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Acqua: quale gestione per un bene comune? Margherita Loddoni, Marco Valente, Emanuela Paoletti Luglio 2010 www.quattrogatti.info

Acqua: quale gestione per un bene comune?

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Si parla sempre di piu' della gestione dell'acqua sia in Italia che all’estero. Questa presentazione cerchera’ di rispondere a numerose domande tra cui: -Fino a che punto l’acqua e’ una risorsa finita? -E’ vero che l’acqua e’ all’origine di conflitti tra stati e tensioni sociali? -..E soprattutto in cosa consiste il dibattito sulla privatizzazione dell’acqua in Italia?

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Acqua: quale gestione

per un bene comune?

Margherita Loddoni, Marco Valente, Emanuela Paoletti

Luglio 2010

www.quattrogatti.info

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Nel corso degli ultimi anni si è sviluppato un dibattito sull'acqua e sono state sollevate molte domande sulla

questione. Tra le più frequenti

1. L' acqua sta per finire?

2. È vero che la scarsità d'acqua e la sua gestione generano conflitti tra stati e tensioni sociali?

3. In cosa consiste un dibattito sulla privatizzazione dell'acqua in Italia? Quali sono le questioni più importanti?

Cerchiamo di fare quindi un po' di chiarezza su queste tre questioni.

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Ma quanta ce n'è?

All'apparenza tanta! Più di un miliardo di chilometri cubici! Ma quasi tutta si trova negli oceani...

(elaborazione su dati del World Resources Institute

http://www.wri.org/publication/watering-scarcity)

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(elaborazione su dati del World Resources Institute

http://www.wri.org/publication/watering-scarcity)

E di questa acqua dolce solo l'1% è utilizzabile

Poco meno del 70% dell’acqua dolce è rappresentata dai ghiacci ed è quindi inutilizzabile (ma comunque fondamentale per l'ecosistema!)

Rimane disponibile circa il 30% delle acque dolci, sotterranee e superficiali, corrispondente a meno dell'1% dell’acqua totale del pianeta.

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In altre parole, quest'acqua è sufficiente per i bisogni dell' umanità?

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In molti casi no!

Prima di tutto, non si trova distribuita in modo uguale in tutto il pianeta

Più di 1 miliardo di persone non hanno accesso all'acqua potabile (dati ONU)

Inoltre questo mancato accesso può avvenire sia per scarsità

vera e propria, sia per mancanza di infrastrutture in paesi che sono

in realtà ricchi di acqua come Etiopia e Brasile.

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E la situazione potrebbe peggiorare per via dei cambiamenti climatici.

Nella presentazione "Cambiamenti Climatici : una sfida per l' umanità?"

abbiamo mostrato come le risorse di acqua potrebbero essere messe a dura prova a causa dello scioglimento dei ghiacci e per il probabile

aumento dell'incidenza di siccità in alcune aree del mondo.

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I ghiacciai delle Alpi sono diminuiti di più del 50% dal 1850 ed entro

la fine del secolo potrebbero scomparire quasi del tutto!

PRIMA

ADESSO

Il ghiaccio rappresenta più di due terzi di tutte le risorse di acqua dolce del pianeta. Numerosi ghiacciai si stanno sciogliendo

velocemente nelle zone piu' popolose del pianeta.

In Asia, 1,3 miliardi di persone dipendono dall’acqua dai fiumi dell’Himalaya e degli altipiani del Tibet.

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Il tutto aggravato da un aumento della siccità

Questa mappa indica chiaramente un aumento dell’incidenza di siccità media nel mondo (aree rosse) già in atto. In particolare l’Italia e l’area mediterranea, come indica il grafico, hanno una buona parte del territorio seriamente a rischio di siccità. Questo è vero in particolare per il Sud e le isole dove potrebbero verificarsi siccità molto severe.Fonte: Dai et al. (2004) e IPCC (2007).

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L'acqua non è accessibile ovunque, con la stessa facilità, in maniera stabile durante periodi diversi.

Se Tony vive in una città con scarso accesso all'acqua, ha senso dire che nel mondo c’è

abbastanza acqua per tutti? (ad esempio è ciò che avviene in Etiopia: le risorse idriche sono abbondanti, ma le infrastrutture sono poche e

spesso di pessimo livello).

La sua qualità è importante: anche l'inquinamento ne determina la scarsità per i

nostri usi!

PERÒ...

Esempi: Il 48% dell'acqua nelle città cinesi non viene trattata da sistemi di purificazione. fonte: http://www.wri.org/publication/watering-scarcity

In India, 6milioni di persone vivono in un'area con acqua contaminata dall'arsenico. fonte: http://asrg.berkeley.edu/03HaqueAsDWSkinLes.pdf

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Quindi la disponibilità "qui ed ora" è un aspetto chiave.

Tutto dipende dalle zone in cui ci si trova: in alcune l’acqua è abbondante, in altre

rappresenta un grave problema.

Ma cerchiamo di capire: cosa significa avere un accesso “sicuro” ed

abbondanza di acqua, e cosa significa uno sfruttamento eccessivo?

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Nel primo esempio, c’è un surplus (fascia bianca), perché gli usi sono inferiori alla disponibilità

In questo secondo esempio, l'uso dell'acqua è superiore alla disponibilità e ci troviamo a competere con i bisogni di quell’ecosistema. Questo è un problema.

Possiamo sfruttare troppa acqua anche quando siamo in competizione con l’ambiente per il suo utilizzo. Il riquadro nei due esempi in basso rappresenta la disponibilità totale di acqua.

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Esiste un "Indice di sfruttamento dell'Acqua" usato all'Agenzia Europea dell'Ambiente, che ci dice quanto è "sostenibile" il livello di sfruttamento delle risorse idriche. Semplificando molto, possiamo dire che

Sotto al 20% dell'acqua disponibile: Accesso "sicuro" e abbondanza di acqua.

Sopra il 20% dell'acqua disponibile: Ne sfruttiamo troppa e la risorsa è sotto "stress"

E da noi in Italia?

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fonte: Agenzia Europea dell'Ambiente

Dal grafico si nota come l'Italia, al pari di altri paesi in Europa, si trova in una condizione di "water stress"

scarsità di acqua, detta "water stress"

accesso "sicuro" abbondanza di acqua

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E quasi tutte le nazioni più popolose sono in "water stress"

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Dal grafico si nota che: - L'utilizzo di acqua è cresciuto notevolmente negli ultimi trent'anni- La maggior parte del consumo di acqua è destinato all'agricoltura (FAO, 2008).

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In Italia?

(Fonte: dati FAO tramite ACQUASTAT http://www.fao.org/nr/water/aquastat/main/index.stm)

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L’utilizzo da parte dell’uomo “consuma” veramente l’acqua?

Tra tutte le risorse naturali l’acqua è la più “rinnovabile”. Nel ciclo globale dell’acqua le precipitazioni restituiscono alla superficie della terra una risorsa di ottima qualità.

Noi utilizziamo l’acqua per l’industria, l’agricoltura o per usi domestici e in questo modo la restituiamo al sistema…

Ma… lo stato di qualità è fortemente alterato a causa delle numerose sostanze nocive rilasciate dall’attività

umana. Questo, oltre a danneggiare spesso in modo molto grave gli ecosistemi, rende la risorsa idrica inadatta per ogni ulteriore uso per le necessità dell’uomo.

Quindi, in molti casi, la limitatezza delle risorse idriche è dovuta a fattori qualitativi oltre che quantitativi.

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Per riassumere...

L'acqua è una risorsa scarsa e spesso se ne consuma troppa.Anche in Italia!

I cambiamenti climatici in atto porteranno probabilmente ad un aumento

dell'incidenza di siccità e il parziale scioglimento di alcuni dei più importanti ghiacciai del mondo che alimentano fiumi e laghi.

L'inquinamento delle fonti idriche mette ancora di più sotto stress questa risorsa.

La questione diventa ancora più rilevante se sommiamo a tutto ciò anche l'aumento della popolazione mondiale (che l’ONU stima di nove miliardi nel 2050) e la relativa crescita di domanda di cibo. Abbiamo visto infatti

come la maggior parte dell'acqua si utilizzi proprio in agricoltura.

Ad esempio la disponibilità di acqua si sta riducendo in Cina, India e Stati Uniti che da soli producono la metà del cibo del pianeta e ospitano circa

la metà della popolazione mondiale. (http://www.worldwatch.org/node/1661)

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Questo solleva un'altra domanda:

che implicazioni ci sono a livello

internazionale?

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Cerchiamo quindi di capire (1) se la scarsità di acqua genera conflitti tra stati e poi (2) che relazione sussiste tra la gestione

dell'acqua e tensioni sociali locali.

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Per rispondere alla prima domanda sulla relazione tra acqua e conflitti tra stati, diamo un'occhiata ai dati disponibili.

E' stato calcolato che il territorio di ben 145 paesi comprende o confina con 2 o più bacini d'acqua internazionali

(Worldwatch, 2005). Questo significa che la gestione delle risorse idriche implica necessariamente una qualche

interazione tra stati.

Questo spiega in parte perché ci siano molti esempi di conflitti armati combattuti in relazioni a fonti idriche, come ad esempio

avviene o è già avvenuto nelle aree in prossimità dei fiumi Tigri, Eufrate l'Eufrate, il Nilo e l'Indo (Elhance, 1999; Lowi,

2000).

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tuttavia

Un'analisi storica (Pacific Institute, 2010 e OECD, 2005) rivela che: (1) le cause che sono alla base di guerre tra stati sono per lo più una combinazione di tanti fattori legati l'uno all'altro. Quindi può essere superficiale parlare solo di guerre per l'acqua. (2) nel corso della storia si sono firmati sempre piu accordi e trattati per gestire le risorse idriche comuni.

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Per esempio secondo la FAO (2006) dal 1820 al

2005 sono stati firmati piu di 400 trattati legati all'acqua

e piu della metà solo negli ultimi 50 anni!

Cosa possiamo concludere?

•      Da una parte la possibilità

di guerre per l'oro blu non deve essere esclusa a priori.

• Dall'altro molti esperti parlano di "cooperazione idrica" secondo cui sono piu gli incentivi a cooperare - invece che entrare in conflitto - per il controllo delle risorse acquifere (anche se però l'efficacia di questi accordi rimane una questione aperta!).

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SI!

... infatti, sempre piu tensioni legate alla gestione dell'acqua si verificano all'interno di specifici

paesi, per esempio:

(1) tra le comunità locali e lo stato

(2) tra diverse comunità locali. Questo significa che a livello internazionale la

questione della gestione dell'acqua non riguarda solo i conflitti tra stati ma tensioni a livello locale.

Vediamo qualche esempio...

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Un episodio che testimonia il primo caso è avvenuto a Cochabamba (Bolivia). Si tratta dellaa protesta organizzata

nel gennaio del 2000 tra agricoltori e lo stato dopo la privatizzazione dell' acquedotto.

Altri casi di tensioni sociali legati alla gestione delle risorse idriche si sono verificati in altri paesi.

Esempi diversi riguardano Kenya (2000), India (2006), Etiopia (2004) etc. Una lista aggiornata è disponibile sul

sito: http://www.worldwater.org/conflict/list/

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Buona barte di queste tensioni sociali si verificano nei paesi relativamente meno sviluppati. Questo è facilmente spiegabile dal

fatto che esiste un circolo vizioso tra povertà accesso all'acqua e processo di sviluppo (WHO and UNICEF, 2010; UNDP, 2006). I

paesi poveri hanno dunque meno accesso all'acqua.

Secondo l'ONU, “nonostante la centralità dell’acqua in tutti gli aspetti della vita umana, il settore idrico è caratterizzato da [...]

una ‘poor governance’. Questo spiega perchè centinaia di milioni di persone nel modo rimangano povere [...] e soggette [...] a

instabilit politica e conflitti” (UNESCO, 20009).

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Tutto questo solleva domande sulle diverse modalità di gestione dell'acqua e la sua

natura in quanto bene comune.

•       Abbiamo quindi capito che non è del tutto vero che ci siano sempre più conflitti tra paesi a causa esclusivamente dell'acqua.•       Ci sono però tensioni sociali a diversi livelli all'interno dei singoli paesi che hanno a che fare con la gestione dell'acqua.

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Abbiamo fatto un pò di chiarezza nelle idee, tuttavia resta ancora

da capire: CHI GESTISCE IL SERVIZIO

IDRICO?

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Chi gestisce il servizio idrico …

“L’analisi è significativa perché i grandi agglomerati urbani, città e metropoli, sono mercati più ambiti dalle multinazionali e dal settore privato”.

“In EUROPA delle 44 città con più di un milione di abitanti, il 36% sono gestite da

privati, la metà delle quali in Gran Bretagna e Francia”. (PSIRU)

“Se consideriamo le 400 città più grandi al MONDO nel 90% dei casi il servizio idrico integrato è gestito dal settore

pubblico. La percentuale è leggermente inferiore, considerando i paesi ad alto reddito, l’Europa, gli Stati Uniti

e il Giappone”. (PSIRU)

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All’inizio degli anni ‘90, la condizione del Servizio Idrico in Italia era la seguente:• Eccessiva frammentazione delle gestioni: in tutto quasi 8000 tra aziende

municipalizzate, consorzi, cooperative e gestioni in economia (fatte direttamente dai Comuni).

• Perdite degli acquedotti molto elevate.

Oggi nella maggior parte dei casi il Servizio Idrico Integrato è affidato a Società per Azioni a capitale totalmente pubblico, ma proviamo a fare un po’ di

Storia…

E in ITALIA chi gestisce il Servizio

Idrico?

Questa situazione rendeva necessari i seguenti interventi:

• Grandi investimenti per migliorare le infrastrutture (acquedotti, fognature, depuratori).

• Riorganizzazione della gestione del servizio idrico.

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c) Ogni ATO sarà controllato da un’ AUTORITA di AMBITO composta dai Comuni

b) Costituzione degli AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI (ATO) : ogni Regione dovrà delineare sul proprio territorio gli ATO

rispettando i confini dei bacini idrici in modo da garantire una gestione sostenibile delle risorse idriche.

Per far fronte a tali esigenze del 1994 viene approvata la Legge Galli che introduce le seguenti novità:

a) Viene introdotto il concetto di SERVIZIO IDRICO INTEGRATO (SII) ovvero:

ACQUEDOTTO

FOGNATURE DEPURATORE

Saranno gestiti da un UNICO SOGGETTO

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La Legge Galli del 1994

d) Viene introdotto il concetto di FULL RECOVERY COST ovvero:

Con la Legge Galli diventa obbligo dei cittadini finanziare gli INVESTIMENTI necessari e non più compito dello Stato attraverso al fiscalità generale.

COSTI di ESERCIZIO

INVESTIMENTI per INFRASTRUTTURE

REMUNERAZIONE del CAPITALE INVESTITO

LA TARIFFA pagata dagli utenti

dovrà comprendere:

La tariffa deve includere anche la REMUNERAZIONE del CAPITALE INVESTITO ovvero l’utile distribuito ai soci. In Italia è pari per legge almeno al 7%.

Prima della Legge Galli invece la tariffa doveva coprire solo i costi di esercizio.

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La Legge Galli del 1994

e) Ogni ATO dovrà affidare il Sistema Idrico Integrato ad un soggetto unico scegliendo tra:

SOCIETA’ per AZIONI PUBBLICA detto

affidamento “in house” (100% capitale pubblico)

SOGGETTO PRIVATO (100% capitale privato)

SOCIETA’ MISTA (capitale pubblico-

privato)

AZIENDA SPECIALE (pubblica)

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Ma se la Legge Galli prevede anche l’opzione di gestione pubblica, perché viene considerata la prima legge che

privatizza il servizio idrico?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza …

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La Legge Galli (36/1994) è la prima ad introdurre una logica industriale nella gestione del servizio idrico (full recovery cost, remunerazione capitale investito).

Una serie di norme successive alla Legge Galli hanno agevolato l’ingresso di soggetti privati nella gestione del servizio idrico, l’ultima delle quali è l’art. 15 del

Decreto Ronchi (Decreto legge 135/09), che riprende e modifica l’art. 23 bis della legge n.133 del 2008.

Prevede l’obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica tramite gara ad evidenza pubblica europea.

Impone la presenza di un partner privato nella gestione di questi servizi, infatti:

1. L’affidamento del Servizio Idrico Integrato a Società per Azioni a totale capitale pubblico (che oggi rappresentano il 50% dei casi), sarà possibile solo in casi eccezionali, cioè come deroga.

2. In tutti gli altri casi, le Spa a totale capitale pubbliche saranno obbligate a cedere almeno il 40% del capitale a nuovi soci privati

entro Dicembre 2011.

La legislazione vigente quindi:

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Ma lo strumento della gara garantisce sempre la scelta della migliore gestione?

Dipende dalle modalità!

Come abbiamo visto l’obbligo di gara viene confermato dall' art. 15 del Decreto Ronchi (Decreto legge 135/09), che riprende e modifica l’art. 23

bis della legge n.133 del 2008.

• Spesso dopo l’affidamento, il contratto e i piani di gestione vengono rinegoziati tra l’affidatario e il nuovo gestore.

• In Italia le gare per l’affidamento del servizio idrico sono andate spesso deserte e molti ritengono che le società siano scoraggiate a partecipare soprattutto a causa del “forte processo di concentrazione industriale in

atto”, come sottolineato anche dall’Antitrust.

Attualmente in Italia 5 Società quotate in borsa partecipano alla gestione del SII della maggior parte degli ATO delineando

una sorta di oligopolio.

Inoltre

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I dati disponibili dicono che:a) La maggior parte degli ATO ha optato per l’affidamento diretto a Spa totalmente pubbliche e tale prevalenza è più evidente al Nord, con il 51% di Spa pubbliche. b) Le uniche 5 gestioni in Italia totalmente private individuate tramite gara sono in Sicilia.

Dunque, a 16 anni dalla Legge Galli, CHI gestisce il servizio Idrico Integrato OGGI in Italia?

Su 92 ATO, 69 hanno completato l’affidamento del SII, per un totale di 110 gestori di cui 106 sono S.p.a e 4 sono S.r.l.

Le 106 S.p.a sono così suddivise:

7% S.p.a a totale capitale privato

32% S.p.a a capitale misto pubblico-privato

61% S.p.a a totale capitale pubblico

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Ma cosa significa gestione privata?

E’ piuttosto difficile ad oggi dare una definizione univoca del termine “privato”, può essere infatti utilizzato:

1. Quando il soggetto che gestisce il servizio ha capitale privato o misto pubblico-privato.

2. Quando il gestore è un soggetto di diritto privato anche se il capitale è al 100% pubblico: ad es. una S.p.a. controllata completamente dal Comune o altro ente locale.

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• A) Maggiore efficienza ed economicità rispetto alla gestione pubblica.

Ma perchè si è passati ad una gestione privata?

Ovvero:

quali erano/sono le principali motivazioni e aspettative di una gestione privata del settore idrico?

• B) Maggiori capacità di attirare i capitali necessari ad effettuare gli investimenti nel settore idrico.

A 16 anni dalla Legge Galli

queste aspettative sono

state attese?

Per capirlo, vediamo come sono cambiati:

1. Tariffe2. Investimenti

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1. COME SONO CAMBIATE LE TARIFFE in seguito alla Legge Galli?

Dal 2000 ad oggi è stato registrato un aumento del + 47% nelle tariffe per il servizio idrico integrato.

Si può ipotizzare che l’aumento delle tariffe possa dipendere anche dai seguenti fattori:

• La tariffa deve comprendere la remunerazione del capitale investito ovvero il profitto per il socio privato/azionisti.

• La tariffa comprende anche i costi di investimento che in precedenza non erano conteggiati nelle tariffe, ovvero: le tariffe aumenterebbero perché aumentano gli investimenti?

Secondo il COVIRI “In Toscana si è registrato un aumento delle tariffe pari al 57%” in seguito alla privatizzazione.

Ma perché sono aumentate le tariffe?

Talvolta nelle tariffe vengono conteggiati anche costi ingiustificati (ad es. tassa di depurazione per chi non usufruisce del servizio)”.

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2. COME SONO CAMBIATI GLI INVESTIMENTI in seguito alla Legge Galli?

Si stima che il SII ha bisogno di 2 miliardi di investimento all’anno, per un totale di 60mld nei prossimi 30 anni.

L’Istat (2008) segnala un regresso nella capacità di distribuzione della rete idrica

rispetto al 1999.

Il COVIRI (2009) afferma che non ci sono stati investimenti sufficienti per incidere positivamente sulla funzionalità delle

infrastrutture idrauliche. Infatti le perdite della rete idrica tra il 2004-06 non sono

migliorate.

Per verificare l’efficienza degli investimenti fatti, possiamo considerare:

– Perdite degli acquedotti: l’acqua immessa in rete che non viene fatturata.– Il ricorso alle deroghe.

Dall’ultimo rapporto del COVIRI (2009), risulta che è stato realizzato solo il 56% degli investimenti previsti al 2008 dai Piani d’Intervento predisposti dagli ATO.

1. PERDITE degli ACQUEDOTTI

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Nel 2002 l’unica regione ad essere in deroga rispetto ai

limiti di alcune sostanze era la Campania.

Cos’è una “deroga?” Con la deroga è consentita l’erogazione dell’acqua anche se i parametri di alcuni elementi tossici non sono in

regola, in attesa di raggiungere i limiti definiti, purché tale scelta non comporti alcun potenziale pericolo per la salute

umana.

Nel 2009 le regioni che sono ricorse a deroghe erano

8(Lazio,Lombardia, Piemonte, Trentino, Umbria,

Toscana, Campania, Puglia) in merito ad un totale di 7 parametri tossici (arsenico,

boro, cloriti, fluoro, selenio, trialometani e vanadio).

Dal 2001 ad oggi, il ricorso alle DEROGHE è aumentato,Infatti…

2. Il RICORSO ALLE DEROGHE

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Ma è possibile che una deroga a limiti ammissibili di sostanze tossiche non comporti rischi per la salute umana?

I criteri di qualità per le acque potabili, definiti da organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità o la Commissione Europea

sono molto protettivi per la salute.

Essi si basano sul concetto di “Quantità giornaliera ammissibile” (ADI: Admissible Daily

Intake) che rappresenta la quantità di una sostanza potenzialmente nociva che può essere assunta da un essere umano tutti i giorni, per tutta la durata della vita, senza

produrre nessun effetto dannoso.

Inoltre vengono generalmente applicati ulteriori fattori di sicurezza per garantire la

protezione in qualunque situazione, inclusa quella di un temporaneo superamento dei limiti per cause non sempre controllabili.

Quindi...

un moderato superamento dei limiti per un tempo limitato non crea nessun reale rischio

per la salute.

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Possiamo concludere che la maggiore efficienza e capacità di attrarre investimenti che ci si aspettava da una gestione privata del servizio idrico, non si è realmente verificata

• Le tariffe sono aumentate con punte anche del 300%; • Non si è registrato un incremento degli investimenti effettuati come

ci si aspettava; • I privati hanno ereditato semplicemente la rendita naturale che

deriva dalla gestione dei servizi idrici. Si e' passati un "monopolio naturale" ad un monopolio privato senza favorire una reale liberalizzazione che aumentasse la concorrenza tra imprese.

• In sostanza pochissime società (oligopolio) sono attive a livello nazionale per gestire i servizi idrici integrati (SII)

INFATTI:

E’ quanto accaduto ad Arezzo, Aprilia, in Sicilia … solo per citare alcuni esempi.

Se consideriamo i dati relativi al Servizio Idrico Integrato a partire dalla fine degli anni ’90…

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Quindi se da un lato si può affermare che le gestioni pubbliche delle aziende municipalizzate, sono state spesso

inefficienti …

… dall’altra parte bisogna dire che la gestione privata non è stata in grado di migliorare le condizioni critiche in cui

versa il servizio idrico in Italia.

“Non possiamo considerare un dato di fatto che le gestioni pubblico-private, siano più efficienti dell’investimento pubblico e dell’offerta dei

servizi da parte dello Stato”.(Fondo Monetario Internazionale)

Questa conclusione è emersa anche a livello internazionale:

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Ma se guardiamo oltre al discorso relativo all’efficienza delle gestioni pubbliche e private, ci rendiamo conto che forse dobbiamo riconoscere

all’acqua uno status di risorsa particolare.

Individuare la forma di gestione più adatta al servizio idrico necessita quindi di riflessioni di carattere più

ampio che derivano dalla natura “unica” del bene che stiamo considerando: l’acqua.

Ne indichiamo alcune di seguito …

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- L’ONU (1977) ha stabilito che tutti hanno il diritto di accedere ad acqua potabile in quantità e di qualità uguale ai loro bisogni

essenziali. Tuttavia il riconoscimento giuridico del diritto all’acqua a livello internazionale e in sede ONU ha incontrato non pochi problemi.

- L’ acqua è una risorsa indispensabile ma allo stesso tempo limitata in natura.

Riconoscendo l’unicità della risporsa acqua, anche il CNEL (2008) sostiene che l’acqua deve essere considerata

un bene comune fondamentale e, dunque, di proprietà e gestione pubblica.

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L’approvazione di norme che hanno favorito la privatizzazione della gestione del servizio idrico, in ultimo l’art.15 del Decreto Ronchi, hanno acceso in Italia un forte dibattito sulla questione a partire dalla fine degli anni ’90.

Un ampio movimento di associazioni ed enti locali raccolti attorno al Forum dei Movimenti per l’Acqua sta portando avanti iniziative a favore della ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico sostenendo che:

“Per tutelare l’interesse pubblico allo svolgimento di un servizio essenziale con situazione di monopolio naturale (art. 43 Costituzione), il servizio idrico integrato è da considerarsi servizio

pubblico locale privo di rilevanza economica e dunque l’unica forma di gestione plausibile è quella di enti di diritto pubblico finanziata attraverso la fiscalità generale e il sistema

tariffario”.(Proposta di Legge d’Iniziativa Popolare sul Servizio Idrico, 2008)

IL MOVIMENTO per la RIPUBBLICIZZAZIONE del SERVIZIO IDRICO

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Chi resta pubblico…• Numerosi Comuni in Italia hanno approvato Delibere in cui dichiarano il servizio idrico

integrato “privo di rilevanza economica” in modo da sottrarsi all’applicazione dell’art. 15 del Decreto Ronchi.

• Il consiglio comunale di Torino ha approvato a Febbraio 2010, a maggioranza una delibera d’iniziativa popolare (12000 firme raccolte), che chiede di inserire nello Statuto

della città il principio che “il servizio idrico integrato non ha scopo di lucro, e che la gestione è attuata esclusivamente mediante enti o aziende interamente pubbliche”

aprendo così la strada alla ripubblicizzazione del servizio idrico.

E chi ri-pubblicizza…

o La Puglia ha recentemente approvato un disegno di legge per avviare la ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese che passerà da Società per Azioni

ad ente di diritto pubblico. • Il Comune di Parigi dopo 25 anni di gestione del servizio idrico affidata alle

multinazionali Suez e Veolia, ha deciso di non rinnovare la concessione in scadenza il 31 dicembre 2009. Il Comune d’ora in poi gestirà direttamente l’acquedotto: la nuova

Eau de Paris è infatti un ente di diritto pubblico e non una Spa.

• Alcuni Paesi europei hanno stabilito per legge la gestione pubblica dell’acqua: Belgio, Olanda, Austria, Lussemburgo, Norvegia, Svezia).

• Nel mondo sono piú di 30 i casi di ritorno alla gestione pubblica dopo l’esperienza con il settore privato.

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Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua insieme ad altre realtà associative e comitati territoriali ha promosso una campagna

referendaria per:

• Abrogare quelle norme che hanno delineato la privatizzazione della gestione del servizio idrico in Italia ed

• Avviare un successivo percorso di ripubblicizzazione.

I tre quesiti referendari proposti dal Comitato Promotore Nazionale sono:

1. Abrogazione dell’art. 23 bis della Legge n. 133/2008 per bloccare il processo di privatizzazione del servizio idrico

2. Abrogazione dell’art. 150 del D. Lgs n. 152/2006 per favorire la ripubblicizzazione del servizio idrico.

– Abrogazione di una parte dell’art. 154 del D.Lgs n. 152/2006 per eliminare la possibilità di fare profitti sulla gestione del servizio idrico.

La raccolta firme è iniziata il 24 Aprile 2010 e terminerà a Luglio 2010. Alla fine del mese di Giugno risulta che sono state raccolte oltre 1.000.000 di firme

(500.000 è la soglia minima prevista per legge) in tutto il territorio nazionale.

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Abbiamo visto che al fine di migliorare le condizioni in cui versava il servizio idrico nei primi anni ’90 in Italia, si è

deciso di aprire la strada ad una gestione industriale del servizio idrico che si è risolta nella privatizzazione dello

stesso.

Tuttavia a distanza di anni i dati dicono che la gestione privata non ha comportato un miglioramento del servizio

idrico nè una maggiore efficienza.

RIASSUMENDO

Inoltre …

Page 55: Acqua: quale gestione per un bene comune?

Una serie di valutazioni legate alla “natura” particolare ed unica della risorsa idrica, ci portano a riflettere sulla necessità di superare il

dibattito tra gestione pubblica e privata e a riconoscere all’ acqua lo status di BENE COMUNE.

“ Ci sono beni comuni, che non possono essere considerati privati, per ovvie ragioni, ma nemmeno assimilati al bene

pubblico tradizionale, come una caserma o un aeroporto. Sono beni cui fa riferimento la collettività, e che richiedono una nuova

idea di proprietà. Come l’acqua. L’idea di ‘bene comune’ non è nuova, ha attraversato la storia.

La vicinanza maggiore è all’interesse pubblico, e questo significa non poter affidare questi beni alle gestioni private”.

(Prof. Stefano Rodotà)

Alla luce di quanto detto possiamo forse considerare il dibattito sull’acqua come un “laboratorio” ovvero un’ occasione per

sperimentare nuovi modelli di gestione?

Page 56: Acqua: quale gestione per un bene comune?

Grazie!Se hai apprezzato la presentazione, inoltra il link del nostro

sito!

www.quattrogatti.infoLe fonti dei dati e note bibliografiche sono reperibili sul nostro

sito.

Ringraziamo Ringraziamo Paolo Carsetti (Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua), Emanuele Fantini (Universita' di Torino) e Marco Vighi

(Università Bicocca, Milano) per i commenti ricevuti.

Per commenti scrivi a [email protected],Per contattare gli autori: [email protected]