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"Decreto M5S" sulla prevenzione del dissesto idrogeologico

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Page 1: "Decreto M5S" sulla prevenzione del dissesto idrogeologico

Atti parlamentari - 1 - Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI

CAMERA DEI DEPUTATI

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DECRETO LEGGE

Decreto-legge, recante misure urgenti per la messa in sicurezza del territorio contro il disse-sto idrogeologico, la pianificazione territoriale resiliente, la previsione e prevenzione dei ri-schi idrogeologici, lo sviluppo di una cultura del rischio nelle istituzioni e nella cittadinanza.

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Presentato il 06 novembre 2014

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ONOREVOLI DEPUTATI! — Con il presente disegno di legge si chiede la conversione in legge del decreto-legge 27 ottobre 2014, n. 2, recante misure urgenti per la messa in sicurezza del terri-torio contro il dissesto idrogeologico, la pianifica-zione territoriale resiliente, la previsione e pre-venzione dei rischi idrogeologici, lo sviluppo di una cultura del rischio nelle istituzioni e nella cit-tadinanza.

Questo decreto cerca di intervenire in maniera or-ganica su una problematica la cui gravità è con-clamata e le cui concause possono essere ascritte sia ad elementi naturali che ad elementi antropici. Tra i primi sono sicuramente da annoverare la forzante meteorologica e la predisposizione geo-morfologica del territorio: l’Italia infatti è una ter-ra geologicamente molto giovane e deve ancora trovare un proprio equilibrio geomorfologico, so-prattutto alla luce dei mutamenti climatici in atto. Questo non deve però servire da alibi per coprire le evidenti responsabilità dell’uomo che possono essere riassunte in tre punti principali: una gestio-ne del territorio dissennata, una drammatica man-canza della cultura del rischio sia negli ammini-stratori che nella cittadinanza, un’organizzazione della macchina amministrativa che non agevola risposte tempestive al problema del dissesto idro-geologico. Da questo punto di vista quindi è op-portuno precisare che deve esserci la consapevo-lezza che la grave situazione attuale si è venuta a creare dopo decenni di gestione dissennata del territorio. Di conseguenza, tramite le misure ur-genti emanate con questo decreto non hanno la pretesa di risolvere il problema dissesto in manie-ra immediata e definitiva, pur costituendo una ri-sposta forte, organica ed innovativa. Infatti, ri-spetto a tutte le misure varate recentemente in ma-teria, questo decreto si differenzia per alcuni tratti distintivi che si possono riassumere nel fatto che non basta la costruzione di nuove opere di difesa. In primo luogo, occorre precisare che in alcuni casi limite non c’è opera che tenga: i fiumi ed i versanti hanno bisogno di un certo spazio per muoversi e prima di intervenire si deve prendere sempre in considerazione l’opzione di restituire questi spazi alle loro dinamiche naturali. In se-condo luogo, per la prima volta gli interventi di tipo non strutturale assumono più rilievo di quelli di tipo strutturale.

CAPO I

MISURE PER LA REALIZZAZIONE DI INTERVENTI STRUTTURALI PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO

La realizzazione di una vasta serie di opere, sia di grandi che di piccole dimensioni, utili a mitigare il rischio idrogeologico, viene favorita dall’introduzione delle seguenti norme:

1. Al fine di un progressivo passaggio da una gestione emergenziale ad una preventiva, ogni anno, devono essere stanziati fondi per la prevenzione pari almeno al 50% di quelli stanziati per le emergenze dell’anno precedente.

2. Revisione della normativa affinché i finanziamenti riguardino soltanto opere che rispettino i seguenti criteri:

a. Pianificazione e valutazione del rapporto costi/beneficio a scala di bacino, al fine di evitare opere che hanno effetti benefici in un punto ma trasferiscono il rischio più a monte o più a valle.

b. Raffronto con tipologie alternative di inter-vento, incluse le ipotesi di rinaturalizzazio-ne delle aree a rischio e di demolizione e ricostruzione in area sicura degli edifici a rischio.

c. A parità di benefici attesi, preferenza per opere di ingegneria naturalistica che rispet-to alle tradizionali opere “in grigio” garan-tiscono una maggiore tutela delle caratteri-stiche ecosistemiche (norma mutuata dalla proposta di legge Terzoni et al. AC2209).

d. Processo decisionale pienamente partecipa-to.

Tra le suddette opere viene a tutti gli effetti compresa anche la pianificazione ed incentivazione di una corretta gestione agro-forestale del territorio montano e collinare.

3. Investimenti per la mitigazione del rischio idrogeologico fuori dal patto di stabilità. Questa norma mutua la proposta di legge Segoni et al AC1233.

4. Istituzione del c.d. “geobonus”. Con

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meccanismi analoghi al c.d. “ecobonus”, viene riconosciuto un bonus fiscale del 65% per le spese sostenute per la mitigazione del rischio idrogeologico. Il bonus è pensato per incentivare in particolare le attività produttive che fanno direttamente o indirettamente manutenzione del territorio, dei versanti e del reticolo idrografico minore. Si precisa che analisi effettuate dal centro studi della Camera hanno evidenziato che, da un punto di vista finanziario, bonus fiscali di questo tipo si autocompensano sia nel breve che nel lungo periodo, oltre a favorire l’emersione di economia sommersa. Questa norma mutua la proposta di legge Segoni et al AC1578.

CAPO II

MISURE PER IL CONTENIMENTO DEL CONSUMO DI SUOLO E PER UNA PIANIFICAZIONE URBANISTICA RESILIENTE

Appare particolarmente urgente disporre norme per contenere il consumo di suolo, per contrastare l’impermeabilizzazione dello stesso (che favorisce la formazione di alluvioni lampo e di ondate di piana concentrate) e per favorire lo sviluppo di un tessuto urbano e produttivo capace di assorbire meno traumaticamente possibile gli eventi estremi e le dinamiche naturali dei versanti e del reticolo idrografico. A tal fine si propone l’introduzione delle seguenti norme:

5. Disposizioni per il contenimento del consumo del suolo e la tutela del paesaggio, con partico-lare riferimento alla salvaguardia del suolo agricolo e ad una sua gestione sostenibile. Tali disposizioni sono mutuate dalle proposte di legge De Rosa et al. AC1050 e 1909.

6. Aggiornamento regolare della mappatura delle aree esposte a rischio idrogeologico e delle fonti di e pericolosità, con integrazione dei va-ri quadri conoscitivi tra loro e con gli strumen-ti urbanistici, al fine di subordinare la pianifi-cazione territoriale alle conoscenze tecnico-scientifiche sulla pericolosità idrogeologica.

7. Gli oneri di urbanizzazione, ossia le entrate da permessi di costruire, non possono essere

inserite nei bilanci degli enti locali per finan-ziare le spese correnti ma devono essere uti-lizzate esclusivamente per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per interventi di prevenzione del dissesto e tutela dell’ambiente e del territorio. Questa di-sposizione controbilancia una pratica (le nuove costruzioni) potenzialmente in grado di aggra-vare il rischio idrogeologico con un meccani-smo che riduce i rischi ambientali. Questa norma viene mutata dalla proposta di legge De Rosa et al. AC1050.

8. Il cambio di destinazione d’uso dei Piani Re-golatori Comunali che comporti un aumento di cubatura o che renda alcune aree edificabili può avvenire solo previo parere positivo espresso entro sei mesi dall’autorità di bacino (distretto idrografico).

9. Il rilascio da parte dei comuni del permesso a costruire è subordinato alla presentazione di un “certificato di sicurezza” che certifichi e quantifichi il rischio idrogeologico.

10. Introduzione di meccanismi sanzionatori e pe-nali per gli amministratori ed i tecnici che per dolo, negligenza o colpa grave rendono possi-bile o favoriscono la costruzione in aree a ri-schio. Sanzioni per i responsabili dei procedi-menti delle amministrazioni comunali che ap-provano atti urbanistici senza avere ricevuto il parere favorevole delle autorità competenti.

CAPO III

MISURE PER LA PREVISIONE DEI RISCHI IDROGEOLOGICI E LA GESTIONE DELLE EMERGENZE

Considerata l’impossibilità di azzerare il rischio idrogeologico in tutta Italia, è necessario sviluppare maggiormente la capacità di prevedere le emergenze e fare in modo che gli amministratori e la cittadinanza siano in grado di attivarsi prontamente per rispondere e mettere in atto tutte le contromisure necessarie. Si propone quindi l’introduzione delle seguenti norme:

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11. Cofinanziamento nazionale per la manuten-zione ed il potenziamento delle reti strumentali utili alla previsione e al monitoraggio delle condizioni meteorologiche e idrologiche (reti pluviometriche, nivometriche, idrometriche, radar meteo ecc…).

12. Omologazione su base nazionale dei criteri, della terminologia e dei codici colore adottati dai vari enti territoriali nel gestire le situazioni di emergenza.

13. Finanziamento di apposite linee di ricerca scientifica finalizzate al miglioramento delle capacità previsionali.

14. Istituzione di un programma nazionale di revi-sione dei piani comunali di emergenza: ver-ranno selezionati a sorte almeno 100 comuni all’anno ed i loro piani di emergenza verranno valutati da un comitato di esperti per la loro ef-ficacia e per il livello di diffusione tra la citta-dinanza. Il comitato può revisionare i piani che presentano lievi carenze, mentre in caso di gravi carenze sono previste sanzioni fino al commissariamento.

CAPO IV

MISURE RIGUARDANTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Tra le concause del dissesto idrogeologico è possibile annoverare anche alcune criticità che caratterizzano la Pubblica Amministrazione. Tra di esse: la sovrapposizione di competenze tra enti, che può ritardare la realizzazione degli interventi; la mancanza di personale altamente specializzato in grado di riconoscere le dinamiche idro-geo-morfologiche e di prevedere l’evoluzione dei processi; l’assenza di strutture in grado di occuparsi di geologia di base e geologia applicata in maniera omogenea e continua su tutto il territorio nazionale. Per risolvere queste criticità si propongono le seguenti norme:

15. Soppressione delle province e dei consorzi di bonifica e trasferimento delle loro competenze in materia di assetto idraulico e del territorio alle autorità di bacino (distretti idrografici), da intendersi come organi puramente tecnici, cui, tra l’altro, sono in capo le valutazioni sui sin-

goli interventi realizzati in seguito alle norme contenute nel Capo 1.

16. Istituzione di una “quota geologi” tra il perso-nale degli enti pubblici (come ad esempio co-muni e regioni) e dei corpi di sicurezza (come quello dei Vigili del Fuoco) che si occupano di pianificazione territoriale o di gestione delle emergenze.

17. Istituzione di un servizio geologico nazionale distribuito, in cui ISPRA coordini e metta in rete i servizi geologici ragionali (in capo alle ARPA o alle Regioni), al fine di monitorare ed aggiornare costantemente gli interventi e le situazioni di rischio. Il servizio geologico ha anche il compito, collaborando con centri di ricerca pubblici, di aggiornare ed omogeneizzare le mappature tematiche utili per la pianificazione territoriale e per la calibrazione di modelli di previsione (completamento su tutta Italia della cartografia geologica di base alla scala 1:50.000; aggiornamento costante dell’inventario dei fenomeni franosi).

CAPO V

MISURE PER LO SVILUPPO DI UNA DIFFUSA CULTURA DEL RISCHIO

È opportuno ricordare che quello del dissesto idrogeologico è un problema anche culturale. È quindi necessario un massiccio investimento nel settore della cultura e nella cultura del rischio. Se il dissesto idrogeologico è un’emergenza prioritaria per il Paese, allora la previsione e prevenzione dei rischi idrogeologici viene considerata come una linea di ricerca strategica e le scienze della Terra una materia d’insegnamento fondamentale che includa anche la conoscenza dei rischi naturali e dei comportamenti da adottare per difendersi da essi. Pertanto si propongono le seguenti norme:

18. In tutti gli istituti scolastici, dalla scuola dell’infanzia agli istituti superiori, almeno una giornata a semestre viene dedicata all’apprendimento dei comportamenti idonei da tenere in caso di allerta per fenomeni meteo, idrogeologici e sismici.

19. Potenziamento dell’insegnamento della

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geografia fisica e delle scienze della Terra nei programmi didattici delle scuole superiori.

20. Salvaguardia dei dipartimenti universitari di Scienze della Terra e dei settori disciplinari connessi allo studio dei rischi idrogeologici.

21. Finanziamento di apposite linee di ricerca applicata inerenti la mitigazione dei rischi idrogeologici.

CAPO VI

COPERTURE FINANZIARIE

E' istituito nello stato di previsione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare un apposito fondo per il finanziamento degli interventi contenuti ai capi precedenti. Le risorse economiche da far confluire nel fondo vengono individuate operando dei tagli ai capitoli di spesa previsti per grandi opere e per ricerca di combustibili fossili, per un totale di 10 miliardi di euro. A tal proposito si ricorda che dati ufficiali in possesso della Camera dei Deputati evidenziano come la prevenzione del dissesto idrogeologico generi una ricaduta occupazionale maggiore (7.000 posti di lavoro per miliardo investito) rispetto alle fonti energetiche fossili o alle grandi opere (700 posti di lavoro per miliardo investito).