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MODULO 2. Corso rFSH – rLH
Titolo: Gonadotropine ricombinanti vs. urinarie, FSH ricombinante originator vs. biosimilari
Autore: Prof. Alberto Revelli, MD PhD
Ginecologia e Ostetrica 1U, Centro di Fisiopatologia della Riproduzione e PMA, Città della Salute e
della Scienza di Torino, ASO Sant’Anna, Università di Torino
Resp. Scientifico: dottor Claudio Castello - Responsabile SSD Fivet ASL Citta' di Torino
Sommario Introduzione ...................................................................................................................................................... 1
Le gonadotropine .............................................................................................................................................. 1
Farmacologia delle gonadotropine ................................................................................................................... 2
Trials clinici comparativi: gonadotropine ricombinanti vs. urinarie .................................................................. 4
L’avvento del r-FSH biosimilare ......................................................................................................................... 6
r-FSH biosimilari vs. r-FSH originator: studi di farmacologia di base ................................................................ 7
Trials clinici: r-FSH biosimilari vs. r-FSH originator ............................................................................................ 8
Bibliografia ....................................................................................................................................................... 11
Introduzione Nella storia della terapia dell’infertilità umana la disponibilità di farmaci in grado di indurre
l’ovulazione in pazienti anovulatorie o di provocare la crescita simultanea di una coorte di follicoli allo
scopo di ottenere numerosi ovociti da fecondare in laboratorio ha comportato un enorme progresso.
La modulazione farmacologica della crescita follicolare e dell’ovulazione rappresenta a tutt’oggi uno
dei cardini della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), sia nel primo livello di terapia
(Inseminazione Intrauterina), quando si desidera uno sviluppo mono-follicolare, sia nella
Fecondazione in Vitro (FIV), quando è richiesto lo sviluppo pluri-follicolare ed i risultati, espressi in
termini di bambini nati, sono fortemente condizionati dal numero di ovociti disponibili (Sunkara
2011).
Le gonadotropine Le gonadotropine ipofisarie sono i principi attivi maggiormente utilizzati sia per l’induzione
dell’ovulazione, sia per la sovrastimolazione ovarica controllata per FIV (COS).
La principale gonadotropina utilizzata per modulare l’ovulazione è l’FSH, un polipeptide di circa 31
kDa formato da due subunità (catene) legate in modo non-covalente. La catena alpha, di 92
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aminoacidi, è comune agli ormoni glicoproteici FSH, LH, hCG e TSH, mentre la catena beta, di 111
aminoacidi nel caso dell’FSH, è specifica di ciascun glico-ormone e conferisce la peculiare attività
biologica (Simoni 1995).
Nella catena beta dell’FSH ci sono numerosi siti di N-glicosilazione, un processo chimico che completa
la glicoproteina nella sua parte glicidica, generando isoforme che possiedono caratteristiche
funzionali leggermente diverse l’una dall’altra. Le isoforme dell’FSH differiscono per il peso
molecolare, le proprietà isoelettriche, l’immunoreattività e il tempo di emivita; più le catene laterali
glicidiche sono ricche di residui di acido sialico, più l’isoforma è acida e possiede emivita lunga,
mentre le isoforme con meno acido sialico sono meno acide e hanno emivita più breve (Morell 1971).
L’FSH prodotto fisiologicamente dall’ipofisi umana è una miscela di isoforme che cambia durante le
varie fasi del ciclo mestruale: le isoforme più acide, presenti prevalentemente nella fase follicolare
precoce, stimolano la crescita follicolare più a lungo, ma meno intensamente rispetto alle forme
meno acide, che invece sono più presenti nella fase follicolare tardiva. Le prime sono funzionali al
reclutamento follicolare secondario, che avviene durante la mestruazione e nel quale un’azione più
prolungata può essere più efficace, mentre le seconde sono funzionali alla stimolazione finale della
crescita e della maturazione follicolare, che avviene nei giorni precedenti l’ovulazione.
L’altra gonadotropina prodotta dall’adenoipofisi è l’LH. L’LH è una glicoproteina dimerica formata da
una catena alpha di 92 aminoacidi e da una catena beta di 121 aminoacidi, che conferisce la specificità
biologica. La molecola dell’LH ha una struttura tridimensionale globulare, e come l’FSH possiede
numerosi siti di glicosilazione; anche per l’LH esistono diverse isoforme, che differiscono nelle catene
laterali glicidiche e possiedono proprietà di legame al recettore lievemente diverse l’una dall’altra. Il
recettore per l’LH, presente nei tessuti bersaglio, è attivato anche dall’hCG, gonadotropina di origine
placentare, solitamente non presente al di fuori della gravidanza. L’hCG non possiede un proprio
recettore, ma sfrutta quello dell’LH.
Farmacologia delle gonadotropine L’FSH è diventato disponibile come farmaco nei primi anni ’60, quando venne estratto e purificato a
partire dal tessuto ipofisario di cadavere umano. Successivamente, l’FSH fu ricavato dalle urine di
donne in menopausa, e fu prodotto sotto forma di gonadotropina menopausale umana (hMG), che
conteneva parti uguali di FSH ed LH in modesta quantità, ed era formata per la maggior parte da
contaminanti proteici privi di azione gonadotropinica.
Negli anni ‘80 fu introdotta sul mercato una preparazione purificata di FSH urinario, nella quale,
tuttavia, il contenuto di FSH era solo del 5%, e successivamente una versione più evoluta, altamente
purificata (HP-FSH), nella quale l’FSH rappresentava l’80% delle proteine, mentre il 20% era sempre
composto di contaminanti proteici (Bassett 2005).
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Nel 1992 la tecnologia farmaceutica produsse la prima forma di FSH ricombinante (r-FSH), ottenuta
mediante ingegneria genetica transfinfettando cellule di criceto cinese (CHO) con un vettore virale
veicolante DNA umano (Keene 1989). L’r-FSH disponibile come farmaco contiene oltre il 99% di FSH,
e solo un minimo quantitativo di contaminanti proteici biologicamente ininfluenti. Un’ulteriore
evoluzione è stata rappresentata dalla nuova tecnologia di produzione dell’r-FSH “filled-by-mass”,
che rispetto a quella precedente aumenta significativamente la stabilità del contenuto di FSH tra una
fiala e l’altra (batch-to-batch consistency). L’r-FSH filled-by mass garantisce un’ottima corrispondenza
tra il quantitativo di FSH biologicamente attivo teoricamente presente in una fiala e quello reale,
permettendo un livello ottimale di modulazione fine del dosaggio somministrato. La possibilità di
modulare in modo fine la dose di somministrazione è importante quando vengono sottoposte a COS
donne con ovaio policistico (PCO), che possiedono una particolare sensibilità all’FSH e la tendenza ad
uno sviluppo follicolare multiplo eccessivo e poco prevedibile, e risultano quindi particolarmente a
rischio di sviluppare una sindrome da iperstimolazione ovarica grave (OHSS).
La tecnologia di produzione dell’r-FSH è notevolmente complessa ed ha comportato enormi sforzi di
ricerca preliminare e di messa a punto in fase di realizzazione. Trattandosi di una molecola altamente
glicosilata, l’FSH non può essere prodotto utilizzando colture batteriche poiché le cellule procariote
non possiedono gli enzimi necessari alla glicosilazione (Keene 1989). Devono essere impiegate cellule
eucariote di mammifero, che vengono trattate con tecnologie di ingegneria genetica. Sono
attualmente presenti sul mercato due forme di r-FSH, la follitropina alfa e la follitropina beta,
entrambe prodotte mediante transfezione virale di cellule CHO con DNA umano (Olijve 1996), ma
con metodiche di purificazione leggermente diverse. Le lievi diversità nella catena produttiva,
peraltro, non hanno comportato diversità di efficacia clinica, come evidenziato nei principali trials
clinici di confronto (Harlin 2000, Brinsden 2000).
Rispetto all’FSH nativo ipofisario e all’FSH estratto dalle urine (u-FSH), l’r-FSH è una molecola meno
acida, contenente meno acido sialico, e con una attività biologica in vitro superiore (Lombardi 2013).
Studi preclinici hanno dimostrato che l’r-FSH non possiede effetti teratogeni o mutageni ed è
rapidamente eliminato dal sangue, non essendo più presente in circolo nel momento in cui la
blastocisti si impianta nell’endometrio ed entra in contatto col sangue materno. La tecnologia
produttiva dell’r-FSH assicura un rischio trascurabile di contaminazione con microorganismi o parti di
essi (prioni), mentre lo stesso non può essere garantito dalle metodiche di purificazione cui viene
sottoposto l’FSH di origine urinaria. A questo proposito il recente protocollo di diagnosi e trattamento
del COVID-19 pubblicato ufficialmente dalla National Health Commission in Cina ha dichiarato che il
coronavirus è stato isolato dall’urina umana e alcuni altri paesi, tra cui l’Italia, hanno annunciato
l’effettuazione di controlli mirati sui lotti di produzione delle gonadotropine urinarie.
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Inoltre, la tecnologia ricombinante permette una produzione teoricamente illimitata di farmaco al
contrario di quella estrattiva, che ovviamente richiede disponibilità del liquido biologico da cui parte
l’estrazione. La necessità di approvvigionare un grande quantitativo di urina da cui estrarre l’FSH
comporta un rischio concreto di perdita di controllo sull’origine di tale liquido biologico e sulle sue
modalità di raccolta, con conseguente perdita di sicurezza relativamente alla trasmissione di
microorganismi.
La prima forma di LH disponibile farmacologicamente è stata l’hMG (gonadotropina umana
menopausale), estratta dalle urine di donne in menopausa e contenente FSH ed LH in rapporto 1:1,
con un notevole quantitativo di impurità proteiche; queste ultime sono state poi molto ridotte nella
successiva versione altamente purificata del farmaco (HP-hMG). E’ importante sottolineare che
durante il processo di purificazione dell’hMG dalle urine la maggior parte delle molecole di LH
vengono perse, e l’attività LH residua nell’hMG è dovuta per oltre il 90% al contenuto di hCG, che
attiva lo stesso recettore dell’LH. Rispetto all’LH, l’hCG possiede un’attività biologica meno rapida,
ma più prolungata, e attiva nelle cellule bersaglio espressioni geniche e patways secondari diversi
(Wolfenson 2005, Casarini 2018).
Più recentemente sono stati introdotti in commercio sia l’LH, sia l’hCG ottenuti con tecnologia
ricombinante. L’LH ricombinante (r-LH, luteotropina alfa) è prodotto con un processo di ingegneria
genetica sulle cellule CHO del tutto simile a quello che porta alla produzione di r-FSH, salvo che
ovviamente il DNA incorporato nelle cellule è quello dell’LH umano. Dalla purificazione del surnatante
della coltura cellulare si ottiene una molecola di LH virtualmente pura al 100%, senza tracce di hCG.
Ancora più recentemente, FSH ed LH ricombinanti sono stati combinati in un singolo farmaco, in
rapporto 2:1, che permette la simultanea somministrazione di entrambe le gonadotropine in un’unica
iniezione sottocutanea. Il rapporto relativo tra i due principi attivi è quello risultato ottimale per
stimolare la crescita follicolare.
Trials clinici comparativi: gonadotropine ricombinanti vs. urinarie Nei trials clinici di confronto tra u-FSH e r-FSH è stata costantemente dimostrata la superiorità dell’r-
FSH in termini di potenza biologica, concretizzata in una maggiore produzione di ovociti a fronte di
una minore durata della stimolazione ovarica e di una minor dose complessiva (Frydman 2000, Out
1995). Non è stata riscontrata una differenza statisticamente significativa, invece, in termini di
probabilità di gravidanza e di nascita (live birth), benchè il r-FSH abbia comportato risultati lievemente
migliori rispetto all’u-FSH (van Wely 2011).
Più frequentemente l’efficacia clinica dell’r-FSH è stata confrontata con quella dell’hMG. Vi sono tre
principali metanalisi che includono studi comparativi effettuati in donne sottoposte a FIV: riportano
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risultati simili in termini di gravidanze e nascite, seppure lievemente migliori per l’hMG (Al-Inany
2008, 2009, Coomarasamy 2008). Un’ulteriore metanalisi del 2010 ha confermato che r-FSH e hMG
ottengono una live birth rate comparabile (Jee 2010). Nel 2012 è stata pubblicata un’altra ampia
metanalisi che ha confrontato l’r-FSH con le altre gonadotropine di origine urinaria estrattiva (u-FSH
e l’hMG) (van Wely 2012). Sono stati inclusi 42 trials randomizzati prospettici per un totale di 9.606
coppie sottoposte a IVF: la live birth rate, riportata in 28 trials comprendenti 7.339 coppie, è risultata
comparabile per l’r-FSH vs. qualunque altra gonadotropina (Odd Ratio 0.97%, intervallo di confidenza
0.87-1.08), così come l’incidenza di OHSS. Molto recentemente è stata pubblicata un’altra metanalisi
comprendente 28 studi randomizzati prospettici, per un totale di 7.553 donne sottoposte a FIV e
stimolate con hMG, u-FSH o r-FSH. L’analisi dei dati ha mostrato un rischio relativo (RR) di ottenere
una live birth pari a 1,03 a favore del r-FSH nel confronto tra r-FSH e u-FSH, e di 0.88 sfavore del r-
FSH nel confronto tra hMG e r-FSH (Bordewijk 2019).
Una lettura critica di questi articoli non può non evidenziare che numerosi studi inclusi nelle
metanalisi erano dichiaratamente sponsorizzati dalle ditte farmaceutiche che producono i farmaci, e
che in alcuni studi le dosi dei farmaci confrontati non erano comparabili o non erano appropriate per
la tipologia specifica di pazienti. E’ noto che i trials clinici finalizzati ad indagare gli effetti della FIV in
termini di live birth rate devono includere un numero notevole di pazienti, e il costo economico
raramente può essere affrontato da istituzioni accademiche indipendenti. D’altro canto, le metanalisi
si limitano ad aggregare i dati dei singoli trials e a rielaborarli, importando tutti i bias originariamente
presenti negli studi di partenza. In realtà solo un grande trial indipendente, randomizzato,
prospettico, adeguatamente dimensionato per evidenziare differenze statisticamente significative
per l’endpoint primario “live birth rate”, potrebbe definitivamente chiarire se esistono differenze di
efficacia tra r-FSH e hMG; purtroppo un simile studio avrebbe costi enormi, e probabilmente non
verrà mai effettuato.
Il confronto r-FSH vs. hMG è, inoltre, concettualmente discutibile in partenza: l’hMG contiene, infatti,
anche hCG, che aggiunge all’FSH urinario l’effetto LH, mentre l’r-FSH ha un puro effetto FSH. Quanto
può influire l’effetto LH sui risultati della FIV? Alcuni studi raccolti e rielaborati in metanalisi hanno
evidenziato che l’aggiunta di LH all’FSH non migliora l’outcome della FIV in pazienti non selezionate
(Kolabianakis 2007, Baruffi 2007, Oliveira 2007, Mochtar 2007), ma è in grado di migliorare i risultati
in alcune categorie di donne, come quelle in età riproduttiva avanzata, poco responsive alla COS, o
poco responsive all’FSH da solo (Humaidan 2017, Hill 2012, Mochtar 2007, Musters 2012).
Attualmente queste sottocategorie di pazienti rappresentano circa un terzo di tutte le pazienti
sottoposte a FIV, ed il loro numero è stato verosimilmente rilevante anche negli studi che hanno
comparato hMG con r-FSH, i cui risultati potrebbbero essere stati influenzati dai benefici dell’effetto
LH in questi soggetti.
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Le differenze osservate nei trials di confronto tra r-FSH e hMG potrebbero quindi dipendere
dall’effetto LH, per cui il confronto più concettualmente corretto è quello tra hMG e l’associazione r-
FSH+r-LH. Questo confronto è stato effettuato in 11 studi (4 prospettici, 2 randomizzati controllati, 8
retrospettivi), che sono stati assemblati e analizzati cumulativamente in una recente metanalisi
comprendente 14.433 donne trattate con hMG vs. 5.440 trattate con r-FSH+r-LH (Orvieto 2019). La
metanalisi ha evidenziato che i farmaci ricombinanti erano associati con un numero maggiore di
ovociti (10.1 vs. 8.7), ma una minore percentuale di ovociti maturi (57.5% vs. 64.7%); la live birth rate
risultava lievemente superiore nel gruppo hMG (29.5% vs. 25.9%), ma la differenza non risultava
statisticamente significativa. In uno dei due studi randomizzati prospettici, teoricamente in grado di
fornire l’evidenza di livello migliore, non veniva riscontrata alcuna differenza trai farmaci per quanto
attiene la live birth rate (Pacchiarotti 2010). Inoltre un ulteriore studio retrospettivo non incluso nella
metanalisi, effettuato su un gruppo di 999 pazienti con riserva ovarica molto ridotta, riportava una
pregnancy rate più elevata con r-FSH+r-LH rispetto a quella ottenuta con hMG (Mignini-Renzini 2017).
L’unico studio condotto con un’analisi su dati “real-life”, provenienti analizzando retrospettivamente
l’attività di routine di un Centro FIV, indipendentemente dai vincoli comportati dai protocolli di
ricerca, ha confrontato 450 pazienti FIV stimolate con hMG con 398 stimolate con r-FSH+r-LH (Revelli
2015). Tenendo conto del vantaggio dei ricombinanti in termini di ovociti ottenuti, ampiamente
documentato nella letteratura precedente, le pazienti sono state suddivise in sottogruppi in base al
numero di ovociti recuperati, ed in ogni sottogruppo sono stati confrontati i risultati. La pregnancy
rate è risultata sovrapponibile nell’intero gruppo di donne e in tutti i sottogruppi nei quali le pazienti
avevano recuperato meno di 8 ovociti, mentre nel sottogruppo di pazienti con più di 8 ovociti è
risultata significativamente maggiore per il gruppo stimolato con gonadotropine ricombinanti. La
successiva analisi di farmaco-economia sui dati dello studio ha anche dimostrato un lieve vantaggio
dell’impiego di r-FSH+r-LH in termini economici (costo-efficacia per bambino nato) (Mennini 2018).
L’avvento del r-FSH biosimilare Il brevetto internazionale del r-FSH è giunto a scadenza nel 2012, e da allora è stato possibile produrre
r-FSH biosimilare; attualmente vi sono due r-FSH biosimilari in commercio, entrambi follitropina
alpha.
Il concetto di farmaco biosimilare viene spesso confuso con quello di farmaco generico, mentre in
realtà esiste una differenza sostanziale: il farmaco generico è perfettamente identico chimicamente
e per attività biologica al farmaco originale (originator), mentre il farmaco biosimilare è simile, ma
non identico, all’originator.
Le differenze tra biosimilare e originator nascono dal diverso sistema biologico di coltura che viene
utilizzato per produrre il farmaco. Infatti, mentre la formula della molecola è un’informazione
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pubblica e disponibile per tutti, i dettagli sul sistema produttivo non lo sono, e chi produce un
biosimilare è costretto ad impostare un sistema di produzione nuovo, che per forza di cose è diverso
da quello usato per la produzione dell’originator. A seconda della linea cellulare prescelta, delle
modalità di coltura in vitro delle cellule, del tipo di vettore impiegato per veicolare il DNA dell’FSH
nelle cellule, della procedura di purificazione del surnatante, ecc., il prodotto finale, il farmaco, avrà
certamente alcune piccole differenze (ad esempio nella glicosilazione, che condiziona la varietà delle
isoforme). Nella maggior parte dei casi le differenze tra originator e biosimilari sono dovute alle
differenti funzioni enzimatiche delle cellule scelte per la coltura (Kuhlmann 2006).
Un r-FSH biosimilare non deve avere solo la stessa struttura aminoacidica dell’originator, ma anche
differenze minime nel pattern di isoforme, nelle impurità proteiche, ecc. Piccole differenze possono
potenzialmente comportare diversità sottili nell’attività biologica, che richiedono di essere indagate
mediante trial clinici adeguatamente disegnati per poterle mettere in evidenza, sia sotto il profilo
dell’efficacia, sia per quello della sicurezza.
Per comprendere meglio il significato di queste parole occorre risalire ai passaggi che portano
all’immissione sul mercato di un farmaco biosimilare. In alcuni paesi (Cina, India, Sudamerica) un
biosimilare viene ammesso alla commercializzazione senza regole particolari; negli USA la Food and
Drug Administration (FDA) applica invece criteri molto restrittivi. In Europa, l’EMA prevede che un
biosimilare debba essere sottoposto a test chimici, fisici e biologici, ed il processo di produzione
debba essere verificato e debba risultare simile a quello con cui viene prodotto il farmaco originator.
Vengono richiesti test di farmacocinetica, farmacodinamica, tossicità, immunogenicità ed efficacia,
nei quali il biosimilare deve ottenere risultati simili all’originator. Curiosamente, secondo l’EMA
quando un biosimilare supera i test per una delle indicazioni dell’originator, la sua prescrivibilità viene
estesa automaticamente a tutte le indicazioni per cui è stato registrato l’originator, anche quelle per
cui non sia mai stata verificata la simile efficacia. Nel caso dell’r-FSH, ad esempio, la verifica di
un’efficacia comparabile all’originator nell’indurre la produzione di ovociti in giovani donne ha
comportato l’estensione automatica delle indicazioni del biosimilare alla stimolazione della
spermatogenesi in uomini dispermici.
r-FSH biosimilari vs. r-FSH originator: studi di farmacologia di base Negli studi di farmacologia di base il processo di produzione dei biosimilari del r-FSH è risultato
sostanzialmente comparabile a quello dell’r-FSH originator (Winstel 2017). Gli studi di
farmacocinetica che hanno comparato i due r-FSH biosimilati con l’originator hanno fornito risultati
comparabili, dimostrando la sostanziale identità delle molecole sotto il profilo della cinetica del
farmaco (Wolzt 2016).
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I test di glicosilazione su siti specifici della catena alfa, particolarmente importanti per l’interazione
col recettore dell’FSH, hanno evidenziato una maggiore variabilità tra lotto e lotto per i biosimilari
rispetto alla molecola originaria (Mastrangeli 2017). Tuttavia, i test di attività biologica in vitro hanno
mostrato una sostanziale bioequivalenza tra biosimilari e originator, nonostante la presenza di
pattern di glicosilazione lievemente diversi (Riccetti 2019)
Tabella 1
Farmaco originator Prodotto contenente un principio biologicamente attivo, il cui brevetto è scaduto ed è stato utilizzato come modello per la preparazione di un farmaco biosimilare
Farmaco generico Prodotto contenente un principio biologicamente attivo che possiede struttura chimica identica, proprietà farmacologiche identiche ed effetti identici (bioequivalenza) a quelli del farmaco originator
Farmaco biosimilare Prodotto contenente un principio biologicamente attivo che possiede struttura chimica simile, proprietà farmacologiche simili ed effetti simili (biosimilarità) a quelli del farmaco originator
Trials clinici: r-FSH biosimilari vs. r-FSH originator Per stabilire l’efficacia di ciascuno dei due r-FSH biosimilari, l’EMA ha richiesto un singolo studio
randomizzato prospettico, ed ha accettato che l’endpoint primario fosse il numero di ovociti prodotti
da giovani pazienti sottoposte a COS per FIV. Di conseguenza, la numerosità del campione necessaria
per ottenere una dimostrazione di non-inferiorità statisticamente significativa è stata calcolata in
accordo con questo end-point primario. Purtroppo, tutte le variabili cliniche che vengono
correntemente impiegate per misurare l’efficacia della FIV, efficacia che è ovviamente rappresentata
dalla capacità di generare gravidanze in grado di portare alla nascita di bambini, sono state
considerate end-point secondari: mi riferisco alla pregnancy rate, alla clinical pregnancy rate, alla
ongoing pregnancy rate, e alla live birth rate. Allo stesso modo sono stati considerati end-point
secondari i fattori che riflettono i rischi della FIV, come, ad esempio, l’incidenza di sindrome da
iperstimolazione grave (OHSS).
Dal punto di vista statistico uno studio il cui potere campionario venga calcolato su un ben definito
endpoint primario non ha alcuna validità dimostrativa riguardo agli endpoint secondari, e la ragione
è che la numerosità delle osservazioni è largamente insufficiente per poter trarre conclusioni sensate
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sugli endpoint secondari. Nel caso specifico del r-FSH, la dimostrazione che r-FSH biosimilari
ottengono un numero di ovociti comparabile all’r-FSH originator a parità di dose è stata sufficiente
ad ottenere l’autorizzazione da parte dell’EMA e l’immissione sul mercato, ma non ha avuto
significato rispetto alle variabili che esprimono molto più fedelmente l’efficacia della FIV. Ad oggi non
esiste la dimostrazione dell’esistenza di un’efficacia comparabile tra r-FSH originator e i suoi
biosimilari nell’indurre gravidanze FIV e nel favorire, quindi, la nascita di bambini concepiti con FIV.
Naturalmente il fatto che l’equivalenza per questi outcome non sia mai stata dimostrata non significa
che non vi sia, ma il dato di fatto è che non è stata verificata.
Nel dettaglio, il primo r-FSH biosimilare è stato approvato dall’EMA nel 2013 in base ad un trial clinico
che includeva 299 giovani donne sottoposte a FIV, 146 stimolate con r-FSH originator e 153 con il
biosimilare (Strowitzki 2016). Si trattava di tutte pazienti a buona prognosi, di età compresa tra 18 e
37 anni. La COS veniva effettuata con protocollo lungo con GnRH-agonista alla dose iniziale di 150 UI,
aggiustata in base alla risposta ovarica dopo alcuni giorni. L’endpoint primario, ossia il numero di
ovociti ottenuti, risultò pari a 12.2 per il biosimilare vs. 12.1 per l’originator, soddisfacendo i criteri
richiesti di simile efficacia. Tra gli endpoint secondari, che in questo studio rappresentano solo
osservazioni accessorie per i motivi illustrati in precedenza, la live birth rate osservata è stata pari al
26.8% per il biosimilare e al 32.2% per l’originator, mentre l’incidenza di OHSS è stata pari al 4.6% e
al 2.7%, rispettivamente: queste differenze non sono risultate significative, ovviamente, visto che lo
studio non prevedeva un numero di casi adeguato allo scopo di evidenziare differenze in questi
parametri.
Il secondo r-FSH biosimilare è stato approvato nel 2014 (Rettenbacher 2015). Il trial clinico di
registrazione includeva 333 donne tra i 20 e i 38 anni, normoovulatorie, sottoposte a FIV e stimolate
con il biosimilare (222 casi) o con l’originator (113 casi) dopo una randomizzazione 2:1. Il trial ha
dimostrato una produzione di ovociti comparabile (10.8 con il biosimilare, 10.6 con l’originator). La
live birth rate è risultata pari al 35.7% con il biosimilare vs. 43.9% con l’originator, e l’incidenza di
OHSS pari al 5.6% vs. 2.2% rispettivamente, differenze non significative anche a causa dell’inadeguato
numero di osservazioni.
Come si può notare, purtroppo i due trials che hanno portato alla registrazione degli r-FSH biosimilari
ed alla loro immissione in commercio con ampie indicazioni non hanno fornito alcuna dimostrazione
dell’equivalenza tra essi e la follitropina alfa originator per quanto riguarda l’efficacia (intesa come
capacità di generare gravidanze e bambini) e la sicurezza (intesa come basso rischio di OHSS). Anche
sommando insieme i due studi non si raggiunge una numerosità campionaria tale da ottenere questa
dimostrazione: confrontando i casi stimolati coi biosimilari vs. quelli stimolati con la follitropina alfa
originator si ottengono una live birth rate, rispettivamente, di 32.4% e 37.6%, e un’incidenza di OHSS,
rispettivamente, del 5.6% e 3.1%.
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E’ opportuno sottolineare, inoltre, che non solo i due trials registrativi erano evidentemente
sottodimensionati rispetto agli outcome più importanti della FIV, ma sono anche stati condotti su una
popolazione di soggetti ottimale, ossia composta di donne giovani e normo-ovulatorie. Questa
popolazione è ben lontana da quella che afferisce normalmente ai Centri FIV, popolazione nella quale
sono ampiamente rappresentate le donne con anovulatorietà cronica da ovaio policistico e le donne
sopra i 38 anni, spesso iporesponsive alla COS e in particolare all’FSH.
Uno studio comparativo più recente tra r-FSH biosimilare e originator, randomizzato multicentrico, è
stato effettuato su 110 donne di età 20-35 anni, che sono state suddivise in due gruppi di uguale
numerosità e sottoposte a COS con r-FSH biosimilare o originator alla dose iniziale 150 UI/die, in un
regime con GnRH-antagonista (Barakhoeva 2019). Ancora una volta, ripetendo gli errori precedenti,
sono stati scelti soggetti ideali, e ancora una volta il campione è stato calcolato assumendo come
endpoint primario il numero di ovociti recuperati. Lo studio ha ribadito l’efficacia simile dei due r-FSH
per quanto attiene alla produzione di ovociti, e ovviamente non ha riscontrato differenze significative
per la live birth rate e l’incidenza di OHSS.
Purtroppo, occorre ribadire il concetto che una dimostrazione convincente della bioequivalenza tra
r-FSH biosimilari e r-FSH originator fino ad oggi non è stata prodotta, non essendo mai stato
effettuato uno studio adeguatamente dimensionato, con la live birth rate come endpoint primario, e
che includa donne fino a 43 anni di età ed anche soggetti con ovaio policistico. Fino al momento in
cui questo studio non sarà pubblicato, rimarranno legittimi i dubbi sull’equivalenza clinica tra r-FSH
biosimilari e follitropina alfa originator.
Questo concetto è fondamentale per sostenere con forza il diritto dei medici all’autonomia
prescrittiva riguardo il tipo di r-FSH da utilizzare. . In alcuni paesi, come l’Italia, in cui i farmaci per FIV
sono inclusi in quelli ottenibili tramite il sistema sanitario pubblico, si sono verificati numerosi
tentativi di imporre ai medici l’impiego degli r-FSH biosimilari sulla base di un supposto risparmio
economico. Nonostante sia evidente che il costo unitario dell’r-FSH biosimilare è inferiore a quello
dell’originator, diversi studi di farmaco-economia hanno dimostrato che quando si considerano in
modo più completo i costi della FIV, includendo nei calcoli non solo il costo del farmaco, ma anche
quello delle procedure e delle gravidanze da esse originate, il risultato finale non è quello che ci si
attenderebbe. Infatti, è stato dimostrato che quando si impiega il r-FSH originator si ottiene un costo
inferiore per bambino rispetto a quando si utilizza un r-FSH biosimilare, sia considerando i costi per il
sistema sanitario italiano e spagnolo (Gizzo 2016), sia per i sistemi tedesco (Xue 2019) e francese
(Grynberg 2018).
11
Tabella 2
FSH urinario estrattivo FSH ricombinante
Gonadotropina menopausale umana (hMG)
Anni ‘60
FSH purificato (u-FSH)
1983
1992 FSH umano ricombinante (r-FSH)
FSH altamente purificato (HP-u-FSH)
1995
2014 FSH umano ricombinante biosimilare
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QUESTIONARIO ECM
1) L’acidità delle isoforme dell’FSH dipende dall’aggiunta per glicosilazione, sulle catene laterali, di
residui di: a. Mannosio b. Acido sialico c. Glucosio d. Acido aspartico
2) L’hMG contiene un rapporto tra attività FSH e attività LH (data dall’hCG) pari a:
a. 1:2 b. 2:1 c. 1:1.5 d. 1:1
3) L’FSH e l’LH ricombinanti sono ottenuti su colture di cellule:
a. Umane b. Di criceto c. Di coniglio d. Di ratto
4) Nei trials cinici comparativi tra r-FSH e u-FSH è stata dimostrata una differenza significativa per il
seguente parametro: a. Numero di ovociti recuperati b. Pregnancy rate c. Incidenza di OHSS d. Tutti i precedenti
5) Il principio attovo dei due FSH biosimilari autorizzati in Italia è:
a. Follitropina alfa b. Follitropina beta c. Corifollitropina alfa d. FSH urinario
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6) Nei trials cinici comparativi tra r-FSH originator e biosimilari è stata dimostrata una differenza
significativa per il seguente parametro: a. Live birth rate b. Ongoing pregnancy rate c. Pregnancy rate d. Nessuno dei precedenti
7) Il calcolo della numerosità campionaria necessaria per avere un adeguato potere statistico nei
trial prospettici randomizzati dipende da: a. Numerosità degli studi analoghi già pubblicati b. Somma degli endpoint secondari c. Endpoint primario d. Test statistici che verranno utilizzati
8) Per poter essere autorizzato all’utilizzo clinico in Europa, un biosimilare deve possedere, rispetto
all’originator: a. Farmacocinetica simile b. Immunogenicità simile c. Efficacia simile per uno specifico endpoint stabilito dall’EMA d. Tutte le precedenti
9) Gli studi sinora pubblicati hanno dimostrato scientificamente che i due FSH biosimilari autorizzati
in Italia per l’utilizzo clinico possiedono, rispetto all’originator, efficacia comparabile nell’ottenere:
a. Gravidanze cliniche b. Ovociti al pick-up c. Bambini nati d. Gravidanza ongoing oltre 12 settimane
1
MODULO 2. Corso rFSH – rLH
Titolo: Corso r-FSH – rLH: FISIOLOGIA LH E HMG – DEFICIT LH E FSH
Autore: Dott.ssa Biancardi Rossella - Specialista in Ginecologia e Ostetricia presso il Centro Scienze della
Natalita’ - U.O. Ginecologia e Ostetricia - I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele di Milano
Resp. Scientifico: dottor Claudio Castello - Responsabile SSD Fivet ASL Citta' di Torino
Sommario FISIOLOGIA DEL CICLO OVARICO E RUOLO DELL’LH ...................................................................................... 1
INDUZIONE FOLLICOLARE MULTIPLA NELLA PMA......................................................................................... 3
IL RUOLO DELLE GONADOTROPINE IN PMA: IL DEFICIT DI LH ...................................................................... 5
LH E HMG ....................................................................................................................................................... 7
FISIOLOGIA DEL CICLO OVARICO E RUOLO DELL’LH Le fasi del ciclo ovarico sono due: la prima follicolare, la seconda luteinica. La fase follicolare inizia con il
flusso mestruale che conclude il ciclo precedente ed è caratterizzata dal reclutamento, dalla selezione e
dalla dominanza del follicolo secondario. L’iniziale pulsatilità ipotalamica del GnRh, provocata dalla caduta
degli estrogeni, dell’inibina A e del progesterone per la regressione del corpo luteo, causa un incremento
dell’FSH e conseguentemente dell’LH. Nella fase follicolare iniziale si trovano nell’ovaio gruppi di follicoli
antrali, che avevano iniziato il reclutamento e lo sviluppo per induzione del microambiente locale. L’iniziale
incremento dell’FSH favorisce la comparsa di recettori specifici sulle cellule follicolari in proliferazione,
trasformando il follicolo dominante in organo bersaglio per la gonadotropina follicolo stimolante (FSH).
Quest’ultima, attraverso un fine meccanismo di regolazione ormonale con LH, inibina B, activina, fattori di
crescita (IGF-1, IGF-2, TGF-beta) ed estrogeni, dirige l’ulteriore sviluppo del follicolo selezionato fino allo
stadio preovulatorio, ed induce fenomeni involutivi di tipo atresico degli altri follicoli reclutati inizialmente.
L’azione dell’FSH, nei primi giorni, è diretta principalmente allo sviluppo del follicolo e all’incremento del
numero di recettori di membrana per l’FSH e per l’LH sulle cellule della granulosa e della teca interna. Poco
dopo si assiste all’aumento della concentrazione plasmatica dell’LH che provoca inversione del rapporto
FSH/LH, comportando un aumento progressivo della risposta delle cellule bersaglio della teca interna ed
aumentando la produzione di androgeni, i quali per proprietà lipofiliche raggiungono le cellule della
granulosa, a loro volta responsive all’FSH, e vengono trasformati in estrogeni grazie all’attività aromatasica
delle cellule stesse. Dall’attività combinata dei due tipi cellulari, si ha un progressivo aumento plasmatico
degli estrogeni (in particolare dell’estradiolo), che determina una lieve riduzione dell’FSH ed un aumento
dell’LH nel circolo sanguigno. Il valore massimo di concentrazione estrogenica viene raggiunto circa due
giorni prima del picco preovulatorio di LH. L’LH surge avviene, infatti, per un meccanismo a feedback
2
positivo mediato dagli estrogeni. Ciò favorisce, tramite la produzione di fattori di crescita EGF, la ripresa del
processo di maturazione dell’ovocita e dopo circa 36-44 h la rottura del follicolo preovulatorio, quindi
l’ovulazione. Immediatamente dopo si assiste ad una caduta della concentrazione plasmatica degli
estrogeni. La fase luteinica è caratterizzata dalla presenza costante dell’LH che supporta la secrezione
endocrina (progestinica) del corpo luteo (Figura 1).
Concludendo, l’azione combinata e bilanciata dell’FSH e dell’LH, fin dall’inizio della fase follicolare,
determina la selezione del follicolo, che si svilupperà e produrrà sufficienti quantità di estrogeni tali da
provocare il picco di LH e di conseguenza l’evento ovulatorio (Barbieri RL, 2014).
FIGURA 1 Rappresentazione degli ormoni implicati nella regolazione della funzionalità ovarica
Ezcurra and Humaidan Reproductive Biology and Endocrinology 2014
3
INDUZIONE FOLLICOLARE MULTIPLA NELLA PMA Sulla base della fisiologia ovarica si può comprendere il razionale della stimolazione ovarica utilizzata nelle
tecniche di PMA. In un ciclo fisiologico, quando si raggiunge il valore soglia dell’FSH, normalmente, il
follicolo dominante secerne estrogeni ed inibina B in quantità più elevate e questi ormoni, per un
meccanismo di feedback negativo, riducono la secrezione di FSH; contemporaneamente, il follicolo
dominante diviene più sensibile alla stimolazione FSH, nonché acquisisce la sensibilità all’LH. Il follicolo
dominante, quindi, mantiene la capacità di crescere sotto la stimolazione delle gonadotropine nonostante
la riduzione di FSH, mentre tutti i follicoli subordinati della coorte interrompono la loro crescita, perché non
adeguatamente sostenuti dall’FSH e vanno, così, in atresia (Figura 2).
Invece, la somministrazione prolungata di gonadotropine esogene conduce al persistente innalzamento dei
valori di FSH al di sopra del valore soglia, tale meccanismo impedisce la selezione e la dominanza di un
singolo follicolo ed induce lo sviluppo sincrono di tutti i follicoli della coorte reclutati, che normalmente
andrebbero in atresia, fino allo stadio di maturità (Figura 3).
FIGURA 2 Ciclo ovarico in condizioni fisiologiche
FIGURA 3
Ciclo ovarico in presenza di farmaci per la stimolazione della superovulazione
4
Inoltre, prevenire i meccanismi che causerebbero un’ovulazione spontanea è da tenere in considerazione
quando si programma una stimolazione ovarica. Il controllo della secrezione ipofisaria è dato dal rilascio
ipotalamico del GnRH, un decapeptide a catena singola, che è prodotto e liberato a livello del nucleo
arcuato e dell’area pre-ottica dell’ipotalamo e che si lega a recettori specifici nell’ipofisi anteriore.
Quest’ultimo è dotato di emivita breve ed è rapidamente inattivato. Tramite modificazioni aminoacidiche
nei punti di rottura del peptide sono stati creati analoghi del GnRH (GnRHa), con emivita maggiore e più
alta affinità recettoriale. La somministrazione prolungata del GnRHa consente di ottenere la soppressione
ipofisaria. L’introduzione degli agonisti del GnRh, quindi, con la finalità di inibire il picco prematuro di LH nei
cicli di stimolazione per PMA, ha notevolmente migliorato i risultati di queste tecniche. Tuttavia, la
profonda soppressione ipofisaria dovuta agli agonisti del GnRh rende necessaria una supplementazione
progestinica della fase luteale, dal momento che il rilascio di LH rimane inibito per giorni dalla cessazione
della terapia. Nel protocollo lungo la somministrazione di GnRha è iniziata nella fase medio-luteale del ciclo
precedente, in questo modo si ottiene la desensibilizzazione ipofisaria dopo circa 12-21 giorni, dopo ciò si
inizia la stimolazione con le gonadotropine. Nel protocollo breve, la somministrazione di GnRHa è iniziata il
primo giorno del ciclo per sfruttare l’effetto flare up, cioè la liberazione massiva di gonadotropine
endogene prima che si instauri il blocco ipofisario, in questo caso la somministrazione di gonadotropine è
iniziata alcuni giorni dopo il GnRHa. In seguito, il protocollo standard con l’utilizzo del GnRh agonista è
stato messo in discussione dall’introduzione del GnRh antagonista, la cui funzione è quella di sopprimere il
picco endogeno di LH, quindi determinare il blocco ipofisario in un tempo molto più breve, senza richiedere
un intervallo di sensibilizzazione, per cui può essere usato in fase follicolare (Figura 4) (Bolis et al, 2017). Gli
antagonisti inducono una rapida riduzione dei livelli di LH e FSH agendo con un meccanismo di inibizione
competitiva del recettore ipofisario per il GnRH, bloccando completamente l’ipofisi in poche ore, e la loro
introduzione nella pratica clinica ha portato a una riduzione del periodo di trattamento, del dosaggio di
gonadotropine utilizzato e non vi sono differenze statisticamente significative riguardo la prevenzione del
picco dell’LH (Al-Inany HG et al, 2011).
5
IL RUOLO DELLE GONADOTROPINE IN PMA: IL DEFICIT DI LH
Il ruolo delle gonadotropine è quindi fondamentale per la realizzazione dei processi che portano
all’ovulazione. L’utilizzo in clinica delle gonadotropine esogene si è sempre basato sulla "teoria delle due
cellule” (Hillier,2001), secondo la quale le cellule della granulosa ovarica sono controllate dall’azione
dell’FSH, mentre le cellule della teca interna sono il bersaglio dell’LH.
Il ruolo dell’FSH è chiaro ed è stato osservato che la stimolazione ovarica con preparati di solo FSH induce
un reclutamento e una selezione follicolare adeguata, quindi, l’FSH ricombinante è la terapia di
stimolazione di elezione, nella maggior parte delle pazienti.
Per quanto riguarda l’LH, nel ciclo naturale il suo ruolo è di supportare il normale sviluppo follicolare
durante i primi 14 giorni, favorire poi con il picco la maturazione dell’ovocita e la successiva ovulazione e
sostenere, infine, il corpo luteo nella produzione di progesterone. L’LH, come le altre gonadotropine, è un
ormone glicoproteico costituito da 2 subunità, alfa e beta. La subunità alfa è identica in tutte le
gonadotropine, la subunità beta conferisce la specificità biologica ed il suo grado di glicosilazione esprime la
sua funzione biologica, infatti conferisce alle differenti isoforme di LH una specifica emivita ed attività
biologica/immunologica. Le isoforme dell’LH variano durante il ciclo mestruale e durante l’età riproduttiva
della donna. Per esempio, le isoforme con breve emivita ma alta attività biologica sono frequenti nelle
giovani donne ma non nelle donne in menopausa. Durante il ciclo mestruale l’attività biologica dell’LH varia
tra la fase follicolare, la fase del picco ovulatorio e la fase luteale, questo cambiamento delle isoforme
risulta essenziale per un corretto processo ovulatorio. L’LH si lega al recettore LH/HCG che appartiene alla
famiglia delle proteine G, costituito da sette domini trans membrana, da un lungo dominio N-terminale
extracellulare e da un dominio intracellulare che attiva la cascata enzimatica dell’adenil-ciclasi. I recettori
LH/HCG sono localizzati oltre che sulle cellule della teca, della granulosa e del corpo luteo, anche su tessuti
FIGURA 4
Schemi principali di stimolazione della superovulazione
6
extraovarici, potendo così influire sull’impianto, sull’angiogenesi endometriale e sulla funzione cervicale,
rimane da chiarire, però, il significato fisiologico di queste funzioni extraovariche. È certo che la “teoria
delle due cellule” è stata accantonata con la scoperta della presenza dei recettori dell’LH sulle cellule della
granulosa, espressi in maggior quantità dopo la selezione follicolare e nella fase preovulatoria, in minor
quantità nei follicoli antrali. In ogni caso si può affermare che l’LH collabori dall’inizio con l’FSH per la
produzione di androgeni, inibina B e fattori di crescita (IGF-1 e IGF-2), che, come accennato
precedentemente, rivestono un importante ruolo per lo sviluppo del follicolo (Alviggi et al., 2018).
Se l’LH, in fase follicolare precoce, raggiunge livelli sierici elevati, o per somministrazione esogena o per
concentrazione endogena, causa danni alla maturazione follicolare, andando ad amplificare la produzione
androgenica. Infatti, anche gli androgeni giocano un ruolo nella maturazione del follicolo dominante, cioè
favoriscono la sua selezione e causano l’atresia degli altri follicoli della coorte. L’espressione dei loro
recettori condiziona, quindi, la sensibilità della granulosa all’FSH, infatti, mentre nei follicoli atresici la quota
dei recettori androgenici è elevata, nel follicolo dominante è significativamente inferiore, pertanto sono da
considerarsi adiuvanti essenziali ma nocivi se in eccesso. Ciò, nella pratica clinica, è dimostrato nelle
pazienti affette da PCOS, nelle quali si innescano una serie di reazioni complesse che comportano un errato
equilibrio tra FSH ed LH, una riduzione dell’attività dell’aromatasi ovarica, un aumento della concentrazione
di androgeni, conseguente arresto della maturazione follicolare ed alterazione dei meccanismi di selezione
del follicolo dominante, causando una condizione di anovulazione cronica. Elevati livelli di LH, quindi,
risultano dannosi per un adeguato processo ovulatorio, nell’ambito del ciclo ovulatorio monofollicolare
fisiologico, ma un minimo quantitativo che comporti una adeguata e costante produzione androgenica, in
associazione all’FSH, è sempre necessario e, durante la stimolazione ovarica controllata, potrebbe favorire
e supportare la sopravvivenza e la crescita multifollicolare anche dei follicoli antrali e preantrali (Gervasio et
al.2014, Franks et al.,2018).
Normalmente, però, l’LH endogeno è in grado, in presenza di FSH, di favorire una biosintesi androgenica
adeguata, anche se legato soltanto a meno dell’ 1% dei propri recettori espressi dalle cellule della teca
(Chappel e Howles, 1991), ma nella pratica clinica è difficile determinare quali siano i livelli minimi di LH
per ottenere questo effetto e quindi definire a priori quali siano le pazienti che possano beneficiare di una
supplementazione di LH (Alviggi et al, 2006). Le concentrazioni endogene di LH in corso di ciclo spontaneo
ed i livelli circolanti dell’ormone in seguito alla soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio con analoghi
o antagonisti GnRH, sembrerebbero essere sufficienti ad occupare tale quota recettoriale e, quindi, a
sostenere l’attività dell’FSH esogeno; in queste pazienti normo-responders l’eventuale aggiunta di LH non
aumenterebbe le percentuali di gravidanza (Nyboeandersen et al., 2008). Nonostante ciò, in alcune pazienti
la stimolazione ovarica con solo FSH non esita in una risposta ovarica soddisfacente. E’ lecito supporre che
in questa quota di pazienti, a causa dell’uso di analoghi del Gn-RH, ci sia un grado eccessivo di soppressione
dell’asse ipotalamo-ipofisario che determini un’insufficiente attività LH residua (Ferraretti et al.,2004).
7
Analogamente, è corretto indagare la supplementazione di LH in pazienti stimolate con GnRh antagonisti,
che raggiungono livelli “plateau” nel sangue dopo circa due giorni causando solo in quel momento la
profonda soppressione dell’LH, ma che comunque potrebbe ostacolare la riuscita di una stimolazione
ovarica. È lecito chiedersi, anche in questo caso, se la supplementazione con LH determini un
miglioramento dei risultati della PMA in termini di gravidanze ottenute nelle pazienti sottoposte a cicli di
stimolazione ovarica con protocollo antagonista (Muasher et al., 2006), in particolare nelle poor-
responders, andando a ristabilire un ambiente più fisiologico (De Placido et al., 2006).
Sulla base di questi presupposti, da anni, si sta cercando di capire la reale efficacia dell’LH esogeno in corso
di stimolazione ovarica durante i cicli di procreazione medicalmente assistita. In letteratura sono presenti
studi randomizzati controllati, metanalisi, reviews, che hanno valutato la supplementazione dell’LH nella
stimolazione ovarica controllata e i risultati conseguiti, nonostante non abbiano trovato differenze
statisticamente significative in termini di dose totale di gonadotropine, numero di ovociti recuperati,
gravidanze cliniche ottenute, hanno però permesso l’identificazione di determinate categorie di pazienti in
cui l’utilizzo dell’LH esogeno procuri apprezzabili miglioramenti della risposta ovarica.
LH E HMG
Nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita è fondamentale ottenere un’induzione multipla
dell’ovulazione mediante la somministrazione dell’FSH esogeno a cui si può associare o meno un’attività
luteinizzante (LH). Le gonadotropine esogene di cui disponiamo sono di estrazione urinaria o ricombinanti.
La prima gonadotropina utilizzata è stata la menotropina, una gonadotropina umana estratta dalle urine di
donne in menopausa (hMG), caratterizzata da una combinazione di LH e FSH in un rapporto 1:1
(75UI/75UI). In seguito sono state prodotte altre gonadotropine, come l’FSH purificato (FSH-P) con
contenuto inferiore a 1 UI di LH per 75 UI di FSH, fino alle gonadotropine urinarie altamente purificate (FSH-
HP), in cui il contenuto di LH è ridotto a meno di 0,1 UI per 75 UI di FSH. Infine, sono state prodotte
gonadotropine attraverso la tecnologia del DNA ricominante (FSHr), totalmente purificate dal contenuto di
LH, seguite poi dalla realizzazione di una formulazione di LH ricombinante (LHr). Più recentemente, sono
state create nuove forme di FSH ricombinante, la corifollitropina alfa, che si differenzia solo per la
farmacocinetica, cioè ha una più lunga durata di azione, e la follitropina delta, FSH ricombinante espressa
unicamente in linee cellulari fetali di retina umana. Una ulteriore novità è rappresentata da una nuova
formulazione di HMG, in cui l’attività LH proviene da HCG placentare (AIFA, 2018).
Ad oggi le fonti di LH di cui disponiamo sono: l’HMG urinaria (in cui l’attività LH è dovuta alla presenza
dell’HCG), l’LH ricombinante puro (lutropina alfa) e una combinazione di FSH/LH ricombinanti in un
rapporto 2:1 (150UI/75UI) (AIFA, 2018).
Come appena sottolineato, quando si utilizzano le gonadotropine urinarie come l’HMG, la funzione dell’LH
perso durante il complesso processo di purificazione della molecola originaria è dato dall’HCG, che ha
8
un’attività LH-like, condividendo una similarità strutturale della subunità proteica beta del 90% ed
interagendo, quindi, con il medesimo recettore ma differenziandosi sia dal punto di vista farmacocinetico
che farmacodinamico. Infatti, l’HCG oltre ad avere un’emivita più lunga, innesca risposte intracellulari
differenti rispetto all’LH, con attivazioni geniche diverse. Tale differenza è ben nota in vitro ma la
corrispettiva valenza clinica in vivo è ancora da dimostrare. L’emivita più lunga dell’HCG potrebbe causare,
inoltre, un’eccessiva attività LH-like con luteinizzazione precoce follicolare, riduzione dei tassi di
fertilizzazione e di impianto e down-regulation dei recettori LH/HCG sul compartimento follicolare.
L’LH puro ricombinante contiene il 99% di LH, ha un’emivita più breve, nella formulazione unica è più
maneggevole presentandosi indipendente dall’FSH, quindi potrebbe fornire un supporto più fisiologico
dello sviluppo del follicolo (Ezcurra et al., 2014).
Le differenze tra LH ed HCG sono ben note al livello ovarico (Tabella 1, Ezcurra et al., 2014), ma la pratica
clinica necessita di ulteriori studi randomizzati controllati per chiarire i vantaggi dell’utilizzo di un tipo di LH
rispetto ad un altro in una determinata paziente. In letteratura sono presenti numerosi studi in cui si è
cercato di dimostrare la superiorità di una gonadotropina rispetto all’altra, in termini di supplementazione
di LH, ma indicazioni dirimenti non sono state date.
Da alcuni dati presenti in letteratura emerge che l’LH-r e l’HMG siano equivalenti nel migliorare gli
outcomes della procreazione medicalmente assistita (Pacchiarotti et al., 2010), l’LH-r potrebbe favorire, in
alcuni casi, un maggior recupero ovocitario ma la sua attività metabolica è paragonabile a quella dell’HMG,
anche a livello della recettività endometriale (Requena et al., 2014). Contrariamente, in altri studi è stato
dimostrato che nelle pazienti normo-responders l’LH-r si sia rivelato superiore all’HMG in termini di
TABELLA 1
Differenze tra LH ed HCG
9
percentuali di gravidanza, ma non nelle poor-responders (Dahan et al., 2014), soprattutto quando si utilizza
un long protocol, ipotizzando una specifica azione positiva sulle cellule ovariche e a livello endometriale
(Bleau et al., 2017). Revelli nel 2015 ha confrontato l’uso del FSH-r + LH-r versus HMG in 848 pazienti
normal e poor responders, trattate con vari protocolli di stimolazione, ed ha dimostrato che quando il
numero di ovociti recuperati era >8 le percentuali di gravidanza erano statisticamente superiori nel gruppo
trattato con le gonadotropine ricombinanti, presupponendo che il miglior effetto sulla qualità ovocitaria e
sulla recettività endometriale era mediata dall’LH-ricombinante nelle pazienti normo-responders (Figura 5).
Invece l’effetto positivo del ricombinante rispetto all’HMG nelle poor-responders è stato evidenziato in
un’analisi retrospettiva in cui si dimostrava una maggior recupero ovocitario in questa tipologia di pazienti
(Renzini et al., 2017). L’LHr è risultato migliore in termini di percentuali di gravidanza, e l’utilizzo di LH a
prescindere dal tipo di fonte potrebbe essere sempre raccomandato in un long protocol (Santi et al. 2017).
In una recente review (Orvieto et al., 2019) si è cercato di stabilire definitivamente quale fosse la miglior
fonte di LH nella stimolazione ovarica, quindi sono stati considerati studi randomizzati controllati e studi
retrospettivi che avevano utilizzato protocolli di stimolazione differenti con HMG o con FSH-r+LH-r, per un
totale di 5440 pazienti trattate con LH ricombinante e 14433 con HMG, non sono state rilevate differenze
statisticamente significative, tranne per un lieve aumento del numero di ovociti recuperati nel gruppo LH-
ricombinante.
FIGURA 5
Percentuali di gravidanza per Embryo Transfer (PR/ET) in sottogruppi di pazienti stratificate in base al numero di ovociti recuperati (a) ed in base al numero di ovociti maturi (MII) (b).
Le colonne grigio chiaro: pazienti che hanno assunto rFSH+rLH (2:1) n° 398; le colonne grigio scuro: pazienti che hanno assunto HMG n°450.
*p = 0.0038; ** p = 0.013
10
Concludendo, non è ancora stata definita una netta superiorità tra le due fonti di LH. Sicuramente la
possibilità di impiego indipendente dell’LH ricombinante rispetto all’FSHr e rispetto all’HMG, in cui le
gonadotropine sono inscindibili, oltre a garantire un maggior controllo delle quantità di farmaco realmente
somministrato, potrebbe consentire l’utilizzo di dosaggi personalizzati in grado di ottimizzare la risposta
ovarica e le percentuali di successo di ciascuna paziente, evitando il rischio di esposizione a quote sia di LH
che di FSH troppo elevate e potenzialmente deleterie (De Placido et al., 2004/2005).
Sarebbero, dunque, necessari ulteriori studi randomizzati controllati per identificare la miglior fonte di LH in
grado di migliorare gli outcomes della procreazione medicalmente assistita e per identificare le pazienti che
ne trarrebbero maggior beneficio con uno specifico dosaggio.
DEFICIT LH FSH
La grave carenza sia di LH che FSH non è una condizione patologica comune. Tale deficit è caratterizzante
delle pazienti affette da anovulazione cronica di tipo 1 secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, cioè
quelle con ipogonadismo-ipogonadotropo. L’incidenza di questa patologia è molto rara, infatti interessa
circa l’1% delle donne infertili. L’ipogonadismo-ipogonadotropo è caratterizzato da una riduzione della
funzionalità ovarica a causa di una carenza patologica di FSH ed LH conseguente ad un’alterata funzionalità
del GnRh. Può essere differenziato in due categorie principali: acquisito o sindromico e idiopatico o isolato.
Il primo è più frequente, causato da numerosi processi patologici ad esordio post natale come: tumori
ipofisari, infezioni, traumi cerebrali, eccessiva perdita di peso per anoressia nervosa, eccessiva attività
sportiva, grave stress emotivo, farmaci. Il secondo è congenito e più raro ed è rappresentato da: la
sindrome di Kallmann (incidenza 1:50000) e l’ipogonadismo-ipogonadotropo idiopatico (da 1:70000 a
1:100000) (Popat et al., 2012; Silveira et al., 2013). Il quadro sintomatologico è caratterizzato dall’assenza di
maturazione dei caratteri sessuali secondari ed amenorrea primaria, se la patologia insorge in epoca pre-
puberale, o amenorrea secondaria, se insorge dopo la pubertà. Amenorrea, infertilità, riduzione della
libido, osteoporosi ed altri sintomi sono correlati alla condizione di anovulazione cronica ed
ipoestrogenismo (Rinaldi et al., 2016). Il quadro ormonale in entrambi i tipi di ipogonadismo-
ipogonadotropo si presenta con il deficit di FSH, LH ed E2; nel congenito, a differenza dell’acquisito, si nota,
a volte, anche una riduzione dell’AMH, dell’inibina B ed ecograficamente della conta dei follicoli antrali
(AFC), come conseguenza del più severo deficit di gonadotropine e della maggior durata della patologia, ma
tali carenze non sono da considerarsi fattori prognostici negativi irreversibili per la fertilità dato che una
corretta stimolazione ovarica permetterebbe un reclutamento follicolare adeguato (Bry-Gauillard et al.,
2017).
Nelle donne con ipogonadismo-ipogonadotropo, a differenza delle altre donne infertili nelle quali è indicata
una terapia con il solo FSH, sono richiesti sia l’FSH che l’LH per ottenere un’adeguata risposta follicolare.
Durante la stimolazione ovarica controllata di queste pazienti, soprattutto in quelle con ipogonadismo-
ipogonadotropo congenito, la supplementazione con LH è fondamentale e si è visto che l’utilizzo dell’LH-
11
ricombinante in associazione all’FSH-r risulta più vantaggioso in termini di percentuali di gravidanza rispetto
all’utilizzo dell’HMG-HP (Tabella 2) (Carone et al.,2012). La supplementazione con LH-r, quindi, viene
considerata la terapia di scelta per l’efficacia clinica e per la vantaggiosità economica (Papaleo et al, 2014).
In alcune donne con ipogonadismo-ipogonadotropo acquisito, quando e solo se il deficit delle
gonadotropine non è grave nè duraturo, l’utilizzo del solo FSH ricombinante, in particolar modo durante
un’induzione dell’ovulazione per rapporti mirati o per IUI, potrebbe condurre ad esiti positivi, confermando
la teoria secondo la quale una minima concentrazione fisiologica di LH basterebbe ad occupare l’1% dei
propri recettori per assicurare una steroidogenesi adeguata. Il problema è che la minima concentrazione
fisiologica di LH non è nota, ma sicuramente esiste una soglia di LH da raggiungere per assicurare un
adeguato sviluppo follicolare in associazione all’FSH, sia nelle normogonadotrope che nelle
ipogonadotrope. Nell’ampio spettro delle manifestazioni dell’ipogonadismo-ipogonadotropo, solo in quelle
che presentano un deficit delle gonadotropine severo, l’utilizzo dell’LHr apporterebbe reali benefici (O’Dea
et al., 2008).
In casi ancora più rari è compromessa la secrezione di una sola delle gonadotropine, spesso causata da
mutazioni geniche. Quando la gonadotropina deficitaria è l’FSH, le mutazioni sono a carico dei geni che
codificano per la subunità beta e per il suo recettore, con una trasmissione autosomica recessiva (Layman
et al., 2000; Berger et al., 2005; Lofrano et al., 2008). Queste pazienti, in associazione al deficit di FSH,
presentano concentrazioni di LH medio-alte ma non presentano iperandrogenismo; ciò confermerebbe la
tesi che la causa dell’iperandrogenismo non è dato solo dall’eccessiva concentrazione di LH ma anche
dall’anomala regolazione intraovarica tra FSH/LH, proprio come avviene nelle PCOS (Barnes et al., 2002). In
queste pazienti la stimolazione ovarica con FSH ricombinante sarebbe mandatoria ed adeguata.
TABELLA 2 Risposta ovarica all’HMG-HP e all’FSHr/LHr
12
Il deficit dell’LH, che sia isolato o in combinazione, è di più difficile interpretazione non avendo ancora a
disposizione cut-off di riferimento fisiologici che ci permettano di scegliere un’adeguata supplementazione
in associazione all’FSH.
LH: QUANDO?
Gli studi presenti in letteratura sul ruolo della supplementazione di LH in pazienti che si sottopongono a
tecniche di procreazione medicalmente assistita, mostrano un’ampia variabilità in termini di preparazioni,
dosaggi giornalieri e modi di somministrazione delle gonadotropine.
Inizialmente, paragonando l’efficacia dell’HMG rispetto all’FSH-r, era emerso un significativo aumento della
percentuale di nascite nelle pazienti trattate con HMG e questa superiorità era stata, quindi, attribuita
all’attività dell’LH presente in HMG, che avrebbe avuto un ruolo nel migliorare la follicologenesi, la qualità
embrionaria e la recettività endometriale (Al-Inany 2008/2009; Coomarasamy 2008). Con il passare del
tempo, però, è emerso che la supplementazione con LH era associata a migliori outcomes IVF nelle pazienti
con ipogonadismo-ipogonadotropo e nelle pazienti di età avanzata poor-responders (Hill 2012, Musters
2012, Humaidan 2017), invece nella popolazione generale che si sottopone a PMA non sembrava
aumentare gli outcomes positivi (Nyboeandersen et al., 2008; Mochtar 2007). Quindi è lecito affermare che
la supplementazione di LH potrebbe avere un maggior ruolo di supporto nello sviluppo follicolare in una
categoria specifica di pazienti. Sicuramente l’LH è utilizzato nelle pazienti con ipogonadismo-
ipogonadotropo, come affermato precedentemente. Potrebbe avere senso utilizzarlo nelle pazienti con
eccessiva soppressione dell’LH successivamente all’utilizzo di un long protocol, cioè giovani donne
normogonadotrope nelle quali si è osservato che la risposta ovarica all’associazione di GnRH-agonista e
rFSH risulti subottimale, nonostante la presenza di normali concentrazioni sieriche di LH e l’assenza di
variabili prognostiche avverse. L’ipotesi è che queste donne potrebbero presentare un LH endogeno
anomalo, forse per un polimorfismo genico, contrassegnato da una ridotta attività biologica, per cui
l’ormone sarebbe in grado di sostenere la crescita follicolare spontanea, ma in condizioni stressanti di
stimolo sovra fisiologico risulterebbe inadeguato, nonostante la presenza di concentrazioni circolanti
apparentemente normali (Alviggi et al., 2006; Santi et al., 2017). Potrebbe avere un ruolo favorevole nelle
ipo-responders all’FSH-r, in particolare in donne con età superiore a 35 anni (Eczurra et al., 2014) trattate
con un protocollo con antagonista, ipotizzando sia una resistenza ovarica all’FSH sia una probabile
insufficienza fisiologica età dipendente delle cellule della teca, dei recettori dell’LH, dell’LH endogeno e
dell’attività paracrina ovarica; in queste pazienti si è visto che migliorerebbe il numero di ovociti maturi e le
percentuali di impianto (Figura 6/7) (Alviggi et al., 2006;Bosch et al., 2011).
13
In particolare, nella categoria di pazienti definite ipo-responders inattese, cioè quelle pazienti con
un’inadeguata risposta ovarica sia all’FSH-r che all’HMG, senza presentare i parametri clinici o biochimici di
una poor-responder, l’aggiunta di LH-r in qualsiasi tipo di protocollo, implementa gli outcomes IVF. Questa
categoria di pazienti probabilmente potrebbe presentare un malfunzionamento occulto delle cellule della
FIGURA 6 Sottogruppi di donne che necessiterebbero della supplementazione con LH
LH in ovarian stimulation - C Alviggi et al. 2006
FIGURA 7 Outcomes comparativi tra la somministrazione di FSHr e FSHr+LHr in pazienti con <35 anni e tra 36 e 39 anni
Bosch. Impact of LH on GnRH antagonist cycles. Fertil Steril 2011
14
teca, che si renderebbe palese solo successivamente ad una stimolazione ovarica controllata con FSH;
l’aggiunta successiva di LH favorirebbe una riduzione della quantità di FSH da somministrare ed una
maggiore concentrazione di E2 il giorno del triggering con HCG, favorendo una miglior sensibilità ovocitaria
all’FSH (Tabella 3) (Papaleo et al., 2014).
Quest’ultimo concetto è stato confermato anche in una review, in cui sono state indagate tutte le possibili
popolazioni di donne che potrebbero beneficiare di una supplementazione con LHr e si è visto che le
pazienti ipo-responders ad una precedente stimolazione con solo FSH-r, grazie alla supplementazione di
LHr recuperano un miglior numero di ovociti e la percentuale di impianto risulta statisticamente superiore;
hanno mostrato risultati favorevoli anche le pazienti di età avanzata (35-39 anni) in cui l’aggiunta di LH-r
migliora la percentuale di impianto. Nessuna differenza statisticamente significativa è, invece, emersa nel
gruppo di pazienti che avevano mostrato una soppressione di LH in uno short protocol con GnRh
antagonista ed in un long protocol con GnRh analogo nè nelle poor-responders (Alviggi et al., 2018) (Figura
8). Il vantaggio della supplementazione con LH nelle ipo-responders, divise tra low-responders e
suboptimal-responders “attese ed inattese” in accordo con i criteri POSEIDON, è stato sottolineato anche
da Levi Setti nel 2019, in uno studio retrospettivo osservazionale monocentrico in cui ha analizzato 4828
cicli ed ha dimostrato che l’utilizzo della combinazione FSH-r+LH-r o HMG in qualsiasi tipo di protocollo di
stimolazione, rispetto al solo FSH-r, nelle pazienti ipo-responders con peggior prognosi migliora i loro
outcomes IVF.
E’ necessario concludere che, data l’enorme variabilità dei risultati ottenuti, serviranno ulteriori studi
randomizzati controllati per chiarire il vero vantaggio della supplementazione di LH nella pratica clinica, il
tipo di LH da somministrare, il dosaggio corretto e per selezionare i gruppi di pazienti che potrebbero trarne
maggior beneficio.
TABELLA 3 Comparazione tra il primo ed il secondo ciclo di COS ed IVF-ET nelle pazienti poor-responders inattese
15
CONCLUSIONI
Il ruolo dell’LH nel ciclo ovarico è fondamentale dall’inizio della selezione follicolare, è infatti certo che l’LH
fornisca un maggior supporto fisiologico al follicolo e agli eventi che ne conseguono. Ad oggi sarebbe arduo
affermare che esista una chiara relazione tra la qualità embrionaria e l’utilizzo dell’LH esogeno, per le scarse
evidenze scientifiche di cui disponiamo, inoltre non sono mai stati identificati cut-off minimi di LH
endogeno che ci diano una precisa indicazione sul “se, quando e come” ricorrere alla supplementazione.
Pertanto è ancora da confermare che il ruolo di una corretta supplementazione di LH apporti vantaggi alla
stimolazione ovarica controllata di pazienti con specifiche caratteristiche. È sicuramente vantaggioso
utilizzarlo nelle pazienti infertili con ipogonadismo-ipogonadotropo ed esiste un corretto razionale, che si
fonda su dati scientifici attendibili, ma che sono da ampliare e confermare, che migliori gli outcomes nelle
pazienti infertili ipo-responders inattese ad una terapia di stimolazione con solo FSH-ricombinante, e
probabilmente anche nelle pazienti con età maggiore di 35 anni.
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FIGURA 8 Schema riassuntivo delle pazienti che necessiterebbero della supplementazione con LH durante una stimolazione ovarica controllata
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QUESTIONARIO ECM
1) Quali sono gli altri fattori all’interno dell’ovaio che regolano il ciclo ovarico oltre all’FSH e all’LH?
a. IGF-1, IGF-2, inibina, EGF, activina, TGF-beta
b. TNF-alfa, TNF-beta, interleuchine, inibina A
c. VEGF, PDGF, HGF, MMP, inibina B
d. nessuna delle precedenti
2) Qual è la subunità dell’ormone glicoproteico LH che conferisce la specificità biologica ed immunologica?
a. la subunità alfa
b. la subunità delta
c. la subunità beta
d. la subunità alfa e la subunità beta
3) Qual è la percentuale dei recettori a cui deve essere legato l’LH endogeno affinché sia assicurata
un’adeguata steroidogenesi ovarica?
a. 100%
b. 10%
c. 1%
d. tra il 5% ed il 10%
4) Le fonti di LH di cui disponiamo sono:
a. LH-ricombinante, HMG, LH-ricombinante + FSH-ricombinante
b. LH-ricombinante, corifollitropina, follitropina delta
c. HMG, HCG, follitropina alfa
d. tutte le precedenti
5) Perché l’LH e l’HCG condividono gli stessi effetti biologici a livello ovarico?
a. perché hanno le subunità beta strutturalmente molto simili tra loro e si legano quindi al
medesimo recettore LH/HCG
b. perché sono prodotti entrambi dall’adenoipofisi
c. perché sono prodotti entrambi dall’ipotalamo
d. perché sono entrambi ormoni glicoproteici costituiti da due subunità, alfa e beta
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6) In quale condizione di infertilità è mandatorio utilizzare la supplementazione con LH in aggiunta all’FSH
durante una stimolazione ovarica controllata?
a. nelle poor-responder con età superiore a 35 anni
b. nelle normo-responder con età superiore a 35 anni
c. nelle pazienti affette da ipogonadismo-ipogonadotropo congenito (S. di Kallmann/Idiopatico)
d. nell’infertilità femminile idiopatica
7) Cosa si intende per ipo-responders inattese?
a. pazienti con un’inadeguata risposta ovarica all’FSH-r o all’HMG ma senza avere le caratteristiche
biochimiche e/o cliniche di una poor-responder
b. pazienti con parametri biochimici e clinici preoccupanti
c. donne in età riproduttiva avanzata
d. poor-responders secondo i criteri di Bologna
8) Qual è la percentuale di LH presente nell’LH-ricombinante?
a. tra il 50% ed il 99%
b. 50%
c. 99%
d. tra il 50% ed il 90%
9) Quale tipo di supplementazione con LH è maggiormente vantaggioso da somministrare nelle pazienti
con ipogonadismo-ipogonadotropo severo?
a. HMG
b. LH ricombinante
c. HMG + LH-ricombinante
d. tutte le precedenti
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