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personale di Francesco Benitex Michele Cacciofera Piero Roccasalvo DIGITAL CULTure
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Artemisia aka Francisco, Michele e Piero, tre amici, tre artisti di razza. Una sera
Artemisia mi parlò dei suoi lavori e della sua amicizia con Michele e Piero, e del
fatto che avrebbero voluto fare una mostra insieme. Ci hanno provato in RL, ma
per varie traversie non fu possibile. Venne l'idea di farla qui, in SL.
La cosa mi stuzzicò. In fondo è uno dei motivi che mi hanno portata qui, far
interagire RL e SL.
Così è nata "Il Corpo e l'Anima".
Tutti e tre utilizzano il corpo umano come immagine, e tutti e tre esplorano
l'anima. Nei lavori di Artemisia, si assaporano le emozioni degli sguardi. Sottili
espressioni dell'essere interiore.
Delicati ritratti e intese introspezioni.
Michele Caciferra è ancora più intimistico. Con pochi tratti riesce a dare vita a
movimenti e sentimenti. Le sue opere, in apparenza semplici disegni, portano a
chi osserva con attenzione, all'urlo interiore che solo grandi artisti riescono a far
esplodere.
Piero tra i tre è il più "anima". Trasfigura il corpo e passa direttamente al
contenuto. I blu che usa sono l'etereo mondo, dove posizionare la struttura
corpo. Che viene sezionata e disarticolata, beffeggiata a volte. per lui bisogna
passare oltre l'apparenza. Vivere l'intimo e non curarsi del contenitore.
Sono tutti e tre artisti di calibro internazionale, e siamo lieti di poterveli
presentare.
Digital Cult_ure
Alexy Solo Curatrice
Colpo Wexler
Kill Dyonisus
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FRANCISCO BENITEZ
L‟opera colta di Francisco Benitez da sempre é attenta alle correnti figurative dal periodo greco all‟arte
contemporanea: suoi principali riferimenti la pittura tardo ellenistica e romana, il caravaggismo e le
correnti pittoriche che nel XVII secolo hanno operato tra l‟Italia meridionale e la Spagna e che oggi
continuano ad influenzare i generi figurativi più noti (neofigurativismo, pittura colta, anacronismo), la
pittura metafisica di matrice dechirichiana e le sue evoluzioni fino ai nostri giorni. La sua ricerca, anche
concettuale, é tesa a dare una ampia visione allo spettatore contemporaneo sottolineando, in particolare
nella sua produzione ritrattistica, il ruolo imprescindibile e senza tempo della costruzione dell‟immagine.
Le sue tecniche privilegiate sono essenzialmente la pittura ad olio e l‟encausto che ben consentono di
porre l‟accento sulla importanza della materia nella rappresentazione; occorre tuttavia sottolineare il
fondamentale ruolo del disegno e della costruzione scenica, le cui padronanze sono ben rilevabili dalle
sue opere. Benitez utilizza come fonte di ispirazione i ritratti funerari ad encausto del Faiyum, e,
conoscendo l‟antica tecnica di lavorazione in tetracromia (tavolozza a quattro colori), attraverso la
miscela di pigmenti e cere lavorate a caldo crea dei ritratti che trasmettono un patos, un‟emozione
atemporale che risulta unitamente antica ed estremamente contemporanea; approfondendo l‟indagine
psicologica del soggetto esagera certi tratti fisiognomici per eviscerare la meta-emotività e l‟archetipo
dell‟individuo. I ritratti funerari femminili egiziani erano infatti opere che da un lato esaltavano le modelle
rappresentate evidenziandone la classe sociale e la famiglia di provenienza, ma, al contempo,
rendevano una particolare analisi introspettiva che appare oggi il profilo di maggiore modernità di tali
opere. Per tale via Benitez indaga e analizza il ruolo, la vita, la sofferenza dell‟uomo nel mondo
contemporaneo filtrandolo attraverso l‟esame storico della società in cui l‟arte ha sempre svolto un ruolo
fondamentale.
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FRANCISCO BENITEZ
“Siate come sono io! Nell‟incessante mutamento delle apparenze,
la madre primigenia, eternamente creatrice, c
he eternamente costringe all‟esistenza, che eternamente si appaga di questo mutamento dell‟apparenza!”.
(Nietzsche, La nascita della tragedia).
Testo di Sabrina Corsaro
Drammaticità, passato e presente si intersecano nell'arte di Francisco Benitez:
scorci di strutture moderne accanto ad antiche colonne in rovina, corpi umani, rivestiti da drappi bianchi o
rossi, mostrano capi e braccia che poggiano su ciò che rimane di quelle colonne. Nei dipinti realizzati ad olio
la carnagione delle figure è bronzea, fedele quindi a quel pathos mediterraneo che l‟artista vuol imprimere
nella sua arte. Vi è, in particolare nelle figure umane ritratte, una passionalità „contenuta‟, visibile nelle linee e
proporzioni classico-barocche, nell‟ondulazione e nella delicata flessione dei soggetti rappresentati.
Lo spazio è solo Questi esprimono una femminilità e sensualità mature, introspettive e la nudità è il risultato
di un ibridismo tra classicismo e caravaggismo (inteso, quest‟ultimo, come fusione di sontuosità estetica e
introspezione psicologica). Ma la nudità richiama anche l‟essenza della cultura greca, quella riconducibile al
lato nero, disordinato, istintivo dell‟anima dionisiaca. La drammaticità presente nella sua pittura rende
omaggio a quelle zone oscure e recondite di un‟arte definita negazione dell‟arte stessa. Il conflitto tra la luce
e l‟oscurità, tra la ragione e l‟istinto, trova nei dipinti di Benitez la sua esplicazione e la sua risoluzione,
tendente verso un equilibrio che confluisce in un‟armonia di linee e colori. Luce ed ombra quindi: forza
estetica del caravaggismo ed essenza conflittuale tra l‟elemento apollineo e quello dionisiaco tipica della
cultura ellenica. …
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apparentemente immobile e cristallizzato,
con un‟incisiva presenza dell‟elemento
metafisico; in esso s‟intravedono la
trasformazione e il divenire: le colonne
logore, gli strappi, gli sfregi, tutto è,
nell‟insieme, emblema di quell‟essere e
divenire in rapporto ad un termine supremo
che è il Tempo. “Le mie figure – scrive
Benitez - palpabili come sembrano, vivono
in una dimensione differente,
un luogo dove il paesaggio riflette uno
stato psicologico, un luogo in cui le figure
sono gli attori del dramma cominciato
nell‟antica Roma e che, attraverso il
barocco del Caravaggio, è arrivato fino ai
nostri giorni”. L‟arte di Benitez è
fondamentalmente figurativa poiché il
soggetto principale è l‟uomo, con i suoi
caratteri psicologici e drammatici,
percepibili nei tratti espressivi dei volti e
nelle movenze dei corpi.
….
Ma vi possiamo trovare un ulteriore contrasto: quello tra l‟anima e la maschera, tra l‟essere e l‟apparire,
senza però riuscire a porre una categorica distinzione tra le contraddittorie identità dell‟individuo. Accanto a
questa serie di opere se ne trovano altre che danno l‟idea di quel progetto che l‟artista messicano si
preoccupa di portare avanti col titolo di “PINACOTECA METAFORICA DI RICOSTRUZIONI IMMAGINATE”.
“L‟unica immagine frammentaria che oggi si possiede dei „fantasmi‟ del passato – scrive - è data dalle
interpretazioni e dalle rare improvvisazioni di antichi artisti romani”. Dal punto di vista tecnico Benitez guarda
alle tradizioni italiana e francese del XVII secolo, in particolare alle velature di colori semitrasparenti su
„grisaille‟ monocromatica, insieme a pigmenti quali il Maroger per far rivivere antiche tonalità cromatiche,
adattate al gusto e alla sensibilità moderni. Ma il tratto distintivo che rende particolare la sua arte è
rappresentato dall‟utilizzo di un‟antica tecnica pittorica: l‟encausto.
Le opere da lui realizzate ad encausto hanno per soggetto volti di donne, il cui viso è adornato da
acconciature che di volta in volta variano, così come nel tempo variavano i connotati sociali che svelavano la
provenienza dei ritratti realizzati sulle bende o sui sarcofagi nell‟ Egitto „ellenizzato‟ dalla presenza della
civiltà romana. In quest‟ottica l‟arte di Benitez può essere considerata una sorta di significativa „occasione‟
per attuare un recupero storico della nostra civiltà, al fine di illuminare le tracce di un passato che ci
coinvolge ancora e che mostra la sua eterna contemporaneità in quanto:
“Non si uccide la luce; si può soltanto soffocarla”
(Marguerite Yourcenar, Antigone o della scelta in Fuochi).
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Il procedimento di cui lui fa uso
è legato alle antiche pratiche
funebri appartenenti all‟area del
Fayoum ed è il risultato di una
commistione tra cultura egiziana
e romana, più precisamente tra
la tradizione egiziana
dell‟imbalsamazione dei defunti
e la ritrattistica romana.
L‟encausto (praticato su
superfici dure come muro,
marmo e legno) si ottiene
mescolando i pigmenti alla cera
e facendo stendere questi su un
supporto a pennello; poi
vengono fissati a caldo con
arnesi di metallo (cestri). Il
risultato di questa tecnica nella
pittura di Benitez si traduce in
un effetto realistico insieme ad
un elegante contrasto tra
opacità dei tratti di colore e
luminosità dello sguardo.
FRANCISCO BENITEZ
BIOGRAFIA
Nato a Taos (Stati Uniti), 1967; nazionalità americana e spagnola
MOSTRE PERSONALI
2009 “Imago Temporis”, Aci Castello, Italy, a cura di Sabina Corsaro.
2008 “Ekfrasi”, Galleria Quadrifoglio, Siracusa.
“Dionisiaca”, Capella Bonjauto, Catania, a cura di Sabina Corsaro.
2006 Ex-convento del Ritiro, Siracusa.
2004 Red Box/Galerie Sarah Robert, Barjols, Francia.
2003Chase Gallery, Boston, Stati Uniti.
« Le Baccanti », Cline Fine Art, Santa Fe, Nuovo Messico, Stati Uniti.
2002 Galleria d‟Arte Il Sagittario, Messina (catalogo).
Cline Fine Art, Santa Fe.
2001 Chase Gallery, Boston.
2000 Cline Fine Art, Santa Fe.
1999 « The Figure: Between Color and Line », Cline Fine Art, Santa Fe.
1998 « Francisco Benítez », Chase Gallery, Boston.
« An Art Alphabet », Cline Fine Art, Santa Fe.
1997 « The Senses », Cline Fine Art, Santa Fe.
« Dialogues », Galerie Sainte-Catherine, Rodez, Francia.
1996 « Female Allegorical Portraits », Cline Fine Art, Santa Fe.
1994 « From Figurative to Abstract », Santa Fe Contemporary Art, Santa Fe.
PRINCIPALI MOSTRE COLLETTIVE
2009 “Figurations II”, Nüart Gallery, Santa Fe, USA.
“Director‟s Choice”, Chase Gallery, Boston, USA.
2008 Chapelle des Pénitants, Gordes, France.
2007 « MigrAzioni », Siracusa, a cura di Michele Romano.
« La Visione Negata », Siracusa, a cura di Nino Portoghese.
2006 « The Figure II», Cline Fine Art, Scottsdale, Arizona.
« MigrAzioni », a cura di Michele Romano, Siracusa.
2004 « The Figure », Cline Fine Art, Scottsdale, Arizona.
« Uninterrupted Mysteries », J. Cacciola Gallery, Bernardsville, New Jersey.
2003 « Gallery Artists », J. Cacciola Gallery, New York.
2002 « Il paradiso ritrovato », Chiostro di San Francesco, Sorrento (Na).
2001 « Le rouge et le noir », Aumônerie St-Jacques, Gordes, Francia.
« Windows Project », a cura di Guy Ambrosino, Santa Fe.
« Painting is Dead », a cura di Guy Ambrosino, Plan B Evolving Arts, Santa Fe.
2000 « Sanctified or Censored? », a cura di Monika Steinhoff, Santuario de Guadalupe, Santa Fe.
« Un ensemble d‟artistes », Galerie Thuillier, Parigi.
« Revealing the Nude: A Timeless Passion », Chase Gallery, Boston (catalogo).
4033 Los Milagros
Santa Fe, NM 87507, USA
18, rue des martinets
Les Costes Rouges
12850 Onet-le-château, FR
tel/fax 1505 424 3103, E-mail:
pacanne @earthlink.net
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MICHELE CACCIOFERA
La vittoria dei prigionieri ovvero l‟urlo del silenzio
Renato Miracco
Direttore dell‟Istituto Italiano di Cultura di New York
Gli angeli (dicono) spesso non sanno se vanno tra i vivi o tra i
morti. L‟eterna corrente trascina attraverso entrambi i regni ogni
età, sempre con sé,
ed entrambi sovrasta con il suo suono.
Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, 1911
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Quando, insieme a Michele, abbiamo deciso
di realizzare questa mostra, mia ferma
volontà era di trasformare l‟esposizione, puro
atto visivo, in una piccola ma sentita
esperienza personale ed emotiva.
Tutti noi (ammettiamolo!), viviamo in guerra
e in guerra vi sono vincitori e vinti, carnefici e
prigionieri.
Ammettere di essere PRIGIONIERI vuol dire,
innanzitutto, confessare a noi stessi, che
dobbiamo liberarci del nostro “passato
psicologico” ed entrare nell‟eternità del
“presente psicologico”.
È sicuramente una delle nostre difficoltà più
gradi liberarci del passato psicologico.
Il nostro atteggiamento è che vogliamo
seppellirlo, risvegliarlo, capirlo, essere
compatiti per lui. Cominciamo, invece, per
una volta, a dimenticar- lo: ci farà male
dapprima, ma è il primo atto di liberazione.
Non voglio qui ora rinnegare le ricerche
analitiche o esistenziali, tutt‟altro, ma vi è il
tempo per ogni cosa.
Vi è il tempo dell‟agire e quello del pensare,
il tempo del dimenticare e quello del
ricordare, esattamente come il respiro: la
nostra vita è governata dalla dualità.
Se non facciamo questo piccolo sforzo, si
proietterà il passato nel presente e allora il
presente sarà contaminato dal passato.
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MICHELE CACCIOFERA
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Chi fa questo non vede quello che è, ma quello
che è stato.
Se ci si guarda solo indietro o se si guarda solo al
futuro, il presente è dimenticato e non vissuto.
Il PRIGIONIERO allora, nella sua stasi, nella sua
costrizione, nella sua inattività comincia a capire
tutto questo.
Ascoltare il nostro respiro, il nostro ritmo, diverso
in ciascuno di noi, è la prima delle nostre
conquiste che ci sono donate.
Ascoltare, perché nei piccoli rumori, in quelli che
cerchiamo sempre di coprire è infatti scritto tutto:
il passato, il nostro presente e il nostro futuro.
Un uomo che non sa udire non può certo
ascoltare i consigli che la vita continuamente gli
elargisce. Solo chi ascolta il rumore del presente
può prendere una decisione giusta.
Di qui la scelta dei soggetti concordata con
l‟artista: rappresentare dei prigionieri, dei vinti,
delle persone immerse nel loro abbrutimento
fisico non voluto.
L‟immagine rimanda così alla sofferenza, alla
guerra vissuta a livello diverso nella nostra
quotidianità e/o alla Guerra (con la G maiuscola),
di cui ogni giorno leggiamo sui giornali.
Una Guerra che sembra allontanarsi e avvicinarsi
ossessivamente, una Guerra che vorremmo non
ci riguardasse mai da vicino, ma che
minacciosamente è più avanti della nostra porta di
casa.
E allora i volti scavati e contorti, gli occhi sbarrati
assumono una valenza di sopportazione al dolore,
un tentativo di rispondere alla violenza, chiusi nel
proprio mutismo.
È l‟URLO DEL SILENZIO, la nostra energia
compressa dal dolore che cerca di rispondere.
Pittura sociale allora quella di Ciacciofera? Certo,
ma non solo, amerei dire pittura psicologica e
sociale: nella nostra dualità queste opere
dovrebbero convincerci del nostro essere vittima e
carnefice, così che l‟identificazione è, di volta in
volta, con la vittima della violenza e con il
carnefice che l‟ha prodotta.
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MICHELE CACCIOFERA
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James Hillman, psicologo e analista del XX secolo, afferma che la duplicità dell‟esperienza accresce l‟io, così come la
percezione che “nel preciso momento in cui sei perduto, è lì che ricomincia la salita.”
Quando siamo frustrati, picchiati, gonfi di odio, esasperati dalla sofferenza, umiliati nel nostro essere, è lì che dobbiamo
compiere una scelta: andare verso l‟alto o sprofondare nell‟alienazione del dolore. Così Hillman in un suo libro, Il
linguaggio della vita, stigmatizza che “solo quando il nostro io si incrina, quando irrompe la depressione e non si è più in
grado di alzarsi e reagire, quando ci si sente disorientati e in balia degli eventi... solo allora qualcosa si muove e
cominciamo a percepirci come anima”.
Finché sentiamo di “farcela”,
l‟anima non viene percepita. Solo
quando cadiamo nello sconforto
e ci sentiamo polvere, chiusi in
noi stessi, patetici e derelitti,
allora cominciamo a percepire
qualcosa! Ecco, le opere di
Michele sono generate, partorite,
proprio dalla confluenza
dell‟essere vinto e nello stesso
momento in cui il nostro volto è
nella polvere, scorgiamo
qualcosa che atavicamente ci
avvince e con cui, da un‟altra
visione, finora sconosciuta, ci
mettiamo in contatto.
“... un po‟ di masochismo, di
tocco masochista, è necessario,
per approfondire. Un
approfondimento del dolore che
può avere perfino qualcosa di
mistico ... perché la
consapevolezza comporta
sofferenza.” Profetizza sempre
Hillman.
Se questa può essere una chiave
di lettura della mostra, la visione
di questi quadri, di questi disegni,
rimanda subito a una rabbia
repressa, alla costrizione forzata
che – venendo Michele dalla
Sicilia – si associa alla violenza
mafiosa, alle vittime della
giustizia, ai martiri quotidiani che
si sono ribellati a una Autorità
Fittizia!
Perché la relazione tra l‟artista e
la sua opera è talvolta facile da
tracciare, altre volte meno, se non
addirittura impossibile, ma è
comunque ragionevole accettare
che la creatività di un artista
affondi le radici nella sua
personalità e nel carattere, e che
la vita interiore e gli episodi della
sua esistenza compartecipino
dello sviluppo della sua arte.
In questa nostra analisi la pittura,
l‟essere sciamano/mediatore di
Michele Ciacciofera ci viene in
aiuto.
La sua maniera di dipingere è
velata da un tocco di
atemporalità, da una distanza
creata proprio dalla materia usata.
È in quella distanza che
percepiamo le emozioni, è in quel
baratro tra la figura rappresentata
e il suo essere simbolo che
avvertiamo un impalpabile ma
concreto disagio, fatto di fastidio,
di partecipazione, di alienazione.
E permettetemi di dire che,
“sadicamente”, quale Direttore
dell‟Istituto Italiano di Cultura di
New York, sono felice che questa
avventura conoscitiva parta
proprio da qui.
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MICHELE CACCIOFERA
BIOGRAFIA
Michele Ciacciofera nasce a Nuoro il 15/3/1969 e si trasferisce sin dall‟infanzia a Palermo. Compie la
formazione artistica frequentando nella città natale lo studio di Giovanni Antonio Sulas, pittore ed architetto
sardo.
Dal 1990, dopo essere rientrato nel capoluogo siciliano, vive e lavora a Siracusa. Da anni si dedica ad un
attento studio del paesaggio affrontando anche il rapporto attuale tra uomo e natura.
Nel 2000, il Marocco e le letture di Elias Canetti, la ricerca sul dinamismo delle masse (folle), il suk con le sue
luci, individui ed atmosfere, diventano anche pretesti per approdare a nuovi cromatismi. Ne deriva una ampia
serie di opere dal titolo “Marrakech” esposta a partire dalla fine del 2002 in varie mostre personali in Italia e
Francia.
Successivamente dallo studio del “viaggio in Sicilia” di J. W. Goethe sono nate 32 opere per un itinerario
espositivo che da Catania, Siracusa e Santa Fé – New Mexico (USA) chiuderà il suo percorso a Palermo.
Attualmente porta avanti una personale ricerca su alcuni temi della condizione umana: tortura e prigionia,
melanconia; parallelamente le tematiche ecologiche vengono affrontate attraverso grandi e desolate spiagge e
deserti in cui l‟assenza della forma umana diviene denuncia del rapporto, inesorabilmente conflittuale, tra
uomo e natura.
ATTIVITA‟ ESPOSITIVA E RICONOSCIMENTI
2010- mostra collettiva “Icona Magnifica” Palazzo della Cultura Catania
-mostra collettiva "Llibres D´artista INTRAMURS" Refectorio de Real Monasterio
de Sta. Maria de la Valldigna. Valencia;
2009
- “Salvados por el arte, el viaje artistico de unos libros condenados a morir” Istituto Cervantes Palermo
- Porta della Bellezza” Librino/Fondazione Fiumara d‟Arte - Catania
-“silence!” New York Istituto Italiano di Cultura (mostra curata da Renato Miracco;
catalogo Charta con testi dello stesso Miracco e di Lance Fung)
- mostra collettiva “from past to future” Eden Fine Art Gallery – New York
-mostra personale “silence – drawings” Palazzo At Borgia del Casale Siracusa
(curata da Carmelo Strano – Catalogo Erreproduzioni)
2008
- mostra personale “prigionieri e deserti” galleria Blanchaert Milano
- mostra collettiva “Trinacria – Gambadoro, Ciacciofera, Roccasalvo” Complesso le Ciminiere – Catania
- mostra personale “no men‟s land” galleria Quadrifoglio SiracusaI
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2007
- mostra collettiva “Contemporanea” – Palazzo del Governo Siracusa
- mostra personale “prigionieri e deserti – Carta Bianca Fine Arts Catania
- mostra personale St. John‟s College Santa Fé (New Mexico USA)
“viaggio nell‟immagine sulle tracce di Goethe”.
- vincitore del concorso pubblico per artisti indetto dal Ministero LL.PP.
- vincitore del premio per l‟arte contemporanea “italiani-europei”
nel 50° anniversario dell‟Unione Europea,
indetto da Provincia Regionale di Catania ed Università degli Studi di Catania
- mostra personale Palazzo del Governo Siracusa “prigionieri e deserti”
- mostra personale “maredolcemare” concept store Trikeles - Milano
2006
-mostra collettiva in occasione dei 100 anni della CGIL “200 artisti per 100 anni
– i colori del lavoro” – Palazzo del Governo - Siracusa
-mostra personale “viaggio nell‟immagine - sulle tracce di Goethe”
– Catania “le Ciminiere”
-mostra personale “viaggio nell‟immagine sulle tracce di Goethe” – Siracusa Monastero del
Ritiro
- mostra personale Galerie de Vlierhove – Blaricum (Olanda)
- mostra collettiva Ratio Naturalis – Lentini (Biviere)
- mostra collettiva “Pluralità segniche: Ciacciofera – Pasini – Roccasalvo”
-Chiesa S. Salvatore Caltavuturo (PA)
- mostra collettiva “Migrazioni” – Palazzo del Governo Siracusa
- mostra collettiva “la visione negata” – Chiesa di S. Nicolò dei Cordari
– Parco Archeologico di Siracusa
2005
-spazio personale nell‟ambito della rassegna su arte olandese del XX secolo presso
Galerie Vlierhove (Blaricum – Olanda)
- mostra collettiva “Periplo Blu” – Monastero del Ritiro – Siracusa
- VI^ biennale d‟arte Sacra contemporanea – Franciscan University of Pennsylvania USA
-mostra personale “dentro il paesaggio” a cura di Aurelio Pes – Complesso dello Spasimo
Palermo (Città di Palermo)
- mostra collettiva “Via Lucis” – Monastero del Ritiro – Siracusa (Curia Arcivescovile di Sr)
- mostra collettiva “Diafania – luce dal buio” – L‟Arco e la Fonte Arte Contemporanea –
-vincitore del concorso pubblico per artisti indetto dal Ministero LL.PP.I
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Piero Roccasalvo [RUB]BIOGRAFIA
(Siracusa 1974) consegue il diploma di maturità presso l‟Istituto Statale d‟Arte di Siracusa.
Studia pittura all‟Accademia di Belle Arti di Venezia.
Nel 1994 RUB entra a far parte del Gruppo Di Mille. Nel 1997 ottiene una borsa di studio
presso il Middlesex University Fine Art di Londra. Completa gli studi accademici,
specializzandosi sulla pittura di Francis Bacon. Nell‟anno accademico 1999-2000 è docente
di pittura e tecniche pittoriche all‟Accademia di Belle Arti di Modica.
E‟ dei primissimi anni Novanta l‟incontro fondamentale per la sperimentazione pittorica di
RUB con il filmmaker e scrittore Mauro Aprile Zanetti, con il quale si è venuto sviluppando
un vivace e fervido sodalizio tra arte, editoria, cinema e teatro.
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Piero Roccasalvo [RUB]
Riconoscimenti
RUB ha vinto il premio
di Arte
Contemporanea
“Siciliani Europei
2007”, promosso dalla
Provincia e
dall‟Università degli
Studi di Catania, in
occasione del 50°
Anniversario
dell‟Unione Europea.
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Piero Roccasalvo [RUB]
Riconoscimenti
E‟ l‟unico giovane
artista italiano che il
critico Hans Ulrich
Obrist (Direttore
Serpentine Gallery,
Londra) ha
segnalato in una
lista, stilata per il
decennale di El
Cultural, settimanale
di El Mundo, “tra i
dodici artisti
protagonisti della
nuova generazione
della scena
internazionale”, i cui
“lavori riflettono sul
linguaggio”.
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