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14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A63
Piazza Eremitani, 8 - Padova
A62
La capacità di concentrarsi nella caratterizzazione fisica e psicologica dei per
sonaggi rappresenta una delle innovazioni più straordinarie della pittura di Giotto. Ciò appare particolarmente evidente negli affreschi padovani della Cappella degli Scrovegni, alla cui complessa realizzazione l’artista si dedica fra il 1303 e il 1305 e che l’ultimo restauro (effettuato tra il 2001 e il 2002), ci consente oggi di ammirare in una smagliante vivacità di colori.
Il ciclo viene commissionato al grande pittore fiorentino da Enrico Scrovegni, uno dei più ricchi fra i prestatori di denaro e i banchieri di Padova, appartenente alla nuova classe borghese che in quegli anni andava via via sempre più affermandosi.
La decisione dello Scrovegni di costruire una cappella di famiglia e di farla affrescare da uno degli artisti di maggior prestigio del momento è attribuita, secondo la tradizione, alla volontà di riparare ai peccati di usura ❚ commessi dal padre Reginàldo. In realtà si tratta di una scelta assai più complessa, con varie implicazioni politiche, cul
ITINERARIO 14GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni
turali ed economiche. Studi recenti, basati anche sull’analisi approfondita del lungo testamento lasciato da Enrico nel 1336, ci chiariscono molti aspetti finora sconosciuti della sua personalità. Grazie alla costruzione e alla decorazione della cappella, di cui si proclama sempre orgogliosissimo, egli riesce a dare a tutta la città una prova tangibile del suo potere e della sua enorme ricchezza. Questo, infatti, gli serve ad aumentare la propria rete di relazioni e il proprio prestigio personale, il che significa anche maggior credito presso banche e istituzioni e, di conseguenza, affari e profitti sempre più cospicui.
La piccola costruzione, oggi universalmente nota come Cappella degli Scrovegni, era dedicata in origine a Santa Maria della Carità e, a quel tempo, si chiamava anche dell’Annunziata all’Arena, in quanto costrui ta nell’area dell’antico anfiteatro romano di Padova (l’Arena, appunto) e solennemente consacrata in occasione della festa dell’Annunciazione del Signore (o dell’An-nunziata), il 25 marzo 1305.
❚UsuraDal latino uti, usare. L’imprestare de-naro richiedendo interessi eccessivi. L’equivalente di strozzinaggio.
14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A63
Storie di San Gioacchino e Sant’Anna 1.Cacciata dal Tempio 2.Ritiro fra i pastori 3.Annuncio a
Sant’Anna 4. Il sacrificio 5. Il sogno 6.L’incontro alla Porta
Aurea
Storie della Vergine 7. La nascita 8.Presentazione al
Tempio 9.Consegna delle
verghe10.La preghiera per la
fioritura delle vigne11.Lo sposalizio12. Il corteo nuziale13. L’angelo nunziante14.La missione
dell’annuncio a Maria
15.Vergine annunciata
Storie di Gesù16. Visitazione 17.Natività e annuncio
dei pastori 18.L’Epifania 19. Presentazione al
Tempio 20.Fuga in Egitto 21. Strage degli
innocenti 22. Disputa coi dottori 23.Battesimo 24.Le nozze di Cana 25.Resurrezione di
Lazzaro 26.Ingresso a
Gerusalemme 27.Cacciata dei
mercanti dal Tempio 28. Tradimento di Giuda
SanGioacchinoeSant’AnnaLe Vite di San Gioacchino e di Sant’An-na, genitori di Maria, sono narrate nei cosiddetti Vangeli Apocrifi, cioè non inseriti fra le Sacre Scritture.
MedaglioneAccrescitivo di medaglia. In architettu-ra sta a indicare un particolare tipo di ornamento di soffitti (o pareti) consi-stente in un dipinto (o in un bassori-
lievo) con cornice, anch’essa dipinta o in rilievo, di forma circolare (o el-littica).
SpeculareDal latino spèculum, specchio. Che mostra perfetta simmetria, come se si trattasse di un’immagine riflessa in uno specchio.
VirtùSecondo la dottrina cristiana le sette Virtù sono le tre teologàli (cioè riferite a Dio, in greco theòs), Fede, Speranza e Carità, e le quattro cardinàli (cioè le più importanti dell’agire umano), Prudenza, Giustizia, Fortezza e Tem-peranza.
ViziCapitaliSecondo la dottrina cristiana i sette Vizi
Capitali, cioè tali da precludere lo sta-to di grazia, sono: Superbia, Avarizia, Lussùria, Ira, Gola, Invidia e Accìdia.
MonocromoDal greco mònos e chròma, colore. Tipo di pittura realizzato con diver-se sfumature del medesimo colore, al fine di imitare il modellato di un bassorilievo o di una scultura a tut-to tondo.
Gliaffreschi
La cappella, forse progettata dallo stesso Giotto o, comunque, da lui sicuramente
approvata, ha una struttura molto semplice. Essa, infatti, presenta un’unica navata coperta con volta a botte e illuminata da sei slanciate monofore, terminanti con archi a tutto sesto, poste sul lato destro. Il modesto portale d’in-gresso è sormontato da una trifora gotica di gusto toscano a sua volta inserita in un arco a tutto sesto, mentre – sul lato opposto – si apre una piccola abside (tribuna) coperta con volta a crociera.
L’artista affresca le due pareti laterali e l’arco trionfale della cappella con storie tratte dalle Vite di San Gioacchino e di Sant’Anna ❚ [1-6], della Vergine [7-15] e di Cristo [16-39]. La volta, invece, la cui superficie è dipinta d’un azzur-ro intenso, per suggerire un cielo trapunto di stelle d’oro, la decora con dieci medaglioni ❚ circolari raffiguranti Gesù [56], Maria [57] e vari Profeti. Sulla controfacciata d’ingresso, infine, realizza – insieme a molti aiuti – un grandioso Giudizio Universale.
Rispetto al ciclo francescano di Assisi, che si inseriva in un complesso programma decorati-vo preesistente, quello di Padova è concepito interamente da Giotto. Questo consente all’ar-tista di studiare con attenzione la disposizione dei propri affreschi in modo da adattarli nel mi-gliore dei modi alla semplice struttura muraria della cappella. Pittura e architettura, dunque, si fondono armonicamente fra loro, senza che la prima debba necessariamente porsi come complemento della seconda. La pittura, infatti, grazie all’artificio dell’illusione prospettica, dà spesso l’impressione di voler “sfondare” la su-perficie stessa delle pareti, mentre l’architettu-ra, volutamente sobria, costituisce il contenito-re ideale per mettere massimamente in risalto la narrazione pittorica giottesca.
Gli affreschi si svolgono da sinistra verso de-stra e dall’alto in basso e sono suddivisi in tre ampi registri sovrapposti. Ogni scena è separa-ta dalla successiva da una larga cornice dipinta a motivi geometrici e, dopo l’ultima scena di ciascun registro, la cronologia della narrazione riprende con la prima scena del corrispondente registro sulla parete di fronte, in una sorta di ininterrotto dialogo narrativo speculare ❚.
Nella parete di destra le cornici dipinte che dividono le varie scene fungono anche da rea-listica inquadratura per le sei monofore che, in-sieme alla trifora della facciata, rappresentano le uniche fonti d’illuminazione della cappella. Alla base del registro inferiore, lungo tutto il perime-tro interno della costruzione, corre infine uno zoccolo dipinto ove le raffigurazioni allegoriche delle sette Virtù (sulla parete di destra) [42-48] e dei sette Vizi Capitali ❚ (a sinistra) [49-55], re-alizzate in monocromìa ❚, si alternano a zone
affrescate in modo da imitare un rivestimento marmoreo, secondo il gusto dell’antica pittura romana a incrostazione. Le allegorie di Vizi e Virtù furono forse suggerite dallo stesso Enrico Scrovegni, che in tal modo avrebbe voluto esse-re ricordato come uomo giusto e saggio.
29. Ultima cena 30.Lavanda dei piedi 31. Bacio di Giuda 32.Presentazione di
Caifa 33.Flagellazione 34.Andata al Calvario 35.Crocifissione 36. Compianto sul
Cristo morto 37.Resurrezione 38.Ascensione 39.Pentecoste
Coretti 40.Coretto di sinistra 41.Coretto di destra
Allegorie delle Virtù e dei Vizi 42.Prudenza 43.Fortezza 44.Temperanza 45.Giustizia 46.Fede 47.Carità 48.Speranza
49.Disperazione 50.Invidia 51.Infedeltà (Idolatria) 52. Ingiustizia 53. Ira 54. Incostanza 55. Stoltezza
La volta 56. Il Redentore 57. Madonna col
Bambino
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❚CanonicoagostinianoDal latino canonicus. Ecclesiastico che vive in comuni-tà seguendo la regola di povertà, castità e obbedien-za dettata da Sant’Agostino. Fu infatti a quest’ordine che Enrico Scrovegni conferì, attraverso il proprio te-stamento, il perpetuo patronato sulla Cappella.
ProtovangelodiGiacomoTesto del II secolo d.C., noto anche come Storia del-la Natività di Maria, che, pur non essendo ricono-sciuto tra le Sacre Scritture, fu comunque sempre tollerato dalle gerarchie cattoliche ed ebbe larga dif-fusione popolare in epoca medioevale.
14.1
giotto e aiuti
Il Giudizio Universale 1303-1305. Affresco, 1000×840 cm Parete occidentale, controfacciata d’ingresso
Questa grandiosa rappresentazione, che la critica è ormai concorde nell’attribuire di-
rettamente a Giotto, almeno per quel che ri-
guarda l’invenzione e l’impostazione generale, è estremamente indicativa della nuova conce-zione che il maestro ha dell’arte. Essa, infatti, nonostante il soggetto sia di pura fantasia, non tende più a raffigurare qualcosa di estraneo alla realtà quotidiana ma, al contrario, ne utilizza molti elementi, con il risultato di accrescere in modo estremamente suggestivo e coinvolgen-te il realismo complessivo della scena. È interes-sante notare come il committente, inginocchia-to in basso al centro, ai piedi della croce della Passione, venga di fatto rappresentato come facesse parte della narrazione stessa dell’affre-sco. Sopra di lui, infatti, in una mandorla con i colori dell’arcobaleno, circondata da dodici angeli, giganteggia la figura di Cristo giudice, seduto su un trono di nuvole fra le schiere ce-lesti degli angeli, dei santi e dei beati. Alla sua destra gli eletti iniziano la loro gioiosa ascesa verso il regno dei cieli, mentre alla sua sinistra i dannati, per la rappresentazione dei quali Giot-to si è sicuramente ispirato anche ai mosaici del battistero fiorentino di San Giovanni, vengono sprofondati negli orrori dell’inferno.
In questo modo la presenza di un personag-gio reale come lo Scrovegni, ben riconoscibile dai suoi stessi contemporanei e quella, tutta di invenzione, del Giudizio Universale, finiscono per avere la stessa importanza agli occhi di chi osserva.
Il modello della cappella, in particolare, sorretto con evidente sforzo da un canonico agostiniano ❚ (forse il colto ispiratore della com-plessa narrazione), dà all’insieme un’ulteriore nota di concretezza e di quotidianità. L’edificio in muratura, infatti, è rappresentato prospetti-camente in tutta la sua ben squadrata solidità, quasi per ribadire ancora una volta, anche se su un piano puramente simbolico, quelli che erano il credito e la solidità economica dei qua-li lo Scrovegni godeva. È significativo, infine, come il modello della cappella sia raffigura-to secondo quello che, con ogni probabilità, avrebbe dovuto essere il progetto iniziale (poi non compiutamente realizzato), che sembrava prevedere anche una specie di corto transetto commisso.
14.2
L’incontro alla Porta Aurea 1303-1305. Affresco, 200×185 cm Ciclo delle Storie di San Gioacchino e Sant’Anna. Parete meridionale
In questo affresco [6], che pure è uno dei primi del ciclo, sono già presenti tutti gli elementi
caratteristici della grande pittura giottesca. In esso vengono rappresentati Anna e Gioacchino, futuri genitori della Vergine Maria, che (secon-do la predizione dell’Arcangelo Gabriele narrata nel Protovangelo di Giacomo ❚) si sarebbero do-vuti incontrare proprio sotto la Porta Aurea, uno dei luoghi-simbolo di Gerusalemme.
La narrazione si svolge, come di consueto, da sinistra verso destra. Il giovane pastore che ac-compagna Gioacchino, all’estremo margine sini-stro, è per metà fuori dal dipinto stesso, come se Giotto volesse farci capire che ciò che rappresen-ta non è che un piccolo frammento di una real-
A64 Itinerario14 14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A65
tà sempre più vasta e complessa. Il senso di questa realtà, del resto, può essere colto sia nella serena tenerezza con la quale i due per-sonaggi principali si abbracciano, baciandosi castamente sulla boc-ca, sia nell’emozione delle donne, incorniciate dalla ghiera dorata della porta, verosimilmente ispirata all’Arco di Augusto di Rimini.
I corpi di San Gioacchino e di Sant’Anna sono descritti con vigo-re e decisione e, grazie al chiaro-scuro, essi ci appaiono in tutta la loro massiccia solidità, formando quasi un unico blocco piramidale. Anche le due aureole splendenti d’oro che si fondono in una sola contribuiscono a sottolineare il senso di indissolubilità del vincolo che lega i due personaggi. La pre-senza, sullo sfondo, del torrione di sinistra, dipinto con forte risalto prospettico, serve a sottolineare ulteriormente la scena dell’incon-tro e a proiettarla con ancor più evidenza in primo piano.
Tra le donne in lontananza che avevano ac-compagnato Anna all’incontro notiamo in par-ticolare quella avvolta nel mantello nero. È una
conferma di come tutto stia avvenendo per vo-lontà divina.
A sinistra l’ancella è intenta al suo lavoro, se-rena e inconsapevole, con la veste che dà volu-me a un corpo del quale le gambe leggermente divaricate sottolineano la massiccia e quasi geo-metrica consistenza.
A destra, al contrario, l’angelo irrompe con impeto attraverso la piccola finestra, proten-dendo la mano destra quasi a ribadire la so-lennità dell’annuncio. A fronte del concreto realismo di oggetti quali la mensola verde sulla parete di fondo, il cassone sulla destra o gli utensili appesi al muro, Giotto attribuisce all’angelo caratteristiche assolutamente so-
❚VedovanzaDal latino vìdua. Condizione di una donna alla qua-le è morto il marito. Qui sta a simboleggiare il fatto che, dopo l’incontro con Gioacchino, Anna aveva esclamato «Ero vedova e ora non lo sono più!».
figura densa di mistero, probabile personifica-zione della vedovanza ❚, della quale Giotto ci mostra solo uno spicchio di volto e due dita di una mano. Nonostante ciò essa riempie di sé
14.3
Annuncio a Sant’Anna1303-1305. Affresco, 200×185 cm Ciclo delle Storie di San Gioacchino e Sant’Anna. Parete meridionale
La scena [3], straordinariamente innovativa, raffigura Sant’Anna,
in ginocchio al centro della propria abitazione, nel momento in cui l’angelo di Dio le annuncia che di-venterà madre di Maria. A sinistra, sotto il portico d’ingresso, una giovane ancella sta tranquillamen-te filando, ignara del miracoloso evento che avviene a solo pochi passi da lei.
L’invenzione giottesca sta so-prattutto nel trattare l’architettura della casa di Anna come una me-ravigliosa scatola prospettica che, essendo priva della parete latera-le, ci consente di osservarne l’interno. La solida figura dell’anziana donna, vestita con una lun-ga veste aranciata bordata d’oro, si staglia con grande rilievo contro la retrostante tenda chia-ra che pende dal soffitto a difesa dell’intimità del letto. La profondità spaziale è suggerita, in basso, dai mobili, disposti fra loro perpendi-colarmente e, in alto, dalla cassettonatura del soffitto e dai timpani classicheggianti, uno dei quali (quello a destra) è visto in forte scorcio dal di dietro. Il timpano in corrispondenza della parete mancante, inoltre, è decorato con una pittura a monocromo che rappresenta un bas-sorilievo con il Creatore benedicente entro una conchiglia retta da due angeli, a rassicurante
tutto il dipinto, ponendosi come ideale punto di cerniera tra le altre figure femminili (tutte sorridenti, vestite con vivaci colori e rivolte dalla parte opposta) e i due santi protagonisti.
prannaturali. L’artista, infatti, non rappresenta la parte del corpo rimasta all’esterno, che al contrario, in base alla collocazione prospettica, avrebbe dovuto essere ben visibile. La zona del soffitto in corrispondenza della testa dell’an-gelo, infine, è visibilmente più chiara, come se fosse illuminata dalla luce proveniente dall’an-gelo stesso, simbolo della potenza divina.
A66 Itinerario14 14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A67
❚GiudaSecondo i Vangeli canonici l’apostolo Giuda Iscariòta tradì Gesù in cambio di trenta monete d’argento (sìcli) (Mat-
teo 26, 15). In base a quanto pattui-to con i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo egli avrebbe reso possibile l’arresto di Gesù baciandolo pubblica-
mente e consentendo così alle guar-die di identificarlo (Matteo 26, 48-50; Marco 14, 44 e Luca 22, 47).
SinedrioDal greco synèdrion, assemblea. Pres-so gli antichi Ebrei, supremo organo religioso, legislativo e giurisdizionale.
abbraccio che fa delle due figure un unico, solidissimo blocco, che l’ampio mantello giallo dell’Apostolo traditore panneggia con compo-stezza solenne. Attorno ai protagonisti, dram-maticamente immobili, gli occhi negli occhi, si agita la folla tumultuosa delle guardie (sulla de-stra), che vogliono procedere all’arresto di Gesù e quella degli Apostoli (sulla sinistra), che tenta-no generosamente ma inutilmente di opporvisi.
Anche in assenza di qualsiasi riferimento paesaggistico o architettonico il senso della profondità spaziale è suggerito in modo straor-dinariamente realistico dal convulso agitarsi di lance, alabarde, torce, corni da caccia e bastoni che si stagliano nitidamente contro l’azzurro intenso di un cielo già notturno.
I corpi dei personaggi minori, non diversamen-te da quelli di Gesù e di Giuda, sono realizza-ti in modo massicciamente compatto e anche la scelta dei colori delle vesti, alternativamente caldi (giallo, rosso, rosa, arancio) e freddi (verde, azzurro, viola, lilla) contribuisce a evidenziare, per reciproco contrasto, la maestosa solidità fisica delle figure. Vivace e significativo appare il per-sonaggio incappucciato di spalle, a sinistra, rap-presentato nell’atto di trattenere per il mantello un discepolo (forse Marco), mentre Pietro, in un impeto di rabbia, taglia l’orecchio a Malco, uno degli sbirri inviato dai sacerdoti del Sinèdrio ❚.
La presenza di figure velate, incappucciate o viste da dietro, del resto, è ormai quasi una co-stante nella pittura giottesca e contribuisce ad accrescerne il senso di realismo.
La posizione frontale, infatti, tipica di tutti i dipinti di tradizione gotica e bizantina, pre-suppone che le scene siano composte apposi-tamente per essere guardate, quasi come se si fosse su di un palcoscenico teatrale. In Giotto, al contrario, i personaggi appaiono sempre intenti all’azione e incuranti degli eventuali spettatori, tanto che possono tranquillamente permetter-si non solo di non guardarli direttamente, ma anche di voltare le spalle. I personaggi visti da dietro, infatti, sono un espediente per coinvol-gere lo spettatore nell’azione, dal momento che rappresentano “quelli che ci stanno davanti”, proiettando in tal modo noi osservatori diretta-mente all’interno della narrazione pittorica.
14.4
Il bacio di Giuda1303-1305. Affresco, 200×185 cm Ciclo delle Storie di Cristo. Parete meridionale
Realizzato nel terzo quadro del registro infe-riore della parete di destra [31], mostra senza
dubbio uno dei momenti di massima maturità espressiva dell’arte di Giotto. Al centro del di-pinto Giuda ❚ bacia Cristo, avvolgendolo in un
A66 Itinerario14 14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A67
Nella celebre allegoria della Carità (Karitas) [47] l’artista rappresenta, di fatto, una statua in marmo bianco, riuscendo a dare con i soli mezzi della pittura l’illusione concreta della terza dimensione. I modelli di riferimento sono probabilmente ripresi dalle sculture di Giovanni Pisano: solenni e realistiche allo stesso tempo. Il personaggio veste i panni di una fanciulla che regge con la mano destra un cestino di rose, spighe, melagrane, nocciole e un riccio semia-perto con tre castagne, simbolo dei frutti che la terra dona in tutte le stagioni. Con la sinistra, invece, offre sorridente il proprio cuore a Gesù, che si protende per riceverlo dal margine supe-riore destro della cornice dipinta. Con la pun-tuale rappresentazione della statua all’interno di una nicchia in prospettiva Giotto dimostra una sensibilità già anticipatrice di quello che sarà il senso dello spazio rinascimentale, nel quale i personaggi non saranno realistici solo per le loro fattezze ma anche per la loro col-locazione.
❚CorettoDiminutivo di còro, che nell’architettura religiosa sta a indicare lo spazio (solitamente attorno all’altare maggiore di una chiesa) nel quale si riunisce il clero per recitare le preghiere o per cantare nel corso del-le celebrazioni.
14.6
Coretti1303-1305. Affresco Parete orientale, registro inferiore sinistro dell’arco trionfale. Particolare.
Dove il gioco prospettico si fa più raffinato e ardito è, comunque, nei due cosiddetti co-
retti ❚ posti ai lati dell’arco trionfale, sulla parete orientale della cappella, subito sopra lo zoccolo perimetrale dipinto a finto marmo. Essi sono inquadrati attraverso due archi a sesto acuto e simulano, grazie all’artificio della prospetti-va, la presenza di due ulteriori locali retrostanti
coperti con volte a crociera e illuminati grazie a esili bifore. Dal centro delle crociere dei co-retti, infine, pendono due lampadari cilindrici in ferro battuto e la loro presenza accresce in modo ancora maggiore l’illusione della pro-fondità spaziale. Nel coretto di sinistra [40], in particolare, le pareti di fondo sono dipinte in modo da sembrare scompartite da leggeri ri-lievi quadrangolari, mentre l’azzurro delle vele è ulteriormente evidenziato dal rosso dei profili degli archi e delle nervature.
La prospettiva giottesca, pur essendo ancora di tipo intuitivo e, di conseguenza, non costrui-ta in base a regole geometrico-matematiche, libera i personaggi, le architetture e gli oggetti dall’immobile astrattezza della tradizione pitto-rica gotico-bizantina, cercando di proiettarli in una dimensione più vicina alla realtà dell’espe-rienza quotidiana.
È per questo motivo, infatti, che le narrazio-ni bibliche della cappella sono così cariche di spontaneità ed efficacia, come se quegli anti-chissimi avvenimenti si stessero svolgendo sot-to i nostri occhi con le forme, i colori e l’imme-diatezza di un evento dei nostri giorni.
14.5
La Carità (Kàritas) 1303-1305. Affresco, 120×60 cm Ciclo allegorico delle Virtù. Parete meridionale
Nello zoccolo monocromo con le allegorie delle sette Virtù e dei sette Vizi Capitali il
grande pittore fiorentino si cimenta con il non facile compito di simulare una ricca fascia de-corativa in marmi policromi e di rendere, con il solo impiego del chiaroscuro, il senso del rilievo e del volume tipico di una scultura a tutto ton-do. Si tratta di una prova d’abilità straordinaria, per realizzare la quale Giotto ha studiato i mar-mi antichi (a Roma) e quelli bizantini, analiz-zando a fondo le loro caratteristiche fisiche e cromatiche e riuscendo a riprodurne, oltre alle venature, addirittura la grana, la lucentezza e le diverse porosità.
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