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elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

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• Storia

• Mercati

• Operatività

• Azioni

• Analisi

• Obbligazioni

• Derivati

• Rischio

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Le nuove tecniche d’affari

Nei secoli XI-XV si sviluppano una serie di innovazioni

che permettono lo sblocco del risparmio, prima bloccato

in una tesaurizzazione depressiva, e l’espansione dei

commerci.

Le fiere

La lettera di cambio

I contratti di assicurazione

I manuali di mercatura

Lo chèque

Le commende o colleganze

Le compagnie

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La lettera di cambio

La lettera di cambio è uno strumento che offre una serie

di opportunità:

è un sistema di pagamento di un’operazione

commerciale

Permette di trasferire fondi da un luogo all’altro, anche

in valuta diversa

È strumento di credito

Permette di speculare sul cambio

Aumenta la liquidità internazionale

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Nell’Europa dei secoli V-XI non esistevano meccanismi di mediazione finanziaria per trasformare il risparmio in investimento.

Nel XIII secolo, nelle città marinare d’Italia, si assiste alla necessità di rispondere a una crescente domanda di finanziamenti e di associazione tra i mercanti, con la finalità di estendere le reti commerciali.

Il contratto marittimo e, soprattutto, il contratto di commenda rispondono a questa esigenza.

La commenda era un tipo di contratto, stipulato in presenza di un notaio, tramite il quale si poteva partecipare agli eventuali profitti (e alle perdite) di una spedizione commerciale d’oltremare, senza muoversi dal posto nel quale si viveva.

La commenda

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La compagnia

Già ai primi del Trecento, l’attività di commercio diviene

sempre più una routine e il mercante itinerante tende a

scomparire, sostituito dal sedentario uomo d’affari.

Al posto della commenda, ormai desueta, si diffonde la

compagnia, che si concentra e organizza su un orizzonte

temporale più ungo.

La compagnia nasce in seno alla famiglia, si allarga in

seguito ai parenti meno stretti per poi aprirsi anche agli

estranei.

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Le compagnie commerciali

Alla fine del XVI secolo e nel corso del XVII, i centri commerciali e finanziari d’Europa si spostano verso nord, nei Paesi Bassi e in Inghilterra.

Le scoperte geografiche aprono nuovi mondi e il commercio oceanico richiede capitali e quindi nuove forme di organizzazione.

Nascono le compagnie commerciali, le «madri» delle odierne società per azioni, sulla base di monopoli ufficialmente riconosciuti.

Tra le più famose, ricordiamo la Muscovy Company (1553), la English East India Company (1600), la Compagnie Française des Indes Orientales (1604) e la South Sea Company (1711), famosa per essere stata la protagonista di una importante bolla nel 1720 ,nella quale incappa, fra gli altri, Isaac Newton.

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Il termine «borsa»

deriva dal nome di

una famiglia di

origini venete, i Van

Der Burse (Della

Borsa), davanti alla

cui casa, nel XIV

secolo, a Bruges, si

riunivano i mercanti

per scambiare

merci e titoli di

credito.

Sul frontone della

casa, c’era il loro

stemma con

raffigurate tre

borse.

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Nel XVI secolo, iniziarono a svilupparsi nei grandi centri “borsistici” operazioni di prestito a favore di monarchi ed erano stati emessi una serie di titoli di debito pubblico negoziabili, che erano entrati a far parte degli affari di borsa: si iniziarono così a negoziare le prime obbligazioni statali. Si cominciarono anche le negoziazioni di quote di comproprietà di imprese, che erano state costituite in forma di società per azioni in virtù degli enormi guadagni conseguiti dalle compagnie coloniali sorte in Olanda e Inghilterra.

In Francia, le prime Borse si fanno risalire a quelle di Lione del 1548, di Tolosa del 1549, di Rouen del 1556 e di Bordeaux del 1571, mentre per la nascita della Borsa di Parigi si deve attendere fino al 1724.

In Inghilterra, si deve a Sir Thomas Gresham, responsabile degli scambi in valuta della regina Elisabetta, la creazione della Royal Exchange, il quale, dopo aver trascorso qualche tempo ad Anversa, fondò nella City a Londra nel 1564 la Borsa inglese, per il commercio della carta internazionale. Terminato il suo ruolo nel 1771, nel 1773 per opera di alcuni broker viene costruito il palazzo della Borsa e il 3 marzo 1801 si aprono le prime contrattazioni alla London Stock Exchange a cui si accede sottoscrivendo un atto formale: la nascita della Borsa di Londra risale proprio al periodo di questi primi scambi regolamentati.

In Olanda, si assistette nel 1609 all’affermarsi della Borsa di Amsterdam come il più grande centro di affari e la prima Borsa moderna d'Europa, dopo il declino delle Borse di Bruges e di Anversa.

Da www.soldionline.it

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In Italia, già durante il Medioevo e il Rinascimento si erano sviluppati dei mercati organizzati pubblici come il Mercato nuovo di Firenze o il Rialto di Venezia o come le fiere dei cambi. La prima Borsa vera e propria fu istituita a Venezia nel 1600; in seguito sorsero le Borse di Trieste nel 1775, di Roma nel 1802, di Milano e di Firenze entrambe nel 1808, di Napoli nel 1810, di Torino nel 1850, di Genova nel 1855, di Bologna nel 1861 e di Palermo nel 1862.

In Germania, dopo la prima Borsa che fu quella di Anversa, molte altre città tedesche cominciarono a organizzare le proprie Borse, mentre l’istituzione della maggiore Borsa tedesca e una delle più importanti del mondo, quella di Francoforte avviene solamente nel 1946.

In Austria, la fondazione della Borsa di Vienna risale al 1771.

Infine, spostandoci oltre oceano negli Stati Uniti d’America, il 17 maggio 1792 nacque la Borsa più grande e più importante del mondo, anche conosciuta come “The Big Board”, il New York Stock Exchange, NYSE, situato nella nota strada di Wall Street, dove si trova tuttora.

da www.soldionline.it

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La febbre dei tulipani

Nella prima metà del XVII secolo, in Olanda si verifica la famosa «bolla dei tulipani», la prima bolla speculativa dell’età moderna.

Si scatena una vera e propria frenesia attorno alle compravendite dei bulbi di questo fiore arrivato dalla Turchia nel secolo precedente, fino a far raggiungere quotazioni stellari, di più volte superiori a quelle delle case, anche ai singoli bulbi.

Alcuni commercianti vendono bulbi che erano stati appena piantati o quelli che avevano intenzione di piantare. Questa pratica fu soprannominata «commercio del vento» («windhandel» ), perché non c’è scambio di merce e denaro, ma solo un accordo per una compravendita futura. Siamo di fronte a qualcosa di molto simile ai future contemporanei.

Nel febbraio del 1637, si diffonde la voce che i bulbi stiano perdendo di valore e nessuno fa più offerte per acquistarne: è il panico.

I contratti stipulati divengono carta straccia e in molti si ritrovano rovinati.

L’intervento delle autorità che decidono di sospendere le contrattazioni e di annullare i contratti, è tardivo.

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Il mercato finanziario è l’insieme di organismi,

strumenti e tecniche, nonché punto d’incontro

tra domanda e offerta di risorse finanziarie,

mediante il quale le unità economiche in avanzo

trasferiscono fondi a quelle in disavanzo,

direttamente o attraverso intermediari.

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Mercato regolamentato Mercato non regolamentato

Regolamenti approvati dalla

Consob (in Italia)

Iscritto in un elenco tenuto

dallo Stato di origine

Funziona in modo regolare

Disciplinato da norme

stabilite dalle autorità

competenti

Richiede agli intermediari il

rispetto degli obblighi di

trasparenza e comunicazione

Requisiti minimi stabiliti dalla

Consob (in Italia)

Le negoziazioni non hanno

carattere di ufficialità

I prezzi che vengono a

formarsi sono rilevati senza

l’intervento degli organi

istituzionali

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Negoziazione

La negoziazione è l’insieme delle attività svolte dalla

società di gestione del mercato al fine di concludere

contratti di compravendita degli strumenti finanziari

quotati.

È riservata agli intermediari finanziari quali banche e

SIM (Società di intermediazione mobiliare),

nazionali, comunitarie ed extracomunitarie

riconosciute ed autorizzate dalla Consob.

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Intermediari

Broker Dealer

Intermediario puro, che agevola

l’incontro tra il proprio cliente e

una controparte senza mai

essere contropartita diretta

Intermediario che si pone come

contropartita diretta di

compratori o venditori di

strumenti finanziari, agevolando

così l’esecuzione degli ordini di

compravendita

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Operatori

Famiglie

Imprese non finanziarie

Imprese finanziarie

Stati e settore pubblico

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Mercato primario Mercato secondario

Nuove emissioni e primo

collocamento titoli

Consente agli emittenti

(imprese e Stati) di ottenere

fondi

I risparmiatori sottoscrivono i

titoli fornendo liquidità

all’emittente.

• Negoziazione dei titoli già in

circolazione

• Permette il trasferimento dei

titoli e rende più liquido il

mercato

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Il valore finanziario del tempo

Perché il tempo è denaro?

Il valore del denaro cambia nel tempo. La stessa

cifra oggi, varrà di meno domani, se non impiegata

con profitto, perché il suo valore verrà eroso

dall’inflazione, che è il generale aumento del costo

di beni e servizi nel tempo.

Il rendimento reale di un investimento si ottiene

sempre sottraendo dal rendimento nominale il tasso

di inflazione.

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Interesse semplice Interesse composto

L’interesse viene calcolato

sempre e solo sul capitale

iniziale.

Capitale finale = Capitale

iniziale X (1+ n X r)

n = numero di periodi

r = tasso d’interesse

L’interesse viene calcolato di

volta in volta sul capitale

complessivo maturato.

Capitale finale = Capitale

iniziale X (1+ r)^n

n = numero di periodi

r = tasso d’interesse

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L’operazione che ci permette di calcolare il

valore futuro A di un capitale disponibile ora P

si chiama capitalizzazione.

A= P X (1+r)^t

L’operazione opposta, il calcolo del valore di

una cifra futura P al tempo presente, si chiama

invece attualizzazione.

P = A/(1+r)^t

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I tassi d’interesse

Il tasso d’interesse è il prezzo che il debitore paga al creditore per disporre di una somma per un certo periodo.

Questo costo, quindi, cambia a seconda del tempo e dei soggetti coinvolti.

L’insieme dei diversi tassi è detta curva dei tassi e di solito è crescente perché i tassi a breve sono più bassi di quelli a lungo termine.

Tasso Ufficiale di Riferimento: stabilito dalla BCE per i prestiti a breve termine

Euribor: European Interbank Offered Rate, da una settimana a 12 mesi, transazioni denominate in €

Libor: London Interbank Offered Rate, da un giorno a 12 mesi, denominato in 10 diverse valute

EONIA: Euro OverNight Index Average, durata di un solo giorno, valuta €

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Investitori e speculatori

Quella tra investimento e speculazione è una distinzione tra logiche di

destinazione delle risorse, riguardante anch’essa, in fondo, il modo in

cui viene preso in considerazione il valore del tempo.

Di solito, viene identificato come investitore chi impiega il proprio

capitale a medio e lungo termine, con l’obiettivo di accantonare e

accumulare risorse per una maggiore tranquillità del proprio futuro.

L’investitore ha una predisposizione al rischio bassa o medio-bassa e

si disinteressa delle oscillazioni di breve termine dei mercati.

Lo speculatore cerca invece di massimizzare il profitto nel tempo più

breve possibile, utilizzando una vasta gamma di strumenti e strategie,

adotta una gestione dinamica del rischio volta a tentare di sfruttare la

volatilità del mercato.

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J.M. Keynes (1883 –

1946) paragonò la

speculazione ad un

concorso di bellezza,

indetto da un giornale,

nel quale nonsi deve

indicare il più bello, ma

si deve indovinare chi

verrà scelto come più

bello dal pubblico.

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Stili di trading

Abbiamo almeno 4 diversi stili di trading, che si

distinguono per la durata.

Trading di posizione o «buy and hold»: si tiene la posizione

per mesi o anni, nel secondo caso si tratta di investitori

detti anche «cassettisti»

Swing trading: giorni o settimane

Intraday: si apre e si chiude la posizione in giornata

Scalping: si apre e si chiude la posizione in pochi minuti

o secondi

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Asta di apertura

L'asta di apertura è impiegata nei mercati order driven per definire il prezzo di apertura dei titoli (in Italia essa è utilizzata su MTA, MTAX, Expandi, SeDeXe MOT). Essa è organizzata in forma di asta a chiamata telematica e simultanea per tutti i titoli ed è articolata in tre fasi: pre-asta, validazione, apertura.

Durante la fase di pre-asta gli operatori immettono, modificano e cancellano le loro proposte di negoziazione; il sistema ordina tali proposte in base al prezzo (decrescente per gli acquisti e crescente per le vendite) e, a parità di prezzo, in base all'orario di immissione. In questa fase il sistema calcola e aggiorna continuamente il prezzo teorico d'asta determinato sulla base di una serie di criteri gerarchici. Secondo tali criteri il prezzo teorico d'asta è quel prezzo:

al quale è negoziabile la maggiore quantità di titoli;

nel caso in cui lo stesso quantitativo sia negoziabile a più livelli di prezzo, è quello che produce il minor sbilancio tra le proposte con prezzi uguali o migliori di quello teorico;

a parità di tale criterio, sarà il prezzo più vicino al prezzo di controllo della seduta precedente;

a parità di prezzi, viene scelto il prezzo più alto.

Da www.borsaitaliana.it

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Il book di negoziazione

È lo strumento che raccoglie e ordina per priorità di prezzo e temporale le proposte d’acquisto e di vendita di un asset finanziario scambiato in un mercato.

I compratori, sulla sinistra o in basso, si chiamano denaro (bid) e i venditori, sulla destra o in alto, si chiamano lettera (ask).

Ordine limite (limit order)

si mette in book ad un determinato prezzo

eseguito per priorità di prezzo e temporale

dura fino alla scadenza o alla revoca

Ordine al meglio (at market)

viene eseguito al/ai primi livelli di prezzo disponibili

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I 4 prezzi di riferimento

Open

Close

High

Low

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Prezzo di apertura: prezzo d'asta di apertura del titolo.

Prezzo di riferimento: è dato dal prezzo di asta di chiusura o, in mancanza di questo, a una media ponderata di contratti conclusi.

Prezzo ufficiale: prezzo medio, ponderato per le relative quantità, di tutti i contratti conclusi durante la giornata.

Prezzo di controllo: in apertura coincide con il riferimento del giorno precedente, durante la negoziazione è il prezzo di apertura, a fine seduta coincide con il riferimento del giorno stesso.

Ultimo prezzo: prezzo dell'ultimo contratto

Prezzo di chiusura: prezzo al quale vengono conclusi i contratti in asta di chiusura

Min/Max oggi: prezzo minimo e massimo registrati dal titolo nella giornata di negoziazione.

Min/Max anno: prezzo minimo e massimo registrati dal titolo dal primo giorno di negoziazione dell'anno.

Da www.borsaitaliana.it

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Le direzioni del mercato

Bull market

(mercato rialzista)

Bear market

(mercato

ribassista)

Mercato laterale

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High Frequency Trading (HFT)

Si definiscono HFT quelle operatività gestite da software che impiegano algoritmi matematici e che inseriscono e tolgono ordini, il più delle volte senza che siano eseguiti, a velocità di pochi millesimi di secondo.

agisce su grandi quantità, utilizzando algoritmi automatici per l'analisi dei dati provenienti dai mercati e per l'implementazione di strategie proprietarie di negoziazione: il mercato viene inondato da ordini immediate-or-cancel (esegui immediatamente o cancella) che servono a sondare le condizioni di mercato, senza portare a transazioni, a causa dei brevissimi tempi di latenza. In questo modo, i software raccolgono indicazioni con cui costruiscono mappe dei mercati, in base alle quali orientare le transazioni vere e proprie, da eseguire in tempi brevissimi

la posizione di investimento è mantenuta solo per tempi di latenza brevissimi -anche solo pochi secondi, o frazioni dell'ordine di grandezza di alcuni millisecondi - con rapidissime incursioni da e per queste posizioni, anche per migliaia o decine di migliaia di volte al giorno

la quasi totalità degli ordini di transazione non giunge a una conclusione: tipicamente, solo l'1% delle transazioni si trasforma in un contratto

alla fine di una giornata borsistica, non rimane alcuna posizione di investimento significativa;

la strategia è molto sensibile alla velocità di elaborazione dei mercati, necessariamente limitata, e alla stessa velocità dei trader ad alta frequenza nell'accedere al mercato

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Da www.economatix.com

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Definizione

Le azioni sono titoli rappresentativi della partecipazione al capitale

di una società, che conferiscono al suo possessore la qualifica di

socio.

Ad ogni azione viene attribuito un valore nominale uguale per tutte

le azioni della società.

Il socio condivide il rischio del risultato economico della società,

potendo perdere parte o tutto l’investimento in caso di risultati

negativi o di fallimento oppure, in caso di successo, essere

remunerato sotto forma di dividendi, se gli utili sono distribuiti

secondo scelta degli amministratori, o vedere apprezzato il valore

di mercato delle proprie quote realizzando così un guadagno in

conto capitale (capital gain).

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Capitale sociale ≠ capitalizzazione

Capitale sociale Capitalizzazione

Capitale contribuito alla società

da parte dei soci all’atto della

costituzione della società a

titolo di capitale di rischio.

Può essere soggetto a variazioni

durante la vita dell’impresa.

Num. azioni X Valore Nominale

Valore di mercato delle azioni di

una società.

Può differire dal valore

nominale.

Num. Azioni X Valore Mercato

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Perché una azienda si quota in Borsa?

La quotazione in Borsa è un’operazione di finanza

straordinaria volta alla raccolta di liquidità da

immagazzinare o impiegare per impieghi attuali

e/o futuri.

Rendendo disponibili parte delle quote al mercato, si

ampliano le fonti del finanziamento e si acquisisce

visibilità.

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Quotazione

Per quotarsi, un’azienda deve:

Inoltrare la domanda alla società di gestione del mercato

Pubblicare il prospetto di quotazione, nel quale, fra le altre cose, indicherà quale sarà il flottante, ovvero la quantità e la percentuale di azioni che verranno cedute al mercato rispetto al totale. A seconda dei segmenti di mercato, c’è un minimo di flottante che la società è obbligata a fornire.

Una società che propone le proprie azioni al mercato per la prima volta fa una IPO (Initial Public Offering – Offerta Pubblica Iniziale).

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Tipologie di azioni

Esistono diverse tipologie di azioni, distinte in base

ai diritti e ai benefici riconosciuti ai sottoscrittori:

• Azioni ordinarie

• Azioni privilegiate

• Azioni di risparmio

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I dividendi

Le azioni vengono negoziate cum-dividendo fino al giorno prima del pagamento, mentre da questo in poi si parla di quotazione ex-dividendo, cioè il prezzo del titolo viene decurtato dell’ammontare del dividendo stesso.

Solo chi detiene l’azione il giorno prima della distribuzione del dividendo ha diritto ad incassarlo.

Una società, pur essendo in utile, può decidere di non distribuire dividendi.

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Aumenti di capitale

Una società può decidere di aumentare il numero delle azioni

emettendone delle nuove, di solito per ragioni patrimoniali o di

finanziamento.

I possessori delle azioni, avranno un diritto d’opzione che permetterà

loro di partecipare in proporzione al numero di quote in loro possesso.

Questo diritto d’opzione può esercitato, ceduto o lasciato scadere.

Esistono diverse formule di aumento di capitale: a pagamento,

gratuito e in varie forme miste.

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Indici

Gli indici azionari sono la sintesi del valore del paniere di titoli azionari che rappresentano. Il primo indice venne redatto da Charles Dow il 3 luglio del 1884 ed era composto di 11 titoli.

Sono ottenuti dalle medie dei prezzi dei titoli negoziati.

Queste medie possono essere realizzate con varie ponderazioni:

Value weighted: proporzionale alla capitalizzazione

Price weighted: proporzionale al prezzo

Equally weighted: uguale ponderazione

Alcuni fra i più famosi: Dow Jones, S&P/500, Eurostoxx 50, FtseMib, CAC 40, DAX 30, Hang Seng.

Esistono anche indici di settore.

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Analisi fondamentale

L’analisi fondamentale si occupa di stabilire il prezzo

corretto di un titolo in base alle caratteristiche economico-

finanziarie intrinseche della società cui fa riferimento,

cercando di stabilire il valore equo o intrinseco (fair value)

del titolo per poter individuare azioni sottovalutate da

acquistare o sopravvalutate da vendere.

Ne viene considerato il padre Benjamin Graham, che nel

1934 pubblicò «Security Analysis».

Si osservano in primis profitti (earning), dividendi e tassi

d’interesse.

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Alcuni indicatori

Il discounting: è l’attualizzazione del flusso di ricavi che

ci si attende al titolo che si sta analizzando: si dovrebbe

pagare per una azione il una somma uguale o non

superiore al valore attuale dei guadagni futuri che

produrrà

P/E (price/earnings): il rapporto prezzo/utili

Indice PEG (Price Earnings to Growth): P/E ÷ tasso

annuo di crescita degli utili per 100

P/D (price/dividend): prezzo/dividendi

P/B (price/book): prezzo/valore contabile

P/S (price/sales): prezzo/fatturato

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Analisi tecnica

L’analisi tecnica, che molti ritengono vada definita «analisi

grafica», si ispira agli articoli scritti da Charles Dow (1851

– 1902). È lo studio del movimento del mercato (market

action) tramite lo studio dei grafici, in modo da prevedere

le tendenze future dei prezzi.

Le tre principali fonti d’informazione sul movimento del

mercato per il graficista sono:

Prezzo

Volume

Open interest

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Filosofia dell’analisi tecnica

L’analisi tecnica è basata su tre premesse:

Il mercato sconta tutto

I prezzi si muovono dentro un trend (massimi e minimi crescenti o decrescenti) che va analizzato

La storia si ripete

Per interpretare il movimento dei prezzi, i graficisti utilizzano soprattutto:

Resistenze e supporti

Indicatori trend-following (medie mobili)

Indicatori d’inversione o oscillatori per la forza/debolezza

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Analisi quantitativa

Rientra nell’analisi quantitativa qualsiasi applicazione di

metodi matematici e statistici alla lettura dell’andamento

dei mercati finanziari e alla gestione del rischio.

Gli analisti quantitativi vengono detti spesso quant, hanno

una formazione fisica o matematica e lavorano

prevalentemente per hedge fund e banche d’investimento.

Possono operare:

Front office: direttamente con i trader

Back office: studiano modelli e strategie

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Teoria del random walk

Ipotesi resa popolare da Burton Malkiel nel 1973, nel suo

libro «A Random Walk Down Wall Street», la si può far

risalire alle idee del broker Regnault (1863) e del

matematico Bachelier (1900), ripresa poi da Osborne e

Cootner nel 1964, è strettamente connessa alla teoria dei

mercati efficienti.

Il movimento dei prezzi fluttua in modo casuale e

irregolare attorno al valore intrinseco (cammino casuale

o stocastico, simile al moto browniano)

La storia non si ripete, quindi i prezzi del passato non

sono indicativi dei prezzi del futuro

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Teoria dei mercati efficienti (EMH)

Esposta da Eugene Fama nel 1964, ma basata su

precedenti studi di Paul Samuelson, questa ipotesi

afferma che, in qualunque momento, il prezzo delle

azioni riflette tutte le informazioni significative sulle

stesse e implica la «teoria del random walk» per

comprendere il movimento dei titoli.

Ci sono tre versioni della EMH:

Debole

Semi-forte

Forte

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Teoria dei mercati coerenti (CMH)

Nel 1990, T. Vaga avanzò una nuova teoria dei mercati, ovvero quella del mercato Coerente (CMH), basata su 4 fasi principali:

Random

Transizione

Caotica

Coerente

Tale teoria si basa su dei parametri fondamentali quali il rendimento dei titoli azionari, il sentiment degli investitori, il bias (polarizzazione/attrazione) dei fondamentali.

Questo modello prevede che il mercato transiti in 3 fasi principali:

la fase di random walk (caratterizzata da poca volatilità ed alta efficienza)

La fase di mercato caotico (caratterizzato da scarsa efficienza ed elevata volatilità)

Mercato coerente rialzista/ribassista derivato dal consolidarsi del sentiment degli investitori.

Da www.fabiolongo.com/borsa/modellistica.html

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Da www.fabiolongo.com/borsa/modellistica.html

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Teoria della riflessività dei mercati

È la teoria dei mercati proposta dal finanziere George Soros (n. 1930).

Si incentra sui seguenti punti:

Incertezza dei partecipanti

Indeterminatezza della situazione

Impossibile comprendere il mercato con modelli universali

I prezzi sono determinati dalle opinioni dei partecipanti, i quali giocano una doppia funzione

Funzione cognitiva

Funzione partecipativa/manipolativa

Tra le aspettative dei partecipanti e lo stato della situazione non c’è corrispondenza

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Obbligazioni

Le obbligazioni (bond) sono titoli di credito con cui

l’emittente si finanzia impegnandosi ad erogare un

interesse a cadenza periodica e a rimborsare il debito ad

una o più epoche prefissate, ad una cifra detta valore

nominale (o «la pari»).

Chi emette un bond è il soggetto debitore, chi lo acquista

è il soggetto creditore.

Obbligazioni possono essere emesse da società

(corporate bond) , dagli Stati (Titoli di Stato), da Enti

pubblici nazionali (es: le Regioni) e sovranazionali (BEI).

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Tasso nominale e cedola

Il flusso di pagamenti nel tempo (l’interesse ‘i’) si

chiama tasso nominale, il quale può essere:

Fisso (lo i% l’anno)

Variabile (collegato a un parametro che varia nel

tempo)

Misto

I pagamenti vengono chiamati cedole (coupon).

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Le obbligazioni possono essere emesse:

Alla pari (at par): valore sottoscrizione pari al valore

nominale

Sopra la pari (at a premium): valore di sottoscrizione

maggiore di quello nominale aggio di emissione

Sotto la pari (at a discount): valore di sottoscrizione

inferiore al valore nominale disaggio di emissione

Il prezzo cui sono emesse è il valore di emissione.

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Negoziazione

Le obbligazioni possono essere soggette a contrattazione sul mercato secondario e sui mercati non regolamentati (OTC).

La quotazione è espressa in prevalenza a corso secco, cioè viene negoziato solo il capitale, senza i diritti accessori (cedole).

l prezzo pagato all'atto della negoziazione (corso tel-quel) è invece pari alla somma del corso secco e degli interessi maturati dall'ultimo godimento fino al giorno in cui si liquida l'operazione di compravendita (rateo).

Il corso secco deriva quindi dalla differenza tra il corso tel-quel e il rateo di interesse.

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Ricapitolando, abbiamo 3 prezzi per le obbligazioni:

Valore nominale (non cambia = 100)

Valore di emissione

Valore di mercato (oscilla)

Gli interessi corrisposti e l’eventuale differenza tra valore

nominale e valore di mercato rappresentano il

rendimento di una obbligazione.

La differenza di rendimento fra diversi bond viene detto

spread e può dirci come il mercato percepisca il rischio

di insolvenza degli emittenti.

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Rating

Il rating è un giudizio

di merito assegnato da

agenzie specializzate

nella valutazione

finanziaria delle

società, che esprime il

rischio di solvibilità

della società stessa,

ossia il rischio del

mancato pagamento

degli interessi e/o del

capitale prestato.

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Rimborso

Le obbligazioni vengono rimborsate secondo una

determinata tempistica (ammortamento del capitale):

In un’unica soluzione alla scadenza (ammortamento

bullet)

In quote di capitale costanti (ammortamento italiano)

In quote del capitale crescenti nel tempo a rata

costante (ammortamento francese)

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Obbligazioni zero coupon

Sono obbligazioni che non pagano cedole e non vengono

emesse alla pari, ma ad un prezzo inferiore.

Il loro rendimento è la differenza tra il valore nominale

(valore di rimborso) e il prezzo cui sono state acquistate

o sottoscritte.

In Italia le obbligazioni zero coupon più diffuse sono i

Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) e i Certificati del Tesoro

Zero Coupon (CTZ).

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Obbligazioni convertibili

Le obbligazioni convertibili sono strumenti finanziari che garantiscono un tasso di interesse e sono caratterizzati dalla clausola della convertibilità: questa consiste nell’opzione accordata ai portatori di tali strumenti di potere, in periodi e con modalità predeterminati, operare una scelta tra l’originaria posizione di creditori e quella di titolari di partecipazione al capitale di rischio.

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Obbligazioni strutturate

Le obbligazioni strutturate sono strumenti finanziari a rendimento

variabile che nascono dalla combinazione di un'obbligazione ordinaria

con uno o più contratti derivati.

La componente obbligazionaria garantisce il rimborso del capitale a

scadenza (per l'intero valore nominale) più eventuali cedole periodiche,

mentre la componente derivata determina la variabilità del rendimento.

La componente derivata può consistere in una opzione, in tal caso il

possessore percepirà una cedola premio di importo variabile

contestualmente al rimborso del capitale, oppure in uno swap, in tal caso

il possessore percepirà cedole periodiche di importo variabile.

Le obbligazioni strutturate possono essere classificate in funzione:

• del tipo di attività sottostante la componente derivata: equity linked,

index linked, basket linked, floater, reverse floater;

• della struttura di indicizzazione (o del tipo di strumento derivato

incorporato nel titolo): plain vanilla, average, cliquet, reverse cliquet,

rainbow, digital, ecc.

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La subordinazione delle obbligazioni

Le obbligazioni societarie possono avere un diverso grado

di rischio e una gerarchia che stabilisce le priorità di

rimborso in caso di fallimento dell’emittente o per

parametri come il differimento o la perdita di una o più

cedole.

Le obbligazioni ordinarie vengono definite Senior e

possono avere un ulteriore grado di garanzia quando sono

Covered o Secured.

Le obbligazioni con un livello di garanzia inferiore vengono

definite subordinate e si dividono per classi.

Vengono emesse dalle banche e dalle finanziarie perché

possono entrare nel loro patrimonio supplementare.

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Da www.it.adviseonly.com

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Da www.borsaitaliana.it

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Titoli di Stato (TdS)

I Titoli di Stato sono obbligazioni emesse dai governi

nazionali per reperire capitale, finanziare il bilancio della

pubblica amministrazione, quindi soddisfare il

fabbisogno del Paese.

Sono la maggioranza dei titoli di debito presenti sul

mercato.

Sono emessi:

Asta pubblica (banche e SIM)

Collocamento tramite consorzio

Sottoscrizione diretta (anche tramite home banking,

es. BTP Italia)

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Buoni Ordinari del Tesoro (BOT): durata di 3, 6, 12 mesi e zero coupon

Certificati del Tesoro zero coupon (CTZ): come i BOT, ma durano 24 mesi

Buoni del Tesoro poliennali (BTP): durata di 3, 5, 10, 15, 30 anni, tasso nominale fisso a cadenza semestrale e rimborso in un’unica soluzione alla scadenza al valore nominale

BTP€i e BTP Italia: BTP il cui tasso è composto da una parte fissa (tasso d’interesse reale) e da una parte variabile (premio per l’inflazione), rivalutata sulla base dell’inflazione dell’area €uro o italiana, come pure il capitale nominale la cui rivalutazione è corrisposta in modo differente tra i due prodotti

Certificati di Credito del Tesoro (CCT): durata 7 anni, cedola semestrale a tasso variabile

Page 80: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Da www.borsaitaliana.it

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Duration

È la media delle scadenze dei flussi del titolo ponderata per i flussi scontati

È la durata finanziaria di un titolo, ovvero la sua vita residua, ponderata con il flusso di cedole che il titolo pagherà in futuro

Il suo valore espresso in anni e giorni indica la data entro cui il possessore di un titolo obbligazionario rientra in possesso del capitale inizialmente investito, tenendo conto delle cedole.

Normalmente una duration maggiore si accompagna ad una rischio finanziario maggiore del titolo; ciò significa che ad un movimento dei tassi si accompagna un movimento del prezzo del titolo tanto più pronunciato quanto più alta è la duration del titolo stesso.

È inferiore alla durata del titolo, tranne nelle zero coupon, dove durata e duration coincidono

L’indicatore diminuisce con l’avvicinarsi della scadenza del bond mentre aumenta se si riduce la frequenza di pagamento delle cedole

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Gli organismi di investimento collettivo del risparmio (d’ora in poi Oicr) sono contenitori che raccolgono capitale dai sottoscrittori e lo investono in asset finanziari di varia natura in modo diversificato per minimizzare il rischio.

Si dividono in:

Fondi comuni di investimento

Sicav (società d’investimento a capitale variabile)

Ciascun sottoscrittore è proprietario di quote delle quote del fondo che acquista (azioni nel caso delle Sicav), non degli strumenti nei quali il fondo investe.

Il valore delle quote si chiama Nav (net asset value) ed è il rapporto fra il valore di mercato delle attività nelle quali investe il fondo e il numero delle quote dello stesso.

La quotazione dei fondi viene comunicata a fine giornata.

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I fondi investono in uno o più panieri di attività.

Fondo azionario

Fondo obbligazionario

Fondo liquidità

Fondo bilanciato

Fondo flessibile

Page 86: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

A volte sono

indicizzati ad un

parametro di

mercato o ad una

combinazione di

indici che fanno

da riferimento

per la loro

performance

(benchmark), che

cerca di essere

replicata

(gestione passiva)

o superata

(gestione attiva).

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Gli ETF (Exchange Traded Fund)

Fondi che hanno l’obiettivo di replicare le performance degli indici di mercato (gestione passiva) e che, a differenza dei fondi standard, vedono le proprie quote negoziate sul mercato in tempo reale, come fossero azioni. Il loro prezzo varia nella giornata.

Si distinguono in 2 categorie:

A replica fisica: il portafoglio viene costruito acquistando direttamente il paniere

A replica sintetica: utilizzano dei derivati (swap, di solito) per riprodurre l’indice di riferimento

Gli ETF possono anche utilizzare il prestito titoli, sfruttando così l’effetto leva e aumentando le possibilità di speculazione sul mercato, potendo per esempio costituire fondi che sfruttino anche i ribassi del mercato.

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Hedge fund

Gli hedge fund, «fondi speculativi» in italiano, sono fondi

d’investimento i quali, con l’obiettivo di ottenere

performance il meno correlate possibili con l’andamento

complessivo dei mercati, possono utilizzare strumenti

non permessi ai normali fondi comuni, come:

Hedging

Vendite allo scoperto (short selling)

Leva finanziaria (leverage)

Strumenti derivati

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Storia

Abbiamo testimonianze di contratti simili a quelli che oggi chiamiamo derivati sin dalle origini note della civiltà.

Nelle tavolette cuneiformi dei sumeri (IV millennio a.C.), oltre a prestiti, pegni e garanzie, si trova traccia di contratti simili agli attuali future.

Nel Codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.) si fa cenno ad un accordo per fornire copertura in caso di perdita di un raccolto.

William F. Sharpe ricorda, tra il serio e il faceto, che Giacobbe acquistò da Labano, in cambio di sette anni di lavoro, l'opzione di sposare la di lui figlia Rachele. Non essendoci quelli che oggi chiamiamo 'organi di controllo', alla scadenza convenuta Labano 'rifilò' a Giacobbe un altro asset, cioè la figlia maggiore Lia.

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L’aneddoto dei frantoi di Talete

Racconta Aristotele nella Politica, che il filosofo greco

Talete (VII-VI sec. a.C.), sfruttando le sue conoscenze

astronomiche e meteorologiche, aveva previsto un

abbondante raccolto di olive per la stagione successiva.

Durante l’inverno, grazie ad una piccola somma di denaro,

pagò piccoli anticipi per prendere in affitto a poco prezzo,

essendosi in periodo di bassa richiesta, tutti i frantoi di

Mileto e della vicina isola di Chio. Il suo piccolo

investimento si sarebbe trasformato in un grande profitto

con l'avverarsi delle sue previsioni nella stagione della

raccolta delle olive, durante la quale avrebbe potuto

fissare l'affitto dei frantoi in regime di monopolio.

Page 92: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Definizione

I derivati sono strumenti finanziari il cui valore dipende

(deriva) dall’andamento di altre attività finanziarie, dette

sottostante (underlying).

Questo può essere un’attività di qualsiasi natura che abbia

valore economico: azioni, obbligazioni, indici, materie

prime, tassi d’interesse, tassi di cambio.

Sono accordi contrattati sia sui mercati regolamentati sia

OTC, con i quali due controparti si impegnano a

scambiarsi flussi di cassa, connessi all’attività sottostante,

in una o più date prefissate.

Il legame tra prezzo del sottostante e valore del derivato si

chiama payoff.

Page 93: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Esistono molti tipi di derivati, ma i più diffusi sono:

• Future/forward

• Swap

• Opzioni

I mercati di derivati più importanti sono: CME (Chicago

Mercantile Exchange), l’Eurex Exchange tedesco, l’ICE. Il mercato

dei derivati in Italia si chiama IDEM (Italian Derivatives Market).

Page 94: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Future/Forward

Sono acquisti a termine, nati per merci e materie prime, ma

oggi diffusi per tutte le attività finanziarie.

L’acquirente si impegna a comprare (posizione long) il

sottostante alla data di scadenza del contratto ad un certo

prezzo (strike price) e il venditore a venderlo (posizione short).

Non è necessario scambiare il sottostante, si può regolare la

posizione con uno scambio di flussi finanziari.

Per il compratore, il payoff sarà = S – k

Per il venditore = k – S

S: sottostante

k: strike price

Page 95: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Da www.borsaitaliana.it

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Il sistema dei margini

Nei mercati regolamentati i pagamenti dei future sono garantiti da un soggetto terzo, una cassa di compensazione (clearing house), che garantisce la solvibilità dei contratti ponendosi come controparte di tutti i soggetti.

Quando si apre un future, viene richiesto un capitale di garanzia, detto margine iniziale perché è una frazione del controvalore totale del contratto.

Questo margine viene poi regolato sulla base del prezzo alla chiusura del future (procedimento mark to market). Ai contraenti, quindi, viene addebitata o accreditata la differenza tra questo prezzo e il prezzo della chiusura precedente o il prezzo di apertura del contratto, se la posizione è stata aperta in giornata (margine di variazione).

In caso di scostamenti particolarmente ampi del prezzo del future, la perdita teorica potrebbe superare il margine versato e si può andare in margin call.

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Da www.borsaitaliana.it

Page 98: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Future/forward payoff diagramma

Da www.investorsoftware.net

Page 99: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Open interest

L’open interest è il numero delle posizioni rimaste aperte

(la somma delle posizioni lunghe e corte ) sui future a

fine giornata.

Serve per capire se il trend in atto sia sostenuto, per

esempio se il numero di contratti aperti rimane uguale o

aumenta, o se c’è un indebolimento, nel caso l’open

interest diminuisca.

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Opzioni

Le opzioni sono contratti che danno il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere un’attività finanziaria ad un certo prezzo (strike price), ad una certa data (opzioni europee) o entro una certa data (opzioni americane). Esistono altre tipologie di opzioni, dette «esotiche» , che hanno diverse condizioni di esercizio e di payoff.

I compratori di opzioni, pagano una somma, detta premio (premium) e eserciteranno il diritto solo se l’operazione risulterà vantaggiosa, altrimenti perderanno il premio, ma non di più.

Le opzioni possono essere:

Call: danno diritto di acquistare il sottostante

Put: danno il diritto di vendere il sottostante

Page 101: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Comprare opzioni

Page 102: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Vendere opzioni

Page 103: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Da www.borsaitaliana.ita www

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Il valore delle opzioni si divide in:

Valore intrinseco:

• Call: sottostante – strike

• Put: strike - sottostante

Valore temporale: la differenza tra valore dell’opzione

ITM e valore intrinseco; decresce man mano che ci si

avvicina alla scadenza (time decay)

Page 105: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Time decay

Da www.fitengineering.us

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Come si valuta il prezzo delle opzioni?

Sono 5 i parametri per valutare il prezzo di una opzione.

Il modello per trovarli è stato pubblicato nel 1973 da Myron Scholes e Fischer Black, dai quali prende il nome (ci sarebbe anche Robert Merton).

Prezzo del sottostante

Volatilità

Tassi d’interesse

Tempo che manca alla scadenza

Dividendi

Queste variabili sono misurabili e queste misure sono dette greche.

Page 107: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Volatilità

Delle 5 variabili che influenzano il prezzo delle opzioni, è

l’unica ignota ed è la più importante.

La volatilità è la misura di quanto i prezzi si muovono

rispetto alla media.

Volatilità storica

Volatilità implicita

Volatilità prevista

Page 108: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Le greche

Delta: è la derivata prima del premio dell’opzione f rispetto al

sottostante S

Gamma: la derivata seconda del premio f rispetto al prezzo del

sottostante S

Vega: la derivata prima del premio f rispetto alla volatilità

implicita σ

Theta: la derivata prima del premio f rispetto al tempo t

Rho: la derivata parziale del premio f rispetto al tasso d’interesse

r

http://it.wikipedia.org/wiki/Greca_%28finanza%29

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Swap

Lo swap è lo scambio di flussi finanziari tra due controparti a

certe date prestabilite e per un certo periodo di tempo.

A differenza dei future, dei forward e delle opzioni, non c’è

quindi acquisto o vendita di sottostante né il diritto di farlo.

Gli swap possono essere utilizzati per hedging, per

speculazione o per arbitraggio.

Queste le tipologie di swap:

Interest Rate Swap (IRS)

Currency Swap

Commodity Swap

Credit Default Swap (CDS)

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Page 111: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Rendimento e rendimento atteso

Il rendimento è la misura quantitativa della performance di un investimento.

Rendimento = Capitale finale – Capitale iniziale/capitale iniziale

In un contesto di incertezze, si deve valutare il rendimento secondo le probabilità di accadimento degli eventi.

Il rendimento atteso, allora sarà la media ponderata dei rendimenti del nostro investimento, pesato secondo le probabilità che si verifichino.

Moltiplichiamo i valori per le probabilità e ne sommiamo i prodotti

Il rendimento atteso non è garanzia di rendimento, ma solo una proiezione.

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I fattori di rischio

I fattori di rischio sono le tipologie di evento sfavorevole che possono rendere incerto il rendimento di un investimento in prodotti finanziari.

Rischio di mercato

Rischio specifico

Rischio sistemico

Rischio di variazione dei tassi d’interesse

Rischio liquidità

Rischio di variazione dei tassi di cambio

Rischio di credito

L’analisi di sensitività e l’analisi di scenario sono strumenti semplici, ma limitati, per comprendere l’esposizione di una posizione finanziaria a uno o più fattori di rischio.

Ci si affida al rating, invece, come segnalatore del rischio di credito.

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La volatilità

Il rischio di una quantità dipendente dal caso come una

attività finanziaria sono le sue deviazioni dalla media: più

sono gli esiti e maggiore è la loro oscillazione, più viene

considerata rischiosa.

Si deve allora trovare una grandezza che ci possa indicare

questa dispersione intorno alla media.

Se moltiplichiamo per sé stesse le deviazioni e ne

troviamo il rendimento atteso (la media ponderata

secondo le probabilità) ricaviamo la varianza (σ²)

Siccome ci serve conoscere le deviazione media dalla

media, facciamo la radice quadrata della varianza e

otteniamo così la deviazione standard o scarto quadratico

medio (σ) del nostro investimento/serie di dati.

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Il VIX (Volatility Index)

Il Chicago Board Options Exchange Volatilty Index (VIX),

detto spesso “l’indice della paura”, è un indice che

misura la volatilità implicita nel prezzo delle opzioni,

ovvero un indicatore che misura il prezzo che gli

operatori sono stati disposti a pagare per assicurarsi la

facoltà ma non l’obbligo di scommettere al rialzo e al

ribasso sull’indice S&P500.

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Diversificazione e covarianza

Evitare di concentrare un investimento su una sola attività è un concetto antico e intuitivo («non mettere tutte le uova nello stesso paniere»), finalizzato non tanto ad eliminare il rischio, quanto a diluirlo.

Non basta, però, semplicemente acquistare asset soggetti a diverso fattore di rischio, perché potrebbero anche andare male tutti insieme.

Per diversificare con efficacia un portafoglio, si devono allora cercare le relazioni tra gli elementi che lo compongono e quantificarle.

Il legame di dipendenza fra due variabili si chiama correlazione, la sua espressione è la covarianza, cioè la misura in cui una variazione su una variabile interviene anche sull’altra.

Si dice che la covarianza è il valore atteso del prodotto tra la deviazione della media di una delle variabili e della deviazione media dell’altra:

[(X – μx) X (Y – μy)]

In caso di covarianza positiva, tutti e due i valori, cioè gli asset, si muovono nella stessa direzione; in caso di covarianza negativa, gli asset variano in maniera inversa, che è quello che si cerca per una riduzione del rischio di un portafoglio.

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Value-at-Risk (VaR) Expected Shortfall

Indicatore che sintetizza in un

numero le possibilità che un

investimento vada male.

Si simulano diversi scenari con

diversi fattori di rischio e se ne

stima l’impatto sulla posizione.

Distribuendo i risultati, si

stimano le probabilità di un

dato evento.

Completa il VaR e risponde alla

domanda: se le cose vanno

male, qual è la perdita media

che ci si deve aspettare?

O anche: qual è la media dello

n% di risultati peggiori?

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Frontiera dei portafogli efficienti

Negli anni ’50, Harry Markowitz (premio Nobel nel 1990) mostrò come, facendo delle stime su ritorno atteso e volatilità, si potesse costruire in un portafoglio per ottenere il rendimento massimo per un determinato rischio, partendo dal presupposto che l’investitore razionale sceglie l’investimento a rendimento atteso più alto per il suo profilo di rischio, al quale è mediamente avverso.

Rappresentando i vari portafogli presi in considerazione come punti su di un grafico sul cui asse delle ascisse ci fossero le varie deviazioni standard e su quello delle ordinate i rendimenti attesi, si noterebbe che, tra quelli aventi un simile livello di rischio, ce ne sarebbe uno con un ritorno atteso più elevato.

Se si isolassero gli investimenti col migliore rendimento per ogni livello di rischio, si potrebbe costruire una curva, detta frontiera efficiente dei portafogli ottimali.

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Da www. ryanmdelgado.wordpress.com

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da www.investopedia.com

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Sharpe Index

È un diffuso indicatore della

rischiosità di un portafoglio.

Si calcola il ritorno in

eccesso del portafoglio

sottraendo il rendimento

dei Treasury bond

americani a 10 anni,

considerato privo di rischio

(risk free), al suo ritorno

atteso e si divide il risultato

per la volatilità (deviazione

standard) del portafoglio

stesso.

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Capital Asset Pricing Model (CAPM)

Il CAPM stabilisce una relazione tra il rendimento in

eccesso di un titolo o portafoglio e la sua rischiosità,

misurata tramite un unico fattore di rischio, detto beta

(β).

Il beta misura quanto il valore del titolo si muova in

sintonia col mercato. Matematicamente, è proporzionale

alla covarianza tra rendimento del titolo e andamento

del mercato.

(Ritorno atteso portafoglio – Ritorno risk free)

=

β (Ritorno atteso mercato – Ritorno risk free)

Page 122: elementi di trading - L'alfabeto della finanza - gianluca fabrizi

Alla fine, non sarà che il mercato funziona così?...

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