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La Guerra Bianca – partecipazione popolare ed in armi della Valle Intelvi - il ricordo e le ricadute

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RELAZIONE ORALE

La Guerra Bianca – partecipazione popolare ed in armi della Valle Intelvi - il ricordo e le ricadute

Livio Trivella- Consigliere APPACUVI

La relazione si basa su questi Contributi:

1 - per il ricordo della partecipazione popolare:

Riflessioni su una Guerra non vissuta - L. Trivella- APPACUVI

I Caduti nel ricordo–- raccolta di foto e nomi dei caduti nei Monumenti commemorativi dei Comuni intelvesi - Costantino Canevali- A N A – Sezione Valle Intelvi

La Frontiera Nord ( Linea Cadorna )- Il restauro e valorizzazione -L’Itinerario delle Trincee - il Monumento alla Brigata Valle Intelvi

-Alfredo Zecchini - Associazione Amici del Museo di Casasco

2- per il ricordo della partecipazione in armi

Il Battaglione Valle Intelvi sull’Adamello – Costantino Canevali - A N A – Sezione Valle Intelvi

L’episodio di Fabrizio Batanta , medaglia d’Argento ( a cura di G.B.Stoppani )

Cafard e orgoglio alpino (Vita e salute fisica e morale) -G.Terragni

L’Alpinità – Truppe Alpine – G.B.Stoppani- A N A

Nota – questi documenti sono disponibili per l inserimento negli Atti del Convegno

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RELAZIONE ORALE

1 - per il ricordo della partecipazione popolare

Riflessioni

Per me, nato neppure un ventennio dopo la sua conclusione, le conseguenze del conflitto erano già diventate cose lontane, di cui non si vedevano più tracce, se non per la presenza di qualche invalido a memoria della brutalità degli scontri e delle loro conseguenze.

In effetti i miei ricordi di bambino della prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, sono scevri di sentimenti di orrore, di rabbia, di rifiuto: forse o certamente anche per il clima di esaltazione del nazionalismo, del militarismo che allora impregnava e condizionava scuola e società.

Ricordi quindi di episodi tutto sommato bonariamente leggeri, narrati dalle due generazioni precedenti, dei nonni e dei padri, che non parlavano quasi mai di episodi tragici, forse per pudore o per un sorta di rispetto per chi non c’era più.

Il bambino che sono stato può perciò riferire senza particolari condizionamenti le suggestioni che gli sono restate impresse.

Le prime sono legate ai Canti degli Alpini, molto più frequenti, almeno fino agli anni 60, di quanto lo siano oggi.

Cantati a conclusione di una serata all’ osteria Ma non canti da osteria! cantati anche dopo le colazioni nel bosco,che seguivano le feste religiose.

Canti della memoria, malinconici, emozionanti: anche per chi non ne aveva vissuto il periodo o il luogo della composizione, partecipava al gelo della tormenta, al freddo, alla fame, all’orrore dell’uomo fatto a pezzi da una granata.

Cosi come, ad ogni esequia di un Alpino, era commosso fino alle lacrime dalla recita della “Preghiera dell’Alpino “alla Madre celeste:

“Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai,su ogni balza delle Alpi….

E dal canto del “ Signore delle Cime “, anche se riferito ormai a morti per incidenti o disgrazie .

Dio del cielo,Signore delle cime,

un nostro amicohai chiesto alla montagna.

In ogni casa poi c’erano le Cartoline e le fotografie inviate dal Fronte.

Di cartoline di Soldati in Famiglia ne abbiamo ben tre, due delle quali di Alpini al fronte.

In posa con la divisa ben stirata.

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Ma in ogni Famiglia ce ne sono,

Non ne ho mai avuto altro segnale che di bel comportamento.

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Avrei visto molto più tardi e con sgomento, le foto di case diroccate, terra sconvolta, boschi bruciati… anche se le riprese ancora non arrivavano alla crudezza delle attuali.

Ogni soldato portava a casa come ricordo ma anche per la loro utilità nella vita quotidiana, gli indumenti (giacca, pantaloni, scarponi, fasce) e giberna, gavetta …

Anche schegge, parti di obici, culatte di proiettili, baionette… A memoria dei pericoli scampati o della ferita subita. Alcuni impiegati come portafiori, in casa o nei cimiteri. .

Sempre, preziosa reliquia, il Cappello d’Alpino. Un simbolo, un oggetto prezioso raramente concesso ai bambini di indossare e religiosamente custodito e riservato alle speciali occasioni.

Nei raduni, piuttosto frequenti, tutti lo indossano: dai più anziani a quelli ancora sotto naja! Una selva, una popolazione di penne nere che sfilano nei cortei, che partecipano alle funzioni religiose, sempre con la loro bandiera di sezione.

Bandiere che tutti gruppi ancora oggi passano sulla bara dell’Alpino defunto, quasi una carezza e un arrivederci.

Quanto agli indumenti, essi venivano usati nella quotidianità e concessi ai bambini in occasione dei travestimenti carnevaleschi, esibiti nei cortei con grande orgoglio!

Ancora oggi su un tavolino o una scansia di molte salette sono esposti i residuati bellici riportati dal fronte, gli attestati, le medaglie al valore o commemorative Molti sono inquadrati e appesi in bella vista.

Le medaglie da appuntare nelle occasioni di incontro e da porgere all’ammirazione, che non mancava, di figli e nipoti.

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I Caduti nel ricordo

Quando poi il bambino divenne ragazzino e cominciò a frequentare e ad ascoltare i grandi, subentrarono altre emozioni ed altre suggestioni.

Le prime domande non espresse: i perché, gli smarrimenti

Nel Giorno dei Defunti, (il 2 novembre) al Parco delle Rimembranze, ancora con la Banda e le Bandiere. Sui Cippi i nomi dell località, alcuni già sentiti nei Canti degli Alpini: Asiago, Isonzo, S.Michele, Monte Nero, Ortigara, Monte Grappa, Pasubio…

L’annuale visita, nel giorno anniversario della fine della Guerra (il 4 novembre) al Monumento ai Caduti : l’obelisco, la Statua della Patria o dell’Alpino che cade, il discorso del Sindaco e del Capo Gruppo degli Alpini, la Banda che suonava una volta la Marcia al Re ed ora l’Inno di Mameli, seguito dalla Canzone del Piave ; si leggeva anche la lunga lista dei nomi , molti ricorrenti, tutti o quasi familiari ; i primi anni in prima fila c’erano le vedove, in nero e col velo pure nero…

A casa si cercavano sulla carta del Touring, si trovavano le grandi macchie grigio azzurre dei ghiacciai, i nomi di Città e Paesi anch’essi già sentiti: Bassano e il suo Ponte. Vittorio Veneto…

Su alcuni Cippi le fotografie dei caduti: alcuni denunciano l’età con la barba ma i più sembrano giovani, giovanissimi: lo provano le date di nascita e di morte: 1916, 1917, 1918 Di qualcuno i successivi (pochi): in Ospedale o a casa, per cause di guerra.

Quanti di 19, 20 , 21 anni, …poco più che bambini coi parametri attuali…e già morti!

E tutti i Cippi, non solo per le ricorrenze, con fiori: segno di un ricordo che non sbiadisce.

Nei racconti si cominciarono anche a sentire frasi più oscure: si accennava a Capi e a vicende che suscitavano rabbia. Saltò fuori il nome di Caporetto, di Cadorna, dei Carabinieri che fucilavano, ma non capivo chi e perché. Si parlava solo chiaramente del Piave, della difesa e della Vittoria!

Solo molto più tardi tutto fu chiaro!

Sentivo anche bonarie prese in giro di qualche reduce che le sparava un po’ troppo grosse: ci fu l’Alpino Sciatore con un salto da record: da una montagna all’altra!

Ci fu l’Alpino che allo stentoreo richiamo: Soldati d’Italia, alle armi! avendo per cognome per l’appunto Soldati, avrebbe detto: Ma come, chiamano solo noi!

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Ci fu anche la vicenda del Soldato ferito, ricoverato in Ospedale, a Como, amorevolmente curato da una infermiera e che infine per riconoscenza e amore la sposò. E vissero felici e contenti!

E soprattutto la vita quotidiana di chi era a casa ma senza uomini, con tutto il peso della famiglia (i vecchi, gli invalidi, i bambini) e il lavoro dei campi dalla concimazione alla semina alla raccolta, la provvista della legna, l’acqua da portare per l’abbeverata delle bestie e per l’uso domestico…

Quante fatiche con l’angoscia del domani incerto o paurosamente ricordato ad ogni annuncio della morte del vicino o del parente al Fronte!

E infine … la conclusione della Guerra, ma non la fine delle preoccupazioni: il lavoro che manca, la necessità di emigrare, vicino o lontano.

Pochi anni di pace e poi ancora una Guerra, ma non più sentita come Grande, solo come Mondiale.

Questi sono i ricordi di un bambino e di un ragazzo.

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Cosa resta oggi di quei ricordi?

Molto e sono molto sentiti.

IL 4 novembre è sempre un’occasione commovente di incontro, con la Messa, il Corteo al monumento dei Caduti, con la Banda, il discorso del Capo Gruppo degli Alpini,del Sindaco, dei bambini delle Scuole.

Ogni anno c’è la visita di un Coro Alpino di altre zone ed una grande partecipazione popolare.

I Raduni zonali, a turno nei Paesi della Valle delle Sezioni ANA, con la presenza di Autorità, delle Bande ed il “rancio, che è poi un consistente e sostanzioso pranzo.

La partecipazione di tanti Alpini e loro accompagnatori all’annuale Raduno Nazionale, che si tiene un po’ in tutta Italia.

E infine la più significativa, per noi intelvesi, delle manifestazioni: la Commemorazione del Battaglione Valle Intelvi, ogni anno, sulla cima del Monte di Orimento, la Messa commemorativa con l’alzabandiera, il silenzio… e grande commozione.

Nel paese infine di Schignano Intelvi, (come ricorda Giorgio Terragni nel suo saggio “Cafard e orgoglio alpino (Vita e salute fisica e morale)”, che sarà inserito negli Atti del Convegno).continua la tradizione della “Vegéta”, una “festa” che va dall’8 dicembre al 5 gennaio e risale almeno a metà ottocento con il suo carattere di rito di passaggio tant’è che l’espressione “L’a gemoo fai la Vegéta”- ha già fatto la Vegéta- sta a indicare che il giovane in questione è diventato adulto.

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I “Cuscritt, capèla, la class l’è bela, la va suldàa”, così cantano i coscritti di questo paese intelvese, i “Vegetari”, tutti o quasi Alpini, quando si portano nelle vie del paese cantando brani tradizionali degli alpini e inni militari. Il 5 gennaio invece i coscritti sfilano in paese sfoggiando il cappello alpino e portando sulle spalle la “bursala” (la borsa di tela utilizzata un tempo per battere/sgusciare le castagne secche). avviene la raccolta di cibi e offerte per la “puscéna” o cena di mezzanotte

Fra i brani tradizionali cantati durante la Vegéta, perché dove ci sono alpini si canta, troviamo quelli in cui si ricordano la baita, il proprio villaggio e la morosa lontana.

La c.d. Linea Cadorna

Una testimonianza materiale, molto presente :la Linea Cadorna, che traversa tutta la Valle Intelvi, dal Bisbino al Generoso al Galbiga : opera di alta ingegneria, di altissima dimostrazione di capacità tecnica degli eredi dei Magistri Intelvesi, di grande abnegazione di donne e ragazzi, impiegati anche, ma non solo per il provvidenziale salario, nella fatica di portare pesi , di scavare le radici delle felci utilizzate, si dice, per ricavare il mortale gas iprite .

La storia della sua realizzazione è lunga e complessa ed è presentata nella relazione di Alfredo Zecchini .

Basti ricordare che il tratto che interessa la Valle Intelvi, era particolarmente delicato perché coinvolgeva i rapporti con la vicina Confederazione Elvetica, neutrale ma propensa a non compromettere più di tanto i rapporti con gli Imperi Centrali e per noi fonte di preoccupazione per la possibile loro invasione attraverso il territorio elvetico..

-4 Agosto 1914 la Confederazione svizzera aveva chiuso le proprie frontiere e dichiarato la propria neutralità e affermava che si sarebbe opposta con la forza a qualsiasi violazione del suo territorio da parte dei belligeranti.

- 30 Agosto 1914 con uno scambio di note l’Italia dichiarava che: “Pur non essendo una delle Potenze firmatarie del Trattato del 20 Novembre 1815 riconosceva e garantiva la neutralità perpetua della Svizzera e l’inviolabilità del suo territorio……”.

- 24 Maggio 1915 l’Italia entrava in guerra contro l’Austria Ungheria.

-18 Settembre il generale Carlo Porro sottoponeva a Cadorna la possibilità dell’invasione della Svizzera da parte degli Imperi Centrali .

Riprendendo e modificando uno studio dello Stato Maggiore del 1882 il generale Luigi Cadorna ordinò di allestire una linea difensiva estesa dalla Val d’Ossola fino alle Alpi Orobiche.

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La Valle Intelvi era compresa nella

Zona 2 – Laghi Lombardi, Settore 3 – che si saldava con il settore Verbano – Ceresio a Viggiù per proseguire fino a Menaggio. Ed era giudicata molto pericolosa

L'importanza di questa zona era tale che tutti i piani elaborati successivamente prevedevano, come primo obiettivo, allo scoppio delle ostilità, l'occupazione dell'intero Mendrisotto fino a Capolago.

Per questo si decise di concentrare il fuoco sulla diga-ponte di Melide, unica via di collegamento con Lugano. Tale azione avrebbe consentito l'agevole occupazione del Monte Generoso a protezione e sostegno del punto strategico dell'intero settore, la Sighignola.

Le postazione della nostra zona furono individuati ;Monte Bisbino Sasso GordonaPizzo della Croce (Crocione di Casasco)Monte d’OrimentoMonte Caslè Monte PinzermoneDosso dei Pari Monte di LennoMonte GalbigaMonte di TremezzoSasso di Menaggio

Le sue caratteristiche:Linea fortificata discontinua con presenza di centri di artiglieria di vario calibro, caratterizzata da un sistema di artiglierie campali che davano sostegno all’azione difensiva Quindi ecco la presenza massiccia di appostamenti di artiglieria di medio e grande calibro e delle trincee atte alla protezione di tali appostamenti.

Il recupero:

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Una delle opere realizzate in occasione della ricorrenza che celebriamo è il recupero e la valorizzazione di alcuni tratti della linea nel territorio intelveseIl percorso, segnalato da cartelli, si svolge tra Casasco, il Sasso Gordona, l’Alpe di Casasco, il Rifugio Prabello, il Piano delle Alpi, Casasco.Interessa il territorio dei Comuni di Cerano, Casasco, Schignno, Castiglione. Il rilievo in campo ha annotato :

All’ Alpe di CasascoPiazzole per cannone 149 A e G

Al Piano delle Alpi (Cerano)Piazzole per mortaio 210

Al Monte Crocione (Pizzo della Croce)

Piazzole per cannone 14 A

Nesuna postazione aveva gravi problemi Si era rilevato sporco generalizzatonecessitante pulizia generale, liberazione dalla vegetazione, piccola ricostruzione delle pietre cadute

I lavori di recuoero sono stati attuati ed ogni anno vengono organizzate visite guidate.

E’ prevista la riproduzione del Monumento al Battaglione Valle Intelvi, rilevato da quello del Museo di Temù.Sono stati recuperati , restaurati o puliti ed esposti in un piccolo Museo a casco , alcuni cimeli risalenti all’epoca.

2- per il ricordo della partecipazione in armi

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Il Battaglione Valle Intelvi sull’Adamello

E’ uno degli episodi più tragici della storia intelvese, anche se i caduti propriamente intelvesi in quell’infausto evento furono relativamente pochi.

Il Val d’Intelvi fu formato nell’ambito del 5° Reggimento Alpini, come battaglione della Milizia, il 15 febbraio 1915 a Morbegno.

Ad inizio giugno1915 fu trasferito nell’Alta Valle Camonica e schierato nella zona strategica del Passo del Tonale.In agosto, settembre ed ottobre prese parte agli attacchi contro il Passo del Monticello e contro le postazioni degli Austro-Ungarici a meridione del Tonale nel Gruppo dell’Adamello

Fino alla prima decade dell’aprile 1916 il Val d’Intelvi rimane a presidio delle posizioni di Ercavallo e del Montozzo, alternando il servizio di avamposti, con quello di trasporto viveri e materiali.

Nella seconda metà di aprile 1916 venne inviato sull’Adamello per prendere parte alla grandiosa battaglia dei Ghiacciai. Il 12 aprile 1916 le truppe italiane partirono dal Rifugio Garibaldi, attaccarono gli Austro- Ungarici, li travolsero e si impadronirono di tutti gli obiettivi sulla linea di confine sulla catena centrale.

Il Plotone sciatori del BTG Val d’Intelvi, sotto il comando del capitano Davide Valsecchi, prese parte all’attacco, operando contro il Passo della Lobbia Alta.

Valsecchi fu uno dei protagonisti, nel luglio del 1915, della salita alla vetta che venne battezzata Punta Intelvi (a m.2668 a sud-est di Ponte di Legno), lungo la linea di demarcazione fra le altre valli Narcane e Seria.

La Battaglia dei Ghiacciai riprese il 29 Il Battaglione Val d’Intelvi, sotto il comando del maggiore Antonio Ferrari, entrò in azione il 30 aprile.

Mandò il Plotone sciatori sul Crozzon di Folgorida, poi attaccò i Passi di Folgorida e delle Topette, e venne respinto con gravi perdite.

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La storia di quel tragico attacco è stata raccontata nel libro di Alberto Redaelli L’attacco frontale del Val d’Intelvi ai due passi, su quel terreno del tutto scoperto, in forte pendenza e sulla bianca neve molle nella quale si affondava fino alle ginocchia, si risolse in un massacro!

Scese la notte e i superstiti si ritirarono: quelli del Val d’Intelvi sul Passo della Lobbia.

La sera del 10 maggio gli alpini del Val d’Intelvi conquistarono di sorpresa il Passo del Diavolo e la sera del 13 maggio la 43° del Btg. Valle d’Aosta occupò il Crozzon del Diavolo.

Da queste postazioni fu lanciato l’attacco finale e nel pomeriggio del 14 maggio 1916 gli Austro Ungarici abbandonarono i due passi che furono occupati dal Val d’Aosta.

Con la conquista dei Passi di Folgorida e delle Topette, che tanto sangue era costata agli alpini, la Battaglia dei Ghiacciai era finalmente conclusa.

L’episodio di Fabrizio Batanta , medaglia d’Argento

“Il Brigante del Cavento”, così è stato chiamato questo eroico, molto avventuroso alpino intelvese, protagonista di episodi tra i più avventurosi della Guerra Bianca. In particolare la conquista del Cavento, che era diventata punto d’onore per le nostre truppe impegnate sull’Adamello: conquistato, perso, riconquistato definitamente.

Con grandi sacrifici, fatiche e pericoli: proprio, come dice la preghiera. “Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai…, sui vertiginosi precipizi e col gelo implacabile…”: l’inverno del ’17 fu vissuto tra i 32° e 42° gradi sotto zero!

Fabrizio Batanta, portatore di passaporto svizzero non fu arruolato, ma volle fare la sua parte e si presentò volontario. Da semplice alpino fu promosso tenente e concluse la carriera militare come colonnello.

Un altro episodio lo distinse, e ne sono venuto a conoscenza recentemente dalla viva voce del proprietario del Rifugio Adamello, in alta val di Genova, a sua volta raccolto dalla viva voce del Batanta..

Nella ricorrenza del 50° della fine del conflitto, il colonnello Batanta, ormai ottantenne, volle ritornare sui luoghi della sua avventura bellica e soggiornò proprio in quel Rifugio col suo omologo e avversario austriaco: la salita ai luoghi della Guerra, i racconti dei ricordi comuni, la rievocazione di episodi tragici e umani, uno dei quali è particolarmente significativo.

A valle del rifugio Adamello attuale ne esisteva un altro, il primo che l’Associazione tirolese Alpina aveva aperto. Il Comando superiore italiano era convinto che lì avesse sede il Comando austriaco di zona e decise che doveva venire distrutto. Operazione di estremo rischio e di notevole impegno, anche fisico: si trattava di scendere e poi risalire dalle postazioni di vetta (sui 3000) al fondovalle ( a 1500) !

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Batanta si offrì per l’impresa: scese, si avvicinò al Rifugio, gettò all’interno due bombe a mano e ne provocò la distruzione. Solo dopo si rese conto, forse con sollievo, che il Rifugio era deserto!

Quindi nessun morto, un episodio quasi goliardico!

Ritornato alla vita civile, la trascorse nel lavoro proprio dei suoi antenati: in edilizia, geometra alle Ferrovie.

Intelvese appassionato, coglieva ogni occasione per tornare in Valle dove era conosciuto ed ammirato da tutti e dove è ancora ricordato come il modello dell’Alpinità.

ROBERTO SARFATTI – un giovane eroe comascoCaporale degli Alpini 6° reggimento Alpini

Infine un ultimo accenno a questo giovane cui è stato dedicato il monumento fatto costruire dalla Madre di Roberto, Margherita Sarfatti, su progetto di Giuseppe Terragni, Architetto comasco, sul Colle di Echerle ( Asiago )

Medaglia d'oro, nato a Venezia il 10 maggio 1900, morto sul Col d'Echele il 28 gennaio 1918. Si arruolò volontario per eludere il rifiuto che avrebbe accolto la sua richiesta a causa dell'età troppo giovanile . Partecipò alla conquista di una postazione, ma vi lasciò la vita. .

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Commiato :

Cento anni ci separano da quell’immane tragedia che fu la Guerra Mondiale, la prima e purtroppo non l’unica. Provocò la perdita di intere generazioni ma fu anche cemento dell’identità italiana, suscitò nuove esigenze civili, rinsaldò il vincolo tra le genti di montagna : tra gli Alpini appunto.

Il Convegno di Asiago, in questo anno del ricordo, è la dimostrazione di quanto ancora sia vivo il sentimento di fraternità tra le nostre genti.