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PESO GLOBALE DELLA MALATTIA CARDIOVASCOLARE RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLARE E METABOLICA GESTIONE DEL RISCHIO DI PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE TRAINING NELLE CARDIOPATIE PROTOCOLLI DI ALLENAMENTO Capitolo I CAPITOLO I LA MALATTIA CARDIOVASCOLARE

Pagine da fitness cardiometabolico manuale

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Pagine da Fitness cardiometabolico: il manuale L'esercizio fisico nella patologia cardiovascolare e metabolica: dalla teoria alla pratica di: P.M.Casali-L.Marin-M.Vendoni http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/fitness-cardiometabolico-il-manuale

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PESO GLOBALE DELLA MALATTIACARDIOVASCOLARE

RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLAREE METABOLICA

GESTIONE DEL RISCHIO DI PATOLOGIACARDIOVASCOLARE

TRAINING NELLE CARDIOPATIE

PROTOCOLLI DI ALLENAMENTO

Capitolo I

CAPITOLO I

LA MALATTIA CARDIOVASCOLARE

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All’inizio del XX secolo, la malattia cardio-vascolare era responsabile all’incirca del10% di tutte le morti negli Stati Uniti.La malattia cardiovascolare rappresentaoggi la prima causa di morte nel mondooccidentale, contribuendo per il 30% allamortalità globale contro il 13% del cancroe il 4% della broncopatia cronica.Nel corso della prima metà del secolo, icambiamenti dello stile di vita indotti dal-l’urbanizzazione e dalla transizione daun’economia prevalentemente agricola auna industriale hanno rapidamenteaumentato la percentuale delle morti permalattia cardiovascolare, fino al 35% deltotale: negli Stati Uniti e nell’intero mondoindustrializzato si tratta della prima causadi morte.Attorno alla metà dello stesso secolo, dallaconstatazione dell’esistenza di “fattori dirischio” – ipertensione, ipercolesterolemiae fumo – per lo sviluppo della malattiacardiovascolare, è nato un forte interesseper l’attività di prevenzione.Lo sviluppo delle unità coronariche, delletecniche di rivascolarizzazione miocardica,delle terapie ipocolesterolemizzanti e anti-pertensive hanno fatto sì che si diffondes-se la convinzione che la patologia vasco-lare aterosclerotica fosse “sotto controllo”;in realtà, a dispetto di questi incoraggiantiprogressi, la situazione non è così rosea.Con il passaggio dall’economia industrialea quella dell’informazione e dei servizi,abbiamo visto affermarsi regimi alimentariipercalorici (fast food e “cultura di McDo-nald’s”) che, unitamente a un drammaticocalo dell’attività fisica, sono responsabilidelle epidemie di diabete tipo 2 e dell’obe-sità. La percentuale di popolazione insovrappeso od obesa è cresciuta del 5%per decade dal 1960 a oggi e la percen-tuale dei diabetici è quasi raddoppiatanegli ultimi 10 anni.

Un gruppo di fattori di rischio - che com-prende insulino-resistenza, obesità centra-le, dislipidemia, ridotta tolleranza al glu-cosio, ipertensione essenziale e infiamma-zione - è associato a una condizione diaumento del rischio cardiometabolico,presente in circa un quarto della popola-zione adulta. Per controllare il rischio car-diometabolico si deve comprendere que-sto gruppo di fattori di rischio e studiare idiversi modelli di prevenzione e tratta-mento che sono ora a disposizione.L’approccio che sta emergendo in questianni è quello che prende in considerazionesvariati fattori al fine di determinare ilrischio cardiometabolico globale. Solo que-sta strategia consente di offrire la migliorcura possibile a ogni paziente.La maggior parte dei pazienti affetti damalattia cardiovascolare lamenta poi unalimitazione funzionale, tanto che le coro-naropatie sono seconde solo alle patologieosteoarticolari nel determinare un deficitnell’esecuzione delle comuni attività dellavita quotidiana.Questo contribuisce tra l’altro ad aumen-tare la spesa sanitaria dei soggetti malati,che è tripla (Hoffman 1996) rispetto aquella dei soggetti non affetti e che èdestinata ad aumentare negli anni, invirtù dell’invecchiamento della popolazio-ne e dell’elevata prevalenza di scompensocardiaco nei soggetti anziani.Lo scenario appena descritto ha sicura-mente preoccupato chi gestisce la sanità,tanto che sono state sponsorizzate nume-rose campagne di sensibilizzazione dell’o-pinione pubblica, come - a titolo di esem-pio - “2004 Anno del Cuore”, per la pre-venzione dei fattori di rischio della malat-tia cardiovascolare, campagna che sottoli-neava con particolare enfasi l’importanzadell’attività fisica nel contrastare l’insor-genza e lo sviluppo di queste patologie.

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I LA MALATTIA CARDIOVASCOLARE

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Capitolo II

CAPITOLO II

IPERTENSIONE ARTERIOSA

CLASSIFICAZIONE DELL’IPERTENSIONE

EFFETTI INDOTTI DALL’ATTIVITÀ FISICA

PROTOCOLLI DI ALLENAMENTO

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L’ipertensione, presente in proporzioniepidemiche negli adulti delle società indu-strializzate, è associata con un marcatoaumento del rischio cardiometabolico.Vi è un continuo dibattito circa l’opportu-nità di trattare farmacologicamente i sog-getti con ipertensione lieve o moderata,per i quali vi sono certezze a favore dell’e-sercizio aerobico come terapia, capace diridurre significativamente i valori di pres-sione arteriosa e di evitare la comparsadell’ipertensione in soggetti a elevatorischio di svilupparla.L’American College of Sport Medicine rac-comanda l’esercizio di resistenza comestrategia non farmacologica per la ridu-zione dei valori di pressione arteriosa.Un grande numero di studi dimostra chel’allenamento di resistenza può ridurre di10 mmHg i valori di pressione sistolica ediastolica, in soggetti con ipertensioneessenziale moderata (PA 140-180/90-105mmHg) e secondaria a disfunzione renale.Da rammentare inoltre che l’esercizioaerobico è in grado di controllare anchealtri fattori di rischio cardiometabolico neisoggetti ipertesi.Le modalità frequenza e intensità racco-mandate sono analoghe a quelle consi-gliate per il mantenimento del fitness car-diovascolare in adulti sani.L’allenamento a intensità più basse (40-70%) del V

.O2max offre in modo analogo

un vantaggio rispetto all’esercizio piùintenso, peraltro indicato in specifichepopolazioni.Le persone fisicamente attive hannoun’incidenza di mortalità inferiore rispet-to ai sedentari, quindi sembra ragionevo-le raccomandare l’esercizio nel tratta-mento iniziale dell’ipertensione lieve emoderata.Un periodo di follow-up dovrebbe valutarel’efficacia del programma di allenamento e

dovrebbero essere effettuate correzionialla terapia tenendo conto del controllodei valori pressori e dei fattori di rischio.I soggetti con valori di pressione arteriosaparticolarmente elevati (>180/105 mmHg)dovrebbero intraprendere l’esercizio solodopo aver iniziato il trattamento farmaco-logico.L’ipertensione, definita come riscontro divalori di pressione arteriosa superiori a140/90 mmHg, è presente nel 17% degliadulti; la sua preponderanza cresce conl’età, è maggiore nei maschi rispetto chenelle femmine, nei neri rispetto ai bianchi.Almeno il 90% – e probabilmente più del95% – di tutte le ipertensioni sono dovutea cause ignote e pertanto definite prima-rie o essenziali.I maschi e le femmine con valori di pres-sione arteriosa superiore a 160/95 mmHghanno un’incidenza di coronaropatia,scompenso cardiaco, claudicatio intermit-tens e ictus del 150-300% superiorerispetto ai normotesi.Le femmine sembrano tollerare meglio deimaschi lo stato ipertensivo; gli anzianimostrano un rischio maggiore di eventicardiovascolari in presenza di ipertensionearteriosa, portando alla conclusione cheessa non dovrebbe essere accettata comeuna normale conseguenza dell’età.Numerose sono le evidenze a favore deibenefici derivanti da una terapia aggressi-va dell’ipertensione.Diversi studi longitudinali indicano cheindividui normotesi con risposta ipertensi-va all’esercizio mostrano un aumentatorischio di sviluppare ipertensione.Diversi studi recenti hanno mostrato chel’allenamento a intensità comprese tra il40 e il 70% del V

.O2max ha lo stesso, o

superiore, effetto sulla riduzione dellapressione arteriosa rispetto a intensitàsuperiore.

II IPERTENSIONE ARTERIOSA

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EPIDEMIOLOGIA

CLASSIFICAZIONE

TRATTAMENTO

PROTOCOLLO DI ALLENAMENTO

Capitolo III

CAPITOLO III

ARTERIOPATIA OBLITERANTE DEGLI

ARTI INFERIORI

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La malattia aterosclerotica delle arteriedegli arti inferiori è diffusa nella popola-zione di età superiore ai 50 anni: vieneconsiderata come la manifestazionemeno drammatica di una grave patologiapolidistrettuale, rispetto alla quale ha ilsignificato di indicatore, ovvero indice dirischio.Infatti le ostruzioni arteriose acute compli-canti placche aterosclerotiche che si mani-festino nel distretto coronario o vascolarecerebrale possono portare all’infarto delmiocardio oppure all’ictus cerebri, conconseguente lesione funzionale cardiaca ocerebrale; mentre il difetto di perfusione allivello del circolo arterioso periferico simanifesta abitualmente con la claudicatiointermittens. Vi sono anche in questodistretto occlusioni arteriose acute, di soli-to su base embolica, ma per la maggioreresistenza del tessuto muscolare all’ische-mia è raro il sopraggiungere della necrosivera e propria; vi sono margini di manovrachirurgica e farmacologia molto più ampiche non nelle occlusioni arteriose acute alivello coronarico o cerebrale.La claudicatio intermittens è rappresenta-ta dalla comparsa di dolore crampiformeal livello di uno o più distretti muscolaridell’arto inferiore, compare durante ilcammino, tende a insorgere dopo untempo ben preciso e si risolve spontanea-mente, nell’arco di pochi minuti, con ilriposo.La comparsa del dolore è da riferire aischemia del gruppo muscolare interessa-to, causata da insufficiente flusso arterio-so, per la presenza di lesioni stenosanti eostruttive tali da non garantire un ade-guato flusso arterioso in esercizio.La limitazione funzionale causata da que-sta forma morbosa è grave e può compro-mettere la vita di relazione e la capacitàlavorativa.

L’incidenza della claudicatio è riferita circaal 2% della popolazione generale, conincremento in relazione all’età e alla con-comitanza di altri fattori di rischio: sale al10% nelle persone di età fra 60 e 69 anni,in presenza di diabete e coronaropatia.

Nella maggior parte dei soggetti, è presenteuna tendenza alla cronicizzazione e stabiliz-zazione della malattia; peraltro nel 15-20%dei casi la forma assume carattere ingrave-scente e compaiono dolori a riposo enecrosi ischemiche dell’arto interessato, chene mettono a repentaglio la conservazione.Questi pazienti hanno una mortalità di 2-3volte superiore rispetto alla popolazionegenerale e pertanto è di fondamentaleimportanza che vengano diagnosticati etrattati globalmente il più precocementepossibile.Il rischio maggiore è rappresentato daeventi cardiaci e cerebrali.Il ruolo dei fattori di rischio in tutte le fasidella patologia cardiovascolare è larga-mente documentato e, in particolare, perquanto riguarda l’arteriopatia degli artiinferiori, occorre rammentare che la coesi-stenza di diabete condiziona sfavorevol-mente il microcircolo periferico.Il fattore di rischio più diffuso in questisoggetti è il fumo: infatti il 78% è fuma-tore (Framingham). L’abolizione del fumodiminuisce il rischio sia di evoluzioneverso gli stadi più gravi della malattia, siadi complicanze cardiologiche e cerebrali.

III ARTERIOPATIA OBLITERANTE DEGLI ARTI INFERIORI

EPIDEMIOLOGIA

• 2% popolazione generale

• 10% tra 60 e 70 anni

• Mortalità 2-3 volte superiore alla popolazione generale

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DIAGNOSI DI SINDROME METABOLICA

IPERINSULINEMIA

RUOLO DEL TRAINING

METABOLISMO ENERGETICO MUSCOLARE

DIABETE MELLITO

PROTOCOLLO DI ALLENAMENTO

Capitolo IV

CAPITOLO IV

SINDROMEMETABOLICA

E DIABETE MELLITO

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La diagnosi di sindrome metabolica vieneposta quando sono presenti almeno tredelle seguenti caratteristiche (US NationalCholesterol Education Program):

I soggetti affetti da sindrome metabolicasono generalmente ad alto rischio perpatologie cardiovascolari.Lo stile di vita ha un alto impatto su tuttele componenti della sindrome metabolica:per questo, nella gestione della sindrome,è necessario attribuire la massima impor-tanza alle modifiche dello stile di vita, da

realizzare sotto la supervisione di persona-le specializzato, soprattutto per quantoriguarda gli sforzi per ridurre il peso cor-poreo e aumentare l’attività fisica.

» Altre terapie farmacologiche a effetto preventivoSono da prendere in considerazione aspiri-na e farmaci antipiastrinici per tutti ipazienti con patologia cardiovascolare;anticoagulanti nei coronaropatici conaumentato rischio di eventi trombotici,ace-inibitori e beta-bloccanti nei pazienticon pregresso infarto miocardico e disfun-zione ventricolare sinistra.

» Screening dei parenti di primo gradoI parenti di primo grado dei pazienti concoronaropatia precoce (maschi <55 anni,femmine <65 anni) e i soggetti apparte-nenti a famiglie con ipercolesterolemiafamigliare o altre dislipidemie ereditariedevono essere valutati per il rischio car-diovascolare, in quanto sono a elevatorischio.

SINDROME METABOLICA E DIABETE MELLITO

• circonferenza vita >102 cm neimaschi, 88 cm nelle femmine;

• livelli sierici di colesterolo >150mg/dl;

• livelli di colesterolo HDL <40 mg/dl nei maschi, <50 mg/dl nellefemmine;

• pressione arteriosa >130/85 mmHg;• glicemia >110 mg/dl.

INSULINO-RESISTENZA identificata da una delle seguenti condizioni: • Diabete tipo 2 • Iperglicemia a digiuno • Intolleranza glucidica

IPERTENSIONE ARTERIOSA > 140/90 mmHg

IPERTRIGLICERIDEMIA > 150 mg/dl

COLESTEROLO HDL < 35 mg/dl negli uomini e < 39 mg/dl nelle donne

BMI > 30 kg/m2 o rapporto vita/fianchi > 0,9 negli uomini e > 0,85 nelle donne

ESCREZIONE URINARIA DI ALBUMINA > 20 mcg/min

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CRITERI OMS PER LA DIAGNOSI DI SINDROME METABOLICA

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PREVALENZA DELL’OBESITÀ

RUOLO DELLA SEDENTARIETÀ

TRAINING NEL PAZIENTEOBESO/SOVRAPPESO

PROTOCOLLO DI ALLENAMENTO

Capitolo V

CAPITOLO V

SOVRAPPESOE OBESITÀ

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capitolo VSOVRAPPESO E OBESITÀ

TRAINING NEL PAZIENTEOBESO/SOVRAPPESO

“La morte improvvisa è più comune neigrassi che nei magri” (Ippocrate).L’obesità oggi è diventata una vera epide-mia: mentre 40 anni fa non arrivavano al25%, oggi gli individui definiti in sovrap-peso od obesi sono quasi il 70% dellapopolazione negli Usa.La situazione non è migliore in Europa,dove si registrano dati che si avvicinano aquesti.Sebbene troppo spesso venga consideratasoltanto un problema estetico, non unavera minaccia per la salute, senza dubbiol’obesità rappresenta invece un grosso far-dello che grava sull’apparato cardiovasco-lare.Recenti evidenze mostrano come talecondizione sia associata a una morbilitàpiù elevata di quella di fumo, alcoolismo epovertà, sottolineando che, se si manterrànegli Usa l’attuale tendenza, l’obesitàdiventerà responsabile di 300.000 decessiogni anno, superando l’abuso di sigarettee diventando la principale causa prevedi-bile di decesso.Produce effetti negativi su svariati fattoridi rischio di coronaropatia; rispetto agliindividui magri, gli obesi hanno maggioreprobabilità di diventare ipertesi e il loroaumento ponderale è associato a innalza-mento della pressione arteriosa.Indipendentemente dalla pressione, l’obe-sità aumenta il rischio di sviluppare iper-trofia del ventricolo sinistro, in particolaredel tipo eccentrico.Influisce negativamente sui lipidi plasma-tici, provocando soprattutto aumento deitrigliceridi e diminuzione del colesteroloHDL, costituisce uno dei fattori fonda-mentali nello sviluppo di sindrome meta-bolica (insulino-resistenza) e diabete mel-

lito, entrambi associati a elevati livelli diinfiammazione e di mortalità cardiovasco-lare totale.L’obesità è un fattore di rischio indipen-dente per i principali eventi coronarici neimaschi e soprattutto nelle femmine. Lariduzione del peso corporeo offre vantaggiprognostici e in termini di qualità dellavita.Non sono risparmiati nemmeno i bambini:nei paesi industrializzati il 10% è sovrap-peso e di questi il 25% può definirsiobeso.L’Italia si distingue in Europa per una pre-valenza di bambini sovrappeso del 36%,seguita dal 34% della Spagna.L’elevato tasso di bambini sovrappeso eobesi si ritiene abbia due cause fonda-mentali: riduzione del consumo di frutta everdura, inattività fisica.L’obesità è una patologia a genesi multi-fattoriale, che richiede un approccio pre-ventivo e terapeutico complesso e inte-grato, basato sul recupero di un’educazio-ne alimentare e sull’impostazione di unostile di vita salutare, che preveda un’attivi-tà fisica costante.Un aspetto particolare del sovrappeso, aponte con il diabete, è quello che connotala cosiddetta sindrome metabolica, condi-zione caratterizzata dalla coesistenza dialmeno tre dei seguenti criteri: obesitàaddominale (cfr vita>102 cm nei maschi,88 cm nelle donne), dislipidemia ateroge-na (>trigliceridi, <HDL, >LDL), ipertensionearteriosa borderline (>130/85), insulinore-sistenza (glicemia basale>110 mg%), statoproinfiammatorio (>prot C) e protrombo-tico (>PAI1 e fibrinogeno).Questa condizione sembra interessare il20% dei soggetti di età superiore ai 20anni e il 40% di quelli oltre i 40 anni.Riconosce, al pari dell’obesità, eziologie esituazioni scatenanti diverse. Rappresenta

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MALATTIE LEGATE ALL’ALIMENTAZIONE

PREVENZIONE TRAMITE L’ALIMENTAZIONE

STUDI DI INTERVENTO DIETETICO

EFFETTI SULL’INFIAMMAZIONEE SULL’ATEROSCLEROSI

LA PIRAMIDE DEGLI ALIMENTI

ASPETTI EDUCAZIONALI E MENTALI

Capitolo VI

CAPITOLO VI

ALIMENTAZIONE

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Fare scelte alimentari salutari è parte inte-grante e fondamentale della gestionecomplessiva del rischio.Nella formazione di professionisti capacidi interagire con soggetti che presentanopatologie cardiometaboliche, è doverosoinsistere sulle conoscenze in materia discienza dell’alimentazione, poiché sulbinomio esercizio/nutrizione poggia con-cretamente la possibilità di prevenzione ecura in questo ambito.Tutti gli individui dovrebbero ricevere, daparte di personale specializzato, consiglisugli alimenti e su come sceglierli, per for-mulare una dieta associata al minimorischio di patologie cardiovascolari.Una dieta corretta riduce il rischio median-te numerosi meccanismi, tra cui calo pon-derale, riduzione pressoria, effetti sul profi-lo lipidico, controllo della glicemia, riduzio-ne della tendenza alla trombosi e riduzionedell’infiammazione.I pazienti con ipertensione arteriosa, dia-bete, ipercolesterolemia o altre dislipide-mie, sindrome metabolica e obesità devo-no ricevere una consulenza dietetica spe-cialistica.

MALATTIE LEGATE ALL’ALIMENTAZIONE: ATEROSCLEROSI, CARDIOPATIAISCHEMICA, DIABETE, CANCRO

L’evidenza di un legame fra dieta e cancroderiva da studi epidemiologici (ovverocondotti su popolazioni) e su animali.Pare che circa il 35% delle morti per can-cro possano essere correlate a fattori ali-mentari.Mancano a tutt’oggi evidenze conclusivesul fatto che uno specifico nutriente o ali-mento possa causare o prevenire il cancronell’uomo, nondimeno è stato possibile

identificare linee guida per ridurre ilrischio di cancro:

L’esistenza di una relazione causale traelevati livelli di colesterolo sierico e malat-tia cardiovascolare aterosclerotica, pro-spettata più di un secolo fa da Virchow, haavuto conferme inequivocabili con i grossistudi di intervento con statine. Poichéinoltre i livelli di colesterolo sono modifi-cabili per via alimentare, ecco apparire lapossibilità di una diretta correlazione traalimentazione e sviluppo di aterosclerosi.Studi epidemiologici eseguiti nei primianni ’60 hanno mostrato basse incidenzedi cardiopatia ischemica e un’aspettativadi vita tra le più lunghe al mondo in paesiintorno al bacino del mediterraneo.Da queste osservazioni, prese avvio il pro-gramma di ricerche internazionali delSeven Countries Study, studio cooperativosull’epidemiologia della malattia vascolareaterosclerotica.Furono studiati 12.770 uomini, di età com-presa tra 40 e 59 anni, in Finlandia, Grecia,Italia, Giappone, Paesi Bassi, Stati Uniti eIugoslavia.

VI ALIMENTAZIONE

• mantenere un peso corporeo con-tenuto;

• alimentarsi con una dieta varia;• includere una notevole varietà di

frutta e verdura nella dieta quoti-diana;

• consumare una maggior quantitàdi cibi ricchi in fibre;

• apporto totale dei grassi al 30%della quota calorica giornaliera;

• limitare il consumo degli alcolici;• limitare il consumo di cibi sotto

sale o conservati con nitriti (dieto-logia, il manuale della Mayo clinic).

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Page 13: Pagine da fitness cardiometabolico manuale

PROTOCOLLI DEL TEST DA SFORZO

ERGOMETRI

IL TEST CARDIOPOLMONARE

NOTE LEGALI

Capitolo VII

CAPITOLO VII

TEST ERGOMETRICO

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Il test ergometrico (prova da sforzo) è unametodica strumentale non invasiva fra lepiù diffuse in ambito cardiologico.L’osservazione di una relazione fra l’eserci-zio e la depressione del tratto ST neipazienti coronaropatici rappresenta la pie-tra miliare della moderna prova da sforzo erisale all’inizio del XX secolo.I primi studi sul test da sforzo furono pub-blicati da Master e Oppenheimer nel 1929,senza riconoscere il valore dell’elettrocar-

diogramma nell’identificazione dell’ische-mia, ma utilizzando solo la frequenza car-diaca e la pressione arteriosa per valutarel’efficienza cardiaca del paziente. Il contri-buto di Master di quegli anni è legatosoprattutto alla definizione di un proto-collo di esercizio.Solo nel 1941 Master propose l’esecuzionedi un tracciato ECG prima e subito dopo ilsuo “test di tolleranza allo sforzo”; Johnsone colleghi, dell’Harvard Fatigue Laboratory,

VII TEST ERGOMETRICO

TREA

DM

ILL

SCELTA DEL PROTOCOLLO DEL TEST DA SFORZO IN RAPPORTO ALLA TIPOLOGIA DEL PAZIENTE E AGLI OBIETTIVI

Valutazione sospettaangina pectorispost-infarto o aritmie Scompenso cardiacocronico o angina severa

Protocollo Bruce

Protocollo Buce modificato

CICL

OER

GOM

ETRO

Step 25W ogni 3 minuti

Step 10W ogni minuto

Valutazione sospettaangina pectorispost-infarto o aritmie Scompenso cardiacocronico o angina severa

Età (anni) FC 50-75% della FCmax teorica (batt/min) FCmax teorica (batt/min)

20 100-150 20025 98-146 19530 95-142 19035 93-138 18540 90-135 18045 88-131 17550 85-127 17055 83-123 16560 80-120 16065 78-116 15570 75-113 150

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UTILITÀ DELLE VALUTAZIONI FISICHE

VALUTAZIONI DEL FITNESS MUSCOLARE

TEST PER LA STIMA DEI CARICHI MASSIMALIVALUTAZIONI DELLE CAPACITÀ AEROBICHE

2 KM WALKING TEST

6 MINUTES WALKING TEST

TEST DI COOPER

SCALA DI BORG MODIFICATA PER SOGGETTIAFFETTI DA PATOLOGIE

SCALA VAS

Capitolo VIII

CAPITOLO VIII

TEST DI FITNESS FISICO

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IMPORTANZA DEI TEST NEI SOGGETTI CON PATOLOGIE

I test di valutazione motoria, in generale,permettono di controllare lo stato diforma dei soggetti che intraprendono unadeterminata tipologia di attività fisica.In ambito fitness, i risultati dei test vengo-no rapportati con lo stato di benessere deisoggetti. In ambito di training metabolico,sono indicatori fondamentali di parametririguardanti la salute, come ad esempiol’efficienza cardiovascolare e respiratoria.Eseguiti a intervalli regolari e con scrupo-losità, permettono al trainer metabolico diavere sempre un quadro aggiornato dellostato fisico dei soggetti, aiutandolo a pia-nificare i carichi di allenamento ed evi-denziando eventuali peggioramenti dellostato di salute.

TEST DI VALUTAZIONE DEL FITNESS MUSCOLARE

Il fitness muscolare è definito dall’ACSMcome una combinazione integrata di forzamassima che un muscolo può generare auna determinata velocità e di endurance(capacità di un muscolo di contrarsi ripetu-tamente).I test che prevedono poche ripetizioni diuno sforzo valutano la forza muscolare;quelli invece che prevedono un elevatonumero di ripetizioni misurano l’endurance.Bisogna tenere presente che i test di forzaed endurance non misurano la forza glo-bale di un individuo, ma la forza del sin-golo distretto muscolare.È necessario un periodo di condiziona-mento per imparare a gestire lo sforzo e leattrezzature e per ottenere, così, risultativeritieri circa la forza dei soggetti.

Test di forza

La forza va allenata sempre con un nume-ro di ripetizioni legate al massimale.Per far ciò, si utilizzano test a esaurimentoche mirano a determinare i valori massi-mali di forza muscolare, in modo dariuscire a ottenere carichi di allenamentopersonalizzati in base al numero di ripeti-zioni da effettuare.La metodologia prevede che il trainermetabolico stabilisca un carico adatto alsoggetto (che permetta da 1 a 15 ripetizio-ni complete), il quale, dopo aver svolto unadeguato riscaldamento, esegue le ripeti-zioni dell’esercizio fino a esaurimento. Per stabilire i carichi massimali, si partedai risultati dei test (numero di ripetizionieseguite e carico applicato) e, avvalendosidella tabella di Sinclair riguardante i cal-coli di massimali con “metodo indiretto”,si individua la percentuale del massimalecorrispondente al carico utilizzato; appli-cando la corretta proporzione, si calcola ilvalore del massimale:

Proporzione:X : 100 = Peso : % rip

VIII TEST DI FITNESS FISICO

TABELLA DI SINCLAIR

Sinclair Massimali %

1 100 2-1 95 3-2 90 5-4 85 7-6 80 9-8 75 11-10 70 14-12 65 16-15 60

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LEGENDA DEGLI INDICATORI

METODOLOGIA DEI TEST

SCHEDA DI MONITORAGGIO

Capitolo IX

CAPITOLO IX

MONITORAGGIE INDICATORI

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In ambiente medico valutare e quantificarein maniera scientifica i risultati ottenuticon le terapie, farmacologiche e/o riabilita-tive, somministrate al paziente è diventatauna necessità. Questo ha portato a crearedelle schede di rilevazione dati (monito-raggi), basate sull’uso di test e scale divalutazione (indicatori) riconosciute dal-l’EBM (Evidenze in Medicina), capaci diquantificare numericamente, mediantel’uso di una legenda, lo stato di salute e diefficienza del paziente evidenziandone lavariazione (delta) tra il ricovero e le dimis-sioni. Mantenere la stessa metodologiaanche nel fitness adattato rappresenta unpassaggio fondamentale per garantire l’u-niformità di valutazione del percorso direcupero del paziente/utente. Inoltre l’usodelle schede di monitoraggio e degli indi-catori, riconosciuti in medicina, consenteuna migliore interazione tra il medico, ilfisioterapista e il tecnico a cui è affidato, altermine del percorso medico-riabilitativo, ilsoggetto e permette di quantificare i risul-tati del programma di allenamento.La validità di questa metodica non devemai far dimenticare il fine ultimo dell’atti-vità che è il miglioramento della qualitàdella vita della persona nella sua globalitàfisica ed emotiva; quindi i risultati andran-no valutati anche, o meglio soprattutto, intermini di soddisfazione dell’utente.Per rendere chiaro quanto anzi dettoriportiamo, come esempio, la legendadegli indicatori e il monitoraggio utilizzatidurante due laboratori: “Effetti dell’attivi-tà fisica svolta in ambiente protetto susoggetti affetti da obesità” e “Effetti del-l’attività fisica su soggetti sottoposti aintervento di chirurgia bariatrica”.I laboratori sono stati svolti in collabora-zione tra: l’Asd Medicina e Fitness (MEDe-FIT), il Corso di Laurea di Scienze Motoriedell’Università di Pavia, l’Istituto Clinico

“Città di Pavia” e la Casa di Cura di Riabili-tazione Intensiva ”Villa Esperia” di SaliceTerme.Lo stesso metodo viene utilizzato presso ilcentro MEDeFIT per registrare e oggettiva-re le valutazioni effettuate sui soggettiavviati all’attività fisica. Ovviamente itempi delle valutazioni non corrispondonopiù a quelli ospedalieri ma sono stabilitidall’equipe medico-tecnica sulla basedella programmazione individuale dell’e-sercizio.

LEGENDA DEGLI INDICATORI

Durante lo studio vengono effettuate TREvalutazioni:

La multifattorialità della patologia, con lesue molteplici secondarietà, rende pocoidonee le valutazioni della flessibilità edella resistenza muscolare utilizzate inletteratura.

IX MONITORAGGI E INDICATORI

L’utilizzo di questa metodologiaconsente di valutare e quantificarenumericamente la Capacità sistemi-ca e la Funzionalità delle catenemuscolari e articolari consentendodi oggettivarne le variazioni neitempi stabiliti.

• T0 – Coincide con il ricovero nellastruttura.

• T1 – È la valutazione effettuata ametà del ricovero.

• T2 – Rappresenta la valutazionealle dimissioni.

Cardiofitness 27-10-2008 13:42 Pagina 152