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Sezione IV; decisione 10 aprile 1963, n. 255; Pres. A. De Marco P., Est. Santaniello; Paparoni ealtri (Avv. Schirò) c. Min. lavori pubblici e trasporti (Avv. dello Stato Vitucci), Chiarella e altriAuthor(s): F. S.Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 287/288-289/290Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152384 .
Accessed: 28/06/2014 11:56
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PARTE TERZA
mento giurisdizionale costituisca un blocco, per dir così, chiuso ed impermeabile alle sopravvenute norme costitu
zionali. Si deve anzi ritenere che le norme in oggetto deb bono essere interpretate ed integrate con quelle della Co
stituzione. Ed appunto queste ultime permettono di sta
bilire quanto segue :
a) La questione di costituzionalità non è censura di
parte, ed anzi è questione rilevabile d'ufficio (art. 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1). Attribuire al giudice il potere di sollevare d'ufficio una certa questione non avrebbe senso, se essa non dovesse servire alla definizione del giudizio. Questo potere, conferito dalla norma costituzionale senza
limitazione alcuna, può essere, quindi, esercitato non solo
per risolvere dubbi sulla giurisdizione o sui presupposti
processuali, ma anche per risolvere quelli concernenti il
merito della controversia, cioè la legittimità dell'atto im
pugnato. Ora, poiché il potere è attribuito da una norma
costituzionale (della quale l'art. 23, 3° comma, della legge ordinaria 11 marzo 1953 n. 87, è semplice reiterazione), non
si può ritenere che esso trovi ostacolo nei principi di legge ordinaria, secondo i quali il Consiglio di Stato può decidere
solo sui motivi dedotti dal ricorrente. Questo principio vale quando si tratti degli altri vizi di legittimità : ma il
Consiglio di Stato ha il potere, in base alla norma costi
tuzionale, di rilevare di propria iniziativa il vizio riflesso, derivante dalla incostituzionalità della legge. E se ha il
potere di sollevare la questione ai fini del rinvio alla Corte
costituzionale, deve avere anche quello di trarre, dalla
sentenza che dichiara la incostituzionalità, tutte le con
seguenze, anche quella dell'annullamento dell'atto. Altri
menti, il giudice, rilevando fondatamente che l'atto im
pugnato (malgrado l'interessato non ne abbia fatto materia
d'apposita istanza) si basa su una legge incostituzionale, recherebbe un danno al ricorrente, se si dovesse ritenere
che il giudizio dovesse chiudersi con una formula diversa
da quella di accoglimento, privandolo, cioè, del risultato
positivo dell'azione dell'annullamento ; oppure avrebbe
sollevato una questione di costituzionalità irrilevante, poiché nessuna conseguenza se ne potrebbe trarre ai fini del giu dizio. In conclusione, l'Adunanza plenaria ritiene ohe, ove
la dichiarazione d'incostituzionalità sia stata ottenuta in
conseguenza di una questione sollevata di ufficio, e da ciò
risulti dimostrato un vizio riflesso dell'atto impugnato, anche se non dedotto dal ricorrente, debba procedersi al
l'annullamento dell'atto stesso.
b) Il secondo caso è risolto in parte da ciò che si è
detto prima, ed in parte da un altro principio costituzio
nale, cioè della efficacia erga omnes delle sentenze della Corte
costituzionale dichiarative di incostituzionalità (art. 136, 1°
comma, Cost.). La questione di costituzionalità può essere sol
levata per la prima volta in qualsiasi momento del giudizio : dimodoché è certo che, se anche essa non è stata dedotta
nel ricorso, il ricorrente, o il giudice di ufficio, possono
sempre sollevarla, finché non sia intervenuta una decisione
definitiva. Senonchè, in quanto la sentenza della Corte
costituzionale ha efficacia erga omnes, la questione non può essere nuovamente sollevata, se la legge è già stata dichia
rata incostituzionale : e quando ciò malgrado gli atti le
siano stati rimessi, la Corte, come è noto, dichiara la que stione « manifestamente infondata perchè già decisa ». Ed
allora, mentre, se non esistesse alcuna pronuncia della Corte, nulla vieterebbe al ricorrente o al giudice di sollevare la
questione, qui si incontrerebbe proprio una preclusione, la quale deriverebbe dal fatto ohe il vizio di costituzio
nalità della legge è già stato affermato, e che, quindi, la
legge ha cessato d'avere efficacia. Ora, di fronte ad un
effetto che non è necessariamente legato ad un'istanza di
parte, e che non è circoscritto nell'àmbito di un determinato
giudizio, è evidente che sarebbe fuori luogo introdurre
disparità di regime, che deriverebbe non dalla applicazione delle norme costituzionali, ma da una supposta resistenza
che le norme ordinarie del procedimento innanzi al Con
siglio di Stato opporrebbero alle norme costituzionali.
c) L'ultimo caso è pure da risolversi nel medesimo
senso. Il giudizio sulla « manifesta infondatezza » previsto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, è di mera deli
frazione ; il giudizio di merito spetta alla Corte costituzio
nale. Consegue ohe la forza espansiva della sentenza, che
dichiara l'illegittimità costituzionale, non può trovare osta
colo nel diverso apprezzamento espresso in precedenza dal giudice : la sua valutazione, meramente incidentale,
resta travolta dalla sentenza sopravvenuta, ed è di questa, e non del proprio precedente apprezzamento, che egli deve
tener conto nella decisione definitiva.
La fattispecie, sulla quale in questa sede bisogna deci
dere, è esattamente quella individuata supra, sub b). Si tratta di un gruppo di provvedimenti (ministeriali
o prefettizi) emanati tutti in virtù della legge 7 luglio 1959
n. 490. L'eccezione di incostituzionalità della legge non era
stata sollevata dalla Società ricorrente, ma l'esistenza della
dichiarazione d'incostituzionalità, contenuta nella sen
tenza della Corte costituzionale 24 giugno 1961, n. 35 (cui la questione era stata rimessa con due ordinanze, l'una del
Tribunale di Modena, e l'altra della IV Sezione del Con
siglio di Stato), fu rilevata dalla VI Sezione con l'ordi
nanza di rinvio all'Adunanza plenaria 6 novembre 1962,
n. 74, ed il ricorrente ha chiesto, sia in memoria, sia nella
discussione orale, che se ne faccia applicazione. In conseguenza dei principi dianzi svolti, i ricorsi deb
bono perciò essere accolti, con l'annullamento degli atti
impugnati, salva la dichiarazione di cessazione della materia
del contendere per i provvedimenti che in pendenza del
giudizio sono stati annullati d'ufficio.
Il preesistente contrasto di giurisprudenza induce a di
chiarare compensate le spese. Per questi motivi, il Consìglio di Stato in Adunanza
plenaria delle Sezioni giurisdizionali, decidendo sui tre
ricorsi nn. 318, 436 e 741 del 1960, riuniti con ordinanza
della VI Sezione 6 novembre 1962, n. 74 : 1) dichiara
cessata la materia del contendere sui decreti del Prefetto
di Cosenza 21 marzo 1960, n. 17342 e del Prefetto di Ma
tera 2 marzo 1960, n. 753 ; 2) accoglie i ricorsi contro tutti
gli altri atti impugnati, che annulla ; 3) dichiara compen sate le spese.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 10 aprile 1963, n. 255 ; Pres. A. De
Marco P., Est.. Santaniello ; Paparoni e altri (Avv.
Schirò) c. Min. lavori pubblici e trasporti (Avv. dello
Stato Vitucci), Chiarella e altri.
Ferrovie, tramvie e iilovie — Dipendenti delle ler
rovie dello Stato — Collocamento a riposo —
Incostituzionalità della normativa — Questione manifestamente infondata (Costituzione della Re
pubblica, art. 3, 97 ; legge 26 marzo 1958 n. 425
stato giuridico del personale delle ferrovie dello Stato, art. 165).
È manifestamente infondata la questione d'incostituzionalità
dell'art. 165 della legge 26 marzo 1958 n. 425 sotto il
;profilo che esso determinerebbe per il collocamento a riposo dei dipendenti delle ferrovie dello Stato limiti di età e di
servizio inferiori a quelli disposti per la generalità degli
impiegati dello Stato, senza che la natura del servizio pre stato giustifichi il diverso trattamento. (1)
(1) Non risulta alcun precedente in termini. È stato escluso l'eccesso di potere per disparità di trattamento nel caso di di versi criteri seguiti da due Amministrazioni nell'uso del poi eie discrezionale inerente al collocamento a riposo, in quanto pos sono esistere diverse situazioni e diverse esigenze riguardo al
personale: Cons. Stato, VI Sez., 28 settembre 1960, n. 691, Foro it., Rep. 1960, voce Impiegato dello Stato, n. 437.
Merita rilevare che, per le Comunità europee, di cui ancora non è stato emanato lo statuto per gli impiegati, si è notato che se norme valide per gli impiegati degli organi comunitari non venissero applicate anche ai dipendenti di organi sostanzialmente, ma non formalmente, comunitari, non solo si violerebbe il prin
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289 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 290
La Sezione, ecc. — (Omissis). Col primo motivo si as sume la incostituzionalità dell'art. 165 della legge 26 marzo 1958 n. 425, e relativo allegato n. 15 sullo stato giuridico del personale delle ferrovie dello Stato, perchè la norma me
desima, introducendo, nella disciplina generale del tratta mento di quiescenza, differenziazioni non aventi fonda mento nella natura del servizio prestato e prescrivendo, per il collocamento a riposo dei funzionari addetti agli uf fici delle ferrovie, un limite di età più basso di quello pre visto per tutti gli altri funzionari delle Amministrazioni
statali, violerebbe la parità di trattamento, che è principio generale e costituzionale per i dipendenti pubblici sancito dall'art. 97 della Costituzione.
Segnatamente, sia nei motivi di ricorso e sia nella me
moria i ricorrenti sorreggono la loro censura di incostitu
zionalità del ridetto art. 165 sul dovere di «imparzialità» della pubblica Amministrazione, sancito nell'art. 97 Cost.
cipio di eguaglianza, ma si creerebbe un ostacolo per la conce zione e la emanazione di norme unitarie per tutti i rapporti di impiego con le Comunità, cons. Clemens, Der Europàische Beamte und sein Dissiplinarrecht, Levden, 1961, pag. 53 segg.
Sul problema generale della eguaglianza, v., da ultimo, Corte cost. 7 giugno 1962, n. 48, Foro it., 1962, I, 1077 ; 22 dicembre 1961, n. 68, ibid., 17 ; 28 novembre 1961, n. 64, id., 1961,1, 1777
(col. 1779) ; 11 luglio 1961, n. 42, cit., nella decisione che si an nota.
Nel senso che l'art. 3 della Costituzione imponga al legisla tore di trattare in maniera differenziata situazioni oggettiva mente e non arbitrariamente diverse, v. Corte cost. 7 luglio 1962, n. 87, id., 1962, I, 1219.
La Corte costituzionale ha anche ritenuto che le spetti l'accertamento dei presupposti di fatto da cui si desume l'arbi trarietà del trattamento differenziato disposto dal legislatore : essa è stata quindi di avviso esattamente opposto da quello mani festato dal Consiglio di Stato che proprio in seguito al proprio accertamento dei fatti presupposti ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale ; v. la sentenza 27 febbraio 1962, n. 7, in questa rivista, 1962, I, 606, nella moti vazione, a col. 608.
In dottrina, v. Esposito, La Costituzione italiana, 1954, pag. 17 ; e da ultimo Paladin, in Biv. trim. dir. pubbl., 1962, 897 segg.
* * *
La decisione desta perplessità in ordine al procedimento seguito per dichiarare infondata la questione di illegittimità co stituzionale dell'art. 165 legge n. 425 del 1958. Se infatti essa ha ben fissato il principio teorico che non può sussistere imparzia lità di trattamento — e quindi violazione del fondamentale
principio di uguaglianza, di cui l'imparzialità non è che un
aspetto — quando la legge determini un trattamento diverso
per categorie di cittadini che essa ritenga trovarsi in condizioni di fatto diverse rispetto alla generalità, non pare poi esatto dire che l'Amministrazione ferroviaria si contraddistingue dalle altre Amministrazioni civili dello Stato « di guisa che anche lo stato
giuridico dei propri dipendenti in correlazione con la qualità delle mansioni ad essi affidate . . . ben può presentare note e tratti differenziali di fronte agli altri status impiegatizi ». E non sembra esatto in quanto sarebbe stato necessario non fare riferi mento alla categoria genericamente individuata dai compiti isti tuzionali delle ferrovie dello Stato, ma vedere in concreto se nell'art. 165 non siano comprese diverse categorie di impiegati, di cui taluna con compiti perfettamente analoghi a quelli degli impiegati di altre Amministrazioni e altre con compiti diversi. Solo escludendo in fatto la identità di funzioni per categorie (comunque questa parola possa intendersi) giustamente si sarebbe
potuto pronunciare la manifesta infondatezza della questione di incostituzionalità della norma. Così invece non è affatto chiaro
perchè un geometra delle ferrovie debba essere collocato a ri
poso al compimento del 62° anno, alla stessa guisa di un macchi
nista, per il quale invece si comprende benissimo il limite infe
riore, mentre un altro geometra dello stesso Ministero dei tras
porti, da cui dipendono le ferrovie dello Stato, lo sarà al compi mento del 65° anno.
Può darsi che il Consiglio di Stato intendesse dire che qui si è di fronte ad una manifestazione tipica di discrezionalità legisla tiva, per cui in realtà l'imparzialità dell'art. 97 non c'entra
per nulla ; ma se questo voleva dire (e probabilmente sarebbe
giusto), occorreva dirlo chiaramente. F. S. F. S.
Non vi è dubbio che, come risulta chiaramente dai la
vori preparatori della Carta costituzionale e come è ammesso
nelle più recenti acquisizioni della dottrina e della giuris
prudenza, la « imparzialità », di cui al ricordato precetto costituzionale, debba valere tanto all'esterno, verso gli amministrati, i cittadini, quanto all'interno dell'Ammini
strazione, cioè verso i funzionari e gli impiegati. Senonchè
il richiamato principio va inteso non in senso assoluto, mec
canico e livellatore, ma in senso relativo ; ciò significa che il
legislatore può dettare norme diverse per situazioni che, nella propria discrezionalità, considera diverse tenendo
conto di ragioni di interesse e di convenienza pubblica.
L'importante è che la diversità di trattamento, oltre ad
obbedire a criteri di razionalità, riguardi categorie e non
singoli cittadini al fine di non creare privilegi nè ingiuste
sperequazioni (cfr. Corte cost. 11 luglio 1961, n. 42, Foro
it., 1961, I, 1397). Il dovere di imparzialità di cui all'art. 97, 1° comma,
della Costituzione, che, d'altra parte, può qualificarsi per taluni profili come una specificazione e una particolare caratterizzazione del più lato e ampio principio di ugua
glianza posto, in via generalissima, dall'art. 3 della Cost.,
significa che situazioni eguali debbono essere regolate e di
sciplinate in modo eguale ; ma non sempre la difformità di
trattamento implica violazione del principio di eguaglianza
quando la disparità corrisponda alle esigenze di una situa
zione differenziata, che richiede una peculiare disciplina
(cfr. Corte cost. 29 marzo 1960, n. 15, Foro it., 1960, I, 538 ; 29 marzo 1960, n. 16, ibid., 535).
In altri termini, dall'art. 97 non si può inferire, se
condo la tesi dei ricorrenti, che tutti i dipendenti pubblici debbano fruire di un identico status, nemmeno sotto il circo
scritto profilo dei limiti di età e di servizio per il colloca
mento a riposo. Quando il trattamento differenziato derivi
dalla natura delle attribuzioni connesse alle singole catego rie dei dipendenti pubblici, dal tipo di servizio svolto, dai
particolari caratteri e dalle specifiche esigenze dei singoli ordinamenti amministrativi in cui essi operano, la norma
non è incostituzionale ; ciò che rileva è che esiste una situa
zione diversa e particolare di essa categoria, in relazione
alla collettività.
E, nella specie, non può porsi in dubbio che l'Ammini
strazione ferroviaria, si contraddistingua, per la natura
stessa dei compiti istituzionali spettantile con caratteri
stiche ed elementi propri, ohe la differenziano dalle altre
Amministrazioni ; di guisa che anche lo status giuridico dei
propri dipendenti, in correlazione con la qualità delle man
sioni ad essi affidate e con le specifiche esigenze dei servizi, ben può presentare. note e tratti differenziali di fronte agli altri status impiegatizi.
Dalle considerazioni che precedono risulta la manifesta
infondatezza della questione di costituzionalità dedotta
col primo mezzo di gravame. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 10 aprile 1963, n. 247 ; Pres. D'Avino
P., Est. Crisci ; Vizzacaro e altri (Avv. Conte, Pol
ltjcci, Zenari, GrEPTER WoNDBiCH, Balzarini) c. Com
missario generale del Governo per il territorio di Trieste
(Aw. dello Stato ViTtrcci).
Trieste — Impiegati dello Stato di ruolo distaccati
presso l'amministrazione del Governo militare
alleato — Cessazione dal servizio — Revoca
delle promozioni (D. 1. 1. 20 luglio 1944 n. 162, re
gime giuridico dei territori restituiti all'amministra
zione italiana, art. 1).
Le promozioni e assunzioni del personale di ruolo delle Am
ministrazioni dello Stato presso il corpo di polizia civile
del territorio di Trieste hanno carattere di temporaneità ;
pertanto, sono, a seguito della restituzione di Trieste al
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