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Introduzione 3
Cap. 1 Le onde gravitazionali
1.1 Le onde gravitazionali 5
1.2 Teoria e principio di rivelazione delle onde gravitazionali 6
1.3 Sorgenti di onde gravitazionali 7
1.3.1 Sorgenti impulsive 7
1.3.2 Sorgenti periodiche 8
1.3.3 Sorgenti stocastiche 9
1.4 Funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante:
il rivelatore A.U.R.I.G.A. (Antenna Ultracriogenica Risonante
per l’indagine Gravitazionale Astronomica) 9
Cap. 2 Criteri di progettazione delle nuove sospensioni meccaniche di
AURIGA
2.1 Il rivelatore AURIGA: descrizione dell’apparato 13
2.2 Sorgenti di rumore in un rivelatore a barra risonante 17
2.3 Le proprietà delle nuove sospensioni meccaniche 18
2.4 Schema del nuovo sistema di sospensioni meccaniche criogeniche 20
2.4.1 Principi costruttivi delle nuove sospensioni 20
2.5 Attenuazione meccanica: isolamento delle vibrazioni 23
2.5.1 Funzione di trasferimento di spostamento 23
2.5.2 Sistemi a N stadi 29
2.6 Progettazione e simulazioni: caratteristiche del software 29
2.6.1 Introduzione 29
2.6.2 Il meshing: il procedimento di discretizzazione automatico 29
2.7 Il creep nei materiali metallici 34
2.8 Le proprietà meccaniche dell’Ergal in funzione della temperatura 37
Cap. 3 I componenti del nuovo sistema di sospensioni meccaniche
3.1 Il telaio 39
3.1.1 Proprietà e requisiti richiesti 39
3.1.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 40
3.1.3 Risultati delle simulazioni 40
3.2 Le molle in Ti 42
2
3.2.1 Proprietà e requisiti richiesti 42
3.2.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 43
3.2.3 Risultati della simulazione 44
3.3 La culla 45
3.3.1 Proprietà e requisiti richiesti 45
3.3.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 46
3.3.3 Risultati della simulazione modale 48
3.3.4 Risultati delle simulazioni del sistema “telaio – molle in Ti – culla” 48
3.4 Le colonne di molle e masse 54
3.4.1 Proprietà e requisiti richiesti 54
3.4.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 57
3.4.3 Risultati delle simulazioni e dati sperimentali 61
3.4.4 Misure sperimentali di una colonna di molle 67
3.5 I traversi a T 69
3.5.1 Proprietà e requisiti richiesti 69
3.5.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 70
3.5.3 Risultati delle simulazioni modali 70
3.6 Le molle D 71
3.6.1 Proprietà e requisiti richiesti 71
3.6.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 72
3.6.3 Risultati delle simulazioni 73
3.7 Il gommone 74
3.7.1 Proprietà e requisiti richiesti 74
3.7.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 75
3.7.3 Risultati delle simulazioni 76
3.8 Il sistema “traversi a T – molle D – gommone” 78
3.9 Il cavo di sostegno 81
3.9.1 Proprietà e requisiti richiesti 81
3.9.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 82
3.9.3 Risultati delle simulazioni 83
3.10 La barra risonante 86
3.10.1 Proprietà 86
3.11 Analisi modale del sistema di attenuazione meccanica 89
Conclusioni 93
Bibliografia 95
Appendice 13
Ringraziamenti 101
3
Introduzione
Presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (Padova) dell’Istituto Nazionale di Fisica è installato il rivelatore
per onde gravitazionali AURIGA, che ad oggi rappresenta l’ultima evoluzione dei rivelatori a barra
risonante.
Alla fine del 1999 una rottura in una linea interna di pompaggio del rivelatore lo rese inutilizzabile. Fu
quindi necessario smontarlo ed in quell’occasione si decise di ridisegnare l’intero sistema di sospensioni
meccaniche che, nonostante fornisse 215 dB di attenuazione meccanica a 1kHz, non si rivelò mai
particolarmente performante per svariati motivi.
Con questo lavoro si è progettato un nuovo sistema di attenuazione meccanica affrontando tutti quegli aspetti
che riducevano la sensibilità e il duty cycle del rivelatore.
Le nuove sospensioni sono state ideate seguendo una diversa filosofia costruttiva e migliorando sia il grado
di attenuazione meccanica, sia riducendo le fonti di rumore interne al criostato. Si è conservato solamente il
contenitore dell’elio e la barra risonante, alla quale verrà accoppiata la nuova catena di trasduzione, grazie
alla quale il rivelatore sarà 100 volte più sensibile del precedente ad un segnale gravitazionale.
L’intera progettazione è stata sviluppata utilizzando Pro/MECHANICA della PTC, un software di calcolo ad
elementi finiti che si è rivelato, grazie alla verifica mediante misure sperimentali e a precedenti esperienze,
affidabile.
Nella prima parte della tesi si espone il campo scientifico in cui opera un rivelatore di onde gravitazionali e
gli aspetti teorici della loro indagine.
Nella seconda parte si illustrano le caratteristiche tecniche del rivelatore, i suoi limiti di funzionamento, le
proprietà delle nuove sospensioni meccaniche, i criteri di progettazione adottati nonchè i requisiti dei
materiali impiegati.
Nella terza parte si descrivono i componenti costituenti le sospensioni, il cui ordine di esposizione
rappresenta il percorso che seguirebbe un ipotetico rumore meccanico, dall’esterno sino ad eccitare la barra.
4
5
CAPITOLO 1 LE ONDE GRAVITAZIONALI
1.1 Le onde gravitazionali
L’esistenza delle onde gravitazionali fu prevista da Einstein [1] nella trattazione della teoria della Relatività
Generale (1917). Tramite di esse si può descrivere la propagazione delle variazioni dei campi gravitazionali
spiegando molte questioni relative all’azione a distanza esercitata fra oggetti materiali diversi.
La loro esistenza è stata dimostrata, in maniera indiretta, da J. Taylor [2] attraverso l’osservazione della
perdita di energia di un sistema binario composto da una pulsar ruotante intorno ad una gemella non
osservabile (1992).
La misura diretta delle onde gravitazionali sarà un’importante conferma della teoria della relatività generale.
L’osservazione delle onde gravitazionali consentirà di avere benefici in svariati campi: in particolar modo
nel campo dell’astrofisica la loro rivelazione aprirà una vera e propria nuova “finestra” nell’universo.
Le sorgenti più probabili di onde gravitazionali sono infatti corpi celesti la cui dinamica non è ben nota o
addirittura di cui non ne è stata provata l’esistenza a causa della bassa, o in certi casi nulla, emissione di
energia nelle forme fino ad oggi rilevabili (in particolare onde elettromagnetiche).
La difficoltà della rilevazione delle onde gravitazionali risiede nella loro debolissima interazione con la
materia. Per tale motivo, la verifica sperimentale dell’esistenza di onde gravitazionali si è indirizzata verso la
rivelazione di eventi astrofisici catastrofici, dove un’enorme quantità di energia viene emessa sotto forma di
onde gravitazionali.
Il primo tentativo di rivelazione delle onde gravitazionali fu fatto da J. Weber nei primi anni’60 tramite un
rivelatore a barra risonante. Tale rivelatore è essenzialmente un cilindro solido elastico di massa pari a circa
una tonnellata: l’onda gravitazionale, sollecitando la barra, eccita il suo modo fondamentale che tipicamente
è intorno a 1 kHz. Una volta isolata la barra dalle sorgenti di rumore, l’oscillazione dovuta all’onda
gravitazionale può essere misurata tramite trasduttori elettromagnetici molto sensibili. La principale
limitazione delle antenne a barra risonante è costituita dalla limitata ampiezza in frequenza della loro
sensibilità attorno alla loro frequenza di risonanza principale. Attualmente sono in funzione diverse antenne
a barra (di Seconda Generazione) in varie località del mondo: ALLEGRO in Lousiana, AURIGA a Legnaro,
EXPLORER al CERN di Ginevra, NAUTILUS a Roma, NIOBE a Perth. La loro sensibilità è sufficiente a
rivelare onde gravitazionali provenienti solo da esplosioni di supernovae nella nostra galassia e tali eventi
sono piuttosto rari nei secoli.
6
Per i rilevatori in fase di realizzazione (interferometri come LIGO in USA, VIRGO in Cascina (Italia),
TAMA300 in Giappone e GE600 in Germania) o di progettazione (L.I.S.A. experiment) che entreranno in
funzione in un prossimo futuro, si parla di Terza Generazione.
1.2 Teoria e principio di rivelazione delle onde gravitazionali
Le onde gravitazionali, come predetto dalla teoria della gravitazione di Eistein, sono onde trasverse di
deformazione dello spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce, il cui effetto, su un insieme di
particelle libere, è la modifica delle loro posizioni relative. Infatti un’onda gravitazionale incidente su di una
particella di massa m, imprime una accelerazione alla particella stessa nel piano ortogonale alla direzione di
propagazione dell’onda. In particolar modo se Li con i = 1,2,3 è il vettore posizione di una particella rispetto
a un’altra arbitraria particella assunta come centro di un sistema di riferimento, allora un’onda gravitazionale
è descritta da una matrice 3 x 3, i cui termini hij (t, x), sono adimensionali. L’effetto dell’ampiezza dell’onda
gravitazionale è la modifica del vettore posizione di una quantità pari a:
jj
iji LhL ∑=
=∆3
1 21
(1
con una frequenza pari a quella dell’onda stessa.
Consideriamo allora una serie di masse libere disposte ad anello nel piano XY e un’onda gravitazionale
incidente che si propaga in direzione Z. L’effetto dell’onda gravitazionale è la modifica delle posizioni
relative nel modo descritto in fig.1.
La radiazione gravitazionale è generata dal moto di distribuzioni di massa a simmetria non sferica.
L’ampiezza h dell’onda gravitazionale emessa da una sorgente materiale localizzata in forma approssimata è
data da:
fig.1 Effetto nel tempo di un’onda gravitazionale su un insieme di masse libere disposte ad
anello sul piano XY ortogonale alla direzione dell’onda.
7
4NSG E
hc r
⋅⋅
: (2
dove G è la costante di Newton, c la velocità della luce, r la distanza dalla sorgente e ENS è una funzione
lineare della terza derivata del momento quadrupolare (Dij).
Un’antenna ideale consiste quindi in due masse elementari separate fra loro, e in un dispositivo per misurare
una piccola, temporanea variazione della loro distanza.
Per dare un’idea dell’ampiezza di h si può calcolare che un cilindro di 500 tonnellate, lungo 20 m e ruotante
intorno ad un proprio asse trasversale a 5280 giri/min., emette una potenza pari a 292 10−⋅ W che a 1 m di
distanza risulta in un’ampiezza di h circa 331.1 10−⋅ . Con tale ampiezza di h si ha, su una barra di 2 m di
lunghezza, una deformazione di 10-33 m.
1.3 Sorgenti di onde gravitazionali
Data l’esiguità delle deformazioni prima calcolate non è possibile generare sorgenti di onde gravitazionali in
laboratorio, e le uniche rivelabili sono unicamente di origine cosmica. Le sorgenti di onde gravitazionali
possono essere classificate in sorgenti impulsive (come l’esplosione di supernovae), sorgenti periodiche (ad
es. le pulsars) e le sorgenti stocastiche (la radiazione gravitazionale di fondo). Gli eventi nella nostra galassia
sono piuttosto rari (solo qualche supernova per secolo), ma il loro numero e quindi la probabilità di rilevarli
aumenta notevolmente osservando l’ammasso galattico più vicino formato da molte centinaia di galassie e
ad una distanza dalla nostra di circa 20 Mpc (60 milioni di anni luce).
1.3.1 Sorgenti impulsive
Supernovae. Le sorgenti impulsive più facilmente rilevabili sono le supernovae, ovvero la fase finale
esplosiva delle stelle di grande massa caratterizzata da una forte emissione di onde elettromagnetiche e di
neutroni. Vengono emesse onde gravitazionali rilevabili in misura tanto maggiore quanto più è assimmetrico
il collasso, cioè se una sufficiente quantità di energia viene trasformata in onde gravitazionali. Nella nostra
galassia, statisticamente, si ha una supernova ogni 40 anni la cui radiazione visibile può essere mascherata
dalla polvere cosmica (l’ultima visibile fu osservata da Galileo Galilei intorno al 1612). L’ultima supernova
vicina è stata osservata nel 1987 e si trovava nella nube di Magellano. Non è possibile valutare con
precisione l’ampiezza delle onde gravitazionali emesse in quanto questa dipende da parametri poco noti:
assume particolare rilevanza il grado di non sfericità del collasso. E’ possibile stimare l’ampiezza
adimensionale h dell’onda gravitazionale tramite la formula:
8
1 12 2
20 1 102.7 10 NSE kHz Mpc
hM f r
−
∗
⋅ ⋅ ⋅ ⋅
: (3
dove con ∗M si indica la massa del sole. Per sorgenti tipiche nell’ammasso della vergine si prevedono onde
con i seguenti parametri:
h compreso fra 213 10−⋅ e 222 10−⋅ ;
frequenza compresa fra 10 Hz e 10 kHz;
durata del burst: 10τ : msec;
numero eventi: : 100/anno.
Binarie coalescenti. I sistemi binari coalescenti sono sistemi costituiti da due corpi celesti (stelle, pulsar e
buchi neri) in rapida rotazione l’uno all’altro con un moto a spirale che evolve fino alla collisione vera e
propria. Il segnale gravitazionale aspettato da questi eventi è un burst con frequenza e ampiezza crescenti
detto chirp.
Per sorgenti tipiche non più distanti di 50 Mpc da noi si prevedono onde con i seguenti parametri:
h compreso fra 10-21 e 10-22;
frequenza tipica variabile a partire da 10 Hz e crescente fino a 1 kHz per le stelle di neutroni e 10 kHz per i
buchi neri;
durata del chirp: 8τ : sec;
numero eventi: : 3/anno.
1.3.2 Sorgenti periodiche
Le sorgenti periodiche sono le sorgenti rivelabili con maggiore certezza. Infatti, pur emettendo in generale
onde gravitazionali di ampiezza minore rispetto alle sorgenti impulsive, consentono una analisi integrata su
intervalli di tempo assai lunghi.Le principali sorgenti periodiche sono le pulsar. Questi corpi celesti sono
stelle di neutroni in rapida rotazione, caratterizzate dalla presenza di un campo magnetico asimmetrico
rispetto all’asse di rotazione e dalla emissione di onde radio (non emettono luce). Le onde gravitazionali
emesse da pulsar sono segnali periodici con frequenza compresa tra qualche decimo di hertz sino ad oltre
1kHz.
9
1.3.3 Sorgenti stocastiche
Oltre ai due tipi di sorgenti descritti è interessante ricordare la presenza di un terzo tipo di sorgenti, dette
stocastiche, dovute essenzialmente al “rumore di fondo” proprio di sorgenti non coerenti distribuite. In
questo rumore di fondo dovrebbe essere possibile trovare la radiazione gravitazionale fossile dovuta al big
bang.
1.4 Funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante: il rilevatore
A.U.R.I.G.A. (Antenna Ultracriogenica Risonante per l’Indagine
Gravitazionale Astronomica)
Data la natura delle onde gravitazionali la scelta di come costruire un’antenna è quasi obbligata: occorre
impiegare un corpo con una grande massa, affinchè interagisca il più possibile con l’onda, che sia disposta in
maniera tale da avere un momento di quadripolo (per esempio una barra cilindrica).
Per migliorare la risposta all’onda si farà sì che tale antenna abbia una risonanza meccanica alla frequenza a
cui si cerca di rilevare la radiazione gravitazionale (generalmente intorno a 1 kHz). E’ necessario dotare
l’antenna di un dispositivo, detto trasduttore elettromeccanico, che converta le vibrazioni in segnali elettrici.
L’antenna gravitazionale quando assorbe anche una modesta energia della radiazione entra in vibrazione e fa
vibrare insieme ad essa il trasduttore: il segnale elettrico prelevato da questo viene amplificato e misurato
periodicamente alla ricerca di una brusca variazione, che indichi la presenza di una eccitazione impulsiva
dell’antenna.
Title:\\Aurigapc20\PUBLIC\tesicicci\schema antenna.eps Creator:AutoCAD PSOUTPreview:This EPS picture was not savedwith a preview included in it.Comment:This EPS picture will print to aPostScript printer, but not toother types of printers.
fig.2 Schema a blocchi del funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante
10
La sensibilità di un antenna è limitata dalla presenza del rumore, cioè di segnali spuri di origine sia esterna
che interna all’antenna stessa. L’antenna deve essere libera di vibrare se eccitata da un’onda, ma deve essere
immune da disturbi meccanici ed acustici esterni (si vuole misurare spostamenti dell’antenna, dovuti a onde
gravitazionali, dell’ordine di 10-20 m). A tale proposito essa viene sospesa in vuoto mediante sistemi di filtri
meccanici che devono isolarla dal rumore esterno, ed essi stessi non devono essere fonte di possibili disturbi.
Il materiale costituente l’antenna deve essere scelto tale che la risonanza utilizzata abbia un tempo di
decadimento il più lungo possibile, e quindi si dovrà adottare un materiale con un alto valore del fattore di
merito meccanico al fine di avere una adeguata amplificazione del segnale.
Oltre ai rumori di origine “esterna”, l’antenna è soggetta anche ad un rumore di origine “interna” o di fondo,
dovuto al moto Browniano degl’atomi che la costituiscono. Per poter distinguere la vibrazione indotta
dall’onda gravitazionale è bene ridurre l’agitazione termica degl’atomi e ciò è possibile solo riducendo la
temperatura: se l’ampiezza di tali oscillazioni in un cilindro del peso di due tonnellate è di 10-16 m a
temperatura ambiente, dalla equazione:
2 20
1 1
2 2 okT mx ω= (4
dove con m si indica la massa efficace pari a metà massa del cilindro, con 0x l’ampiezza di oscillazione del
modo longitudinale, con 0ω la frequenza del modo longitudinale e T la temperatura, si ricava che essa
scende a 10-18 m alla temperatura di 0.03 K.
11
Fig.3 Il rilevatore AURIGA nel 1997
Considerando la natura quadrupolare della radiazione gravitazionale il massimo assorbimento di energia si
avrà per i modi che presentano una rilevante variazione di momento di quadrupolo.
Il “core” di AURIGA è costituito da un corpo cilindrico di Al 5056 della lunghezza di circa 3000 mm e un
diametro di circa 600 mm avente una massa di circa 2300 kg. Il modo maggiormente eccitato è il primo
modo longitudinale di vibrazione la cui frequenza si attesta intorno ai 920 Hz (alla temperatura di
funzionamento pari a 0.1 K).
Un eventuale segnale gravitazionale con una componente non nulla alla frequenza di 920 Hz dovrebbe
perciò eccitare il cilindro longitudinalmente.
In questo caso, l’energia s∆Ε assorbita dal rilevatore è una frazione Σ (sezione d’urto del rilevatore) della
componente del flusso di onde gravitazionale valutato alla frequenza del modo longitudinale
( )( )s f ω∆Ε = Σ . Per un rilevatore cilindrico perfettamente orientato (ovvero la direzione dell’onda
gravitazionale colpisce il cilindro con un angolo di 90 gradi rispetto al suo asse longitudinale):
25
8s
GM
cν
π⋅
Σ = ⋅ ⋅⋅
(5
12
dove M è la massa della barra e sν la velocità del suono del materiale cui è costituito il risuonatore. Dalla
eq.(5) risulta che per massimizzare l’energia assorbita si deve scegliere un materiale che renda massimo il
prodotto sM ν⋅ . Nel caso di AURIGA si è scelto una particolare lega di Alluminio (Al 5056) che
rappresenta un buon compromesso tra alta velocità del suono, basse dissipazioni meccaniche e facile
reperibilità a costo ragionevole. La sezione d’urto così ottenuta risulta di:
254.3 10AURIGA−Σ ⋅; m2 Hz (6
Nonostante la rilevante massa (2300 kg) e la velocità del suono (≈ 5400 m/sec) la sezione d’urto risulta
piccola e l’energia assorbita risulta estremamente modesta ( 2610s−∆Ε ; J). Affinchè sia rilevabile l’energia
di un onda gravitazionale captata dalla barra dell’antenna è opportuno minimizzare tutte le fonti di rumore
che agiscono sul rivelatore.
Due sono le sorgenti di rumore che non si possono eliminare: il rumore termico di fluttuazione della
lunghezza del risuonatore e il rumore dell’amplificatore utilizzato per rilevare il segnale dopo la fase di
trasduzione meccanica.
L’energia minima rilevabile ( n∆Ε ) dipende perciò solamente da queste due sorgenti di rumore e si può
esprimere con buona approsimazione con la formula:
2bn b n
k Tk T
Qβ∆Ε +; (7
dove T è la temperatura termodinamica della barra, bk è la costante di Boltzmann, β è la frazione di energia
che il trasduttore converte in segnale elettrico, Q è il fattore di merito meccanico della barra e nT è il rumore
espresso in gradi K dell’amplificatore (SQUID) usato a valle del trasduttore.
Da questa relazione si deduce che per massimizzare la sensibilità si deve minimizzare la n∆Ε quindi,
ridurre il più possibile la temperatura della barra e utilizzare per la stessa materiali con alti fattori di merito
meccanici.
Nel caso di AURIGA il primo obbiettivo lo si raggiunge con un refrigeratore a diluizione di elio, il secondo
adottando per la barra un materiale in lega d’alluminio (Al 5056) ricco in magnesio che ha un buon rapporto
costo/fattore di merito meccanico Q pari a circa 64 10⋅ (alla temperatura di 0.1 K). Per quanto riguarda il
fattore β , alcune limitazioni pratiche hanno fatto sì che per AURIGA (come per gli altri rivelatori operanti)
β sia dell’ordine di 310− .
13
CAPITOLO 2 CRITERI DI PROGETTAZIONE DELLE NUOVE
SOSPENSIONI MECCANICHE DI AURIGA
2.1 Il rivelatore AURIGA: descrizione dell’apparato
Uno dei maggiori problemi per i rivelatori acusticiti a barra
risonante di onde gravitazionali risulta essere una efficace
isolazione dai disturbi esterni del cilindro che costituisce il
rivelatore. In particolare devono risultare ben isolati quei
modi normali che vengono eccitati dall’iterazione con le
onde gravitazionali (modi quadrupolari, ovvero nel caso
della barra i modi longitudinali dispari).
Le sospensioni per un’antenna risonante devono soddisfare
due requisiti essenziali:
Disaccoppiare il modo fondamentale
dell’antenna dalla sorgente di rumore meccanico;
Salvaguardare l’alto fattore di qualità meccanico dell’antenna.
Le antenne risonanti come AURIGA sono in grado di rilevare vibrazioni della faccia dell’antenna con
ampiezze dell'’ordine 10-20 m. Una insufficiente isolazione si manifesta come un accesso di energia nel
modo fondamentale sopra a quella corrispondente alla temperatura termodinamica dell’antenna. Questo
degrada la sensibilità dell’antenna determinando un aumento del segnale minimo rivelabile dall’antenna. Da
qui la necessità di attenuare i rumori esterni in modo che le vibrazioni da essi causate, e trasmesse al cilindro
attraverso i contatti meccanici, siano di ampiezza minore delle fluttuazioni termiche dell’antenna stessa.
Le maggiori cause di disturbo, provenienti dall’esterno del criostato sono i rumori acustici dell’ambiente
circostante, e il rumore sismico; all’interno del criostato le possibili sorgenti di rumore sono costituite dal
rumore acustico causato dall’agitazione dei liquidi criogenici, dal refrigeratore, nonchè dalle emissioni
acustiche dei cavi sottoposti a tensione rappresentabili come eventi spuri.
Fig.4 Particolare degli schermi in
rame in cascata.
14
Per l’antenna AURIGA l’esigenza di isolare termicamente e meccanicamente il cilindro risonante è stata
soddisfatta attraverso un sistema di schermi termici, che sospesi tramite cavi in titanio l’uno all’altro,
costituiscono anche un sistema di filtri meccanici in cascata.
Come si può vedere nelle figure 5 e 6 si può dividere l’intero sistema in due parti distinte: la camera
sperimentale (in rosso) ove si trova il cilindro risonante e la camera esterna o di
isolamento. Due linee di pompaggio distinte portano la pressione interna di entrambe le camere sull’ordine
di 10-7 mbar.
Per raffreddare il rivelatore alla temperatura di 0.1 K vengono usati d’apprima liquidi criogenici (azoto ed
elio liquido) contenuti in un apposito contenitore (o dewar ) avente una capacità di 2000 lt e che costituisce
anche la parete di separazione tra camera sperimentale e camera d’isolamento; successivamente viene
attivato un refrigeratore a miscela di 4He e 3He che raffredda la barra sino alla temperatura di 0.1 K con una
potenza di 1 mW.
Fig.5 Sezione longitudinale del rivelatore AURIGA
15
Per limitare le perdite di calore per irraggiamento, il contenitore per l’elio liquido viene circondato da due
schermi termici di radiazione in alluminio, ricoperti a loro volta da più strati di superisolazione di mylar
alluminato. Tali schermi termici vengono raffreddati a temperature intermedie tra quella esterna e quella del
dewar dal passaggio del gas freddo evaporato dal bagno dell’elio, che fluisce verso l’esterno attraverso
scambiatori di calore.
All’interno della camera sperimentale si trova il cilindro risonante, circondato da una serie di tre schermi di
radiazione realizzati in rame OFHC. Tali schermi vengono raffreddati a temperature intermedie fra quelle
dell’elio liquido e dell’antenna mediante un contatto termico con i vari stadi del refrigeratore che si trovano a
temperature successivamente minori.
Il raffreddamento dell’antenna avviene per contatto termico con lo stadio più freddo del refrigeratore (dito
freddo). Per questa ragione ogni schermo termico ha un foro nella parte superiore, per permettere il
passaggio del sistema criogenico. Un soffietto molto morbido, avente funzione di filtro passabasso con
frequenza di taglio dell’ordine dell’Hz, circonda il refrigeratore per tenere separati i vuoti della camera
sperimentale e della camera d’isolamento.
Per comodità di montaggio ogni schermo è composto da tre parti ben distinte: una parte centrale (detto
anello), e da due parti laterali (detti cappellotti). Ogni stadio è individuato dalla temperatura che raggiunge
durante il funzionamento a regime del rivelatore.
Fig.6 Sezione trasversale del rivelatore AURIGA
16
Ogni schermo termico è sorretto dal precedente tramite quattro cavi in
titanio (di diametro variabile tra 10 e 5 mm), per ridurre le perdite
termiche per conduzione. In tal modo ogni schermo termico e i rispettivi
cavi di sospensione costituiscono uno stadio di attenuazione meccanica.
Infatti, un cavo con appeso un corpo di data massa costituisce l’esempio
più semplice, e più facilmente adattabile a funzionare anche a basse
temperature, di filtro meccanico.
La funzione di trasferimento totale di più filtri in cascata è data dal
prodotto delle funzioni di trasferimento dei singoli filtri; in tal modo, è
possibile realizzare l’attenuazione desiderata in un dato intervallo di
frequenze ponendo più filtri in cascata (fig.7).
L’intervallo di frequenze prossime alla frequenza fondamentale
dell’antenna è quello che maggiormente necessita di isolazione da
eventuali disturbi esterni. Dimensionando opportunamente le
caratteristiche geometriche dei cavi e le masse degli schermi termici ad
esse appesi si realizza un soddisfacente grado di attenuazione. L’ultimo
stadio di isolazione meccanica è costituito dal cavo di sostegno, in rame
OFHC, dell’antenna stessa. Esso raffredda pure l’antenna per semplice
conduzione termica: infatti le estremità del cavo sono collegate al dito
freddo del refrigeratore mediante dei links termici, di forma opportuna e
molto morbidi.
Complessivamente tale sistema di sospensioni meccaniche riesce ad attenuare un rumore esterno di circa 240
dB (misurati sperimentalmente) alla frequenza di lavoro dell’antenna (circa 920 Hz). Di seguito vengono
specificate le caratteristiche dei filtri meccanici contenuti all’interno dello spazio racchiuso dal dewar.
Fig.7 Schema sospensioni
meccaniche di AURIGA
17
Filtro meccanico Massa [ton]Tipo di
Sospensioni
Attenuazione
verticale
Barra Al 5056 2.3Cavo baricentrale
di Cu-OF100 dB
Schermo interno
in Cu0.5 4 cavi in Ti64 45 dB
Schermo
intermedio in Cu0.5 4 cavi in Ti64 40 dB
Schermo esterno
in Cu1.6 4 cavi in Ti64 30 dB
Contenitore di elio 2.0 4 cavi in Ti64 25 dB
Un ulteriore stadio di attenuazione, a temperatura ambiente, è costituito da una pila di dischi di gomme in
neoprene, che sono compressi dai quattro cavi di sostegno degli stadi interni.
2.2 Sorgenti di rumore in un rivelatore a barra risonante
La sensibilità è definita come la minima energia rilevabile dall’antenna quando è colpita da un segnale
gravitazionale. Quindi il rivelatore è tanto più sensibile quanto minore è la sua energia, la quale è data dalla
somma di più fattori:
l’energia corrispondente alla sua temperatura termodinamica;
l’energia corrispondente al rumore dell’amplificatore dell’elettronica;
l’energia corrispodente a rumori meccanici.
Di seguito si illustrano le possibili sorgenti di rumore che limitano la sensibilità del rivelatore o che ne
riducono il duty cicle.
1) La parte delle sospensioni riprogettata è quella contenuta nello spazio racchiuso dal contenitore di elio di
forma toroidale (dewar). I filtri meccanici originari si possono schematizzare come “2 + 4” pendoli (massa +
cavo) in serie. I primi due pendoli si trovano a una temperatura superiore a quella del dewar di elio (ovvero
sono esterni al dewar), mentre gli altri quattro si trovano a temperature varibili tra i 10 K del dewar di elio e
gli 0.1 K della barra (cioè sono contenuti all’interno dello spazio racchiuso dal dewar).
Tab.1 Valori misurati sperimentalmente di attenuazione degli ultimi stadi interni al dewar.
18
L’impiego di cavi molto lunghi per sostenere gli anelli di rame comporta la presenza di modi a bassa
frequenza e delle rispettive famiglie a più alta frequenza (modi di violino).
Considerando le dimensioni degli anelli e la lunghezza dei cavi che li sostengono è possibile avere
spostamenti di entità tale da introdurre disturbi a bassa frequenza che limitano la sensibilità in banda
dell’antenna.
2) Gli schermi termici (che forniscono una copertura di 4π) possiedono,date le loro dimensioni, molti modi
di risonanza nello spettro di frequenze di lavoro dell’antenna: è quindi possibile che alcuni di questi modi si
accoppino con qualche modo dell’antenna riducendone la sensibilità.
3) Le fonti interne di rumore che maggiormente limitano le prestazioni dell’antenna sono quelle generate dal
refrigeratore a diluizione durante il suo funzionamento. Infatti una parte del refrigeratore (denominata
1Kpot) è collegata rigidamente mediante una piccolo supporto in rame OFHC allo schermo termico esterno
in rame per raffreddarlo alla temperatura di 1 K. Tale sorgente di rumore, da misure sperimentali, risulta
essere una delle maggiori cause di limitazione del duty cycle del rivelatore.
Il fattore di merito meccanico dell’antenna dipinde da come è vincolata la barra alle sospensioni meccaniche
[3]. La barra è sostenuta dall’anello di rame interno mediante un cavo di rame che appoggia sulla superficie
cilindrica della barra, in corrispondenza della sezione baricentrale (mediante apposita cava a V) le cui
estremità filettate sono bloccate mediante dadi nelle apposite sedi dell’anello di rame.
Tale tipo di vincolo è adatto a conservare un alto valore del fattore di merito dell’antenna, (anche se vi è un
certo accoppiamento tra il moto delle sospensioni e il modo longitudinale della barra), e la sua geometria
consente di avere un filtro meccanico con un grande fattore di attenuazione meccanica (tab.1).
Al fine di ottenere una bassa frequenza di risonanza del modo verticale della barra il cavo di rame deve
essere di piccolo diametro (10 mm). Ciò comporta però, un elevato valore dello stress meccanico (50% del
carico di snervamento) e quindi la possibilità di avere emissioni acustiche prodotte dal moto delle
dislocazioni del materiale del cavo (creep).
5) Le notevoli masse contenute all’interno del dewar di elio costituiscono una notevole inerzia durante la
fase di raffreddamento e riscaldamento dell’intero apparato. Oltre alle 2.3 ton della barra vi sono circa altre
3.4 ton degli schermi termici in rame.
2.3 Le proprietà delle nuove sospensioni meccaniche
Considerando quanto sopra scritto le proprietà che si dovranno possedere le nuove sospensioni si possono
riassumere nei seguenti punti:
ü Avere un grado di attenuazione almeno pari a quello delle sospensioni originarie.
19
ü Non avere frequenze proprie di risonanza tra 400 Hz e 1500 Hz, cioè attorno alla frequenza di
risonanza del primo modo longitudinale della barra (920 Hz). A tal fine è opportuno separare gli schermi
termici dal sistema di attenuazione meccanica.
ü Dimensionare tutti i singoli elementi delle sospensioni affinchè lo stress massimo sia inferiore al 25%
del carico di snervamento al fine di prevenire possibili fenomeni di creep. Tale coefficiente di sicurezza
aumenta ulteriormente in condizioni operative considerando che i materiali metallici aumentano il valore
del loro carico di snervamento al diminuire della temperatura.
ü Mantenere e possibilmente aumentare il fattore di merito della barra considerando altre modalità di
aggancio della barra al sistema di attenuazione.
ü Evitare, negli stadi finali, la presenza di fonti di rumore non modellabili. In particolare accoppiamenti
con viti che potrebbero, considerando la tensione che si può generare sui filetti, essere fonte di creep..
ü Se possibile ridurre la massa da raffreddare, ad esempio progettando degli schermi termici di
irradiazione “leggeri”.
I vincoli geometrici da considerare nella progettazione delle sospensioni sono:
ü la presenza del refrigeratore posizionato al centro del criostato.
ü La necessità, per motivi di ordine economico, di ancorare le nuove sospensioni ai supporti
(sufficientemente robusti e già testati) presenti sul dewar di elio.
ü Contenere l’intero apparato di attenuazione nel volume racchiuso dal dewar di elio.
Altro aspetto non meno importante da considerare: budget di spesa a disposizione circa 50.000 euro.
20
2.4 Schema del nuovo sistema di sospensioni meccaniche criogeniche.
2.4.1 Principi costruttivi delle nuove sospensioni
Lo schema costruttivo delle nuove sospensioni è profondamente diverso da quello delle precedenti
sospensioni. Come si può notare dalla figg.8-9, rappresentanti un disegno d’insieme del nuovo apparato, le
nuove sospensioni non riprendono lo schema di più pendoli in serie, ma sono state pensate come delle
semplici massa-molla opportunamente accoppiate fra loro. Il dewar di elio (di colore blu) è sezionato a metà,
mentre il telaio (di colore beige) è
sospeso al dewar. La culla (di colore marrone) è dotata al centro di un foro di 300 mm di diametro dal quale
scende il refrigeratore (non rappresentato nel disegno). La culla è appoggiata al telaio mediante le 4 molle in
Ti e da essa scendono le 4 colonne di molle B (di colore giallo e verde).Ogni colonna inferiormente è fissata
alle masse a forma di T rovesciata (di colore rosso). Le molle D (di colore celeste) sostengono il traverso
Fig.8 Sezione delle nuove sospensioni ultacriogeniche di AURIGA.
21
centrale (di colore rosso) al quale è ancorato il cavo che sostiene la barra (di colore grigio). Gli schermi
termici sono rappresentati in colore beige e arancione.
Fig.9 Vista in sezione delle nuove sospensioni ultracriogeniche di AURIGA
Per esigenze pratiche ed economiche (mantenere il vuoto isolamento e lo schermo criogenico del circuito
principale e preservare il dewar) delle precedenti sospensioni si sono conservati i primi due stadi di
attenuazione ovvero gli stadi in gomma e i 4 cavi lunghi che sorreggono il dewar e lo isolano termicamente.
Tali stadi di attenuazione sono caratterizzati da modi propri di oscillazione a bassa frequenza (< 1 Hz).
Le nuove sospensioni sostituiscono gli ultimi 4 stadi del rivelatore cioè i pendoli contenuti all’interno del
dewar. Esse hanno modi propri di oscillazione caratterizzati da frequenze maggiori dei precedenti pendoli,
infatti il nuovo sistema di attenuazione pur avendo lo stesso grado di attenuazione del precedente, è
composto da 6 stadi anzichè 4. Quindi con la nuova soluzione si sono ridotte le ampie oscillazioni a bassa
frequenza il cui contributo ora è dato solamente dai primi due stadi originali.
22
Dalla fig.8 si può osservare come le nuove sospensioni siano caratterizzate nella parte superiore da una
massa in Al 2017 (denominata “culla”) appoggiata al telaio in acciaio inox mediante 4 molle in Ti. Il telaio è
vincolato al dewar di elio con opportune aste filettate.
La parte centrale del nuovo apparato di attenuazione è indubbiamente quella che ha richiesto maggior
impegno sia in tempo di progettazione sia in costo economico (circa 20.000 euro).
Essa costituisce il filtro meccanico principale e consiste in 4 colonne ancorate superiorrmente alla culla e
inferiormente alle 2 masse disposte longitudinalmente alla barra (denominati traversi a T). Ciascuna colonna,
alta circa 800 mm e con un diametro di 250 mm, è costituita da una cascata di 6 elementi molla-massa
(denominati molla B).
La molla B è costituita da una massa cilindrica e da tre braccetti a forma di C e disposti sfasati di 120° l’uno
dall’altro su una faccia del cilindro; il tutto è ottenuto da un singolo pezzo opportunamente lavorato.
Ogni elemento molla-massa possiede un grado di attenuazione meccanica di 40 dB alla frequenza di circa 1
kHz (quella di funzionamento della barra) ed è stato progettato per operare con uno stress massimo interno
pari al 25% del valore di tensione allo snervamento del materiale. Il materiale utilizzato per le molle B è una
particolare evoluzione di una lega di alluminio commercialmente chiamata Alumold.
Ad ogni molla B sono fissate, utilizzando dei prigionieri in Ergal, 6 masse in bronzo: 3 sulla facccia
superiore e 3 sulla faccia inferiore del cilindro della massa B.
Le molle B si accoppiano l’una all’altra per mezzo di tre prigionieri in Ergal posti nella parte centrale della
molla stessa.
Secondo le previsioni teoriche la frequenza di risonanza verticale della molla B è di circa 85 Hz e non sono
presenti altre risonanze interne nell’intervallo tra 85 e 1800 Hz.
La parte inferiore di ciascuna colonna si fissa ai due pidoni mediante viti in Ergal.
Nella parte centrale di ciascun piedone vi è una molla (denominata molla D) che lavora in compressione la
cui funzione è quella di sostenere il traverso centrale (denominato gommone). La molla D possiede un grado
di attenuazione meccanica pari a 20 dB alla frequenza di 1 kHz.
Un’altra interessante caratteristica delle nuove sospensioni è il nuovo ancoraggio della barra di Al 5056 al
gommone. Anzichè utilizzare il cavo di rame come precedentemente illustrato la barra è sostenuta da un
cavo tubolare opportunamento dimensionato sia alla tensione massima, sia ai modi normali di risonanza
propri.
L’estremità inferiore del cavo, (di una particolare lega di bronzo PAN AlMBz 220), sostiene la barra sul suo
centro di massa, quella superiore è vincola al gommone con un particolare aggancio a “baionetta” (in futuro
lo si realizzerà in lega CuBe caratterizzata da un alto fattore di merito e da un elevato carico di
snervamento).
23
Sono presenti due schermi termici: quello esterno (a circa 2 K) è ancorato rigidamente al telaio, mentre
quello interno (a circa 0.5 K) è sostenuto da 4 cavi di acciaio fissati superiormente al telaio e dimensionati
considerando l’imput termico.
2.5 Attenuazione meccanica: isolamento delle vibrazioni
2.5.1 Funzione di trasferimento di spostamento
Per capire come un sistema reagisca alle azioni che
interessano il basamento (come per esempio il rumore
sismico), si rende necessario costruire un modello matematico
che contenga tutte le caratteristiche dinamiche necessarie. La
fig.10 mostra una possibile rappresentazione: lo spostamento
dalla massa m rispetto al basamento é descritto dalla variabile
x(t), mentre é y(t) quello del basamento rispetto ad un riferi-
mento assoluto.
Siccome la forza d’inerzia é proporzionale all’accelerazione
assoluta x&& , la forza resistente e la forza elastica sono
proporzionali rispettivamente alla velocità relativa x y−& &(smorzamento viscoso) e allo spostamento relativo x-y,
l’equazione del moto é :
( ) ( ) 0mx c x y k x y+ − + − =&& & & (8
e applicando la trasformata di Fourier in ambo i membri e raccogliendo si ottiene:
( ) ( )[ ]2X m k i c Y k i cω ω ω ω ω − + + = + (9
dove ( )ωX e ( )Y ω sono le trasformate di Fourier di ( )tx e ( )ty :
( ) ( ) ( ) ( )∫∫+∞
∞−
ω+∞
∞−
ω =ω=ω ,dtetyY ,dtetxX titi (10
Fig.10 Sistema a un grado di liberta`
nel quale compare una eccitazione
del basamento: le due coordinate x e
y rappresentano lo spostamento
delle parti interessate rispetto ad un
riferimento assoluto.
24
semplificando l’eq.9 e riscrivendola in termini della frequenza fondamentale 20
k
mω = e del fattore di qualità
0mQ
c
ω= si giunge alla seguente:
( ) ( )2 2 20 00 0
i iX Y
Q Q
ω ω ω ωω ω ω ω ω
− + + = +
(11
dalla quale si ricava la seguente:
( ) ( )( )
2 00
2 2 00
iX Q
TiY
Q
ωωω
ωω
ωωω ω ω
+≡ =
− +(12
Questa espressione caratterizza la funzione di trasferimento della massa eccitata da vibrazioni del
basamento: un pò come il rumore sismico a cui è soggetto il basamento della del rivelatore.
Si osservi che per valori di 0ω ω> si verifica una diminuzione dell’ampiezza di oscillazione dal basamento
alla massa pari a:
( )2
0
0
=>> ω
ωω
ωωTlim (13
Tutto cio` vale nel caso in cui 0 0Qω ω ω<< << ; se invece 0Qω ω>> allora l’attenuazione va come 0
Q
ωω⋅
; si
vede infatti prendendo i moduli di ( )X ω e ( )Y ω che:
( )( )
( )( )0 0
2
4 0 00
02 22022 2 0
0
lim limQ Q
X Q Q
QY
Q
ω ω ω ω
ωω ωωωω ω
ωω ω ωωωω ω>> >>
+ = ≈ ≈
− − +
(14
25
Tale relazione pone gia` un vincolo sul tipo di materiale e sulla frequenza 0 0 2ν ω π= dei modi di
vibrazione di una ipotetica sospensione progettata per avere una attenuazione prestabilita AΩ (espressa in dB)
alla frequenza di lavoro πων 2= ; infatti per Q0ωω >> l’attenuazione AΩ diviene:
( )( )
020log 20 logX
AY Q
ω ωω ωΩ = ≈ (dB) (15
Il valore della frequenza relativa 0ωω in corrispondenza della quale si verifica la transizione di regime di
attenuazione (ovvero si instaura l’andamento rappresentato dalla eq.13), è dato quindi dalla seguente
00
Q Qω
ω ωω
= ⇒ ≥ (16
Nel caso di materiali aventi un valore di Q elevato come la maggior parte dei materiali metallici (10 3÷10 9),
e lavorando in un range rappresentato dalla condizione 0 0Qω ω ω≤ ≤ , il problema non sussiste.
Fig.11. Rappresentazione schematica dell’andamento dell’attenuazione sviluppata da un sistema smorzato per valori differenti
del fattore di qualità Q. La coda più alta corrisponde al fattore Q di valore più basso: si noti la variazione della pendenza di
attenuazione che subisce ciascuna delle curve per valori della frequenza relativa ω/ω0 comparabili con il valore di Q.
26
Si può anzi approssimare l’eq.12 trascurando il termine contenente Q con la seguente:
( ) ( )( ) 22
0
20
ωωω
ωω
ω−
==Y
XT (17
L’eq.17 descrive infatti la funzione di trasferimento di un sistema ideale che presenta una risonanza con
pulsazione pari a:
mk
=0ω (18
che è lo stesso sistema massa-molla rappresentato dalla Fig.10 privo dell’elemento smorzatore.
2.5.2 Sistemi a N stadi.
Consideriamo un sistema di N oscillatori smorzati in cascata, come
in fig.12: siano hk , hm e hc , h=1,2,…,N rispettivamente la
costante elastica, la massa e il coefficiente di smorzamento
dell’oscillatore h-esimo, avente frequenza fondamentale pari a
h
hh m
k=ω0 , e fattore di qualità 0h h
hh
mQ
c
ω= ; cerchiamo ora di
trovare la funzione di trasferimento di tale sistema. Le equazioni
che governano il sistema sono le seguenti:
( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )
1 1 1 1 2 1 2 1 1 2 1 2
2 2 2 1 3 1 2 2 2 1 3 2 3
1 1 1 1 2 1 1 1 2 1
1 1
0
0
0
0
N N N N N N N N N N N N N N
N N N N N N N N
m x c x y c x x k x y k x x
m x c x y c x x k x x k x x
m x c x x c x x k x x k x x
m x c x x k x x
− − − − − − − − − −
− −
+ − + − + − + − =
+ − + − + − + − = + − + − + − + − = + − + − =
&& & & & &&& & & & &
M&& & & & &
&& & &(19
Fig.12 Sistema di N attenuatori
in cascata.
27
Riscritta in forma matriciale l’eq.19 diventa:
yxxx =++ KCM &&& (20
nella quale si è posto:
+
=
=
−−+
−−+
=
−−+
−
−+
=
=
−
−−−
−
−−−
0
0
00
0
0
00
00
0
0
00
000
000
000
000
11
2
1
1
112
2
221
1
112
2
221
2
1
MMOOO
OOO
O
ωick
y ,
x
x
x
x ,
kk
kkk
k
kkk
,
cc
ccc
c
ccc
,
m
m
m
NNN
NNN
NN
NNN
N
K
CM
Per trovare la soluzione dell’eq.20 si ripete il procedimento applicato al caso precedente (stadio singolo),
applichiamo cioè le trasformate di Fourier ad entrambi i membri dell’eq.20:
[ ] ( ) ( )ω=ω⋅+ω+ω− YXi KCM2 (21
dove in questo caso:
( )
( )( )
( )
( )
( )
y
Y ,
x
x
x
X
ω
=ω
ω
ωω
=ω
0
02
1
MM (22
sono le trasformate dei vettori ( ) tx e ( ) ty . Il problema che si prefigura è quello di determinare le soluzioni
del sistema precedente, che porta direttamente a dover determinare autovalori e autovettori dell’eq.21. Nel
caso ad esempio nel quale 0C = si determina la soluzione relativa allo stesso sistema, ovvero la matrice
degli smorzamenti sia identicamente nulla:
( )tyxx =+ KM && (23
28
[ ] ( ) ( )ω=ω⋅+ω− YXKM2 (24
Il sistema omogeneo corrispondente è:
[ ] ( ) 0KM =⋅+− ωω X2 (25
affinchè ammetta soluzioni non banali, occorre che il determinante dei coefficienti sia nullo:
[ ] 02 =ω− MKdet (26
questa equazione caratteristica ha per soluzioni le radici di un polinomio di grado N in funzione degli
autovalori 2ωλ = :
[ ] 0=λ− MKdet (27
Il quadrato delle pulsazioni coincide con ciascuno degli autovalori:
20hh Ω=λ (28
Per il sistema considerato, gli autovalori sono tutti reali e distinti, ordinabili in maniera crescente, perché non
intervengono simmetrie tridimensionali che possano far apparire un insieme di autovalori multipli, o con
molteplicità algebrica ν maggiore di uno. Nel caso di corpi elastici caratterizzati da simmetrie cilindriche o
per rotazioni lungo alcuni assi, è normale che esistano autovalori multipli corrispondenti a pulsazioni dei
moti vibratori associati.
29
2.6 Progettazione e simulazioni: caratteristiche del software.
2.6.1 Introduzione
Il software utilizzato per la progettazione delle sospensioni meccaniche è stato prodotto dalla P.T.C. e
consiste di vari pacchetti di programmi gestiti da quello per il design e la costruzione geometrica delle parti:
Pro/ENGINEER. Per quanto riguarda le simulazioni statiche, modali e dinamiche in frequenza, e tutto ciò
che sia correlato con tali procedure (vincoli, carichi e sollecitazioni), il programma addetto a tali mansioni è
Pro/MECHANICA. In altri termini il primo permette di creare l’oggetto, il secondo ne simula i
comportamenti sotto determinate condizioni.
Il Pro/ENGINEER è dotato di ulteriori sottoprogrammi in grado di discretizzare automaticamente (GEM,
Geometric Element Module) i domini dei solidi (cioè la cosiddetta “mesh-atura”o meshing: dall’inglese
mesh = maglia, rete; to mesh = creare una maglia); consente pure di manipolarne direttamente il risultato.
Questa alternativa costituisce un grande vantaggio per il progettista, al quale viene data la possibilità di
controllare la “meshatura” e di modificarla opportunamente secondo le necessità.
Tali programmi possono interagire tra loro in tre modi differenti: in ambiente integrato, attraverso un link, e
in ambiente indipendente. Da un punto di vista operativo, la prima opzione elimina la gravosa operazione
della meshatura perché può essere resa automatica nel momento in cui si avvia la simulazione impostata.
Dell’algoritmo coinvolto in tale processo parleremo nel prossimo paragrafo.
Il secondo modo dà accesso alle operazioni di cambiamento degli elementini singoli (in termini di forma
geometrica, orientato verso una sommaria semplificazione della meshatura eseguita in automatico).
Il terzo si rende necessario per correggere eventuali errori legati ad una incompatibilità di struttura degli
elementi durante la loro generazione automatica eseguita da Pro/MECHANICA. Per esempio, elementi che
possiedano angoli interni minori o maggiori dei valori prestabiliti, generano messaggi di errore durante il
meshing.
E’ importante sottolineare il fatto che tutte le simulazioni effettuate per questo lavoro sono state precedute da
una meshatura automatica.
2.6.2 Il meshing: il procedimento di discretizzazione automatica.
La procedura seguita da Pro/MECHANICA per la discretizzazione del dominio (in 2D oppure in 3D)
occupato dal pezzo in analisi è basata sul cosidetto Advancing Front Method: trattasi di un algoritmo che
discretizza il dominio del pezzo generando i primi nodi sulla frontiera, e da qui prosegue costruendo gli
30
elementi verso l’interno del dominio a “strati” successivi (fig.13). All’inizio dopo un’analisi sommaria, il
programma crea una rete di nodi sparsa su tutta la superficie dell’oggetto (la frontiera); quindi connette con
dei segmenti i nodi contigui dando vita a elementi poligonali se si lavora in 2D o poliedrici se l’oggetto è
tridimensionale.
Le nuove superfici generate divengono sede di ulteriore analisi per determinare le caratteristiche fisico-
geometriche con cui procedere per lo sviluppo dei nuovi “fronti”.
Se si considerassero due elementi contigui bidimensionali (con un nodo in comune) che giacciono sullo
stesso fronte, si potrebbe esemplificare l’analisi effettuata dall’algoritmo aiutandosi con la fig.14.
In funzione dell’angolo α formato tra i due segmentini, tre sono i casi che si distinguono per una coppia di
elementi che appartengono a uno stesso dominio bidimensionale:
-se l’angolo α ≤ 90° allora i due segmenti vengono chiusi da un terzo formando un nuovo triangolo;
-se l’angolo 90°≤ α ≤ 180° allora si generano altri due elementi triangolari;
-se l’angolo α ≥ 180° allora si conserva uno dei segmenti e viene creato un nodo di fronte all’altro
segmentino per cui si aggiunge un triangolino che connette il segmento al nodo.
Fig.13 Advanced Front Method, è la tecnica usata dal programma per costruire il
meshing di un oggetto.
31
Fig.14 Genesi dell’elemento secondo i vincoli stabiliti nell’ Advancing Front Method.
Dopo che il nuovo fronte è stato creato, si prosegue con le stesse regole testè menzionate fino al
riempimento di tutto il dominio.
Con tale metodo non è possibile prevedere il numero di elementi coinvolti nella meshatura finale. Questo
metodo di generazione degli elementi è considerato di natura “locale” perché ogni elementino nuovo non
pregiudica quelli dislocati in un suo intorno.
Pro/MECHANICA possiede differenti tipi di elementi tridimensionali con i quali gestire globalmente il
meshing (mattoncini, tetraedri, cunei, barre, travette, shell ecc.); per default utilizza i tetraedri. La differenza
tra l’impiego di un tipo rispetto ad un altro dipende sia dalle simmetrie coinvolte, sia dalla finezza di calcolo
delle variabili statiche o dinamiche. Il tetraedro ha il vantaggio di generare un risultato molto vicino alla
realtà fisica (perché è un solido che produce meshing molto regolari rispetto a quelli prodotti con altri
elementi) a patto che il meshing sia “generoso” (PRO/MECHANICA per default crea molti più elementi di
quanto sia realmente necessario per un risultato di accettabile). Il mattoncino, il cuneo sono elementi che
possono sostituire i tetraedri in quelle circostanze per cui la simmetria del pezzo, permette di semplificare il
numero di elementi senza perdere in precisione di calcolo e dunque di modellazione.
I principali parametri di setting, che influenzano la qualità del meshing, oltre al tipo di elementi, sono tre:
-Il cosiddetto aspect ratio (con riferimento alla fig.15):
ab
ratio aspect ==
32
Fig.15 Descrizione dei parametri di meshatura globale.
o rapporto tra la misura del lato (o spigolo) maggiore e quella del lato (o spigolo) più piccolo di uno stesso
elemento; il suo valore stabilito per default è 30.
-Il min max angle o il valore minimo e massimo degli angoli interni di un elemento (o diedri se l’elemento è
tridimensionale); per default l’angolo minimo vale 5° mentre l’angolo maggiore vale 175° (vedi angoli α β
della fig.15).
L’edge turn angle o angolo di rivoluzione φ massimo esistente tra i lati (o le facce) di uno stesso elemento
quando quest’ultimo si affacci ad una curva (o superficie) di curvatura data; il suo valore di default è 95°.
E’ importante ribadire che una meshing che possiede elementi il più regolari possibile (ovvero che
presentino una forma che non si discosti dal poligono (poliedro) regolare avente lo stesso numero di lati
(facce) è in grado di raggiungere precisioni rispetto alla realtà fisica del pezzo molto più fini rispetto a
meshature che coinvolgano elementi fortemente irregolari (e quindi allungati); unico costo, il tempo di
calcolo che viene amplificato perché un meshing ricca di elementi regolari implica una drastica riduzione
delle loro dimensioni individuali rispetto al dominio, per cui aumentano in numero molto rapidamente.
Dopo che il programma addetto alla preparazione del meshing (l’autoGEM), ha prodotto la discretizzazione
del dominio, Pro/MECHANICA conduce l’analisi sfruttando un metodo iterato (eseguito dal solver di
Pro/MECHANICA) che si basa su un algoritmo che sfrutta il procedimento dei p-element. Detto p il grado
del polinomio utilizzato per la funzioni di forma che caratterizza un elemento, il sistema effettua due passi, e
in seguito può decidere di incrementare il valore di p solo dopo aver confrontato l’errore di convergenza
calcolato tra un passo e il successivo con la convergenza prestabilita nella simulazione. E’ una sorta di
convergenza intelligente: gli elementi che già hanno raggiunto un’errore di convergenza inferiore a quello
indicato nella simulazione, conservano il grado delle loro funzioni di forma anche per i passi successivi,
mentre i rimanenti incrementano l’esponente p del polinomio per i seguenti livelli di approssimazione.
33
Esistono due modalità distinte per le analisi:
-Multi-pass analysis: il sistema effettua tutti i passi incrementando il grado del polinomio passo dopo passo
in modo tale da poter raggiungere la convergenza prestabilita in fase di setting dell’analisi.
-Single-pass analisys: il sistema stima con il primo passo il grado più appropriato delle funzioni di forma per
una approsimazione più adatta e in seguito conduce il calcolo incrementando il livello di approssimazione
dato da p nei passi successivi. Si guadagna in tempi di calcolo ma l’errore viene determinato scegliendo
quello massimo generato dalla variabile “stress”.
34
2.7 Il creep nei materiali metallici
La presenza nei materiali metallici di difetti reticolari, vacanze, dislocazioni, inclusioni e/o di tutte quelle
imperfezioni, che impediscono al materiale di comportarsi in modo ideale, hanno come effetto la nascita di
fenomeni non lineari, i quali sia per il grado di sensibilità del rivelatore in questione, sia per gli strumenti di
analisi a nostra disposizione, non si è in grado di analizzare e quindi di prevedere in tutti i loro aspetti. Per
semplicità l’insieme di questi fenomeni viene associato al fenomeno del creep e di seguito si presenterà
un’approccio fenomenologico nel tentativo di limitare quanto più possibile questo comportamento del
materiale, che ovviamente ha come effetto finale quello di introdurre liberazioni di energia all’interno del
rivelatore simulando il segnale cercato.
L’esperienza fin qui sviluppata sia direttamente con il rivelatore Auriga, sia con un sito di test per catene di
trasduzione [4], hanno dimostrato che i materiali fin qui utilizzati: leghe di alluminio, titanio, rame, acciai,
non presentano attività di creep tale da rendere impossibile il loro utilizzo e da limitare la riproducibilità dei
risultati nel corso di diversi test sia rimanendo per mesi alla stessa temperatura, sia venendo sottoposti a
elevate escursioni termiche.
Il creep è una deformazione plastico-viscosa nel tempo del materiale. L’evidenza del fenomeno del creep
dipende in modo diretto, ma non lineare, dalla tensione a cui viene sottoposto il materiale, dalla sua
temperatura di esercizio e dal tempo di osservazione.
Auriga è un telescopio, che non conosce il momento di arrivo del segnale gravitazionale, questo impone
campagne osservative continuative anche di parecchi anni. La deformazione dovuta al creep, come si vede
anche dalla fig.16, integrata per così lunghi periodi, non è grave poiché aumenta linearmente con il
logaritmo del tempo, e sommata alle sollecitazione dovute al raffreddamento ed alla necessità di ottimizzare
i punti di lavoro dell’elettronica e/o del sistema criogenico, rende i primi giorni di funzionamento sempre
evidentemente rumorosi, ma che successivamente non ha mai impedito di realizzare osservazioni anche per
lunghi periodi con sensibilità non limitate dal creep (‘97-’99).
Nella fig.16 si osserva la grande diversità di comportamento di un materiale al variare della temperatura (la
prova è stata eseguita una provetta di rame).
Se la temperatura del materiale è inferiore a 0.3 mT⋅ , dove mT è la temperatura assoluta di fusione del
materiale, allora la deformazione del materiale causata dal creep è piccola e quindi il movimento delle
vacanze e/o dislocazioni è raro [5].
Nel caso di Auriga la temperatura essendo estremamente bassa limita fortemente il fenomeno, ciò assicura
che sottoporre il sistema di sospensioni all’abbassamento di temperatura di un fattore 700, una volta
assicurato il comportamento statico a temperatura ambiente, si possa incorrere in rotture a causa del creep
stesso.
35
Invece ad alta temperatura, 0.4 mT T> ⋅ , la deformazione dovuta al creep può essere così rilevante da portare
a rottura il materiale dopo un tempo tf. Il tempo necessario perchè si verifichi la frattura diminuisce con
l’aumentare della temperatura e della tensione applicata.
Fig.16 Comportamento del materiale al creep in funzione della temperature a parità di tensione applicata.
Nella fig.17 sono rappresentate qualitativamente le curve di deformazione ε (fig.17a) in funzione del tempo
t e la velocità di deformazione .
ε (fig.17b) in funzione della deformazione ε per 0.3 mT T< ⋅ .
Dopo la deformazione iniziale dovuta all’applicazione del carico, la velocità di deformazione decresce con
l’aumentare della deformazione. Inoltre aumentando la tensione applicata alla stessa temperatura
( 1 2 3σ σ σ> > ), o aumentando la temperatura a parità di tensione applicata ( 1 2 3T T T> > ), si registra un
aumento della deformazione iniziale dovuta alla applicazione del carico in tutto il dominio del tempo e allo
stesso modo un aumento della velocità di deformazione in tutto il dominio della deformazione [7].
Dalla fig.17 si deduce che la deformazione iniziale 0ε è funzione di:
( )0 1 ,f Tε σ= (29
mentre la deformazione dovuta al creep ε è funzione di:
( )2 , ,f T tε σ= (30
36
Fig.17 Curve di creep in funzione della tensione applicata e della temperatura.
Sperimentalmente si è trovato che a bassa temperatura 0.4 mT T< ⋅ , per materiali con struttura cristallina
anche diversa, la deformazione dovuta al creep aumenta linearmente con il logaritmo del tempo e dipende
dalla tensione applicata e dalla temperatura: all’aumentare del valore della tensione e della temperatura il
fenomeno del creep è più accentuato.
A seguito di questa semplice e preliminare analisi dei parametri a disposizione per limitare l’effetto del creep
è evidente che in fase di progettazione è necessario limitare in modo opportuno il carico di lavoro statico,
dimensionare cioè i componenti meccanici affinchè siano sottoposti in ogni loro parte al più basso valore di
stress limitatamente al ruolo svolto.
Nella progettazione di sistemi elastici per isolare meccanicamente è inevitabile caricare il materiale, si è
dunque progettato ogni componente limitando il valore dello stress massimo applicato al 25% del carico di
snervamento del materiale.
L’esperienza precedente in questo caso ci dice che con carichi fino al 60% dello stress di snervamento
Auriga ha lavorato in modo soddisfacente, in questo caso la parte maggiormente sollecitata era il cavo di
rame che si trovava anche nei pressi del cilindro sensibile.
37
2.8 Le proprietà meccaniche dell’Ergal in funzione della temperatura
Le caratteristiche meccaniche dei materiali metallici variano in funzione della temperatura. Le componenti
più “delicate” del nuovo apparato di attenuazione meccanica sono state realizzate con una particolare lega di
Alluminio denominata Alumold. Tale lega è molto simile all’Ergal (per composizione chimica e trattamenti
termici subiti) per cui, è ragionevole considerare il comportamento meccanico dell’Alumold in funzione
della temperatura uguale a quello dell’Ergal.
Fig.18 Diagramma del carico di snervamento in funzione della temperatura.
In fig.18 è riportato l’andamento del carico di scostamento dallo proporzionalità Rσ in funzione della
temperatura della lega 7075 T6. Si noti che al diminuire della temperatura il valore di Rσ aumenta, infatti a
–423° F (pari a circa 70 K, temperatura dell’azoto liquido) rispetto alla temperatura ambiente il valore di Rσ
è maggiore del 30%. Tale comportamento del materiale è vantaggioso in fase di progettazione in quanto
aumenta il coefficiente di sicurezza [8].
Nella fig.19 è riportato l’andamento del modulo di Young (curva T6) in funzione della temperatura. Si
osservi che alla temperatura di –400° F (pari a circa 70 K) il suo valore, rispetto a quello a temperatura
ambiente, aumenta di circa il 10%.
38
Fig.19 Diagramma del modulo di Young in funzione della temperatura
39
CAPITOLO 3 I COMPONENTI DEL NUOVO SISTEMA DI
SOSPENSIONI MECCANICHE
Nel capitolo seguente sono descritti tutti i componenti che costituiscono il nuovo sistema di attenuazione
meccanica. L’ordine di esposizione rappresenta il percorso che seguirebbe un ipotetico rumore di tipo
meccanico sino ad eccitare l’antenna.
3.1 Il telaio
3.1.1 Proprietà e requisiti richiesti.
Requisito fondamentale del telaio è sostenere l’intero apparato delle sospensioni sottostanti e anche, con
opportune staffe e aste metalliche, gli schermi termici al fine di disaccoppiarli dal sistema di attenuazione
meccanica.
Considerando le dimensioni (1220 x 1180 mm) e la forma ad H del telaio non è possibile progettarlo senza
che questo sia privo, nella banda di frequenza di nostro interesse (400 ÷ 1500 Hz), di frequenze proprie. La
progettazione è stata eseguita considerando semplicemente l’aspetto strutturale e i vincoli geometrici imposti
dai supporti saldati sul dewar di elio (fig.8). Si consideri inoltre che il dewar, a causa della sua forma
toroidale e dell’evaporazione dell’elio è fonte di rumore in un ampio spettro di frequenze.
Il telaio è vincolato mediante aste filettate (M 14) ai supporti saldati presenti sulla superficie cilindrica
interna del dewar. Le aste filettate sono in acciaio inox e sono state dimensionate considerando un carico
statico, in via cautelativa, pari ad una tonnelata per asta.
Il telaio è dotato in corrispondenza dei fori per le aste, di una apposita cava semisferica, sulla quale si
accoppia la corrispondente rondella semisferica. Vincolando in tal modo il telaio, con buona
approsimazione, si può considerarlo come semplicemente appoggiato agli estremi, e quindi, i supporti di
sostegno del dewar sono sollecitati con le stesse modalità per le quali sono stati progettati originariamente.
Inoltre vincolando in tal modo il telaio è possibile avere un minimo di gioco (circa 50 mm) nel piano
verticale dell’intero apparato ed eseguire una “messa in bolla” dello stesso, al fine di avere un sistema
sufficientemente bilanciato, ovvero, un conportamento omogeneo di tutte e quattro le colonne di molle.
Sulla parte superiore del telaio è appoggiata la culla di Al 2017 mediante 4 apposite molle di Titanio.
Le posizioni delle molle di Ti sul telaio sono state individuate considerando i risultati della simulazione
modale fornita da Pro/MECHANICA (fig.23). Infatti per avere il minimo accoppiamento meccanico tra il
40
telaio e la culla nella banda di frequenza di nostro interesse (intorno a 1 kHz) le molle di Ti sono state
posizionate in corrispondenza dei punti nodali dei modi normali attorno a 1 kHz del telaio.
Fig.20 Vista del telaio
Al telaio sono saldati anche 4 supporti dotati di fori filettati M12 sui lati esterni ed inferiori.
Ad essi sono rigidamente fissati, sfruttando i fori filettati esterni, i due cappellotti di rame dello schermo
termico esterno. Quest’ultimi sono opportunamente isolati termicamente dal telaio in corrispodenza delle
superfici di contatto, e in condizioni di funzionamento a regime del refrigeratore, si trovano ad una
temperatura di circa 2 K.
In corrispondenza dei fori inferiori dei supporti saldati sono invece fissate le aste in acciaio inox che
sostengono i cappellotti di rame dello schermo termico interno. Tali aste sono dimensionate considerando il
minimo input termico: infatti il telaio si trova ad una temperatura di circa 10 K, mentre lo schermo interno
possiede una temperatura di circa 0.5 K in condizioni operative.
3.1.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive.
La scelta del materiale del telaio è determinata dalle condizioni operative e dai vincoli esterni.
Dovendo ancorare il telaio al dewar di elio e trovandosi questo ad una temperatura dell’ordine di circa 6-10
K. si è obbligati a costruire il telaio con lo stesso tipo di materiale. Infatti, se essi fossero costituiti da
41
materiali diversi, in fase di raffreddamento, si avrebbe la comparsa di pericolse ed inutili tensioni nel telaio e
nel dewar dovute ai diversi coefficienti di dilatazione termica lineare dei materiali ( 280T∆ : K).
Il materiale costituente il dewar di elio è un acciaio AISI 316L.
Il telaio è stato costruito utilizzando dei piatti laminati (80 x 40 mm) ovviamente di AISI 316L. ed ha una
massa di circa 130 kg.
Esso è costituito da 4 parti, sulle quali sono stati saldati dei rinforzi, assemblate fra loro mediante viti in
acciaio inox. E’ stato perciò necessario, al fine di evitare indesiderate deformazioni durante il
raffreddamento, provvedere prima delle ultime lavorazioni meccaniche (esecuzioni fori e fresature di
superfici di riferimento) sottoporre il telaio ad un trattamento termico di distensione.
Le saldature sono state adeguatamente dimensionate considerando con certo grado di sicurezza in virtù delle
condizioni operative, della geometria del telaio, dei carichi, e dei vincoli presenti. Le saldature sono state
realizzate utilizzando una saldatrice a TIG.
Si osservi che le aste filettate che sostengono il telaio al dewar si possono considerare come degli elementi
elastici che possono compensare eventuali piccole differenza nei coefficienti termici lineari dei materiali
costituenti il telaio e il dewar.
Le aste filettate sono sollecitate in condizioni statiche con una tensione di trazione pari a circa 130 N/mm2
(tensione di snervamento 220 N/mm2).
Sulle due parti trasversali (rispetto all’asse longitudinale della barra) sono saldati i supporti per sostenere gli
schermi termici e sulla superficie inferiore sono ricavate le sedi di forma semisferica per le rondelle
semisferiche di inox con i relativi fori.
Sulle due parti longitudinali sono realizzati i fori filettati M8 per bloccare le molle di Ti che sostengono la
culla di Alluminio.
3.1.3 Risultati delle simulazioni
Di seguito è riportata l’analisi strutturale del telaio considerandolo, per maggior comodità di calcolo,
incastrato alle 4 estremità e con un carico applicato in corrispondenza della sede di ogni molla di Ti pari a 10
kN.
42
Secondo la simulazione le zone di maggior stress (circa 170 N/mm2) sono concentrate in corrispondenza
degli spigoli dei fori, ma considerando il caso reale il vincolo in corrispodenza delle estremità del telaio è
molto più simile ad un semplice appoggio (si consideri il rapporto di rigidezze tra il telaio e le aste filettate).
Il telaio per praticità di calcolo è ipotizzato
Fig.21 Immagine della simulazione strutturale del telaio realizzata da Pro/MECHANICA
incastrato in corrispondenza della 4 estremità, ma nella realtà il telaio è sostenuto dalle 4 aste filettate.
E’ ragionevole perciò pensare che nella realtà il valore dello stress in corrispondenza dei fori sia
decisamente più basso. In tutte le altre zone del telaio la tensione non supera il valore di 70 N/mm2.
3.2 Le molle in Ti
3.2.1 Proprietà e requisiti richiesti
Le molle in Ti rappresentano il primo stadio di disaccoppiamento delle nuove sospensioni. Per ottimizzare il
comportamento del sistema “telaio-molla-culla” le molle in Ti sono state posizionate in punti nodali dei
43
modi con frequenza intorno a 1 kHz del telaio, individuati grazie all’analisi modale eseguita con
Pro/MECHANICA.
Esse lavorano in compressione e sostengono la culla che funge da massa dello stadio di disaccoppiamento.
Sono state progettate per avere un grado di attenuazione meccanica pari a 20 dB alla frequenza di 1 kHz
lungo la direzione di spostamento verticale e ogni molla deve inoltre resistere ad un carico di progetto pari a
10 kN.
3.2.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive
Considerando l’entità del carico applicato su ogni molla e le prestazioni dinamiche si è ritenuto opportuno
realizzare le molle in una lega di titanio le cui caratteristiche meccaniche sono di seguito esposte.
Lega: Ti 6Al V Gr. 5
Carico unitario di rottura minimo garantito ( Rσ ): 895 N/mm2
Carico limite elastico (0.2%) minimo garantito ( 0.2pσ ): 830 N/mm2
Allungamento minimo garantito (A5): 10%
Modulo di elasticità (E): 114.000 N/mm2
Densità: 4,45 kg/dm3.
Le dimensioni della molla sono 100 x 40 x 30 mm
La molla è stata ottenuta con un ciclo di lavorazione che prevedesse il minimo apporto di tensioni
meccaniche per asportazione di truciolo. A tal fine la maggior parte della molla è stata ottenuta utilizzando il
processo tecnologico denominato ad elettrorosione a filo.
Fig.22 Vista tridimensionale della molla in Ti
44
La molla è bloccata inferiormente al telaio e superirmente alla culla mediante viti M8 in inox.
Trovandosi il telaio e la culla a temperature criogeniche diverse, (il primo a 6I10 K, la seconda a 1.2I2.0
K) tra le superfici d’appoggio della molla è opportuno inserire uno strato di pochi millimetri (3 mm) di
teflon che possiede buone proprietà termiche isolanti. La superficie d’appoggio del Teflon è stato calcolata
considerando il carico agente sulla molla in Ti e le caratteristiche meccaniche del Teflon (carico di
snervamento circa 40 N/mm2). La pressione agente sul Teflon è di circa 10 N/mm2.
3.2.3 Risulatati della simulzione
Di seguito sono riportati i risultati della simulazione strutturale della molla ipotizzandola sul lato inferiore
incastrata e sul lato superiore caricata con 10 kN.
Si noti che in alcune zone della molla la tensione è in valore assoluto elevata, ma considerando il materiale
utilizzato sono sosdisfatti i requisiti richiesti di contenere le tensioni al di sotto del 25% del valore del carico
di snervamento del materiale (vedi paragrafo 2.3).
45
Fig.23 Simulazione statica della molla in Ti caricata superiormente con 10.000N e incastrata inferiormente
3.3 La culla
3.3.1 Proprietà e requisiti richiesti
La culla è una massa di 140 kg in lega di Alluminio, avente una particolare forma a “mezzaluna” con un foro
centrale, sostenuta dalle 4 molle in Ti.
I diversi e molteplici requsiti a cui deve soddisfare la culla, sia in termici che meccanici, la rendono più
complessa di quanto può apparire a prima vista.
Di seguito si riportano le principali proprietà richieste:
1. costituire un piano di riferimento per l’ancoraggio delle 4 colonne di molle;
2. essere una massa inerte cioè non possedere frequenze proprie di risonaza nel range 400I1500 Hz;
3. ancorarsi termicamente al componente denominato 1Kpot del refrigeratore con opportuni links termici
sufficientemente morbidi: deve quindi possedere una buona conducibilità termica (T=1.2÷2 K).
46
3.3.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive
La culla è stata realizzata con una lega di Al 2017A T452 (tipica lega per la costruzione di stampi) in quanto
tale materiale soddisfa i requisiti richiesti di leggerezza,
buone proprietà meccaniche (più elevate rispetto ad altre leghe di Al economicamente comparabili), e buona
conducibilità termica.
Di seguito sono riportate le caratteristiche meccaniche della lega Al 2017A T452.
Carico unitario di rottura minimo garantito ( Rσ ): 425 N/mm2
Carico limite elastico minimo garantito ( 0.2pσ ): 275 N/mm2
Allungamento (A5) minimo garantito: 18 %
Durezza HB: 110
Modulo di elasticità (E): 71.500 N/mm2
Densità: 2.71 kg/dm3.
Fig.24 Vista superiore della culla
47
La culla è stata realizzata lavorando un pezzo unico di lega mediante macchine a CNC. Le dimensioni di
ingombro sono 1016 x 550 x 216 mm (costo circa 6.000 euro).
La particolare forma e dimensioni (figg.12 e 13) consentono di soddisfare i requisiti richiesti. Gli intagli
centrali sono opportunamente raccordati per non creare inutili tensioni dovute alla variazione di forma.
Il foro centrale, avente un diametro di 300 mm permette l’alloggiamento al suo interno della 1Kpot del
refrigeratore.
La 1Kpot con opportuni links termici mantiene in condizioni di regime del refrigeratore, la temperatura della
culla attorno a 2 K.
Sul lato inferiore sono realizzati 4 corone di 6 fori (M10) ciascuna per l’ancoraggio delle 4 colonne di molle.
Sullo stesso lato sono ricavati anche i fori (M8) per il fissaggio delle 4 molle di Ti e anche più serie di fori
(M6) per applicare i termometri e le termalizzazioni dei cavi che raggiungono le parti più interne del
rivelatore.
I fori filettati di maggiori dimensioni (M10 e M8) sono passanti onde evitare in fase di pompaggio eventuali
camere d’aria particolarmente nocive per realizzare e mantenere un buon grado di vuoto all’interno
dell’apparato sperimentale. Per la stessa ragione le altre viti, di diametro minore e/o non soggette a
particolari tensioni meccaniche, sono dotate di un foro passante di piccolo diametro.
Fig.25. Vista dal basso della culla. Si osservino le 4 corone di 6 fori per l’aggancio delle colonne
di molle e le 4 sedi scanalate dotate di fori M8 per il fissaggio delle molle in Ti. Le cave centrali
sono opportunamente raccordate.
48
Anche il grado di finitura delle superfici deve essere buono (Ra=3.2÷6.3) per ridurre il più possibile
fenomeni di degasaggio in fase di pompaggio.
3.3.3 Risultati della simulazioni modale
Di seguito sono riportati i risultati della simulazione modale della culla ipotizzandola vincolata con molle
molto morbide. Per non appesantire eccessivamente il calcolo la simulazione è stata eseguita analizzando il
range delle frequenze compreso tra 1 e 2 kHz. Si osservi che in un range compreso tra 616 e 1273 Hz non vi
sono risonanze proprie. Anche se inferiore a quanto richiesto tale finestra libera da modi propri si può
considerare sufficientemente ampia. La convergenza rappresenta l’errore espresso in percentuale del valore
della frequenza.
Tab.2 Tabella dei modi normali della culla ottenuti dalla simulazione con Pro/MECHANICA
Modo Frequenza [Hz] Convergenza %
1 451 2.6
2 616 1.4
3 1273 1.6
4 1331 1.4
5 1461 1.9
6 1622 1.4
7 1949 1.1
3.3.4 Risultati delle simulazioni del sistema “telaio - molle in Ti - culla”
In fig.26 è rappresentato il sistema costituito dal telaio, le molle in titanio e la culla.
49
Di seguito sono riportati i risultati della simulazione dei modi di risonanza del sistema “telaio - molle in Ti -
culla” ottenuti con Pro/MECHANICA. Si ipotizza il telaio vincolato alle estremità con molle molto morbide.
La simulazione è stata eseguita nel range tra 500 e 1500 Hz.
Tab.3. Modi propri di risonanza ottenuti dalla simulazione sistema “telaio - molle in Ti – culla”.
Modo Frequenza [Hz] Convergenza
%
Modo Frequenza
[Hz]
Convergenza
%
1 586 13.1 12 1131 2.4
2 611 0.9 13 1164 3.4
3 650 0.6 14 1209 1.9
4 653 1.2 15 1223 1.1
5 678 2.3 16 1242 1.8
6 692 0.5 17 1283 1.0
7 725 1.9 18 1308 0.1
8 738 0.7 19 1354 1.2
9 741 1.9 20 1387 1.5
10 961 10.9 21 1410 0.4
11 1100 8.9 22 1423 2.4
Si noti nelle rappresentazioni di fig.27 che i modi numero 2 e 17 sono i modi propri della culla, mentre gli
altri sono propri del telaio e sono completamente disaccoppiati dalla culla attraverso le molle in Ti. Infatti si
Fiig.26 Immagine del sistema “telaio - molle Ti – culla”.
50
osservi che gli spostamenti sono rappresentati con colori diversi: il colore rosso rappresenta le zone
caratterizzate dal più alto valore di spostamento, mentre il colore blu rappresenta le zone con il più basso
valore di spostamento.
Per avere il minimo accoppiamento meccanico tra la culla e il telaio le molle in Ti sono state posizionate in
corrispodenza delle zone rappresentate dal colore blu, ovvero nei nodi dei modi normali del telaio nel range
di frequenza tra 600 Hz e 1300 Hz. Le posizioni dellle molle in Ti così determinate sono quindi un
compromesso delle posizioni dei vari nodi.
Modo 1 Modo 2
Modo 3 Modo 4
51
Modo 5 Modo 6
Modo 7 Modo 8
Modo 9 Modo 10
52
Modo 11 Modo 12
Modo 13 Modo 14
Modo 15 Modo16
53
Modo 17
Fig.23 Rappresentazione dei primi 17 modi normali del sistema “telaio-molleTI-culla”.
54
3.4 Le colonne di molle e masse
3.4.1 Proprietà e requisiti richiesti
Considerando la geometria del criostato caratterizzata dalla posizione centrale del refrigeratore (figg.5-6)
qualsiasi tipo di sospensione deve avere una geometria simmetrica rispetto ai piani di simmetria principali
del criostato stesso. Una soluzione come quella di seguito illustrata (fig.15) è semplice e soprattutto conserva
la simmetria.
dell’apparato. Le masse sono evidenziate in verde, mentre le molle denominate molle B sono evidenziate in
giallo. Ogni colonna è costituita da 6 molle (5 molle del tipo B e l’ultima, quella inferiore, del tipo C). Ogni
singolo stadio elementare della colonna può essere pensato costituito da una molla B e sei masse posizionate
sopra e sotto al cilindro della molla e bloccati con M10 in Ergal.
Le colonne di molle (costate complessivamente 20.000 euro) sono le componenti più importanti del nuovo
sistema di sospensioni. Infatti devono possedere un grado di attenuazione meccanica pari alla somma dei
filtri meccanici eliminati del precedente sistema di attenuazione meccanica. Avendo eliminato il cavo di
rame che sostiene la barra (100 dB), e i pendoli interni costituiti dai tre anelli di rame (per un totale di 105
Fig.28 Disegno di una colonna di molle B e masse in bronzo
55
dB), il fattore di attenuazione meccanica richiesto al nuovo sistema di sospensioni meccaniche, alla
frequenza di 1 kHz., deve essere di almeno 200 dB ad una temperatura di circa 2K.
Un così elevato valore di attenuazione meccanica si pùo realizzare solo utilizzando più stadi in cascata.
Infatti se si realizzasse uno stadio unico con un grado di attenuazione pari a quello richiesto si avrebbe una
frequenza di risonanza molto bassa con la possibilità di un pericoloso accoppiamento con un eventuale
rumore sismico (e quindi la presenza di grandi spostamenti della barra), ma soprattutto la capacità di
attenuazione meccanica risentirebbe negativamente della presenza dei modi superiori.
La frequenza di risonanza di un unico stadio con un grado di attenuazione meccanica pari a 200 dB alla
frequenza di 900 Hz. è data dalla formula:
20020
0 900 10 0.09dB
Hz Hzν−
= ⋅ = (31
Considerando il grado di attenuazione meccanica richiesto alla frequenza di circa 1 kHz e i vincoli
dimensionali imposti dalla geometria dell’apparato, si è ritenuto opportuno realizzare ciascuna colonna
mediante sei stadi di molla-massa opportunamente accoppiati fra loro. Perciò ogni stadio elementare molla-
massa deve possedere un fattore di attenuazione meccanica di circa 40 dB.
Il fattore di attenuazione meccanica a 1kHz di ogni molla-massa deve soddisfare la seguente formula:
2
01020 logdB
ωω
= ⋅
(32
dove:
dB: rappresenta l’attenuazione meccanica espressa in dB,
0ω : rappresenta la frequenza di risonanza della molla,
ω :rappresenta la frequenza corrispondente all’attenuazione meccanica.
Da tale formula risulta che per ottenere un fattore di attenuazione meccanica di 40 dB a 1kHz la frequenza di
risonanza propria della molla-massa deve essere di circa 100 Hz.
Le colonne di molle non devono possedere frequenze proprie di risonanza in un adeguato range di frequenza
(500÷1500 Hz) al fine di non introdurre picchi spuri nella banda di sensibilità del rivelatore.
Le colonne di molle devono fornire il maggior contributo per l’isolamento meccanico della barra dai rumori
sia esterni che interni. Le sorgenti esterne sono il il rumore sismico, acustico, attività umana (sia generica
nelle vicinanze del rivelatore, sia quella dovuta al funzionamento del rivelatore stesso quali ad esempio
transfer di liquidi criogenici, attività legata alla messa a punto della strumentazione elettronica). Le sorgenti
interne si possono identificare nell’evaporazione dell’elio contenuto nel dewar, emissioni acustiche delle
56
componenti sottoposte a stress sia meccanici che termici dovuti alle variazioni della temperatura, vibrazioni
dovute alla presenza di pompe da vuoto necessarie per il funzionamento del refrigeratore a diluizione.
Cura deve essere posta anche nella scelta del materiale, nella determinazione degli stress agenti al fine di
ridurre la possibilità di formazione di creeps meccanici, nel processo tecnologico utilizzato per la
realizzazione meccanica delle molle per non introdurre eccessive tensioni nel materiale
Il materiale delle molle deve avere alta conducibilità termica e basse dissipazioni cioè alto valore del fattore
di merito meccanico
Ultimo aspetto non meno importante è quello di considerare le problematiche correlate all’assemblaggio dei
singoli elementi costituenti le colonne in virtù dello spazio disponibile all’interno del contenitore toroidale di
elio (dewar).
57
3.4.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive
Le 4 colonne sono costituite da 5 molle-massa (denominate molle B alle quali sono fissati delle massa in
bronzo) e da una semplice molla (denominata molla C) poste in cascata. Superiormente la colonna è
vincolata alla culla, mentre inferiormente l’ultima molla (molla C) è fissata ai traversi di Al a forma di T
rovesciata (figg. 8-9).
E’ molto importante che le 4 colonne lavorino il più possibile allo stesso modo e quindi abbiano un
comportamento dinamico e statico perfettamente simmetrico.
Tale soluzione costruttiva (a moduli) minimizza la probabilità di presenza di diversi comportamenti dei 4
sistemi dovuti sia alla lavorazione meccaniche, sia agli stress termici.
Considerando i requisiti richiesti alla sospensione diversi materiali possono essere impiegati. Il materiale
utilizzato deve essere allo stesso tempo leggero (cioè con bassa densità) e possedere elevati valori di
resistenza meccanica. Si è quindi ristretto il campo (considerando anche precedenti esperienze di lavoro[4])
verificando se tra le leghe leggere di alluminio ve ne fosse qualcuna che possedesse tutti i requisiti richiesti.
Fig.29 Molla B realizzata in Alumold 1-500
58
In commercio si è trovato una lega, denominata Alumold, particolarmente adatta alla costruzione delle molle
B e C. Tale lega, coperta da brevetto, si può considerare una evoluzione della comune lega leggera
denominata Ergal T6 avendo, rispetto a questa, delle caratteristiche meccaniche superiori di circa il 10%.
Di seguito si illustrano le caratteristiche meccaniche della lega Alumold 1-500 T652 utilizzata per la
costruzione delle molle tipo B. Le dimensioni dei pezzi grezzi ricavati da lastra stabilizzata sono: φ 253 x
151 mm.
Rm = 580 N/mm2 Rp 0.2 = 532 N/mm2 A5 = 3 %
Per la costruzione della molla C, date le dimensioni più ridotte rispetto a quelle della molla B, è stato
possibile utilizzzare la lega Alumold 1-600 T651 avente proprietà meccaniche maggiori dell’Alumold 1-500.
Di seguito sono illustrate le caratteristiche meccaniche.Le dimensioni dei pezzi grezzi ricavati da lastra
stabilizzata sono: φ 232 x 101mm.
Rm = 615 N/mm Rp 0.2 = 554 N/mm A5 = 5 %
Considerando gli elevati valori in entrambe le leghe del carico unitario di snervamento Rp 0.2 è stato possibile
rispettare in fase di progettazione la condizione di dimensionare meccanicamente le molle con un valore
Fig. 30 Molla C realizzata in Alumold 1-600
59
massimo di tensione agente inferiore al 25% del valore di Rp 0.2 e ottenere valori sufficientemente elevati di
attenuazione meccanica.
La molla B: ottenuta da un pezzo unico è l’elemento cruciale del sistema di isolamento meccanico. Infatti si
può pensare come l’elemento “molla-massa elementare” che costituisce le 4 colonne di molle.
E’ costituita superiormente da tre elementi elastici a forma di C disposti a 120° e raccordati da uno zoccolo
cilindrico dimensionato per distribuire le tensioni degli elementi elastici, inferiormente da un cilindro del
diametro di 232 mm, alto 50 mm (fig. 30) sul quale vengono fissate, mediante 3 prigionieri M10 di Ergal, le
masse di appesantimento di bronzo. Complessivamente ogni molla ha un ingombro di circa φ 232 x 140 mm.
Ogni zoccolo della molla (del diametro di 72mm) è dotato di 3 fori passanti e sfasati di 120° per poterla
bloccare superiormente mediante prigionieri e dadi di Ergal M10. La faccia inferiore della massa cilindrica è
dotata di 3 fori filettati M10 per avvitare i prigionieri.
Per ridurre il più possibile l’insorgere di rumori non lineari dovuti al materiale si è cercato di realizzare le
superfici di accoppiamento più lontane possibili dai punti di massimo stress.
Altro aspetto considerato è il processo tecnologico utilizzato per la realizzazione meccanica della molla B. In
accordo con il responsabile tenico della ditta Cinel di Vigonza (Pd) si è messo a punto un ciclo di
lavorazione che comportasse il minimo apporto di tensioni meccaniche dovute alle lavorazioni meccaniche.
La molla C: è stata progettata seguendo tutte le prescrizioni valide per la molla B. La molla C è bloccata
mediante 6 viti in ERGAL M8 sul traverso di Alluminio e quindi non presenta la massa cilindrica della
molla B in quanto la sua massa di
appesantimento è il traverso stesso.
Le masse di bronzo. Per ottenere la
frequenza di risonanza di circa 100 Hz
della molla B è necessario appesantire il
cilindro della molla con opportuni pesi.
I pesi, posizionati sul lato superiore ed
inferiore del cilindro della molla, sono
bloccati mediante prigionieri.
Nelle figg. 31 e 32 sono rappresentati gli
spicchi di appesantimento.
Fig.31 Spicchi superiori con fori filettati M10
60
Il materiale utilizzato deve possedere un coefficiente di dilatazione lineare inferiore a quello costituente i
prigionieri (Ergal), altrimenti in fase di raffreddamento si verificherebbe un allentamento degli spicchi. Ciò
sarebbe deleterio poichè in tal caso il sistema massa-molla modellato come un tuttuno non sarebbe
soddisfatto e i giochi che ne deriverebbero
potrebbero introdurre dei comportamenti non
lineari imprevedibili . Un materiale che soddisfa i
requisiti sovraesposti è il bronzo.
Per ragioni di ordine economico tutti gli spicchi
sono stati realizzati in fusione di bronzo G-CuSn 10
(60+60 pz.) e successivamente lavorati
meccanicamente per realizzare i fori e le superfici
d’appoggio. Lo spessore (34 mm) e le modalità di
bloccaggio (mediante 3 prigionieri) fanno si che i
modi normali degli spicchi abbiano frequenze proprie superiori ai 2 kHz.
Modalità di assemblaggio. Considerando i carichi e la temperatura di lavoro dell’apparato si è obbligati ad
utilizzare un materiale per i prigionieri con un alto valore del carico di snervamento (per ridurre la
probabilità di comparsa di creep) e caratterizzato da un coefficiente di dilatazione termica lineare pari a
quello della molla B.
Per l’assemblaggio delle molleB e delle masse di bronzo si utilizza prigionieri e dadi in Ergal, mentre le
rondelle elastiche sono in CuBe.
Il dimensionamento dei prigionieri è stato fatto considerando un carico applicato su ogni colonna di molle
pari a 10.000 N. e una tensione ammissibile su ogni prigioniero di circa 70 N/mm2 (pari a circa il 15% del
carico unitario di snervamento).
Il diametro del nocciolo della vite è perciò dato dalla formula:
Diametro di nocciolo della vite = 4 . .
. .
carico applic
tensione ammπ⋅⋅
(33
Da cui risulta un diametro di nocciolo pari a circa 7.5 mm e quindi una vite di misura M10.
Per avere una simmetria di comportamento di tutti gli stati delle colonne è stata anche calcolata la coppia di
serraggio dei prigionieri utilizzando le formule sotto indicate.
Il calcolo del momento di serraggio è stato eseguito seguendo le indicazioni della norma UNI 10011 relativa
alle unioni bullonate in acciaio.
Fig.32 Spicchi inferiori con le sedi per i dadii M10
61
Nel calcolo si sono considerati i seguenti dati:
tensione di progetto: fk,n = 390 N/mm2
diametro resistente della vite: dresist. = 8,54 mm
area resistente della vite: Aresist. = ( )4
dπ ⋅ = 57 mm2
sforzo sulla vite: Ns = 0,8 fk,N Aresist. = 18000 N
Coppia di serraggio della vite: Ts = 0,2 Ns d = 35 N m
Considerando che la norna UNI 10011 si applica alle viti in acciaio e non avendo recuperato sufficienti dati
relativi alle viti in Ergal si è provveduto ad eseguire una misura della coppia massima fino a rottura della
vite. Tale prova è del tutto empirica, comunque può fornire una indicazione utile. Utilizzando una chiave
dinamometrica e simulando le condizioni operative del prigioniero si è misurato una coppia alla rottura dello
stesso di circa 60 N mm. Quindi il valore di coppia calcolato secondo la normativa, considerando
un’opportuno margine di sicurezza, può essere adottato anche in questo caso.
Per prevenire pericolosi allentamenti tra le molle o le masse di bronzo è opportuno utilizzare rondelle
elastiche in lega CuB per le loro proprietà elastiche a bassa temperatura.
3.4.3 Risultati delle simulazioni e dati sperimentali
Di seguito sono riportati i risultati dell simulazioni. In fig. 33 è rappresentata la simulazione strutturale della
molla B, supposta incastrata in corrispondenza della superficie superiore e sollecitata da un carico verticale
di 10 kN applicato sulla superficie inferiore del cilindro della molla. Si noti che lo stress massimo raggiunto
in corrispodenza della zona interna degli elementi elastici a forma di C è pari a circa 160 N/mm2, cioè pari a
circa il 35% del valore del carico unitario di snervamento. Il carico ipotizzato nella simulazione è il 30%
maggiore di quello reale (10 kN. anzichè 7 kN). Per cui in fase realizzativa, dopo aver definito le rimanenti
componenti, si è verificato che la tensione massima è inferiore al 25% del carico di snervamento a
temperatura ambiente (alle temperature criogeniche il carico di snervamento del materiale aumenta di circa il
30%).
62
In tab.4 sono riportate le misure sperimentali dei modi normali eseguite su un singolo elemento molla-massa
utilizzando un apparato di misure appositamente realizzato.
L’apparato consiste in un telaio realizzato con profilati Bosch 40 alto circa 150 cm. e avente una superficie
d’appoggio di circa un metro quadrato. sul quale appoggia una piastra quadrata di lato un metro in alluminio
dello spessore di 25 mm.
Al centro della piastra è stato realizzato un foro di circa 250 mm sul quale è stata fissata una flangia nel cui
centro è stata ricavata una apposita sede (del diametro di circa 70 mm) per appoggiare un mandrino.
La molla B è sostenuta dal mandrino mediante un cavo d’acciaio lungo 70 mm, avente un diametro di 10
mm e interfacciato rigidamente al supporto superiore della molla B.
Per eseguire delle misure attendibili si deve isolare la molla B da possibili fonti di rumore acustico, è quindi
necessario contenere la molla B e una parte dell’apparato di misura in una camera da vuoto.
Fig.33 Simulazionu strutturale della molla B. Il calcolo è stato eseguito ipotizzando la superficie
superiore incastrata e sulla superficie inferiore del cilindro è applicato il carico verticale di 10 kN.
63
Sulla flangia sono presenti le sedi per gli o-ring e i fori per il montaggio di tubi DN 160 (ciascuno lungo 500
mm). Utilizzando tubi, flangie e o-ring DN 160 si è così realizzata una camera da vuoto. Collegando una
pompa rotativa si è realizzata una pressione all’interno della camera di circa 10-2 mbar sufficiente per
eseguire le misure.
Per eseguire le misure sperimentali si è utilizzato un accelerometro triassiale della PCB avente una
sensibilità di 1000 mV/g rigidamente ancorato sulla faccia superiore del cilindro della molla B.
Per generare uno spostamento sulla parte superiore della mollaB si è interposto tra il mandrino e la
corrispondente sede di appoggio un piezoelettrico controllato da un generatore di tensione modulabile in
frequenza. In tal modo è possibile sollecitare la molla B con oscillazioni aventi frequenze variabili.
Le misure sono state eseguite solo su uno stadio di attenuazione (senza le masse in bronzo) in quanto,
considerando il fattore di attenuazione meccanica di un singolo stadio (40 dB a 1 kHz) e la sensibilità degli
accelerometri in commercio, non è possibile misurare lo spostamento dato da due o più stadi montati in serie
(80 dB nell’ipotesi di 2 stadi pari a un fattore di riduzione dello spostamento verticale di 10.000 alla
frequenza di 1 kHz).
Di seguito sono riportate le misure sperimentali e quelle previste dalla simulazione tra 1 Hz e 2 kHz.
L’errore delle misure sperimentali è di circa il 3% del valore della misura.
Nella colonna di destra della tab.4 sono anche riportati i risultati delle misure effettuate in fase di montaggio
delle molle B (con le masse in bronzo) nel criostato e in aria. Si noti che la piccola differenza, inferiore al
5% del valore teorico, tra i dati sperimentali e quelli ottenuti con la simulazione conferma l’attendibilità
delle analisi modali dI Pro/MECHANICA.
Tab.4 Frequenze modi normali teorici e misurati.della mollaB con e senza molle
Modo
Freq.
teorica
[Hz]
Conver.
[%]
Freq.
misurata
[Hz]
Freq.
teorica
masse in
bronzo [Hz]
Conver.
[%]
Freq.
misurata
masse in
bronzo [Hz]
1 (trasl.) 74.8 4.3 69.4 38.4 4.5 38.8
2 (trasl.) 74.9 4.9 69.4 38.6 5.2 40.0
3 (tors.) 149.4 4.0 140.0 74.6 4.1 74.2
4 (vert.) 168.3 1.9 160.6 86.1 2.7 82.5
5 (oscill.) 185.7 3.2 190.0 86.5 1.8 86.9
6 (oscill.) 186.0 3.2 190.1 86.6 3.2 87.7
7 (mollet.) 1796.0 2.1 1820.0 1852.0 2.5 1815.0
64
Si noti che il modo verticale nel caso con le masse in bronzo ha una frequenza di circa 82 Hz, mentre non vi
sono altri modi di risonanza tra 86 Hz e 1815 Hz.
In fig. 34 sono rappresentati i 7 modi della mollaB ottenuti dalla simulazione. La molla B è ipotizzata
vincolata superiormente con vincoli molto morbidi.
L’entità degli spostamenti è rappresentata da colori diversi: le zone colorate in blu sono caratterizzate da uno
spostamento minimo, mentre quelle colorate in rosso sono caratterizzate da uno spostamento massimo.
Modo 1
Modo 2
65
Modo 3
Modo 4
66
Modo 5
Modo 6
67
Modo 7
Fig.34 Rappresentazione dei modi normali della molla B sino a 1850 Hz.
3.4.4 Misure sperimentali di una colonna di molle
Impiegando la stessa camera da vuoto e la stessa strumentazione utilizzata per eseguire le misure su una
singola molla B sprovvista di masse in bronzo sono state misurate le frequenze dei modi verticali di una
colonna di stadi costituita da 5 molle B con le relative masse in bronzo. Si osservi che secondo il progetto
una colonna di molle è costituita da 6 molle B, ma in questa fase di misure non è stato possibile montare il
sesto stadio per insufficiente spazio all’interno della camera da vuoto.
L’accelerometro è stato rigidamente ancorato sulla superficie inferiore dello stadio più basso e la molla B
superiore è stata vincolata con le stesse modalità del caso della singola molla. Di seguito sono riportate le
frequenze dei primi 34 modi ottenuti dallla simulazione (ovviamente lo studio è stato fatto su 5 stadi anzichè
6).
Dall’analisi della simulazione si è ricavato che i modi 6, 10, 20, 28, e 30 sono modi normali nella direzione
verticale della colonna, ovvero quelli misurati dall’accelerometro (tab.5).
Sino al 30° modo le frequenze sono inferiori a 170 Hz, mentre dal 31° modo esse sono superiori a 1750 Hz,
non vi sono quindi modi normali della colonna in un ampio spettro di frequenza, addirittura maggiore
dell’ipotesi di progetto (500-1500 Hz). I modi normali entro il 30° sono a bassa frequenza e presentano moti
oscillatori, torsionali e verticali della colonna, mentre dal 31° modo sono presenti anche i modi normali degli
elementi elastici delle molle B.
68
Tab.5 Modi normali della colonna di 5 stadi.
Modo Frequenza
[Hz]
Convergenza
[%]
Modo Frequenza
[Hz]
Convergenza
[%]
1 4.5 9.0 18 109.6 6.0
2 4.5 10.8 19 109.6 6.4
3 22.2 6.2 20 114.3 2.6
4 22.2 7.0 21 120.7 4.6
5 23.2 4.6 22 120.8 5.1
6 24.9 2.3 23 131.9 3.7
7 48.9 6.0 24 132.0 3.8
8 48.9 6.3 25 137.0 2.9o
9 67.7 3.4 26 137.1 2.9
10 72.7 2.2 27 137.1 3.1
11 73.8 6.6 28 146.6 1.9
12 73.8 7.2 29 156.1 2.8
13 94.3 6.0 30 167.0 1.8
14 94.3 7.0 31 1755.5 2.2
15 100.1 4.8 32 1766.7 2.2
16 100.1 5.2 33 1785.3 2.3
17 106.0 3.0 34 1789.1 2.1
Di seguito sono riportate le misure ottenute con l’accelerometro e confrontate con quelle ottenute dalla
simulazione. Si noti che la differenza tra il valore teorico e quello rilevato è circa il 20% del valore teorico
nel 6° modo, ma in quelli successivi le differenze sono inferiori al 10%. Le differenze sono probabilmente
spiegabili con le modalità reali di aggancio della colonna differenti da quelle ipotizzate nella simulazione.
La colonna di 5 molle B è schematizzabile come un sistema costituito da 5 oscillatori in cascata. Se le
misure sperimentali confermano i dati teorici, ovvero gli autovalori dell’equazione matriciale del sistema
(eq.20), allora confermano anche la funzione di trasferimento del sistema e il grado di attenuazione
dell’intera colonna dato dal prodotto del numero di stadi e l’attenuazione di un singolo stadio.
Considerando che la molla B possiede un grado di attenuazione a 1 kHz lungo lo spostamento verticale pari
a 40 dB, è verosimile attendersi dalla colonna costituita da 6 stadi un’attenuazione complessiva di circa 240
dB (40 dB x 6stadi = 240 dB) alla frequenza di 1kHz. In tab.6 sono riportati i valori teorici e misurati dei
modi normali verticali.
69
Tab.6 Confronto tra modi normali verticali teorici e misurati.
Modo Frequenza
teorica [Hz]
Frequenza
misurata [Hz]
6 24.9 20.1
10 72.7 68.4
20 114.3 121.6
28 146.6 139.8
30 167.0 166.2
3.5 I traversi a T
3.5.1 Proprietà e requisiti richiesti
La particolare forma e dimensioni dei traversi a T (fig.35) sono giustificate dalle funzioni che essi devono
svolgere e dai vincoli imposti in sede di progetto. Di seguito sono esposti i requisiti richiesti:
- connettere le due coppie di colonne di molle costituendo così le masse delle ultime molle (molle C);
- sostenere, attraverso la molla D (figg.8-9), il gommone centrale sul quale è ancorato il cavo di sostegno
della barra e quindi definire la posizione del gommone rispetto al refrigeratore.
Inoltre non devono possedere frequenze modali al di sotto dei 2kHz, quindi devono avere forma e
dimensioni il più possibile raccolte.
I traversi definiscono anche il punto più basso
dell’intero apparato di attenuazione
(escludendo la barra). La loro particolare
forma, smussata nella parte inferiore,
consente di posizionarli il più in basso
possibile rispetto alla culla (a pochi
centrimetri dalla parete del dewar), ovvero
permette di ottenere una spazio sufficiente per
realizzare le colonne di molle con ben sei
stadi di attenuazione meccanica.Fig.35 traverso a T rovesciata in Alluminio
70
3.5.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive
La scelta del materiale è dettata da fattori sia funzionali che meccanici.
Dovendo realizzare una massa con dimensioni d’ingombro di circa 600 x 370 x 180 mm con frequenze dei
modi normali superiori a 2 kHz solo una lega con un basso peso specifico e un discreto valore del modulo di
elasticità può soddisfare questo requisito. Inoltre il materiale utilizzato deve essere facilmente lavorabile alle
macchine utensili per contenere il costo di produzione.
Inoltre deve avere un coefficiente di dilatazione termica lineare pari o prossimo a quello della culla (la culla
possiede una temperatura di circa 2K, mentre i traversi a T possiedono una temperatura di circa 1 K) per non
introdurre inutili tensioni negli stadi delle colonne di molle.
Anche le caratteristiche meccaniche sono importanti essendo ogni colonna di molle vincolata ai traversi con
sei viti in Ergal M8 sollecitate a trazione. Infatti sui traversi grava il peso della barra (2.3 ton) e quello della
trave (gommone).
Si è quindi scelto di utilizzare lo stesso materiale della culla, ovvero la lega di Alluminio 2017A T452 che
possiede proprietà meccaniche soddisfacenti (par. 3.3.2).
3.5.3 Risulatati delle simulazioni modali
Di seguito sono riportati i risultati della simulazione modale dei traversi. Come si può notare il primo modo
normale ha una frequenza superiore a 2 kHz. dovuto alla forma tozza dei traversi stessi.
Tab.7 frequenze modali dei traversi a T
Modo Frequenza [Hz.] Convergenza [%]
1 2040 7
2 2353 8
71
Di seguito sono rappresentati i due modi normali dei piedoni.
Modo 1
Modo 2
Fig.36 Rappresentazione dei modi normali dei traversi a T
3.6 Le molle D
3.6.1 Proprietà e requisiti richiesti
In una prima fase progettuale del sistema di sostegno della barra è stata sviluppata una particolare struttura a
forma di mezzaluna (con la concavità rivolta verso la barra) e rigidamente fissata ai traversi a T, alla quale è
stato agganciato il cavo di sostegno della barra di Al 5056.
Dalle simulazioni modali si è appurato che adottando tale soluzione si avrebbe un’accoppiamento meccanico
tra un particolare modo normale della struttura a mezzaluna e il 4° modo flessurale a 1206 Hz della barra di
Al 5056.
72
Si è perciò ideata una soluzione di compromesso
che garantisse una certa morbidezza del sistema
di sostegno della barra (ovvero nessuna
risonanza tra 500 e 1500 Hz dei componenti che
la sostengono) e una sufficiente stabilità statica
del sistema stesso.
Le molle D sostengono la massa centrale
(denominata
gommone) sulla quale è ancorato il cavo di
sostegno della barra (fig.37); lavorando quindi
in compressone le molle D sono in una
condizione di equlibrio instabile.
Le molle D come il cavo di sostegno non hanno come scopo principale quello di attenuare, ma
semplicemente una funzione di sostegno della barra e quindi sono vincolati solo da esigenze di ordine
meccanico.
3.6.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive
Il dimensionamento della molla D è stato eseguito considerando i carichi statici applicati (circa 2.5 ton) e
verificando che la molla non abbia modi propri di risonanza nel range di frequenza tra 500 e 1500 Hz.
La scelta del materiale per la realizzazione della molla D è dettata dalle stesse ragioni della molla B. Si è
quindi scelto l’Alumold 1-500 T651 da lastra stabilizzata per le sue elevate caratteristiche meccaniche. Le
Fig.37 Vista prospettica del sistema di sostegno della
barra risonante. In blu sono evidenziate le molle D
Fig.38 Vista della molla D
73
dimensioni del pezzo grezzo sono φ 150 x 220 mm.
Anche la geometria della molla riprende quella della molla C (tre elementi elastici a forma di C disposti a
120 gradi), ma si presenta più robusta in quanto deve sostenere un carico di compressione circa doppio di
quello della molla C (soggetta a trazione).
La molla è fissata sulla superficie superiore del traverso a T mediante tre viti M10 in Ergal.
L’ancoraggio della molla con il gommone è ottenuto con un accoppiamento conico.
Tale soluzione evita la presenza di viti che potrebbero essere fonti di rumore (le tensioni presenti sui filetti
potrebbero favorire la generazione di creep) e ridurrebbero il fattore di qualità meccanico dello stadio finale
del rivelatore.
Dimensionando opportunamente la superficie conica di accoppiamento (α = 45°, φest. = 73 mm) e adottando
opportune tolleranze dimensionali, di forma e di superficie si ottiene un sufficiente accoppiamento per
incastro tra la superficie conica della molla D e la corrispondente superficie conica del gommone.
3.6.3 Risultati delle simulazioni
Dalle simulazioni modali risulta che la molla D, possiede un modo normale lungo la direzione verticale
caratterizzato da una frequenza di circa 310 Hz.
La simulazione statica è stata eseguita considerando la molla D incastrata in corrispondenza della superficie
conica (il gommone è molto più rigido della molla). Alla molla D è applicato un carico verticale pari a circa
1.2 ton e un momento flettente dato dal prodotto del peso di metà antenna per il corrispondente braccio (dato
dalla distanza del baricentro della barra dalla molla D, ovvero metà lunghezza del gommone). Si osservi che
la massima tensione non supera i 40 N/mm2 cioè meno del 10% del carico di snervamento del materiale.
74
Fig.39 Simulazione strutturale della molla D ipotizzata caricata da un carico assiale e da un momento flettente.
3.7 Il gommone
3.7.1 Proprietà e requisiti richiesti
Il traverso centrale denominato gommone è una massa inerte che sostiene la barra di Al 5056.
I requisiti richiesti al gommone sono essnzialmente tre. Deve innanzitutto essere privo di modi propri di
risonanza nell’intervallo di frequenze di interesse (500-1500 Hz), deve permettere l’aggancio termico e
meccanico dei cavi e dei termometri prima che raggiungano la barra risonante e infine possedere un fattore
di merito meccanico il più alto possibile considerando la vicinanza alla barra.
75
3.7.2 Scelta del matriale e caratteristiche costruttive
Il materiale che soddisfa i requisiti richiesti è la stessa lega con cui è realizzata la barra risonante, ovvero la
lega Al 5056 (lega sovrassatura in magnesio) il cui grezzo è ottenuto per fusione e raffreddato rapidamente
(con acqua).
Fig.40 Vista dall’alto del gommone
La caratteristiche meccaniche della lega Al 5056 sono le seguenti.
Rm=370 N/mm2 Rp0.2=315 N/mm2 A%=13
Il gommone ha un diametro esterno di 300 mm e una lunghezza di 1020 mm.
Alle estremità sono ricavate, da lavorazione meccanica, le superfici coniche per l’accoppiamento con le
molle D: i vincoli sulle tolleranza dimensionali, di forma e di rugosità superficiale sono le stesse richieste
per l’esecuzione delle superfici coniche della molla D al fine di ottenere un buon accoppiamento per incastro
tra i due componenti.
76
Fig.41 Vista dal basso del gommone
Centralmente è ricavato un foro passante di diametro pari a 58 mm alla cui estremità inferiore sono sagomati
tre denti che costituiscono l’attacco a “baionetta” del cavo di sostegno della barra risonante. All’interno dei
tre denti sono ottenute tre superfici coniche aventi la stessa generatrice su cui appoggiano le corrispettive
superfici coniche del cavo di supporto (fig.41).
Sui piani inclinati superiori del gommone sono rivati una serie di fori M4 per il fissaggio delle
termalizzazioni e dei supporti meccanici dei cavi dell’elettronica.
3.7.3 Risultati delle simulazioni
Il carico applicato è il peso della barra risonante (2.3 ton) ed è distribuito uniformemente sulle tre superfici
coniche che costituiscono l’attacco a “baionetta”. Il gommone si considera vincolato agli estremi con degli
appoggi.
Al fine di ridurre il più possibile la presenza di creep meccanici, che sarebbero fonte di rumore per il
rivelatore, il dimensionamento delle superfici di appoggio è stato fatto adottando come limite massimo della
tensione agente sul materiale un valore di circa 60 N/mm2. Le simulazione statiche del gommone verificano
tale condizione.
77
In fig.42 sono rappresentati i primi 4 modi normali del gommone tra 1 e 3 kHz, come si può notare hanno
tutti frequenze proprie superiori a 1600 Hz. In tabella 8 sono riportati i primi 4 modi normali.
Tab.8 Frequenze dei primi 4 modi normali del gommone.
Modo
Frequenza [Hz] Convergenza [%]
1 1632 2.1
2 1770 4.0
3 2420 3.3
4 2850 1.9
Modo 1 Modo 2
Modo 3 Modo 4
Fig.42 Rappresentazione dei primi 4 modi normali del gommone
78
3.8 Il sistema “traversi a T - molle D - gommone”
Per verificare la bontà della soluzione adottata è stata eseguita una simulazione modale del sistema ‘traverso
a T - molle D - gommone’ al fine di valutare possibili accoppiamenti tra i modi normali di tale sistema e
quelli della barra risonante. Di seguito sono riportati i risultati.
Si osservi come non vi siano modi normali tra 520 Hz e 1620 Hz
Tab.9 Modi normali del sistema “traversi a T - molle D - gommone” ottenuti dalla simulazione con Pro/MECHANICA
Modo Frequenza [Hz] Convergenza [%]
1 26.9 2.5
2 36.2 2.5
3 42.2 2.6
4 75.4 1.9
5 82.9 2.0
6 92.0 2.7
7 310.0 2.1
8 404.6 2.2
9 420.9 2.0
10 454.4 2.4
11 463.3 2.5
12 519.2 2.3
13 1619.8 0.6
14 1650.6 0.3
In fig.43 sono rappresentati i 14 modi normali del sistema ottenuti dalla simulazione modale tra 1 e 2kHz. Le
parti colorate in blu sono caratterizzate da uno spostamento minimo, mentre quelle colorate in rosso son
caratterizzate da uno spostamento massimo.
79
Modo 1 Modo 2
Modo 3 Modo 4
Modo 5 Modo 6
80
Modo 7 Modo 8
Modo 9 Modo 10
Modo 11 Modo 12
81
Modo 13 Modo 14
Fig.43 Rappresentazione dei normali del sistema “traversi a T – molle D – gommone” tra 1 e 2kHz
Osservando le immagini dei modi 11 e 12 di fig.43 si comprende l’equilibrio instabile del gommone rispetto
ai traversi a T e il comportamento delle molle D.
3.9 Il cavo di sostegno
3.9.1 Proprietà e requisiti richiesti
Il cavo di sostegno è l’ultimo componente del nuovo apparato di sospensioni meccaniche.
La soluzione precedente sosteneva la barra appoggiando sulla sua circonferenza esterna in cui è praticata una
apposita cava a V in corrispondenza del piano baricentrale.
Il sistema cavo-barra possiede una attenuazione meccanica a 1 kHz pari a circa 100 dB e permette di ottenere
un fattore di merito meccanico del rivelatore di circa 5 milioni. Per tale motivo la nuova soluzione deve
consentire di ripristinare la configurazione precedente nel caso in cui le nuove modifiche non si
dimostrassero soddisfacenti.
Per avere un cosi elevato grado di attenuazione meccanica il cavo di sostegno è soggetto a una tensione di
flesso-trazione pari a circa il 60% del suo carico di snervamento. Inoltre il materiale costituente il cavo (rame
OFHC), non presenta un elevato valore del fattore di merito meccanico, ma comunque sufficiente per avere
una buona sensibilità del rivelatore.
La nuova soluzione deve quindi preservare l’alto fattore di merito meccanico del rivelatore, non presentare
elevati valori di tensioni applicate nel materiale ( per ridurre la probabilità di creep particolarmante negativi
data la loro vicinanza al cilindro risonante) e se possibile adottare un materiale con un alto fattore di merito
meccanico.
82
La soluzione adottata sostiene la barra risonante in corrispondenza del suo punto baricentrale e dovrebbe
conservare o addirittura migliorare il fattore di merito meccanico del rivelatore, essendo il baricentro della
barra un nodo del primo modo longitudinale.
Il massimo diametro del foro sulla barra determina il diametro del cavo: per non modificare
significativamente le frequenze dei modi propri della barra (sul cui primo modo longitudinale è tarata
l’intera catena di trasduzione di un eventuale segnale gravitazionale) si è verificato dalle simulazioni modali
che il limite massimo del diametro del foro è di 70 mm.
Il cavo di sostegno deve anche raffreddare la barra per conduzione termica (attraverso la superficie esterna
nel caso precedente, oppure quella interna nel caso della nuova soluzione) essendo collegato mediante dei
links morbidi (per evitare la trasmissione di rumore meccanico proprio del refrigeratore) al dito freddo del
refrigeratore.
Inoltre il cavo non deve possedere modi propri nel range di frequenza tra 500 e 1500 Hz al fine di non avere
accoppiamenti meccanici con la barra risonante.
3.9.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive
Il materiale impiegato per la realizzazione dle cavo è un bronzo prodotto dalla PAN con denominazione
AlMBz-220 avente le seguenti caratteristiche meccaniche:
R = 750 N/mm2 Rp0.2 = 400 N/mm2 A5 = 8% λ = 41 W/m°C
Fig.44 Vista del cavo di sostegno della barra risonante.
83
Il cavo, ottenuto da un unico pezzo, è suddiviso in tre parti: l’estremità superiore che si aggancia con un
movimento a “baionetta” nell’apposita sede del gommone, la parte centrale di forma tubolare e l’estremità
inferiore conica sulla quale appoggia la barra (fig.44).
Le modalità di aggancio del cavo rispetto al gommone e alla barra sono tali da non richiedere l’utilizzo di
viti o dadi. Infatti, un accoppiamento con viti potrebbe essere fonte di creep particolarmente negativi
considerando la prossimità della barra, inoltre l’esperienza dimostra che la presenza di viti riduce
notevolmente il fattore di merito meccanico del rivelatore.
L’ estremità superiore del cavo è costituita da tre scanalature (o denti) sulle quali sono state ricavate le tre
superfici coniche disposte a 120° l’una dall’altra, con una apertura ciascuna di 50° e aventi un angolo di
apertura del cono di 120°. Tali superfici si accoppiano alle corrispettive superfici presenti nel foro scanalato
del gommone
Le tre superfici sono state dimensionate considerando una pressione massima esercitata dal peso della barra
pari a circa 60 N/mm2. Il diametro in corrispondenza della parte superiore e per la quasi totalità della sua
lunghezza (390 mm) è di 52 mm. La parte centrale internamente è stata tornita sino a ricavare uno spessore
di 4 mm: ciò è stato necessario per non avere modi normali (detti anche modi di violino) del range di
frequenza 500-1500 Hz.
Nell’estremità inferiore del cavo è presente una superficie conica a forma di corona sulla quale appoggia la
corrispettiva superficie ricavata all’interno del foro praticato nella barra.
La superficie conica del cavo (α = 90°) ha un diametro di 63 mm e possiede una larghezza di circa 8 mm.
E’ molto importante ottenere un’accoppiamento il più vicino possibile alle condizioni di progetto, per tale
ragione alle superfici di contatto dei tre componenti (gommone, cavo, barra) sono state applicate tolleranze
dimensionali, di forma e di rugosità piuttosto strette.
Per realizzare il collegamento termico con il refrigeratore la faccia superiore del cavo è dotata di un foro M8
per il fissaggio al link termico.
3.9.3 Risultati delle simulazioni
Nelle figg.45-46 sono riportate le simulazione strutturali del cavo supposto incastrato nella estremità
superiore. Si osservi che, gli alti valori indicati dalla simulazione in fig.45 in realtà non esistono in quanto,
per poter eseguire la simulazione, è stato necessario eliminare i raggi di raccordo presenti sugli spigoli delle
superfici coniche, troppo “pesanti” per il calcolatore per eseguire il meshing. Sulla superficie d’appoggio
della barra la tensione non supera i 65 N/mm2.
84
Fig.45 Particolare della simulazione statica della superficie superiore di appoggio del cavo
Fig.46 Simulazione statica del cavo
In fig.46 è riportata la simulazione strutturale del cavo in cui si nota che la tensione nel gambo centrale è
inferiore a 40 N/mm2.
85
Di seguito sono riportati i risultati della simulazione modale del cavo supposto incastrato superiormente
(grazie al peso della barra) e applicandovi inferiormente la massa della barra. La simulazione è stata eseguita
tra 500 e 4 kHz.
Tab.10 Modi normali del cavo.
Modo Frequenza [Hz] Convergenza %
1 1575 4.6
2 1578 4.9
3 3278 6.7
4 3604 5.4
Modo 1 Modo 2
Modo 3 Modo 4
Fig.47 Rappresentazione dei modi normali del cavo di sostegno
86
3.10 La barra risonante
3.10.1 Proprietà
La barra risonante è il componente fondamentale nel rilevamento di un onda gravitazionale. Le operazioni
meccaniche eseguite, in particolare il foro passante al cui interno è ricavata la superficie conica d’appoggio
del cavo (α = 120°), non compromettono né il fattore di merito meccanico, né modificano le frequenze dei
modi propri di risonanza.
La tensione agente sulla superficie conica all’ interno del foro (ømin= 55 mm e ømax = 65 mm) è stata
calcolata mediante simulazione statica e risulta inferiore a 50 N/mm2.
Fig.48 Disegno in trasparenza della barra risonante
Di seguito sono riportati i modi normali dell’antenna sino a 1732 Hz (fig.49).
Si noti che il modo 6 è quello relativo al primo modo longitudinale di risonanza e col quale si accoppia
meccanicamente il trasduttore capacitivo applicato su una faccia della barra.
Tab.11 Modi normali della barra sino a 1800 Hz
Modo Frequenza [Hz]
1 (1a flessurale) 293
2 (1a flessurale) 293
3 (1a torsionale) 535
4 (2a flessurale) 708
87
5 (2a flessurale) 708
6 (1a longitudinale) 868
7 (2a torsionale) 1075
8 (3a flessurale) 1201
9 (3a flessurale) 1206
10 (3a torsionale) 1604
11 (4a flessurale) 1718
12 (4a flessurale) 1722
13 (2a longitudinale) 1732
Si osservi che i modi flessionale 1-2 (1° ordine), 4-5 (2° ordine), 8-9 (3° ordine), 11-12 (4° ordine), giaccioni
su piani ortogonali (dovuto alla simmetria cilindrica della barra); il 1° modo longitudinale eccitato da un
eventuale onda gravitazionale è il numero 6. I modi 3 e 7 sono quelli torsionali.
Modo 1 Modo 3
Modo 4 Modo 6
88
Modo 7 Modo 9
Modo 10 Modo 11
Fig.49 Rappresentazione dei modi normali della barra risonante
89
3.11 Analisi modale del sistema di attenuazione meccanica
E’ stata eseguita una simulazione modale dell’intero sistema di sospensioni (escluso il telaio, che per la sua
geometria renderebbe impossibile la simulazione complessiva con il computer in dotazione) per verificare se
esistessero eventuali accoppiamenti “pericolosi” tra i modi normali di qualche componente. L’analisi è stata
fatta tra 500 e 1500 Hz e i risulatati sono di seguito rappresentati.
Dai modi rappresentati in fig.50 si noti come nel range di frequenza tra 678 Hz (6° modo) e 1415 Hz (13°
modo) non vi siano risonanze del vero e proprio sistema di attenuazione meccanica, ossia delle colonne di
molle e dei componenti che le collegano al cilindro risonante. Gli unici modi presenti in tale intervallo sono
quelli propri della barra e i 2 modi normali della culla, che essendo a monte delle colonne e avendo delle
frequenze proprie sufficientemente lontane da 1 kHz non dovrebbero essere fonte di rumore per il rivelatore.
Tab.12 Modi normali del sistema di attenuazione meccanica
Modo Frequenza [Hz] Convergenza [%]
1 526.1 3.6
2 594.4 11.3
3 607.6 12.2
4 644.6 2.5
5 662.8 2.1
6 678.8 1.0
7 679.1 1.9
8 717.5 3.5
9 842.4 13.4
10 1064.8 29.7
11 1159.1 27.0
12 1165.2 8.1
13 1415.8 15.3
14 1428.9 15.7
15 1434.3 2.4
90
Modo 1 Modo 2
Modo 3 Modo 4
Modo 5 Modo 6
91
Modo 7 Modo 8
Modo 9 Modo 10
Modo 11 Modo 12
92
Modo 13 Modo 14
Modo 15
Fig.50 Simulazione dei modi del sistema di sospensioni con la barra tra 500 e 1500 Hz.
Con la nuova soluzione di sospensioni meccaniche all’interno del criostato vi sarà circa una tonnellata in
meno di materiale da raffreddare in quanto sono stati eliminati i 3 anelli centrali in rame che fungevano, sia
da masse dei pendoli, sia da schermi termici.
Si avrà quindi un risparmio in tempo ed in energia nel raffreddare il nuovo apparato.
I nuovi schemi termici sono molto più leggeri dei precedenti ed essendo fissati unicamente al telaio non
arrecano nessun disturbo al rivelatore. Il loro dimensionamento è legato ad aspetti puramente geometrici,
strutturali e termici.
93
Conclusioni
Lo scopo di questa tesi è stato quello di realizzare il nuovo sistema di sospensioni meccaniche del rivelatore
AURIGA, per sfruttare al meglio le potenzialità della nuova catena di trasduzione (oggi in fase di collaudo),
grazie alla quale il rivelatore sarà 100 volte più sensibile ad un segnale gravitazionale, ed in grado di
osservare sorgenti impulsive anche al di fuori della nostra galassia.
Il miglioramento ottenuto, stando ai primi dati sperimentali, non è solo l’aver aumentato il grado di
attenuazione meccanica alla frequenza di lavoro del rivelatore, ma anche aver realizzato un sistema di
sospensioni che ponesse rimedio ai problemi riscontrati nei tre anni di funzionamento del rivelatore (1997-
1999). La filosofia costruttiva del nuovo sistema di attenuazione meccanica è molto diversa da quella
precedente, sia dal punto di vista strutturale, sia per i materiali utilizzati.
L’idea guida della nuova progettazione è quella di realizzare un sistema di attenuazione in cui ogni
componente sia parametrizzabile ed operi in regime lineare, al fine di non introdurre sorgenti di rumore non
modellabile nel rivelatore. I vincoli geometrici e strutturali propri del criostato e le problematiche correlate
alla temperatura ultacriogenica di funzionamento hanno imposto scelte tecniche che dovevano conciliare
esigenze opposte.
Un fondamentale aiuto nel determinare la migliore soluzione tecnica è stato l’utilizzo di Pro/MECHANICA
della PTC, un programma di modellazione ad elementi finiti, oggi di uso comune.
Il nuovo sistema di sospensioni meccaniche si può considerare costituito da tre sezioni principali: quella
superiore costituita dal telaio, le molle in titanio e la culla; quella centrale costituita dalle 4 colonne di molle
e masse; quella inferiore costituita dai traversi a T, le molle di compressione, il gommone e il cavo di
sostegno.
La prima parte è l’interfaccia tra le sospensioni e il contenitore dell’elio, ed un punto di ancoraggio per il
refrigeratore. Lo scopo è quello di inserire una massa quanto più inerte possibile fra le sorgenti di rumore
interne al criostato, identificabili nelle vibrazioni dovute all’evaporazione dell’elio ed al funzionamento del
refrigeratore, e la parte sensibile del rivelatore.
La seconda parte costituisce il vero e proprio sistema di attenuazione meccanica. Le 4 colonne, ognuna delle
quali è costituita da 6 stadi molla–massa, attenuano i disturbi a 1 kHz di 240 dB, paragonati ai 215 dB propri
della precedente configurazione, costituita da 4 pendoli in cascata. La particolare geometria del singolo
stadio molla-massa consente di avere un’ampia finestra in frequenza libera da modi propri (86-1850 Hz). Di
conseguenza anche le colonne non presentano modi normali in un’ampia finestra in frequenza (167–1775
Hz).
94
I primi dati sperimentali a temperatura ambiente confermano le previsioni teoriche. Verranno eseguite delle
misure a temperatura criogenica e ultracriogenica per verificare le reali prestazioni delle sospensioni: infatti
nessun sensore permette di misurare 240 dB se non l’antenna stessa in condizioni operative.
La terza parte del sistema è stata progettata considerando aspetti di carattere sia meccanico che metallurgico.
Infatti da un punto di vista meccanico il sistema “traversi a T-molle di compressione-gommone-cavo” unisce
le 4 colonne di molle-masse fra loro e sostiene la barra risonante. Tale sistema, per la sua geometria,
potrebbe trovarsi in una condizione di equilibrio instabile e perciò i componenti che lo costituiscono devono
essere sufficientemente rigidi. Considerando inoltre che tra essi e la barra risonante non vi sono filtri
meccanici, l’ultima parte delle sospensioni deve essere libera da modi normali attorno al kHz, preservare il
fattore di merito meccanico della barra ( 65 10⋅ a temperatura di 0.2 K) e non essere soggetta a fenomeni di
creep.
Per tali ragioni si è progettato di sostenere la barra in corrispondenza del baricentro e di adottare un sistema
di aggancio del cavo privo di viti.
Dalle simulazioni modali risulta che l’intero sistema di sospensioni meccaniche non possiede modi di
risonanza tra 678 e 1415 Hz; considerando i vincoli meccanici e criogenici, il risultato raggiunto è
soddisfacente.
Per merito della nuova catena di trasduzione la banda di sensibilità del rivelatore sarà di 50 Hz attorno a 920
Hz e grazie alle nuove sospensioni il rivelatore sarà meno sensibile all’attività criogenica e avrà un duty
cycle maggiore.
95
Bibliografia
[1] A. Eistein: “Annalen der Physik”, 1916. Ristampato in: “La teoria della Relatività”,
ed. Newton. Roma 197
[2] R.A. Hulse and J. H. Taylor, Ap. J. Lett. 195 (1975)
[2a] J. Weber: Physical Review, 117, 306 (1960)
[3] P.J. Veitch: Vibration isolation of distributed mechanical oscillators by mechanical suspensions with
application to resonant-mass gravitational radiation antennae
[4] tesi di laurea di Michele Bignotto “La test facility ultracriogenica per trasduttori di
spostamento: sospensioni meccaniche e refrigeratore a diluizione 3He – 4He”
[5] R.W. Evans and B. Wilshire Introduction to creep, the institute of materials
[6] Cryogenic materials data handbook air force materials laboratory, Ohio
[7] J. Zendri: Calibration and Sensitivity of resonant gravitational wave detector AURIGA- to be submit
[8] ASM Handbook vol. II “Properties and selection: non ferrous alloys and special-purpose
materials”
Altre referenze:
Basso R.: Appunti delle Lezioni di Meccanica delle Vibrazioni.
Antonini G.L., Concheri G., Meneghetti G:. Validati on of an automatic Mesh Generator and finite element
analysis tool in an Integrated Environment.
Atzori B.: Moderni metodi e procedimenti di calcolo nella progettazione meccanica. Laterza Editore. Bari
(1992).
Golstein H.: Meccanica Classica. Zanichelli Editore. Bologna (1988).
White Guy K.: Experimental Techniques in Low-Temperature Physics. (third Edition) Clarrendon Press
Oxford Science Publications. Oxford (1979).
Manuale dell’ingegnere 83esima edizione Editore Ulrico Hoepli Milano 1998.
D. A. Wgley: Mechanical Properties of Material at Low temperatures. Plenum Press New York (1971).
96
97
AppendiceNelle foto sottostandi sono riportate delle immagini che documentano lo fase di montaggio delle
nuove sospensioni meccaniche.
Fig.A Vista frontale del criostato: in primo piano si trova la barra Fig.B Vista della barra risonante
e la culla posta sopra il telaio
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Fig.C Molla in Ti posta tra il telaio ela culla
Fig.D Cavo di sostegno della barra
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Fig. E Colonna di 6 stadi di molle-masse Fig F. Molla D
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Fig.G Barra risonante
101
Ringraziamenti
Un ringraziamento va a tutto il gruppo AURIGA, che ha reso possibile la realizzazione di questo lavoro
di tesi.
Voglio inoltre ringraziare personalmente:
il prof. R. Basso per i consigli e la disponibilità dimostratami;
il Dott. L. Taffarello per avermi sempre incoraggiato nei momenti difficili e per essermi stato vicino, con
grande generosità, nello svolgimento del lavoro di questa tesi;
l’ingegner Michele Bignotto per la pazienza avuta, le illuminanti discussioni tecniche e le stimolanti
conversazioni;
Jean e Andrea per i loro saggi consigli e le piacevoli serate trascorse in loro compagnia, magari
sorseggiando un buon bicchiere di vino;
il simpatico Lucio per avermi sempre risolto, in tempo reale, qualunque problema informatico;
e il Dott. Romero Vittellozzo per il sostegno morale.
Un grazie particolare alla mia famiglia per avermi aiutato in ogni circostanza e a Sabrina per la pazienza e
la sensibilità con cui mi è stata vicina in questi mesi.