View
216
Download
0
Category
Preview:
Citation preview
IL RISCHIO CHIMICO
D. Lgs. 81/08 TITOLO IXSOSTANZE PERICOLOSE
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI Artt.221-232
Le sostanze chimiche possono esercitare sulle
persone esposte sia effetti acuti che cronici. Gli
effetti dipendono dall’entità dell’esposizione
(concentrazione e durata), dal percorso
dell’esposizione, dalle proprietà fisiche e chimiche
delle sostanze. Inoltre gli effetti esercitati da una
singola sostanza possono essere influenzati anche
dalla contemporanea presenza di altre sorgenti di
prodotti fisici o chimici o da abitudini individuali
quali uso di tabacco, alcool, medicine o altre
droghe.
PERCORSI DI ENTRATA NEL CORPO
Le sostanze tossiche possono penetrare nel corpo
attraverso strade diverse fra le quali si può
annoverare il contatto dermico, l’apparato
respiratorio (inalazione), la bocca (inalazione ed
ingestione), gli occhi, punture accidentali con aghi.
Alcune sostanze possono poi danneggiare
direttamente occhi e pelle senza essere assorbiti.
Tuttavia non tutti i possibili percorsi sono
disponibili per tutti gli inquinanti.
PROPRIETA’ CHIMICHE E FISICHE
Le proprietà fisiche di un agente chimico
includono caratteristiche quali la tensione di
vapore, la solubilità in acqua o nei solventi
organici, il punto di ebollizione e di fusione, il
peso molecolare, il peso specifico, la
morfologia. Le proprietà chimiche descrivono
invece la reattività di una sostanza con altri
prodotti chimici.
EFFETTI SINERGICI
La presenza di più di un inquinante in un
ambiente può portare ad interazioni chimiche.
Accanto alla varietà di prodotti chimici sono da
considerare anche l’uso individuale di tabacco,
alcool, medicinali e lo stato fisiologico e
psicologico dell’esposto. La conoscenza degli
effetti sinergici da interazione chimica è al
momento assai limitata, tuttavia alcuni studi
sperimentali segnalano un aumento della tossicità
come effetto sinergico risultante dall’esposizione
a miscele di solventi.
PRECAUZIONI ED INDICAZIONI DI BUONA PRATICA
DI LABORATORIO
Sono utili per evitare casi di esposizione indesiderata:
- evitare di bere, mangiare o fumare in laboratorio. Cibi e
bevande NON debbono essere conservate nei
frigoriferi dei laboratori.
- evitare di usare lenti a contatto quando si impiegano
solventi o prodotti chimici.
- indossare i camici di protezione in laboratorio e toglierli
quando si esce.
- indossare le maschere con protezione degli occhi
quando sono possibili schizzi sulla faccia o sugli occhi.
GLI ESPOSTI
L’ambiente sanitario è caratterizzato da una vasta gamma di
profili professionali. La possibilità di esposizione al rischio
chimico è presente, in misura diversa e per tipologie proprie della
mansione, in pressoché ogni area operativa, ad esclusione degli
uffici amministrativi, secondo lo schema che segue:
reparti clinici di degenza
servizi di terapia
servizi di diagnosi
ambulatori
sale operatorie
laboratori
servizi farmaceutici (farmacie ospedaliere)
camere mortuarie (sale settorie, autopsie)
servizi di manutenzione
trattamento dei reflui e dei rifiuti
SOSTANZE PERICOLOSEIl fabbricante, l’importatore ed il distributore che immettesul mercato una sostanza pericolosa deve forniregratuitamente al destinatario su supporto cartaceo omagnetico una scheda informativa di sicurezza inoccasione o anteriormente alla prima fornitura. Lascheda informativa deve essere aggiornataogniqualvolta il fabbricante, l’importatore o il distributoresia venuto a conoscenza di nuove rilevanti informazionisulla sicurezza e la tutela della salute e dell’ambiente;esso è tenuto a trasmettere la scheda aggiornata al
fornitore.La struttura della scheda di sicurezza deve esserecomposta dai seguenti 16 punti obbligatori:
1) identificazione della sostanza / preparato e della
società / impresa produttrice;
2) composizione/informazione sugli ingredienti
3) identificazione dei pericoli
4) misure di primo soccorso
5) misure antincendio
6) misure in caso di rilascio accidentale
7) provvedimenti in caso di spargimento accidentale,
manipolazione e immagazzinamento
8) protezione personale e controllo dell’esposizione
9) proprietà fisiche e chimiche
10) stabilità e reattività
11) informazioni tossicologiche
12) informazioni ecologiche
13) considerazioni sullo smaltimento
14) informazioni sul trasporto
15) informazioni sulla regolamentazione
16) altre informazioni
NUOVO REGOLAMENTO
REGOLAMENTO CE N. 1272/2008
Il 5 settembre 2009 è stato pubblicato il Regolamento Commissione
10 agosto 2009 n.790/2009 recante modifiche dell’etichettatura e
dell’imballaggio delle sostanze e delle miscele. La Commissione delle
Comunità Europee ha ritenuto necessario procedere alla modifica delle
tabelle relative alla classificazione, all’imballagggio e all’etichettatura delle
sostanze pericolose per includervi le classificazioni aggiornate delle
sostanze già oggetto di precedenti classificazioni armonizzate e per inserirvi
nuove classificazioni armonizzate. Sono state soppresse le voci relative a
determinate sostanze. Le classificazioni armonizzate modificate non si
applicano immediatamente dato che è necessario prevedere un periodo di
tempo per permettere agli operatori di adeguare l’etichettatura e
l’imballaggio delle sostanze e delle miscele alle nuove classificazioni. Sarà
necessario prevedere un periodo di tempo per consentire agli operatori di
adempiere agli obblighi di registrazione conseguenti alle nuove
classificazioni armonizzate delle sostanze classificate come cancerogene,
mutagene o tossiche per la riproduzione di categoria 1A e 1B e di categoria
1 e 2, o come molto tossiche per gli organismi acquatici, che possono
provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico.
Tale regolamento dovrà essere applicato dal 1 dicembre 2010.
Le nuove frasi di rischio H (Hazard) e i nuovi consigli di prudenza P
sostituiranno da tale data le vecchie frasi R ed S ma non si tratta di una
semplice sostituzione bensì di un nuovo approccio per la valutazione
del rischio chimico. La migliore valutazione nel rispetto del D.Lgs.
81/2008 serve per definire o meno:
RISCHIO BASSO PER LA SICUREZZA
E IRRILEVANTE PER LA SALUTE DEI
LAVORATORI.
CODIFICA DELLE FRASI DI RISCHIO H
E CONSIGLI DI PRUDENZA P DELLE
SOSTANZE CHIMICHE
*
*
*
*
CONSIGLI DI PRUDENZA
(Regolamento CE n. 1272/2008, Allegato IV-CLP)
Nella scelta dei consigli di prudenza i fornitori possono combinare I
consigli di prudenza della tabella tenendo in considerazione la
chiarezza e la comprensibilità del consiglio di prudenza (classe di
pericolo, categoria di pericolo, condizioni d’uso vedi All. IV del
Regolamento CE n. 1272/2008).
TABELLA DI CONVERSIONE DELLA CLASSIFICAZIONE
(Regolamento CE n. 1272/2008, Allegato VII-CLP)
Serve a facilitare la conversione della classificazione di una sostanza o miscela
secondo la direttiva 67/548/CEE o la direttiva 1999/45/CE, rispettivamente, alla
corrispondente classificazione secondo il Regolamento CE n.1272/2008
(tabella completa vedi All. VII del Regolamento CE n. 1272/2008)
SIGNIFICATO DEI SIMBOLI DI
PERICOLOSITA’ UTILIZZATI PER LE
SOSTANZE CHIMICHE
Sensibilizzanti = Sostanze e preparati che possono provocare, per inalazione
o assrbimento cutaneo, una reazione di ipersensibilizzazione, per la quale
una successiva esposizione provoca fenomeni allergici
Cancerogeni = sostanze e preparati che possono provocare tumori
Mutageni = sostanze e preparati che possono interferire nella sintesi del DNA
Teratogeni = sostanze e preparati capaci di dare effetti dannosi sulle capacità
riproduttive e difetti generici ereditari
LE SOSTANZE INCOMPATIBILI
Accade di osservare, all’interno di laboratori chimici,
chimico-clinici, microbiologici, una tendenza a
minimizzare le problematiche connesse con la presenza
di prodotti nocivi e tossici. Non di rado si possono
vedere reagentari in cui, accanto a prodotti pressoché
innocui, sono presenti ed affiancati tra loro prodotti sulla
cui etichetta è riportato il pittogramma di tossico o molto
tossico, comburente o altamente infiammabile.
La valutazione del rischio chimico in ambiente di lavoro
presuppone la conoscenza della reattività di ogni singola
sostanza usata. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare
che, in virtù di improprie condizioni di conservazione o di
smaltimento di prodotti pericolosi, si possano avere
conseguenze, anche gravi, sugli operatori.
Bisogna infatti sempre tener conto, nella manipolazione
di sostanze pericolose, della possibile incompatibilità
con altre sostanze, capaci di innescare reazioni
chimiche specifiche. Non solo: occorre anche ricordare
che talune sostanze, classificate come non reattive,
possono essere ”attivate” da altre sostanze, o da
particolari condizioni di temperatura o pressione.
Per l’eliminazione provvisoria e lo stoccaggio di scarti di
laboratorio occorre considerare l’eventuale
incompatibilità tra sostanze e disporre perciò di
contenitori contrassegnati opportunamente e recanti
un’etichetta su cui riportare, di volta in volta, le quantità
e il tipo di prodotto eliminato e il divieto di introdurvi le
sostanze incompatibili.
STOCCAGGIO
¨ l’immagazzinamento dei prodotti pericolosi
deve avvenire separando i prodotti chimicamente
incompatibili
¨ predisporre procedure di immagazzinamento
dei prodotti pericolosi in armadi di sicurezza, con
separazione degli infiammabili ed esplosivi da
quelli tossici, asfissianti, infettanti o corrosivi
¨ predisporre adeguati protocolli di emergenza
che codifichino azioni e comportamenti da tenere in
caso di fuoriuscita di sostanza pericolosa
PREVENZIONE PRIMARIA
E’ importante ridurre il più possibile
l’esposizione agli inquinanti.
Il primo passo è la protezione collettiva
(prevenzione primaria).
Ciò è possibile intervenendo sui processi
produttivi mediante ad esempio, sistemi di
ventilazione, sostituzione delle sostanze
particolarmente tossiche, processi chiusi,
automazione dei processi più critici ecc.
Qualora tali misure di prevenzione primaria non riescano
a ridurre sufficientemente il rischio, è necessario
impiegare dispositivi di protezione individuale
DEFINIZIONE ED OBBLIGO D’USO DEI DPI D.Lgs.81/08
(Artt.74, 75)
Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI)
qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e
tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o
più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute
durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio
destinato a tale scopo.
OBBLIGO DI USO
I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono
essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche
di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure,
metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dalla normativa che possono essere suddivisi in tre tipologie:
REQUISITI FUNZIONALI
REQUISITI DEI MANUFATTI
REQUISITI DEI MATERIALI
REQUISITI ESSENZIALI DI SALUTE E SICUREZZA
I DPI devono:
• essere in grado di neutralizzare il rischio e ridurre il più possibile le probabilità di infortunio
• non limitare le funzioni operative
• non essere causa di disagio, ma essere ben tollerati essere resistenti
• in caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere compatibili tra loro e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo la propria efficacia nei confronti del rischio corrispondente
REQUISITI FUNZIONALI
REQUISITI DEI MANUFATTI
• Adattabilità alla persona
• Resistenza agli agenti specifici
• Assenza di parti pericolose
• Facilità di indosso
• Rapidità nel toglierli in caso di necessità
• Semplicità di confezione per consentire le operazioni di pulizia, disinfezione e manutenzione
• Se del caso, colorazioni appropriate per l’identificazione
REQUISITI DEI MATERIALI
Il materiale dovrà essere appropriato alla tipologia del rischio ed alle condizioni ambientali.
Inoltre dovrà avere:
• Compatibilità con l’epidermide
• Resistenza meccanica a tutte le operazioni
di manutenzione e di sterilizzazione, ove
necessaria
GUANTIMezzo di prevenzione per proteggere la cute dal contatto
diretto con agenti aggressivi. Un guanto non protegge
efficacemente se non è adeguato. I guanti devono essere di
spessore costante, privi di fori, facilmente calzabili, riposti al
termine dei turni nei posti di lavoro. A seconda della
mansione la superficie esterna dovrà essere liscia, rugosa o
zigrinata per consentire un’adeguata presa di oggetti e
materiali (UNI 8479). Devono essere sufficientemente lunghi
da evitare la penetrazione delle sostanze, non devono aderire
alla pelle né troppo, né troppo poco per evitare il ristagno del
sudore e permettere il movimento delle mani e la capacità
prensile. Devono essere rivoltati alla fine di ogni turno
lavorativo per far evaporare il sudore e, quando possibile,
cosparsi di talco all’interno, devono avere minima rigidità
compatibile con la protezione dal rischio. In caso di allergia
devono essere sostituiti con guanti di materiale non
allergizzante.
GUANTI
La norma europea EN 420:1994 definisce i requisiti generali di
progettazione per tutti i guanti:
• costruzione del guanto/cuciture, identificazione fabbricante,
marcatura CE
• innocuità
• resistenza alla penetrazione dell’acqua
• pulizia
• taglie e dimensioni
• destrezza
• composizione del guanto
• permeabilità/assorbimento vapore acqueo
• informazione all’uso su foglio illustrativo
USO DEI GUANTI (tipo quelli per PULIZIE DOMESTICHE)
Caratteristiche:
- resistenti agli stress chimici da detergenti e disinfettanti
-resistenti agli stress meccanici (torsione)
Situazioni che richiedono sempre l’impiego di
guanti per pulizie domestiche:
-pulizie ambientali
- pulizie di apparecchiature
- lavaggio di strumentazione chirurgica o di medicazione
Dopo l’uso:
-lavarli e disinfettarli con soluzione di ipoclorito di sodio (1:10)
- gettarli se appaiono lesionati o scoloriti
RISCHI DA AGENTI CHIMICIlattice (guanto per rischio biologico)
Guanti in lattice : reazioni irritative o
allergiche; prevalenza 3-12%
Manifestazioni: orticaria localizzata e generalizzata,
oculorinite, edema angioneurotico al volto e glottide,
asma bronchiale, shock anafilattico.
L’allergia al lattice controindica non solo il lavoro con
guanti di latice ma anche la permanenza in ambienti ove
questi dispositivi vengono usati aree latex-free
impiego di guanti alternativi privi di polvere
I guanti in lattice provvisti di polvere lubrificante sono i più
pericolosi
poichè disperdono nell’aria
l'antigene (lattice) che si deposita
sulle superfici circostanti.
Campionamenti dell’aria effettuati in
ambiente ospedaliero hanno riscontrato
livelli di lattice aerodisperso tra 13
e 208 ng/m3 nelle zone dove i guanti
di lattice vengono più utilizzati e tra
0.3 e 1.8 ng/mm3 in aree dove i guanti
vengono usati poco o per nulla.
polvere con lattice
Con l’utilizzo di piccoli rilevatori indossati dagli operatori
sanitari nelle zone con maggior uso di guanti sono state
riscontrate concentrazioni tra 8 e 974 ng/mm3; un sistema di
filtrazione dell'aria a flusso laminare non si è dimostrato in
grado di ridurre in maniera significativa le concentrazioni
dell'allergene.
Evitare l’uso dei guanti di lattice da parte degli
operatori sanitari allergici non previene l’esposizione
aerea all’allergene se i colleghi continuano ad
utilizzare guanti in lattice provvisti di polvere
lubrificante.
Ambiente "latex safe" :
- ambiente dove è stato rimosso ogni tipo di materiale in
lattice sostituibile con materiale alternativo
- ambiente dove è stata realizzata una adeguata pulizia per
ridurre la dispersione area di particelle di lattice
Si preferisce utilizzare il termine “latex safe” piuttosto che
“latex free”, in quanto non è possibile garantire in modo
assoluto l’assenza di contatto del paziente o del lavoratore
con il lattice all’interno delle strutture sanitarie.
NORME GENERALI PER L’USO DEI GUANTI (rischio biologico)
• usare guanti sterili per le procedure che richiedono asepsi
( ad es. interventi chirurgici)
• usare guanti non sterili per le procedure che non richiedono
asepsi (ad es. esplorazioni, igiene del paziente)
• cambiare i guanti alla fine di ogni procedura
• non toccare occhi, naso, mucose esposte, cute ed oggetti
presenti nell’ambiente con le mani guantate
• non lavare o disinfettare i guanti monouso (sterili e non
sterili) per un loro riutilizzo
• usare guanti per uso domestico per i compiti di pulizia e
decontaminazione di ambienti, strumentazioni ed
apparecchiature. Tali guanti possono essere decontaminati e
riutilizzati ma vanno eliminati se appaiono deteriorati o
lesionati.
NORME PER L’USO DEI GUANTI MONOUSO
Situazioni che richiedono sempre l’uso dei guanti
monouso:
-contatto con sangue o altri materiali biologici
-contatto con cute e mucose non integre
-esercitazioni didattiche che espongano allievi e
tirocinanti a materiali biologici
-manipolazione di provette contenenti materiali
biologici
I guanti monouso vanno tolti sempre:
-tra un paziente e l’altro e, sullo stesso paziente, tra
una procedura e l’altra
-appena si lacerano o sono visibilmente contaminati
Uso dei guanti durante i prelievi
E’ obbligatorio:
-quando l’operatore presenta soluzioni di continuo della
cute
-nelle situazioni in cui possa verificarsi la contaminazione
delle mani con il sangue (ad es. con paziente non
collaborante)
- nei prelievi da dita o lobi auricolari di neonati e bambini
- durante l’istruzione del personale all’esecuzione dei
prelievi
- in altre situazioni la decisione di impiegare i guanti
durante l’esecuzione dei prelievi può essere delegata alla
responsabilità ed alla professionalità del singolo operatore.
Nitrile Vinile
Lattice
Aloe
ALTRE MISURE BARRIERA
MASCHERINA, OCCHIALI, COPRIFACCIA, COPRICAMICI
IMPERMEABILI, GREMBIULI, COPRISCARPE,
COPRICAPO
Devono essere utilizzati prima di eseguire procedure che
possono provocare schizzi o spandimenti di liquidi biologici
Ad es. in caso di:
-esecuzione di interventi chirurgici
- assistenza al parto
- lavaggio di strumentazione chirurgica e per medicazione
- aspirazione secrezioni tracheo-bronchiali
PRODOTTI DETERGENTI
Impiegare i detergenti secondo le indicazioni d’uso e alle
concentrazioni consigliate.
Manipolare utilizzando i guanti.
Evitare il contatto con gli occhi e l’ingestione.
I detergenti fortemente alcalini (es. detersivo e brillantante per
lavastoviglie) o fortemente acidi (es. pulitore per acciaio,
disincrostante liquido per servizi igienici) sono irritanti anche
per la cute; è bene usare anche occhiali protettivi.
Non mescolare mai detergenti acidi e candeggina (ipoclorito
di sodio) o altri prodotti contenenti cloro, poiché si producono
esalazioni fortemente irritanti per le vie respiratorie.
Cere e deceranti sono irritanti per occhi, cute, mucose: usare
guanti, occhiali, scarpe o stivali di gomma.
UTILIZZAZIONE DELLA FORMALDEIDE
• maneggiare le soluzioni in una cappa aspirante
• tenere i contenitori quanto più possibile chiusi
• operare in ambienti ben ventilati
• ridurre al minimo i tempi di esposizione
• utilizzare guanti e maschere
UTILIZZAZIONE DELLA GLUTARALDEIDE
• Durante la preparazione della soluzione, di immersione
dello strumentario o di estrazione e risciacquo dello
stesso, l’operatore deve indossare guanti e mascherina
• il contenitore con la soluzione deve essere aperto solo
per estrarre o introdurre il materiale da trattare
• le procedure devono essere effettuate in ambiente ben
ventilato e possibilmente sotto cappa. Una volta attivata la
soluzione non deve essere conservata oltre 2-4 settimane
(vedi le specifiche della ditta produttrice) e deve essere
eliminata se diventa torbida. Le apparecchiature immerse
in glutaraldeide devono essere accuratamente sciacquate
prima dell’utilizzo.
RISCHIO DA DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
Disinfezione e sterilizzazione, insieme con la
detersione, sono operazioni comuni e frequenti in
ambito sanitario. La maggior parte degli operatori
sanitari svolge mansioni per le quali è previsto l’uso di
sostanze chimiche riconducibili all’ambito della
detersione, disinfezione, sterilizzazione.
Detergente: sostanza in grado di portare in soluzione
le molecole grasse e lo sporco che aderiscono alle
superfici. L’azione detergente, originata dalla
diminuzione della tensione superficiale, è in grado, se
scrupolosa, di sviluppare una buona attività
germicida..
Disinfettante: sostanza capace, indipendentemente
dal processo chimico messo in atto, di distruggere i
microrganismi presenti in ambiente non animato. Non
vi è differenza strutturale tra il disinfettante e
l’antisettico: le diversità si intendono nel campo di
applicazione, nelle concentrazioni di principio attivo
presenti e nella durata delle applicazioni.
Sterilizzazione: procedimenti di tipo chimico, termico
o con l’azione di radiazioni non ionizzanti, che
permettono la distruzione totale dei microrganismi
presenti nelle aree, nelle sostanze, sulle superfici o
sui corpi sottoposti al trattamento.
NOTE DI PREVENZIONE
Il contenimento del rischio da esposizione a sostanze
disinfettanti si sviluppa attraverso 4 fasi:
1) il personale deve essere formato ed informato sul livello di
tossicità di ogni sostanza, attraverso la conoscenza della scheda
di sicurezza e dell’etichettatura delle sostanze e dei preparati
pericolosi
2) occorre valutare caso per caso la possibilità di sostituire una
sostanza con altra di pari efficacia e minore tossicità
3) devono essere predisposte efficaci procedure operative
mediante le quali ridurre il contatto e l’inalazione delle sostanze in
uso (preparazioni e diluizioni sotto cappa o in locali
adeguatamente ventilati, tempi e modalità d’uso)
4) adozione di adeguati dispositivi di protezione collettiva e
individuale
AGENTI CANCEROGENI
Il D.Lgs. 81/08 (Artt.233-245) detta precise norme
circa la protezione da agenti cancerogeni e
mutageni. In ambiente sanitario la manipolazione di
agenti cancerogeni è per lo più limitata ad alcuni
farmaci antiblastici. Ai fini pratici la valutazione del
rischio da esposizione ad agenti cancerogeni in
ambiente sanitario può prevedere le seguenti fasi:
devono essere intraprese tutte le iniziative atte a
ridurre o evitare l’utilizzo di agenti cancerogeni
(SOSTITUZIONE, se possibile, di un farmaco con
altro analogo ma di minore pericolosità per gli
operatori);
l’uso degli agenti cancerogeni deve avvenire in un
SISTEMA CHIUSO;
occorre determinare la CONCENTRAZIONE degli
agenti cancerogeni mediante monitoraggio periodico
e garantire nel tempo il mantenimento delle più
elevate condizioni di sicurezza;
i lavoratori esposti ad agenti cancerogeni devono
essere formati ed informati sui rischi;
i lavoratori esposti a rischio di agenti cancerogeni
devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria e
deve essere tenuto ed aggiornato un apposito registro
di esposizione.
PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI
MISURE TECNICHE, ORGANIZZATIVE E PROCEDURALI
(Art.237)
Il datore di lavoro:
• assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che
nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di
agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle lavorazioni e
che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego in forma fisica tale
da causare rischio di introduzione non siano accumulati sul luogo
di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette
• limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che
possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le
lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali “vietato fumare” ed
accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi
connessi con la loro mansione o con la loro funzione
• progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che
non vi sia emissione di agenti cancerogeni nell’aria. Se ciò
non è tecnicamente possibile l’eliminazione degli agenti
cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di
emissione mediante aspirazione localizzata, senza causare
rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente
esterno. L’ambiente di lavoro deve comunque essere dotato
di un adeguato sistema di ventilazione generale.
• provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per
verificare l’efficacia delle misure adottate e per individuare
precocemente le esposizioni anomale causate da un evento
non prevedibile o da un incidente, con metodi di
campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni
dell’allegato XLI del presente decreto.
• provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali delle
attrezzature e degli impianti
• elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate
• assicura che gli agenti cancerogeni siano conservati,
manipolati e trasportati in condizioni di sicurezza
• assicura che la raccolta e l’immagazzinamento ai fini dello
smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni
contenenti agenti cancerogeni avvengano in condizioni di
sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
• dispone, su conforme parere del medico competente,
misure protettive particolari con quelle categorie di
lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti
cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente
elevati.
RISCHIO CHIMICO IN LABORATORIO
Generalità
L’esposizione a sostanze pericolose in laboratorio
di chimica clinica presenta aspetti estremamente
variabili, per il numero ed il tipo di sostanze che
vengono manipolate, e per numerose e diverse
tecniche analitiche che ne caratterizzano l’attività.
Inoltre, lo stesso tipo di esposizione, per sostanza
usata e tecnica adottata, può evolversi in modovariabile, in funzione dei flussi di lavoro.
La valutazione del rischio in laboratorio chimico si
presenta dunque complessa. Da un lato è infatti
plausibile affermare che l’esposizione a sostanze
pericolose sia ridotta, in ragione delle esigue quantità
di sostanze normalmente trattate. Dall’altro non si
può dimenticare che ambienti quasi sempre angusti,
la presenza simultanea di più sostanze in ambiti
operativi attigui, comportano un rischio difficilmente
valutabile, poiché eventuali valori di esposizione
possono avere incrementi repentini, raggiungere o
superare i livelli di guardia, e scendere altrettanto
rapidamente a concentrazioni tollerabili.
I confronti con i TLV-TWA (esposizioni durature, giorno dopo
giorno, per 8 ore al giorno) non sarebbero rappresentativi,
oppure, e sarebbe peggio, potrebbero portare a conclusioni per
le quali gli operatori di laboratorio chimico svolgono la loro
attività in totale assenza di rischi da esposizione a sostanze
chimiche.
Per queste ragioni è opportuno privilegiare in linea generale
l’adozione di procedure e di dispositivi di protezione ambientale
o collettiva: operazioni da effettuarsi sotto cappa, aspirazioni
poste in prossimità di strumenti o aree di maggiore o probabile
esposizione.
L’uso di DPI insieme ad una vasta e specifica campagna di
informazione e formazione del personale, costituiscono il
complemento necessario a un tipo di prevenzione caratterizzata
dal più alto numero di variabili.
La sorveglianza sanitaria, accompagnata da
accertamenti di laboratorio, specialistici e strumentali,
assume grande importanza in funzione delle attività di
prevenzione, mentre la prevenzione primaria nei
laboratori deve partire dalla progettazione di strutture
dedicate, non già ricavate da ambienti
originariamente destinati ad altri usi.
I rischi tipici del laboratorio chimico, generati dalla
presenza e dalla manipolazione di agenti chimici
(basi, acidi, solventi, sali, campioni noti e ignoti),
sono:
¨ contatto di sostanze caustiche, irritanti,
tossiche, nocive
¨ inalazione di sostanze irritanti, tossiche,
nocive
¨ inalazione di fumi, nebbie, gas, vapori
prodotti da solventi o strumentazioni
¨ presenza di agenti cancerogeni
¨ emissioni chimiche strumentali
(assorbimento atomico, gascromatografo)
Rischi tipici del laboratorio vengono affrontati mediante il ricorso a
¨ presenza di dispositivi di protezione collettiva (cappe di
aspirazione adeguate)
¨ rispetto delle procedure di analisi chimica e strumentale
¨ manutenzione costante delle cappe (cambio dei filtri), del
circuito dei gas, delle bombole
¨ procedure specifiche a ciclo chiuso, uso di cappa e DPI per
operazioni in presenza di agenti cancerogeni
¨ informazione e formazione del personale
¨ conoscenza e rispetto della simbologia, delle schede di
sicurezza e dell’etichettatura delle sostanze in uso
¨ uso di DPI (guanti, occhiali, camici, visiere)
¨ idonei depositi con armadi di sicurezza per reagentario,
sostanze infiammabili, tossiche, nocive
¨ segregazione dei gas incompatibili
¨ condizioni microclimatiche favorevoli
¨ sorveglianza sanitaria
NORME DI BUONA PRATICA
Una buona pratica di laboratorio è essenziale per la sicurezza e
non può essere sostituita da un equipaggiamento specializzato,
che ne può soltanto costituire un necessario complemento.
Le regole più importanti, tenendo conto che nel laboratorio di
una struttura sanitaria il rischio chimico convive con il rischio
biologico, sono:
al Responsabile del laboratorio è affidato l’obbligo
dell’addestramento degli operatori per la sicurezza inlaboratorio;
deve essere adottato un manuale di sicurezza o un protocollo
operativo che identifichi rischi noti o potenziali e che specifichi
pratiche e procedure per eliminare o minimizzare questi rischi. Il
personale deve essere formato ed informato di rischi specifici e
particolari e gli si deve richiedere di leggere e seguire pratiche eprocedure standard;
deve essere segnalato con adeguati cartelloni il divieto di
mangiare, bere, fumare, conservare cibo e truccarsi nell’area dilavoro del laboratorio;
pipettare a bocca deve essere proibito. Usare pipettetriciautomatiche;
il laboratorio deve essere tenuto pulito e sgombro di ognioggetto non pertinente al lavoro;
le superfici di lavoro devono essere decontaminate almeno una
volta al giorno e specialmente dopo ogni caduta di materialepotenzialmente pericoloso;
gli operatori devono lavarsi le mani dopo aver maneggiato
materiali potenzialmente contaminanti e prima di lasciare illaboratorio;
tutte le operazioni analitiche e strumentali devono essere
condotte in modo da ridurre al minimo la formazione di vapori,
nebbie, fumi ed aerosol;
tutte le sostanze che vengono prelevate dal contenitore
originario o che vengono elaborate nelle fasi analitiche e
temporaneamente stoccate, devono essere collocate in
recipienti dotati di etichetta che specifichi nome, natura epericolosità del prodotto;
camici e grembiuli vanno indossati in laboratorio; gli abiti da
lavoro non vanno indossati in zone esterne al laboratorio, gli
abiti contaminati devono essere separati e trattati in modoappropriato;
guanti, occhiali, schermi protettivi o altri mezzi di protezione
devono essere indossati ogni volta che occorre proteggere
occhi, volto, mani, corpo, secondo l’operazione da svolgere, la
sostanza che si manipola e la tipologia di rischio evidenziata in
etichetta;
l’ingresso nell’area di lavoro del laboratorio deve essere
limitato alle persone autorizzate. Le porte del laboratoriodevono restare chiuse durante il lavoro;
nell’eliminazione provvisoria e nello stoccaggio di scarti di
laboratorio è necessario tenere conto dell’eventuale
incompatibilità fra sostanze e disporre perciò di adatti
contenitori contrassegnati opportunamente e recanti
un’etichetta su cui riportare, di volta in volta, le quantità e il tipo
di prodotto eliminato ed eventualmente il divieto di introdurvi le
sostanze incompatibili;deve essere previsto un protocollo di
valutazione, sorveglianza e trattamento medico, per i casi diincidente o esposizione a sostanze chimiche pericolose.
NOTE PRATICHE DI PREVENZIONE
Ogni situazione di rischio in laboratorio deve essere
esaminata e bilanciata da una procedura o modalitàoperativa codificata.
Esposizione a rischio da contatto con pelle e occhi
¨ uso di camice
¨ uso di guanti monouso
¨ visiera
¨ lavaocchi in prossimità della zona a rischio
¨ lavaggio delle mani
esposizione a rischio inalazione
¨ uso di maschere o respiratori
¨ uso, manutenzione e revisione di cappa di
aspirazione 0,5 m/s
¨ usare recipienti con coperchio a vite e non a
pressione
¨ pulizia assidua del piano di lavoro
¨ rifiuti in contenitori a tenuta ermetica
¨ apertura vial e fiale sotto cappa con guanti
controllo della linea dei gas e delle bombole
esposizione a rischio ingestione
¨ adottare frigoriferi dedicati
¨ frigoriferi segnalati
¨ divieto di assunzione di cibo in laboratorio
(cartellone)
¨ non pipettare a bocca
spargimento di liquidi
¨ eseguire i travasi su vassoio
¨ neutralizzare e raccogliere il liquido
¨ disporre di kit per pronto intervento
campioni in arrivo
¨ usare contenitori a tenuta ermetica
¨ usare etichette adesive
Solventi altamente infiammabili, sostanze
estremamente pericolose o radioattive, bombole e
simili, devono trovare sistemazione in spazi sicuri e
controllati, adeguatamente previsti in fase di
progettazione
Evitare disordine sui banconi e nelle zone di
passaggio; la collocazione del materiale di uso meno
frequente o sporadico deve trovare luogo al di fuori
dell’area di lavoro
Il magazzino dei reagenti deve essere dotato di
ventilazione forzata, di rialzi di appoggio con
pavimenti facilmente accessibili e lavabili in ogni
punto, con dotazione di emergenza nelle vicinanze
per i casi di sversamenti e simili
I mobili di laboratorio devono essere resistenti;
gli spazi tra e sotto i ripiani, gli interstizi, gli armadietti
e le attrezzature devono essere accessibili per la
pulizia
L’autoclave deve essere collocata all’interno del
laboratorio
Gli indumenti e gli oggetti personali devono
essere collocati in appositi luoghi, fuori dell’area di
lavoro; occorre predisporre spazi per mangiare, bere,
riposare
Il ricambio d’aria deve essere assicurato o da
ventilazione forzata o da finestre facilmente apribili e
regolabili, evitando i lucernari; la ventilazione dovrà
essere uniforme con valori compresi tra 0,1 e 0,35 m/s
Devono essere predisposti i piani di emergenza,
con vie di fuga e procedure di sicurezza, per incendi,
inondazioni, calamità naturali, vandalismi, attentati e
simili; l’illuminazione di emergenza deve garantire
l’uscita di sicurezza
L’area di pronto soccorso deve essere bene
attrezzata, di facile accesso, periodicamente
controllata; la dotazione deve essere aggiornata e
rinnovata dei prodotti scaduti o usati
RISCHIO CHIMICO IN REPARTO OSPEDALIERO
Gli operatori dei reparti ospedalieri o degli ambulatori sono
esposti a rischi di varia natura, in funzione del reparto di
appartenenza e della mansione svolta. Il rischio biologico è
senza dubbio il principale e riceve la dovuta attenzione sia
dagli operatori della sicurezza sia dagli addetti del reparto,
specie in quelle aree a più evidente carattere infettivo con
maggiore probabilità di esposizione o contatto con liquidi
biologici.
L’esposizione a sostanze chimiche per gli operatori di un
reparto ospedaliero è dovuta all’uso di:
Medicamenti
Disinfettanti
Farmaci antiblastici
durante le fasi di preparazione, somministrazione,
smaltimento.
IL RISCHIO CHIMICO IN SALA OPERATORIA
Il rischio chimico per gli operatori di sala operatoria
deriva principalmente dall’esposizione a:
¨ Disinfettanti
¨ Gas anestetici
¨ Metilmetacrilato
L’esposizione alle sostanze in uso per la disinfezione
e la sterilizzazione e l’esposizione al metilmetacrilato
avvengono per:
contatto
inalazione
l’esposizione ai gas anestetici è dovuta
esclusivamente all’ inalazione.
I DISINFETTANTI IN SALA OPERATORIA
In sala operatoria l’esposizione ai disinfettanti assume
caratteri di specificità soprattutto a causa delle quantità e delle
concentrazioni di uso.
Il contenimento del rischio da esposizione si sviluppa
attraverso 4 fasi:
1. formazione e informazione del personale di sala operatoria
sul livello di tossicità di ogni sostanza attraverso la
conoscenza della scheda di sicurezza e dell’etichettatura delle
sostanze e dei preparati pericolosi
2. possibilità di sostituzione di una sostanza con altra di pari
efficacia e minore tossicità
3. adozione di procedure operative attraverso le quali ridurre il
contatto e l’inalazione delle sostanze in uso
4. adozione di adeguati DPI
Principali rischi chimici per gli operatori sanitariREPARTO/SERVIZIO RISCHIO REPARTO/SERVIZIO RISCHIO
Dialisi Formaldeide
Acido acetico
Farmacia Farmaci
Farmaci
antiblastici
Sale Operatorie Gas anestetici
Antisettici
Metilmetacrilato
Glutaraldeide
Anatomia Patologica Formaldeide
Glutaraldeide
Solventi
Benzidina
Laboratori odontoiatrici Mercurio
Ossido di etilene
Gas anestetici
Reparti di degenza Farmaci
Farmaci
antiblastici
Laboratori Benzene
Ossido di etilene
Formaldeide
Solventi
Cancerogeni
Teratogeni
Mutageni
CAPPE
Le cappe costituiscono il principale strumento di
tutela nei confronti del rischio chimico per
inalazione. È necessario però che le cappe siano:
Scelte con competenza circa le caratteristiche
tecniche necessarie
Dotate dei requisiti di idoneità
Mantenute in efficienza con verifiche periodiche
Correttamente usate e gestite, mediante adatto
programma di formazione e informazione
A norma circa la rumorosità e l’impianto elettrico
La scelta della cappa deve avvenire dopo
attento esame delle necessità e degli obiettivi, in
base al tipo di sostanze in uso (vapori organici,
prodotti di reazione, agenti biologici e simili) e in
ragione del livello di protezione che sarà
necessario raggiungere. Occorre soprattutto
individuare la qualità e il livello di inquinamento
prevedibile all’interno della cappa e il luogo di
installazione.
Criteri di scelta fondamentali per l’installazione di una
cappa sono:
Collocazione appartata (porte, finestre, passaggi
creano turbolenze che modificano la qualità
dell’aspirazione)
L’espulsione all’esterno degli aeriformi con
impossibilità di rientro da altre vie
Eventuale filtrazione degli
aeriformi aspirati
Impossibilità di ricircolo all’interno
della cappa
Piano di lavoro unico,
privo di commessure
Illuminazione adeguata,
avulsa dalla zona di lavoro.
Caratteristiche principali e specifiche delle cappe
per analisi chimiche sono:
Doppio fondale, con aspirazione in basso e in
alto, per la captazione sia degli aeriformi più
pesanti dell’aria, sia dei più leggeri
Velocità di aspirazione dell’aria di 0,25 m/s per
aeriformi in genere, di 0,5 m/s per sostanze con
TLV tra 1 e 100 ppm, di 0,7 m/s per sostanze con
TLV inferiore a 1 ppm
Dotazioni di filtri a carbone attivo per vapori
organici
Allarme di sicurezza in caso di riduzione della
capacità aspirante.
Il rischio chimico in ambiente sanitario coesiste
con il rischio biologico e quest’ultimo è
preponderante; i laboratori di chimica-clinica e di
anatomia patologica espongono ad entrambi.
CAPPE PER IL CONTENIMENTO DEL RISCHIO
BIOLOGICO
Le cappe di biosicurezza (biohazard) devono essere
dotate di filtro HEPA ad efficienza del 99,99%. La
velocità minima dell’aria, a livello frontale, deve
essere di 0,4 m/s. opportuni allarmi devono segnalare
la riduzione dell’aspirazione. Cautele devono essere
adottate nella rimozione dei filtri fatta da personale
specializzato e dotato di protezioni adeguate.
Possono essere di tre classi; I, II, III.
Cappa di Classe I
È una camera di lavoro con la parte anteriore aperta e una
emissione d’aria forzata. La protezione è ottenuta solo con la
collocazione d’ingresso dell’aria lontana dall’operatore stesso
mentre quella d’uscita è ottenuta con la sistemazione di un filtro
HEPA prima che l’aria venga scaricata dalla cabina all’esterno.
Le cappe di Classe I sono da usarsi in caso di agenti che
presentino n rischio basso o moderato. I limiti del loro uso
vanno identificati e chiaramente esposti all’esterno della cappa.
Qualora si usino quantità minime (µg) di composti chimici tossici
e tracce di materiali radioattivi per studio biologico, si dovrebbe
usare un tipo speciale di cappa di Classe I appositamente
progettato e costruito. Qualsiasi cambiamento, come l’aggiuta
di un pannello frontale, annulla la definizione “Classe I”.
Si deve procedere a test di controllo del contenimento per
stabilire la velocità dell’aria in entrata necessaria per un uso
soddisfacente (fra 0,4 e 1 m/s).
Cappa di Classe II
È una camera di lavoro con la parte anteriore parzialmente
aperta che fornisce protezione al personale e all’ambiente
circostante contro biorischi di valore basso-moderato tramite
una “barriera di flusso d’aria” posta all’apertura di lavoro.
Una quantità d’aria equivalente a questa barriera è aspirata
dalla cappa attraverso un filtro HEPA. Sono progettate per
lavorare con agenti di pericolosità di grado basso o
moderato. Si dovrebbero indicare sul davanti della cappa i
limiti del suo uso.
In presenza di quantità di qualche microgram-
mo di sostanze chimiche cancerogene o tos-
siche o tracce di materiali radioattivi per
motivi di studio biologico o farmaceutico,
si devono usare cappe di Classe II.
Questa cappa provvede anche alla protezione del prodotto
e/o dell’esperimento in corso tramite aria filtrata con sistema
HEPA che scorre verso il basso in maniera uniforme ed
unidirezionale (flusso laminare verticale). La velocità di
questo flusso d’aria verso il basso deve essere tale da
permettere una protezione valida contro la contaminazione
crociata ed impedire flussi uscenti.
Si deve verificare tramite test di contaminazione l’efficienza
del flusso d’aria a barriera. Quando si sia raggiunto un
livello di sicurezza soddisfacente, si deve misurare la
velocità del flusso d’aria e registrarla come dato per futuri
test periodici di efficienza. Il dato non deve essere inferiore
ad una velocità di 0,4 m/s calcolata e derivata dalla quantità
d’aria misurata nella zona dell’apertura di lavoro (minima
velocità del flusso d’aria entrante). Il contenimento di una
cappa di Classe II è legato all’uniformità e regolarità del
flusso d’aria per cui sono richiesti test d’efficienza.
Cappa di Classe III
È una struttura completamente chiusa e a tenuta di gas. Le
operazioni nel suo interno vengono svolte tramite guanti a manica
intercambiabili della lunghezza del braccio. La cappa è rifornita
d’aria tramite un filtro HEPA e l’uscita dell’aria avviene attraverso
due filtri HEPA montati in serie. La cappa funziona a pressione
interna negativa e provvede ad una protezione totale per il
personale, i prodotti e l’ambiente. È adatta ad essere usata con
agenti biologici di qualunque pericolosità. Si deve evitare l’uso di
gas e liquidi infiammabili a causa del rischio di esplosioni.
La pressione negativa all’interno deve avere un minimo di 200 Pa.
Il flusso d’aria totale deve essere in grado
di dissipare il calore prodotto dalle
apparecchiature interne. Il flusso deve essere
anche sufficiente da permettere che due
dei portelli guantati vengano aperti e di
ottenere una velocità minima di flusso di
0,75 m/s attraverso le aperture.
Respiratori a filtro
I respiratori a filtro si suddividono in tre categorie:
Respiratori a Filtro
Contro
polveri
Contro
gas e vapori
Combinati: contro
gas, vapori e polveri
Semimaschera Facciale filtrante
Esempi di respiratori a filtro
…
Respiratori per gas e vapori
Le sostanze sono trattenute mediante l’azione chimico-
fisica di carboni attivi presenti nel filtro. L’azione del filtro
può essere assimilato al funzionamento di una spugna
che assorbe l’acqua.
Respiratori per gas e vapori
Prima di utilizzarli è
necessario accertare che i
gas e vapori da filtrare
possiedano una soglia
olfattiva inferiore al TLV
affinché sia possibile, per
l’utilizzatore, avvertire
l’esaurimento del filtro, (percependone l’odore) prima che
abbia inalato quantità a rischio di contaminante.
Efficienza dei filtri
Questi contengono carboni attivi e sostanze chimiche in grado di assorbire e neutralizzare i contaminanti
La normativa EN 141 prevede che i filtri ABBIANO SEMPRE UNA EFFICIENZA DI FILTRAZIONE DEL
100%.
100%
Recommended