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Approfondimenti periodici sui temi del marketing, della comunicazione e del design. Ogni nuova stagione, un argomento diverso analizzato da MADFACTORY . MADFACTORY è un’agenzia indipendente di ricerche di marketing e design, attiva nei campi di marketing, ricerche di mercato qualitative, branding e comunicazione visiva. THE PACKAGING ISSUE “L’oggetto è costituito da una serie di contenitori modulati a forma di spicchio, disposti attorno ad un asse centrale verticale, al quale ogni spicchio appoggia il suo lato rettilineo mentre tutti i lati curvi rivolti verso l’esterno, danno nell’insieme come forma globale, una specie di sfera”. BRUNO MUNARI, IL PACKAGING PERFETTO Imballaggio esterno Disposizione esatta e definitiva dei contenitori modulati Seme forma libera Strato di imbottitura WINTER 2013—2014

The Packaging issue | Caffeine | ITA

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Approfondimenti periodici sui temi del marketing, della comunicazione e del design.Ogni nuova stagione, un argomento diverso

analizzato da MADFACTORY.

MADFACTORY è un’agenzia indipendente di ricerche di marketing e design, attiva nei campi di marketing, ricerche di mercato qualitative, branding e comunicazione visiva.

T H E PA C K A G I N G I S S U E

“L’oggetto è costituito da una serie di contenitori modulati a forma di spicchio, disposti attorno ad un asse centrale verticale, al quale ogni spicchio appoggia il suo lato rettilineo

mentre tutti i lati curvi rivolti verso l’esterno, danno nell’insieme come forma globale, una specie di sfera”.

BRUNO MUNARI, IL PACKAGING PERFETTO

Imballaggio esterno

Disposizione esatta e definitiva dei contenitori

modulati

Semeforma libera

Stratodi imbottitura

WINTER 2013—2014

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CAFFEINE2 THE PACKAGING ISSUE

Indice INTRO Il comportamento del consumatore nel punto vendita è finalizzato alla ricerca delle informazioni ma anche delle sensazioni associate al momento di acquisto e alle aspettative di consumo: particolare importanza deve essere dunque attribuita, in fase progettuale, all’efficacia con cui il packaging comunica tutto questo al consumatore finale. Il valore percepito costruisce un’immagine mentale forte, consolidando l’esperienza di acquisto,

di consumo e, quindi, il grado di fidelizzazione verso il prodotto e la marca. Questo numero è dedicato al packaging: un fondamentale strumento di design in mano agli operatori di marketing, in grado di contribuire a informare e a creare conoscenza ma anche, e soprattutto, a costruire l’identità del prodotto e della marca.

3 Il packaging in farmacia: elemento fondamentale nel processo di acquisto e sistema progettuale complesso

6 Vivere un’esperienza: un’immersione sensoriale tra marketing e packaging

14 Funzionalità, estetica e sostenibilità: ecco i paradigmi da seguire nel packaging design

12 Il Packaging e il Natale: quando il prodotto si veste per un’occasione

18 PAK© — PACKAGING AID KIT: il nuovo servizio di MAD FACTORY basato sull'approccio User Centered Design, dedicato alle aziende che desiderano ridefinire o ridisegnare il packaging dei propri prodotti ottimizzando tempi e costi.

16 Music Packaging Design: dall’oggetto all’esperienza

8 Line Extention delle Private Label: una fotografia dello scaffale

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3 CAFFEINETHE PACKAGING ISSUE

adottando gli strumenti di marketing e comunicazione tipici di altri settori. Nell’ambi-to di un marketing mix in con-tinua evoluzione, il packaging in farmacia diventa uno stru-mento per la vendita di qualità: sostiene il prodotto e il mar-

chio nel processo di posizionamento, assu-mendo un ruolo fondamentale nella fase di ac-quisto del cliente.

La farmacia è certamente un luogo difficile per stimolare la vendita, in quanto la relazione con-sumatore-prodotto è generalmente meno confi-

La farmacia: un tempo luogo di cura, dove si cer-cava un rimedio a un male, oggi vero e proprio negozio del benessere, dove è possibile soddi-sfare la tendenza salutista degli italiani. Inseri-ta in un’arena competitiva varia e sovraffollata, la farmacia si è dovuta dunque adeguare a questo nuovo modo di concepire l’acquisto,

Il packaging è diventato un importante elemento distintivo nella scelta dei prodotti. La sua importanza si fa maggiormente sentire laddove le esigenze dei consumatori, gli obblighi legislativi, le richieste di farmacisti e medici e le priorità delle aziende più differiscono

Il packaging in farmacia: elemento fondamentale nel processo di acquisto e sistema progettuale complesso

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4 CAFFEINETHE PACKAGING ISSUE

IL PACKAGING IN FARMACIA: ELEMENTO FONDAMENTALE NEL PROCESSO DI ACQUISTO E SISTEMA PROGETTUALE COMPLESSO

cui scaturiscono. Data l’importanza che il packaging riveste, la sua progettazione dovrebbe adottare il principio dello User Centered Design che pone l’utente (medici, infermieri, farmacisti, pazienti) al centro del processo di progettazione. Non solo analisi e previsione delle mo-dalità di utilizzo del prodotto, ma anche verifica e validazione degli assunti grafici, attraverso verifiche di usabilità e accessibilità.

Esistono diverse tecniche e metodologie legate allo User Centered Design in grado di migliorare e comprendere in profondità l’uten-

denziale e comunicativa: l’ambiente in sé crea una certa formalità e inibizione da parte dei clienti, poco inclini ad avvicinarsi e toc-care i prodotti per studiarne le caratteristiche e leggere le infor-mazioni. Inoltre, la disposizione dei prodotti dietro al banco, oltre all’evidente distanza fisica, si traduce spesso in lontananza emoti-va fino al momento dell’acquisto. Per questa ragione, il packaging rappresenta, se costruito con attenzione, un catalizzatore visivo fondamentale in grado di veicolare l’attenzione del consumatore verso di sé, diventando così un importante supporto per la vendita. La studio e realizzazione del packaging, seppur mai semplice da un punto di vista progettuale, si arricchisce di ulteriore comples-sità qualora si renda necessario trovare la giusta sintonia tra i diversi attori coinvolti, a più livelli, nel processo decisionale: se da un lato il legislatore pone, infatti, vincoli piuttosto rigidi sul pack design, non ammettendo una pubblicità esplicita e diretta, d’altro canto le aziende hanno necessità di guadagnare visibilità rispetto alla concorrenza, cercando di ottenere l’equilibrio tra distintività e coerenza con i propri valori chiave. Medici e farmacisti trovano nel packaging efficace uno strumento utile di supporto al proprio lavoro, in grado di sostenere le caratteristiche commerciali del prodotto ma anche e soprattutto il loro consiglio scientifico, aiu-tando in ultimo il paziente a riconoscere nel prodotto la correttezza delle informazioni fornitegli dal medico/farmacista. Infine ci sono i clienti finali, le cui scelte di acquisto dipendono da un elaborato sistema di fattori razionali ed emotivi difficili da categorizzare: la riconoscibilità delle confezioni, la facilità di manipolarle e la

chiarezza informativa sono i primi segnali di un packaging ben studiato sulle esigenze dei consumatori. A questi impre-scindibili aspetti se ne aggiun-

gono altri, legati alle credenze e alle mappe mentali di ciascuno, alla percezione di sé e degli altri, alla propensione al cambiamento e al grado di coinvolgimento verso il prodotto e la marca. Questo complesso insieme di informazioni si articola in scelte che non sono sempre facili da comprendere, senza conoscerne le origini da

CONVALIDA

DESIGN

SVILUPPODEFINIZIONE

I VANTAGGI DI UN APPROCCIO USER CENTERED DESIGN

⇢ Minor costi di sviluppo del progetto

⇢ Aumento delle revenues⇢ Fidelizzazione del cliente

Medici e farmacisti trovano nel packaging efficace uno strumento utile di supporto al proprio lavoro, in grado di sostenere le caratteristiche commerciali del prodotto ma anche e soprattutto il loro consiglio scientifico

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5 CAFFEINETHE PACKAGING ISSUE

Benché si pensi che lo ucd sia un costo, vi sono stime che indicano che tali processi beneficiano di una rapida focalizzazione sui requisiti e sulle soluzioni giuste.

te a cui è destinato il packaginge i suoi bisogni, supportando il team di designer nella progetta-zione e valutazione della user experience. Card sorting, focus groups, revisioni con esperti, field studies sono solo alcuni esempi delle pratiche più efficaci dell’approccio UCD. Ma, se all’efficacia del processo e certezza dei risultati si vuole aggiungere interazione, innovazione e velocità di risposta, i Participatory Design workshop rappresentano la solu-zione più idonea: poche giornate full time,uno spazio dedicato fuo-ri dagli uffici e un team di moderatori per far incontrare designers, rappresentanti dell’azienda e i clienti finali con l’obiettivo di pro-gettare insieme. Ognuno dà il proprio contributo al fine di creare un packaging in grado di rispondere alle esigenze di costo-benefi-cio dell’azienda e di migliorare l’esperienza di utilizzo per gli utenti.

Inserire lo UCD nel processo di progettazione richiede un cambio di mentalità e procedure nelle aziende, che devono necessa-riamente affrontare le nuove sfide con un approccio più aperto e flessibile, in modo da superare le proprie rigidità consolidate negli anni. Benché si pensi che lo UCD sia un costo, vi sono stime che indicano che tali processi beneficiano di una rapida focalizzazione sui requisiti e sulle soluzioni giuste, evitando lo spreco di risorse e tempo causate dall’allungamento dei processi decisionali e por-tando conseguentemente ad un packaging più efficace ed efficien-te nel tempo. ✖

IL PACKAGING IN FARMACIA: ELEMENTO FONDAMENTALE NEL PROCESSO DI ACQUISTO E SISTEMA PROGETTUALE COMPLESSO

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6 CAFFEINETHE PACKAGING ISSUE

Recenti teorie di marketing pongono la sinestesia in primo piano per quanto riguarda il processo d’acquisto, indotto da una molteplicità di fattori emotivi, psicologici e soggettivi che ne influenzano il percorso di scelta.

Camminando lungo una corsia di supermerca-to, può capitare che l’occhio cada su una bella confezione, colorata, allegra, e che l’impulso sia quello di fermarsi. La si fissa per capirne il conte-nuto, si è visivamente invogliati e tentati.Il naming è grande e giocoso, la foto di un bel bi-scottone dorato con grandi e calde gocce di cioc-colato fa pregustare il momento in cui le papille gustative incontreranno il gustoso dolce.Questa è sinestesia: far sognare ad occhi aperti attraverso una fotografia, far ingolosire grazie alle parole, far assaporare con la mente, creando delle aspettative nel momento stesso in cui si prende in mano un packaging.

Ma cosa è di preciso la sinestesia? La paro-la deriva dal greco, syn (insieme) e aisthanestai (percepire). I significati sono molteplici — fisiolo-gico, psicologico, linguistico — e ruotano intorno

al concetto di conta-minazione dei sen-si nella percezione: indica un fenomeno di sincronismo fun-

zionale di due organi di senso, conseguente alla stimolazione di uno solo dei due. La sinestesia diventa figura retorica nella letteratura: un chia-ro esempio è usato dal poeta ermetico Salvatore Quasimodo nel verso della poesia Alle fronde dei salici quando parla dell’«urlo nero della madre»: la frase, interrotta da due enjambement, contiene la sinestesia “urlo nero” a rappresentazione del dolore atroce e funereo di una madre che scopre il corpo del figlio ucciso. All’urlo viene associa-to un colore, ossia un riferimento visivo anziché uditivo, come invece ci si aspetterebbe dalla de-scrizione di un suono. La scelta di un colore cupo e lugubre è altresì in grado di trasmettere effi-cacemente il senso di angoscia, dolore e agonia provato dalla donna.

Recenti teorie di marketing pongono la sineste-sia in primo piano per quanto riguarda il processo

d’acquisto: in un contesto di mercato in cui i con-sumi rispondono prevalentemente a impulsi ir-razionali, l’acquisto è indotto da una molteplicità di fattori emotivi, psicologici e soggettivi che ne influenzano il percorso di scelta. Le aziende han-no dunque uno strumento potente per costru-ire e consolidare la propria immagine nel-la mente dei consumatori, coinvolgendoli non solo sul piano funzionale e di prodotto, ma anche e soprattutto attraverso la loro sfera sensoria-le, ossia quella più profondamente sensibile agli stimoli esterni. La teoria ha da tempo promosso una visione di marketing più ampia, affiancando a quelli tradizionali, studi sul Marketing Emo-zionale e su quello Poli-sensoriale. Il primo si occupa di evidenziare, stimolare e comprendere i desideri più nascosti e talvolta inconsci nell’es-sere umano, modificandoli in esigenze e bisogni primari e individuando gli universi percettivi cre-ati dai consumatori intorno a prodotti, servizi e brand; il secondo si basa sugli stimoli sensoriali che sono attivati dal consumatore al momento della decisione e sulla loro sollecitazione strate-gica. La comunicazione poli-sensoriale amplia e

Vivere un’esperienza: un’immersione sensoriale tra marketing e packaging

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7 CAFFEINETHE PACKAGING ISSUE

VIVERE UN'ESPERIENZA: UN’IMMERSIONE SENSORIALE TRA MARKETING E PACKAGING

I sensi rappresentano uno strumento molto efficace per creare e definire la shopping experience: la loro stimolazione permette di potenziare ed esaltare il momento di acquisto, richiamando emozioni passate, consolidate nel tempo.

estende il proprio punto focale, stimolando i 5 sensi del consuma-tore su un piano cognitivo più profondo.

La comunicazione poli-sensoriale ricorre spesso all’uso di linguag-gi sinestetici, mettendo in relazione due o più sistemi sensoriali: i copywriter giocano spesso con espressioni in grado di suscita-re emozioni da parte del consumatore che è immediatamente portato a creare connessioni e associazioni mentali soggettive, legate al proprio stato d’animo. Un classico esempio è l’associa-zione “vino vellutato”, dove l’aggettivo tattile vellutato crea nella mente del consumatore l’immagine di assaporare con intensità un vino morbido e dal gusto pieno, proprio come se lo stesse già sorseggiando e richiamando perciò alla mente un universo di pia-cere edonistico. Anche la pubblicità video sfrutta efficacemen-

finita. I colori del pack devono essere scelti con cura, pensando alle emozioni e ai significati che sprigionano e rappresentano, il materiale usato e il profumo che esso emana devono saper rac-contare lo stesso mondo con coerenza ed equilibrio. Protagoniste del packaging, spesso, sono le immagini, con la loro capacità di catturare lo sguardo e l’attenzione del pubblico, veicolando il pro-prio messaggio e influenzando le aspettative di consumo del pro-dotto. Ultimo, ma non meno importante, il materiale con cui la confezione è realizzata: la percezione tattile, in armonia con gli altri elementi specificati sopra, dovrebbe restituire una piacevole sensazione in grado di far desiderare il prodotto e innescare l’im-pulso all’acquisto. Attraverso il tatto, il materiale di cui il packaging è composto riesce a parlare al consumatore, a infondere sensa-zioni e a fornire informazioni: come l’artigianalità e la genuinità nel caso di un alimento, la modernità e l’affidabilità in quello di un prodotto hi-tech o l’accuratezza e l’esclusività se si tratta di un bene di lusso.

Baudelaire diceva: «i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi». Tutto questo per un unico momento, quello in cui il prodotto verrà posizionato a scaffale e dovrà essere scelto, uno fra tanti. ✖

te i linguaggi sinestetici per creare una relazione più profonda ed emotiva con l’osservatore: grazie alla contaminazione emotiva e alla stimolazione delle corde affettive/sensoriali, si abbassano i ricettori di giudizio razionali e si sol-lecitano i desideri psico-fisici dell’individuo (un brivido, la voglia di mangiare, il desiderio di freddo o di caldo, la sete, la voglia di un contatto piacevole). In questi casi lo stimolo può essere anche evocato con maggior successo e coinvolgimento dalla colonna so-nora che la accompagna e che a volte ne è la vera protagonista.

I sensi rappresentano uno strumento molto efficace per creare e definire la shopping experience: la loro stimolazione permette di potenziare ed esaltare il momento di acquisto, richiamando emo-zioni passate, consolidate nel tempo. Gli odori, per esempio, sono dei potenti media grazie alla loro capacità di imprimersi a lun-go nella memoria: una memoria molto intensa, che spesso risale all’infanzia, solitamente associata a ricordi positivi e autentici.Anche la musica è indubbiamente interrelata alle emozioni, con una forza evocativa unica: spesso è grazie alla melodia che i brand lasciano un segno mnemonico nella mente del consumatore, susci-tando empatia e identificazione. Anche il packaging può essere in grado di tradurre i linguaggi si-nestetici in emozioni: attraverso il corretto utilizzo delle leve in-trinseche del packaging — ossia naming e design — il packaging può raccontare delle bellissime storie, coinvolgenti e ricche di sug-gestioni: il naming dovrebbe essere invogliante ed esplicativo del prodotto, il design dovrebbe adeguarsi alle scelte cromatiche e tipografiche e conferire al brand e al prodotto un’identità ben de-

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Nate negli anni ’80, sull’onda della crisi econo-mica inglese, con l’unico valore del risparmio per il consumatore rispetto ai prodotti dei brand più storici, le Private Label sono cresciute per-correndo una strada segnata, il più delle volte, dal successo. A più di 30 anni dal loro ingresso sul mercato, vedono nuovamente il profilarsi di una crisi economica a causa della quale molte famiglie sono costrette a rivolgersi a segmenti più economici di spesa. Ciò nonostante, le Pri-vate Label di oggi affrontano il mercato con un nuovo look: ormai abbandonata la White Label, in cui veniva semplicemente esplicitato il tipo di prodotto, senza alcuna indicazione sulle caratteristiche specifiche né appeal estetico, si sono col tempo arricchite di informazioni nutri-zionali, consigli di utilizzo e altri dati a sostegno del prodotto. Il packaging diventa, anche per le Private Label, un fondamentale elemento

di comunicazione, in grado di creare valore e accrescere la propria visibilità a scaffale. Una competizione non più basata esclusivamente sul prezzo, ben-

sì sul piano della qualità estetica e di prodotto: la Private Label veicola, attraverso il packaging e la sua comunicazione, nuovo valore al consu-matore, diventato più consapevole e critico nei confronti dei brand. Le insegne si inseriscono, infatti, in una visione più ampia del mercato, in cui i consumatori hanno da tempo iniziato a de-linerare una nuova linea di consumo: da un lato la tendenza al downshifting e alla filosofia Low Cost, ormai vero e proprio stile di vita, dall’altro una costante ricerca di gratificazione persona-le, di qualità, di premiumness. Ogni acquisto, e il suo valore, viene ponderato dal consumatore sulla base di parametri economici, qualitativi, emotivi, utilitaristici.

In questo scenario, abbandonata la strategia di imitazione dei brand leader di mercato, le Pri-vate Label stanno cercando oggi di affermare

una propria identità di comunicazione.Date tali premesse, è interessante approfondire il percorso di line extention che le principali insegne italiane hanno portato avanti negli anni. Da una breve analisi emerge un tratto comune a tutte le Private Label che, partendo dalla linea di prodotti base, hanno nel tempo ampliato la gamma, facendo il proprio ingresso in nicchie di mercato sempre più strategiche, con linee dedi-cate e specifiche: il biologico e il functional food,

Un’analisi semiotica dei packaging dei cereali da prima colazione della linea Benessere delle Private Label per definire lo stato dell’arte dello scaffale, dopo oltre 30 anni dal loro ingresso nel mercato.

Line Extention delle Private Label: una fotografia dello scaffale

⇢ DATI SULLA PENETRAZIONE DEL MERCATO DA PARTE DELLE PRIVATE LABEL [DATI FEDERDISTRIBUZIONE]:

nel settore alimentare

il loro peso sul totale acquisti

la penetrazione di chi ha comprato almeno una volta un prodotto appartenente alla categoria

17,6%30%+

95%

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9 CAFFEINETHE PACKAGING ISSUE

LINE EXTENTION DELLE PRIVATE LABEL: UNA FOTOGRAFIA DELLO SCAFFALE

la linea premium, quella dedicata all’infanzia e quella per il benes-sere generale della persona. È proprio grazie a questa line exten-tion che le Private Label si sono evolute e sono definitivamente uscite dalla logica di primo prezzo. All’interno del vastissimo set-tore alimentare, si sceglie di analizzare il segmento dei prodotti Benessere perché l'attenzione alla salute continua a essere, no-nostante la crisi economica, uno dei principali criteri di guida nei comportamenti dei consumatori italiani. Inoltre basta osservare il segmento per riconoscere gli sforzi che le Private Label stanno affrontando nell’ambito della categoria dei cereali da prima colazione per differenziarsi dalle marche leader. Sono quin-di stati esaminati alcuni pack considerati esemplari: Special K di Kellogg’s, considerato lea-der del mercato, sia in termini di quote di mercato, sia per la brand awareness e sedimenta-to comunicazionale e i prodotti delle principali insegne presenti sul territorio italiano, ossia Be-ne-Sì di Coop, Equilibrio di Es-selunga e PiacerSì di Conad.

Le quattro confezioni si pre-sentano tutte con un cartona-to esterno, a protezione della busta plastificata interna che contiene il prodotto. La sua funzione non si esaurisce con la

sfruttano con successo questo spazio per creare e consolidare la relazione con i propri consumatori, attraverso la comunicazione dalle tonalità informali e accattivanti di elementi e consigli a loro dedicati. Il valore premium e la posizione di leadership di mercato può essere in genere identificato dalla cura e dal dettaglio di una porzione apparentemente meno importante come l’area seconda-ria. Il caso Special K è propotipico in questo senso: l’area seconda-ria di questo prodotto è curata nel minimo particolare e contiene una serie ampia di segni aggiuntivi.

Un primo importante elemento di significazione relativamente al posizionamento strategico di marketing riguarda il peso dif-ferente assegnato al nome del prodotto. Kellogg’s propone un nome di prodotto, poi declina-to in diverse varianti di gusto e referenze (cereali e barrette), e capitalizza il valore storico della marca: anche se distinto, il nome del prodotto si pone in strettissima connessione con quello della marca, da cui de-riva per diretta filiazione no-minale-linguistica attraverso l’utilizzo dello stesso lettering e del trick utilizzato per la sua definizione: Special K = Spe-cial Kellogg’s. I prodotti delle insegne private

protezione e il contenimento: la sua area primaria assolve una funzione suasiva e di presentazione della marca proponendo, oltre al logo e al nome del prodotto, alcuni elementi distintivi di natura figurativa (es. Conad) o astratta (es. Esselunga). Le immagini del prodotto fungono da supporto per la vendita, promuovendo - in modo più o meno efficace - la buying intention e stimolando le aspettative di consumo. L’area secondaria, posta nel retro del pack, assolve invece una funzione informativa, di garanzia e di-dascalica rispetto all’utilizzo del prodotto: i brand più sofisticati

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sono privi di un nome identificativo e si lasciano caratterizzare mediante il product descriptor. Questa scelta è orientata a ridurne l’identità autonoma per arricchire il portato della linea di prodotti della marca distributrice; risulta essere una strategia di manteni-mento che si pone l’obiettivo prioritario di rafforzare l’identità del-la line extention rispetto ai singoli competitor. In queste referenze, quindi, l’identità e il valore di garanzia portato dalla marca predo-minano nettamente su quella del prodotto, né vengono proposti prodotti “autonomi” che sovrastino la marca. Un’altra differenza riguarda il naming della linea: è evidente la volontà di Special K di agganciarsi mnemonicamente alla marca, senza fornire indicazio-ni sulla sua reason why, bensì accentuando il suo essere speciale. Al contrario, i nomi delle linee delle Private Label necessitano di un richiamo molto più diretto alla loro reason why e sottolineano perciò il loro legame con il concetto di benessere, salute e cura: anche in questo caso, l’obiettivo è il rafforzamento dell’immagine dell’intera linea linea benessere, dettata da esigenze strategiche di mercato.

Molto interessante l’analisi dei colori e della grafica: in questo caso, le insegne private hanno preferito adottare una linea grafica ben distinta dalla marca leader, non optando per una strategia di “me too”, bensì regalando una vera e propria identità comunica-zionale alla propria linea di prodotti benessere. Gli stessi elementi grafici sono dunque condivisi da tutta la linea, trasversalmente ai diversi segmenti di mercato in cui competono.

Il risultato dei codici colore e visivi compone una comunicazione più asettica, formale e meno empatica rispetto a quella del brand leader, per l’assenza di sollecitazioni sensoriali al gusto, alla vista e al suono (benefit di crunchness tipici della categoria). Il pack Bene-Sì di Coop è dunque poco poli-sensoriale e sembra po-sizionarsi sul limite tra prodotto benessere e functional food. La riprova di tale strategia si sostanzia nell’esplicazione di un be-nefit di prodotto (in basso a destra)che spinge i confini della sua reason why verso la gamma di prodotti specifici.

In Special K il rosso è il colo-re predominante che si ritrova, in dosi diverse, in tutta la linea di prodotti: rosso è il colore del product name e del relativo

logo, mutuato dal brand Kellogg’s, e delle fasce che racchiudono i benefit di prodotto. Il rosso ha una valenza fortemente attenzio-nale che punta alla marca e serve a focalizzare l’attenzione sulla specifica “ancora più buoni” che sta a indicare la valenza gustosa di un prodotto valutato più come salutare che come goloso. È im-portante sottolineare inoltre la valenza della striscia rossa in bas-so a destra: queste indicazioni sembrano volere aumentare il va-lore di salubrità e genuinità del prodotto, bonificando gli effetti di immagine di un prodotto gustoso. L’immagine che veicola Special K è quindi quella di un compromesso tra gusto e benessere, che si fonda sulla qualità declinata come bontà, praticità, sicurezza, versatilità. La posizione degli ingredienti rafforza e consolida tale comunicazione: il prodotto posizionato sul cucchiaio è la perfetta sintesi tra la genuinità e bontà della materia prima (il grano in basso a sinistra) e la golosità e ricchezza organolettica della variante di prodotto (i frutti rossi/cioccolato nella finestra a destra). Rispetto al precedente pack, la silhouette femminile è solo accennata per regalare all’estetica dolcezza, sinuosità e morbidezza.

In un certo senso opposta strategia è stata adottata da Bene-Sì di Coop: un design più minimal e innovativo, dalla grafica "2D" che veicola un senso di modernità ma poco dinamismo. Il codice co-lore dominante è il bianco, con alcune sfumature di azzurro che ben si adattano al colore blu del logo del brand. Le immagini rappresentano elementi esplicativi del prodotto, in stile infografica, che concorrono a veicolare un percepito di scientificità e autorevolezza al pack.

Le insegne private hanno preferito adottare una linea grafica ben distinta dalla marca leader, non optando per una strategia di “me too”, bensì regalando una vera e propria identità comunicazionale alla propria linea di prodotti benessere.

LINE EXTENTION DELLE PRIVATE LABEL: UNA FOTOGRAFIA DELLO SCAFFALE

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Lo sviluppo delle linee di prodotto e il lavoro svolto a livello grafico e di comunicazione da parte delle Private Label è il punto d’inizio di un nuovo piano strategico che dovrà necessariamente fondar-si su branding e su integrazione comunicazionale da un lato, e su consapevolezza e ascolto del consumatore dall’altro. Ciò che emerge dall’analisi dei carrelli è che le Private Label stanno acqui-sendo consumatori sempre più fedeli e coinvolti dai propri brand a livello razionale-funzionale, ma ancora non totalmente ispirati dalle “storie” che queste marche sono in grado di raccontare. ✖

cità e confusione: sceglie da un lato di non rischiare con codici visivi narrativi di immediata interpretazione, le figure sono rese con un tratto grafico in cui l’originalità e l’innovazione è assente. In questo contesto è sempre centrale la riconoscibilità di alcuni key-visual: dominano il prodotto e la sua referenza, oltre alla figura femminile, il cui ruolo è quello di trasmettere gli stessi valori condivisi dal segmento (leggerezza, benessere, femminilità). La scelta dell’azzurro pastello come colore di sfondo va nella stes-sa direzione stereotipica: si conferma una personalità poco decisa

e sicura di sé che sembra volersi nascondere sullo scaffale per evi-tare il rischio di sbagliare. Un modo semplice per pescare all’inter-no del serbatoio semantico del segmento e all’interno del suo im-maginario, ma con il risultato di non raggiungere nessun obiettivo primario, né quello della sensorialità e edonismo, né quello della funzionalità e specificità: emerge unicamente la garanzia Conad apposta come sigillo su un prodotto che si nota esclusivamente per la sua classica appartenenza al segmento di riferimento.

Il pack Equilibrio di Esselunga appare anch’esso fresco e innova-tivo. A differenza dell’insegna concorrente Coop, Esselunga punta sui concetti di leggerezza, solarità, divertimento e brio, pur non perdendo in modernità ed essenzialità. I codici colore sele-zionati sono caldi, accoglienti e regalano al pack molta visibilità a differenziazione a scaffale. Anche il font del nome percorre la strada della modernità e leggerezza, rafforzando proprio l’idea di equilibrio psico-fisico, quasi come fosse una seduta di yoga; il tut-to è ulteriormente consolidato dalla scelta di utilizzare il bianco

latte come colore di sfondo che garantisce la comunicazione di leggerezza, femminilità (core target) e permette agli altri elementi grafici di spiccare e catturare l’attenzione del consumatore. A dif-ferenza di Coop e di Special K, il prodotto non è raccolto in nessun supporto: tale trick permette di comunicare abbondanza e piacere edonistico, a bilanciamento di un pack altrimenti “poco gustoso”.

PiacerSi di Conad presenta una confezione in bilico tra sempli-

LINE EXTENTION DELLE PRIVATE LABEL: UNA FOTOGRAFIA DELLO SCAFFALE

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L’atmosfera di Natale è magica e trasforma tutto intorno a noi: le città si riempiono di luci e di colori, l’aria è briosa e avvolgente. Le persone camminano per la strada con sacchetti e pac-chetti decorati a tema. Le vetrine e gli scaffali dei negozi si trasformano e diventano ricchi di immagini e colori tipici del periodo: bianco, ros-so, blu, argento, oro spiccano tra gli altri, con il loro rimando naturale alle festività. I colori, in-fatti, hanno una forte valenza evocativa, psicolo-gica e sociale in grado di trasmettere sensazioni e universi associati. L’oro, metallo prezioso per antonomasia, è l’emblema della ricchezza e del prestigio. Si usava molto nei dipinti sacri: si ri-collega alla luce, al sole, a ciò che è di valore. Il rosso è il colore dell’amore, della passione, ma anche del sacrificio di Cristo. Nei tempi antichi era considerato un colore prezioso ed esclusivo, perché i tessuti tinti di rosso erano costosi e ri-

servati a personaggi di spicco, o comun-que benestanti. Il blu rappresenta il cielo e lo spirito: è, infatti, il

colore del manto di Maria e la notte invernale, fredda e stellata, cui spesso si associa l’argen-to, luccicante e luminoso. Il bianco richiama la neve e il candore, è il simbolo della purezza e dell’innocenza, oltre che della luce.

Oltre a quelli stagionali “naturalmente natalizi”, alcuni grandi marchi che popolano gli scaffa-li tutto l’anno scelgono di sfoggiare un look di-verso dal solito per il solo periodo natalizio: una trasformazione di forme, colori, design che ha come fine ultimo sì quello di ottenere visibilità e aumentare le vendite ma nel frattempo cerca di raccontare una storia precisa al consumatore. Mentre una combinazione di colori, forme e immagini immerge l’osservatore in un mondo fatto di preziosità, eleganza, lusso ed esclusività, un’altra combinazione si assesta su una promes-sa di tradizione, intimità familiare e calore uma-

no. Ma basta giocare su leve grafiche diverse per trasmettere il senso di socialità, giocosità e divertimento legato al momento di festa. Regola aurea ma ancor più vera nel periodo delle festi-vità: far sognare le persone stimola un coinvol-gimento profondo che tocca leve sensoriali ed emotive importanti, in grado di aggiungere valore simbolico a quello utilitaristico ed econo-mico.

L’importanza della stagione natalizia per le aziende non è un segreto: il periodo di vacan-za può contribuire a un incremento dei profitti annuali che può aumentare anche del +40%. Icone come Coca Cola, Starbucks o Nutella Fer-rero, solo per citare qualche esempio esempla-re, hanno capitalizzato sull’allegria delle festività e sul cambiamento delle abitudini di spesa del periodo per spingere le performance aziendali. L’occasione delle festività natalizie fornisce dun-que alle aziende la licenza di innovare, senza rimanere necessariamente chiusi entro i limiti imposti dall’immagine di marca; ciò nonostan-te la sfida delle aziende resta quella di muover-

Il packaging, primo mezzo per la creazione di un legame con il consumatore, nel periodo delle festività può assumere una dimensione autonoma rispetto al prodotto, anche dopo il suo consumo, purché sia in grado di trasmettere il suo valore simbolico.

Il Packaging e il Natale: quando il prodotto si veste per un’occasione importante

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IL PACKAGING E IL NATALE: QUANDO IL PRODOTTO SI VESTE PER UN’OCCASIONE IMPORTANTE

si con attenzione in territori non sempre confinanti, cercando lo spazio di intersezione tra i propri valori fondanti, quelli intrinsechi del Natale e l’esigenza di guadagnare spazio e visibilità nella testa del consumatore. La prima necessità diventa quella di compren-dere e sottolineare lo spazio occupato dal brand, per evitare di stravolgere, con scelte incoerenti, il legame che esso ha creato nel tempo con i consumatori. Un approccio congiunto di analisi del settore e dei competitors da un lato crea ascolto e interazione costante con i consumatori dall’altro, permette di trovare nuovi linguaggi per creare valore, sorprendere e far sognare le persone.

Non esistono regole precise e predefinite: ogni caso richiede la sua valutazione e indagine personale. Ma il Natale è alle porte, col suo bagaglio di bontà e generosità, e quindi ecco di seguito alcune dritte per stilare gli obiettivi del prossimo packaging design na-talizio.

⇢ Natale = Inverno. Non serve simboleggiare il Natale per tra-smetterne i suoi valori. L’inverno ha già un portato simbolico im-portante che, a differenza del Natale, ha una shelf-life più lunga. L’effetto valoriale si prolunga fino all’inizio della primavera.

⇢ Natale = Storie. Il packaging può fornire lo spazio giusto per raccontare una storia che aiuti i consumatori a creare dei rituali intorno al brand.

⇢ Natale = Tradizioni. Il packaging può facilmente diventare esso stesso elemento di comunicazione delle tradizioni familiari.

⇢ Natale = Doni. Se la personalizzazione svolge oggi un ruolo sempre più importante nel promuovere un prodotto, lo è ancora di più a Natale, quando la corsa ai regali è al massimo della potenza.

L’unicità o la bellezza del pack natalizio può diventare leva di ac-quisto.

⇢ Natale = Stagionalità. I packaging limited-edition sono un voláno di vendite in quanto creano urgenza d’acquisto, grazie al fatto che vivono sullo scaffale per un periodo limitato. Indipenden-temente dalla categoria di prodotto, la limited-edition permette l’ingresso nel segmento premium.

⇢ Natale ≠ Clichés. Se tutto il mercato sfrutta la stessa icono-grafia per raccontare il Natale, può essere utile individuare tona-lità o trattamenti visivi in grado di trasmettere i valori e le sen-sazioni della stagione in modo diverso, unico per differenziarsi ed emergere.

⇢ Natale = Esperienze. L’esperienza del Natale e del suo porta-to non si conclude con il packaging. Creare la giusta esperienza di acquisto, accompagnando il consumatore all’interno della storia che si vuole raccontare attraverso tutte le leve del marketing (pro-dotto, packaging, comunicazione e negozio) può essere un metodo efficace per coinvolgere le persone e portarle a sentirsi vicine al brand.

Questi packaging non hanno prezzo: la ricercatezza con cui ven-gono progettati e la cura nella scelta dei materiali, indicano un valore che il più delle volte supera quello puramente economico. Il packaging natalizio si impone come una scelta obbligata se si vuo-le dare la giusta cornice al proprio prodotto, potenziando l’espe-rienza di acquisto e immergendo il consumatore in universi con-divisi o ispirazionali: indipendentemente dallo spirito trasmesso, l’importante è regalare un momento magico, in grado di esaltare e intensificare le emozioni del Natale. ✖

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Il mercato dei consumi richie-de imballaggi sempre più bel-li, colorati e lussuosi, fatti con materiali in grado di catturare

l’attenzione del consumatore e spingere la sua propensione all’ac-quisto. D’altra parte emerge una richiesta, sempre più pressante, di maggiore sensibilizzazione ai temi della sostenibilità ed eco-com-patibilità, viste le problematiche relative agli sprechi e allo sfrut-tamento indiscriminato delle risorse ambientali. È risaputo ormai che gli imballaggi sono una delle cause dell’aumento dei rifiuti, mentre una loro riduzione porterebbe benefici all’ambiente, consentendo il trasporto di una quantità maggiore di prodotti contemporaneamente, riducendo così i tra-sporti e le relative emissioni di CO2, oltre che una riduzione del processo produttivo e del loro smaltimento.Il nuovo paradigma è dunque quello di interpretare efficacemente entrambe le visioni, creando soluzioni innovative, in cui la base di partenza è la necessaria rottura degli schemi abitudinari, alla volta di nuove creazioni, nuove idee, nuove prospettive. Scenari contemporanei, in cui creatività, rivoluzione, sostenibilità la facciano da padrone. Un semplice modello viene incontro alla teorizzazione del nuo-vo paradigma: con la regola delle 3R: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare – le aziende hanno una possibilità in più di colpire nuovi

target, sempre più sensibili alla tematica ambientale, pronti ad adottare nuovi comportamenti di consumo in base alle scelte ef-fettuate dalle aziende. ⇢ La prima R consiste nell’evitare gli sprechi nella scelta dei materiali, ridurre quindi le dimensioni e produrre solo ciò che serve, riuscendo così a diminuire i consumi energetici. ⇢ Riutilizzare significa pensare all’imballaggio, una volta finito il suo scopo primario, come un nuovo oggetto, modificandolo o trasformandolo in un oggetto con una nuova vita e nuova utilità. ⇢ L’ultima regola è quella del riciclare, fondamentale per l’ambiente. Nel packaging è importante quindi non eccedere in materiali diversi, per facilitarne il compostaggio.

Un altro esempio per la produzione di packaging sostenibile è quel-lo sintetizzato nella formula: “dalla culla alla culla” — e non più “dalla culla alla tomba”, rappresentata in passato dalla discarica. Si tratta cioè di una terza via. La terza via rispetto al dualismo crescita/salvaguardia degli equilibri ambientali, una via che si concretizza nella parola d’or-dine eco-efficacia (ben diversa dalla eco-efficienza o sostenibilità ambientale). Una nuova frontiera dell’ambientalismo che ipotizza la progettazione di filiere che prevedano il reinserimento a monte dei materiali in successivi cicli produttivi.

Il packaging, alla continua ricerca di bellezza e riconoscibilità, diventa oggi un modo per veicolare messaggi di comportamenti virtuosi. L’impronta eco si dirama su strade diverse, dal riciclo al riutilizzo, dalla trasformazione alla ricerca di nuovi materiali (quasi) a impatto “zero”.

Funzionalità, estetica e sostenibilità: ecco i paradigmi da seguire nel packaging design.

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FUNZIONALITÀ, ESTETICA E SOSTENIBILITÀ: ECCO I PARADIGMI DA SEGUIRE NEL PACKAGING DESIGN.

4) Ottimizzazione della logistica: ristrutturazione dei processi logistici, attraverso azioni innovative atte a miglio-rare le operazioni di immagaz-zinamento ed esposizione, di

carico sui pallet e sui mezzi di trasporto e di perfezionamento del rapporto tra imballaggio primario, secondario e terziario.5) Facilitazione delle attività di riciclo: semplificazione delle fasi di recupero e riciclo del packaging, come la realizzazione di imballaggi mono-materiali.6) Semplificazione del sistema imballo: grazie all’integrazione di più funzioni in una sola componente dell'imballo, il sistema è alleggerito e razionalizzato.

Alla base del nuovo paradigma si pone l’eco-design, un approccio progettuale che considera gli aspetti ambientali dell'intero ciclo di vita di un prodotto/servizio in un'ottica integrata ri-spetto alle altre variabili di progetto, a partire dall'estrazione delle materie prime necessarie alla sua produzione durante la fase di utilizzo, per arrivare alla destinazione finale al termine della vita utile. Il risultato è tutt’altro che noioso, banale o di scarso impat-to visivo. Anzi, l’adozione di metodologie di prevenzione am-bientale portano all’ideazione e alla creazione di packaging coinvolgenti e emotivamente accattivanti. Alcune aziende hanno da tempo compreso il potenziale dell’eco-design, come leva di acquisto e di consolidamento della brand identity: nuove chance per l’ambiente e per le aziende in grado di proporre soluzioni sem-pre più innovative, eco-sostenibili e virtuose. ✖

La terza via rispetto al dualismo crescita/salvaguardia degli equilibri ambientali, una via che si concretizza nella parola d’ordine della eco-efficacia. Una nuova frontiera dell’ambientalismo che ipotizza la progettazione di filiere che prevedano il reinserimento a monte dei materiali in successivi cicli produttivi.

Quali strade bisogna dunque intraprendere per produrre un packaging sostenibile?1) Risparmio di materia prima: contenimento del consumo di materie prime impiegate nella realizzazione dell'imballaggio e conseguente riduzione del peso, a parità di prodotto confezionato e di prestazioni. 2) Riutilizzo: re-impiego multiplo dell’imballaggio o del pack, indistintamente per un uso identico o diverso a quello per il quale è stato originariamente concepito. Esemplari i casi di Stanley Honey e Organic Yogurt Strained in tal senso: la prima promuove un vasetto di miele che, una volta finito, può essere utilizzato come vaso da fiori, trasformando il tappo in sughero in un pratico sottovaso; la seconda propone dei pack in bambù che si rinnovano in accessori per la casa come vasetti e ciotole.3) Utilizzo di materiale riciclato: sostituzione di una quota o della totalità di materia prima vergine con materia riciclata per contribuire a una riduzione del prelievo di risorse. È il tentativo messo in atto da Ecover, un’azienda belga, con la sua idea di sfruttare i rifiuti plastici ritrovati in mare e sulle coste per creare packaging a basso impatto ambientale. In collaborazione con Logoplaste, stanno anche lavorando alla creazione del Plantastic, un materiale simil-plastico derivato dallo zucchero di canna, completamente eco-friendly.

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Prendendo per la prima volta in mano No Code dei Pearl Jam si restava spiazzati. Innanzitutto per il materiale utilizzato: il pack non era il solito jewel-case di fredda plastica traspa-rente ma era fatto completamente di cartone (non una novità assoluta, certo: alcuni digipack carto-nati avevano fatto capolino già da qualche tempo). In secondo luogo per il design: in nessun punto del packaging comparivano artista o titolo dell’album. Solo 144 piccole polaroid. Aprendo il packaging — dispiegandolo — ci si accorgeva che le 144 piccole polaroid formavano una figura, il simbolo dell’oc-chio divino racchiuso da un triangolo. All’interno il disco e alcune delle polaroid, in formato reale, scelte in modo casuale, con i testi di alcune delle canzoni sul retro. Solo nove polaroid in ogni set, lasciando ai fan più volenterosi il compito di recu-perare quelle mancanti. Era il 1996, e il compact disc (il suo design) era finalmente diventato maturo. Come già era successo decenni prima per il suo

predecessore in vinile (ad esempio l'album Sgt Pepper's dei Beatles e il suo iconico packaging zeppo di rimandi alla cultura pop), il packaging del CD diventava un'estensione della musica in esso contenuta, e come la musica destinato a durare nel tempo, divenendo anch'esso veicolo di emo-zioni e sensazioni. l'ascoltava. Non solo: le tradi-zionali collezioni di dischi erano anche un modo per raccontare — e perché no, esibire — sé stessi. Quale album tenere e quale eliminare dallo scaf-fale, cosa mettere in mostra e cosa nascondere, in quale formato: sono (erano?) tutti aspetti che rivelano qualcosa riguardo all’ascoltatore.

Per il compact disc come per gli album a 33 giri, l'aspetto importante non era più che il packaging proteggesse la musica (il suo suppor-to), o che servisse ad archiviarla, o a trasportarla. La cosa più importante era il fatto che tutti i sensi fossero interessati: l'udito non era più sufficiente.

Siamo sempre stati abituati a vedere la musica e il suo contenitore come un tutt'uno, almeno — soprattutto — quando il packaging era ben progettato. Una leva di marketing che, se ben usata, regalava esperienze uniche e creava un link indissolubile con l'ascoltatore. E adesso?

Music Packaging Design: dall’oggetto all’esperienza

Fino a quando la fruizione della musica è dipesa dal suo supporto fisico, il coinvolgimento polisensoriale è stato fondamentale per creare forti connessioni emotive (le più efficaci): il packaging dei prodotti musicali — il suo aspetto materico — nel corso dei decenni ha contribuito a creare un forte link fra chi la musica la creava e chi la musica l'ascoltava. Non solo: le tradizionali collezioni di dischi erano anche un modo per raccontare — e perché no, esibire — sé stessi. Quale album tenere e quale eliminare dallo scaffale, cosa mettere in mostra e cosa na-scondere, in quale formato: sono (erano?) tutti aspetti che rivelano qualcosa riguardo all’ascol-tatore.Ma che succede adesso che la musica diven-ta sempre più "eterea"? I cambiamenti tecno-logici in corso e la smaterializzazione del sup-porto in favore dei servizi cloud, probabilmente, rendono necessario spostare lo sguardo verso altri orizzonti. Innanzitutto bisogna considerare che la conver-genza tecnologica intorno al web sta provo-cando uno spostamento — e una sfocatura — dei confini dei settori industriali: la natura stessa dei prodotti e dei servizi sta cambiando. Men-tre prima tecnologie differenti servivano settori

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MUSIC PACKAGING DESIGN: DALL’OGGETTO ALL’ESPERIENZA.

piuttosto di un'opportunità uni-ca per migliorare la fruizione stessa della musica.Essere in grado di ascoltare un album ovunque e su qualsiasi dispositivo è già di per sè ec-cezionale, ma sarebbe ancora meglio se — ad esempio — si potesse accedere ai brani da un te-levisore collegato a internet e guardare le canzoni come una serie di video musicali. Ancora, sareb-be utile che le applicazioni desktop e web-based dedicate alla musica (come iTunes, Spotify, Pan-dora) fornissero l'accesso a dei veri e propri bo-oklet interattivi con testi, video-interviste e live chats con gli artisti, estratti di performance live, saggi in formato e-book o altro ancora. Non solo: ogni album potrebbe diventare una sorta di hub anche per l'attività social che ruota intorno a una (nuova) release. Si ri-uscirebbe così a rendere l'opera di un artista una porta crossmediale per entrare nel suo mondo: tutto ciò che adesso accade al di fuori dell'album (sui forum, sui blog e sui social network) potreb-be essere integrato e potenziato all'inverosimile in questo nuovo tipo di esperienza. Ne scaturi-rebbe un link emozionale fortissimo fra artista e ascoltatore: una leva di marketing notevole, ma anche il definitivo passaggio dalla musica come prodotto alla musica come servizio, con un nuovo spettro di possibilità tutte da esplorare. ✖

differenti, adesso c'è un'unica enorme matrice comune che prima non c'era — il web. Questa considerazione è tanto ovvia quanto importante. Intanto perché serve a identificare il nuovo cam-po di gioco. Inoltre perché serve per mettere a fuoco un cambiamento sostanziale nella fruizio-ne dei prodotti musicali: come conseguenza della smaterializzazione e del passaggio progressivo attraverso internet, la musica è ormai onnipre-sente nella nostra vita. Sia in termini di quanto è disponibile per l’ascolto, sia in termini di diffusio-ne dei device che consentono l’ascolto. L’ascolta-tore è inserito in un flusso continuo di fruizione (a fronte della fruizione "discreta" — spot — dell'e-poca dei supporti fisici). I suoni, le immagini e le interazioni con gli altri utenti fanno parte di un unicum in cui la musica assume più le caratteri-stiche di un servizio che non di un prodotto.

Le funzioni di un packaging sono molteplici: il fatto che stiano scomparendo le necessità lo-gistiche e protettive, ad esso legate, non implica tuttavia che possano o debbano sparire anche quelle comunicative e funzionali. Solo che do-vranno essere assolte in un altro ambito: quello dell'interaction design. Il passaggio della musica sui servizi cloud è dun-que l'occasione per re-immaginare il packaging musicale — e non si tratta soltanto di replica-re la fantasia che caratterizzava il design delle cover e guidava l'esperienza d'acquisto. Si tratta

I cambiamenti tecnologici in corso e la smaterializzazione del supporto in favore dei servizi cloud, probabilmente, rendono necessario spostare lo sguardo verso altri orizzonti.

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PAK Packaging Aid KitChe si parli di una "semplice" etichetta o di un progetto più complesso, quello del design (o redesign) di un packaging è un processo articolato e stratificato. Prima di poter approdare alla fase di produzione, infatti, si assiste a diversi passaggi fra l'azienda cliente, l'istituto di ricerca e l'agenzia creativa: il concept iniziale, dopo essere stato approvato, viene sottoposto al test sui consumatori; i risultati di questo test generano poi delle variazioni, talvolta anche sostanziali, che fanno ricominciare il processo dall'inizio. Nella maggior parte dei casi, tutto questo si traduce in un procedimento dispersivo e poco efficiente.

MAD FACTORY propone un nuovo sistema cost-efficient, diventando il centro di tutte le attività riguardanti il packaging.Partendo dal brief, siamo in grado di ottenere il nuovo design ottimizzato nell'arco di un mese, integrando sia la progettazione del concept creativo che il test sui consumatori, proponendoci come unico hub.

Un unico pacchetto che include sia il test che il (re)designin grado di:⇢ accorciare notevolmente i tempi di realizzazione;⇢ ottimizzare e ridurre i costi per l'azienda;⇢ ottenere un design efficace, grazie all'apporto diretto

del comparto creativo, che consente anche modifiche e aggiustamenti in tempo reale.

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BRIEF CONCEPT TEST DESIGN

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