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24/10/2020 ~ gabriella giudici https://www.printfriendly.com/p/g/HFTEBt 1/40 March 13, 2020 ~ gabriella giudici gabriellagiudici.it/marx/ Un percorso guidato al pensiero e alla figura di Karl Marx. Una filosofia che trova nel proletariato le sue armi materiali, così come il proletariato trova nella filosofia le sue armi spirituali. Karl Marx, Per la critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico Indice 1. Dalla comprensione della realtà alla sua trasformazione 1.1 Il compito della filosofia nel giovane Marx 1.2 La demistificazione di Hegel e del liberalismo 1.3 Emancipazione politica ed emancipazione umana 2. Lavoro, alienazione, riappropriazione 3. La concezione materialistica della storia e il comunismo 4. Il Capitale 5. La morte e il lascito marxiano Approfondimenti, integrazioni: Cultura e anticultura del lavoro (Loescher);

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March 13, 2020

~ gabriella giudicigabriellagiudici.it/marx/

Un percorso guidato al pensiero e alla figura di Karl Marx.

Una filosofia che trova nel proletariato le sue armi materiali, così come il proletariato trova nella filosofia le sue armi spirituali.

Karl Marx, Per la critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico

Indice 

1. Dalla comprensione della realtà alla sua trasformazione

1.1 Il compito della filosofia nel giovane Marx 1.2 La demistificazione di Hegel e del liberalismo 1.3 Emancipazione politica ed emancipazione umana

2. Lavoro, alienazione, riappropriazione 3. La concezione materialistica della storia e il comunismo 4. Il Capitale 5. La morte e il lascito marxiano

Approfondimenti, integrazioni: Cultura e anticultura del lavoro(Loescher);

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Karl Marx ( 1818 – 1883)

ll 14 marzo, alle due e quarantacinquepomeridiane, ha cessato di pensare la piùgrande mente dell’epoca nostra […]. Nonè possibile misurare la gravità dellaperdita che questa morte rappresenta per ilproletariato militante d’Europa ed’America, nonché per la scienza storica.Non si tarderà a sentire il vuoto lasciatodalla scomparsa di questo titano.

Così come Darwin ha scoperto la leggedello sviluppo della natura organica, Marxha scoperto la legge dello sviluppo dellastoria umana […]. Ma non è tutto. Marxha anche scoperto la legge peculiare dellosviluppo del moderno modo di produzionecapitalistico e della società borghese daesso generata. La scoperta del plusvalore ha subitamente gettato un fascio di lucenell’oscurità in cui brancolavano prima, in tutte le loro ricerche, tanto gli economisti classiciche i critici socialisti.

Due scoperte simili sarebbero più che sufficienti a riempire una vita. Fortunato chi avesseavuto la sorte di farne anche una sola. Ma in ognuno dei campi in cui ha svolto le suericerche — e questi campi furono molti e nessuno fu toccato da lui in modo superficiale —in ognuno di questi campi, compreso quello delle matematiche, egli ha fatto delle scoperteoriginali.

Tale era lo scienziato. Ma lo scienziato non era neppure la metà di Marx. Per lui la scienzaera una forza motrice della storia, una forza rivoluzionaria. Per quanto grande fosse la gioiache gli dava ogni scoperta in una qualunque disciplina teorica, e di cui non si vedeva forseancora l’applicazione pratica, una gioia ben diversa gli dava ogni innovazione chedeterminasse un cambiamento rivoluzionario immediato nell’industria e, in generale, nellosviluppo storico […].

Perché Marx era prima di tutto un rivoluzionario. Contribuire in un modo o nell’altroall’abbattimento della società capitalistica e delle istituzioni statali che essa ha creato,contribuire all’emancipazione del proletariato moderno al quale egli, per primo, aveva datola coscienza delle condizioni della propria situazione e dei propri bisogni, la coscienza dellecondizioni della propria liberazione: questa era la sua reale vocazione. La lotta era il suoelemento. Ed ha combattuto con una passione, con una tenacia e con un successo comepochi hanno combattuto […].

Come emerge dal discorso funebre pronunciato da Engels davanti a sole undici persone,Marx ebbe un destino unico nella storia del pensiero. La sua fu infatti una vitadedicata alla realizzazione del progetto politico contenuto nella sua filosofia.

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Ne diedero conto i necrologi che comparvero sui quotidiani di tutto il mondo,definendo la morte di Marx

«una sciagura per tutta l’umanità» e sottolineando: «Il suo ricordo vivrà a lungo dopo che ire saranno stati dimenticati».

«Il suo nome vivrà nei secoli – concluse Engels nel discorso di commiato – e così la suaopera».

1. Dalla comprensione della realtà alla sua trasformazione

1.1 Il compito della filosofia nel giovane Marx

La confessione di Prometeo «francamente ioodio tutti gli dèi», è la confessione della filosofia,la sua sentenza contro tutte le divinità, celesti eterrestri […] Nessuno può starle al fianco. Alletristi lepri marzoline che gioisconodell’apparentemente peggiorata condizionecivile della filosofia, essa replica quantoPrometeo replica al servo degli dèi, Ermete: «Ioti assicuro, non cambierei la mia misera sortecon la tua servitù. Molto meglio stare quiincatenato a questa rupe piuttosto che esserefedele messaggero di Giove». Prometeo, questopersonaggio indocile, ribelle, indisciplinato, chenon accoglie la tirannide di Zeus, è il più grandesanto e martire del calendario filosofico.

Marx, Differenza tra la filosofia naturale diDemocrito e quella di Epicuro

Il rapporto tra la comprensione della realtà e la sua trasformazione è stato alcentro degli interessi di Marx (5 maggio 1818 – 14 marzo 1883) fin dalla sua tesidi laurea dedicata alla Differenza tra la filosofia naturale di Democrito e quella diEpicuro e discussa a Jena il 15 aprile 1841.

In questo lavoro, il giovane filosofo indica in Epicuro «il più grande illuminista greco», invirtù dell’idea del clinamen, interpretato come il momento dell’autocoscienzaindividuale che afferma la propria libertà attraverso la negazionedell’esistente.

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Epicuro (342 – 270 a. C.)

Già in questo testo giovanile, Marx mostra di aversuperato l’idea hegeliana della filosofia intesa come«il proprio tempo appreso col pensiero», avantaggio di una filosofia concepita comecritica, libertà di pensare altrimenti e dinegare la necessità della realtà per praticareil suo superamento.

La prima formulazione di questa tesi si trovanell’Introduzione alla Critica della filosofiahegeliana del diritto pubblico, testo che il filosofoventicinquenne, già espatriato a Parigi, pubblicanegli Annali Franco-tedeschi (Deutsch-Französische Jarbücher, 1843), dopo aver maturatouna profonda riflessione sulla mistificazionehegeliana dell’eticità dello stato.

La critica non è una passione del cervello, essa è il cervello della passione – scrive. […]Essa non si pone più come fine a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo. Il suo pathosessenziale è l’indignazione, il suo compito essenziale è la denuncia [Introduzione allaCritica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, 1843].

Si tratta della concezione di un nuovo ruolo della filosofia affidata, un anno dopo,alla celebre undicesima tesi su Feuerbach:

I filosofi hanno semplicemente interpretato il mondo in modo diverso, adesso è tempo dicambiarlo [Tesi su Feuerbach, 1844].

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1.2 La demistificazione di Hegel e del liberalismo

Tra il 1839 e il 1842 Marx aveva stretto legami coni giovani hegeliani e letto le opere di Ruge, Bauer,Feuerbach ed Hess, proprio nel momento in cui lasinistra hegeliana si definiva come “movimento” eradicalizzava le proprie posizioni. Dalla primaveradel 1842 al marzo 1843, scrive sulla RheinischeZeitung (Gazzetta renana), un foglio diorientamento liberale sostenuto dalla borghesiariformatrice renana, dove comincia a metterela critica alla prova della realtà politica edeconomico-sociale.

Oltre al dibattito sulla censura e sulla libertà di stampa, Marx segue quello relativo allalegge «contro i furti della legna», evidenziando nei suoi articoli il contrasto tral’universalità del diritto e dello stato, chiamati a realizzare principi di libertà e giustizia, e

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la visione particolaristica della legge – nella quale cioè prevale l’interesse di una parte. Lapretesa, da parte dei proprietari terrieri, di punire come furto il secolarediritto dei contadini alla raccolta della legna caduta – sostiene Marx – è unamanifestazione di questo abbassamento dell’universalità del diritto alleragioni della proprietà e dell’interesse privato,

la cui meschina anima non fu mai illuminata e penetrata dall’idea dello stato.

Prendendo le difese della «massa povera, politicamente e socialmente

diseredata», il filosofo arriva a difendere il diritto consuetudinario, come l’unico in gradodi supplire, per quei ceti, alla «mancanza di forma», cioè alle deficienze del dirittolegislativo. Al contrario, non possono invocare il diritto consuetudinario le classiprivilegiate che hanno trovato nella legge tutte le garanzie della loro condizione.

In questo modo, il Marx liberale della Gazzetta, hegelianamente convinto dellanatura razionale dello stato, si scontra con la palese “irrazionalità” diistituzioni che degradano l’idea dello stato inteso come totalità (eticamente alsevizio del bene generale), a strumento dell’interesse privato.

E’ l’esperienza di questa contraddizione che spinge Marx a scrivere, nella prima metà del1843, la Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (la celebreIntroduzione) prima opera di grande respiro nella quale la critica a Hegel si fonde con laricerca di un nuovo modo di affrontare l’indagine nella sfera sociale e politica.

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Georg Wilhelm Hegel

Il senso della critica marxiana è che Hegel falliscenello spiegare la natura dello stato perché hafatto dei soggetti reali (la famiglia, la società civile eappunto lo stato), momenti dell’Idea, tappenecessarie del suo sviluppo.

Hegel, insomma, secondo Marx non fornisce categorie diindagine di una realtà determinata, ma riempie dicontenuti determinati la sua logica. La realtà viene così«volatilizzata in astratti pensieri» e raffigurata soloallegoricamente in una gigantesca tautologia (latautologia è un discorso circolare che afferma se stesso).

Marx ritiene che Hegel abbia rappresentatocorrettamente la realtà dello stato moderno, all’internodella quale è la separazione tra il bourgeois e i citoyen, cioè tra il cittadinoportatore di interessi particolari e il cittadino in quanto membro di unacomunità politica.

Questa separazione è un prodotto specifico del mondo moderno con l’autonomizzarsidella sfera sociale e di quella politica, mentre nel Medioevo vi era piuttosto identità tra ledue sfere. Secondo Marx, Hegel ha giustamente interpretato questa separazionecome opposizione tra la società civile e la sfera statuale, ma ha collocato lamediazione di tale opposizione negli “ordini” (la burocrazia, il governo) che da unlato organizzano gli interessi privati e dall’altro partecipano al potere politico-

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Le istituzioni liberali «comitato d’affaridella borghesia»

istituzionale. Una mediazione che Marxgiudica illusoria, dal momento che gliinteressi privati si trasferiscono alla sferapolitica, la cui universalità risulta infinemeramente formale.

La soluzione offerta da Marx per il momento èpensata, in chiave rousseauiana,nell’instaurazione di una democrazia asuffragio universale.

Watch Video At: https://youtu.be/hVTDoZLssg8

1.3 Emancipazione politica ed emancipazione umana

La riforma della coscienza consiste solo nel rendere il mondo consapevole di se stesso,nel ridestarlo dal suo ripiegamento trasognato, nello spiegargli le sue proprie azioni.Come per la critica della religione di Feuerbach, il nostro scopo non è altro che condurrealla forma umana autocosciente tutte le questioni religiose e politiche.

Marx, Lettera a Ruge

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servitù e diseguaglianza

Friedrich Engels (1820 –1895)

Lasciata la Prussia e la sua oppressiva censura,nell’ottobre 1843 Marx si trasferisce a Parigi per lavorareagli Annali franco-tedeschi, rivista della quale esce solo ilprimo numero (marzo 1844) che contiene La questioneebraica e l‘Introduzione alla Critica della filosofiahegeliana del diritto pubblico.

E’ nella Questione ebraica che Marx comincia a prenderele distanze dalla soluzione liberale al problema della falsauniversalità dello stato, sostenendo che

lo stato può essere uno stato libero senza che l’uomo siaun uomo libero.

Con un’implicita autocritica delle proprie posizioniprecedenti, esclude che l’emancipazione umana possa avvenire all’internodella sfera politica che l’autonomizzazione moderna ha reso astratta,separata dalla concretezza dei rapporti privati: l’uguaglianza politica lascia infattioperare liberamente, sul piano sociale, ogni forma di diseguaglianza.

Come osserva l’anno dopo in Critica della critica critica oLa sacra famiglia (settembre 1844), scritto con cui Marxaffronta con Friedrich Engels – è l’avvio della lorocollaborazione – la critica della filosofia deglihegeliani di sinistra – ancora astrattamente teorica – larivoluzione francese ha abbattuto l’ancien régimeistituendo un nuovo tipo di schiavitù, quellaesercitata dalla borghesia sul popolo:

«Robespierre, Saint Just e il loro partito sono caduti perchéhanno scambiato la comunità antica, realisticamentedemocratica, che poggiava sulla base di una schiavitùreale, con lo stato moderno rappresentativo espiritualmente democratico, che si basa sulla schiavitù“emancipata”, sulla società civile.

Quale colossale illusione vedersi costretti a sanzionare nei diritti dell’uomo la società civilemoderna, quella dell’industria, della concorrenza generalizzata, dell’interesse privato chepersegue tranquillamente i suoi obiettivi. E insieme l’anarchia, l’individualità naturale espirituale alienata a se stessa!» [Marx, Engels, La sacra famiglia, 1844].

Nell’Introduzione alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, oltre a portarea termine la critica feuerbachiana dei troni celesti ed iniziare quella dei regni terreni,Marx introduce due concetti che avranno un ruolo fondamentale nella sua dottrina,quello di proletariato e quello di rivoluzione, rispetto ai quali si definisce il ruolo dellafilosofia.

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Maximilien Robespierre

Ludwig Feuerbach (1804-1872)

Marx dichiara infatti esaurito in Germania il compito dellacritica filosofica della religione, poiché si è compreso chel’alienazione religiosa non è che una conseguenzadell’alienazione nella società e nello stato. Lafilosofia deve dunque rivolgere la sua criticasmascherante al mondo, la critica al Cielo devetrasformarsi in una critica della Terra in vista di unatrasformazione concreta della realtà. Infatti, se ilrisultato della critica alla religione è che l’essere supremo èl’uomo stesso, allora

«emerge l’imperativo categorico di rovesciare tutti irapporti in cui l’uomo è un essere umiliato, assoggettato,abbandonato, spregevole».

Marx introduce queste tesi con le parole:

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La religione è un lenitivo che impedisce di rimuovere il male

Per la Germania, la critica della religione nell’essenziale è compiuta, e la critica dellareligione è il presupposto di ogni critica.

L’esistenza profana dell’errore è compromessa dacché è stata confutata la sua celeste oratiopro aris et focis [letteralmente “preghiera per i lari (dèi) e i focolari”, l’invocazione Dio epatria]; L’uomo il quale nella realtà fantastica del cielo, dove cercava un superuomo,non ha trovato che l’immagine riflessa di se stesso, non sarà più disposto a trovaresoltanto l’immagine apparente di sé, soltanto il non-uomo, là dove cerca e deve cercarela sua vera realtà.

Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo.Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancoraconquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un essere astratto,posto fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, Stato, società. Questo Stato, questasocietà producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono unmondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendioenciclopedico, la sua logica in forma popolare,il suo point d’honneur spiritualistico, ilsuo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universalefondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantasticadell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta controla religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione èl’arma spirituale.

La miseria religiosa è insiemel’espressione della miseria realee la protesta contro la miseriareale. La religione è il sospirodella creatura oppressa, ilsentimento di un mondo senzacuore, così come è lo spirito diuna condizione senza spirito.Essa è l’oppio dei popoli.

Eliminare la religione inquanto illusoria felicità delpopolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sullasua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni.La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui lareligione è l’aureola.

La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti lacatena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. Lacritica della religione disinganna l’uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtàcome un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stessoe perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muoveintorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.

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non perché trascini la catena spoglia e triste,ma perché colga i fiori vivi

È dunque compito della storia, una voltascomparso l’al di là della verità, quello diristabilire la verità dell’al di qua. È innanzitutto compito della filosofia, la quale sta alservizio della storia, una volta smascherata lafigura sacra dell’autoestraneazione umana,quello di smascherare l’autoestraneazione nellesue figure profane. La critica del cielo sitrasforma così nella critica della terra, la criticadella religione nella critica del diritto, la criticadella teologia nella critica della politica.

La rivoluzione a cui si richiama Marx, definiscequindi un nuovo compito per la filosofia che deve farsi altrettanto radicale, cioèmuovere dall’uomo e dalla sua emancipazione. Un compito che non può essereassolto da una teoria che si proponga un ideale di rischiaramento ad opera degliintellettuali, ma che richiede il rapporto con forze storiche concrete

la potenza materiale dev’essere abbattuta da potenza materiale, però anche la teoria diventapotenza materiale, non appena si impadronisce delle masse.

La filosofia non è più astratto lavoro accademico ma, come Marx affermerànell’undicesima tesi su Feuerbach, prassi, attività di trasformazione dell’esistente.

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2. Lavoro, alienazione, riappropriazione

Constatata l’insufficienza dell’emancipazione politica (si puòavere diritto di voto e non essere liberi), Marx prende atto dellanecessità di un’analisi economico-sociale e inizia a confrontarsicon le elaborazioni del pensiero socialista e comunista. Il primorisultato di questo lavoro sono i tre quaderni compilati tra ilmarzo e il settembre 1844, pubblicati postumi con il titolo diManoscritti economico-filosofici.

Inizia qui quell’opera imponente di critica dell’economiapolitica che sfocia nel Capitale, nella quale Marx dimostra lecontraddizioni di cui gli stessi economisti sono inconsapevoli:l’aumento delle ricchezze genera l’impoverimento dell’operaio,la concorrenza conduce all’accumulazione del capitale in pochemani, cioè al monopolio, e l’interesse del capitalista si mostra in conflitto con quellodell’intera società.

L’economia politica non mostra nessun interesse per l’uomo in quanto tale, concependo illavoratore solo come «bestia da soma» e il lavoro stesso solo come «attività diguadagno». Ma il punto centrale riguarda l’economia politica in quanto scienza, e

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dunque la sua capacità di comprendere la realtà. Il suo vizio di fondo, infatti, consiste nelpresupporre ciò che deve spiegare, cioè nel partire dalla proprietà privata come se fosseun dato naturale, facendone valere le leggi come fossero leggi naturali.

Marx oppone a questa disciplina acritica una modalità dialettica di riferirsi alla realtàeconomica, il cui primo risultato è la celebre analisi del lavoro alienato:

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Noi partiamo da un fatto economico attuale. L’operaio diventa tanto più povero quanto piùproduce ricchezza, quanto più la sua produzione cresce in potenza ed estensione. L’operaiodiventa una merce a buon mercato quanto più crea delle merci. Con la messa in valore delmondo delle cose, cresce in rapporto diretto la svalutazione del mondo degli uomini. Illavoro non produce soltanto merci, esso produce se stesso e il lavoratore come unamerce, precisamente nella proporzione in cui esso produce merci in genere.

Questo fatto non esprime altro che questo: che l’oggetto prodotto dal lavoro, prodottosuo, sorge di fronte al lavoro come un ente estraneo, come una potenza indipendentedal producente. Il prodotto del lavoro è il lavoro che si è fissato in un oggetto, che si èfatto oggettivo: è l’oggettivazione del lavoro. La realizzazione del lavoro è la suaoggettivazione. Questa realizzazione del lavoro appare, nella condizione descrittadall’economia politica, come privazione dell’operaio, e l’oggettivazione appare comeperdita e schiavitù dell’oggetto, e l’appropriazione come alienazione, come espropriazione.

La realizzazione del lavoro palesa tale privazione che l’operaio è spogliato fino alla morteper fame […] Tutte queste conseguenze si trovano nella determinazione che l’operaio sta inrapporto al prodotto del suo lavoro come a un oggetto estraneo. Poiché è chiaro, per questopresupposto, che tanto più l’operaio lavora, tanto più acquista potenza il mondo estraneo,oggettivo, ch’egli si crea di fronte, e tanto più povero diventa egli stesso, il suo mondointeriore, e tanto meno egli possiede. […] Quanto maggiore dunque questo prodotto, tantominore è egli stesso. L’espropriazione dell’operaio nel suo prodotto non ha solo ilsignificato che il suo lavoro diventa un oggetto, un’esterna esistenza, bensì che esso esistefuori di lui, indipendente, estraneo a lui, come una potenza indipendente di fronte a lui, eche la vita, da lui data all’oggetto, lo confronta estranea e nemica […].

L’economia politica occulta l’alienazione ch’è nell’essenza del lavoro per questo: ch’essanon considera l’immediato rapporto fra l’operaio (il lavoro) e la produzione. Certamente illavoro produce meraviglie per i ricchi, ma produce lo spogliamento dell’operaio. Producepalazzi, ma caverne per l’operaio, produce bellezza, ma deformità per l’operaio. Essosostituisce il lavoro con le macchine, ma respinge una parte dei lavoratori a un lavorobarbarico, e riduce a macchine l’altra parte. Produce spiritualità e produce l’imbecillità, ilcretinismo dell’operaio […].

Nell’alienazione dell’oggetto del lavoro si riassume l’alienazione, l’espropriazione,dell’attività stessa del lavoro. In che consiste ora, l’espropriazione del lavoro? Prima di tuttoin questo: che il lavoro resta esterno all’operaio, cioè non appartiene al suo essere, e chel’operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato mainfelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale, bensì mortifica il suo corpoe rovina il suo spirito.

L’operaio quindi si sente con se stesso soltanto fuori del lavoro, e fuori di sé nel lavoro.Come a casa sua è solo quando non lavora e quando lavora non lo è. Il suo lavoro non èvolontario bensì forzato, è lavoro costrittivo. Il lavoro non è quindi la soddisfazione di unbisogno, bensì soltanto un mezzo per soddisfare bisogni esterni ad esso. […] Il lavoroesterno, il lavoro in cui l’uomo si espropria, è un lavoro-sacrificio, un lavoro mortificazione.

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lavoro alienato

Finalmente l’esteriorità del lavoro al lavoratore si palesa in questo: che il lavoro non è cosasua ma di un altro; che non gli appartiene, e che in esso egli non appartiene a sé, bensì a unaltro. […] Il risultato è che l’uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle suefunzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt’al più nell’aver una casa, nellasua cura corporale ecc. e che nelle sue funzioni umane si sente più solo una bestia. Ilbestiale diventa l’umano e l’umano il bestiale.

Come si vede, il lavoro alienato non è piùun momento di realizzazione dell’uomo, madi perdita dell’uomo stesso; non più fine,ma mezzo. Hegel aveva vistocorrettamente che il lavoro realizzal’essenza dell’uomo, quale capacità ditrasformare la natura secondo unprogetto consapevole, ma nel lavoroalienato l’uomo è spogliato della suainiziativa e diventa semplice mezzo per laproduzione di cose, non il loro artefice.

L’operaio perde così non solo il propriooggetto, ma anche se stesso, la sua stessavita diventa proprietà di un altro, del capitalista, la cui proprietà è solo apparentemente ilpresupposto dell’economia politica, mentre è in realtà il risultato dell’espropriazionedel lavoro operaio e, insieme, il mezzo attraverso cui questa espropriazionesi attua:

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Abbiamo considerato fino ad ora il rapporto solo dal lato del lavoratore, lo considereremopoi anche dal lato del non-lavoratore. Dunque, nel lavoro alienato, espropriato, l’operaioproduce il rapporto a questo lavoro da parte di un uomo estraneo e che sta fuori. Il rapportodell’operaio col lavoro genera il rapporto del capitalista – o come altrimenti si vogliachiamare il padrone del lavoro – col medesimo lavoro. La proprietà privata è dunque ilprodotto, il risultato, la necessaria conseguenza del lavoro espropriato, del rapportoestrinseco dell’operaio alla natura e a se stesso.

La proprietà privata risulta così dall’analisi del concetto del lavoro espropriato, cioèdell‘uomo espropriato, del lavoro alienato, della vita alienata, dell’uomo alienato. Abbiamocertamente ricavato il concetto del lavoro espropriato (della vita espropriata) dall’economiapolitica come risultato del movimento della proprietà privata. Ma nell’analisi di questoconcetto si mostra che, mentre la proprietà privata appare come ragione e causa del lavoroespropriato, essa è piuttosto una conseguenza di quest’ultimo, così come gli dèi sono inorigine non causa me bensì effetto dello smarrimento dell’intelletto umano. Poi questorapporto si rovescia in un effetto reciproco.

Solo all’ultimo punto culminante dello sviluppo della proprietà privata questa mostra dinuovo in risalto il suo segreto: cioè che da una parte essa è il risultato del lavoroespropriato, e secondariamente ch’essa è il mezzo col quale il lavoro si espropria, larealizzazione di questa espropriazione.

Il concetto di proprietà privata è stato così spiegato dall’analisi del concetto di lavoroalienato: ciò permette di scorgere una contraddizione nel seno stesso della societàcapitalistica. Marx osserva infatti che «l’opposizione tra non proprietà eproprietà» non assume il carattere di contraddizione se non viene concepitacome «opposizione di lavoro e capitale», cioè se non si comprende che ilcapitale stesso è lavoro, lavoro espropriato dell’operaio. L’emancipazioneoperaia sarà dunque la riappropriazione di quanto si è perduto per effetto dell’alienazioneed essa significherà

la generale emancipazione umana», perché «l’intera servitù umana è coinvolta nelrapporto dell’operaio alla produzione.

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Pellizza da Volpedo, Quarto stato o il camminodei lavoratori, 1901

3. La concezione materialistica della storia e il comunismo

Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomostesso.

Marx, Per la critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico

La dialettica tra lavoro e capitale e ilconflitto tra alienazione e riappropriazionehanno luogo sul terreno della storia.

Analizzare la storia significa per Marxindagare i fenomeni criticamente,senza presupporli in modonaturalistico e astratto. Essa, inoltre,permette di impostare in modo nuovoil rapporto tra teoria e prassi, perchél’idea di una filosofia che si realizza nelmondo non viene più pensata da Marx inmodo volontaristico come per i giovanihegeliani, ma come risultato di unprocesso storico.

Questo insieme di motivi e di esigenze trovaespressione nella concezionematerialistica della storia formulata nell’Ideologia tedesca (scritta con Engels nel1845), nelle Tesi su Feuerbach [appunti manoscritti scritti durante la stesuradell’Ideologia tedesca e pubblicati postumi] e nel Manifesto del Partito comunista (Marx-Engels, 1848).

La critica a Feuerbach è di grande importanza per capire il materialismostorico.

Feuerbach infatti ha pensato l’uomo come un ente la cui coscienza è il prodottodella sua esistenza, ma non lo ha inteso come ente concreto che trasforma il mondo edè esso stesso il prodotto della storia, cioè delle trasformazioni operate dalle precedentigenerazioni. Di conseguenza, la sua risulta una concezione statica e astratta, nella qualematerialismo e storia restano separati.

Al contrario, Marx sostituisce alla categoria di “essenza” dell’uomo – di cui faceva ancorauso nei Manoscritti – gli “uomini” intesi come “individui determinati” cheoperano in condizioni date con la natura e con gli altri uomini.

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Ludwig Feuerbach

Non c’è quindi una natura umana, sevolessimo indicarla troveremmo infatti che l’unicaessenza dell’uomo è l’assenza di una natura, cioèla mancanza di un modo universale einnato di rapportarsi all’ambiente e aiviventi che è invece propria di tutti glianimali – tranne l’uomo, appunto. E’ quantoMarx deduce nella sesta Tesi su Feuerbach [qui ilcommento al testo di Etienne Balibar].

Nell‘Ideologia tedesca, il primo aspetto da cuiMarx ed Engels avviano la loro critica è il fatto cheper vivere, gli uomini devono soddisfare iloro bisogni primari, dunque la produzionedi mezzi di sussistenza è l’attività primaria, laprima «azione storica» e specificamente umana.

Essa è già una forma determinata di rapporto con la natura, cioèun modo di vita che definisce ciò che gli uomini, entro queldeterminato modo di produzione, sono.

La coscienza nasce dalla relazione con altri individui: èdunque un prodotto sociale che si sviluppa in relazioneallo sviluppo dei mezzi di produzione, cioè della popolazione,della produttività, della cooperazione, in una parola, dello sviluppodelle «forze produttive». Un ruolo fondamentale in questosviluppo è giocato dalla divisione del lavoro e dalla proprietàprivata.

Delineando questa sorta di “storia originaria” della società e della coscienza, Marx edEngels forniscono un’interpretazione delle relazioni esistenti in ogni situazionedeterminata. L’indicazione metodologica fondamentale è che la totalità dell’esseresociale va indagata a partire dalla sfera della vita produttiva:

non è la coscienza che determina la vita, ma è la vita che determina la coscienza.

Si tratta del rovesciamento del modo idealistico di concepire la storia.

La coscienza è dunque intessuta di materia [non si può non sottolineare l’importanzafondativa di questa tesi – enunciata nel modo più sintetico e preciso da Marx nella sestatesi su Feuerbach – per le scienze sociali. Si veda, ad esempio, l’applicazione fattane inpsicologia da Vygotskij e in sociologia da Bourdieu], negarlo è produrre ideologia.

Ideologia è infatti ogni forma di rappresentazione teorica inconsapevole o volutamentedimentica della propria condizionatezza storico-materiale. L’ideologia separa le ideedalle loro radici materiali, rendendo arbitrariamente autonomi, e (dunque)

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universali, valori, concezioni del mondo e idee che nascono invecedall’intreccio con una condizione storicamente determinata.

Questo atteggiamento teorico risponde a una funzione ben precisa: in ogni epocacorrisponde all’esigenza della classe dominante di presentare come naturali e universali ivalori che le sono propri [si veda :

le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; la classe che è lapotenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spiritualedominante.

Nello scritto più tardo Per la critica dell’economia politica (1859, lo scritto è anche notocome Grundrisse), Marx userà il termine di struttura per indicare l’insieme dei rapportidi produzione esistenti nella società, sostenendo che tale struttura costituisce

la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura giuridica e politica e alla qualecorrispondono forme determinate di coscienza sociale.

E’ sul piano della struttura cheagisce infatti la contraddizionefondamentale che produce ildivenire storico, cioè il conflittotra forze produttive e rapportidi produzione.Da un lato, le formeartistiche, giuridiche, filosofiche,religiose, ossia le forme ideologichesono condizionate dai rapporti diproduzione e dal conflitto in essiesistente, dall’altro sono queste stesseforme ideologiche «che permettonoagli uomini di concepire questoconflitto e di combatterlo».

La filosofia tedesca, l’economia politica e in generale le teorie studiate da Marx sono cosìclassificabili come forme ideologiche funzionali a rapporti di dominio [perapprofondire l’intuizione anticipatrice di questo nesso marxiano da parte di Rousseau eDiderot, si veda Diderot. Il libero servo Rameau. Rousseau. Il bisogno innalzò i troni, lescienze e le arti li hanno rafforzati], perciò il materialismo storico si presentainnanzitutto come una metodologia critica antiideologica, il cui compitofondamentale consiste in un’opera di smascheramento e di svelamento che nonaccetta come un dato la rappresentazione che gli uomini si fanno del loroagire, ma ne mostra le origini (la genealogia, come farà poi anche Nietzsche) e lemotivazioni reali.

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Al tempo stesso, il materialismo storico inaugura una comprensione critica, nonideologica, della realtà, cioè consapevole della propria origine storica e tesa a mostrare,piuttosto che a nascondere il proprio legame con la prassi sociale.

Il materialismo storico si propone quindi una comprensione della realtà che nascedalla stessa prassi. La prospettiva del comunismo, entro questa teoria, può esserepensata come risultato di un processo storico che va verso una sempre maggioreuniversalizzazione della cooperazione e dello scambio e, dunque, verso unacontraddizione sempre più profonda tra borghesia e proletariato. Per questo, affermanoMarx ed Engels,

il comunismo non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtàdovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato dicose presente.

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proletariato

Nel Manifesto – un piccolo libro che nell’edizioneoriginale contava appena ventitré pagine, tirato in millecopie che si dovettero stampare ricorrendo a unacolletta, divenuto, insieme alla Bibbia, il libro piùstampato al mondo e l’unico edito in tutte lelingue esistenti – nato come programmapolitico della Lega dei giusti nell’infuocatoclima sociale alla vigilia del ’48, si trova unesempio della realizzazione della filosofia nel mondo dicui Marx aveva affermato l’esigenza fin dagli scrittigiovanili.

Celebre il suo esordio:

Uno spettro s’aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo.Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santabattuta di caccia contro questo spettro: papa e zar, Metternich eGuizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi.

Quale partito d’opposizione non è stato tacciato di comunismodai suoi avversari di governo; qual partito d’opposizione non harilanciato l’infamante accusa di comunismo tanto sugli uominipiù progrediti dell’opposizione stessa, quanto sui propriavversari reazionari?

Da questo fatto scaturiscono due specie di conclusioni. Ilcomunismo è di già riconosciuto come potenza da tutte le potenzeeuropee.

Il Manifesto sviluppa una visione dialettica della storia che ha al suocentro il concetto di lotta di classe che, a differenza del passato,nell’epoca presente si svolge tra le due sole classi della borghesia edel proletariato. Marx legge questa polarizzazione del conflittocome il risultato dell’azione rivoluzionaria dellaborghesia nella storia:

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borghesia

La storia di ogni società esistita fino a questomomento, è storia di lotte di classi. Liberi eschiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba,membri delle corporazioni e garzoni, in breve,oppressori e oppressi, furono continuamente inreciproco contrasto, e condussero una lottaininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ognivolta è finita o con una trasformazionerivoluzionaria di tutta la società o con lacomune rovina delle classi in lotta.

Nelle epoche passate della storia troviamo quasi dappertutto una completa articolazionedella società in differenti ordini, una molteplice graduazione delle posizioni sociali. InRoma antica abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali,vassalli, membri delle corporazioni, garzoni, servi della gleba, e, per di più, ancheparticolari graduazioni in quasi ognuna di queste classi. La società civile moderna, sortadal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essaha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuoveforme di lotta.

La nostra epoca, l’epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aversemplificato gli antagonismi di classe. L’intera società si va scindendo sempre più indue grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l’una all’altra:borghesia e proletariato. […]

La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria. Dove ha raggiuntoil dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali,idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavanol’uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo cheil nudo interesse, il freddo “pagamento in contanti”. Ha affogato nell’acqua gelida delcalcolo egoistico i sacri brividi dell’esaltazione devota, dell’entusiasmo cavalleresco,della malinconia filistea. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e alposto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate, ha messo, unica,la libertà di commercio priva di scrupoli. In una parola: ha messo lo sfruttamentoaperto, spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato d’illusionireligiose e politiche. La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività chefino allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il medico, ilgiurista, il prete, il poeta, l’uomo della scienza, in salariati ai suoi stipendi. La borghesiaha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondottoa un puro rapporto di denaro.

La borghesia ha svelato come la brutale manifestazione di forza che la reazione ammiratanto nel medioevo, avesse la sua appropriata integrazione nella più pigra infingardaggine.Solo la borghesia ha dimostrato che cosa possa compiere l’attività dell’uomo. Essa hacompiuto ben altre meraviglie che le piramidi egiziane, acquedotti romani e cattedraligotiche, ha portato a termine ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate.

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Il bisogno di uno smercio sempre più estesodei suoi prodotti spinge la borghesia a

percorrere tutto il globo terracqueo

La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti diproduzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione diesistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l’immutato mantenimento delvecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione,l’ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l’incertezza e il movimentoeterni contraddistinguono l’epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti. Sidissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di concettiantichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersifissare. Si volatilizza tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, è profanata ogni cosasacra, e gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio disincantato lapropria posizione e i propri reciproci rapporti.

Il bisogno di uno smercio sempre più esteso per isuoi prodotti sospinge la borghesia a percorreretutto il globo terrestre. Dappertutto deveannidarsi, dappertutto deve costruire le sue basi,dappertutto deve creare relazioni. Con losfruttamento del mercato mondiale la borghesiaha dato un’impronta cosmopolitica allaproduzione e al consumo di tutti i paesi. Ha toltodi sotto i piedi dell’industria il suo terrenonazionale, con gran rammarico dei reazionari. Leantichissime industrie nazionali sono statedistrutte, e ancora adesso vengono distrutteogni giorno. Vengono soppiantate da industrienuove, la cui introduzione diventa questione divita o di morte per tutte le nazioni civili, daindustrie che non lavorano più soltanto le materie prime del luogo, ma delle zone piùremote, e i cui prodotti non vengono consumati solo dal paese stesso, ma anche in tutte leparti del mondo. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentranobisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e dei climi piùlontani. All’antica autosufficienza e all’antico isolamento locali e nazionali subentra unoscambio universale, una interdipendenza universale fra le nazioni. E come per laproduzione materiale, così per quella intellettuale. I prodotti intellettuali delle singolenazioni divengono bene comune. L’unilateralità e la ristrettezza nazionali divengonosempre più impossibili, e dalle molte letterature nazionali e locali si forma una letteraturamondiale.

Con il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le comunicazioniinfinitamente agevolate, la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni, anche le piùbarbare. I bassi prezzi delle sue merci sono l’artiglieria pesante con la quale spianatutte le muraglie cinesi, con la quale costringe alla capitolazione la più tenacexenofobia dei barbari. Costringe tutte le nazioni ad adottare il sistema di produzione dellaborghesia, se non vogliono andare in rovina, le costringe ad introdurre in casa loro lacosiddetta civiltà, cioè a diventare borghesi. In una parola: essa si crea un mondo a

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I bassi prezzi dele sue merci sono l’artiglieriapesante con la quale spiana tutte le muraglie cinesi

propria immagine e somiglianza.

La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città

La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città. Ha creato città enormi,ha accresciuto su grande scala la cifra della popolazione urbana in confronto di quellarurale, strappando in tal modo una parte notevole della popolazione all’idiotismo dellavita rurale. Come ha reso la campagna dipendente dalla città, la borghesia ha reso i paesibarbari e semibarbari dipendenti da quelli inciviliti, i popoli di contadini da quelli diborghesi, l’Oriente dall’Occidente. […]

Durante il suo dominio di classe appena secolare la borghesia ha creato forze produttive inmassa molto maggiore e più colossali che non avessero mai fatto tutte insieme le altregenerazioni del passato. Il soggiogamento delle forze naturali, le macchine, l’applicazionedella chimica all’industria e all’agricoltura, la navigazione a vapore, le ferrovie, i telegrafielettrici, il dissodamento d’interi continenti, la navigabilità dei fiumi, popolazioni interesorte quasi per incanto dal suolo -quale dei secoli antecedenti immaginava che nel grembodel lavoro sociale stessero sopite tali forze produttive?

Ma abbiamo visto che i mezzi di produzione e di scambio sulla cui base si era venutacostituendo la borghesia erano stati prodotti entro la società feudale. A un certo gradodello sviluppo di quei mezzi di produzione e di scambio, le condizioni nelle quali la

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La società borghese rassomiglia al mago che nonriesce più a dominare le potenza degli inferi da

lui evocate

società feudale produceva e scambiava, l’organizzazione feudale dell’agricoltura e dellamanifattura, in una parola i rapporti feudali della proprietà, non corrisposero più alleforze produttive ormai sviluppate. Essi inceppavano la produzione invece dipromuoverla. Si trasformarono in altrettante catene. Dovevano essere spezzate efurono spezzate. Ad esse subentrò la libera concorrenza con la confacente costituzionesociale e politica, con il dominio economico e politico della classe dei borghesi.

Sotto i nostri occhi si svolge un motoanalogo. I rapporti borghesi di produzione edi scambio, i rapporti borghesi di proprietà,la società borghese moderna che ha creatoper incanto mezzi di produzione e di scambiocosì potenti, rassomiglia al mago che nonriesce più a dominare le potenze degli inferida lui evocate. Sono decenni ormai che lastoria dell’industria e del commercio èsoltanto storia della rivolta delle forzeproduttive moderne contro i rapporti modernidella produzione, cioè contro i rapporti diproprietà che costituiscono le condizioni diesistenza della borghesia e del suo dominio.Basti ricordare le crisi commerciali che colloro periodico ritorno mettono in forsesempre più minacciosamente l’esistenza ditutta la società borghese.

Nelle crisi commerciali viene regolarmentedistrutta non solo una parte dei prodotti ottenuti, ma addirittura gran parte delleforze produttive già create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in tutte leepoche precedenti sarebbe apparsa un assurdo: l’epidemia della sovraproduzione. Lasocietà si trova all’improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; sembrache una carestia, una guerra generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi disussistenza; l’industria, il commercio sembrano distrutti. E perché? Perché la societàpossiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppocommercio. Le forze produttive che sono a sua disposizione non servono più a promuoverela civiltà borghese e i rapporti borghesi di proprietà; anzi, sono divenute troppo potenti perquei rapporti e ne vengono ostacolate, e appena superano questo ostacolo mettono indisordine tutta la società borghese, mettono in pericolo l’esistenza della proprietà borghese.I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere la ricchezza da essistessi prodotta. Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Da un lato, con ladistruzione coatta di una massa di forze produttive; dall’altro, con la conquista dinuovi mercati e con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi?Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la diminuzione dei mezziper prevenire le crisi stesse.

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Il lavoro dei proletari ha perduto ogni ogni attrattiva perl’operaio. Egli diviene un semplice accessorio per la

macchina

A questo momento le armi che son servite alla borghesia per atterrare il feudalesimo sirivolgono contro la borghesia stessa. Ma la borghesia non ha soltanto fabbricato learmi che la porteranno alla morte; ha anche generato gli uomini che impugnerannoquelle armi: gli operai moderni, i proletari.

Nella stessa proporzione in cui si sviluppa la borghesia, cioè il capitale, si sviluppa ilproletariato, la classe degli operai moderni, che vivono solo fintantoché trovano lavoro, eche trovano lavoro solo fintantoché il loro lavoro aumenta il capitale. Questi operai, chesono costretti a vendersi al minuto, sono una merce come ogni altro articolocommerciale, e sono quindi esposti, come le altre merci, a tutte le alterne vicende dellaconcorrenza, a tutte le oscillazioni del mercato.

Con l’estendersi dell’uso dellemacchine e con la divisione dellavoro, il lavoro dei proletari haperduto ogni carattereindipendente e con ciò ogniattrattiva per l’operaio. Egli divieneun semplice accessorio dellamacchina, al quale si richiedesoltanto un’operazione manualesemplicissima, estremamentemonotona e facilissima da imparare.Quindi le spese che causa l’operaiosi limitano quasi esclusivamente aimezzi di sussistenza dei quali egli habisogno per il proprio mantenimentoe per la riproduzione della specie.Ma il prezzo di una merce, quindi anche quello del lavoro, è uguale ai suoi costi diproduzione. Quindi il salario decresce nella stessa proporzione in cui aumenta il tediodel lavoro. Anzi, nella stessa proporzione dell’aumento dell’uso delle macchine e delladivisione del lavoro, aumenta anche la massa del lavoro, sia attraverso l’aumento delleore di lavoro, sia attraverso l’aumento del lavoro che si esige in una data unità ditempo, attraverso l’accresciuta celerità delle macchine, e così via.

L’industria moderna ha trasformato la piccola officina del maestro artigiano patriarcale nellagrande fabbrica del capitalista industriale. Masse di operai addensate nelle fabbrichevengono organizzate militarmente. E vengono poste, come soldati semplicidell’industria, sotto la sorveglianza di una completa gerarchia di sottufficiali e ufficiali.Gli operai non sono soltanto servi della classe dei borghesi, ma vengono asservitigiorno per giorno, ora per ora dalla macchina, dal sorvegliante, e soprattutto dalsingolo borghese fabbricante in persona. Questo dispotismo è tanto più meschino,odioso ed esasperante, quanto più apertamente esso proclama come fine ultimo ilguadagno.

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Ormai ci sono soltanto strumenti di lavoro che costano più omeno a seconda dell’età e del sesso

Quanto meno il lavoro manualeesige abilità ed esplicazione diforza, cioè quanto più si sviluppal’industria moderna, tanto più illavoro degli uomini vienesoppiantato da quello delledonne [e dei fanciulli]. Per laclasse operaia non han più valoresociale le differenze di sesso e dietà. Ormai ci sono soltantostrumenti di lavoro che costanopiù o meno a seconda dell’età edel sesso. Quando losfruttamento dell’operaio da parte del padrone di fabbrica è terminato in quanto all’operaioviene pagato il suo salario in contanti, si gettano su di lui le altre parti della borghesia, ilpadron di casa, il bottegaio, il prestatore su pegno e così via.

Quelli che fino a questo momento erano i piccoli ordini medi, cioè i piccoli industriali, ipiccoli commercianti e coloro che vivevano di piccole rendite, gli artigiani e i contadini,tutte queste classi precipitano nel proletariato, in parte per il fatto che il loro piccolocapitale non è sufficiente per l’esercizio della grande industria e soccombe nellaconcorrenza con i capitalisti più forti, in parte per il fatto che la loro abilità vienesvalutata da nuovi sistemi di produzione. Così il proletariato si recluta in tutte le classidella popolazione.

Il proletariato passa attraverso vari gradi di sviluppo. La sua lotta contro la borghesiacomincia con la sua esistenza. Da principio singoli operai, poi gli operai di una fabbrica,poi gli operai di una branca di lavoro in un dato luogo lottano contro il singolo borghese cheli sfrutta direttamente. Essi non dirigono i loro attacchi soltanto contro i rapportiborghesi di produzione, ma contro gli stessi strumenti di produzione; distruggono lemerci straniere che fan loro concorrenza, fracassano le macchine, danno fuoco allefabbriche, cercano di riconquistarsi la tramontata posizione del lavoratore medievale.

In questo stadio gli operai costituiscono una massa disseminata per tutto il paese edispersa a causa della concorrenza. La solidarietà di maggiori masse operaie non è ancorail risultato della loro propria unione, ma della unione della borghesia, la quale, per ilraggiungimento dei propri fini politici, deve mettere in movimento tutto il proletariato, e peril momento può ancora farlo. Dunque, in questo stadio i proletari combattono non ipropri nemici, ma i nemici dei propri nemici, gli avanzi della monarchia assoluta, iproprietari fondiari, i borghesi non industriali, i piccoli borghesi. Così tutto ilmovimento della storia è concentrato nelle mani della borghesia; ogni vittoria raggiunta inquesto modo è una vittoria della borghesia.

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La sua forza cresce ed esso la sente di più [sciopero del 30 maggio 1906]

Ma il proletariato, con lo sviluppo dell’industria, non solo si moltiplica; vieneaddensato in masse più grandi, la sua forza cresce, ed esso la sente di più. […] Fra tutte leclassi che oggi stanno di contro alla borghesia, il proletariato soltanto è una classe realmenterivoluzionaria. Le altre classi decadono e tramontano con la grande industria; il proletariatoè il suo prodotto più specifico.

Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l’artigiano, il contadino,combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza comeordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari,poiché cercano di far girare all’indietro la ruota della storia. Quando sono rivoluzionari,sono tali in vista del loro imminente passaggio al proletariato, non difendono i loro interessipresenti, ma i loro interessi futuri, e abbandonano il proprio punto di vista, per mettersi daquello del proletariato.

Il sottoproletariato, questa putrefazione passiva degli infimi strati della società, che inseguito a una rivoluzione proletaria viene scagliato qua e là nel movimento, sarà piùdisposto, date tutte le sue condizioni di vita, a lasciarsi comprare per mene reazionarie.

Le condizioni di esistenza della vecchia società sono già annullate nelle condizioni diesistenza del proletariato. Il proletario è senza proprietà; il suo rapporto con moglie efigli non ha più nulla in comune con il rapporto familiare borghese; il lavoroindustriale moderno, il soggiogamento moderno del capitale, identico in Inghilterra e inFrancia, in America e in Germania, lo ha spogliato di ogni carattere nazionale. Leggi,morale, religione sono per lui altrettanti pregiudizi borghesi, dietro i quali si nascondonoaltrettanti interessi borghesi. […]

Delineando le fasi più generali dello sviluppo del proletariato, abbiamo seguito la guerracivile più o meno latente all’interno della società attuale, fino al momento nel quale quellaguerra erompe in aperta rivoluzione e nel quale il proletariato fonda il suo dominioattraverso il violento abbattimento della borghesia. Ogni società si è basata finora, comeabbiam visto, sul contrasto fra classi di oppressori e classi di oppressi. Ma, per poter

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opprimere una classe, le debbono essere assicurate condizioni entro le quali essa possaper lo meno stentare la sua vita di schiava. Il servo della gleba, lavorando nel suo stato diservo della gleba, ha potuto elevarsi a membro del comune, come il cittadino minuto,lavorando sotto il giogo dell’assolutismo feudale, ha potuto elevarsi a borghese. Mal’operaio moderno, invece di elevarsi man mano che l’industria progredisce, scendesempre più al disotto delle condizioni della sua propria classe. L’operaio diventa unpovero, e il pauperismo si sviluppa anche più rapidamente che la popolazione e laricchezza. Da tutto ciò appare manifesto che la borghesia non è in grado di rimanereancora più a lungo la classe dominante della società e di imporre alla società lecondizioni di vita della propria classe come legge regolatrice. Non è capace didominare, perché non è capace di garantire l’esistenza al proprio schiavo neppureentro la sua schiavitù, perché è costretta a lasciarlo sprofondare in una situazione nellaquale, invece di esser da lui nutrita, essa è costretta a nutrirlo. La società non può piùvivere sotto la classe borghese, vale a dire la esistenza della classe borghese non è piùcompatibile con la società.

La condizione più importante per l’esistenza e per il dominio della classe borghese èl’accumularsi della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e la moltiplicazione delcapitale; condizione del capitale è il lavoro salariato. Il lavoro salariato poggiaesclusivamente sulla concorrenza degli operai tra di loro. Il progresso dell’industria, delquale la borghesia è veicolo involontario e passivo, fa subentrare all’isolamento degli operairisultante dalla concorrenza, la loro unione rivoluzionaria, risultante dall’associazione. Conlo sviluppo della grande industria, dunque, vien tolto di sotto ai piedi della borghesia ilterreno stesso sul quale essa produce e si appropria i prodotti. Essa produce anzitutto isuoi seppellitori. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono del pari inevitabili.

Voi ci rimproverate di voler abolire la vostra proprietà: certo questovogliamo

II. Proletari e comunisti […] Voi inorridite perché vogliamo abolire la proprietà privata.Ma nella vostra società attuale la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoimembri; la proprietà privata esiste proprio per il fatto che per nove decimi non esiste.

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Dunque voi ci rimproverate di voler abolire una proprietà che presuppone come condizionenecessaria la privazione della proprietà dell’enorme maggioranza della società.

In una parola, voi ci rimproverate di volere abolire la vostra proprietà.

Certo, questo vogliamo.

Appena il lavoro non può più essere trasformato in capitale, in denaro, in renditafondiaria, insomma in una potenza sociale monopolizzabile, cioè, appena la proprietàpersonale non può più convertirsi in proprietà borghese, voi dichiarate che è abolita lapersona. Dunque confessate che per persona non intendete nient’altro che il borghese,il proprietario borghese. Certo questa persona deve essere abolita.

Il comunismo non toglie a nessuno il potere di appropriarsi prodotti della società,toglie soltanto il potere di assoggettarsi il lavoro altrui mediante tale appropriazione.[…]

Abolizione della famiglia! Anche i più estremisti si riscaldano parlando di questaignominiosa intenzione dei comunisti. Su che cosa si basa la famiglia attuale, la famigliaborghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente sviluppata esistesoltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza di famigliadel proletario e nella prostituzione pubblica. La famiglia del borghese cade naturalmente colcadere di questo suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa del capitale.

Ci rimproverate di voler abolire lo sfruttamento dei figli da parte dei genitori? Confessiamoquesto delitto. Ma voi dite che sostituendo l’educazione sociale a quella familiare noiaboliamo i rapporti più cari. E anche la vostra educazione, non è determinata dallasocietà? Non è determinata dai rapporti sociali entro i quali voi educate, dalla interferenzapiù o meno diretta o indiretta della società mediante la scuola e così via? I comunistinon inventano l’influenza della società sull’educazione, si limitano a cambiare ilcarattere di tale influenza, e strappano l’educazione all’influenza della classedominante.

La fraseologia borghese sulla famiglia e sull’educazione, sull’affettuoso rapporto fragenitori e figli diventa tanto più nauseante, quanto più, per effetto della grande industria, silacerano per il proletario tutti i vincoli familiari, e i figli sono trasformati in semplici articolidi commercio e strumenti di lavoro. Tutta la borghesia ci grida contro in coro: ma voicomunisti volete introdurre la comunanza delle donne. Il borghese vede nella moglie unsemplice strumento di produzione. Sente dire che gli strumenti di produzione devono esseresfruttati in comune e non può naturalmente farsi venire in mente se non che la sorte dellacomunanza colpirà anche le donne. Non sospetta neppure che si tratta proprio di abolirela posizione delle donne come semplici strumenti di produzione.

Del resto non c’è nulla di più ridicolo del moralissimo orrore che i nostri borghesiprovano per la pretesa comunanza ufficiale delle donne fra i comunisti. I comunistinon hanno bisogno d’introdurre la comunanza delle donne; essa è esistita quasisempre. I nostri borghesi, non paghi d’avere a disposizione le mogli e le figlie dei proletari,

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Non c’è nulla di più ridicolo del moralissimo orrore che inostri borghesi provano per la comunanza delle donne tra i

comunisti, in realtà essa è esistita quasi sempre

Gli operai non hanno patria. Non si può togliereloro quello che non hanno

per non parlare neppure dellaprostituzione ufficiale, trovano unodei loro divertimenti principali nelsedursi reciprocamente le loro mogli.

In realtà il matrimonio borghese èla comunanza delle mogli. Tutt’al,più ai comunisti si potrebberimproverare di voler introdurre unacomunanza delle donne ufficiale efranca al posto di una comunanzadelle donne ipocritamentedissimulata. Del resto è ovvio che,con l’abolizione dei rapportiattuali di produzione, scompareanche quella comunanza delledonne che ne deriva, cioè laprostituzione ufficiale e nonufficiale.

Inoltre, si è rimproverato ai comunisti ch’essi vorrebbero abolire la patria, lanazionalità.

Gli operai non hanno patria. Non si puòtogliere loro quello che non hanno. Poichéla prima cosa che il proletario deve fare èdi conquistarsi il dominio politico, dielevarsi a classe nazionale, di costituire sestesso in nazione, è anch’esso ancoranazionale, seppure non certo nel sensodella borghesia. […]

Ma lasciamo stare le obiezioni dellaborghesia contro il comunismo. Abbiamogià visto sopra che il primo passo sullastrada della rivoluzione operaia consiste nel fatto che il proletariato s’eleva a classedominante, cioè nella conquista della democrazia. Il proletariato adoprerà il suo dominiopolitico per strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti glistrumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato organizzato come classedominante, e per moltiplicare al più presto possibile la massa delle forze produttive. […]

Quando le differenze di classe saranno scomparse nel corso dell’evoluzione, e tutta laproduzione sarà concentrata in mano agli individui associati, il pubblico potereperderà il suo carattere politico. In senso proprio, il potere politico è il potere di unaclasse organizzato per opprimerne un’altra. Il proletariato, unendosi di necessità inclasse nella lotta contro la borghesia, facendosi classe dominante attraverso una

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I proletari non hanno da perdervi che leloro catene. Hanno un mondo da

guadagnare

rivoluzione, ed abolendo con la forza, come classedominante, gli antichi rapporti di produzione,abolisce insieme a quei rapporti di produzione lecondizioni di esistenza dell’antagonismo di classe,cioè abolisce le condizioni d’esistenza delle classiin genere, e così anche il suo proprio dominio inquanto classe.

Alla vecchia società borghese con le sue classi e isuoi antagonismi fra le classi subentra unaassociazione in cui il libero sviluppo di ciascuno ècondizione del libero sviluppo di tutti. […]

IV. Posizione dei comunisti di fronte ai diversipartiti d’opposizione. […] i comunisti appoggianodappertutto ogni movimento rivoluzionario direttocontro le situazioni sociali e politiche attuali. Entrotutti questi movimenti essi mettono in rilievo, comeproblema fondamentale del movimento, il problemadella proprietà, qualsiasi forma, più o menosviluppata, esso possa avere assunto.

Infine, i comunisti lavorano dappertutto al collegamento e all’intesa dei partiti democraticidi tutti i paesi. I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni.Dichiarano apertamente che i loro fini possono esser raggiunti soltanto colrovesciamento violento di tutto l’ordinamento sociale finora esistente. Le classidominanti tremino al pensiero d’una rivoluzione comunista. I proletari non hanno daperdervi che le loro catene. Hanno un mondo da guadagnare.

PROLETARI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!

4. Il Capitale

Essi hanno un solo pensiero, e danno la loro forza e il loro potere alla bestia. E chenessuno possa comprare o vendere, se non chi abbia il carattere o il nome della bestia, o il numero del suo nome.

Marx cita l’Apocalisse per spiegare il carattere bestiale del capitale e del denaro

Nel capitale viene posta la perennità del valore […] Ma questa capacità il capitalel’ottiene soltanto succhiando di continuo l’anima del lavoro vivo, come un vampiro.

Grundrisse

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La rappresentazione iconica della criticamarxiana del capitalismo dell’anarchico francese

Emile Henry

A partire dal 1850, Marxconcentra la sua attivitàteorica sull’economia politicae sulle strutture difunzionamento dell’economiacapitalistica. Questo lavoroiniziato con i Manoscritti eproseguito con la dura critica alsocialismo piccolo-borghese diProudhon e al suo Filosofia dellamiseria (Miseria della filosofia,1847), culmina con la stesura del Capitale, rimastoincompiuto, il cui primo libro esce nel 1867.

L’analisi del Capitale prende avvio dalla merce, la formaelementare della società borghese che ne racchiudemolecolarmente in sé l’essenza e le contraddizioni.

Il carattere essenziale della merce è la sua duplicità: ognisingola merce è infatti, contemporaneamente, mezzoper soddisfare un bisogno e oggetto che vienescambiato sul mercato; ha un’esistenza naturale eun’esistenza sociale, un valore d’uso e un valore discambio.

Il valore di scambio prescinde dalle caratteristichequalitative della merce e dalla sua utilità ed è relativo soloal valore proporzionale della stessa merce rispettoalle altre. Il denaro, quale equivalente universale, ne è ilmediatore perfetto, esso infatti non è altro che

«la forma in cui tutte le merci sieguagliano, si paragonano, si misurano».

Ma da dove viene il valore di scambio?Marx osserva che il riferimento alvalore di una merce presuppone ilriferimento a una terza entità: illavoro umano in essa oggettivato.

Se si prescinde dal valore d’uso (l’effettivitàutilità delle cose) resta alle merci solo ilfatto di essere state realizzate con lavoroumano. Il valore di scambio di unamerce è dunque dato dal lavoronecessario a produrlo, intendendo per

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“lavoro” non soltanto l’opera del singolo lavoratore,ma la durata del lavoro sociale erogato per produrre lageneralità delle merci scambiate.

Questo aspetto è però occultato e le merci appaionocome cose che hanno in se stesse il loro valore,restando nascosti i processi e i rapporti realidi valorizzazione. Si tratta del feticismo dellamerce, quel fenomeno di rovesciamento per cuile cose dominano sull’uomo, attraverso

«la personificazione della cosa e la reificazione dellapersona».

Valorizzazione significa che le merci prodotte hannoun valore di scambio maggiore del valore dei mezzi diproduzione (capitale+lavoro). E’ qui (nella sfera della produzione, non della circolazionedelle merci) che Marx individua la creazione del plusvalore, consistente nella partedel valore di scambio delle merci non corrisposto al lavoratore.

Poiché nel sistema capitalistico anche il lavoro è una merce, la forza lavorovenduta dal lavoratore ha un valore d’uso e uno di scambio: il capitalistacompra questa merce al suo valore di scambio – che tende a identificarsi con ilcosto dei beni di pura sussistenza del lavoratore e della sua famiglia – e la consumaper il suo valore d’uso che permette di produrre merci di valore superiore alsalario.

La forza lavoro viene quindi applicata per un tempo superiore (pluslavoro) a quellonecessario per pagare il salario del lavoratore, generando un plusvalore che vieneappropriato dal proprietario dei mezzi di produzione.

Il capitale non ha inventato il plusvalore, osserva Marx, ma ha fondato unsistema basato sulla sua estrazione sistematica e sulla sua separazione deimezzi di produzione dall’attività del lavoratore.

Questa forma di dominio presuppone precise condizioni non puramenteeconomiche, ma insieme sociali e giuridiche, quali la separazione dei mezzi diproduzione (terra e strumenti) dal lavoro (operaio) e la necessità dunque di vendere sulmercato la propria forza lavoro ad una condizione di parità formale (nella societàcapitalistica è abolita la schiavitù e il lavoro è formalmente libero).

Proprio quando la maturazione delle forze produttive porta a dissoluzione le condizionioperanti nei modi di produzione antichi, ha inizio la cosiddetta accumulazioneoriginaria, erroneamente collocata dagli economisti borghesi nel risparmio e natainvece

«dalla conquista, dal soggiogamento, dalla rapina, in breve dalla violenza»,

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ovvero dalla costituzione di un rapporto sociale basato suldominio di una classe sull’altra, chiamato capitale.

Marx individua alcune tendenze fondamentali del sistemacapitalistico: la caduta tendenziale del saggio di profittoe la natura strutturale delle crisi. Il primo è la tendenza delprofitto a diminuire sulla base del conflitto di classe edella concorrenza intercapitalistica, la seconda legataall’eccesso di produzione delle merci rispetto allecapacità di consumo.

Marx si è sempre rifiutato di «prescrivere ricette per le osteriedell’avvenire», cioè di teorizzare le caratteristiche economiche e giuridiche della futurasocietà comunista, ma nella Critica del programma di Gotha ha espresso l’idea che latransizione dalla società borghese richiedesse un periodo caratterizzato sotto il profilopolitico dalla dittatura del proletariato (il debole controllo politico era stata infattiper Marx la causa della sconfitta della Comune di Parigi) e, sotto quello economico,dalla proprietà collettiva dei mezzi di produzione.

In quanto prodotto dell’opposizione alla società borghese, essa conservavaalcune delle sue caratteristiche negative, in primo luogo il diritto uguale nelladistribuzione che fatalmente riproduce lediseguaglianze di attitudini e capacità tragli individui. Questo «angustoorizzonte giuridico borghese» potràessere superato solo in una secondafase, quando gli individui non saranno piùasserviti e avranno potuto realizzarsiintegralmente, accrescendo insieme le forzeproduttive sociali. Solo allora il motto diquesta società sarà

«Ognuno secondo le sue capacità, adognuno secondo i suoi bisogni».

L’orizzonte entro il quale Marx pensa la società del futuro rimane, in tutto l’arco del suopensiero, quello della realizzazione della libertà, intesa come sviluppo di tutte le facoltàumane.

Nel video seguente, la lettura del feticismo delle merci di UmbertoGalimberti [da 8:29].

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Watch Video At: https://youtu.be/B2FE8C4IQRk

5. La morte e il lascito marxiano

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Highate, La tomba di Marx

Il 14 marzo 1883, a poco più di un anno da quella di Jenny e a due mesi dalla figlia KarlMarx muore, fiaccato dalla perdita degli affetti più cari. Si è addormentato nella suapoltrona, alle due del pomeriggio, dopo aver parlato con Friedrich e Lenchen (HelèneDemuth).

Il suo funerale si tenne il 17 marzo 1883 davanti a sole undici persone, tra le quali la figliaLaura detta Tussi, la governante Helène Demuth, un sarto e un falegname compagni dilotta del 1848, i due generi Charles Longuet e Paul Lafargue, Wilhelm Liebknecht, padredi Karl, fondatore e leader del partito socialdemocratico tedesco e lo stesso Engels chepronuncia l’orazione funebre.

Marx è seppellito nella sezione riservata agli indigenti del cimitero di Highgate,accanto alla moglie Jenny von Vestphalen. Il pesante monumento funebre che oggi loricorda è stato eretto solo nel 1952, reca incisa la chiusa del Manifesto

Proletari di tutto il mondo unitevi!

e l’undicesima tesi su Feuerbach:

The philosophers have only interpreted the world in various ways. The point, however, is tochange it I filosofi hanno soltanto interpretato in modo diverso il mondo, ora è tempo di cambiarlo.

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Esercitazioni

1. Illustra il ruolo della critica nel giovane Marx.

2. Illustra la critica di Marx alla proposta di legge sui furti della legna, spiegando perchési tratta della prima demistificazione della filosofia hegeliana.

3. Illustra l’analisi di stampo hegeliano con cui Marx dimostra l’alienazione del lavorosalariato dal punto di vista esistenziale, economico e della relazione sociale.

4. Illustra i concetti di borghesia e proletariato, indicando quali sono i loro rapportinell’epoca moderna e quale ruolo storico ha avuto la borghesia in se stessa.

5. Illustra la concezione materialista della storia, evidenziando il rapporto stabilito daMarx tra coscienza e condizione materiale.

6. Illustra il concetto marxiano di ideologia, spiegando perché è funzionale ai rapporti didominio.

7. Illustra la critica al feticismo delle merci sviluppata da Marx nel primo libro delCapitale.

8. Illustra i concetti di plusvalore e di caduta tendenziale del saggio di profitto.

Sul Manifesto

1. Spiega perché, per Marx, la borghesia ha avuto un ruolo rivoluzionario nella fondazionedell’epoca moderna e in cosa è consistita la sua azione.

2. Benché la storia universale sia vista da Marx come storia di lotte di classe, la borghesiae la modernità evidenziano una loro specificità. Indica in cosa si distinguono, portandoqualcuno degli esempio formulati da Marx.

3. Nel Manifesto, Marx fornisce una precisa definizione delle “crisi” che ciclicamentescuotono l’economia capitalistica e delle soluzioni con le quali la borghesia le affronta.Illustra il problema, specificando quale esito producono le strategie capitalistiche diuscita dalle crisi economiche.

4. Illustra sinteticamente la condizione del proletariato tratteggiata da Marx nelManifesto.

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5. Spiega perché Marx sostiene nelle conclusioni del Manifesto che «l’esistenza dellaborghesia non è più compatibile con la società».