prova contraria continua a mantenere – il divieto a
un suo utilizzo finalizzato a porre in essere un controllo generale sull’operato della
Pubblica Amministrazione, di fatto sancendo una chiusura – ancora pietrificata dal
CAD – a ogni modulo conoscitivo slegato da specifici interessi e dalla posizione di
chi lo richiede.
376 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108)
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
138
Per quanto concerne il 2° aspetto la trasparenza (con riferimento tanto alla
organizzazione quanto alla azione della Pubblica Amministrazione) è uno strumento
sicuramente efficace anche sul versante della lotta alla corruzione e – più in generale
– alla “mal-administration”, infatti sempre di più questa ha visto sommarsi ai profili
– inizialmente prevalenti – della tutela del cittadino contro gli illegittimi
comportamenti delle amministrazioni lesivi per le proprie situazioni giuridiche
soggettive (quindi interessi legittimi compresi) quelli della garanzia di imparzialità
della Pubblica Amministrazione, così come sempre più stretto è apparso il nesso tra
il risultato della attività e la struttura amministrativa a monte.
Ma se è vero che la organizzazione amministrativa è di per sé – ancora prima dello
svolgimento della azione stessa – una garanzia per il cittadino, la sua conoscenza è
un presupposto fondamentale di tale assicurazione, laddove in questa prospettiva
devono essere resi conoscibili non tanto gli elementi oggettivi della struttura
amministrativa (es. la articolazione degli uffici e le competenze degli organi) quanto
quelli soggettivi (es. la configurazione delle caratteristiche personali dei loro titolari e
la disciplina del rapporto che lega questi ultimi alle pubbliche amministrazioni).
In seconda battuta la diffusione dei dati pubblici dalla organizzazione passa
inevitabilmente alla azione amministrativa, così affinché i cittadini possano svolgere
adeguatamente la loro funzione di controllori dell’esercizio dei poteri pubblici che –
in loro nome – la legge attribuisce alle pubbliche amministrazioni, occorre che ad
essi sia consentita una certa conoscibilità riferita innanzitutto ai suoi principali
risultati (ovvero i provvedimenti adottati); la trasparenza sulla azione amministrativa
diviene quindi un importante mezzo per consentire la emersione di fenomeni
patologici e per mantenere la giusta pressione sui funzionari pubblici.
La partecipazione del cittadino, la motivazione degli atti, la pubblicazione
obbligatoria e la comunicazione delle istituzioni sono solamente alcuni degli
strumenti che affiancano l’accesso ai documenti nel garantire la conoscibilità del
funzionamento della Pubblica Amministrazione; nella fase attuale ad assicurare la
trasparenza amministrativa concorrono soprattutto 2 strumenti che non sono
3.2 – Finalità e strumenti della nuova concezione di trasparenza
139
necessariamente sempre tra loro alternativi, ovvero l’accesso ai documenti e la
pubblicità delle informazioni (oggi resa possibile soprattutto grazie alle nuove
tecnologie della comunicazione).
In questo senso la pubblicità è certamente un mezzo della trasparenza (oltre a
costituirne un valido presupposto), ma non per questo ogni meccanismo del primo
ne costituisce anche uno del secondo poiché il concetto di pubblicità si distingue in
misura importante da quello di trasparenza in relazione ai destinatari dei relativi
strumenti; invero la pubblicità è – per definizione – conoscibilità estesa a chiunque
senza che vi siano filtri di tipo soggettivo o esigenze di motivare le proprie ragioni
dell’interesse a sapere, invece la trasparenza (generalmente intesa) si realizza
attraverso gli espedienti più diversi, tra i quali è vero che spunta la pubblicità, ma
compaiono pure forme alternative di conoscenza riconducibili a soggetti determinati
– o determinabili – come nel caso del diritto di accesso ai documenti.377
In questa disamina si parte dal presupposto che sia indubbio che il nuovo modello
della trasparenza-pubblicità presenta potenzialmente importanti vantaggi rispetto al
vecchio sistema della trasparenza-accesso, che – senza pretesa di esaustività –
possono essere ricondotti al fatto di consentire una conoscenza più ampia, di
costituire un patrimonio informativo suscettibile di successive elaborazioni e di
generare un sapere che non è filtrato da dirette mediazioni degli organi
amministrativi; nello specifico la conoscibilità riconosciuta generalmente a chiunque
– senza dover dimostrare la titolarità di precise situazioni giuridiche soggettive
coinvolte nella azione amministrativa – ha il grande pregio di affidare direttamente al
cittadino la ricerca delle informazioni di cui ha bisogno, però questo vantaggio può
– paradossalmente – rivelarsi un limite allorché lasci ai singoli privati la completa
iniziativa non consentendo il manifestarsi di una trasparenza piena.
Riesumando la precedente metafora della “casa di vetro”, con il diritto di accesso si
illuminano le precise parti dell’edificio richieste a seconda delle ipotesi di ricerca che
377 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108)
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
140
hanno guidato il cittadino a formulare la suddetta istanza, per di più la illuminazione
può essere di breve durata (giusto il tempo utile al cittadino per acquisire i
documenti di cui ha bisogno) e questo processo non comporta di per sé la
diffusione pubblica dei dati così ottenuti, dal momento che il cittadino può
legittimamente optare di tenere per sé le informazioni a cui ha avuto accesso; al
contrario la pubblicazione dei dati ha pregi e difetti speculari dato che essa può
produrre quell’effetto di piena illuminazione della casa che la renda effettivamente
trasparente, ma questo risultato dipende quasi totalmente dalla ampiezza e dalla
profondità della pubblicità messa a disposizione dalla Pubblica Amministrazione.
Ma la rivoluzionaria decisione di spostare il baricentro della trasparenza dal diritto di
accesso ai documenti alla pubblicità dei dati (con particolare riferimento a quella
attuata tramite internet) porta con sé una serie di questioni problematiche che si
esaltano quanto più questo trasferimento sia inteso in termini radicali; è di
immediata evidenza che il successo in termini di trasparenza della pubblicazione
obbligatoria sui siti istituzionali dipenda direttamente dagli effettivi comportamenti
tenuti dai dirigenti delle singole amministrazioni (come già visto riguardo alla casa di
vetro), pertanto la pubblicità può assicurare la trasparenza soltanto se la sua
disciplina è oggetto di veri e propri obblighi di diffusione che individuino in maniera
precisa le modalità di accesso alle informazioni pubblicate.
Da quanto si è detto si ricava agevolmente come i 2 strumenti non debbano
escludersi reciprocamente ma – anzi – dovrebbero concorrere al raggiungimento
congiunto delle finalità di trasparenza.
Nella sistematica del d.lgs. 33/2013 l’art. 3378 al comma 1379 qualifica come pubblici
tutti quei documenti, dati e informazioni che sono oggetto di pubblicazione
obbligatoria, configurando implicitamente in capo a chiunque il corrispondente
diritto alla conoscibilità, in questo modo – di norma – i dati delle varie
378 “Pubblicità e diritto alla conoscibilità” 379 “Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e ri-utilizzarli ai sensi dell’art. 7.”
3.2 – Finalità e strumenti della nuova concezione di trasparenza
141
amministrazioni sono automaticamente pubblici (in quanto tali fruibili e – in
secondo luogo – ri-utilizzabili) poiché ricadenti nel campo visuale della trasparenza
totale, infatti se davvero è – in via di principio – conoscibile ogni dato relativo alla
attività amministrativa (salvi i limiti che poi esamineremo) risulta difficile individuare
informazioni che fuoriescano da questo ambito di applicazione così esteso; in realtà
la sua portata rivoluzionaria viene grandemente rivalutata quando è calata in
concreto nelle specifiche previsioni di legge che la rendono cogente, laddove
dev’essere letta alla luce dei contenuti minimi obbligatori nei siti istituzionali delle
pubbliche amministrazioni (come previsti dal CAD e dagli obblighi specifici del
Decreto Trasparenza).
Dal combinato disposto degli art. 1 e 3 si ricava la parziale parificazione operata dal
d.lgs. 33/2013 della trasparenza con la pubblicità, infatti da un lato l’art. 1 definisce
la trasparenza come accessibilità totale – ossia senza limitazioni di ordine soggettivo
attinenti alla presunta titolarità di un diritto alla conoscenza – delle informazioni
concernenti la organizzazione e la attività della Pubblica Amministrazione, dall’altro
l’art. 3 collega univocamente la pubblicità al diritto alla conoscibilità riconosciuto in
capo a chiunque ancora a prescindere da qualsivoglia verifica attinente la
legittimazione all’esercizio del diritto de quo; tale situazione consiste in un diritto di
informazione spettante indifferenziatamente al privato e prevalente per sua stessa
definizione su qualsiasi esigenza di riserbo, si tratta quindi di una posizione
nettamente distinta dai diritti di informazione a titolarità ristretta (come il diritto di
accesso) che appartengono invece a soggetti individuati a partire da una loro
particolare relazione giuridica con la singola amministrazione e che possono
eventualmente essere contro-bilanciati con eventuali interessi di uguale importanza
ma contrari.380
Così facendo ci muoviamo da una dimensione di trasparenza passiva, vale a dire che
si svolge in spazi entro i quali è il cittadino a rivolgersi alla amministrazione per
380 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79)
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
142
conoscere determinati documenti (area dell’accesso), a una di tipo attivo dove è la
stessa amministrazione che deve prendere la iniziativa per sottostare ai propri doveri
di divulgazione delle informazioni obbligatorie (area della pubblicità).
In ogni caso il rischio di forme inidonee di trasparenza è sempre presente, in
particolare questo pericolo incombe ogni qual volta in cui si verifica un
disallineamento tra i meccanismi della informazione e le effettive capacità
conoscitive dei destinatari, vuoi perché le notizie sono di fatto inaccessibili nel
concreto (fosse anche per solo una piccola parte dei potenziali interessati) o perché
le medesime sono incomprensibili quanto al loro contenuto; perciò la idea di una
trasparenza piena ed effettiva – propria della cultura dell’open-government –
rimanda ad una conoscenza per quanto possibile completa e capace di consentire
una adeguata comprensione dei provvedimenti amministrativi.381
381 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108)
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico
143
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico
Una volta ammesso che la specificità del principio di pubblicità risiede nel
riconoscere a chiunque la disponibilità delle informazioni pubbliche, le modalità
concrete attraverso le quali il diritto alla conoscibilità poi si realizza possono essere
diverse ma consistono tutte parimenti in forme di estrinsecazione del medesimo
principio; così – del tutto coerentemente con tale impostazione – il d.lgs. 33/2013
prefigura 2 mezzi di pubblicità, ovvero la pubblicazione obbligatoria e il diritto di
accesso civico.
Per prima cosa la pubblicazione obbligatoria di cui all’art. 3 (in particolare nella
forma della divulgazione di dati nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni)
garantisce il carattere pubblico dei documenti, delle informazioni e dei dati che ne
sono oggetto, ne consegue che ogni cittadino ha il corrispondente diritto di fruirne e
di ri-utilizzarli; in secondo luogo questa medesima qualità è ulteriormente assicurata
dall’accesso civico, cioè dal diritto di richiedere i documenti laddove la
amministrazione abbia omesso di pubblicarli ai sensi dell’art. 5382, per di più il
382 “Accesso civico” “1. L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. 2. La richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza della amministrazione obbligata alla pubblicazione di cui al comma 1, che si pronuncia sulla stessa. 3. La amministrazione, entro 30 giorni, procede alla pubblicazione nel sito del documento, della informazione o del dato richiesto e lo trasmette contestualmente al richiedente, ovvero comunica al medesimo l'avvenuta pubblicazione, indicando il collegamento ipertestuale a quanto richiesto. Se il documento, la informazione o il dato richiesti risultano già pubblicati nel rispetto della normativa vigente, la amministrazione indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale. 4. Nei casi di ritardo o mancata risposta il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo di cui all'articolo 2 comma 9-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni, che, verificata la sussistenza dell'obbligo di pubblicazione, nei termini di cui al comma 9-ter del medesimo articolo, provvede ai sensi del comma 3. 5. La tutela del diritto di accesso civico è disciplinata dalle disposizioni di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, così come modificato dal presente decreto. 6. La richiesta di accesso civico comporta, da parte del Responsabile della trasparenza, l'obbligo di segnalazione di cui all'articolo 43 comma 5.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
144
comma 5 dello stesso articolo chiarisce espressamente la applicabilità del regime
dell’accesso civico a tutti quei dati che devono ritenersi pubblici ai sensi dell’art. 3.
È dunque ravvisabile una omogeneità di fondo tra pubblicazione obbligatoria e
accesso civico poiché entrambi costituiscono degli strumenti che rientrano nella
disponibilità di chiunque e – per questo motivo – sono istituti riconducibili al
principio di pubblicità; tra l’altro la esistenza di un diritto civico di informazione – di
per sé – non esclude che esso possa realizzarsi anche su istanza individuale, infatti il
problema della sua titolarità prescinde dalle specifiche modalità di attuazione, che
possono dipendere – in egual modo – da una iniziativa obbligatoria della singola
amministrazione (come in tutti i casi di pubblicità in senso stretto) o essere rimessi a
un diretto impulso del privato (che è quanto accade con l’accesso civico in esame).
Il nuovo istituto dell’accesso civico attribuisce a qualunque cittadino –
indipendentemente dalla titolarità di specifiche situazioni giuridiche soggettive
coinvolte nella azione amministrativa – il diritto a trovare nei siti istituzionali delle
Pubbliche Amministrazioni i dati necessariamente pubblici ai sensi della normativa
vigente, una facoltà che nella pratica si sostanzia in una richiesta alla
amministrazione (nella figura del responsabile della trasparenza) di pubblicare
quanto dovuto e – in caso di ulteriore inerzia – nella possibilità di ricorrere al giudice
amministrativo con lo stesso rito abbreviato previsto in materia di accesso ai
documenti; difatti sul piano della tutela giurisdizionale questo giudice è dotato di
importanti poteri di disclosure nei confronti delle amministrazioni, che gli
consentono di ordinare tanto l’accesso dell’interessato ai documenti amministrativi
che lo riguardano quanto la pubblicazione sul sito istituzionale delle informazioni
omesse.
Si tratta di un diritto alla conoscibilità qualificabile come “civico” per il fatto di
essere riconosciuto a chiunque, inoltre trattandosi di una situazione giuridica
soggettiva autonoma ne consegue che tale diritto non solo non presuppone la
titolarità di alcuna posizione qualificata ma anche che esso è fine soltanto a se stesso
ed è quindi privo di qualsiasi funzionalizzazione a interessi ulteriori e diversi;
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico
145
ciononostante la circostanza che si tratti di una prerogativa del cittadino “uti cives”
non toglie il fatto che al tempo stesso costituisca comunque un diritto soggettivo,
che in quanto tale ha – prima di tutto – carattere individuale.
È dunque un meccanismo che si presenta chiaramente come un diritto non soggetto
a condizioni specifiche, ma che al contempo opera in un contesto circoscritto di
informazioni predefinite (ovvero quelle soggette a pubblicazione obbligatoria); al
contrario quando l’esercizio del diritto alla informazione finisce con il dipendere da
un potere discrezionale concesso alla amministrazione si è fuori dall’alveo del diritto
alla pubblicità e dentro quello – contiguo ma distinto – dei rimedi ex-post al segreto
amministrativo.
Come esplicitato dallo stesso dipartimento della funzione pubblica, con il nuovo
diritto di accesso civico chiunque ha il potere di controllare la conformità della
azione amministrativa alle corrette linee-guida della Pubblica Amministrazione
determinando anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che ricoprono
ruoli strategici nella gestione della cosa pubblica; in pratica si tratta di un istituto
volto a rendere effettivo il sistema di trasparenza sotto forma di pubblicazione
obbligatoria delle informazioni sul web (sul quale punta molto il d.lgs. 33/2013) per
completare il percorso iniziato su questo fronte, prevedendo un dovere di far sapere
allorché vi siano state manchevolezze quanto alla pubblicazione delle
informazioni.383
In questo modo tramite il Decreto Trasparenza il legislatore disegna un inedito
istituto che si distacca in modo deciso dal precedente diritto di accesso previsto per
la prima volta dalla legge sul procedimento amministrativo e successivamente
ripreso dal CAD, dal momento che ne radica la legittimazione soggettiva
indifferentemente in capo a qualunque soggetto, laddove il “chiunque” dell’art. 5 del
decreto 33/2013 (che proietta nella dimensione del diritto di accesso civico il
383 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108)
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
146
“chiunque” dell’art. 3) si contrappone in modo netto all’ “interessato” titolare del
diritto di accesso ai documenti amministrativi della legge 241/1990.
Consapevole della limitatezza dimostrata nel corso di oltre un ventennio dal diritto
di accesso tradizionale il legislatore ha reso inequivocabile la scelta per un accesso
finalmente generalizzato (“totale” per usare le parole di cui all’art. 1 del d.lgs.
33/2013) chiarendo esplicitamente che la istanza di accesso civico non è sottoposta
ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente né deve
essere motivata; questa previsione sancisce la netta alternativa tra un regime che
garantisce l’accesso solo a ciò che è necessario per la tutela di una differenziata
situazione giuridica soggettiva (“need to know”) e uno che riconosce genericamente
l’accesso in termini di pieno diritto (“right to know”).
Alla luce della ricostruzione appena proposta gli ambiti di applicazione del diritto di
accesso e dell’accesso civico possono venire a sovrapporsi (con prevalenza del
secondo sul primo) con particolare riguardo ai documenti oggetto di pubblicazione
obbligatoria; per l’appunto nel caso di dati e informazioni oggetto di pubblicazione
obbligatoria che non abbiano forma di documento la loro qualificazione come
pubblici li sottopone alla condizione di accessibilità esclusivamente nella forma del
diritto di accesso civico, atteso che invece le notizie in possesso di una Pubblica
Amministrazione che abbiano forma di documento amministrativo possono venire
richiesta anche per mezzo dell’accesso tradizionale (se non esclusivamente tramite
esso nel caso in cui non siano soggette a obblighi di divulgazione).
A tal proposito la 6^ sezione del Consiglio di Stato – in sede giurisdizionale – con
sentenza 20 novembre 2013 n. 5515 ha formalizzato tutte le divergenze della
disciplina dell’accesso ai documenti rispetto al nuovo accesso civico, pur nella
comune ispirazione al principio di trasparenza che si vuole affermare con sempre
maggior ampiezza nell’ambito della Pubblica Amministrazione384; ma per quanto
questo si tratti di un meccanismo specificatamente rivolto a rendere effettiva la
384 F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”, Mucchi, Modena, 2014 (p. 39-70)
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico
147
regola della pubblicità, al fine di evitare situazioni paradossali in cui informazioni
teoricamente trasparenti siano di fatto inaccessibili per colpa di amministratori
perpetranti comportamenti inefficienti o del tutto inerti, in una visione più ampia
l’accesso civico appare suscettibile di essere valutato anche come un primo tentativo
di collegamento tra il modello dell’accesso e quello della pubblicità, una forma di
trasparenza passiva che va a insistere – per ora esclusivamente – sulle informazioni
pubbliche per le quali la legge prevede obblighi di trasparenza attiva. 385
Ai fini della presentazione della richiesta di accesso civico si ritiene sufficiente – così
come avviene abitualmente nei paesi che adottano il FOIA – l’uso della posta
elettronica comune (fermo restando la PEC è comunque accettata).
Dalla formulazione letterale del comma 3 se ne potrebbe incautamente dedurre che
la richiesta di accesso civico potrebbe avere a oggetto determinati documenti,
informazioni e dati solo in quanto non siano stati affatto pubblicati, tuttavia dottrina
e giurisprudenza hanno provveduto a precisare (come testimonia anche il testo del
successivo art. 6386 del d.lgs. 33/2013) che il diritto di accesso civico è esercitabile
non solo con riferimento al momento della pubblicazione ma anche riguardo al
contenuto e alle modalità con cui tale obbligo deve essere assolto, pertanto il dovere
di pubblicazione si considera adempiuto solo se questa è perfettamente rispettosa
della normativa (fornendo così rilevanza anche a tutti i requisiti secondari
normativamente imposti).
385 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108) 386 “Qualità delle informazioni” “1. Le pubbliche amministrazioni garantiscono la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l'integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, la omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso della amministrazione, la indicazione della loro provenienza e la ri-utilizzabilità secondo quanto previsto dall'articolo 7. 2. La esigenza di assicurare adeguata qualità delle informazioni diffuse non può, in ogni caso, costituire motivo per l'omessa o ritardata pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
148
Quanto ai tempi della pubblicazione valgono in via generale – e residuale – le
prescrizioni di cui all’art. 9387 del d.lgs. 33/2013, fatte salve le diverse indicazioni
eventualmente previste di volta in volta nel testo del Decreto Trasparenza che
prevedano tempi speciali in riferimento a specifiche fattispecie.
La applicabilità dell’accesso civico comporta che – anche dopo lo scadere dei
termini di pubblicazione ai sensi dell’art. 8388 – per la domanda volta a ottenere la
conoscenza di documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria
non operi alcuna limitazione relativa alla legittimazione soggettiva del richiedente;
invece quanto ai limiti oggettivi cui va sottoposto il diritto dopo la fine di
decorrenza della divulgazione, sulla base delle considerazioni già svolte – che si
intendono qui integralmente richiamate – opera la clausola di salvaguardia di cui
all’art. 4 comma 6.
Quanto ai contenuti valgono ovviamente le prescrizioni del decreto che prevedono
l’obbligo concreto, senza però tralasciare la incidenza diretta che sulla prescrizione
ha lo schema di rappresentazione; quanto alla forma rileva l’obbligo di rendere
disponibili documenti, informazioni e dati nei formati aperti di cui all’art. 68 comma
387 “Accesso alle informazioni pubblicate nei siti” “1. Ai fini della piena accessibilità delle informazioni pubblicate, nella home page dei siti istituzionali è collocata un'apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente», al cui interno sono contenuti i dati, le informazioni e i documenti pubblicati ai sensi della normativa vigente. Le amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all'interno della sezione «Amministrazione trasparente». 2. Alla scadenza del termine di durata dell'obbligo di pubblicazione di cui all'articolo 8 comma 3, i documenti, le informazioni e i dati sono comunque conservati e resi disponibili, con le modalità di cui all'articolo 6, all'interno di distinte sezioni del sito di archivio, collocate e debitamente segnalate nell'ambito della sezione «Amministrazione trasparente». I documenti possono essere trasferiti all'interno delle sezioni di archivio anche prima della scadenza del termine di cui all'articolo 8 comma 3.” 388 “Decorrenza e durata dell'obbligo di pubblicazione” “1. I documenti contenenti atti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati tempestivamente sul sito istituzionale della amministrazione. 2. I documenti contenenti altre informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati ai sensi delle disposizioni del presente decreto. 3. I dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello da cui decorre l'obbligo di pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali e quanto previsto dagli articoli 14 comma 2 e 15 comma 4.”
3.3 – La introduzione del diritto di accesso civico
149
3-bis CAD (già trattato) puntualmente richiamato dall’art. 7389 del d.lgs. 33/2013,
laddove ciò potrebbe anche tradursi – in caso di omissione della pubblicazione –
nella concreta sperimentazione di uno schema di accesso civico a 2 passaggi, dove il
1° sarebbe intrapreso per costringere la amministrazione a pubblicare, mentre il 2° –
solo eventuale – per ottenere il preciso adempimento all’obbligo in modo aderente
ai requisiti.
Circa i soggetti destinatari della richiesta – tenuti a darvi risposta – non parrebbero
esserci dubbi stante il tenore del comma 2, ai sensi del quale la domanda va
presentata direttamente al responsabile alla trasparenza della singola
amministrazione obbligata alla pubblicazione che si pronuncia sulla stessa.
A tal proposito il responsabile della trasparenza ben può fungere da mero
destinatario unico delle molteplici istanze di accesso civico indirizzate alla singola
amministrazione, da girare poi agli addetti dei diversi uffici incaricati della
pubblicazione riguardante le specifiche informazioni e direttamente chiamati a
provvedere su tali reclami, ma d’altra parte appare preferibile che in caso di mancata
o tardiva risposta da parte di questi ultimi il soggetto chiamato a verificare la
sussistenza dell’obbligo e – di conseguenza – a provvedere in via sostitutiva sia
proprio il responsabile della trasparenza; in questo senso sarebbe ancora più
opportuno che il medesimo responsabile fosse chiamato a pronunciarsi non solo in
caso di omissione o ritardo – quindi solamente in via sostitutiva – ma anche in sede
di ricorso interno avverso risposte negative o ritenute insoddisfacenti dai ricorrenti,
così da concentrare in capo a tale figura tutti i compiti di seconda istanza alle
richieste di accesso civico, ferma restando in ogni caso la immediata azionabilità
389 “Dati aperti e ri-utilizzo” “I documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, resi disponibili anche a seguito dell'accesso civico di cui all'articolo 5, sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell'articolo 68 del Codice della amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e sono ri-utilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, senza ulteriori restrizioni diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
150
della tutela giurisdizionale come disciplinata dalle disposizioni del Codice del
processo amministrativo all’uopo integrate dal decreto. 390
Da ultimo occorre ricordare che oltre alla introduzione dell’accesso civico il Decreto
Trasparenza ha previsto altri strumenti di vigilanza sulla corretta applicazione delle
disposizioni e nuove sanzioni correlate al mancato rispetto delle norme, al fine di
garantire effettività a quanto disciplinato. 391
390 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79) 391 F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”, Mucchi, Modena, 2014 (p. 39-70)
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
151
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
Nondimeno il modello appena prospettato (applicabile per quasi tutti i suoi aspetti
anche al sistema di open-government) deve confrontarsi non solo con gli indubbi
vantaggi che esso arreca, ma anche con i possibili rischi che la idea di trasparenza –
pure indirettamente – implica.
Rischi per eccesso perché la accessibilità totale – già di per sé – evoca la concezione
di un sistema nel quale talune informazioni circolano svincolate da qualsiasi limite
nella rete (che in questo caso costituisce quasi una zona franca) che consente una
verifica completa da parte di chiunque, infatti il Garante della privacy in varie
occasioni si è pronunciato manifestando il forte sospetto che questo meccanismo
possa condurre a fenomeni patologici di controllo sociale di dimensioni spaventose;
rischi per difetto perché la funzione di conoscibilità assicurabile dalle dinamiche
informative spontaneamente attivate dal singolo (insita nel modello del diritto di
accesso e della “freedom of information”) rimane in un certo senso insostituibile da
forme di pubblicità – per quanto ampie – predefinite ex-ante.
Con riferimento al primo tipo di pericoli la condizione complessiva di conoscibilità
dei pubblici poteri si scontra – anche nel mutare dei paradigmi – con una serie di
limiti che nei diversi contesti giustificano aree di opacità in modo più o meno
equilibrato, poiché la trasparenza – tanto più quanto maggiormente ampia – pone
una serie di problemi riguardanti la compatibilità rispetto alle contrapposte esigenze
di riserbo.
Le tipologie di casi in cui i dati in possesso degli enti pubblici non sono
completamente aperti sono principalmente 3 (delle quali le ultime 2 verranno
trattate più avanti): la 1^ comprende le informazioni che rientrano tra le eccezioni
come la sicurezza nazionale o la protezione della privacy, della 2^ fanno parte quelle
soggette a diritti di proprietà intellettuale che pongono possibili limitazioni all’uso e
alla redistribuzione (es. copyright), e infine la 3^ è quella che viene distribuita solo a
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
152
pagamento quando gli enti pubblici stabiliscono che possa essere venduta a società
con scopo di lucro al fine di creare prodotti con valore aggiunto.392
Inoltre è ormai appurato che la trasparenza abbia anche dei limiti interni tra i quali la
sovra-esposizione, vale a dire il fatto che quantità e qualità delle informazioni non
sempre coincidono poiché la luce del sole (riprendendo la metafora della casa di
vetro) può abbagliare se eccessiva, infatti troppi dati possono impedire di giungere a
una loro conoscenza effettiva e di graduare la loro significatività in rapporto al
controllo che si intende esercitare; perciò il passaggio dallo oscuramento alla
pubblicità non è – di per sé – sempre garanzia di trasparenza (ad esempio si pensi al
caso dei bilanci comunali la cui divulgazione non garantisce necessariamente
conoscenza, essendo essi di fatto spesso incomprensibili per i cittadini), così tra
disponibilità di informazioni ed effettivo sapere vi è una abissale distanza che
dipende da numerosi fattori.
A tal proposito l’art. 4393 del d.lgs. 33/2013 al comma 6394 si presenta come una
clausola generale di salvaguardia da interpretarsi nel senso che al netto degli obblighi
di pubblicazione precisamente disciplinati dalle singole disposizioni del Decreto
Trasparenza restano del tutto impregiudicati i limiti alla conoscibilità riconducibili ai
vari titoli di riserbo richiamati nel corpo del comma stesso. 395
Tra questi è spesso evidenziato il rapporto inverso tra trasparenza e sicurezza,
laddove questa affrettata conclusione deriva da un approccio spesso strumentale
della secretazione, poiché i pericoli – veri o soltanto presunti – per l’ordine pubblico
consentono eccezionalmente di limitare la trasparenza, il che è a volte il vero
392 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 393 “Limiti alla trasparenza” 394 “Restano fermi i limiti alla diffusione e all'accesso delle informazioni di cui all'articolo 24 comma 1 e 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241, e successive modifiche, di tutti i dati di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 6 settembre 1989 n. 322, di quelli previsti dalla normativa europea in materia di tutela del segreto statistico e di quelli che siano espressamente qualificati come riservati dalla normativa nazionale ed europea in materia statistica, nonché quelli relativi alla diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.” 395 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79)
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
153
originario obiettivo di interventi solo dichiaratamente rivolti a proteggere i cittadini
da minacce esterne.
A ben vedere questa relazione conflittuale non discende solo dal confronto tra valori
differenti ma risente anche delle fasi storiche e delle dinamiche sociali che lo
caratterizzano, essendo un rapporto flessibile influenzato dalle contingenze, per
questo motivo è da molti obiettato che la trasparenza sia una condizione
esclusivamente per “tempi tranquilli”; invero non è un mistero che in situazioni di
emergenza il valore della trasparenza rischia di recedere e del pari c’è il pericolo che
possano arretrare alcune precedenti conquiste della democrazia così faticosamente
ottenute, in particolare questo è evidente nelle ipotesi belliche quando l’ordinamento
appronta regole straordinarie orientate alle tradizionali figure militari della gerarchia
e del segreto.
In particolare tipica della esperienza italiana è la persistente tendenza alla espansione
delle aree di azione sottratte alle ordinarie regole di funzionamento delle pubbliche
amministrazioni (per esempio i meccanismi di emergenza con cui la azione pubblica
agisce sulla base di ordinanze della protezione civile in deroga alle normali
previsioni) o – più in generale – il trasferimento di funzioni al di fuori della loro
regolare disciplina con il conseguente attenuarsi delle regole di garanzie dedicate, in
cui un ruolo decisivo assume la moderna spinta alla semplificazione.
Appare sin da subito evidente che in questo schema bi-polare un estremo è
rappresentato dalla Pubblica Amministrazione (gli amministratori) mentre l’altro dai
privati (gli amministrati), laddove nella ricostruzione così rappresentata il segreto è
un chiaro segnale di questa separazione; in realtà la legittimazione ascendente del
potere (cioè quella derivante dai cittadini) è alla base della idea di un contratto
sociale originario tra la comunità e il governo396 che mina dalle fondamenta la
giustificazione del segreto nel diritto pubblico, infatti la democrazia è il potere del
popolo e presuppone una certa conoscibilità mentre al contrario il segreto trasforma
i cittadini attivi in sudditi passivi.
396 Bobbio
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
154
Innanzitutto il “segreto di ufficio” come generale dovere imposto agli impiegati
pubblici di non comunicare all’esterno della amministrazione stessa notizie di cui
siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni ovvero che riguardino la
attività amministrativa – in corso di svolgimento o anche già conclusa – trova
nell’ambito del diritto amministrativo italiano una regolazione stringente.
Quest’ultimo non va però inteso unicamente come divieto di divulgazione di notizie
(ovvero dovere al silenzio), ma a ben vedere tra le sue trasgressioni vi rientrano pure
tutte quelle lesioni causate – indirettamente – dalla violazione delle regole di cautela
– anche interne – come ad esempio il dovere di custodire correttamente i dati
personali così come dettagliato dalla normativa sulla privacy (provvedimento del
Garante per la protezione dei dati personali del 27 novembre 2008397); di
conseguenza il dovere al segreto può non solo determinare un obbligo negativo ma
anche richiedere comportamenti positivi, perciò a tal fine occorre adottare tutte le
misure che sono indispensabili per assicurare la segretezza di una determinata
notizia.
Allora persino in un sistema costituzionale nel quale vige una regola imprescindibile
di trasparenza non viene meno una necessaria area di segreto, ma in tal caso la
questione si sposta nel campo della sua giustificazione; difatti costituisce un
corollario dei principi costituzionali (prima esaminati) il fatto che la ragione d’essere
del segreto non possa ricondursi unicamente a un atto autoritario del potere
pubblico (ovvero semplicemente rimesso alla libera discrezionalità della Pubblica
Amministrazione) ma debba obbligatoriamente trovare il suo fondamento nella
esigenza oggettiva di salvaguardare un diverso interesse – di eguale rilevanza
costituzionale ma meritevole di maggior tutela – individuato precedentemente dal
legislatore.
397 “Semplificazione delle misure di sicurezza contenute nel disciplinare tecnico di cui all'Allegato B al Codice in materia di protezione dei dati personali”
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
155
La protezione del segreto di ufficio è ancorata altresì ad alcune normative di rango
primario, in particolare l’art. 326398 c.p. prevede che il pubblico ufficiale o – più in
generale – la persona incaricata di un pubblico servizio che violando i doveri inerenti
alle proprie funzioni – o comunque abusando della sua qualità – rivela notizie che
dovrebbero rimanere segrete è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni; la
particolare protezione a queste esigenze di riserbo emerge anche dalla disciplina del
processo penale, in questo senso l’art. 201399 c.p.p. prescrive – di norma e fatte salve
le ipotesi in cui il funzionario sia tenuto a riferire alla autorità giudiziaria – l’obbligo
di astensione degli incaricati di un pubblico servizio qualora siano chiamati a
deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere per
forza segreti.
Cionondimeno il segreto di ufficio ha continuato per lungo tempo – quasi
naturalmente, per una sorta di effetto di trascinamento – a porsi come criterio
generale della Pubblica Amministrazione, un approccio che è entrato in crisi
solamente con la legge 241/1990 che ne ha operato un deciso ribaltamento
collegando la sua regola a una tassativa serie di ipotesi specifiche; nello specifico il
rapporto tra trasparenza e segretezza è definito in via generale dall’art. 24 della legge
241/1990 (già esaminato), che nel porre gli espressi limiti al diritto di accesso
chiarisce – all’opposto della regola pre-vigente – che quest’ultimo è escluso soltanto
a fronte di documenti coperti da segreto.
398 “Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio” “1. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. 2. Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a 1 anno. 3. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da 2 a 5 anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a 2 anni.” 399 “Segreto di ufficio” “1. Salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne alla autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti. 2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 200 commi 2 e 3.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
156
Un limite assoluto rispetto alle esigenze di conoscibilità è dato invece ancora oggi
dal “segreto di Stato” che costituisce il nocciolo duro di quella logica di riserbo
(prima ancor più generalizzato, ora quantomeno maggiormente circoscritto)
collegato a questioni di importanza fondamentale per lo Stato, laddove questo
costituisce un ostacolo invalicabile non perché non vi siano tempi e modi per il suo
superamento ma in quanto in presenza di esso la trasparenza amministrativa –
unitamente ai suoi strumenti – deve necessariamente recedere per il bene pubblico;
nell’attuale ordinamento italiano il segreto di Stato appare come eccezione
giustificata e regolata rigorosamente dalla legge a tutela di un interesse
costituzionalmente rilevante che dottrina e giurisprudenza hanno individuato nella
difesa della sicurezza esterna e interna della Repubblica Italiana (più precisamente
come protezione della integrità territoriale e garanzia dell’ordinamento democratico).
Ma per quanto la legge abbia un ruolo fondamentale nel regolare le varie ipotesi di
segretezza è stato soprattutto grazie alla giurisprudenza della Corte costituzionale
che si è definito nell’ordinamento italiano l’equilibrio tra il segreto di Stato e le
esigenze di controllo insite nel suo carattere democratico; in questo senso la
Consulta è stata spesso definita come “giudice del segreto” e questo a ben vedere
per 2 ragioni, la 1^ riguarda il fatto che la normativa vigente riflette in larga parte
principi che sono frutto di una elaborazione plasmata nel tempo attraverso le sue
sentenze, invece la 2^ attiene alla circostanza che – sia pure prudentemente – questa
si riserva il ruolo di controllore di ultima istanza degli atti di secretazione sottraendo
tale possibilità agli altri giudici, nona caso la legge 3 agosto 2007 n. 124400 dispone
che se la opposizione del segreto di Stato produce un conflitto con la magistratura a
decidere sia appunto la Corte costituzionale, scelta oculata se si considera che questo
è organo nei cui confronti i motivi di segretezza non possono in nessun caso essere
opposti.
Eppure il declino del segreto d’ufficio come categoria generale non porta ancora con
sé una completa generalizzazione della conoscibilità anche in conseguenza del
400 “"Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto "
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
157
progressivo rafforzarsi di un altro limite (ovvero la privacy), posto bensì a garanzia
di interessi privati anziché di quelli pubblici; il limite della riservatezza viene previsto
proprio a partire dalla legge 241/1990 che sempre all’art. 24 esclude il diritto di
accesso rispetto ai documenti amministrativi riguardanti la vita privata delle persone.
Effettivamente se è pur indubitabile una tendenza di fondo che spinge (sia sulla base
di fattori normativi che di quelli tecnologici) all’ampliamento degli ambiti di
conoscibilità, bisogna tenere presente che allo stesso modo sono ben radicati
nell’ordinamento anche orientamenti che simmetricamente si muovono in senso
contrario (basti pensare alla decisa affermazione del suddetto diritto alla privacy, che
si è attestata a partire dalla metà degli anni ’90, e da sempre interpretato come
antagonista della trasparenza); in aggiunta non può nascondersi che in qualche
modo sul sistema influisce anche la radicata distanza tra le affermazioni teoriche del
legislatore e la loro effettiva messa in pratica come mutamento delle modalità di
azione della Pubblica Amministrazione.
Peraltro merita attenzione sin d’ora il fatto che il limite della riservatezza – a parziale
differenza di quello della segretezza – sia un limite relativo rispetto al diritto di
accesso ai documenti amministrativi, in quanto suscettibile di recedere di fronte ad
esso laddove le motivazioni che giustificano la intromissione siano fondate (di
almeno pari rango rispetto alle ragioni della privacy); perciò riservatezza e
trasparenza risultano talora valori antagonisti nel momento in cui ciò che si vuole
conoscere siano dei dati personali che sono in qualche modo rilevanti nella azione
pubblica, laddove il contemperamento tra i diversi valori in gioco può essere
rimesso caso per caso alla singola amministrazione sulla base di una valutazione in
concreto o altresì essere risolta preventivamente – una volta per tutte – da regole
(disposte mediante leggi o regolamenti) che prevedano la pubblicità inderogabile di
determinate informazioni.
Nel 1° caso rispetto a questi dati – sì personali ma anche pubblici – il d.lgs. 33/2013
prevede un regime di conoscibilità che è legato in gran parte alla utilità di queste
informazioni rispetto alle specifiche finalità di trasparenza del caso concreto (al fine
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
158
di trovare un punto di equilibrio tra le 2 opposte esigenze), obiettivo che però va
inserito nel quadro più generale dell’open-government dove i ri-utilizzi connessi
rendono difficilmente prevedibile a priori l’effetto conoscitivo così ricercato; ne
consegue che essendo difficile definire ex-ante quale sia il reale valore gnoseologico
che verrà prodotto dai singoli dati queste dovrebbero essere tendenzialmente fornite
nel rispetto del criterio di completezza.
Nel 2° caso per ipotesi specifiche l’assoggettamento dei dati personali a un regime di
piena apertura va considerato pacifico in quanto espressamente legittimato dal
legislatore che ha risolto a monte il bilanciamento tra gli indirizzi della trasparenza e
della riservatezza; questa ultima ipotesi è nella ottica del Garante per la protezione
dei dati personali quella più problematica, specie se – anche questa – viene inserita
nel modello dell’open-government entro quale il pregiudizio alla riservatezza appare
tanto più ampio quanto il suo ri-utilizzo comporta nuovi possibili trattamenti,
difficilmente valutabili a priori.
A tal proposito la opera di ricomposizione degli obblighi di pubblicazione a fini
della conoscibilità in unico testo normativo – esplicitamente finalizzato a questo
scopo – comporta rilevanti conseguenze nella prospettiva di applicazione della
disciplina in materia di protezione dei dati personali che possono essere riassunte nel
senso che le pubbliche amministrazioni non sono più tenute a verificare di volta in
volta la specifica finalità delle diverse ipotesi di pubblicità (quantomeno con
riferimento ai casi riuniti nel Decreto Trasparenza); infatti tale valutazione è già stata
operata esplicitamente dal legislatore nel momento stesso in cui ha inserito tutte
queste fattispecie – egualmente finalizzate alla trasparenza amministrativa – nel d.lgs.
33/2013, per le medesime ragioni tutti i dati personali la cui pubblicazione è
espressamente contemplata come obbligatoria sono automaticamente considerati
indispensabili ai fini della realizzazione della trasparenza amministrativa, ovviamente
nei modi ed entro i limiti definiti dallo stesso decreto (art. 4 comma 1401).
401 “Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, comportano la
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
159
Da ciò ne consegue che il Decreto Trasparenza pone un solido riferimento a favore
della apertura dei dati pubblici anche laddove questi siano al contempo personali
(purché non sensibili o giudiziari), in questo senso non pare esservi dubbio sul fatto
che esso intenda consentire anche il ri-utilizzo dei dati personali – sempre diversi da
quelli sensibili o giudiziari – mentre può discutersi della ri-utilizzabilità di
quest’ultimo tipo di dati ove riferiti ai titolari degli organi di indirizzo politico la cui
pubblicazione obbligatoria nei siti istituzionali integra una finalità di interesse
pubblico (art. 4 comma 2402 del d.lgs. 33/2013); quanto appena detto vale sia con
riferimento ai dati personali cosiddetti “comuni” (comma 1) sia con riferimento ai
dati personali sensibili o giudiziari dei soggetti titolari degli incarichi pubblici
(comma 2), difatti qui la realizzazione della trasparenza è esplicitamente declinata
quale finalità di rilevante interesse pubblico, così da soddisfare la condizione che – ai
sensi della disciplina sulla protezione dei dati personali esplicitamente richiamata –
legittimi il trattamento di questa categoria di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni.
All’infuori da questa area di applicazione specifica – per quanto vi siano
orientamenti dottrinali minoritari che argomentano in tal senso – la applicazione dei
principi del Codice della privacy induce a ritenere che il trattamento legittimo di dati
sensibili o giudiziari sia unicamente quello della pubblicazione obbligatoria nel sito
istituzionale della Pubblica Amministrazione espressamente previsto dal legislatore,
senza che possano farsene derivare effetti estensivi che renderebbero questa
categoria di dati suscettibile di ogni forma di trattamento, quale il ri-utilizzo che il
decreto riserva altresì ai dati personali ma comunque diversi da quelli sensibili e
giudiziari; di conseguenza i dati personali sono in linea di principio ri-utilizzabili
purché nei limiti previsti dal Decreto Trasparenza, diversa è invece la disciplina dei
possibilità di una diffusione dei dati medesimi attraverso siti istituzionali, nonché il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web ed il loro ri-utilizzo ai sensi dell'articolo 7 nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali.” 402 “La pubblicazione nei siti istituzionali, in attuazione del presente decreto, di dati relativi a titolari di organi di indirizzo politico e di uffici o incarichi di diretta collaborazione, nonché a dirigenti titolari degli organi amministrativi è finalizzata alla realizzazione della trasparenza pubblica, che integra una finalità di rilevante interesse pubblico nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
160
dati sensibili o giudiziari per i quali deve generalmente ritenersi escluso il ri-utilizzo
salvo espressa previsione di legge.403
Quanto al mascheramento esso risulta interdetto con riferimento a tutti quei dati
personali la cui pubblicazione sia prevista come obbligatoria da disposizioni del
decreto 33/2013, ciò si deduce agevolmente dal tenore del comma 4 laddove è
specificamente richiesto alle pubbliche amministrazioni di rendere non-intelligibili i
dati personali non-pertinenti o – se sensibili e giudiziari – non-indispensabili rispetto
alle specifiche finalità della pubblicazione; ma dal momento che i dati personali
(anche sensibili o giudiziari) da pubblicarsi obbligatoriamente ai sensi del decreto
sono per definizione pertinenti e indispensabili, la sopracitata disposizione trova
applicazione solo con riferimento agli obblighi di pubblicazione previsti dalle norme
di legge diverse dalle disposizioni del decreto 33/2013, come peraltro chiarito anche
in termini letterali dalla stessa disposizione.404
A questo riguardo occorre tenere pure in debita considerazione un principio
fondamentale del sistema della riservatezza fissato dall’art. 3405 del d.lgs. 196/2003,
più precisamente il principio di necessità che impone di predisporre accorgimenti
idonei per ridurre al minimo la utilizzazione di dati identificativi in modo da
escluderne del tutto il trattamento quando le finalità perseguite possono essere
ugualmente realizzate mediante dati anonimi od opportune modalità che permettano
di identificare l’interessato solo posteriormente in caso di assoluto bisogno;
applicando questa regola diviene di norma possibile assicurare contemporaneamente
una ampia trasparenza e una adeguata tutela della riservatezza, il che in concreto può
essere attuato sia con soluzioni informatiche (a partire dalla costruzione delle
403 E. Bassi, “PSI, protezione dei dati personali e anonimizzazione”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 404 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79) 405 “Principio di necessità nel trattamento dei dati” “I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità.”
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
161
banche-dati) sia con soluzioni più estemporanee (come il mascheramento del
documento o la limitazione nell’accesso a solo una parte di esso).
In pari modo anche nel Decreto Trasparenza il rapporto tra pubblicità e privacy
trova il suo equilibrio attraverso la esplicitazione di una riserva simile a quella sopra-
citata, laddove – di norma – la conoscibilità dei dati pubblici conseguente alla
pubblicazione obbligatoria nei siti istituzionali non può mai essere negata laddove
siano sufficienti misure di anonimizzazione, limitazioni di specifici dati o altri
accorgimenti idonei a dare soddisfazione alle eventuali esigenze di segretezza o
riservatezza; in concreto le pubbliche amministrazioni provvederanno a rendere
non-intellegibili i dati personali non-pertinenti o – se sensibili o giudiziari – non-
indispensabili rispetto alle specifiche finalità della pubblicità specifica (art. 4 comma
4406), anche nel caso in cui le informazioni in esame non siano soggette alla
pubblicazione obbligatoria (comma 3407).
Peraltro questo è un approdo a cui tanto il Garante per la protezione dei dati
personali che la giurisprudenza erano già giunti coordinando le disposizioni del
Codice della privacy con il Decreto Trasparenza, dal quale si è affermato che non
occorre effettuare il bilanciamento tra l’interesse del soggetto che chiede l’accesso a
documenti contenenti dati sensibili o giudiziari e quello dell’individuo al quale dette
informazioni direttamente si riferiscono nel caso in cui attraverso opportuni omissis
sia possibile oscurare la identità di quest’ultimo ottenendo bensì lo stesso risultato
(Tar Campania sez. V 13 luglio 2006 n. 7475), in altri termini laddove è efficace la
schermatura dei dati che non sacrifica il diritto alla privacy dei soggetti ai quali questi
406 “Nei casi in cui norme di legge o di regolamento prevedano la pubblicazione di atti o documenti, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione.” 407 “Le pubbliche amministrazioni possono disporre la pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l'obbligo di pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica previsione di legge o regolamento, fermi restando i limiti e le condizioni espressamente previsti da disposizioni di legge, procedendo alla anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti.”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
162
ineriscono va ammesso il diritto a conoscere (Consiglio di stato sez. V 23 marzo
2009 n. 1748).408
La immagine di un unico grande supervisore di orwelliana memoria sta ormai
lasciando il posto a un controllo diffuso da parte di tanti centri diversi – pubblici e
privati – che trattano le informazioni reperite dalle diverse banche-dati; questo
cambiamento comporta che vi siano rischi connessi con il fatto che i dati vengano
raccolti da più fonti senza una effettiva possibilità da parte dei soggetti che li hanno
conferiti di verificare l’utilizzo che di essi è fatto, pertanto vi sono pericoli che
esulano dai singoli trattamenti e che dipendono proprio dalla struttura delle reti e
dalle tecnologie della informazione.
Tra queste problematiche si possono ricomprendere le insidie derivanti dalla
possibilità che strumenti di rappresentazione della conoscenza combinati insieme a
motori di ricerca hanno di ricostruire i dati personali da fonti diverse, invalidando di
fatto tutte quelle tecniche di anonimizzazione implementate a favore della privacy; si
pensi alla possibilità di combinare differenti data-set di dati pubblici laddove diversi
livelli di protezione della riservatezza sono previsti, ma una volta aggregati nulla
esclude di poter ricombinare la identificazione di specifici soggetti con i dati che li
riguardano rendendo del tutto vani gli accorgimenti all’uopo considerati, di
conseguenza il pericolo non risiede tanto nei dati in sé ma nel fatto che questi
possano essere ricondotti a un determinato soggetto e conseguentemente utilizzati
in maniera da incidere sulla sua privacy.
In questo caso non si deve porre troppo la attenzione sul problema che le
informazioni raccolte nel contesto pubblico siano spesso ottenute senza il consenso
esplicito dei soggetti interessati (vedremo più sotto), quanto piuttosto al fatto che la
possibilità di ricostruire i dati personali – aggregandoli da fonti diverse – può portare
a conseguenze inaspettate rispetto alla concessione originaria per il ri-utilizzo; a
riguardo sarebbe opportuno che la attenzione agli aspetti tecnologici nel disegno
408 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 68-108)
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
163
delle norme si concentrasse maggiormente sui requisiti che la struttura logica dei dati
dovrebbe avere per rafforzare – e non diminuire – la tutela della privacy nel
contesto della innovazione informatica odierna. 409
Con riguardo alla profondità nella divulgazione dei dati personali viene in rilievo
l’aspetto del regime di pubblicazione obbligatoria connesso alla possibilità della loro
reperibilità mediante l’uso dei motori di ricerca (esterni al sito della singola Pubblica
Amministrazione), laddove tale potenzialità era stata inizialmente censurata dal
Garante della privacy che ha giustificato tale valutazione con l’impatto negativo che
provocherebbero tali strumenti rispetto alla esigenza di garantire la esattezza,
l’aggiornamento e la contestualizzazione di tali informazioni; rispetto a questa
prospettiva le previsioni del d.lgs. 33/2013 comportano un deciso cambio di
paradigma, infatti da una parte autorizza la rintracciabilità dei dati personali oggetto
di pubblicazione obbligatoria quale trattamento consentito da parte dei motori di
ricerca, dall’altra – in termini del tutto speculari – fa esplicito divieto alle pubbliche
amministrazioni di approntare filtri atti a impedire che questi possano indicizzare le
informazioni reperite all’interno della sezione del sito destinata a ospitare tutti i dati
oggetto di tale dovere. 410
Nella particolare materia del ri-utilizzo occorre trovare un punto di equilibrio tra il
diritto fondamentale alla tutela dei dati personali e gli interessi delle imprese a
sviluppare attività economiche attraverso il ri-uso delle stesse, punto di incontro che
solitamente si trova assicurando adeguate garanzie ai cittadini.
Innanzitutto si osservi come la direttiva europea sulla tutela dei dati personali
(direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 46/CE del 24 ottobre 1995411) e
quella ri-utilizzo della informazione del settore pubblico (direttiva 2003/98/CE)
409 R. Pennazio e P. Rossi, “Open data e tutela della riservatezza tra uniformazione europea e approcci nazionali”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 410 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79) 411 “Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
164
abbiano genesi e ratio completamente differenti, laddove la 1^ ha come fulcro la
protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche (con
particolare accento sulla riservatezza), mentre la 2^ ha come pietra angolare la
promozione delle attività economiche a vantaggio delle imprese e – in via indiretta –
della intera collettività.
Ai fini della analisi di compatibilità tra queste due direttive europee è importante
evidenziare come lo stesso Garante della privacy avesse espresso una opinione
favorevole allo schema del decreto legislativo di recepimento, infatti quest’ultimo
aveva specificato nel suddetto parere come il Codice in materia di protezione dei
dati personali debba essere applicato anche dai terzi riutilizzatori, osservando
favorevolmente come lo stesso d.lgs. 36/2006 contenga una espressa clausola di
salvezza che preveda la sua universale applicazione nei riguardi di tutti i tipi di
trattamento dei dati (con la conseguente assunzione di responsabilità) che siano
operati dalle pubbliche amministrazioni titolari degli stessi o da parte dei soggetti
esterni tramite il ri-uso; seguendo il ragionamento si conclude che le pubbliche
amministrazioni non siano in alcun modo tenute a controllare il successivo ri-uso
esterno dei dati personali perché il terzo soggetto (che sia un cittadino, una impresa
o anch’esso un ente pubblico) che intende ri-utilizzare quelle informazioni diventa a
sua volta – in prima persona – responsabile del trattamento ed è perciò direttamente
tenuto a rispettare la normativa prevista dal Codice della privacy.
Così la Pubblica Amministrazione deve valutare la possibilità di ri-utilizzo alla luce
della sua affinità con i motivi per i quali sono stati inizialmente raccolte le
informazioni in esame, laddove in questa valutazione preliminare rivestono
particolare importanza i profili relativi alle finalità del trattamento e alla natura dei
dati.
Appare manifesto che i problemi più critici legati al ri-utilizzo dei dati personali
sono quelli connessi ai loro scopi, infatti caratteristica della direttiva europea sul ri-
uso è quella di impiegare questi per un fine diverso da quello per cui sono stati
inizialmente raccolti dalla Pubblica Amministrazione, invece la peculiarità di quella
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
165
per la protezione della riservatezza è proprio il fatto che il dato personale non possa
essere utilizzato per uno scopo non-compatibile con quello originario, perciò lo
spazio di manovra per un legittimo ri-uso contraddistinto da finalità diverse ma
compatibili è molto limitato412; tra l’altro il dettato normativo prevede sullo stesso
livello ri-utilizzo commerciale e non-commerciale dei dati pubblici, ma è intuibile
che lo sfruttamento a fini prettamente economici ponga una esigenza più stringente
di tutela alla privacy delle persone fisiche alle quali detti dati si riferiscono.
Tuttavia il termine di “dato pubblico” utilizzato dal legislatore nazionale come dato
conoscibile da chiunque sembrerebbe estromettere sin dal principio qualsiasi
possibilità di ri-utilizzo dei dati sensibili, visto che la normativa italiana a protezione
dei dati personali è talmente restrittiva da escludere addirittura la possibilità di
compiere operazioni di trattamento su tale tipo di dati senza la espressa previsione
di legge; in realtà ai sensi dell’art. 20413 comma 1414 del Codice della privacy il
trattamento dei dati sensibili da parte di questa categoria di soggetti pubblici è
consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale siano
tassativamente specificati i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni
eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite.415
Ebbene se il trattamento dei dati personali si fonda su una esplicita richiesta ai fini
del ri-utilizzo, allora questo deve rispettare le prescrizioni dell’art. 7 comma 1416
lettera a417 della direttiva 95/46/CE secondo cui la persona interessata deve aver
manifestato il proprio consenso in maniera inequivocabile, in più l’art. 26418 comma
412 M.T. Sagri, in “Panoramica sul seminario open data nel contesto italiano”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 413 “Principi applicabili al trattamento di dati sensibili” 414 “Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite.” 415 M. “Criticità privacy nel ri-uso dei dati pubblici”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 416 “Gli Stati membri dispongono che il trattamento di dati personali può essere effettuato soltanto quando:” 417 “la persona interessata ha manifestato il proprio consenso in maniera inequivocabile” 418 “Garanzie per i dati sensibili”
3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
166
1419 del Codice della privacy prevede espressamente che il trattamento dei dati
sensibili sia possibile solo con il consenso scritto dell’interessato e – in aggiunta –
previa autorizzazione del Garante; d’altro canto la possibilità di subordinare il
trattamento alla autorizzazione del soggetto potenzialmente leso concreta un diritto
irrinunciabile della persona, non a caso nell’ordinamento nazionale questo assunto si
deduce da una elaborazione dottrinale – maturata nel corso degli anni – che
muovendo dalla difesa della propria intimità approda alla cosiddetta “auto-
determinazione informativa”.420
Tuttavia riguardo alla legittimazione al trattamento dei dati personali non vi sono
solamente casi in cui deve essere sempre garantito il consenso di questi soggetti ma
eccezionalmente esistono anche deroghe a tale regola, infatti la puntuale osservanza
di queste rigide precauzioni nella pratica limiterebbe grandemente la possibilità di
aprire sul mercato questo tipo di informazioni, così spesso sono intraprese dalle
società riutilizzatrici procedure di esonero davanti al Garante della privacy con la
motivazione per cui – altrimenti – sarebbe impossibile per le medesime sostenere i
costi necessari a rintracciare il consapevole assenso oppure a offrire la informativa
adeguata (sulle modalità del trattamento e sul diritto di opporsi a finalità esterne) a
ogni singolo interessato. 421
Nondimeno vale la pena chiarire che il nuovo equilibrio così realizzato tra ragioni
della trasparenza e quelle della riservatezza (parzialmente sbilanciato a favore della
prima) non significa che i dati personali attualmente restino del tutto privi di
protezione ma comporta semplicemente che adesso i meccanismi di tutela agibili da
parte dei soggetti lesi siano solo di tipo successivo (nei termini della repressione
dell’abuso eventualmente posto in essere mediante il trattamento) e non anche di
419 “I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell'interessato e previa autorizzazione del Garante, nell'osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal presente codice, nonché dalla legge e dai regolamenti.” 420 R. Pennazio e P. Rossi, “Open data e tutela della riservatezza tra uniformazione europea e approcci nazionali”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 421 M.T. Sagri, in “Panoramica sul seminario open data nel contesto italiano”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
3.4 – I rischi e i limiti alla accessibilità totale
167
tipo preventivo (approccio che sarebbe tutt’ora privilegiato dal Garante della
privacy) proprio perché le tecniche di quest’ultima categoria si porrebbero in netto
contrasto con la ritenuta superiore esigenza della più ampia conoscibilità dei dati –
seppure personali – come configurata nel Decreto Trasparenza; peraltro anche con
riferimento al rapporto tra ri-utilizzo e riservatezza pare confermata la dinamica che
vede spostarsi i meccanismi di tutela dal fronte del controllo anteriore a quello del
rimedio – con la eventuale irrogazione della sanzione correlata – posteriore, posto
che (come già visto) al momento della cessione delle informazioni il riutilizzatore
diviene parimenti responsabile a tutti gli effetti del trattamento dei dati personali. 422
422 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-79)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
168
4 – Il modello di open-government: la partecipazione
come rimedio
4.1 – La costruzione del governo aperto .........................................169
4.2 – Il memorandum sull’open-government della amministrazione
Obama e il FOIA ................................................................................180
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo ......188
4.1 – La costruzione del governo aperto
169
4.1 – La costruzione del governo aperto
Al giorno d’oggi è sempre più diffuso il ricorso a espressioni che rimandano a una
idea indefinita di “openness” (apertura), questo avviene in modo evidente nella
formula dell’open-government o dell’open-data (che qui trattiamo) ma è stato già
intravisto anche in ambiti più specifici e tecnici come quelli dell’open-source,
dell’open-access e dell’open-content, laddove in realtà tutti questi elementi secondari
e strumentali si innestano in larga parte sul paradigma principale della trasparenza,
cioè si pongono come meri corollari del concetto più forte (quello di trasparenza
appunto) che si presenta sufficientemente ampio e flessibile per ospitarli al suo
interno; anche lo stesso tema dell’open-government si presenta – in effetti – in
termini tradizionalmente sovrapposti con quelli della trasparenza delle pubbliche
amministrazioni e – più in generale – delle istituzioni pubbliche, poiché ne racchiude
in sé stesso un concetto avanzato che si delinea come complessiva condizione di
conoscibilità e di “accountability” (valutazione da parte dell’elettorato) in favore
della generalità dei cittadini, dunque in questo senso il governo aperto coincide con
una certa accezione di trasparenza qualificata nella quale il potere esecutivo è
realmente posto alla luce del sole.
Inizialmente la esperienza italiana riguardo la trasparenza amministrativa si è
caratterizzata – nel suo insieme – per una costruzione particolarmente complessa e
atipica, tanto è vero che l’open-government che in quel periodo ha conosciuto un
indubbio parallelo sviluppo non si è però articolato a partire dalla disciplina del
diritto a conoscere (come invece accade negli ordinamenti strutturati sulla “freedom
of information” quale la esperienza statunitense) ma nonostante i limiti di questa,
che vengono in qualche modo aggirati – con effetti non sempre altrettanto
soddisfacenti – attraverso un contro-bilanciato sviluppo della area di pubblicità; non
è un mistero che la gran parte delle esperienze di trasparenza che si sono succedute
nel nostro paese hanno sempre avuto un marcato approccio uni-direzionale che
puntava più a una comunicazione informativa – nella quale il cittadino restava
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
170
soggetto passivo – anziché sulla sua partecipazione attiva, perciò intesa in tal senso
la amministrazione aperta supera la tradizionale dicotomia che già inquadrava la
conoscibilità quale “quid pluris” rispetto sia alla pubblicazione obbligatoria che al
diritto di accesso imponendo alla Pubblica Amministrazione il dovere di agire
correttamente – al di là delle mere prescrizioni formali della normativa vigente –
nella consapevolezza che la moderna democrazia ha bisogno di una esplicazione
comprensibile del potere pubblico.423
D’altronde adesso è pacifico come la trasparenza di una Pubblica Amministrazione
sia direttamente connessa alla libertà di accesso ai suoi dati da parte dei cittadini,
nonché alla condivisione di quelle stesse informazioni con le altre istituzioni
pubbliche.
È risaputo pure che la trasparenza sia un principio tutt’altro che statico perché
riguarda uno dei settori del diritto pubblico maggiormente soggetti alla innovazione
sociale e digitale (che ormai mostra un profondo impatto su ogni possibile aspetto
della vita in cui si innerva), non a caso dopo l’inizio del processo di
informatizzazione della Pubblica Amministrazione la sua originaria accezione –
allora circoscritta al diritto di accesso ai documenti amministrativi per coloro che
avessero un concreto interesse – ha cominciato a dimostrarsi insufficiente; si spiega
in questa luce la accennata evoluzione della nozione di trasparenza da una
concezione definita “statica” (cioè legata alla pubblicità di determinate categorie di
dati pubblici) a quella “dinamica” (ovvero correlata alla valutazione delle
performance della azione amministrativa in itinere).424
Questo impetuoso incedere della digitalizzazione nel processo amministrativo e la
parallela diffusione globale di internet consentono un radicale cambio di paradigma
del potere esecutivo italiano passando dal semplice concetto di e-government a
quello più elaborato di open-government; questa conversione ha origine dal fatto
423 G. Armao, “Open government: trasparenza totale ed applicazione nella regione siciliana”, in “Studi su politica, storia e istituzioni 6/2014”, Università degli Studi di Palermo, Palermo, 2014 (p. 10-50) 424 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero)
4.1 – La costruzione del governo aperto
171
che – tramite questo processo – i risultati della attività amministrativa diventano
maggiormente tangibili, in una misura tale che in alcuni contesti è possibile
addirittura misurarne concretamente il miglioramento delle prestazioni grazie alla
introduzione dei nuovi strumenti informatici, modificando in questo modo anche la
metodologia della sua azione e il tipo di approccio al lavoro. 425
In tale chiave le nuove tecnologie della informazione e della comunicazione
consentono una trasparenza particolarmente agevole grazie anche alla inedita
disponibilità di una ingente mole di dati che – specie se elementari – richiedono solo
di essere analizzati nella prospettiva di un controllo diffuso sul funzionamento delle
istituzioni pubbliche (effetti rivoluzionari generalmente ricondotti alla espressione
“internet changes everything”); tra l’altro le ICT risultano rilevanti secondo una
duplice prospettiva, invero da un lato l’aumento delle notizie reperibili rende
possibile la raccolta di una grande quantità di informazioni nel suo complesso
funzionale al mantenimento della azione pubblica e suscettibile di nuovi e diversi
utilizzi, dall’altro la facilità di accesso alle medesime consente l’accesso del cittadino
a quello stesso enorme archivio di dati (perlopiù tramite il mezzo di internet).
Tuttavia che questo nuovo contesto digitale ci conduca naturalmente e da solo verso
efficienti modelli di amministrazione aperta è quanto mai dubbio, ma è comunque
vero che queste potenzialità, se calate in un ordinamento democratico che contiene
già in sé adeguate regole volte alla partecipazione, siano in grado di sviluppare nuove
forme di conoscenza, anche in via autonoma rispetto agli indirizzi pubblici426; in
effetti per realizzare l’effettivo passaggio dall’e-government a un congruo sistema di
open-government la Pubblica Amministrazione deve comunque – sempre tramite la
propria informatizzazione che moltiplica esponenzialmente il potenziale delle
intelligenze coinvolte – garantire la partecipazione di tutte le compagini sociali alla
gestione della cosa pubblica promuovendo campagne di formazione all’uso dei
nuovi strumenti della comunicazione per il proprio personale, eliminando ogni
425 Prefazione di F. Marziano, in M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 426 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
172
discriminazione radicata sul digital divide (un problema ancora presente in molte
parti del territorio italiano perché non tutti dispongono di un computer nelle proprie
case né di un accesso alla rete internet) e assicurando percorsi formativi di
sensibilizzazione alla alfabetizzazione informatica per i cittadini.427
Anche in questo caso si ritrova la necessità di una evoluzione della Pubblica
Amministrazione che – seppur innescata dall’ingresso delle suddette nuove
tecnologie nella sua azione – in queste non si esaurisca, dato che questo processo si
deve sostanziare altresì in un conseguente cambiamento della organizzazione stessa
con un ripensamento in toto degli strumenti amministrativi; l’intervento statale nel
settore pubblico – che si concentra fondamentalmente nel dare attuazione a quanto
previsto dalle nuove riforme in campo digitale – deve tradursi prima di tutto in una
re-ingegnerizzazione dei processi e in un nuovo rapporto con la utenza, quindi sono
questi i presupposti imprescindibili da fornire a cittadini, imprese e istituzioni al fine
di poter veramente esplorare i vantaggi che le nuove ICT permettono di
realizzare.428
Tornando propriamente all’argomento centrale del paragrafo, l’open-government
può essere definito – in senso stretto – come quella struttura di governo imperniata
sul concetto fondamentale per cui tutte le attività della Pubblica Amministrazione
dovrebbero essere aperte (rilasciando i dati pubblici in proprio possesso) con lo
scopo di favorire allo stesso tempo un perenne controllo pubblico sulle proprie
politiche e un proficuo ri-utilizzo da parte dei terzi delle informazioni così
pubblicate.
Nondimeno questa medesima locuzione nella accezione comune viene per lo più
sfruttata per fare riferimento – in senso lato – a un modello di amministrazione
improntato non solo a generici principi di conoscibilità (sommariamente già
riconducibili alla trasparenza) ma anche a dinamiche di comunicazione aperta, cioè a
427 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 428 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243)
4.1 – La costruzione del governo aperto
173
forme di interazione basate su una estesa partecipazione ai processi decisionali della
gestione pubblica come resa possibile – o quantomeno più agevole – grazie ai nuovi
strumenti digitali429; in questa chiave tutte le attività degli organi pubblici non solo
devono essere immediatamente intellegibili per favorire – come già detto – una
azione amministrativa efficace e una verifica diffusa sul suo operato, ma è lo stesso
rapporto tra amministrazione e cittadino a essere radicalmente ridefinito spostando
il focus della relazione da un approccio prettamente orientato alla erogazione dei
servizi (in cui il cittadino è mero fruitore delle prestazioni fornite dalla Pubblica
Amministrazione) a uno basato sulla loro stretta collaborazione in cui il privato
partecipa a suo modo – più o meno indirettamente – alle scelte di governo.430
Sotto questo aspetto il suo sistema – rispetto alla prima riduttiva definizione –
innova non solo nella fase comunicativa della azione amministrativa ma soprattutto
in quella decisionale, novità che viene ulteriormente sottolineata dalla sua
rivoluzionaria concezione dell’intervento da parte della società civile, che costituisce
un deciso punto di rottura rispetto al passato nel momento in cui sposta
bruscamente l’accento dalla tradizionale democrazia rappresentativa a quella
partecipativa; sotto questa nuova prospettiva le pubbliche amministrazioni
dovranno ridefinire le proprie modalità di interazione con i cittadini nella direzione
della bi-direzionalità, trasformazione – come già ribadito – resa ora concretamente
attuabile per mezzo della recente innovazione tecnologica (le cui invenzioni e
scoperte fanno contemporaneamente da acceleratore per le forme di
partecipazione).
In questo senso la Pubblica Amministrazione deve far riferimento a un modello
organizzativo che abbandoni la logica tipicamente verticale a favore di una
orizzontale in grado di coinvolgere tutti i diversi attori – pubblici e privati – in cui ci
429 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167) 430 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 101-167)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
174
si imbatte nel percorso di gestione dei servizi431; in questo modo il processo
decisionale sarà il risultato del dialogo tra mondo pubblico e privato e sarà anche
possibile prendere decisioni con l’apporto fattivo dei diversi stake-holders attraverso
la rete.432
In altre parole una delle finalità della nuova governance è quella di passare da un
metodo prettamente informativo (in cui l’organo pubblico comunica “sic et
simpliciter” le decisioni già precedentemente prese in totale autonomia) a uno
consultivo (in cui prima di adottarle si richiede la volontaria partecipazione dei
cittadini e di tutte le altre compagini sociali interessate); in questo preliminare stadio
di ascolto la Pubblica Amministrazione – tramite le sue varie formazioni – nella sua
dimensione orizzontale (connotata da ampia flessibilità e rapida emersione delle
istanze) cerca di incorporare tutti gli stimoli provenienti dalla società civile
promuovendo una attività di raccolta di tutte quelle istanze dal basso volte a favorire
la esplicitazione dei fabbisogni – espressi e inespressi – che rappresentano un
utilissima materia prima per la corretta definizione del proprio programma di
governo, peraltro le osservazioni così raccolte potranno poi essere considerate dalle
istituzioni anche per una possibile valutazione della qualità delle proprie politiche e –
dopo aver eventualmente riscontrato alcuni errori – per una conseguente
rimodulazione delle stesse.
Da quanto detto la partecipazione appare come la naturale riappropriazione delle
decisioni riguardo ai beni comuni da parte della collettività perché – da un punto di
vista finalistico – l’approccio del coinvolgimento attivo ha una duplice funzione, da
un lato ricerca spazi di interazione con i soggetti del territorio che sono
maggiormente in grado di rappresentare i bisogni specifici del medesimo, dall’altro si
ritiene utile portare più punti di vista alla soluzione dei complessi problemi che si
presentano solitamente nel governo di livello locale; dunque in tale nuovo contesto
431 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 432 F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”, Mucchi, Modena, 2014 (p. 39-70)
4.1 – La costruzione del governo aperto
175
il cittadino contribuisce attivamente alla azione amministrativa fornendo all’ente
pubblico una serie di proprie istanze di cui quest’ultimo dovrà tenere conto nella
fase di programmazione, supportando attraverso processi di consultazione la
Pubblica Amministrazione nella selezione delle differenti opzioni progettuali vagliate
e monitorando tramite azioni di verifica diretta sul territorio quanto attuato in
questo modo.433
In effetti nella democrazia convivono da sempre componenti culturali, sociali e
politiche fortemente differenziate che attraverso i più incisivi strumenti di
partecipazione diretta contribuiscono – più o meno indirettamente – alla formazione
delle decisioni pubbliche, così se questa è intesa come la forma di Stato basata sulle
opinioni dei suoi cittadini l’ordinamento italiano può definirsi realmente
democratico non solo in quanto preveda i suoi meccanismi primari (es. la elezione
del governo), ma anche perché garantisca che i giudizi della società civile possano
effettivamente contribuire sia preventivamente al funzionamento corretto che al
postumo esame critico degli organi esecutivi.
Da ciò discende che quel che rende veramente aperte le istituzioni non è tanto la
presenza formale dei cittadini nei luoghi in cui si assumono le decisioni ma piuttosto
la evenienza che gli amministratori pubblici – a qualsiasi livello – possano essere
costantemente giudicati dai cittadini mediante forme concomitanti di controllo,
anche durante la stessa fase di esecuzione; la partecipazione dei privati alla
formazione dei provvedimenti amministrativi attraverso la bi-direzionalità della
azione comunicativa (non solo dalla Pubblica Amministrazione ai cittadini ma anche
viceversa) diviene così centrale nella azione politica delle istituzioni politiche, in una
sorta di sistema interattivo nel quale il controllo sociale diviene parte integrante del
processo decisionale stesso.
L’open-government – sebbene nella accezione ancora germinale che emerge dalla
legislazione italiana – contribuisce a modificare in tal senso il paradigma tradizionale
433 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
176
della trasparenza amministrativa che in origine ha incentrato esclusivamente sugli
strumenti della partecipazione diretta i meccanismi di controllo dei cittadini sulle
istituzioni.434
Da ultimo occorre ricordare che la partecipazione attiva – come qui delineata – non
appare solo come un diritto individuale ma soprattutto come un dovere civico
appartenente a qualsiasi cittadino, di cui l’open-government si propone
specificatamente di creare i presupposti affinché ognuno di loro abbia la possibilità
di contribuire alla modernizzazione della società italiana435; in seconda battuta
l’obiettivo di fondo di questo nuovo modello amministrativo consiste – in pratica –
nell’aiutare il cittadino a prendere decisioni migliori e a rendere più abile il suo
operato nella vita di tutti i giorni. 436
Ma per quanto possano essere espressione di una favorevole tensione democratica e
portatori di indubbi valori di rilievo costituzionale, anche i principi dell’open-
government possono in certe circostanze mostrare alcune possibili contro-
indicazioni a causa del loro carattere potenzialmente ambivalente, cioè foriero di
indubbi benefici ma non completamente esente da rischi.
È indiscutibile che siano immediatamente evidenti i vantaggi che un reale governo
digitale aperto apporterebbe, laddove gli effetti positivi sono innanzitutto
riscontrabili – a colpo d’occhio – nei sicuri risparmi di denaro, di risorse umane e di
tempo dovuti alla predisposizione di una logica unitaria e all’utilizzo di software
open-source; inoltre l’approccio collaborativo del sistema con gli utenti comporta un
miglioramento nella qualità dei servizi resi, aumenta la fiducia e infine garantisce un
notevole recupero di efficienza nel progettare prodotti adatti a coloro che ne
devono fruire poiché prestazioni più veloci e semplici aiutano di molto la
competitività delle imprese che spesso lamentano gli oneri burocratici, la difformità
434 G. Armao, “Open government: trasparenza totale ed applicazione nella regione siciliana”, in “Studi su politica, storia e istituzioni 6/2014”, Università degli Studi di Palermo, Palermo, 2014 (p. 10-50) 435 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 436 M.C. De Vivo, A. Polzonetti e P. Tapanelli, “Open data, business intelligence e governance nella pubblica amministrazione” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
4.1 – La costruzione del governo aperto
177
nelle procedure e la lunghezza dei tempi tipici dell’ordinamento amministrativo
italiano. 437
Tuttavia le prospettive positive rischiano talora di farci sottovalutare i pericoli insiti
in questa modalità così pervasiva di conoscenza, tra i quali svetta tra tutti quello per
cui spesso ai cittadini viene promesso un futuro caratterizzato dalla efficienza
amministrativa ma al contempo è convenientemente occultato un presente in cui si
moltiplicano i possibili strumenti per un controllo sempre più capillare sulla società
civile (che sono in parte quelli già visti con riguardo alla trasparenza); sono del tutto
palesi i rischi di un sistema nel quale la digitalizzazione delle informazioni possa
creare un flusso così ingente di dati su ciascuno di noi da consentire agevolmente
nuove forme di sorveglianza del potere sugli individui (come ci mostra da ultimo lo
scandalo internazionale sul “Data-gate” del 2013), perciò sorge spontaneo chiedersi
se sia solo un caso che il governo che più di tutti gli altri ha puntato sulle nuove
tecnologie per raggiungere lo scopo della trasparenza (ovvero la amministrazione
Obama negli USA, come vedremo tra poco) sia anche quello che in modo più
organizzato ha utilizzato quegli stessi strumenti per porre in atto una vigilanza
strategica sui propri cittadini
Difatti se è vero che la apertura dei dati contribuisce ad aumentare la partecipazione,
la trasparenza e gli altri principi già enunciati, è altrettanto doveroso rilevare che con
i nuovi mezzi di informazione diventa più immediato anche un eventuale controllo
– per non dire manipolazione vera e propria – delle stesse informazioni da parte di
determinati soggetti; per esempio gli stessi enti pubblici potrebbero in malafede
diffondere solo determinati dati al fine di dare una immagine parziale e fuorviante di
una realtà altrimenti ben diversa, visto che non vi è alcuna garanzia sostanziale che
questi vengano utilizzati nella maniera più corretta e maggiormente idonea ad
aumentare la trasparenza.
437 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
178
Ne consegue che non è sempre attendibile la equazione apertura = trasparenza,
visto che è vero che una Pubblica Amministrazione deve pubblicare i propri dati,
ma può – allo stesso tempo – renderli poco intellegibili semplicemente falsandone la
indicizzazione o – peggio ancora – rendendo la stessa assolutamente ingannevole;
alla stessa maniera diventa improduttivo parlare di open-data se alla trasparenza non
viene ad agganciarsi una effettiva fruizione di questi da parte dell’utente, infatti se la
alfabetizzazione informatica è assente non viene percepita la reale utilità della sua
filosofia e si genera scarsità di interesse in proposito. 438
Un altro argomento ricorrente è quello relativo al possibile conflitto tra efficienza e
trasparenza che conduce a ritenere meno produttiva – o comunque più costosa – la
amministrazione aperta rispetto a quella tradizionale (o chiusa), laddove essa sarebbe
più dispendiosa dal momento che richiede dei precisi accorgimenti, una attività di
predisposizione di dati, una attenzione alla organizzazione e un impegno di
personale che potrebbe essere collocato diversamente.
La partecipazione dei cittadini è fattore di riequilibrio informativo, di legittimazione
democratica della deliberazione, di miglioramento della efficienza e di riduzione
della conflittualità, ma contribuisce anche a spostare l’asse del potere decisorio di
gran lunga a favore dei partecipanti a scapito di chi non vuole o non può farlo, con
effetti che possono anche orientarsi verso un ulteriore radicamento dello squilibrio
già presente a livello sociale.
Una altra critica contro il modello di open-government è quello che ravvisa nella
trasparenza un effetto distorcente, infatti se sottoposto a una sua eccessiva luce il
governo verrà profondamente influenzato dalla società civile in chiave negativa
perché non adotterà più la decisione maggiormente corretta (quella di interesse
generale) ma la più vicina alle aspettative del pubblico (più conformistica).439
438 M.C. De Vivo, A. Polzonetti e P. Tapanelli, “Open data, business intelligence e governance nella pubblica amministrazione” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 439 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167)
4.1 – La costruzione del governo aperto
179
La maggior parte di queste allusioni è facilmente contro-battibile facendo
riferimento ai vantaggi – economici e non solo – immediatamente riscontrabili
grazie al controllo e al ri-utilizzo resi possibili dal ricorso alla conoscibilità, anche
tenendo presente nei calcoli i possibili svantaggi e pericoli.
Per contrastare tutte le obiezioni appena presentate è semplicemente necessario che
il corpus normativo relativo alla trasparenza sia accompagnato da una parte dalla
consapevolezza dei cittadini e dall’altra dalla responsabilizzazione delle pubbliche
amministrazioni, per far sì che il controllo sulla gestione della cosa pubblica diventi
azione ordinaria come parte integrante dei procedimenti amministrativi, senza
rimanere confinato nelle mere disposizioni formali ma trovando invece una
attuazione concreta nella realtà operativa delle relazioni fra le istituzioni e la
collettività440; la apertura da parte del settore pubblico non è, però, da dare per
scontata o di facile realizzazione, infatti la sua futura piena realizzazione dipende
dalle culture politiche che si sono ormai sedimentate e poi istituzionalizzate nei
percorsi storici dell’ordinamento italiano, difficilmente estirpabili.441
È diventata questa la odierna sfida per la Pubblica Amministrazione informatizzata,
ovvero la creazione di un apparato del governo realmente orientato verso una
effettiva interazione tra le varie amministrazioni e tra queste e i cittadini, un sistema
che se fosse messo realmente in atto porterebbe innumerevoli vantaggi per
l’ordinamento italiano sotto quasi qualsiasi punto di vista (come vedremo più
avanti), cercando al contempo di ovviare ai problemi che potrebbero frapporsi al
suo corretto svolgimento.442
440 F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”, Mucchi, Modena, 2014 (p. 39-70) 441 L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013 (p. 24-45) 442 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
180
4.2 – Il memorandum sull’open-government della
amministrazione Obama e il FOIA
Il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama ha dato – più di chiunque
altro – una decisa impronta alla sua politica caratterizzata da un massiccio impiego
delle piattaforme del web nella gestione dei processi amministrativi e finalizzata ad
ampliare il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali; non è un caso che
già nel giorno successivo al suo insediamento e come primo atto ufficiale da
presidente egli abbia pubblicato il 21 gennaio 2009 un memorandum443 indirizzato ai
dirigenti della sua amministrazione (ministeri e agenzie) sulla trasparenza e sull’open-
government che – con uno stile volutamente enfatico – si apre affermando come il
suo mandato si impegnasse a dare vita a un grado di apertura nel governo senza
precedenti, chiedendo a questi destinatari di cooperare assieme per assicurare la
fiducia pubblica e per costruire un sistema basato sulla trasparenza, sulla
partecipazione e sulla collaborazione (caratteri successivamente specificati con una
nuova direttiva), procedimento che – nelle sue intenzioni – avrebbe rafforzato la
democrazia con il conseguente controllo e promosso la efficienza della Pubblica
Amministrazione tramite la lotta agli sprechi.444
Secondo i più questo atto – necessariamente formulato ancor prima del suo
insediamento – ha avuto 2 finalità principali, laddove da un lato vuole rendere
omaggio a un percorso elettorale vincente basato sulla partecipazione dei cittadini
sia nelle sue forme tradizionali (es. media televisivi) che in quelle più innovative
legate al web e alle piattaforme di social-networking, dall’altro vuole imprimere un
nuovo corso alla amministrazione federale con il fine di ravvivare la relazione di
443 Memorandum for the heads of executive departments and agencies “Transparency and open government” 444 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132)
4.2 – Il memorandum sull’open-government della amministrazione Obama e il FOIA
181
fiducia tra i cittadini e il governo per rinsaldare gli ideali democratici che sono stati al
centro della sua campagna elettorale riavvicinando governanti e governati.445
A conferma della importanza dell’argomento per la amministrazione Obama l’8
dicembre 2009, dopo neanche un anno dalla pubblicazione del suddetto atto, il
presidente diffonde un secondo memorandum446 che ha così conferito una
accezione ancor più contemporanea al concetto di trasparenza amministrativa,
stavolta specificando precisamente le modalità con cui si sarebbe dovuta mettere
concretamente in pratica questa apertura, nella convinzione che questa potesse
contribuire in maniera decisiva alle finalità già espresse con la 1^ direttiva447; ma
soprattutto il suddetto memorandum può essere preso a riferimento per declinare il
principio della openness come base nella costruzione di un nuovo modello di
amministrazione basato su 3 pilastri già in parte esaminati (trasparenza,
partecipazione e collaborazione).
Difatti secondo questo documento la Pubblica Amministrazione dovrebbe essere
prima di tutto trasparente448, nel senso che le sue singole componenti dovrebbero
tenere una azione appropriata sia a livello di norme che di politiche pubbliche
sfruttando appieno le nuove tecnologie; dunque è loro compito non solo fornire le
informazioni in modo rapido e agevolmente fruibile ma anche sollecitare il feed-
back dei cittadini per identificare i dati di maggiore interesse, inoltre questa consente
anche una ulteriore forma di accountability fornendo informazioni al pubblico
sull’operato degli organi istituzionali.
445 L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013 (p. 24-45) 446 Memorandum for the heads of executive departments and agencies “Open government directive” 447 F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”, Mucchi, Modena, 2014 (p. 39-70) 448 “Government should be transparent. Transparency promotes accountability and provides information for citizens about what their Government is doing. Information maintained by the Federal Government is a national asset. My Administration will take appropriate action, consistent with law and policy, to disclose information rapidly in forms that the public can readily find and use. Executive departments and agencies should harness new technologies to put information about their operations and decisions online and readily available to the public. Executive departments and agencies should also solicit public feed-back to identify information of greatest use to the public.”
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
182
In effetti questa promuove un certo senso di responsabilità per gli enti pubblici che
devono fornire ai cittadini le informazioni sulle proprie attività, inoltre una
amministrazione trasparente è per ciò stesso una amministrazione più affidabile agli
occhi altrui; per tale motivo le pubbliche amministrazioni che si muovono nella
direzione dell’open-government sono spinte ad adottare tutti i provvedimenti
legislativi e regolamentari necessari a far sì che le informazioni delle quali
dispongono siano facilmente reperibili, che – tra l’altro – oltre a creare fiducia
infonde nuova linfa al sistema economico.449
Non è una novità per noi che la trasparenza sia un valore centrale cui si ispirano
gran parte delle nuove prassi politiche e amministrative che vogliono promuovere la
accountability delle istituzioni attraverso la condivisione di informazioni sulle
proprie attività.
Ancora la amministrazione dovrebbero essere orientata alla partecipazione450 (già a
lunga esplorata), il che significa ingaggiare – in senso lato – i cittadini al servizio
delle stesse istituzioni, strategia che consente allo stesso tempo di aumentare la
efficacia e di migliorare la qualità dei provvedimenti, per questo motivo favorire i
processi partecipativi è utile in primo luogo proprio alle istituzioni stesse perché ciò
agevola la assunzione di decisioni corrette (potendo solo migliorarle), peraltro col
beneficio di informazioni e competenze collettive come valore aggiunto; in questo
modo i cittadini possono contribuire in prima persona con la intelligenza collettiva
(misto di informazioni e competenze) della propria comunità, ma a maggior ragione
non basta metterli banalmente a conoscenza dei risultati ma bensì è necessario
coinvolgerli attivamente nel procedimento (anche grazie al sempiterno ricorso alle
tecnologie della comunicazione attualmente disponibili).
449 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero) 450 “Government should be participatory. Public engagement enhances the Government's effectiveness and improves the quality of its decisions. Knowledge is widely dispersed in society, and public officials benefit from having access to that dispersed knowledge. Executive departments and agencies should offer Americans increased opportunities to participate in policymaking and to provide their Government with the benefits of their collective expertise and information. Executive departments and agencies should also solicit public input on how we can increase and improve opportunities for public participation in Government.”
4.2 – Il memorandum sull’open-government della amministrazione Obama e il FOIA
183
Infine la amministrazione dovrebbe essere collaborativa451 (come fase successiva
rispetto alla partecipazione) nel senso che le singole pubbliche amministrazioni
dovrebbero progettare metodi per cooperare tra di loro ai diversi livelli di governo,
con le organizzazioni private e nondimeno con i singoli privati poiché – come si è
visto – questa aumenta esponenzialmente la capacità di interventi efficaci.452
Come diretta conseguenza delle 2 precedenti caratteristiche (di cui la collaborazione
riveste la funzione di raccordo), ripensare la efficacia amministrativa in termini di
co-produzione sembra aprire una prospettiva diversa che implica come gli utenti –
in quanto detentori di preziose competenze – possano essere coinvolti direttamente
nella fornitura dei servizi pubblici e in cui la qualità di questi possa essere monitorata
durante l’intero processo di esecuzione piuttosto che essere giudicata solo alla fine
dai suoi stake-holders (ovvero in ultima analisi i cittadini stessi); si rende con ciò
evidente che non si tratti solo di ciò che fanno le istituzioni né di ciò che i cittadini
chiedono, ma riguarda anche tutti quei meccanismi che facilitano il coordinamento
tra i diversi livelli di governo (nazionale, regionale e locale) e tra questi e gli altri
attori privati.453
Proprio con riguardo al 3° e ultimo pilastro Beth S. Noveck454 propone il modello
della democrazia collaborativa sostenuto da 3 argomenti fondamentali (la
collaborazione, la visual deliberation e una auto-selezione egualitaria).
Il principio della collaborazione si distingue da quello della partecipazione perché
quest’ultimo – nella pratica tradizionale – si concretizza solo con la espressione del
voto una tantum, invece il primo presuppone che ciascuno abbia alcune competenze
451 “Government should be collaborative. Collaboration actively engages Americans in the work of their Government. Executive departments and agencies should use innovative tools, methods, and systems to cooperate among themselves, across all levels of Government, and with nonprofit organizations, businesses, and individuals in the private sector. Executive departments and agencies should solicit public feed-back to assess and improve their level of collaboration and to identify new opportunities for cooperation.” 452 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167) 453 L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013 (p. 24-45) 454 Chief technology officer for the open-government della amministrazione Obama
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
184
tecniche che può mettere al servizio di tutti in qualsiasi momento in cui la
contingenza lo richieda; dunque il modello decisionale chiuso secondo cui esiste una
conferenza delimitata composta da alcuni esperti professionisti che decidono quali
idee sono di valore deve essere abbandonato in favore di un sistema aperto in cui in
generale tutti i cittadini competenti sono liberamente chiamati a collaborare al vaglio
delle proposte.
Così se nel tradizionale esercizio della deliberazione le procedure rigide governano le
modalità di partecipazione alla conversazione pubblica, la collaborazione nella età
della rete 2.0 (visual deliberation) dipende invece dalla disponibilità degli strumenti
che ivi convoglino la struttura e le regole della co-operazione allargata; da ultimo la
collaborazione è una forma di partecipazione egualitaria in una accezione diversa da
quella formale, ciò significa che non tutti devono essere coinvolti delle medesime
attività ma ciascuno può partecipare sfruttando le sue particolari skills (concezione
sostanziale).455
Tuttavia per attuare i principi di trasparenza, partecipazione e collaborazione –
appena elencati – è sempre necessario mettere il cittadino nelle condizioni di
disporre degli strumenti conoscitivi necessari per poter prendere decisioni o
comunque valutare quelle prese dagli organi pubblici, laddove tali mezzi sono
essenzialmente costituiti dai dati di cui la Pubblica Amministrazione dispone e che le
sono indispensabili per la gestione dei processi che esegue nell’assolvimento dei suoi
compiti istituzionali456; per concludere si può affermare che – in sostanza – tale 2^
direttiva non fa altro che codificare i principi della filosofia open all’interno delle
istituzioni governative prescrivendo compiti, processi e modelli organizzativi che gli
enti pubblici sono tenuti a seguire nell’ordinario svolgimento della propria attività.457
455 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 456 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero) 457 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70)
4.2 – Il memorandum sull’open-government della amministrazione Obama e il FOIA
185
Sempre con riferimento all’ordinamento degli Stati Uniti d’America (precursore di
molte innovazioni nel campo della informazione), questa recente esplosione globale
dell’open-government coincide in larga parte con la proliferazione di legislazioni che
prevedono al loro interno – spesso anche tra i diritti fondamentali – un diritto a
conoscere, da esercitarsi accedendo alle informazioni detenute dalle istituzioni
pubbliche sulla scorta del modello statunitense del “Freedom Of Information
Act458” (comunemente indicato con l’acronimo “FOIA”).
All’interno di questa legge si scorgono una serie di documenti pubblici (vale a dire
già pubblicati nelle varie modalità previste dal governo federale) e una correlata
regola di conoscibilità – su richiesta – anche per quelli non-pubblicati, così secondo
questo approccio la conoscenza è generale poiché l’accesso è riconosciuto
indifferentemente a chiunque senza che se ne debba motivare le ragioni; tuttavia al
fianco di questa area di piena trasparenza si staglia un articolato sistema di eccezioni
(ad esempio si fa generalmente cenno alle informazioni classificate sotto l’
“exemption 1” relativa alla sicurezza nazionale) che consentono di limitare in
maniera molto rigida la conoscibilità di una serie di atti che corrispondano a specifici
interessi meritevoli di protezione attraverso la segretezza dei loro contenuti
Qui è inoltre tipicamente molto stretto il legame tra esercizio pubblico della libertà
di espressione (in particolare nella forma del diritto di cronaca) e il diritto di accesso
ai documenti amministrativi, infatti la evoluzione del diritto alla informazione (nelle
3 accezioni del diritto di informare, di informarsi e di essere informati) è considerata
un imprescindibile pre-requisito dell’emergere della nuova formulazione del diritto
di cittadinanza intesa quale partecipazione consapevole al processo decisionale
pubblico; in tale concezione si ritiene che il pubblico – inteso come i singoli cittadini
e in generale la intera opinione pubblica – abbiano il diritto di conoscere gli atti del
458 Freedom of information act del 4 luglio del 1966 degli Stati Uniti d’America
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
186
governo per rivendicare la necessità di accrescere la partecipazione dal basso ai
processi amministrativi.459
La distanza tra il modello italiano e quello americano, che pure ne era stato
ispiratore, è del tutto evidente, in particolare questa discende in primo luogo dalla
rilevanza che nel 1° è stata riconosciuta alla dimensione soggettiva di colui che
richiede l’accesso e quindi allo spazio di apprezzamento che è stato concesso
all’organo pubblico; nello specifico il Freedom Of Information Act prevede un
diritto generalizzato di accedere alle informazioni della Pubblica Amministrazione,
quindi non è una facoltà collegata a specifici requisiti per la sua legittimazione ma –
al contrario – viene riconosciuta al cittadino in quanto tale (un vero “right to know”
che si contrappone al nostro ben noto “need to know”).
È peraltro interessante ritornare sulle obiezioni che più di 20 anni addietro (con la
emanazione della legge sul procedimento amministrativo) giustificarono la scelta di
prevedere un modello di accesso esclusivamente legato al possesso di una posizione
giuridicamente rilevante e di converso la condivisa opinione sfavorevole a ipotesi
generalizzate, infatti le difficoltà organizzative di una simile previsione al tempo
erano ritenute di fatto impraticabili in assenza di una adeguata informatizzazione
della Pubblica Amministrazione, tutte obiezioni che sono – o dovrebbero essere –
oramai superate dal processo di modernizzazione messo in atto negli ultimi 10 anni,
senza che però sia stata messa in discussione quella scelta originaria460; in realtà va
rimarcato al riguardo come sia presente da tempo nel nostro dibattito politico una
spinta significativa a un ripensamento della nostra disciplina sull’accesso ai
documenti amministrativi rivolta a ri-orientarne la regolazione verso il modello –
tipicamente di common law – del Freedom Of Information Act appena esaminato,
459 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 460 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167)
4.2 – Il memorandum sull’open-government della amministrazione Obama e il FOIA
187
solo parzialmente ottenuta tramite la introduzione del nuovo istituto del diritto di
accesso civico.461
Tutto questo comporta necessariamente un profondo cambiamento delle
amministrazioni italiane dando vita a istituzioni pronte a recepire l’apporto
collaborativo proveniente dalla cittadinanza stessa, assumendo la configurazione di
un governo aperto che permetta di azionare nuova creatività, rinnovata
competitività e innovazione sociale; in altre parole ciò significa operare un
superamento delle barriere – ancora piuttosto salde – che comporta effetti sia nella
relazione che lega le diverse istituzioni sia nel rapporto del sistema amministrativo
con la società civile.
Da un punto di vista il rapporto fra le istituzioni deve assumere la fisionomia della
condivisione dei dati e degli obiettivi, in pratica per le singole amministrazioni si
tratta di ragionare non più come organi indipendenti ma come facenti parti di un
unico sistema pubblico, pur nella differenziazione delle proprie funzioni; in questo
ambito si dovrebbe abbracciare la logica dei modelli (“best practices”) esportabili
negli altri organi, in modo da avere una sola Pubblica Amministrazione che si
muova nel modo più uniforme possibile indipendentemente dalla collocazione
geografica, dalla dimensione o dalla tipologia rendendo più semplice la fruizione dei
servizi per i cittadini che non dovranno più comprenderne ogni volta le nuove
modalità operative.
Da un altro punto di vista per migliorare i rapporti delle istituzioni con i cittadini
bisognerebbe dare realmente vita alla sussidiarietà orizzontale (già visto) secondo cui
le amministrazioni territoriali devono favorire la autonoma iniziativa locale dei
cittadini (singoli e in forme associate) per lo svolgimento di attività di interesse
generale.462
461 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 101-167) 462 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
188
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
In una società democratica perfettamente funzionante i cittadini dovrebbero avere il
diritto di conoscere tutto ciò che il loro governo sta facendo in loro vece, ma
affinché questo sia possibile l’accesso alle informazioni della Pubblica
Amministrazione deve essere quanto più possibile libero come la pubblicazione
obbligatoria dei dati pubblici quanto più estesa (controllo) e i privati devono anche
poter condividere questo patrimonio informativo tra di loro per permetterne a pieno
la loro comprensione attraverso l’uso e il ri-uso degli stessi o il loro semplice
sfruttamento economico (ri-utilizzo).
Così per dare attuazione ai principi di trasparenza, partecipazione e collaborazione
che contraddistinguono la dottrina statunitense dell’open-government è prima di
tutto necessario mettere il cittadino nelle condizioni di disporre autonomamente
degli elementi conoscitivi necessari per poter compiere scelte consapevoli e valutare
altresì le decisioni prese dalle istituzioni pubbliche463; questo si ottiene garantendo
sempre la più completa trasparenza della Pubblica Amministrazione e la pubblicità
di tutto ciò che è relativo al settore pubblico, infatti solo in questo modo i cittadini
potranno avere tutte le informazioni indispensabili per essere in grado di esercitare
un controllo diffuso sulla attività di governo e per partecipare in modo effettivo alla
gestione della cosa pubblica.464
La buona prassi da parte del settore pubblico di condividere le proprie informazioni
offrirebbe la possibilità agli altri attori coinvolti nel processo democratico di
diventarne attori informati, con le conseguenti maggiori possibilità di far sentire la
propria voce intervenendo nel processo di “decision making”465; inoltre le
463 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167) 464 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 465 L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013 (p. 24-45)
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
189
associazioni che sono espressione della comunità potrebbero impiegare questi dati
per orientare le loro azioni di cani da guardia della società civile che sorvegliano
l’impiego delle risorse pubbliche, i media potrebbero ricavare indicazioni su come
orientare le loro attività di giornalismo investigativo, e infine le stesse pubbliche
amministrazioni dovrebbero utilizzarli per orientare in modo intelligente le proprie
attività di vigilanza.
Ma tornando all’aspetto che qui più ci interessa, tramite questi strumenti la
cittadinanza può verificare in prima persona che la soluzione adottata dal governo
sia effettivamente applicata in modo corretto (ed eventualmente per prevenire e
contrastare fenomeni di illiceità), laddove tale approccio va ad impattare
direttamente sulle modalità di funzionamento della Pubblica Amministrazione
incentivando la implementazione di mezzi nuovi, da affiancare a quelli tradizionali di
rappresentanza generale degli interessi dei cittadini, i quali a loro volta richiedono
necessariamente una rivisitazione degli attuali processi decisionali per promuovere
una vera accountability degli amministratori pubblici; in effetti nella attualissima fase
storica per scorgere un accenno di governo partecipativo in cui poter esprimere una
valutazione sui propri amministratori pubblici (come abbiamo già visto) dobbiamo
riferirci ai cittadini che entrano saltuariamente in contatto con il proprio governo
ogni 4 o 5 anni attraverso le elezioni politiche o amministrative, mentre liberando i
dati in possesso delle pubbliche amministrazioni essi possono essere coinvolti
continuativamente nel processo decisionale del governo e nella vita sociale del loro
paese.466
In questa prospettiva vengono perciò tracciate le prime linee-guida utili per delineare
le politiche partecipative previste dalla Pubblica Amministrazione italiana, in
particolare nell’ambito di tale studio vengono individuati 5 livelli di coinvolgimento
dei cittadini nel processo decisorio in concreto (informazione, feed-back,
consultazione, partecipazione attiva e valutazione).
466 F. Marzano in “La trasparenza della pubblica amministrazione passa dall’open data o l’open data passa dalla trasparenza?” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
190
Ma la semplice esistenza delle informazioni pubbliche rappresenta solo una
condizione preliminare – necessaria ma non sufficiente per il successo della
iniziativa – del processo che dev’essere portato a termine, difatti ciò che diventa
decisivo è la possibilità che gli utenti non solo abbiano accesso ai dati ma che se ne
possano anche servire per i loro scopi e che questi possano fornire degli input per
una successiva attività di feed-back che alimenti il rapporto tra Pubblica
Amministrazione e popolazione; da ciò si deduce che – al fine del controllo diffuso
– la principale finalità da ricercare in un modello di open-government dovrebbe
essere la instaurazione di un circolo virtuoso attraverso il quale il cittadino diventa –
contemporaneamente – fruitore e attore dei dati pubblici, attingendo i medesimi dai
canali di accesso o pubblicazione (portali web istituzionali e banche-dati) e fornendo
un proprio apporto in termini di aggiornamento o valutazione degli stessi.467
La attenzione alla “customer satisfaction” messa in atto con una preventiva analisi
delle esigenze reali e con la rilevazione immediata, continua e sicura del giudizio
degli utenti – anche per mezzo di strumenti propri del web 2.0 – è prevista
esplicitamente dalle norme del Codice della Amministrazione Digitale (in particolare
dall’art. 7468 comma 1469 e 63470 comma 1471 e 2472 CAD), laddove le pubbliche
amministrazioni devono provvedere all’aggiornamento delle prestazioni rese e
467 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70) 468 “Qualità dei servizi resi e soddisfazione della utenza” 469 “Le pubbliche amministrazioni provvedono alla riorganizzazione ed aggiornamento dei servizi resi; a tale fine sviluppano l'uso delle tecnologie della informazione e della comunicazione, sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze dei cittadini e delle imprese, anche utilizzando strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione degli utenti” 470 “Organizzazione e finalità dei servizi in rete” 471 “Le pubbliche amministrazioni centrali individuano le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità ed utilità e nel rispetto dei principi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo comunque presenti le dimensioni della utenza, la frequenza dell'uso e l'eventuale destinazione all'utilizzazione da parte di categorie in situazioni di disagio.” 472 “Le pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi pubblici progettano e realizzano i servizi in rete mirando alla migliore soddisfazione delle esigenze degli utenti, in particolare garantendo la completezza del procedimento, la certificazione dell'esito e l'accertamento del grado di soddisfazione dell'utente. A tal fine, sono tenuti ad adottare strumenti idonei alla rilevazione immediata, continua e sicura del giudizio degli utenti, in conformità alle regole tecniche da emanare ai sensi dell'articolo 71. Per le amministrazioni e i gestori di servizi pubblici regionali e locali le regole tecniche sono adottate previo parere della Commissione permanente per la innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali di cui all'articolo 14 comma 3-bis.”
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
191
proprio a tal fine le norme delineano un rapporto costante con gli utenti nella
progettazione del servizio (ex-ante), durante la sua erogazione (in-itinere) e
successivamente (ex-post) permettendo un feed-back continuo degli utenti durante
tutto il suo ciclo di vita.
Dal momento che l’orientamento agli utenti assume piena centralità diviene
determinante interpretare correttamente le esigenze e misurare il grado di
soddisfazione sui servizi resi adottando strumenti idonei alla rilevazione immediata e
continua del loro giudizio; peraltro questi espedienti consentono ai cittadini non
solo la mera facoltà di visionare l’operato della amministrazione, ma anche la
possibilità di prendere parte a quella attività ponendo in essere un controllo attivo al
fine di realizzare servizi migliori, innescando un circolo virtuoso di proficua
collaborazione fra soggetti pubblici e privati.473
Da ultimo la partecipazione alla fase di formazione dei provvedimenti
amministrativi costituisce anche un importante metodo per rinsaldare il rapporto –
qui costruito quasi come fosse egualitario – che coinvolge amministrazione e
cittadini perché aiuta ad accrescere la fiducia della popolazione, la credibilità della
amministrazione e la condivisione degli obiettivi (rendendo inutili gli attuali stadi di
mediazione).474
In questo senso l’open-government sembra costituire un utile espediente con cui
risolvere pure il recente problema della disaffezione politica che ai giorni nostri
sembra attanagliare le democrazie moderne, rispondendo nello stesso tempo alle
esigenze di cittadini, associazioni e imprese che negli ultimi anni hanno chiesto
sempre maggiori spazi di condivisione nella governance della cosa pubblica; dunque
la apertura si presenta in ultima istanza come la risposta del governo che vuole
rinsaldare (per non dire rinnovare) la relazione fiduciaria con i propri elettori
offrendo spunti per la discussione pubblica, proponendo il fluire continuo e
473 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243) 474 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
192
abbondante di informazioni tra la Pubblica Amministrazione e l’esterno come
condizione fondamentale per innovare le arcaiche modalità di coinvolgimento della
società civile.
La richiesta di uno stile di governo più partecipativo e – contemporaneamente –
accountable emerge quindi sia da parte dei cittadini, che vogliono poter esprimere la
loro opinione per contribuire alla gestione dei beni pubblici, sia da parte dei politici,
che vogliono in qualche modo cercare di rimediare al forte disengagement
dell’ultimo periodo storico.475
È vero che la motivazione principale alla base delle iniziative di open-government è
la trasparenza, tuttavia questa non riguarda soltanto il controllo diffuso sull’operato
della Pubblica Amministrazione ma anche la condivisione e il ri-utilizzo delle
informazioni pubbliche perché spesso per capirle a fondo è necessario analizzarli
introspettivamente, confrontarle con le altre e rielaborarle in modi diversi, processi
che richiedono necessariamente che i dati siano aperti e che possano essere
liberamente riusati (vedi anche art. 7476 del d.lgs. 33/2013).477
Se un tempo (salve alcune funzioni specializzate come la statistica) questi dati
restavano tendenzialmente relegati nell’ambito dei procedimenti amministrativi per i
quali erano stati formati, più recentemente si è affermata a livello giuridico una
crescente tendenza a rendere i medesimi anche ri-utilizzabili, questo fa sì che i dati
pubblici mostrino una rinnovata vitalità che gli permetta di produrre nuova
conoscenza anche al di fuori del loro contesto originario, ne discende che alla logica
tradizionale (conservativa e proprietaria, oltre che cartacea-documentale) si va
475 L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013 (p. 24-45) 476 “Dati aperti e ri-utilizzo” “I documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, resi disponibili anche a seguito dell'accesso civico di cui all'articolo 5, sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell'articolo 68 del Codice della amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e sono ri-utilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, senza ulteriori restrizioni diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità.” 477 T. Agnoloni, “Linked open data nel dominio giuridico” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
193
sostituendo un nuovo regime giuridico volto a favorire la circolazione in ambiente
digitale delle informazioni del settore pubblico (conosciute come “Public Sector
Information”, più comunemente con l’acronimo “PSI”); questo stesso giacimento di
conoscenza può essere visto sotto una ottica diversa quale risorsa non solo
informativa ma pure suscettibile di valorizzazione in termini economici, in
particolare le informazioni del settore pubblico (nel senso che non si riferiscono a
nessun singolo individuo e perciò non hanno alcuna implicazione per la privacy)
vengono recentemente a essere oggetto di attenzione per la loro capacità di fornire
utilità economicamente rilevanti, specie grazie alle sollecitazioni che in questo senso
arrivano dalle istituzioni europee
Non a caso proprio grazie alle strategie di open-data i cittadini non sono più limitati
a destinatari passivi delle informazioni messe a disposizione dagli uffici
amministrativi ma hanno la opportunità di ri-utilizzarle fino a sviluppare nuovi
servizi – che vanno ad affiancarsi a quelli ufficiali creati dalle istituzioni – a
disposizione della intera comunità degli utenti, in questo modo i cittadini
collaborano effettivamente con i soggetti istituzionali partecipando attivamente alle
azioni di governo della cosa pubblica, perciò sembra d’obbligo considerare questo
processo come una tappa fondamentale per la modernizzazione dei procedimenti
amministrativi; la relazione tra open-data e accessibilità si rivela particolarmente
interessante anche dal punto di vista squisitamente economico in quanto favorisce
anche la trasformazione dell’utente da mero consumatore a soggetto determinante
nella offerta dei servizi, laddove in questo nuovo contesto le prestazioni non
vengono più imposte dall’alto soltanto dal produttore a uno specifico target bensì
risultano quasi concertate dal fruitore stesso in una sorta di incontro in tempo reale
tra domanda e offerta. 478
Si tratta di fenomeni largamente contigui che però possiamo ricondurre nel 1° caso
alla idea della apertura dei dati mentre nel 2° più ampiamente nel fenomeno del ri-
478 M.C. De Vivo, A. Polzonetti e P. Tapanelli, “Open data, business intelligence e governance nella pubblica amministrazione” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
194
utilizzo delle informazioni pubbliche, tuttavia la distinzione è sempre più debole ed
entrambe le ipotesi vanno progressivamente a comporre un modello di open-data
orientato tanto a finalità sociali che a quelle di tipo commerciale.479
Per quanto riguarda il ri-utilizzo a finalità sociale, questo si rende indispensabile
affinché possa svilupparsi un vero e proprio processo di collaborazione sulle scelte
di governo tra gli organi amministrativi e la comunità dei cittadini, i quali
quest’ultimi dovrebbero avere la opportunità di incrociare, integrare o rielaborare in
forma diversa i dati già pubblicati480; del resto la trasparenza (come si è già detto)
evolve nella sua natura e per raggiungere il suo obiettivo non risulta più sufficiente
permettere la sola conoscenza passiva delle informazioni oggetto di pubblicazione
obbligatoria ma – al contrario – è necessario anche garantirne la possibilità di ri-
utilizzo da parte dei destinatari nel senso di una trasparenza veramente attiva che
permetta un maggior controllo sostanziale.481
Per fare questo le pubbliche amministrazioni devono considerare una priorità
assoluta la raccolta, la gestione e la distribuzione dei dati grezzi, favorendo così
indirettamente anche la iniziativa privata finalizzata allo sviluppo di applicazioni
progettate per una loro migliore consultazione, fruizione e ripubblicazione.482
Passando a quello a finalità economica, come noto la esigenza di disciplinare il ri-uso
da parte di terzi delle informazioni del settore pubblico matura a livello comunitario
in esito a una lunga gestazione, avendo come finalità principale quella di stimolare la
costituzione e il rafforzamento di un mercato di dimensioni continentali per i
479 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167) 480 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero) 481 F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”, Mucchi, Modena, 2014 (p. 39-70) 482 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132)
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
195
prodotti basati sul ri-uso dei dati posseduti dalle pubbliche amministrazioni483; in
realtà – come spesso accade – a spingere la Unione Europea ad attivarsi con una
direttiva è stata la crescente necessità di armonizzazione tra le legislazioni dei vari
Stati membri, che all’inizio degli anni 2000 si stavano sviluppando in maniera
rilevante in quel campo ma senza una direzione comune.
Anche in questo settore la direttiva 2003/98/CE rappresenta una importante pietra
miliare che inaugura una serie di provvedimenti normativi da parte della comunità
europea in materia di dati pubblici, laddove esso è stato emesso con il precipuo
scopo di incentivare il rilascio di informazioni in formato digitale da parte degli enti
pubblici dei singoli Stati membri, per permettere così – di riflesso – lo sviluppo di
servizi innovativi a vantaggio dei cittadini e in secondo luogo la promozione di
nuove forme di imprenditorialità e lavoro484; nel concreto tale atto non faceva altro
che invitare ciascuna Pubblica Amministrazione a consentire l’accesso ai documenti
e a rendere facilmente ri-utilizzabili tutti i dati che venivano raccolti, prodotti e
diffusi nell’ambito del perseguimento dei propri compiti istituzionali.
Tuttavia – con non poco disappunto degli addetti ai lavori – nel d.lgs. 36/2006 (che
attua la direttiva 2003/98/CE) non è stato imposto alcun obbligo di autorizzare il ri-
uso dei documenti amministrativi, anzi la decisione sul consentire o meno tale
facoltà spettava esclusivamente al singolo organo interessato (salvo diversa
previsione di legge o di regolamento)485; tramite questa strategica omissione sono
stati così lasciati ampi margini di discrezionalità alle istituzioni pubbliche quanto
all’an, al quantum e al quomodo del rilascio dei dati pubblici per un loro eventuale
ri-utilizzo da parte di terzi.486
483 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 101-167) 484 S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati aperti”, Ledizioni, Milano, 2014 (p. 14-65) 485 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243) 486 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 124-167)
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
196
Ma da quando è stata adottata la direttiva nel lontano 2003 si è assistito al progresso
tecnologico di un decennio che è sfociato in una crescita esponenziale dei dati
pubblici, di conseguenza anche il settore del ri-utilizzo dei dati è stato influenzato da
questa evoluzione rendendo necessario un aggiornamento della direttiva del 2003
divenuta in parte obsoleta, perciò il Parlamento europeo ha così recentemente
adottato la nuova direttiva 37/UE del 26 giugno 2013487 che revisiona la precedente
sancendo nuove regole per il ri-utilizzo dei dati aperti in modo da poter fare
circolare la cultura e condividere i lavori svolti dalle organizzazioni pubbliche;
indubbiamente la più grande novità prevista nel nuovo atto riguarda il retrogrado
regime facoltativo di utilizzabilità che con la nuova versione viene sostituito tramite
una inequivocabile statuizione che sancisce espressamente il dovere generale per gli
Stati membri di rendere ri-utilizzabili tutte le informazioni (sempre al netto dei casi
speciali specificatamente previsti). 488
L’approccio open-data muove da concorrenti presupposti di carattere filosofico ed
economico, così da una parte – sul primo fronte – si contesta che le informazioni
gestite dalle pubbliche amministrazioni in ragione della loro missione istituzionale
possano essere trattate alla stregua di beni di proprietà delle stesse da porre in
commercio al fine di trarne un utile economico, in base alla considerazione del fatto
che tali dati per le caratteristiche intrinseche e – soprattutto – per le modalità di
gestione (finanziate con risorse collettive da parte dei soggetti pubblici) meritano
piuttosto di essere trattati come fossero dei beni comuni; dall’altra parte – sul piano
economico – si sottolinea che la cessione a terzi delle informazioni al costo
tendenziale della sola riproduzione consente un più elastico sfruttamento della
risorsa (ovvero dei prodotti basati sul ri-utilizzo delle PSI) sui mercati a valle, tale
per cui i vantaggi (in termini generali di PIL e di entrate per il fisco) superano
abbondantemente le perdite dovute alla applicazione di una tariffa tendente a zero.
487 “Modifica alla direttiva 2003/98/CE relativa al ri-utilizzo della informazione del settore pubblico” 488 G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda digitale”, Aracne, Roma, 2014 (p. 31-52)
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
197
Per tutte queste ragioni le pubbliche amministrazioni piuttosto che comportarsi
come monopolisti mossi unicamente dalla ricerca del profitto – trattandosi di enti
pubblici – devono essere poste nelle condizioni di cedere le informazioni al costo
marginale di riproduzione mediante licenze che consentano a chiunque di ri-
utilizzare i dati pubblici senza restrizioni né facendo valere eventuali diritti di
esclusiva.
Per questi motivi non appare condivisibile la tesi minoritaria489 per cui il ri-utilizzo a
fini commerciali sarebbe estraneo alle finalità di trasparenza e alla stregua del quale
sarebbero da considerarsi interdette tutte le attività di ri-utilizzo dei dati personali di
carattere esclusivamente economico; infatti non appena quest’ultima affermazione
sia riportata – come appare certamente coerente con le esigenze di un sistema
democratico – alla dimensione di una conoscibilità generalizzata ai fini del controllo
diffuso sull’esercizio delle funzioni pubbliche appare evidente come questa
prospettiva risulti ristretta, d’altra parte non è affatto complicato immaginare che il
ri-utilizzo a fini commerciali possa anch’esso – a suo modo – contribuire alla
realizzazione di quella comprensione delle scelte operate dai pubblici poteri
funzionale all’esercizio del controllo diffuso da esercitarsi su di essi.490
È importante sottolineare che i dati dopo essere stati pubblicati sono ri-utilizzabili
senza necessità di nessuna ulteriore autorizzazione, anche se determinate forme di
ri-utilizzo (come la creazione di opere derivate) possono essere controllate
attraverso specifiche licenze. 491
Il ri-utilizzo delle informazioni del settore pubblico prevede una serie di vantaggi per
cittadini, imprese e governi, laddove per i cittadini questa operazione offre la
possibilità di una migliore conoscenza circa le attività delle pubbliche istituzioni
rendendole di fatto sempre più trasparenti, inoltre nello svolgimento delle attività
489 “Article 29 Working Party” 490 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 101-167) 491 F. Marzano in “La trasparenza della pubblica amministrazione passa dall’open data o l’open data passa dalla trasparenza?” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
198
quotidiane i cittadini possono beneficiare di servizi derivati a valore aggiunto basati
sul ri-utilizzo di questi dati perché grazie alla implementazione di internet gli utenti
possono generare nuovi prodotti che si adattano alle loro esigenze.
Per le imprese il ri-uso ha un potenziale economico considerevole in quanto
rappresenta una base supplementare per fornire nuovi servizi, infatti è ormai
appurato che questo faciliti lo sviluppo di inedite soluzioni e la creazione di nuovi
posti di lavoro nel settore dei contenuti digitali; infine per i governi il ri-utilizzo dei
dati pubblici gestiti nel corso della sua attività converte tutti questi benefici dei
singoli (cittadini e imprese) in termini di trasparenza e – più pragmaticamente – in
vantaggi generali per l’intero ordinamento statale. 492
È stato anche introdotto493 il tema dei costi connessi agli open-data cercando di
dimostrare come i timori (già espressi) per una possibile lievitazione della spesa
pubblica causata da queste politiche siano infondati, infatti in tutti i casi di pubbliche
amministrazioni con iniziative già avviate gli oneri sono stati bassi e per lo più riferiti
al lavoro di pochi addetti incaricati al mantenimento del sistema, invece in virtù del
calcolo tra i costi e i benefici attesi vale indubbiamente spendere alcune centinaia di
migliaia di euro nella realizzazione dei portali necessari a mettere a disposizione in
maniera organizzata i dati pubblici (tenendo conto anche del potenziale economico
indiretto). 494
Nello specifico il potenziale indotto che la apertura dei dati può portare con sé può
essere suddiviso in 2 categorie distinte di utilità: la 1^ è la ricaduta in termini di
innovazione che si definisce come valore “esterno”, mentre la 2^ è il risparmio
guadagnato per le istituzioni stesse che viene definito come “interno”.
492 M.C. De Vivo, A. Polzonetti e P. Tapanelli, “Open data, business intelligence e governance nella pubblica amministrazione” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 493 Federico Morando, managing director e ricercatore del centro Nexa su internet e società del dipartimento di automatica e informatica del politecnico di Torino (DAUIN) 494 M.T. Sagri, in “Panoramica sul seminario open data nel contesto italiano”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
199
Più precisamente, il valore esterno deriva dal fatto che la maggiore disponibilità di
dati rende possibile alle imprese – soprattutto se piccole o medie – sviluppare servizi
a basso costo non dovendo necessariamente imbattersi in barriere all’accesso dovute
al pagamento di royalties o ai lunghi tempi di negoziazione e spese legali collegate,
mentre per i cittadini i benefici derivano dalla creazione di nuovi posti di lavoro e da
un potenziale decremento delle tasse; specularmente la distribuzione di informazioni
pubbliche ha effetti benefici anche in termini di valore interno, si pensi ai soldi che
vengono risparmiati per quei servizi che non solo non vengono tagliati ma sono
creati gratuitamente a loro vantaggio.
Riprendendo un caso – a noi familiare – già ampiamente sviluppato, negli Stati Uniti
d’America i dati meteorologici sono considerati di pubblico dominio e di
conseguenza sono completamente disponibili al solo costo di riproduzione, laddove
in questo caso a fronte di un investimento di 19 miliardi di euro – per mettere in
pratica questa operazione di pubblicazione – il ritorno stimato è stato di 750 miliardi
di euro (pari a 39 volte l’investimento iniziale).
Un altro esempio illuminante è relativo ai dati sui trasporti locali perché essere a
conoscenza in tempo reale dello stato del traffico e dei tempi di attesa dei mezzi
pubblici può portare a un uso maggiore di questi ultimi e – quindi – a un
considerevole risparmio economico ed energetico; in questo modo il movimento a
favore dell’open-data ha mostrato come le nuove tecnologie rendono oggi possibile
costruire servizi per rispondere a queste domande in modo automatico, così una
volta che applicazioni disegnate a questo scopo saranno a disposizione di tutti i
cittadini questi avranno a portata di mano delle neutre informazioni necessarie a
formarsi delle opinioni, i dati sulla base dei quali tali conoscenze si sono definite e
una serie di servizi pubblici che rispondano alle loro esigenze senza dover perdere
tempo e sprecare energie nel cercare prima di reperire e poi di capire complessi
documenti, difficilmente comprensibili anche agli addetti ai lavori.
Se ne può dedurre che un deciso orientamento della amministrazione italiana verso
l’open-data offrirebbe nuove opportunità a chi investe nella rete, incentivando la
4 – Il modello di open-government: la partecipazione come rimedio
200
crescita dei distretti della economia immateriale che ben rappresenterebbe un nuovo
modello di produzione da affiancare a quello tradizionale diversificando il sistema
produttivo nazionale, questo perché – di fatto – la disponibilità di dati aperti è la
infrastruttura digitale sulla quale sviluppare questo nuovo mercato digitale495; a tal
proposito si chiarisce la importanza anche finanziaria della apertura delle risorse
informative, infatti i dati pubblici sono diventati una materia prima di tutto
economica – quasi alla pari del capitale e della forza lavoro – che la porta quasi ad
essere definita come la valuta della innovazione del nuovo millennio.496
495 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 496 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70)
4.3 – Gli scopi ultimi del controllo pubblico e del ri-utilizzo
201
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione
delle informazioni pubbliche
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati .................202
5.2 – Classificazione dei dati aperti e linked-data ...........................212
5.3 – Le licenze open-access ..............................................................219
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
202
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati
È d’uopo specificare che con “open government data” (indicato per lo più nella sua
accezione generale a-governativa di “open-data”) si fa riferimento innanzitutto a una
pratica che implica come alcune tipologie di dati debbano essere liberamente
accessibili a tutti senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo
che ne limitino la riproduzione (a eccezione di quelli soggetti alla necessità di citarne
la fonte o di condividerli con lo stesso tipo di licenza con cui sono stati
originariamente rilasciati)497; in pratica – limitatamente al settore pubblico di cui
adesso ci interessiamo – i dati aperti sono quelle informazioni della Pubblica
Amministrazione condivise in un formato digitale e distribuite tramite una rete a
disposizione di tutti in modo da permetterne l’accesso e il ri-utilizzo in maniera
diffusa (come previsto anche dal già visto art. 7 del d.lgs. 33/2013). 498
Più precisamente, se prendiamo spunto dal concetto di conoscenza aperta così come
delineato dalla Open Knowledge Foundation499, l’open-data deve essere
caratterizzato dai seguenti principi fondamentali: disponibilità e accesso (i dati
devono essere complessivamente disponibili in un formato riproducibile e
modificabile – preferibilmente attraverso la rete internet – a un ragionevole prezzo
non-superiore a quello di riproduzione), ri-utilizzo e ri-distribuzione (i dati sono resi
disponibili in condizioni che ne consentono il ri-uso e la ri-pubblicazione, anche
combinandoli con altre banche-dati) e infine partecipazione universale (deve essere
consentito a chiunque l’uso, il ri-utilizzo e la ri-distribuzione dei dati, non dovendo
esistere discriminazioni relativamente ai destinatari o alle finalità, soprattutto con
riferimento allo scopo commerciale).
497 A. Rocchi, “Nuovi modelli organizzativi nella pubblica amministrazione: dall’e-government all’open data”, in “Università”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015 (p. 7-37) 498 F. Marzano in “La trasparenza della pubblica amministrazione passa dall’open data o l’open data passa dalla trasparenza?” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 499 The Open Knowledge Foundation, “The open data handbook”, http://opendatahandbook.org/guide/it
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati
203
Ma il movimento open-data può anche essere definito in termini generali come un
fattore di sviluppo della trasparenza infatti, dal momento che la disponibilità delle
informazioni consente nuove forme di ri-elaborazione della conoscenza, il
distribuire i dati pubblici in un formato aperto (ovvero libero da restrizioni)
rappresenta il presupposto fondamentale affinché possa svilupparsi un vero e
proprio processo di collaborazione tra le varie istituzioni pubbliche e la comunità
dei cittadini sulle scelte di governo500; di conseguenza accanto al profilo tecnico
(sviluppato in seguito) il tema dei dati aperti può essere visto anche come una scuola
di pensiero tesa a promuovere nuove finalità di sfruttamento dei dati e nuove
policies di uso della informazione. 501
È bene differenziare sin da subito il concetto di trasparenza da quello di apertura,
infatti quest’ultimo include il primo ma non necessariamente è vero il contrario, in
altri termini non è sufficiente la trasparenza – così come definita nel nostro
ordinamento giuridico – perché si possa parlare di open-data.
In generale è possibile identificare 3 tipologie di dati in possesso della Pubblica
Amministrazione: i dati necessari alla gestione delle attività amministrative (sono
tutti quei dati che le servono per il corretto svolgimento dei propri compiti, ovvero
sono i dati in ingresso – input – che alimentano le procedure gestite dall’ente), i dati
prodotti come risultato della attività amministrative (sono tutti quei dati che essa
produce nell’esercizio delle sue funzioni, ovvero sono i dati in uscita – output –
ottenuti come risultato finale dei procedimenti gestiti dall’ente) e infine i dati
prodotti nella gestione delle attività amministrative (sono tutti quei dati che essa
ottiene come sotto-prodotto – by product – di un processo).502
Il paradigma che emerge dalle norme presenti nella ottica dell’open-government è
quello di restituire i dati alla collettività (che ne è la legittima proprietaria) per mezzo
500 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 189-205) 501 D. Tiscornia, “Presentazione”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 502 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
204
degli open-data e lasciare che la intelligenza collettiva ne faccia uso, potendoli
trasformare in leve di inedite potenzialità economiche e sociali503; l’assunto che sta
alla base di tutto questo sistema è che lo Stato (in tutte le sue componenti, centrali e
locali) si dovrebbe comportare più da gestore dei dati piuttosto che da proprietario
come fa attualmente in molti aspetti del servizio pubblico, perciò occorre cambiare
radicalmente la attuale mentalità che ritiene le informazioni come una proprietà di
esclusiva appartenenza della Pubblica Amministrazione anziché di essere disponibili
per la collettività generalmente intesa.
Effettivamente nella nostra società i dati sono per lo più controllati da
organizzazioni – pubbliche o private – che spesso mostrano reticenza di fronte alla
possibilità di diffondere il proprio patrimonio informativo (soprattutto se costretti a
farlo in maniera totalmente gratuita e disinteressata), esproprio a cui suppliscono
prontamente mantenendo comunque un controllo sulle informazioni così liberate
attraverso limitazioni all’accesso, alle licenze con cui vengono rilasciati e ai vari diritti
d’autore applicati alle banche-dati; di fronte a queste forme di ostensione alla
conoscenza generalizzata i sostenitori dell’open-data ritengono che tali restrizioni
siano un limite al prospero della comunità, ma che a tal fine i dati (in particolare
quelli pubblici) dovrebbero essere resi disponibili senza alcuna restrizione o forma di
pagamento, fatti salvi i vincoli inderogabili. 504
Nella definizione di una strategia di open-data è bene identificare per prima cosa le
priorità relative alla apertura dei dati che siano davvero funzionali agli interessi della
comunità di riferimento, tuttavia nel momento in cui si decide di avviare il
procedimento non è necessario identificare immediatamente tutti gli usi che
verranno fatti di una precisa informazione, infatti si dà il caso che spesso è la
comunità stessa degli utenti a individuare successivamente nei dati un valore che la
amministrazione stessa non vi ha visto, quindi in linea generale quando un dato è
503 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243) 504 F. Marzano in “La trasparenza della pubblica amministrazione passa dall’open data o l’open data passa dalla trasparenza?” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati
205
disponibile senza che la sua estrazione rappresenti un costo significativo sarebbe
opportuno provvedere alla sua apertura anche nel momento in cui non se ne
ravveda una utilità immediata.505
La spinta ad aprire le informazioni diventa così un architrave dell’open-government,
tant’è che non si potrebbero realizzare la trasparenza, la partecipazione e la
collaborazione auspicate senza la disponibilità dei set di dati aperti aggiornati che
possano essere sfruttati per offrire servizi – pubblici e privati – più efficienti; tuttavia
un nodo importante da sciogliere riguarda il clamore circa gli open-data che in alcuni
casi copre la risonanza dell’open-government, infatti è vero che i dati aperti sono
uno strumento fondamentale del nuovo modello amministrativo ma possono anche
rappresentare una facile via d’uscita per gestori pubblici e politici che annunciano
pubblicamente la apertura delle informazioni ma perdono di vista la realizzazione
dell’open-government in generale, altrimenti questi si tratterebbero solo di dati che
non incrementano in alcun modo la conoscenza dei meccanismi di funzionamento
delle istituzioni o la salute del sistema economico.506
Sulla soglia del nuovo millennio l’open-data si è imposto rapidamente alla attenzione
degli attori politici di tutto il mondo, così mentre nel complesso la Unione Europea
aveva già legiferato in materia e singolarmente alcuni Stati membri avevano fatto
propria questa filosofia, anche l’ordinamento italiano ha prima mosso alcuni passi in
questa direzione con politiche di apertura dei dati intraprese dalle singole
amministrazioni (soprattutto a livello locale) per poi arrivare alle significative
modifiche del Codice della Amministrazione Digitale introdotte dal d.l. 179/2012507;
quest’ultimo tramite l’inserimento dal nulla o la ri-scrittura completa di alcuni articoli
(specificatamente all’art. 52 e 68 CAD) ha introdotto nel testo la definizione
espressa di open-data nelle dimensioni tecnologica, giuridica ed economica e ha
505 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero) 506 L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013 (p. 73-90) 507 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 180-200)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
206
inserito una regola generale con la finalità di razionalizzare il processo di
valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale, laddove (come
abbiamo già visto) la norma obbliga le singole amministrazioni a pubblicare nel
proprio sito web (nella sezione “trasparenza, valutazione e merito”) il catalogo dei
dati, dei meta-dati e delle relative banche-dati in loro possesso e i regolamenti che ne
disciplinano l’esercizio della facoltà di accesso e di ri-utilizzo.508
L’adeguamento della Pubblica Amministrazione alle pratiche dell’open-data implica
la istituzione di nuovi portali telematici oppure l’adeguamento di quelli esistenti a
servizio delle nuove esigenze di apertura, perciò tali siti istituzionali da una parte
saranno dedicati ai processi di partecipazione mettendo a disposizione al loro
interno i dati pubblici, attivando consultazioni sulle decisioni da prendere e
diventando un utile strumento per la valutazione delle politiche pubbliche, ma
dall’altra la pratica sempre più diffusa della liberazione dei dati sta spingendo gli
organi pubblici alla creazione di nuove sezioni strutturate come ambienti idonei per
concentrarsi sulla produzione, classificazione e pubblicazione dei dati aperti509;
tuttavia anche i siti di terze parti possono risultare molto utili qualora costituiscano
già un importante punto di riferimento per una determinata comunità di soggetti,
inoltre qualora anche i dati pubblici dei siti istituzionali entrassero a far parte di tali
piattaforme si creerebbe un punto di raccolta per diversi data-set provenienti da
differenti sorgenti che darebbe vita a un tipo di integrazione positiva.510
Anche in questo campo ha giocato una parte importante la sopra-citata direttiva
sull’open-government promulgata nel dicembre 2009 dal Presidente degli Stati Uniti
d’America Barack Obama, infatti questa ha dato una significativa spinta
all’affermarsi del movimento open-data in tutto il panorama internazionale
fungendo da usuale modello precursore; in questo memorandum si legge che fin
dove possibile e sottostando alle sole restrizioni valide le pubblichi amministrazioni
508 F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in “Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”, Mucchi, Modena, 2013 (p. 213-243) 509 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70) 510 S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati aperti”, Ledizioni, Milano, 2014 (p. 14-87)
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati
207
federali devono pubblicare le informazioni online utilizzando un formato open che
possa cioè essere recuperato, soggetto ad azioni di download, indicizzato e ricercato
attraverso i motori di ricerca sul web più comunemente utilizzati, laddove per
formato open si intende una estensione indipendente rispetto alla piattaforma,
leggibile dall’elaboratore e resa disponibile al pubblico senza che sia impedito il ri-
uso della informazione veicolata.
In aggiunta questa politica di diffusione dei dati il 9 maggio 2013 è stata integrata da
un nuovo memorandum511 (seguito nello stesso giorno da un ordine esecutivo512
con cui veniva immediatamente attuato il suo contenuto), laddove sono definite le
caratteristiche essenziali degli open-data che devono essere accessibili, documentati,
ri-usabili, completi, tempestivi e aggiornati; vengono inoltre indicati i principi per la
costruzione di sistemi informativi in grado di supportare la inter-operabilità e la
accessibilità delle informazioni, laddove tali apparati devono consentire di
massimizzare le opportunità di ri-utilizzo dei dati e di integrazione delle successive
applicazioni.
Perché sia fruttuosa e – ancor prima – possibile una strategia di open data (sia per
finalità di trasparenza che di valorizzazione anche economica) è necessario in ogni
caso disporre di dati di qualità, laddove con questo termine va inteso il rispetto di
una serie di specifici requisiti coerenti con i paradigmi dei dati aperti (come si vede
dall’art. 6513 comma 1514 del d.lgs. 33/2013)515; tra questi va richiamato in primo
luogo la omogeneità (dal momento che la standardizzazione è condizione
indispensabile per la confrontabilità dei diversi data-set), integrazione delle basi di
511 Memorandum for the heads of executive departments and agencies “Open data policy” del 9 maggio 2013 dal Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Hussein Obama 512 Executive order “Making open and machine readable the new default for government information” del 9 maggio 2013 dal Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Hussein Obama 513 “Qualità delle informazioni” 514 “Le pubbliche amministrazioni garantiscono la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l'integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, la omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso della amministrazione, la indicazione della loro provenienza e la ri-utilizzabilità secondo quanto previsto dall'articolo 7.” 515 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 195-215)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
208
dati e costruzione di un sistema di informazioni che vada oltre il recinto delle singole
pubbliche amministrazioni. 516
Tuttavia solo i dati che sono stati processati, organizzati e strutturati regolarmente in
un dato contesto – così da diventare utilizzabili e ri-usabili – sono elevati allo status
di informazione517; tutto questo presuppone anche che le istituzioni pubbliche li
debbano formare e conservare correttamente, il che può essere ottenuto tramite la
realizzazione dei processi di back-office che garantiscano il corretto ciclo di
produzione, di pubblicazione, di aggiornamento, di archiviazione e – non ultimo –
di oblio.518
Nel 2007 un gruppo di lavoro costituito dai maggiori sostenitori dell’open-
government negli Stati Uniti ha proposto una lista di principi (nota come “8
principles of open government data519”) che è diventata ben presto lo standard per
valutare la effettiva apertura dei dati pubblici di una Pubblica Amministrazione.520
Perciò al fine di assicurare il rispetto di questi principi di openness è necessario che i
dati rispondano a questi standard di apertura previsti a livello internazionale; più
precisamente i dati della Pubblica Amministrazione possono essere considerati
davvero aperti solamente se soddisfano i requisiti elencati (e quindi siano completi,
primari, tempestivi, accessibili, leggibili, distribuibili, ri-utilizzabili, ricercabili e
permanenti).
1) La completezza va intesa sia in senso qualitativo che quantitativo, laddove dal 1°
punto di vista sono tali i dati che comprendono tutte le informazioni (cosiddetti
516 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 180-200) 517 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 518 G. Armao, “Open government: trasparenza totale ed applicazione nella regione siciliana”, in “Studi su politica, storia e istituzioni 6/2014”, Università degli Studi di Palermo, Palermo, 2014 (p. 67-89) 519 The Open Government Data, “The annotated 8 principles of open government data”, https://opengovdata.org 520 T. Agnoloni, “Linked open data nel dominio giuridico” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati
209
“metadati521”) che ne consentano la esportazione, l’utilizzo on e off-line, la
aggregazione con altre risorse e la diffusione in rete, invece dal 2° punto di vista la
sua concezione rimanda alla esigenza del rilascio di tutti i dati pubblici disponibili
(cioè che non siano riservati per disposizioni di legge quali la privacy o la sicurezza).
2) La primarietà inerisce specificatamente ai dati strutturati in maniera
sufficientemente granulare da poter essere utilizzati dagli utenti per integrarli con
altri data-set, quindi – in sostanza – queste sono le informazioni grezze che vengono
pubblicate in forma elementare così come sono stati originariamente memorizzate
dalla fonte che le ha prodotte, ovvero in forma non-aggregata e priva di
manipolazioni di alcun genere nella propria natura.
3) La tempestività riguarda quei dati forniti in rete in modo immediato così da
consentire di massimizzarne il valore e conseguentemente le utilità, quindi questi
devono essere diffusi nel tempo più breve possibile in modo da preservarne il loro
significato intrinseco.
4) La accessibilità è propria di quei dati che sono resi disponibili in internet a più
utenti possibili (preferibilmente attraverso il solo protocollo “Hyper Text Transfer
Protocol”) e per gli scopi più vari garantendo una consultazione libera e
indipendente, per questo motivo è assolutamente indispensabile che non vi siano
barriere all’utilizzo determinate dalla necessità di dover ricorrere a particolari
tecnologie od obblighi di registrazione, di contratti o – ancora peggio – di
pagamento per potervi accedere; questa caratteristica si ricollega in parte alla
neutralità tecnologica nel senso che bisogna evitare di imporre vincoli tecnologici ed
economici agli utenti.
4) La leggibilità (“machine-readable”) comporta qui la strutturazione ordinata dei
dati che ne renda possibile la processabilità dai computer in modo automatico –
senza richiedere un ingente lavoro manuale – tramite piattaforme non-proprietarie,
cosa resa possibile soltanto quando i dati sono codificati in formati digitali aperti e
521 Con questo termine si intende la informazione che descrive un insieme di dati.
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
210
non tramite estensioni sui quali vi siano entità che dispongano di un controllo
esclusivo, in modo da non doverne per forza acquistare la licenza per poter
effettivamente accedere ai dati (perciò sono preferibili i formati con le cifrature più
semplici e maggiormente supportate).
5) La distribuibilità concerne il fatto che i dati devono essere assoggettati a un
regime che non ne limiti l’uso, la diffusione e la ri-distribuzione, laddove questa
caratteristica non ne esclude la sottomissione in toto alle licenze di qualsiasi tipo ma
solo a quelle eccessivamente limitanti, perciò – in pratica – le informazioni non
devono essere soggetti a nessuna regolamentazione di copyright ma possono essere
consentite solo restrizioni ragionevoli legate alla privacy o alla sicurezza.
6) La ri-utilizzabilità rimanda alla idea che i dati possano mettere gli utenti nelle
condizioni di rielaborarli in misura tale da consentire la creazione di nuove risorse,
applicazioni e servizi di pubblica utilità.
7) La ricercabilità interessa quei dati indicizzati che per questo siano facilmente
identificabili in rete tramite ricerche condotte su cataloghi e archivi online tramite i
principali motori di ricerca, ciò affinché questi non corrano il rischio di rimanere
nascosti nelle oscurità di qualche sito istituzionale di antica realizzazione
8) La permanenza (o meglio persistenza) è di propria di quei dati che godono delle
caratteristiche sin qui elencate nel corso del loro intero ciclo di vita, inoltre questa
caratteristica comprende anche la necessità che gli stessi vengano regolarmente
monitorati ed eventualmente modificati o integrati per rispondere alla continua
esigenza di aggiornamento.
Il soddisfacimento di tali requisiti dovrebbe essere garantito da una autorità
indipendente nella verifica e nella eventuale sanzione delle violazioni dei suddetti
principi. 522
522 T. Agnoloni, “Linked open data nel dominio giuridico” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
5.1 – Aspetti finalistici e tecnici della apertura dei dati
211
Da ultimo, qualora la Pubblica Amministrazione si trovi nella possibilità di
selezionare tra una vasta gamma di formati nel quale pubblicare i dati da aprire è
bene che si identifichi quello che sia rispondente al maggior numero di requisiti
possibile; se tuttavia la scelta fosse tra il pubblicare i dati in modalità non
completamente rispondente ai requisiti sopra-indicati e il non diffonderli affatto la
logica dell’open-data comprensibilmente indirizza la risposta verso la prima
soluzione.
Per questo motivo attualmente si usa la espressione “raw data now” a significare che
nella peggiore delle ipotesi (quella di disporre dei dati non-aperti) è comunque
preferibile distribuirli anche se in formato grezzo, laddove l’auspicio è che se i dati
pubblicati sono sufficientemente interessanti sarà la comunità stessa degli utenti
successivamente ad attivarsi per identificare un processo di conversione efficace
(cosiddetto “data scraping523”) seppur con un maggior impiego di risorse524; a tal
proposito è stata prevista addirittura una specifica norma contenuta nel comma 2525
dell’art. 6 del d.lgs. 33/2013 in base alla quale la necessità di assicurare la adeguata
qualità delle informazioni diffuse non può – in ogni caso – costituire motivo per la
omessa o ritardata pubblicazione dei dati, laddove questa previsione pone alla
attenzione del pubblico una questione più complessa che è quella del – spesso
difficile – bilanciamento tra contrapposte esigenze.526
523 Con questo termine si indica la estrazione dei dati dal formato grezzo attuata attraverso particolari software. 524 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero) 525 “La esigenza di assicurare adeguata qualità delle informazioni diffuse non può, in ogni caso, costituire motivo per l'omessa o ritardata pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti.” 526 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 180-200)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
212
5.2 – Classificazione dei dati aperti e linked-data
Al fine di distinguere in maniera più comprensibile i diversi formati utilizzabili nella
codifica dei diversi data-set pubblici e di incoraggiare i detentori dei dati pubblici a
renderli disponibili nel formato aperto migliore esistente è stato proposto in seno al
“W3C527” un sistema di catalogazione che li classifica – tenuto conto delle loro
caratteristiche – secondo una scala di valori che va da 1 a 5 stelle in ragione della
loro facilità di fruizione e di ri-utilizzo; questa si tratta di una classificazione
riconducibile in ultima istanza a Tim Berners Lee528 nella quale si tiene conto delle
caratteristiche intrinseche della informazione (contemporaneamente come
contenitore e contenuto) e della conseguente capacità di essere trattata in modalità
automatiche, cosicché secondo questo schema si va dai meri dati grezzi, passando
per quelli strutturati (in formato aperto e non) o arricchiti semanticamente (tramite
meta-dati), fino a quelli propriamente collegati (ovvero i linked-data).529
Innanzitutto – ai fini della seguente trattazione – è d’obbligo premettere che si
definisce proprietario il software di cui il titolare dei diritti di autore detiene il
programma in esclusiva proprietà, concedendo agli altri – dietro il pagamento di una
licenza d’uso – la possibilità di usufruire della applicazione senza diventarne titolari
o poterne effettuare modifiche.530
1 stella è il livello-base costituito da dati non-strutturati (per questo detti grezzi) in
un formato qualsiasi (proprietario o aperto), purché sempre distribuito con licenza
open, che indica la semplice disponibilità di un dato online; le informazioni
distribuite in questa categoria sono consultabili dagli utenti ma su quelle che non
vantano un formato aperto non è possibile effettuare alcun tipo di elaborazione.
527 “World Wide Web Consortium” 528 Inventore del World Wide Web 529 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 195-215) 530 G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda digitale”, Aracne, Roma, 2014 (p. 31-52)
5.2 – Classificazione dei dati aperti e linked-data
213
2 stelle indicano il livello di dati strutturati ma codificati ancora con un formato
proprietario, perciò dal punto di vista funzionale vantano – oltre alle possibilità
offerte dai dati contraddistinti da 1 sola stella – la possibilità di effettuare delle
elaborazioni sulle sue informazioni a patto di disporre del software necessario a
gestire un file così codificato; tuttavia questa categoria, trattandosi di dati strutturati,
può – di norma – essere agevolmente convertita in un formato aperto.
3 stelle indicano il livello di dati strutturati e allo stesso tempo codificati in un
formato aperto; queste presentano – oltre alle facoltà offerte dai dati contraddistinti
da 2 sole stelle – la possibilità di effettuare elaborazioni sulle informazioni senza
essere costretti a utilizzare alcun software proprietario, per questo motivo la
presente categoria è la modalità di pubblicazione più semplice tra quelli
caratterizzanti i dati aperti.
4 stelle indicano il livello dei dati strutturati e codificati in un formato aperto che
sono anche dotati di un preciso URI (“Uniform Resource Identifier”) che li rende
direttamente rintracciabili sulla rete e quindi ri-utilizzabili online attraverso la
inclusione in una struttura basata sul modello RDF (con l’aiuto dei meta-dati);
questa categoria presenta anche il vantaggio che il singolo dato appartenente a un
preciso data-set possa essere richiamato attraverso uno specifico URL (“Uniform
Resource Locator”) specifico.
5 stelle – infine – indicano il livello di quelli che vengono comunemente definiti
linked-data (di cui parleremo più approfonditamente tra poco), cioè quei dati
strutturati in formato proprietario forniti di meta-dati che presentano pure
collegamenti ad altri data-set; in altri termini – grazie al ricorso del già citato modello
di descrizione dei dati RDF – è possibile collegare dinamicamente tra loro più data-
set, incrociando così le informazioni provenienti da fonti diverse e aumentando
esponenzialmente il valore dei dati reciprocamente correlati (qui si apre lo scenario
del web semantico).
All’interno della rubricazione appena presentata possono essere delineate delle
macro-categorie quali i dati grezzi (1 stella) che sono quelli disponibili in quei
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
214
formati che – seppure disponibili su supporto informatico – non consentono una
estrapolazione immediata degli stessi, i dati strutturati (da 2 a 3 stelle) che sono dati
disponibili in formati – aperti o proprietari – che ne consentono comunque una
qualche elaborazione e sistematizzazione in forma strutturata, e infine i dati presenti
in database di cui è possibile scegliere il formato di esportazione più idoneo (4 e 5
stelle)531; in maniera ancora più generalizzata è opportuno differenziare tra i dati
primari e i loro “outcomes” in modo che il vero motore della nuova industria –
sponsorizzata dalla stessa Commissione europea – sia focalizzata sulla gestione dei
primi, sui risultati a seguito della loro elaborazione e sullo stesso processo di
congiunzione delle informazioni iniziali con quelle finali. 532
Concettualmente tutti i temi legati all’open-data ruotano intorno al principio della
inter-operabilità, vale a dire la capacità per sistemi diversi di lavorare insieme a
livello strutturale su raccolte di dati che possono essere confrontate, integrate e
composte; invero questo aspetto è rilevante anche dal punto di vista organizzativo
per la adesione a protocolli condivisi, infatti la inter-operabilità non opera solo sulla
uniformazione dei formati ma anche sulla armonizzazione dei vincoli di ri-uso
tramite la programmazione di politiche condivise. 533
La inter-operabilità tra i dati è sicuramente uno dei benefici più importanti che è
possibile ottenere mediante il modello open-data perché questi se isolati hanno poco
valore, viceversa quest’ultimo aumenta sensibilmente quando differenti archivi di
dati (anche detti data-set) prodotti in modo totalmente indipendente da diversi
soggetti possono essere incrociati liberamente (senza barriere tecniche) dal loro
fruitore perché in questo modo la forma del dato non viene decisa dal fornitore
della informazione (che così si limita soltanto alla parte contenutistica) ma dal lettore
stesso.
531 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero) 532 M.C. De Vivo, A. Polzonetti e P. Tapanelli, “Open data, business intelligence e governance nella pubblica amministrazione” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 533 D. Tiscornia, “Presentazione”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
5.2 – Classificazione dei dati aperti e linked-data
215
Per fare ciò occorre collegare le informazioni tra loro stabilendo un collegamento
diretto (link, da cui linked-data, ovvero lo strumento con cui materialmente attuare
la inter-operabilità) quando i dati provenienti da diverse sorgenti si riferiscono a
oggetti identici o comunque relazionati tra loro (in cui i collegamenti vengono
esplicitati). 534
Così accanto al fenomeno generico dei dati aperti si è verificata la rapida ascesa del
movimento a favore dei linked open data (per lo più indicati come soli “linked-
data”) dovuto alla progressiva affermazione delle nuove tecnologie del Semantic
Web, in particolare attraverso la diffusione del – già visto – modello RDF (acronimo
di “Resource Description Framework”) che costituisce il primo gradino verso questa
nuova forma di strutturazione fornendo il collante fra dati di fonti eterogenee
attraverso la introduzione del livello relazionale mancante per la loro inter-
connessione; peraltro il RDF non costituisce propriamente una estensione ma un
data-model, cioè un formalismo per rappresentare dati che possiedono alcune
caratteristiche che restano immutate a prescindere dal formato che viene utilizzato
(caratteristica fondamentale per la sua funzione tipica)535
I siti istituzionali rappresentano potenzialmente il luogo preferibile per la
pubblicazione dei dati pubblici da parte di ciascuna Pubblica Amministrazione,
tuttavia bisogna evitare che tale diffusione avvenga con modalità ogni volta diverse e
non sempre facilmente riconoscibili, per questo motivo appare particolarmente
opportuno – anche per la grande quantità di informazioni a disposizione – definire a
priori principi e regole comuni per la apertura dei dati oppure ricorrere a un
succedaneo come l’utilizzo dei linked-data536; inoltre bisogna tenere presente che
gran parte dei dati non raggiungeranno gli utenti finali per via diretta ma tramite
534 G. Rizzo, F. Morando e J.C. De Martin, “Open data: la piattaforma di dati aperti per il linked data” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 535 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70) 536 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
216
intermediari, laddove questi sono le terze parti che prendono i dati e li trasformano
in vario modo per la loro nuova ri-pubblicazione.537
Come già detto il vantaggio fondamentale del linked-data si manifesta sotto l’aspetto
della inter-operabilità, infatti – come ancora testimoniato dalle parole di Tim
Berners Lee – la prossima evoluzione per l’internet è rappresentata dal passaggio da
una semplice rete di documenti a una di complessi dati collegati; è proprio questa la
base per la creazione di un valore aggiunto sui dati, ovvero applicazioni verticali che
accedono a questo database distribuito globalmente per fornire punti di vista inediti.
Al giorno d’oggi la mole di informazione giuridica non-strutturata messa a
disposizione nell’ambito dei progetti governativi per la accessibilità pubblica ha
raggiunto una copertura senza precedenti e crescerà ulteriormente con la espansione
del web, tuttavia – nonostante il suo incremento – l’attuale scenario nel campo di
conoscenza della informazione pubblica è ancora costituito – nella maggioranza dei
casi – da una proliferazione dei diversi punti di accesso organizzati – pure – con
criteri differenti che costituisce un disordinato spazio di raccolta di documenti vari;
difatti i dati pubblici sono spesso rappresentati in formati diversi e in database
separati, senza alcuna possibilità di stabilire quel minimo livello di inter-operabilità
fra le diverse fonti che consentirebbe il ri-uso combinato dei dati, perciò con questo
antiquato sistema la maggior parte dello sforzo di raccolta, integrazione ed
elaborazione delle informazioni è lasciato all’utente stesso in una onerosa attività per
aggirare le barriere tecnologiche che mantengono le banche-dati divise.
In questo contesto il nuovo strumento del linked-data (che consente il massimo
livello di inter-operabilità tra data-set diversi) sembra offrire la risposta tecnologica a
tale problema di frammentazione delle fonti fornendo la infrastruttura necessaria per
raccogliere in un unico punto di accesso e organizzare logicamente frammenti di
documenti provenienti da sorgenti distribuite (tramite risorse già collegate o
facilmente collegabili in automatico dalle macchine); inoltre uno dei secondari – ma
537 S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati aperti”, Ledizioni, Milano, 2014 (p. 14-87)
5.2 – Classificazione dei dati aperti e linked-data
217
non per questo meno utili in questa direzione – punti di forza tecnologici
dell’approccio linked-data è che una volta che i dati sono disponibili la loro
selezione può avvenire in modo completamente automatico senza nessun intervento
dell’utente finale.538
L’open-data è la piattaforma-base di cui il linked-data necessita per poter creare la
rete di inferenze tra i vari dati sparsi nel web, viceversa il primo è una tecnologia
ormai abbastanza matura e con grandi potenzialità ma che per portare risultati reali
ha bisogno di grandi masse di dati tra loro collegate (ovvero il secondo); in questo
senso linked-data e open-data convergono per raggiungere la loro piena
realizzazione nell’approccio composto del linked open data.
Il punto cruciale di un bacino di dati accessibili e ri-utilizzabili in modo condiviso è
il fatto che potenzialmente questi possono essere mescolati in maniera libera con
dati provenienti da fonti anch’esse aperte, perciò la inter-operabilità in qualche
modo è la chiave per realizzare il principale vantaggio pratico della apertura dei dati,
perché aumenta in modo esponenziale la possibilità di combinare diverse basi di dati
e – quindi – di sviluppare nuovi e migliori servizi.539
Tra l’altro dal momento che per trasformare un archivio di dati non-strutturato in
un vero linked-data-set si crea una opera derivata, ne consegue che è necessario
disporre della autorizzazione da parte del detentore dei diritti; quando un data
holder non possiede le risorse finanziarie o tecniche per esporre direttamente
linked-data potrà offrire ad altri i diritti necessari a operare questa conversione
alleviando in parte i limiti di una pubblicazione sub-ottimale.
Tramite questa rivoluzione internet diventa uno spazio di condivisione globale dei
dati (“web of data”) che permette di strutturare le risorse in modo tale che essi
538 T. Agnoloni, “Linked open data nel dominio giuridico” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 539 S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati aperti”, Ledizioni, Milano, 2014 (p. 14-87)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
218
possano essere letti separatamente e alla occorrenza – per rispondere alle specifiche
richieste dell’utente – aggregati con altri.540
540 G. Rizzo, F. Morando e J.C. De Martin, “Open data: la piattaforma di dati aperti per il linked data” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
5.3 – Le licenze open-access
219
5.3 – Le licenze open-access
Mentre in ambito privato aumenta la pressione per irrigidire le regole poste a tutela
della proprietà intellettuale, al contrario in ambito pubblico si rafforza la percezione
del valore delle informazioni se rese facilmente fruibili; tra l’altro il tema della
conoscenza come bene comune si somma al riconoscimento dei limiti etici di un
approccio del tipo proprietario rispetto a quei dati la cui produzione e raccolta
discende direttamente dallo svolgimento di funzioni pubbliche e quindi dall’utilizzo
di risorse comuni.
Una proiezione di queste linee di riflessione può essere rintracciata nella esperienza
dell’open-access, con riferimento a ogni opera che non è soggetta a copyright perché
il termine di quest’ultimo è scaduto o perché nasce già con un regime aperto per
espressa decisione dell’autore; in termini generali questo trattasi di un movimento
che mira a promuovere la disponibilità di contenuti aperti ponendosi in maniera
critica rispetto alle pratiche di chiusura messe in atto dai principali operatori (in
particolare nel campo della letteratura scientifica) e considerando la rete come un
canale in grado di trasformare il modo di trasmettere il sapere, per cui con
riferimento al patrimonio informativo pubblico il diritto di autore propriamente
inteso dovrebbe continuare a operare come regola generale ma solo residuale.541
In modo simile nel campo della informatica la dottrina generale dell’open-source
(che in qualche modo comprende quella specifica dell’open-access) indica quel
prodotto (solitamente il software) rilasciato con un tipo di licenza per la quale
l’insieme dei suoi applicativi di base (ovvero il codice sorgente) è messo nella
disponibilità di eventuali successivi sviluppatori in modo che con la loro
collaborazione (in genere libera e spontanea) la elaborazione finale possa
541 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 195-215)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
220
raggiungere una complessità maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo
gruppo di programmazione.542
D’altro canto ci sono una serie di limiti insisti nella natura degli open-data quali la
staticità (rappresentando la fotografia fissa di una situazione in quel dato momento)
e la uni-direzionalità (consentendo la sola consultazione dei dati di una Pubblica
Amministrazione e non l’aggiornamento degli stessi da parte di altri soggetti); questi
vincoli, di uno strumento comunque validissimo e non ancora pienamente sfruttato,
possono essere agevolmente superati mediante l’uso dell’open-access, laddove
questo si tratta di una funzionalità del sistema informatico che può essere richiamata
direttamente da altri siti web o da applicazioni specifiche per estrarre informazioni o
per richiedere la esecuzione di determinate operazioni, in altri termini si tratta di una
sorta di web-service che mette a disposizione online le funzionalità di un sistema
informatico consentendo di definire il tipo di formato secondo cui estrarre i dati e di
costruire applicazioni interattive basate su di essi tramite internet.543
Difatti nella maggior parte delle legislazioni nazionali ci sono diritti di proprietà
intellettuale che incidono pesantemente sui dati impedendone a terzi l’uso, il ri-
utilizzo e la ri-distribuzione senza una autorizzazione esplicita; sulla stessa onda
emerge che il sistema di licenziamento inizialmente delineato dall’art. 5544 del d.lgs.
36/2006 è abbastanza lontano dal concetto di open-data illustrato risultando
macchinoso e quasi contraddittorio, si può quindi dedurre che le licenze abbozzate
dal suo comma 1 sono concepite unicamente con un ruolo di atto regolamentare
542 G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda digitale”, Aracne, Roma, 2014 (p. 31-52) 543 M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (p. 14-70) 544 “Richiesta di ri-utilizzo di documenti” “1. Il titolare del dato predispone le licenze standard per il ri-utilizzo e le rende disponibili, ove possibile in forma elettronica, sui propri siti istituzionali. 2. I soggetti che intendono ri-utilizzare dati delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico presentano apposita richiesta secondo le modalità stabilite dal titolare del dato con proprio provvedimento. 3. Il titolare del dato esamina le richieste e rende disponibili i documenti al richiedente, ove possibile in forma elettronica, entro il termine di trenta giorni, prorogabile di ulteriori trenta giorni nel caso in cui le richieste siano numerose o complesse. Il titolare del dato non ha l'obbligo di produrre o di continuare a produrre documenti al solo fine di permetterne il ri-utilizzo da parte di un soggetto privato o pubblico. 4. I poteri e le facoltà connessi al ri-utilizzo spettano unicamente al titolare del dato.”
5.3 – Le licenze open-access
221
della Pubblica Amministrazione, cioè come semplice dichiarazione delle condizioni
d’uso applicate qualora la richiesta effettuata ex commi 2 e 3 venga accolta, una
prospettiva di certo inversa rispetto alla idea di libera disponibilità dei dati concessa
a priori con il metodo della apertura.
Rispetto alle limitazioni che tipicamente caratterizzano il ri-utilizzo delle
informazioni del settore pubblico come definito in via generale dal d.lgs. 36/2006,
per i dati obbligatoriamente pubblici perché assoggettati al regime di trasparenza
totale del d.lgs 33/2013 vengono meno i difetti di tale regime (ovvero il fatto di
dipendere da scelte delle singole pubbliche amministrazioni, di rimanere fossilizzati
nel formato in cui si trovano e di essere assoggetti a licenze anche eccessivamente
onerose) poiché i dati così individuati sono pubblicati in formato di tipo aperto e ri-
utilizzabili senza restrizioni (se non sulla base dei limitatissimi vincoli propri delle
esperienze di Creative Commons) per legge.
Così mentre l’art. 68 CAD indica in positivo il contenuto della licenza sulla cui base
saranno diffusi i dati e destinata a regolarne i termini del rilascio (anche per finalità
commerciali), l’art. 7 del d.lgs. 33/2013 – che richiama integralmente (sia pure con
qualche dubbio interpretativo, già risolto però dalla dottrina) quanto previsto dal
primo – compie la medesima operazione in negativo escludendo le licenze che
impongano eccessive limitazioni e individuando le uniche clausole restrittive che
devono essere osservate dai destinatari per poter ri-utilizzare il dato, ovvero
rispettare la integrità dei dati e citare la fonte (perciò ogni restrizione diversa da
quelle consentite debba ritenersi vietata)545; ne consegue che nel caso in cui il data-
set rientri tra le categorie descritte dal Decreto Trasparenza (e la maggior parte dei
dati territoriali gestiti delle pubbliche amministrazioni lo fanno) la cerchia di licenze
utilizzabili si restringe notevolmente lasciando fuori dal suo novero tutte quelle
ispirate al modello share-alike nonché quelle ispirate a quello non-commercial,
perciò utilizzando come riferimento la lista delle 4 clausole Creative Commons
(tralasciando le loro combinazioni) restano utilizzabili solamente la attribution e la
545 E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in “Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014 (p. 195-215)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
222
no derivative works, pur rimanendo sempre possibile un rilascio ancor più libero e
radicale attraverso l’opzione del waiver “CC zero”.
Tale regime ai sensi del rinnovato art. 52 CAD (dal d.l. 179/2012) viene applicato a
tutti i dati pubblicati nei siti istituzionali salvo che le pubbliche amministrazioni non
esplicitino espressamente la adozione di una specifica licenza, ma anche in
quest’ultimo caso la discrezionalità dei gestori pubblici (sull’an e sul quomodo dei
termini d’uso ad hoc) è limitata dalla necessità di dimostrarne – motivandola – la
coerenza con i criteri definiti dalle linee-guida stabilite dalla Agenzia per l’Italia
Digitale546; questo articolo nella sua nuova formulazione si pone come una norma di
portata davvero rivoluzionaria perché con esso viene fissato il principio dei dati
aperti salvo espressa diversa previsione (spesso indicata con la formula inglese
“open-data by default”), secondo cui tutti i dati prodotti dalle pubbliche
amministrazioni – qualora non siano rilasciati con specifici termini d’uso – vengono
considerati alla stregua di quelli licenziati in modalità aperta.
Così facendo si inverte la situazione ordinaria rispetto a quanto normalmente
previsto nelle norme precedenti (ovvero la direttiva europea e il relativo decreto di
recepimento), infatti ora l’opzione standard è che i dati vengano resi disponibili
gratuitamente o ai costi marginali sostenuti esclusivamente per la loro riproduzione,
mentre per effettuare eccezioni a questa previsione è necessaria una specifica
deliberazione della Agenzia per l’Italia Digitale; se prima della riforma apportata dal
d.l. 179/2012 per liberare effettivamente un data-set era necessaria una specifica
volontà da parte della Pubblica Amministrazione (sotto forma della applicazione di
una licenza), ora la inerzia delle istituzioni pubbliche implica una automatica
situazione di libertà del ri-uso dei dati, ancor più pressante nel caso dei documenti
sottoposti alla pubblicazione obbligatoria ai sensi del d.lgs. 33/2013 (principio simile
a quello caratterizzante l’istituto del silenzio-assenso).
546 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 180-200)
5.3 – Le licenze open-access
223
Tuttavia è da notare che con la introduzione della regola “open-data by default” non
ci si vuole sostituire alle singole pubbliche amministrazioni titolari dei dati
effettuando una sorta di licenziamento a priori, ma semplicemente porre le
condizioni per rimediare e sfruttare positivamente la eventuale inerzia degli organi
pubblici nel rilascio dei dati; d’altronde il combinato disposto degli art. 52 e 68 CAD
non crea alcuna situazione di pubblico dominio generalizzato, ma piuttosto una
sorta di presunzione di licenziamento aperto grazie alla quale in mancanza di
specifici termini d’uso gli utenti possono considerare i dati come se fossero
pubblicati sotto un modello open.547
In realtà, se è vero che stante il dettato dell’articolo il regime open-data si applicava
già by default ai contenuti resi disponibili mediante i portali web della Pubblica
Amministrazione, le disposizioni del d.lgs. 33/2013 non apportano alcuna novità
rilevante in proposito ma comportano solamente alcuni – pur significativi – effetti
secondari, del quale senza dubbio alcuno il più importante può essere ricondotto alla
evenienza che il ri-utilizzo dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi
della normativa vigente costituisce ora la ratio di un diritto di conoscibilità assistito
da una misura di tutela specifica (il diritto di accesso civico).548
In effetti un problema concreto che si trova ad affrontare il settore pubblico è
relativo al fatto che – generalmente – i cittadini non hanno le competenze tecniche
necessarie per un uso consapevole dei dati degli enti pubblici e che molto spesso
quest’ultimi non danno indicazioni chiare in tal senso; perciò la distribuzione delle
informazioni nel pubblico dominio è senza dubbio tra le varie opzioni disponibili
quella che garantisce la completa apertura dei dati nel breve come nel lungo periodo,
tuttavia esistono altre soluzioni facilmente percorribili grazie alle quali i diritti sulla
547 S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati aperti”, Ledizioni, Milano, 2014 (p. 14-87) 548 B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (p. 2-156)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
224
informazione vengono ceduti – in tutto o in parte – alla comunità (una di queste è la
adozione di licenze pre-determinate).549
Per questo motivo tanto a livello di fonti europee quanto nazionali sono stati
formulati strumenti sia tecnici che giuridici per ovviare alle difficoltà sorte
nell’individuare le condizioni di legittimità per il ri-uso dei dati pubblici, laddove la
direttiva sul ri-utilizzo delle informazioni del settore pubblico consiglia – in primis –
la predisposizione di licenze standard. 550
Ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 36/2006 per licenza si intende il contratto – o qualsiasi
altro strumento negoziale – redatto ove possibile in forma elettronica, nel quale
sono definite le modalità di ri-utilizzo dei documenti delle pubbliche
amministrazioni o degli altri organismi di diritto pubblico; nella pratica il movimento
open-data fa appello all’uso di quelle licenze che rendano il più possibile flessibile il
ri-utilizzo delle informazioni del settore pubblico dando al pubblico il permesso
implicito di prendere i dati e di ri-usarli liberamente.551
Proprio a questo proposito soccorre il fenomeno delle licenze open, ossia quelle
concessioni “copy-left” che hanno trovato una loro fortunata prima applicazione
proprio nell’ambito informatico e che si sono poi sviluppate per le indubbie
potenzialità dimostrate in maniera virale in tutti i settori che riguardano l’intero
ambiente digitale; lo strumento delle licenze aperte permette di rendere – di fatto –
maggiormente agevole la accessibilità ai dati, poiché la collaborazione così intesa
sviluppa da un lato una forma di democrazia diretta attraverso la partecipazione
attiva del cittadino al governo, dall’altro lato opera una trasformazione determinante
anche da un punto di vista strettamente economico. 552
549 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 550 E. Bassi, “PSI, protezione dei dati personali e anonimizzazione”, in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 551 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132) 552 M.C. De Vivo, A. Polzonetti e P. Tapanelli, “Open data, business intelligence e governance nella pubblica amministrazione” in D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011
5.3 – Le licenze open-access
225
Queste si trattano di licenze in cui il titolare dei diritti d’autore rinnega la espressione
“tutti i diritti riservati” mentre accetta quella di “alcuni diritti riservati”, dunque la
esigenza di una libera circolazione della cultura prevale sul mantenimento di tutte le
esclusive che il copyright conferisce di regola al creatore della opera; in questo modo
i dati si aprono alla comunità del web per diventare mattoni di una più elevata
cultura della collaborazione, siccome grazie a ogni singolo dato messo in comune si
possono realizzare nuove e più complesse opere utilizzando una intelligenza diffusa
che può raggiungere più ambiziosi obiettivi rispetto a quelli che il singolo può
raggiungere.553
Occorre specificare che la Pubblica Amministrazione può ritenersi titolare del dato
solo quando lo abbia creato direttamente oppure lo abbia commissionato a un altro
soggetto, in tutti gli altri casi qualora l’ente – oltre a usarli nell’ambito dei compiti
istituzionali a esso affidati – abbia intenzione di pubblicare dati formati da altre
organi pubblici o dai privati potrà legittimamente farlo solo ottenendo dal soggetto
titolare la apposita licenza che lo consenta (ovviamente al di fuori dalla esecuzione di
specifici obblighi di legge).554
In questo modo è possibile che il titolare offra termini di licenza a una pluralità
indistinta di soggetti (definita perciò come pubblica) senza richiedere né compensi
né formalità di accettazione, laddove tale meccanismo prende il nome di “licenza
aperta” mutuando la nomenclatura di open-source usata nell’ambito del software;
nell’open-licensing i 2 soggetti assumono sempre il ruolo rispettivamente di
licenziante (ovvero colui che detenendo i diritti sull’opera vi applica la licenza) e di
licenziatario (ovvero colui che ricevendo il prodotto lo utilizza nel rispetto delle
eventuali condizioni espresse dai termini d’uso).
553 G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda digitale”, Aracne, Roma, 2014 (p. 31-52) 554 Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi, Roma, 2012 (a cura di A. Cornero)
5 – La struttura degli open-data: la materiale diffusione delle informazioni pubbliche
226
Le più usate tra questo tipo di licenze sono tipicamente i Creative Commons555
(spesso indicati con l’acronimo “CC”) pensati per essere comprensibili anche da
utenti che non abbiano specifiche competenze giuridiche e le cui condizioni di
utilizzo sono molto semplificate, in modo così da incentivare i titolari delle opere a
condividerli con la collettività; è importante sottolineare come queste coprano
diversi livelli di ri-usabilità al fine di poter soddisfare qualsiasi esigenza del titolare
(anche tramite le loro combinazioni), così la clausola “attribuzione” pone come
unica condizione che sia riconosciuto esplicitamente l’autore della opera originale,
quella “non-commerciale” non consente l’uso strettamente economico del prodotto
a cui è apposto, quella “non opere derivate” non consente di modificare in alcun
modo l’originale in modo da poterne ottenere uno proveniente da esso, e infine
quella “condividi allo stesso modo” impone di redistribuire il lavoro ottenuto dalla
elaborazione di quello autentico alle stesse condizioni previste originariamente da
questo.
I sostenitori del movimento open-data insistono – come già detto – affinché gli enti
pubblici distribuiscano i dati con licenze aperte che siano più permissive possibile,
come a esempio la licenza “attribuzione” e “no opere derivate”, viceversa le clausole
“non-commerciale” e “condividi allo stesso modo” impongono eccessive restrizioni
(quelle richiamate dall’art. 7 del d.lgs. 33/2013) che non sempre vanno incontro alle
esigenze della comunità, laddove con questo termine ci si riferisce non soltanto ai
cittadini ma anche alle imprese che per sviluppare nuovi servizi a partire da questi
dati necessitano di incentivi anche economici.556
Tuttavia l’autore di una database che volesse rilasciarlo immediatamente in un
regime di massima libertà (come se fosse già caduto nel pubblico dominio)
sostanzialmente può effettuare una dichiarazione pubblica in cui – in modo
inequivocabile – si impegna a rinunciare all’esercizio di tutti i diritti d’autore – tranne
quelli morali, per ovvi motivi – attribuitigli dalla legge; dal punto di vista giuridico
555 Creative Commons, “Licences”, https://creativecommons.org/licenses 556 F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa, 2010 (p. 59-132)
5.3 – Le licenze open-access
227
questa non si tratta di una vera e propria licenza bensì di una rinuncia (denominata
“waiver CC0”).557
A tal proposito in Italia è stata coniata la IODL558 (Italian Open Data Licence) che è
un contratto di licenza aperta creata da Formez PA allo scopo precipuo di dare a
tutte le pubbliche amministrazioni italiane uno strumento certificato in grado di
facilitare la diffusione e il ri-utilizzo delle informazioni del settore pubblico; questa
open-license – il cui uso è già raccomandato nelle linee-guida per i siti web della
Pubblica Amministrazione che già avevano posto in primo piano la responsabilità
delle istituzioni nel rendere disponibili i propri dati in modalità digitale – prevede
che l’utente possa liberamente usare, condividere e modificare i dati contenuti così
pubblicati oppure creare un lavoro derivato che le utilizzi come base dati, in cambio
a chi ne fruisce è chiesto soltanto di indicare la fonte dei dati (attribuzione) e
trasmettere gli eventuali lavori derivati con la stessa licenza (condividi allo stesso
modo) o con altra licenza aperta ritenuta compatibile (con questa espressione
solitamente si fa riferimento ai ben più diffusi Creative Commons).559
Attualmente la versione della IODL in vigore è la 2.0560, laddove essa chiarisce che è
possibile creare un lavoro derivato – esercitando i diritti sopra elencati – anche
attraverso la combinazione con altri dataset (cosiddetto “mashup”) a condizione di
indicare la fonte delle informazioni (includendo se possibile una copia di questa
licenza), non ri-utilizzare i dati in un modo che suggerisca che le loro rielaborazioni
“amatoriali” abbiano carattere di ufficialità e prendere ogni misura ragionevole
affinché gli usi innanzi consentiti non traggano in inganno altri soggetti e le
informazioni medesime non vengono traviate.561
557 S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati aperti”, Ledizioni, Milano, 2014 (p. 14-87) 558 Formez PA, “Italian Open Data Licence 1.0”, http://www.formez.it/iodl 559 A. Rocchi, “Nuovi modelli organizzativi nella pubblica amministrazione: dall’e-government all’open data”, in “Università”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015 (p. 7-37) 560 Governo italiano, “Italian Open Data Licence 2.0” http://www.dati.gov.it/iodl/2.0 561 G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda digitale”, Aracne, Roma, 2014 (p. 31-52)
Conclusioni
228
Conclusioni
Alla fine di questa trattazione possiamo tirare le somme di quello che è stato il filone
unico che ha percorso – collegandoli – tutti i capitoli della tesi, ovvero la impellente
esigenza di una nuova Pubblica Amministrazione trasparente e al contempo
partecipata come miglior metodo per poter garantire una sua maggiore efficienza.
Invero una gestione della cosa pubblica agevolmente verificabile da chiunque e in
qualsiasi momento (anche se poi nella maggioranza dei casi questa funzione di
vigilanza verrà messa in pratica dai giornalisti, che ormai agiscono come cani da
guardia per la società civile) consente nel caso concreto di porre rimedio in maniera
veloce ed efficace ai possibili malfunzionamenti del sistema, conferendo anche un
maggior senso di consapevolezza al cittadino; il successo di questo tipo di
sorveglianza sulle imperfezioni (o vere e proprie avarie) che intaccano il governo
pubblico è più che mai evidente soprattutto quando quest’ultime non siano dovute a
meri errori fisiologici delle istituzioni pubbliche ma bensì a quelli patologici, ovvero
determinati con “dolo” da qualcuno al suo interno (solitamente in posizione apicale)
al fine di trarne profitto per sé o per altri con i conseguenti danni indiretti verso il
resto della comunità, perciò – a maggior ragione – la conoscibilità estesa fungerebbe
anche da deterrente vista la maggiore possibilità di identificare immediatamente i
responsabili.
Un esempio eclatante dei vantaggi che potrebbe arrecare la adozione a pieno regime
del nuovo modello amministrativo di open-government è offerto dal caso mediatico
che attualmente sta coinvolgendo la intera opinione pubblica nazionale e che
appunto è stato denominato “lo scandalo Affittopoli” a Roma (ma in realtà
scoppiato anche qualche anno prima a Milano), dove si è scoperto che centinaia di
immobili di proprietà del Comune sono stati affidati in locazione o in affitto per
cifre ben inferiori al prezzo di mercato (alcune volte addirittura irrisorie) a
beneficiari ritenuti idonei secondi non meglio precisati criteri, laddove la completa
5.3 – Le licenze open-access
229
trasparenza rispetto alla loro assegnazione avrebbe evitato di certo questo ingente
spreco di risorse pubbliche (quantificato sull’ordine delle centinaia di milioni di
euro).
Peraltro emerge in questo caso – ma è da sempre proprio dell’ordinamento italiano
– anche la considerazione che per migliorare la Pubblica Amministrazione non basta
solamente “fare le leggi” che ne regolino la condotta in maniera dettagliata senza poi
predisporre gli opportuni accorgimenti per far sì che queste vengano effettivamente
applicate, difatti si scopre che – sempre riguardo a questa vicenda – grazie al già
visto Decreto Trasparenza tutti questi dati – solo in teoria – “pubblici” dovevano
essere già da anni resi completamente accessibili online sull’apposito sito
istituzionale del Comune, ma ciò non è stato reso possibile fin quando un
consigliere comunale (dopo essere stata portata all’ordine del giorno una delibera
con cui la Giunta cercava di portare liquidità nelle casse locali grazie alla vendita di
svariati appartamenti di proprietà della città, su cui avrebbero dovuto votare
sostanzialmente a scatola chiusa) non si è recato personalmente al dipartimento del
patrimonio del comune di Roma portando alla luce la situazione che noi tutti ben
conosciamo.
Alla luce di questa disamina non ci sono più scuse per ritardare – ancora – questo
processo di apertura della amministrazione italiana, tanto più che questa moderna
esigenza è concisa con un favorevole periodo storico in cui la innovazione
tecnologica la fa da padrona e che fornisce al governo innumerevoli strumenti con
cui informare al meglio la comunità, in modo da formare una sorta di “cittadinanza
attiva” in cui ogni singolo amministrato può partecipare concretamente alla gestione
della cosa pubblica tramite un controllo diffuso oppure la propria interessata
partecipazione.
Bibliografia
230
Bibliografia
Capitolo 1 – Il Codice della Amministrazione Digitale: la
informatizzazione della Pubblica Amministrazione
Fonti normative (in ordine cronologico):
- Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 (art. 117)
- Legge 7 agosto 1990 n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” (art. 22)
- Decreto legislativo 24 luglio 1992 n. 358, “Testo unico delle disposizioni in materia
di appalti pubblici di forniture” (art. 10)
- Decreto legislativo 12 febbraio 1993 n. 39, “Norme in materia di sistemi
informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche” (art. 4)
- Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 settembre 1995, “Rete
unitaria della pubblica amministrazione”
- Legge 31 dicembre 1996 n. 675, “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
trattamento dei dati personali”
- Legge 15 marzo 1997 n. 59, “Delega al governo per il conferimento di funzioni e
compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e
per la semplificazione amministrativa” o “Bassanini-semel”
- Decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, “Definizione ed ampliamento delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti
5.3 – Le licenze open-access
231
di interesse comune delle Regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza
Stato - città ed autonomie locali”
- Decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997 n. 513, “Regolamento
recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di
documenti con strumenti informatici e telematici”
- Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, “Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa”
- Decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (art. 1)
- Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 27 settembre 2001, “Istituzione
del Dipartimento per la innovazione e le tecnologie”
- Legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, “Modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione”
- Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, “Codice in materia di protezione dei
dati personali” (o “Codice della privacy”)
- Legge 29 luglio 2003 n. 229, “Interventi in materia di qualità della regolazione,
riassetto normativo e codificazione” o “Legge di semplificazione 2001” (art. 10)
- Decreto legislativo 28 febbraio 2005 n. 42, “Istituzione del Sistema pubblico di
connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione”
- Decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, “Codice della amministrazione digitale” (in
particolare art. 2 e 14)
- Decreto legislativo 4 aprile 2006 n. 159, “Disposizioni integrative e correttive al
Codice della amministrazione digitale” (art. 6)
Bibliografia
232
- Legge 18 giugno 2009 n. 69, “Disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” (art. 33 e 36)
- Decreto legislativo 1 dicembre 2009 n. 177, “Riorganizzazione del Centro
nazionale per la informatica nella pubblica amministrazione”
- Decreto legislativo 30 dicembre 2010 n. 235, “Modifiche ed integrazioni al decreto
legislativo 7 marzo 2005 n. 82, recante Codice della amministrazione digitale, a
norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009 n. 69” (in particolare art. 2, 10, 57
e le modifiche agli articoli del CAD sopraindicati)
- Decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, “Misure urgenti per la crescita del Paese”
5.3 – Le licenze open-access
233
Giurisprudenza (in ordine cronologico):
- Sentenza della Corte costituzionale 16 gennaio 2004 n. 17
- Sentenza della Corte costituzionale 26 gennaio 2005 n. 31
Bibliografia
234
Dottrina (in ordine alfabetico per autore):
- G. S. Alemanno, “Il codice della amministrazione digitale: adempimenti e lettura guidata delle
norme”, CEL, Bergamo, 2011
- M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione
digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008
- E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della
amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli,
Santarcangelo di Romagna, 2009
- E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”,
in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (con prefazione di
F. Merloni e contributi di T. Alleori)
- G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale:
commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”,
Giuffrè, Milano, 2005 (con commenti di M. Pietrangelo e D. Marongiu)
- P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice
della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano,
2007 (con prefazione di E. De Giovanni)
- I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le
tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in
Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago-Milanofiori, 2011
- M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto
legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori,
Napoli, 2006 (con prefazione di A. Di Amato)
5.3 – Le licenze open-access
235
Contributi (in ordine alfabetico per autore):
- Agenzia per l’Italia Digitale, “Agenzia per l’Italia Digitale”,
http://www.agid.gov.it/agid, 2015
- E. Belisario, “Ecco il CAD 2.0: pubblicate in gazzetta ufficiale le nuove norme per la
digitalizzazione della PA italiana”, http://www.forumpa.it/pa-digitale/ecco-il-cad-2-
dot-0-pubblicate-in-gazzetta-ufficiale-le-nuove-norme-per-la-digitalizzazione-della-
pa-italiana, 2011
- Camera, “Informatizzazione della pubblica amministrazione” in “Temi della attività
parlamentare” della XVI legislatura,
http://leg16.camera.it/465?area=28&tema=70&Informatizzazione+della+pubblica
+amministrazione, 2012
- DigitPA, “Il nuovo CAD: manuale d’uso”, Forum PA, Italia, 2011 (con premessa di R.
Brunetta)
- Formez.pa, “Scheda introduttiva al codice della amministrazione digitale CAD”,
egov.formez.it/sites/all/files/1_intro_cad.pdf, 2013
- EticaPA, “Codice della amministrazione digitale”, www.eticapa.it/eticapa/wp-
content/uploads/2013/01/codice-amministrazione-digitale.pdf, 2013
- L. Spallino, “Il codice della amministrazione digitale: le tecnologie al servizio del cittadino e
della pubblica amministrazione”, http://www.webimpossibile.net/06/28.11.06.htm,
2006
Bibliografia
236
Capitolo 2 – La trasparenza amministrativa nel Codice della
Amministrazione Digitale: i dati delle amministrazioni
pubbliche
Fonti normative (in ordine cronologico):
- Codice penale italiano del 1930 (art. 328)
- Codice civile italiano del 1942 (art. 2043)
- Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 (art. 97)
- Legge 7 agosto 1990 n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” (art. 22, 24 e 26)
- Decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992 n. 352, “Regolamento per
la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai
documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24 comma 2 della legge 7 agosto
1990 n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi”
- Legge 7 giugno 2000 n. 150, “Disciplina delle attività di informazione e di
comunicazione delle pubbliche amministrazioni”
- Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2000, “Regole
tecniche per il protocollo informatico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 20 ottobre 1998 n. 428”
- Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, “Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa” (art. 43, 59 e 60)
- Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, “Codice in materia di protezione dei
dati personali” (o “Codice della privacy”) (art. 4, 18 e 19)
5.3 – Le licenze open-access
237
- Legge 29 luglio 2003 n. 229, “Interventi in materia di qualità della regolazione,
riassetto normativo e codificazione” o “Legge di semplificazione 2001” (art. 10 e 18)
- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/CE del 17 novembre 2003,
“Ri-utilizzo della informazione del settore pubblico” (art. 1 e 2)
- Decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, “Codice della amministrazione digitale” (in
particolare art. 1, 3, 4, 12, 68, 71 e Capo V – “Dati delle pubbliche amministrazioni e
servizi in rete”, nello specifico Sezione I – “Dati delle pubbliche amministrazioni” e
Sezione II – “Fruibilità dei dati” [artt. 50 – 62-ter])
- Decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36, “Attuazione della direttiva 2003/98/CE
relativa al ri-utilizzo di documenti nel settore pubblico” (art. 1 e 2)
- Decreto legislativo 4 aprile 2006 n. 159, “Disposizioni integrative e correttive al
Codice della amministrazione digitale”
- Legge 18 giugno 2009 n. 69, “Disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” (art. 23)
- Decreto legislativo 30 dicembre 2010 n. 235, “Modifiche ed integrazioni al decreto
legislativo 7 marzo 2005 n. 82, recante Codice della amministrazione digitale, a
norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009 n. 69” (in particolare le modifiche
agli articoli del CAD sopraindicati)
- Decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, “Ulteriori misure urgenti per la crescita del
Paese” (o “Decreto crescita 2.0”)
- Legge 17 dicembre 2012 n. 221, “Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita
del Paese”
- Decreto legislativo 15 maggio 2015 n. 102, “Attuazione della direttiva
2013/37/UE che modifica la direttiva 2003/98/CE, relativa al ri-utilizzo della
informazione del settore pubblico”
Bibliografia
238
Giurisprudenza (in ordine cronologico):
- Sentenza a sezioni unite civili della Corte di Cassazione 22 luglio 1999 n. 500
- Sentenza della 3^ sezione civile della Corte di Cassazione 9 febbraio 2004 n. 2424
5.3 – Le licenze open-access
239
Dottrina (in ordine alfabetico per autore):
- M. Atelli – S. Aterno – A. Cacciari – R. Cauteruccio, “Codice della amministrazione
digitale: commentario”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, 2008
- E. Belisario, “La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al Codice della
amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009”, in “Progetto ente locale”, Maggioli,
Santarcangelo di Romagna, 2009
- E. Carloni, “Codice della amministrazione digitale: commento al d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82”,
in “I codici Maggioli”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005 (con prefazione di
F. Merloni e contributi di T. Alleori)
- G. Cassano – C. Giurdanella, “Il codice della pubblica amministrazione digitale:
commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005”, in “Diritto e pratica professionale”,
Giuffrè, Milano, 2005 (con commenti di S. Tatti, E. Belisario, E. Guarnaccia, N.
Lettieri, M. Martoni e M.A.L. Mazzola)
- P. Giacalone, “La normativa sul governo elettronico: dal decreto legislativo 39/93 al Codice
della amministrazione digitale”, in “Collana di informatica”, Franco Angeli, Milano,
2007 (con prefazione di E. De Giovanni)
- I. Macrì – U. Macrì – G. Pontevolpe, “Il nuovo codice della amministrazione digitale: le
tecnologiche informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso aggiornate al d.lgs. 235/2010”, in
Leggi d’Italia professionale, Ipsoa, Assago-Milanofiori, 2011
- M. Quaranta, “Il codice della pubblica amministrazione digitale: commento ragionato al decreto
legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche”, in “Quaderni di deco”, Liguori,
Napoli, 2006 (con prefazione di A. Di Amato)
Bibliografia
240
Contributi (in ordine alfabetico per autore):
- DigitPA, “Il nuovo CAD: manuale d’uso”, Forum PA, Italia, 2011 (con premessa di R.
Brunetta)
- Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, “Nuovo codice della
amministrazione digitale”, http://www.funzionepubblica.gov.it/lazione-del-
ministro/cad/nuovo-codice-dellamministrazione-digitale.aspx, 2011
5.3 – Le licenze open-access
241
Capitolo 3 – La nuova trasparenza amministrativa del decreto
legislativo 33/2013: una conoscibilità effettiva
Fonti normative (in ordine cronologico):
- Codice penale italiano del 1930 (art. 326)
- Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 (art. 1, 3, 21, 24, 97, 111, 113 e
118)
- Codice di procedura penale italiano del 1988 (art. 201)
- Legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, “Inserimento dei principi del giusto
processo nell'articolo 111 della Costituzione”
- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 46/CE del 24 ottobre 1995,
“Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché
alla libera circolazione di tali dati” (art. 7)
- Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, “Codice in materia di protezione dei
dati personali” (o “Codice della privacy”) (art. 3, 20 e 26)
- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/CE del 17 novembre 2003,
“Ri-utilizzo della informazione del settore pubblico”
- Decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36, “Attuazione della direttiva 2003/98/CE
relativa al ri-utilizzo di documenti nel settore pubblico”
- Legge 3 agosto 2007 n. 124, “"Sistema di informazione per la sicurezza della
Repubblica e nuova disciplina del segreto”
- Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 27 novembre
2008, “Semplificazione delle misure di sicurezza contenute nel disciplinare tecnico di
cui all'Allegato B al Codice in materia di protezione dei dati personali”
Bibliografia
242
- Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, “Riordino della disciplina riguardante gli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni” o “Decreto trasparenza” (in particolare art. 1, 2, 3, 4, 5,
8 e 9)
- Direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo 37/UE del 26 giugno 2013,
“modifica alla direttiva 2003/98/CE relativa al ri-utilizzo della informazione del
settore pubblico”
5.3 – Le licenze open-access
243
Giurisprudenza (in ordine cronologico):
- Sentenza della Corte costituzionale 22 febbraio 1962 n. 13
- Sentenza della 5^ sezione del Tribunale Amministrativo Regionale Campania 13
luglio 2006 n. 7475
- Sentenza della 5^ sezione del Consiglio di stato 23 marzo 2009 n. 1748
- Sentenza della Corte di giustizia 20 novembre 2013 n. 5515
Bibliografia
244
Dottrina (in ordine alfabetico per autore):
- E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in
“Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014
- F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa,
2010
F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in
“Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”,
Mucchi, Modena, 2014
- B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della
normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”,
Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (con testi di F. Merloni, E. Carloni e C.
Cudia)
- D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-
2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 (con testi di M. Alovisio, E. Bassi e M.T. Sagri)
5.3 – Le licenze open-access
245
Capitolo 4 – Il modello di open-government: la partecipazione
come rimedio
Fonti normative (in ordine cronologico):
- Freedom of information act del 4 luglio del 1966 degli Stati Uniti d’America
- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/CE del 17 novembre 2003,
“Ri-utilizzo della informazione del settore pubblico”
- Decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, “Codice della amministrazione digitale”
(art. 7 e 63)
- Decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36, “Attuazione della direttiva 2003/98/CE
relativa al ri-utilizzo di documenti nel settore pubblico”
- Memorandum for the heads of executive departments and agencies del 21 gennaio
2009, “Transparency and open government” dal Presidente degli Stati Uniti
d’America Barack Hussein Obama
- Memorandum for the heads of executive departments and agencies del 8 dicembre
2009, “Open government directive” dal Presidente degli Stati Uniti d’America
Barack Hussein Obama
- Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, “Riordino della disciplina riguardante gli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni” o “Decreto trasparenza” (in particolare art. 7)
Bibliografia
246
Dottrina (in ordine alfabetico per autore):
- S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati
aperti”, Ledizioni, Milano, 2014
- G. Armao, “Open government: trasparenza totale ed applicazione nella regione siciliana”, in
“Studi su politica, storia e istituzioni 6/2014”, Università degli Studi di Palermo,
Palermo, 2014
- E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in
“Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014
- G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda
digitale”, Aracne, Roma, 2014
- M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte
per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (con
prefazione di F. Marzano)
- F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa,
2010
- F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in
“Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”,
Mucchi, Modena, 2013
- F. Faini, “Trasparenza, apertura e controllo democratico della amministrazione pubblica”, in
“Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 15 n. 50 (1/2014)”,
Mucchi, Modena, 2014
- B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della
normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”,
Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (con testi di F. Merloni, E. Carloni e C.
Cudia)
5.3 – Le licenze open-access
247
- L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-
3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013
- D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-
2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 (con testi di R. Pennazio – P. Rossi, E. Bassi,
M.C. De Vivo - A. Polzonetti - P. Tapanelli, F. Marzano, T. Agnoloni e M.T. Sagri)
Bibliografia
248
Contributi (in ordine alfabetico per autore):
- Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche
amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi,
Roma, 2012 (a cura di A. Cornero)
5.3 – Le licenze open-access
249
Capitolo 5 – La struttura degli open-data: la materiale
diffusione delle informazioni pubbliche
Fonti normative (in ordine cronologico):
- Decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, “Codice della amministrazione digitale” (in
particolare art. 52 e 68)
- Decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36, “Attuazione della direttiva 2003/98/CE
relativa al ri-utilizzo di documenti nel settore pubblico” (art. 2 e 5)
- Memorandum for the heads of executive departments and agencies del 8 dicembre
2009, “Open government directive” dal Presidente degli Stati Uniti d’America
Barack Hussein Obama
- Decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, “Ulteriori misure urgenti per la crescita del
Paese” (o “Decreto crescita 2.0”)
- Memorandum for the heads of executive departments and agencies del 9 maggio
2013, “Open data policy” dal Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Hussein
Obama
- Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, “Riordino della disciplina riguardante gli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni” o “Decreto trasparenza” (in particolare art. 6 e 7)
- Executive order del 9 maggio 2013, “Making open and machine readable the new
default for government information” dal Presidente degli Stati Uniti d’America
Barack Obama
Bibliografia
250
Dottrina (in ordine alfabetico per autore):
- S. Aliprandi, “Il fenomeno open data: indicazioni e norme per un mondo di dati
aperti”, Ledizioni, Milano, 2014
- G. Armao, “Open government: trasparenza totale ed applicazione nella regione siciliana”, in
“Studi su politica, storia e istituzioni 6/2014”, Università degli Studi di Palermo,
Palermo, 2014
- E. Carloni, “La amministrazione aperta: regole, strumenti e limiti dell’open government”, in
“Orizzonti del diritto pubblico”, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014
- G.A. Cavaliere, “Open Data”, in “La nuova pubblica amministrazione: i principi dell’agenda
digitale”, Aracne, Roma, 2014
- M. Colucciello, N. De Chiara, D. Guadagno, V. Todesca, “Open government: proposte
per la pubblica amministrazione”, in “PubblicaMente”, Cuzzolin, Napoli, 2012 (con
prefazione di F. Marzano)
- F. Di Donato, “Lo stato trasparente: linked open-data e cittadinanza attiva”, ETS, Pisa,
2010
- F. Faini, “La strada maestra dell’open government: presupposti, obiettivi e strumenti”, in
“Ciberspazio e diritto: internet e le professioni giuridiche v. 14 n. 48 (2/2013)”,
Mucchi, Modena, 2013
- B. Ponti, “La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33: analisi della
normativa, impatti organizzativi ed indicazioni operative”, in “Progetto ente locale”,
Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013 (con testi di F. Merloni, E. Carloni e C.
Cudia)
- A. Rocchi, “Nuovi modelli organizzativi nella pubblica amministrazione: dall’e-government
all’open data”, in “Università”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015
- L. Sartori, “Open government: what else?”, in “Le istituzioni del federalismo (2-
3/2013)”, Maggioli, Rimini, 2013
5.3 – Le licenze open-access
251
- D. Tiscornia, “Open data e ri-uso dei dati pubblici”, in “Informatica e diritto 1-
2/2011”, Le Monnier, Firenze, 2011 (con testi di D. Tiscornia, E. Bassi, M.C. De
Vivo - A. Polzonetti - P. Tapanelli, F. Marzano, T. Agnoloni e G. Rizzo - F.
Morando - J.C. De Martin)
Bibliografia
252
Contributi (in ordine alfabetico per autore):
- Creative Commons, “Licences”, https://creativecommons.org/licenses
- Formez PA, “Open data: come rendere aperti i dati delle pubbliche
amministrazioni”, in “Linee guida per i siti web delle PA: vademecum”, Gangemi,
Roma, 2012 (a cura di A. Cornero)
- Formez PA, “Italian Open Data Licence 1.0”, http://www.formez.it/iodl
- Governo Italiano, “Italian Open Data Licence 2.0”
http://www.dati.gov.it/iodl/2.0
- The Open Government Data, “The annotated 8 principles of open government
data”, https://opengovdata.org
- The Open Knowledge Foundation, “The open data handbook”,
http://opendatahandbook.org/guide/it
“I principi dell'Open-Government: gli obblighi di trasparenza della Pubblica Amministrazione” del Dott.
Ruggero Davide Labruna è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.