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Origini e Storia del Teatro Greco e Romano

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Il teatro ha origini antichissime: è una delle prime manifestazioni culturali dell’uomo. Nelle prime civiltà, infatti, il teatro è legato a questi due termini: rito e mito. Tutti i popoli dell’antichità celebravano feste e riti accompagnandoli spesso con canti, danze e parti recitate allo scopo di venerare, pregare o ringraziare gli dei per la stagione futura. L’azione mimica accompagnata da trucco e costume raccontava la finzione o il ribaltamento della realtà esaltati in seguito dal mascheramento ed ornamento. L’uso della maschera, tuttavia, non era pratica comune a tutte le popolazioni, infatti, essa era simbolo di potere e prerogativa di personalità importanti.

Introduzione

Le origini del teatro greco

In Occidente la storia del teatro parte dalla Grecia, la culla della nostra civiltà, e in particolar modo nella città di Atene. L’origine probabilmente è legata ad alcune cerimonie che si svolgevano, fin dal VII secolo a.C., in onore di Dioniso, dio della natura e della fertilità della terra. Durante questi riti i partecipanti danzavano, cantavano e recitavano in coro ricoperti con pelli di capra ed erano detti, perciò, “tragoi”, che significa “capri”.

Le origini del teatro greco

Maschera di Dioniso conservata al museo del Louvre a Parigi

Il termine tragedia (“canto del capro”) deriva, quindi, dai canti rituali (chiamati ditirambi) che venivano intonati durante le processioni in onore del dio Dioniso. In principio i partecipanti al rito erano riuniti in un gruppo, o meglio in un coro, che agiva contemporaneamente. Poi i ruoli hanno cominciato ad essere ben definiti, per cui il rito è diventato gradualmente una rappresentazione, cioè non più qualcosa cui si partecipa agendo in prima persona, ma qualcosa cui si partecipava osservando. Alcuni individui si sono distaccati dal gruppo per assumere dei ruoli più precisi e diventare attori, altri hanno continuato a partecipare da spettatori.

Dal rito alla rappresentazione

La funzione del gruppo era così importante che in seguito il coro è rimasto quasi come fosse un solo personaggio. Esso era costituito da un gruppo di attori, spesso guidati da un capo, il corifeo. Il coro rappresentava un vero e proprio personaggio a più voci che dialogava con i protagonisti, esprimeva commenti e riflessioni, raccontava al pubblico alcuni fatti. Il coro, insomma, era la voce dell’autore.

La funzione del Coro

Dioniso attorniato dai satiri

La tradizione attribuisce la rappresentazione teatrale più antica al poeta greco Tespi, il quale avrebbe composto nel 534 a.C. il primo dialogo tra un attore e un coro. Secondo il poeta latino Orazio, Tespi si spostava da una città all’altra dell’Attica con un carro sul quale innalzava un palco; due attori con i visi dipinti cantavano dei cori di argomento storico. Dopo qualche tempo vi aggiunse un terzo attore, il quale separatamente dai cori recitava dei versi. Dopo Tespi, seguirono altri autori come Frinico, Cherilo e Pratina.

I primi autori

Nel teatro greco si rappresentavano due forme di spettacolo: la tragedia, considerata la forma artistica più elevata, e la commedia, che presentava fatti della vita quotidiana con personaggi popolari e si concludeva quasi sempre con un lieto fine.

Le forme del teatro greco: tragedia e commedia

Il teatro di Epidauro

Gli spettacoli erano organizzati dalle Città Stato come veri riti religiosi e si svolgevano durante le feste Dionisie (dedicate al dio Dioniso) all’inizio della primavera. Lo Stato affidava la messa in scena delle tragedie a cittadini ricchi che provvedevano a pagare gli autori, gli attori, i musicisti e i danzatori. Tutti erano invitati a partecipare: l’ingresso era gratuito e ai cittadini più poveri era offerto un contributo, in sostituzione della paga giornaliera persa per assistere alla rappresentazione. La tragedia antica non era solo uno spettacolo, come lo intendiamo oggi, ma piuttosto un rito collettivo della pòlis. Si svolgeva durante un periodo sacro, in uno spazio consacrato (al centro del teatro sorgeva l’altare del dio).

Il teatro

Il teatro di Doniso ad Atene (illustraz. del 1891).

Il teatro assunse la funzione di cassa di risonanza per le idee, i problemi e la vita politica e culturale: la tragedia parla di un passato mitico, ma il mito diventa immediatamente metafora dei problemi profondi della società. Spesso l’autore era anche attore, componeva le musiche e dirigeva le danze. Nella magia del teatro, gli attori rappresentano in uno spazio scenico la vicenda immaginaria vissuta dai personaggi da loro interpretati. Il pubblico, che assisteva per tutto il giorno alle rappresentazioni, si portava da casa cibo e bevande e manifestava vivacemente il suo giudizio battendo mani e piedi o fischiando e ridendo lasciandosi trascinare in un altro mondo.

La funzione del teatro

La tragedia metteva in scena eventi importanti e drammatici, i cui protagonisti erano figure di altro rango: eroi, principi, re.

Le vicende rappresentate spesso si concludevano in modo violento, con la morte del protagonista e di altri personaggi, e avevano lo scopo di suscitare sentimenti di pietà e terrore negli spettatori.

Assistendo alle conseguenze dei comportamenti negativi dei personaggi, gli spettatori riflettevano sui misteri dell’esistenza e cercavano di sfogare le passioni umane per raggiungere una più alta serenità.

La tragedia si diffuse col diffondersi delle grandi feste in onore del dio Dioniso e inizialmente si svolgevano in uno spazio nei pressi del tempio a lui dedicato.

La tragedia

Per quanto riguarda l’etimologia della parola trago(i)día si distinguono in essa le radici di “capro” (trágos) e “cantare” (á(i)dô), sarebbe quindi il “canto del capro”, forse in riferimento al premio che in origine era consegnato al vincitore dell’agone tragico (per l’appunto, un capretto), o al sacrificio di questo animale, sacro a Dioniso, che spesso accompagnava le feste in onore del dio. Una teoria più recente fa derivare “tragedia” dal vocabolo raro traghìzein, che significa “cambiare voce, assumere una voce belante come i capretti”, in riferimento agli attori. Una terza ipotesi suggerisce che tragoidía significhi più semplicemente “canto dei capri”, dai personaggi satireschi che componevano il coro delle prime azioni sacre dionisiache.

L’etimologia di “tragedia”

La tragedia fiorì in Grecia tra il VI e il V secolo a.C. I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono Eschilo, Sofocle ed Euripide, che in diversi momenti storici, affrontarono i temi più sentiti della loro epoca. La tragedia greca inizia generalmente con un prologo (da prò e logos, discorso preliminare), che ha la funzione di introdurre il dramma; segue la parodo (pàrodos) che consiste nell’entrata in scena del coro attraverso dei corridoi laterali, le pàrodoi; l’azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre o più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, degli intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena; la tragedia si conclude con l’esodo (èxodos).

La tragedia greca classica

Molte opere sono andate perdute o sono giunte fino a noi solo in frammenti. I tre più grandi autori greci di tragedie appartengono al V secolo a.C., quando la città di Atene visse il suo momento di maggiore splendore: l’età di Pericle. Eschilo (545 – 456 a.C.), Sofocle (496 – 406 a.C.) ed Euripide (485 – 406 a.C.) rappresentano nella storia del teatro antico modelli difficilmente ripetibili e le loro tragedie ancora oggi vengono messe in scena nei teatri di tutto il mondo.

Gli autori tragici

Eschilo

Euripide

Eschilo scrisse probabilmente una novantina di opere, ma di queste ne sono giunte ai giorni nostri solo sette: • I Persiani (rappresentata nel 472 a.C.) • Sette contro Tebe (rappresentata nel 467 a.C.) • Supplici (rappresentata nel 463 a.C.) • Prometeo incatenato (rappresentata tra il 470 e

il 460 a.C.). • Orestea - trilogia (rappresentata nel 458 a.C.),

costituita da: 1. Agamennone 2. Coefore 3. Eumenidi

Le tragedie di Eschilo

Sofocle scrisse, secondo la tradizione, ben centoventitrè tragedie, di cui ne restano solo sette:

• Antigone (442 a.C.); • Aiace (intorno al 445 a.C.); • Trachinie (data incerta); • Edipo Re (circa 430 a.C.); • Elettra (data incerta); • Filotette (409 a.C.); • Edipo a Colono (406 a.C., ma

rappresentata postuma nel 401 a.C.). Infine possediamo circa la metà di un dramma satiresco:

• I cercatori di tracce (data incerta).

Le tragedie di Sofocle

Sofocle

Di Euripide si conoscono novantadue drammi; sopravvivono diciotto tragedie e un dramma satiresco.

Le tragedie di Euripide

Alcesti (438 a.C.); Medea (431 a.C.); Gli Eraclidi (forse 430 a.C.

circa); Ippolito ( 428 a.C.); Troiane ( 415 a.C.); Andromaca (forse 423 a.C.

circa); Ecuba ( 423 a.C.); Supplici ( 414 a.C.); Ifigenia in Tauride (forse 414

a.C. o 411 a.C. o 409 a.C.);

Elettra (forse 413 a.C.); Elena ( 412 a.C.); Eracle (data incerta); Fenicie (410 a.C. circa); Ifigenia in Aulide (410 a.C.); Ione (forse 410 a.C.); Oreste (408 a.C.); Le Baccanti (406 a.C.); Ciclope (data incerta, dramma

satiresco); Reso (data incerta,

probabilmente apocrifo).

Una commedia è un componimento teatrale dalle tematiche leggere o atto a suscitare il riso, perlopiù a lieto fine. La commedia, nella sua forma scritta, ha origine in Grecia nel VI secolo a.C. e assunse una struttura autonoma durante le feste dionisiache.

La commedia

La parola greca “comodìa”, composta di “kòmos” (corteo festivo) e “odè” (canto), indica come questa forma di drammaturgia sia lo sviluppo in una forma compiuta delle antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci. La commedia nasce cinquant’anni dopo la tragedia, ma si afferma solo quando essa è già decaduta e ha come massimo esponente Aristofane.

L’etimologia di “commedia”

Aristofane, il più grande

commediografo antico greco

Aristofane (450 a.C. circa – 388 a.C. circa) è l’unico commediografo di cui ci siano pervenute alcune opere complete. Delle oltre quaranta commedie da lui scritte, solo undici sono giunte intere sino a noi.

• Acarnesi (425 a.C.) • I cavalieri (424 a.C.) • Le nuvole (423 a.C.) • Vespe (422 a.C.) • Pace (421 a.C.) • Uccelli (414 a.C.) • Lisistrata (411 a.C.) • Tesmoforiazuse (411 a.C., titolo che significa “Le

donne alla festa di Dèmetra”) • Ecclesiazuse (393 a.C., “Le donne a parlamento”) • Rane (405 a.C.) • Pluto (388 a.C.)

Aristofane

Con Menandro (342 a.C. ca. – 291 a.C. ca.) la commedia perde del tutto la dimensione fantastica e la natura mordace e satirica della fase più antica, per assumere, pur nella finzione teatrale, caratteri di maggiore aderenza alla realtà quotidiana e di più spiccata attenzione alla psicologia e ai sentimenti dei personaggi.

Egli fu autore di un centinaio di testi teatrali, dei quali sono

pervenuti soltanto cinque, ma non per intero: • Aspis (“Lo Scudo”; pervenuta per circa una metà) • Dyskolos (Il Misantropo, l’unica opera pervenuta

nella sua interezza) • Epitrepontes (“L’Arbitrato”; pervenuta in gran parte) • Perikeiromene (La ragazza tosata) • Samia (La donna di Samo)

Menandro

Solo agli uomini era consentito di recitare e infatti essi interpretavano anche le parti femminili.

Per dare maggior rilievo ai personaggi e per esser visti bene anche dagli spettatori più lontani, gli attori indossavano speciali calzature, i coturni, che li rendevano più alti.

Andavano in scena solo in tre, recitavano più ruoli e, quindi, indossavano maschere di cuoio e costumi che rendevano immediatamente riconoscibili i vari personaggi.

Le maschere avevano la funzione di amplificare la voce; infatti l’apertura per la bocca era ampia e costruita come un piccolo megafono.

Anche gli attori delle commedie portavano costumi, mai travestimenti e le maschere dovevano accentuare gli aspetti ridicoli e grotteschi dei personaggi.

Gli attori

Elementi importanti del Teatro Greco

Inizialmente le rappresentazioni avvenivano in uno spiazzo circolare, l’orchestra, vicino al tempio del dio Dioniso. In seguito i pochi sedili di legno, riservati alle persone più importanti della comunità, furono aumentati e disposti intorno all’orchestra, sfruttando talvolta la pendenza naturale delle colline. Col tempo i sedili vennero sostituiti da gradinate costruite in muratura lungo i fianchi di una collina, in modo che tutti potessero vedere e sentire bene (la cavea). Di fronte alla cavea, oltre l’orchestra, si trovava il palcoscenico rialzato dove si muovevano gli attori.

Lo spazio scenico

Lo spazio scenico

• orchestra: l'area occupata dagli attori, chiamata "orchestra", ossia luogo delle danze, di forma variamente trapezoidale/semicircolare o circolare e del diametro di ca. m. 20

• cavea,(koilòn): una serie di gradoni semicircolari appoggiati al terreno per ospitare gli spettatori (la prima fila è riservata ai notabili).

• skené: un edificio scenico che serviva da fondale, di fronte alla cavea, dotata di tre porte per le entrate in scena. Lo spazio tra la rettangolare skené e l’orchestra circolare si chiamava “proskénion” (proscenio).

Struttura del Teatro

Il teatro greco consisteva nelle seguenti parti:

Struttura del Teatro

L’invenzione Greca

Il Teatro: dove, cosa, come e con chi!

Il Teatro a Roma

In occasione di riti e feste, anche a Roma, si tenevano rappresentazioni teatrali in cui si cantava, di danzava e recitava. A partire dal 2°sec. a.C. il processo di aemulatio (consapevole imitazione - tecnica che consisteva nella fusione di parti di commedie greche), portò i romani ad assumere come modelli teatrali la tragedia e la commedia greca.

Il Teatro a Roma

Maschera romana

Il genere tragico fu ripreso dai modelli greci. Era detta "fabula cothurnata" (da "cothurni", le calzature con alte zeppe degli attori greci) oppure "palliata" (da pallium, come per la commedia) se di ambientazione greca. Quando la tragedia trattava i temi della Roma dell'epoca, con allusioni alle vicende politiche correnti, era detta "praetexta" (dalla "toga praetexta", orlata di porpora, in uso per i magistrati). Altre erano ispirate alle leggende delle origini o alla storia nazionale contemporanea, spesso per esaltare figure politiche influenti; spesso indugiano anche su situazioni macabre e sanguinarie.

La Tragedia Romana

La commedia romana ha grande somiglianza con il genere greco, con alcune innovazioni: l'eliminazione del coro e l'introduzione dell'elemento musicale. Mancavano infatti a Roma strutture teatrali paragonabili a quelle del mondo greco, fatto che costrinse i tragici latini di fare a meno della presenza del coro La commedia 'greca' era chiamata fabula palliata (così chiamata dal pallium, mantello di foggia ellenica indossato dagli attori), mentre la commedia ambientata nell'attualità romana era detta fabula togata (dalla "toga", mantello romano) oppure tabernaria).

La Commedia Romana

I Romani assistevano agli spettacoli teatrali soprattutto per divertirsi e perciò le tragedie, così tristi e serie, vennero rappresentate sempre meno. La commedia invece così allegra divenne sempre più vivace e comica tanto che i Romani cominciarono ad apprezzare gli spettacoli denominati Atellane (da Atella, città della Campania da cui ebbero origine). La loro rappresentazione si affidava per lo più all'improvvisazione in quanto nessun attore recitava un testo imparato a memoria. Con l'Atellana si cominciano a determinare schemi e canovacci (tracce schematiche) costanti.

L’Atellana/1

Le improvvisazioni originarie erano di breve durata, dal carattere popolare e farsesco in cui intricate vicende di beffe e scambi di persona erano vivacizzate da scherzi, battute e una comicità anche grossolana. In queste farse (fa farcire che significa in latino riempire alla rinfusa) gli attori indossavano maschere e travestimenti creando caricature della società del tempo. Le compagnie erano itineranti e spesso il carro su cui viaggiavano diventava il palco improvvisato su cui esibirsi.

L’Atellana/2

Testi scritti per il teatro si diffusero dopo che Roma conquistò la Grecia nel 146 a.C assorbendo la sua cultura e civiltà. Gli attori si organizzarono in compagnie stabili nelle quali a volte facevano parte anche alcune donne con il ruolo di mimo. Una compagnia di attori di drammi "regolari", detta in latino grex, era formata da schiavi, mentre le "Atellane" erano recitate da uomini liberi . Sono definite catervae le compagnie teatrali dirette da un capocomico (dominus gregis), un conductor (una sorta di direttore di scena) e un choragus, un attrezzista tuttofare che preparava i costumi e gli altri elementi della messinscena. Benché il pubblico gradisse gli spettacoli gli attori non godevano di buona reputazione in quanto considerati cittadini inferiori e disprezzati dalla società romana considerando tale attività disonorevole e degradante tanto da non poter ricoprire nessun incarico pubblico.

La Compagnia e gli Attori

Il Teatro a Roma in Mappa

I Romani cominciarono a costruire edifici teatrali in muratura soltanto dopo il 30 a.C.. Precedentemente i luoghi degli eventi teatrali erano costruzioni di legno provvisorie spesso erette all'interno del circo o di fronte ai templi di Apollo e della Magna Mater. Il teatro romano dell'età imperiale, invece, è un edificio costruito in piano e non su un declivio naturale come quello greco, e ha una forma chiusa, che rendeva possibile la copertura con un velarium (tende). La cavea, la platea semicircolare costituita da gradinate, fronteggiava il palcoscenico (pulpitum), che per la prima volta assume una profondità cospicua, rendendo possibile l'utilizzo di un sipario e una netta separazione dalla platea.

Edificio Scenico

Edificio Scenico

A - Cavea 1 - muri di sostegno 2 - divisioni laterali delle gradinate 3 - divisioni tra i settori 4 – scale B - Scena 5 - parte di fondo della scena 6 - parte anteriore della scena 7 - tavole dipinte con gli sfondi della scena 8 - parte della scena C - Orchestra 9 - accessi all'orchestra 10 - sedili dei sacerdoti e dei maggiorenti 11 – alta

Schema di un teatro Greco-Romano

Dispositivi Scenici del Teatro

Tito Maccio Plauto (254 ca. - 184 a.C.) innestò sul modello della commedia attica l’esuberanza espressiva della farsa italica. Dei 130 testi teatrali attribuitigli, gli studiosi hanno certificato l’autenticità di ventuno commedie, giunte complete fino a noi, e parte una, la Vidularia, di cui resta un solo frammento di un centinaio di versi. Le trame delle commedie di Plauto erano direttamente ispirate ai modelli greci (Menandro, Filemone, Difilo e altri) e rielaborate con assoluta libertà e con un ritmo comico straordinario, sottolineato dai tempi ben calibrati del dialogo.

Plauto

Tito Maccio Plauto

Gli intrecci presentano di solito storie d'amore complicate da tranelli, fraintendimenti ed espedienti furbeschi. I protagonisti delle commedie plautine sono generalmente personaggi privi di sfumature psicologiche: tra i “tipi” più ricorrenti, esemplari sono il soldato spaccone, il bugiardo, l'avaro, lo schiavo astuto, il parassita. Fra le sue commedie più note ricordiamo: • Amphitruo (Anfitrione), • Asinaria (La commedia degli asini), • Aulularia (La commedia della pentola), • Bacchides (Le Bacchidi), • Menaechmi, • Miles gloriosus (Il soldato spaccone), • Pseudolus.

Le commedie di Plauto

Publio Terenzio Afro (190 circa a.C. - 159 a.C.) esordì come autore di teatro nel 166 a.C., e operò con alterne fortune fino al 160 a.C. Nel teatro di Terenzio grande rilievo hanno i temi della comprensione e del rispetto umano, della disponibilità verso gli altri, quei valori cioè che venivano riassunti dai latini con il termine humanitas. Nei suoi testi importanza ha lo scavo psicologico dei personaggi; le loro vicende, infatti, sono moderatamente realistiche ed evocano contesti tutt’altro che fantastici, rendendo le commedie terenziane, sulla scia del modello menandreo, dei veri e propri “drammi borghesi”.

Terenzio

Il suo primo testo teatrale fu Andria, messo in scena nel 166 a.C. Seguendo l'artificio retorico della contaminatio (tipico delle esperienze comiche del teatro classico e già utilizzato da Plauto) Terenzio attinse per le sue commedie (sei in tutto, rappresentate fra il 166 e il 160 a.C.) a diversi originali greci, mescolando spunti narrativi e personaggi di varie opere. Andria, Heautontimorúmenos, Eunuchus e Adélphoi derivano perlopiù da commedie di Menandro.

Le commedie di Terenzio

EPOCA LUOGO SPAZIO TEATRALE

FUNZIONE DEL TEATRO O DELL'ATTORE

GENERI AUTORI IMPORTANTI

VI-IV sec, a.C.

Grecia teatro a gradinate sul fianco di una collina

il teatro ha una funzione religiosa, sociale, educativa, trasmette i valori civili, morali e religiosi su cui si fonda la società. L'attore è il mediatore verso lo spettatore dei valori del mito, è un cittadino privilegiato, la sua posizione sociale è invidiabile

Tragedia: mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l'animo dalle passioni" Commedia: in essa predominano temi di attualità politica e satira sociale oppure è caratterizzata da vicende basate su contrasti amorosi

Per la tragedia Eschilo, Sofocle, Euripide. Per la commedia Aristofane e Menandro

II sec. a.C. - I d.C.

Roma anfiteatro di forma ellittica

il teatro perde ogni funzione religiosa e diventa puro spettacolo, lo scopo non è più educare il pubblico, ma divertirlo.

prevale la commedia di derivazione greca

Plauto e Terenzio

Storia del Teatro in breve