101
1 Indice pag. Introduzione 3 Cap. 1 Le onde gravitazionali 1.1 Le onde gravitazionali 5 1.2 Teoria e principio di rivelazione delle onde gravitazionali 6 1.3 Sorgenti di onde gravitazionali 7 1.3.1 Sorgenti impulsive 7 1.3.2 Sorgenti periodiche 8 1.3.3 Sorgenti stocastiche 9 1.4 Funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante: il rivelatore A.U.R.I.G.A. (Antenna Ultracriogenica Risonante per l’indagine Gravitazionale Astronomica) 9 Cap. 2 Criteri di progettazione delle nuove sospensioni meccaniche di AURIGA 2.1 Il rivelatore AURIGA: descrizione dell’apparato 13 2.2 Sorgenti di rumore in un rivelatore a barra risonante 17 2.3 Le proprietà delle nuove sospensioni meccaniche 18 2.4 Schema del nuovo sistema di sospensioni meccaniche criogeniche 20 2.4.1 Principi costruttivi delle nuove sospensioni 20 2.5 Attenuazione meccanica: isolamento delle vibrazioni 23 2.5.1 Funzione di trasferimento di spostamento 23 2.5.2 Sistemi a N stadi 29 2.6 Progettazione e simulazioni: caratteristiche del software 29 2.6.1 Introduzione 29 2.6.2 Il meshing: il procedimento di discretizzazione automatico 29 2.7 Il creep nei materiali metallici 34 2.8 Le proprietà meccaniche dell’Ergal in funzione della temperatura 37 Cap. 3 I componenti del nuovo sistema di sospensioni meccaniche 3.1 Il telaio 39 3.1.1 Proprietà e requisiti richiesti 39 3.1.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 40 3.1.3 Risultati delle simulazioni 40 3.2 Le molle in Ti 42

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1

Indice pag.

Introduzione 3

Cap. 1 Le onde gravitazionali

1.1 Le onde gravitazionali 5

1.2 Teoria e principio di rivelazione delle onde gravitazionali 6

1.3 Sorgenti di onde gravitazionali 7

1.3.1 Sorgenti impulsive 7

1.3.2 Sorgenti periodiche 8

1.3.3 Sorgenti stocastiche 9

1.4 Funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante:

il rivelatore A.U.R.I.G.A. (Antenna Ultracriogenica Risonante

per l’indagine Gravitazionale Astronomica) 9

Cap. 2 Criteri di progettazione delle nuove sospensioni meccaniche di

AURIGA

2.1 Il rivelatore AURIGA: descrizione dell’apparato 13

2.2 Sorgenti di rumore in un rivelatore a barra risonante 17

2.3 Le proprietà delle nuove sospensioni meccaniche 18

2.4 Schema del nuovo sistema di sospensioni meccaniche criogeniche 20

2.4.1 Principi costruttivi delle nuove sospensioni 20

2.5 Attenuazione meccanica: isolamento delle vibrazioni 23

2.5.1 Funzione di trasferimento di spostamento 23

2.5.2 Sistemi a N stadi 29

2.6 Progettazione e simulazioni: caratteristiche del software 29

2.6.1 Introduzione 29

2.6.2 Il meshing: il procedimento di discretizzazione automatico 29

2.7 Il creep nei materiali metallici 34

2.8 Le proprietà meccaniche dell’Ergal in funzione della temperatura 37

Cap. 3 I componenti del nuovo sistema di sospensioni meccaniche

3.1 Il telaio 39

3.1.1 Proprietà e requisiti richiesti 39

3.1.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 40

3.1.3 Risultati delle simulazioni 40

3.2 Le molle in Ti 42

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2

3.2.1 Proprietà e requisiti richiesti 42

3.2.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 43

3.2.3 Risultati della simulazione 44

3.3 La culla 45

3.3.1 Proprietà e requisiti richiesti 45

3.3.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 46

3.3.3 Risultati della simulazione modale 48

3.3.4 Risultati delle simulazioni del sistema “telaio – molle in Ti – culla” 48

3.4 Le colonne di molle e masse 54

3.4.1 Proprietà e requisiti richiesti 54

3.4.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 57

3.4.3 Risultati delle simulazioni e dati sperimentali 61

3.4.4 Misure sperimentali di una colonna di molle 67

3.5 I traversi a T 69

3.5.1 Proprietà e requisiti richiesti 69

3.5.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 70

3.5.3 Risultati delle simulazioni modali 70

3.6 Le molle D 71

3.6.1 Proprietà e requisiti richiesti 71

3.6.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 72

3.6.3 Risultati delle simulazioni 73

3.7 Il gommone 74

3.7.1 Proprietà e requisiti richiesti 74

3.7.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 75

3.7.3 Risultati delle simulazioni 76

3.8 Il sistema “traversi a T – molle D – gommone” 78

3.9 Il cavo di sostegno 81

3.9.1 Proprietà e requisiti richiesti 81

3.9.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive 82

3.9.3 Risultati delle simulazioni 83

3.10 La barra risonante 86

3.10.1 Proprietà 86

3.11 Analisi modale del sistema di attenuazione meccanica 89

Conclusioni 93

Bibliografia 95

Appendice 13

Ringraziamenti 101

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3

Introduzione

Presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (Padova) dell’Istituto Nazionale di Fisica è installato il rivelatore

per onde gravitazionali AURIGA, che ad oggi rappresenta l’ultima evoluzione dei rivelatori a barra

risonante.

Alla fine del 1999 una rottura in una linea interna di pompaggio del rivelatore lo rese inutilizzabile. Fu

quindi necessario smontarlo ed in quell’occasione si decise di ridisegnare l’intero sistema di sospensioni

meccaniche che, nonostante fornisse 215 dB di attenuazione meccanica a 1kHz, non si rivelò mai

particolarmente performante per svariati motivi.

Con questo lavoro si è progettato un nuovo sistema di attenuazione meccanica affrontando tutti quegli aspetti

che riducevano la sensibilità e il duty cycle del rivelatore.

Le nuove sospensioni sono state ideate seguendo una diversa filosofia costruttiva e migliorando sia il grado

di attenuazione meccanica, sia riducendo le fonti di rumore interne al criostato. Si è conservato solamente il

contenitore dell’elio e la barra risonante, alla quale verrà accoppiata la nuova catena di trasduzione, grazie

alla quale il rivelatore sarà 100 volte più sensibile del precedente ad un segnale gravitazionale.

L’intera progettazione è stata sviluppata utilizzando Pro/MECHANICA della PTC, un software di calcolo ad

elementi finiti che si è rivelato, grazie alla verifica mediante misure sperimentali e a precedenti esperienze,

affidabile.

Nella prima parte della tesi si espone il campo scientifico in cui opera un rivelatore di onde gravitazionali e

gli aspetti teorici della loro indagine.

Nella seconda parte si illustrano le caratteristiche tecniche del rivelatore, i suoi limiti di funzionamento, le

proprietà delle nuove sospensioni meccaniche, i criteri di progettazione adottati nonchè i requisiti dei

materiali impiegati.

Nella terza parte si descrivono i componenti costituenti le sospensioni, il cui ordine di esposizione

rappresenta il percorso che seguirebbe un ipotetico rumore meccanico, dall’esterno sino ad eccitare la barra.

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CAPITOLO 1 LE ONDE GRAVITAZIONALI

1.1 Le onde gravitazionali

L’esistenza delle onde gravitazionali fu prevista da Einstein [1] nella trattazione della teoria della Relatività

Generale (1917). Tramite di esse si può descrivere la propagazione delle variazioni dei campi gravitazionali

spiegando molte questioni relative all’azione a distanza esercitata fra oggetti materiali diversi.

La loro esistenza è stata dimostrata, in maniera indiretta, da J. Taylor [2] attraverso l’osservazione della

perdita di energia di un sistema binario composto da una pulsar ruotante intorno ad una gemella non

osservabile (1992).

La misura diretta delle onde gravitazionali sarà un’importante conferma della teoria della relatività generale.

L’osservazione delle onde gravitazionali consentirà di avere benefici in svariati campi: in particolar modo

nel campo dell’astrofisica la loro rivelazione aprirà una vera e propria nuova “finestra” nell’universo.

Le sorgenti più probabili di onde gravitazionali sono infatti corpi celesti la cui dinamica non è ben nota o

addirittura di cui non ne è stata provata l’esistenza a causa della bassa, o in certi casi nulla, emissione di

energia nelle forme fino ad oggi rilevabili (in particolare onde elettromagnetiche).

La difficoltà della rilevazione delle onde gravitazionali risiede nella loro debolissima interazione con la

materia. Per tale motivo, la verifica sperimentale dell’esistenza di onde gravitazionali si è indirizzata verso la

rivelazione di eventi astrofisici catastrofici, dove un’enorme quantità di energia viene emessa sotto forma di

onde gravitazionali.

Il primo tentativo di rivelazione delle onde gravitazionali fu fatto da J. Weber nei primi anni’60 tramite un

rivelatore a barra risonante. Tale rivelatore è essenzialmente un cilindro solido elastico di massa pari a circa

una tonnellata: l’onda gravitazionale, sollecitando la barra, eccita il suo modo fondamentale che tipicamente

è intorno a 1 kHz. Una volta isolata la barra dalle sorgenti di rumore, l’oscillazione dovuta all’onda

gravitazionale può essere misurata tramite trasduttori elettromagnetici molto sensibili. La principale

limitazione delle antenne a barra risonante è costituita dalla limitata ampiezza in frequenza della loro

sensibilità attorno alla loro frequenza di risonanza principale. Attualmente sono in funzione diverse antenne

a barra (di Seconda Generazione) in varie località del mondo: ALLEGRO in Lousiana, AURIGA a Legnaro,

EXPLORER al CERN di Ginevra, NAUTILUS a Roma, NIOBE a Perth. La loro sensibilità è sufficiente a

rivelare onde gravitazionali provenienti solo da esplosioni di supernovae nella nostra galassia e tali eventi

sono piuttosto rari nei secoli.

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Per i rilevatori in fase di realizzazione (interferometri come LIGO in USA, VIRGO in Cascina (Italia),

TAMA300 in Giappone e GE600 in Germania) o di progettazione (L.I.S.A. experiment) che entreranno in

funzione in un prossimo futuro, si parla di Terza Generazione.

1.2 Teoria e principio di rivelazione delle onde gravitazionali

Le onde gravitazionali, come predetto dalla teoria della gravitazione di Eistein, sono onde trasverse di

deformazione dello spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce, il cui effetto, su un insieme di

particelle libere, è la modifica delle loro posizioni relative. Infatti un’onda gravitazionale incidente su di una

particella di massa m, imprime una accelerazione alla particella stessa nel piano ortogonale alla direzione di

propagazione dell’onda. In particolar modo se Li con i = 1,2,3 è il vettore posizione di una particella rispetto

a un’altra arbitraria particella assunta come centro di un sistema di riferimento, allora un’onda gravitazionale

è descritta da una matrice 3 x 3, i cui termini hij (t, x), sono adimensionali. L’effetto dell’ampiezza dell’onda

gravitazionale è la modifica del vettore posizione di una quantità pari a:

jj

iji LhL ∑=

=∆3

1 21

(1

con una frequenza pari a quella dell’onda stessa.

Consideriamo allora una serie di masse libere disposte ad anello nel piano XY e un’onda gravitazionale

incidente che si propaga in direzione Z. L’effetto dell’onda gravitazionale è la modifica delle posizioni

relative nel modo descritto in fig.1.

La radiazione gravitazionale è generata dal moto di distribuzioni di massa a simmetria non sferica.

L’ampiezza h dell’onda gravitazionale emessa da una sorgente materiale localizzata in forma approssimata è

data da:

fig.1 Effetto nel tempo di un’onda gravitazionale su un insieme di masse libere disposte ad

anello sul piano XY ortogonale alla direzione dell’onda.

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7

4NSG E

hc r

⋅⋅

: (2

dove G è la costante di Newton, c la velocità della luce, r la distanza dalla sorgente e ENS è una funzione

lineare della terza derivata del momento quadrupolare (Dij).

Un’antenna ideale consiste quindi in due masse elementari separate fra loro, e in un dispositivo per misurare

una piccola, temporanea variazione della loro distanza.

Per dare un’idea dell’ampiezza di h si può calcolare che un cilindro di 500 tonnellate, lungo 20 m e ruotante

intorno ad un proprio asse trasversale a 5280 giri/min., emette una potenza pari a 292 10−⋅ W che a 1 m di

distanza risulta in un’ampiezza di h circa 331.1 10−⋅ . Con tale ampiezza di h si ha, su una barra di 2 m di

lunghezza, una deformazione di 10-33 m.

1.3 Sorgenti di onde gravitazionali

Data l’esiguità delle deformazioni prima calcolate non è possibile generare sorgenti di onde gravitazionali in

laboratorio, e le uniche rivelabili sono unicamente di origine cosmica. Le sorgenti di onde gravitazionali

possono essere classificate in sorgenti impulsive (come l’esplosione di supernovae), sorgenti periodiche (ad

es. le pulsars) e le sorgenti stocastiche (la radiazione gravitazionale di fondo). Gli eventi nella nostra galassia

sono piuttosto rari (solo qualche supernova per secolo), ma il loro numero e quindi la probabilità di rilevarli

aumenta notevolmente osservando l’ammasso galattico più vicino formato da molte centinaia di galassie e

ad una distanza dalla nostra di circa 20 Mpc (60 milioni di anni luce).

1.3.1 Sorgenti impulsive

Supernovae. Le sorgenti impulsive più facilmente rilevabili sono le supernovae, ovvero la fase finale

esplosiva delle stelle di grande massa caratterizzata da una forte emissione di onde elettromagnetiche e di

neutroni. Vengono emesse onde gravitazionali rilevabili in misura tanto maggiore quanto più è assimmetrico

il collasso, cioè se una sufficiente quantità di energia viene trasformata in onde gravitazionali. Nella nostra

galassia, statisticamente, si ha una supernova ogni 40 anni la cui radiazione visibile può essere mascherata

dalla polvere cosmica (l’ultima visibile fu osservata da Galileo Galilei intorno al 1612). L’ultima supernova

vicina è stata osservata nel 1987 e si trovava nella nube di Magellano. Non è possibile valutare con

precisione l’ampiezza delle onde gravitazionali emesse in quanto questa dipende da parametri poco noti:

assume particolare rilevanza il grado di non sfericità del collasso. E’ possibile stimare l’ampiezza

adimensionale h dell’onda gravitazionale tramite la formula:

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8

1 12 2

20 1 102.7 10 NSE kHz Mpc

hM f r

⋅ ⋅ ⋅ ⋅

: (3

dove con ∗M si indica la massa del sole. Per sorgenti tipiche nell’ammasso della vergine si prevedono onde

con i seguenti parametri:

h compreso fra 213 10−⋅ e 222 10−⋅ ;

frequenza compresa fra 10 Hz e 10 kHz;

durata del burst: 10τ : msec;

numero eventi: : 100/anno.

Binarie coalescenti. I sistemi binari coalescenti sono sistemi costituiti da due corpi celesti (stelle, pulsar e

buchi neri) in rapida rotazione l’uno all’altro con un moto a spirale che evolve fino alla collisione vera e

propria. Il segnale gravitazionale aspettato da questi eventi è un burst con frequenza e ampiezza crescenti

detto chirp.

Per sorgenti tipiche non più distanti di 50 Mpc da noi si prevedono onde con i seguenti parametri:

h compreso fra 10-21 e 10-22;

frequenza tipica variabile a partire da 10 Hz e crescente fino a 1 kHz per le stelle di neutroni e 10 kHz per i

buchi neri;

durata del chirp: 8τ : sec;

numero eventi: : 3/anno.

1.3.2 Sorgenti periodiche

Le sorgenti periodiche sono le sorgenti rivelabili con maggiore certezza. Infatti, pur emettendo in generale

onde gravitazionali di ampiezza minore rispetto alle sorgenti impulsive, consentono una analisi integrata su

intervalli di tempo assai lunghi.Le principali sorgenti periodiche sono le pulsar. Questi corpi celesti sono

stelle di neutroni in rapida rotazione, caratterizzate dalla presenza di un campo magnetico asimmetrico

rispetto all’asse di rotazione e dalla emissione di onde radio (non emettono luce). Le onde gravitazionali

emesse da pulsar sono segnali periodici con frequenza compresa tra qualche decimo di hertz sino ad oltre

1kHz.

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1.3.3 Sorgenti stocastiche

Oltre ai due tipi di sorgenti descritti è interessante ricordare la presenza di un terzo tipo di sorgenti, dette

stocastiche, dovute essenzialmente al “rumore di fondo” proprio di sorgenti non coerenti distribuite. In

questo rumore di fondo dovrebbe essere possibile trovare la radiazione gravitazionale fossile dovuta al big

bang.

1.4 Funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante: il rilevatore

A.U.R.I.G.A. (Antenna Ultracriogenica Risonante per l’Indagine

Gravitazionale Astronomica)

Data la natura delle onde gravitazionali la scelta di come costruire un’antenna è quasi obbligata: occorre

impiegare un corpo con una grande massa, affinchè interagisca il più possibile con l’onda, che sia disposta in

maniera tale da avere un momento di quadripolo (per esempio una barra cilindrica).

Per migliorare la risposta all’onda si farà sì che tale antenna abbia una risonanza meccanica alla frequenza a

cui si cerca di rilevare la radiazione gravitazionale (generalmente intorno a 1 kHz). E’ necessario dotare

l’antenna di un dispositivo, detto trasduttore elettromeccanico, che converta le vibrazioni in segnali elettrici.

L’antenna gravitazionale quando assorbe anche una modesta energia della radiazione entra in vibrazione e fa

vibrare insieme ad essa il trasduttore: il segnale elettrico prelevato da questo viene amplificato e misurato

periodicamente alla ricerca di una brusca variazione, che indichi la presenza di una eccitazione impulsiva

dell’antenna.

Title:\\Aurigapc20\PUBLIC\tesicicci\schema antenna.eps Creator:AutoCAD PSOUTPreview:This EPS picture was not savedwith a preview included in it.Comment:This EPS picture will print to aPostScript printer, but not toother types of printers.

fig.2 Schema a blocchi del funzionamento di un’antenna gravitazionale risonante

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10

La sensibilità di un antenna è limitata dalla presenza del rumore, cioè di segnali spuri di origine sia esterna

che interna all’antenna stessa. L’antenna deve essere libera di vibrare se eccitata da un’onda, ma deve essere

immune da disturbi meccanici ed acustici esterni (si vuole misurare spostamenti dell’antenna, dovuti a onde

gravitazionali, dell’ordine di 10-20 m). A tale proposito essa viene sospesa in vuoto mediante sistemi di filtri

meccanici che devono isolarla dal rumore esterno, ed essi stessi non devono essere fonte di possibili disturbi.

Il materiale costituente l’antenna deve essere scelto tale che la risonanza utilizzata abbia un tempo di

decadimento il più lungo possibile, e quindi si dovrà adottare un materiale con un alto valore del fattore di

merito meccanico al fine di avere una adeguata amplificazione del segnale.

Oltre ai rumori di origine “esterna”, l’antenna è soggetta anche ad un rumore di origine “interna” o di fondo,

dovuto al moto Browniano degl’atomi che la costituiscono. Per poter distinguere la vibrazione indotta

dall’onda gravitazionale è bene ridurre l’agitazione termica degl’atomi e ciò è possibile solo riducendo la

temperatura: se l’ampiezza di tali oscillazioni in un cilindro del peso di due tonnellate è di 10-16 m a

temperatura ambiente, dalla equazione:

2 20

1 1

2 2 okT mx ω= (4

dove con m si indica la massa efficace pari a metà massa del cilindro, con 0x l’ampiezza di oscillazione del

modo longitudinale, con 0ω la frequenza del modo longitudinale e T la temperatura, si ricava che essa

scende a 10-18 m alla temperatura di 0.03 K.

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Fig.3 Il rilevatore AURIGA nel 1997

Considerando la natura quadrupolare della radiazione gravitazionale il massimo assorbimento di energia si

avrà per i modi che presentano una rilevante variazione di momento di quadrupolo.

Il “core” di AURIGA è costituito da un corpo cilindrico di Al 5056 della lunghezza di circa 3000 mm e un

diametro di circa 600 mm avente una massa di circa 2300 kg. Il modo maggiormente eccitato è il primo

modo longitudinale di vibrazione la cui frequenza si attesta intorno ai 920 Hz (alla temperatura di

funzionamento pari a 0.1 K).

Un eventuale segnale gravitazionale con una componente non nulla alla frequenza di 920 Hz dovrebbe

perciò eccitare il cilindro longitudinalmente.

In questo caso, l’energia s∆Ε assorbita dal rilevatore è una frazione Σ (sezione d’urto del rilevatore) della

componente del flusso di onde gravitazionale valutato alla frequenza del modo longitudinale

( )( )s f ω∆Ε = Σ . Per un rilevatore cilindrico perfettamente orientato (ovvero la direzione dell’onda

gravitazionale colpisce il cilindro con un angolo di 90 gradi rispetto al suo asse longitudinale):

25

8s

GM

π⋅

Σ = ⋅ ⋅⋅

(5

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dove M è la massa della barra e sν la velocità del suono del materiale cui è costituito il risuonatore. Dalla

eq.(5) risulta che per massimizzare l’energia assorbita si deve scegliere un materiale che renda massimo il

prodotto sM ν⋅ . Nel caso di AURIGA si è scelto una particolare lega di Alluminio (Al 5056) che

rappresenta un buon compromesso tra alta velocità del suono, basse dissipazioni meccaniche e facile

reperibilità a costo ragionevole. La sezione d’urto così ottenuta risulta di:

254.3 10AURIGA−Σ ⋅; m2 Hz (6

Nonostante la rilevante massa (2300 kg) e la velocità del suono (≈ 5400 m/sec) la sezione d’urto risulta

piccola e l’energia assorbita risulta estremamente modesta ( 2610s−∆Ε ; J). Affinchè sia rilevabile l’energia

di un onda gravitazionale captata dalla barra dell’antenna è opportuno minimizzare tutte le fonti di rumore

che agiscono sul rivelatore.

Due sono le sorgenti di rumore che non si possono eliminare: il rumore termico di fluttuazione della

lunghezza del risuonatore e il rumore dell’amplificatore utilizzato per rilevare il segnale dopo la fase di

trasduzione meccanica.

L’energia minima rilevabile ( n∆Ε ) dipende perciò solamente da queste due sorgenti di rumore e si può

esprimere con buona approsimazione con la formula:

2bn b n

k Tk T

Qβ∆Ε +; (7

dove T è la temperatura termodinamica della barra, bk è la costante di Boltzmann, β è la frazione di energia

che il trasduttore converte in segnale elettrico, Q è il fattore di merito meccanico della barra e nT è il rumore

espresso in gradi K dell’amplificatore (SQUID) usato a valle del trasduttore.

Da questa relazione si deduce che per massimizzare la sensibilità si deve minimizzare la n∆Ε quindi,

ridurre il più possibile la temperatura della barra e utilizzare per la stessa materiali con alti fattori di merito

meccanici.

Nel caso di AURIGA il primo obbiettivo lo si raggiunge con un refrigeratore a diluizione di elio, il secondo

adottando per la barra un materiale in lega d’alluminio (Al 5056) ricco in magnesio che ha un buon rapporto

costo/fattore di merito meccanico Q pari a circa 64 10⋅ (alla temperatura di 0.1 K). Per quanto riguarda il

fattore β , alcune limitazioni pratiche hanno fatto sì che per AURIGA (come per gli altri rivelatori operanti)

β sia dell’ordine di 310− .

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CAPITOLO 2 CRITERI DI PROGETTAZIONE DELLE NUOVE

SOSPENSIONI MECCANICHE DI AURIGA

2.1 Il rivelatore AURIGA: descrizione dell’apparato

Uno dei maggiori problemi per i rivelatori acusticiti a barra

risonante di onde gravitazionali risulta essere una efficace

isolazione dai disturbi esterni del cilindro che costituisce il

rivelatore. In particolare devono risultare ben isolati quei

modi normali che vengono eccitati dall’iterazione con le

onde gravitazionali (modi quadrupolari, ovvero nel caso

della barra i modi longitudinali dispari).

Le sospensioni per un’antenna risonante devono soddisfare

due requisiti essenziali:

Disaccoppiare il modo fondamentale

dell’antenna dalla sorgente di rumore meccanico;

Salvaguardare l’alto fattore di qualità meccanico dell’antenna.

Le antenne risonanti come AURIGA sono in grado di rilevare vibrazioni della faccia dell’antenna con

ampiezze dell'’ordine 10-20 m. Una insufficiente isolazione si manifesta come un accesso di energia nel

modo fondamentale sopra a quella corrispondente alla temperatura termodinamica dell’antenna. Questo

degrada la sensibilità dell’antenna determinando un aumento del segnale minimo rivelabile dall’antenna. Da

qui la necessità di attenuare i rumori esterni in modo che le vibrazioni da essi causate, e trasmesse al cilindro

attraverso i contatti meccanici, siano di ampiezza minore delle fluttuazioni termiche dell’antenna stessa.

Le maggiori cause di disturbo, provenienti dall’esterno del criostato sono i rumori acustici dell’ambiente

circostante, e il rumore sismico; all’interno del criostato le possibili sorgenti di rumore sono costituite dal

rumore acustico causato dall’agitazione dei liquidi criogenici, dal refrigeratore, nonchè dalle emissioni

acustiche dei cavi sottoposti a tensione rappresentabili come eventi spuri.

Fig.4 Particolare degli schermi in

rame in cascata.

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Per l’antenna AURIGA l’esigenza di isolare termicamente e meccanicamente il cilindro risonante è stata

soddisfatta attraverso un sistema di schermi termici, che sospesi tramite cavi in titanio l’uno all’altro,

costituiscono anche un sistema di filtri meccanici in cascata.

Come si può vedere nelle figure 5 e 6 si può dividere l’intero sistema in due parti distinte: la camera

sperimentale (in rosso) ove si trova il cilindro risonante e la camera esterna o di

isolamento. Due linee di pompaggio distinte portano la pressione interna di entrambe le camere sull’ordine

di 10-7 mbar.

Per raffreddare il rivelatore alla temperatura di 0.1 K vengono usati d’apprima liquidi criogenici (azoto ed

elio liquido) contenuti in un apposito contenitore (o dewar ) avente una capacità di 2000 lt e che costituisce

anche la parete di separazione tra camera sperimentale e camera d’isolamento; successivamente viene

attivato un refrigeratore a miscela di 4He e 3He che raffredda la barra sino alla temperatura di 0.1 K con una

potenza di 1 mW.

Fig.5 Sezione longitudinale del rivelatore AURIGA

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Per limitare le perdite di calore per irraggiamento, il contenitore per l’elio liquido viene circondato da due

schermi termici di radiazione in alluminio, ricoperti a loro volta da più strati di superisolazione di mylar

alluminato. Tali schermi termici vengono raffreddati a temperature intermedie tra quella esterna e quella del

dewar dal passaggio del gas freddo evaporato dal bagno dell’elio, che fluisce verso l’esterno attraverso

scambiatori di calore.

All’interno della camera sperimentale si trova il cilindro risonante, circondato da una serie di tre schermi di

radiazione realizzati in rame OFHC. Tali schermi vengono raffreddati a temperature intermedie fra quelle

dell’elio liquido e dell’antenna mediante un contatto termico con i vari stadi del refrigeratore che si trovano a

temperature successivamente minori.

Il raffreddamento dell’antenna avviene per contatto termico con lo stadio più freddo del refrigeratore (dito

freddo). Per questa ragione ogni schermo termico ha un foro nella parte superiore, per permettere il

passaggio del sistema criogenico. Un soffietto molto morbido, avente funzione di filtro passabasso con

frequenza di taglio dell’ordine dell’Hz, circonda il refrigeratore per tenere separati i vuoti della camera

sperimentale e della camera d’isolamento.

Per comodità di montaggio ogni schermo è composto da tre parti ben distinte: una parte centrale (detto

anello), e da due parti laterali (detti cappellotti). Ogni stadio è individuato dalla temperatura che raggiunge

durante il funzionamento a regime del rivelatore.

Fig.6 Sezione trasversale del rivelatore AURIGA

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Ogni schermo termico è sorretto dal precedente tramite quattro cavi in

titanio (di diametro variabile tra 10 e 5 mm), per ridurre le perdite

termiche per conduzione. In tal modo ogni schermo termico e i rispettivi

cavi di sospensione costituiscono uno stadio di attenuazione meccanica.

Infatti, un cavo con appeso un corpo di data massa costituisce l’esempio

più semplice, e più facilmente adattabile a funzionare anche a basse

temperature, di filtro meccanico.

La funzione di trasferimento totale di più filtri in cascata è data dal

prodotto delle funzioni di trasferimento dei singoli filtri; in tal modo, è

possibile realizzare l’attenuazione desiderata in un dato intervallo di

frequenze ponendo più filtri in cascata (fig.7).

L’intervallo di frequenze prossime alla frequenza fondamentale

dell’antenna è quello che maggiormente necessita di isolazione da

eventuali disturbi esterni. Dimensionando opportunamente le

caratteristiche geometriche dei cavi e le masse degli schermi termici ad

esse appesi si realizza un soddisfacente grado di attenuazione. L’ultimo

stadio di isolazione meccanica è costituito dal cavo di sostegno, in rame

OFHC, dell’antenna stessa. Esso raffredda pure l’antenna per semplice

conduzione termica: infatti le estremità del cavo sono collegate al dito

freddo del refrigeratore mediante dei links termici, di forma opportuna e

molto morbidi.

Complessivamente tale sistema di sospensioni meccaniche riesce ad attenuare un rumore esterno di circa 240

dB (misurati sperimentalmente) alla frequenza di lavoro dell’antenna (circa 920 Hz). Di seguito vengono

specificate le caratteristiche dei filtri meccanici contenuti all’interno dello spazio racchiuso dal dewar.

Fig.7 Schema sospensioni

meccaniche di AURIGA

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Filtro meccanico Massa [ton]Tipo di

Sospensioni

Attenuazione

verticale

Barra Al 5056 2.3Cavo baricentrale

di Cu-OF100 dB

Schermo interno

in Cu0.5 4 cavi in Ti64 45 dB

Schermo

intermedio in Cu0.5 4 cavi in Ti64 40 dB

Schermo esterno

in Cu1.6 4 cavi in Ti64 30 dB

Contenitore di elio 2.0 4 cavi in Ti64 25 dB

Un ulteriore stadio di attenuazione, a temperatura ambiente, è costituito da una pila di dischi di gomme in

neoprene, che sono compressi dai quattro cavi di sostegno degli stadi interni.

2.2 Sorgenti di rumore in un rivelatore a barra risonante

La sensibilità è definita come la minima energia rilevabile dall’antenna quando è colpita da un segnale

gravitazionale. Quindi il rivelatore è tanto più sensibile quanto minore è la sua energia, la quale è data dalla

somma di più fattori:

l’energia corrispondente alla sua temperatura termodinamica;

l’energia corrispondente al rumore dell’amplificatore dell’elettronica;

l’energia corrispodente a rumori meccanici.

Di seguito si illustrano le possibili sorgenti di rumore che limitano la sensibilità del rivelatore o che ne

riducono il duty cicle.

1) La parte delle sospensioni riprogettata è quella contenuta nello spazio racchiuso dal contenitore di elio di

forma toroidale (dewar). I filtri meccanici originari si possono schematizzare come “2 + 4” pendoli (massa +

cavo) in serie. I primi due pendoli si trovano a una temperatura superiore a quella del dewar di elio (ovvero

sono esterni al dewar), mentre gli altri quattro si trovano a temperature varibili tra i 10 K del dewar di elio e

gli 0.1 K della barra (cioè sono contenuti all’interno dello spazio racchiuso dal dewar).

Tab.1 Valori misurati sperimentalmente di attenuazione degli ultimi stadi interni al dewar.

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L’impiego di cavi molto lunghi per sostenere gli anelli di rame comporta la presenza di modi a bassa

frequenza e delle rispettive famiglie a più alta frequenza (modi di violino).

Considerando le dimensioni degli anelli e la lunghezza dei cavi che li sostengono è possibile avere

spostamenti di entità tale da introdurre disturbi a bassa frequenza che limitano la sensibilità in banda

dell’antenna.

2) Gli schermi termici (che forniscono una copertura di 4π) possiedono,date le loro dimensioni, molti modi

di risonanza nello spettro di frequenze di lavoro dell’antenna: è quindi possibile che alcuni di questi modi si

accoppino con qualche modo dell’antenna riducendone la sensibilità.

3) Le fonti interne di rumore che maggiormente limitano le prestazioni dell’antenna sono quelle generate dal

refrigeratore a diluizione durante il suo funzionamento. Infatti una parte del refrigeratore (denominata

1Kpot) è collegata rigidamente mediante una piccolo supporto in rame OFHC allo schermo termico esterno

in rame per raffreddarlo alla temperatura di 1 K. Tale sorgente di rumore, da misure sperimentali, risulta

essere una delle maggiori cause di limitazione del duty cycle del rivelatore.

Il fattore di merito meccanico dell’antenna dipinde da come è vincolata la barra alle sospensioni meccaniche

[3]. La barra è sostenuta dall’anello di rame interno mediante un cavo di rame che appoggia sulla superficie

cilindrica della barra, in corrispondenza della sezione baricentrale (mediante apposita cava a V) le cui

estremità filettate sono bloccate mediante dadi nelle apposite sedi dell’anello di rame.

Tale tipo di vincolo è adatto a conservare un alto valore del fattore di merito dell’antenna, (anche se vi è un

certo accoppiamento tra il moto delle sospensioni e il modo longitudinale della barra), e la sua geometria

consente di avere un filtro meccanico con un grande fattore di attenuazione meccanica (tab.1).

Al fine di ottenere una bassa frequenza di risonanza del modo verticale della barra il cavo di rame deve

essere di piccolo diametro (10 mm). Ciò comporta però, un elevato valore dello stress meccanico (50% del

carico di snervamento) e quindi la possibilità di avere emissioni acustiche prodotte dal moto delle

dislocazioni del materiale del cavo (creep).

5) Le notevoli masse contenute all’interno del dewar di elio costituiscono una notevole inerzia durante la

fase di raffreddamento e riscaldamento dell’intero apparato. Oltre alle 2.3 ton della barra vi sono circa altre

3.4 ton degli schermi termici in rame.

2.3 Le proprietà delle nuove sospensioni meccaniche

Considerando quanto sopra scritto le proprietà che si dovranno possedere le nuove sospensioni si possono

riassumere nei seguenti punti:

ü Avere un grado di attenuazione almeno pari a quello delle sospensioni originarie.

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ü Non avere frequenze proprie di risonanza tra 400 Hz e 1500 Hz, cioè attorno alla frequenza di

risonanza del primo modo longitudinale della barra (920 Hz). A tal fine è opportuno separare gli schermi

termici dal sistema di attenuazione meccanica.

ü Dimensionare tutti i singoli elementi delle sospensioni affinchè lo stress massimo sia inferiore al 25%

del carico di snervamento al fine di prevenire possibili fenomeni di creep. Tale coefficiente di sicurezza

aumenta ulteriormente in condizioni operative considerando che i materiali metallici aumentano il valore

del loro carico di snervamento al diminuire della temperatura.

ü Mantenere e possibilmente aumentare il fattore di merito della barra considerando altre modalità di

aggancio della barra al sistema di attenuazione.

ü Evitare, negli stadi finali, la presenza di fonti di rumore non modellabili. In particolare accoppiamenti

con viti che potrebbero, considerando la tensione che si può generare sui filetti, essere fonte di creep..

ü Se possibile ridurre la massa da raffreddare, ad esempio progettando degli schermi termici di

irradiazione “leggeri”.

I vincoli geometrici da considerare nella progettazione delle sospensioni sono:

ü la presenza del refrigeratore posizionato al centro del criostato.

ü La necessità, per motivi di ordine economico, di ancorare le nuove sospensioni ai supporti

(sufficientemente robusti e già testati) presenti sul dewar di elio.

ü Contenere l’intero apparato di attenuazione nel volume racchiuso dal dewar di elio.

Altro aspetto non meno importante da considerare: budget di spesa a disposizione circa 50.000 euro.

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2.4 Schema del nuovo sistema di sospensioni meccaniche criogeniche.

2.4.1 Principi costruttivi delle nuove sospensioni

Lo schema costruttivo delle nuove sospensioni è profondamente diverso da quello delle precedenti

sospensioni. Come si può notare dalla figg.8-9, rappresentanti un disegno d’insieme del nuovo apparato, le

nuove sospensioni non riprendono lo schema di più pendoli in serie, ma sono state pensate come delle

semplici massa-molla opportunamente accoppiate fra loro. Il dewar di elio (di colore blu) è sezionato a metà,

mentre il telaio (di colore beige) è

sospeso al dewar. La culla (di colore marrone) è dotata al centro di un foro di 300 mm di diametro dal quale

scende il refrigeratore (non rappresentato nel disegno). La culla è appoggiata al telaio mediante le 4 molle in

Ti e da essa scendono le 4 colonne di molle B (di colore giallo e verde).Ogni colonna inferiormente è fissata

alle masse a forma di T rovesciata (di colore rosso). Le molle D (di colore celeste) sostengono il traverso

Fig.8 Sezione delle nuove sospensioni ultacriogeniche di AURIGA.

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centrale (di colore rosso) al quale è ancorato il cavo che sostiene la barra (di colore grigio). Gli schermi

termici sono rappresentati in colore beige e arancione.

Fig.9 Vista in sezione delle nuove sospensioni ultracriogeniche di AURIGA

Per esigenze pratiche ed economiche (mantenere il vuoto isolamento e lo schermo criogenico del circuito

principale e preservare il dewar) delle precedenti sospensioni si sono conservati i primi due stadi di

attenuazione ovvero gli stadi in gomma e i 4 cavi lunghi che sorreggono il dewar e lo isolano termicamente.

Tali stadi di attenuazione sono caratterizzati da modi propri di oscillazione a bassa frequenza (< 1 Hz).

Le nuove sospensioni sostituiscono gli ultimi 4 stadi del rivelatore cioè i pendoli contenuti all’interno del

dewar. Esse hanno modi propri di oscillazione caratterizzati da frequenze maggiori dei precedenti pendoli,

infatti il nuovo sistema di attenuazione pur avendo lo stesso grado di attenuazione del precedente, è

composto da 6 stadi anzichè 4. Quindi con la nuova soluzione si sono ridotte le ampie oscillazioni a bassa

frequenza il cui contributo ora è dato solamente dai primi due stadi originali.

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Dalla fig.8 si può osservare come le nuove sospensioni siano caratterizzate nella parte superiore da una

massa in Al 2017 (denominata “culla”) appoggiata al telaio in acciaio inox mediante 4 molle in Ti. Il telaio è

vincolato al dewar di elio con opportune aste filettate.

La parte centrale del nuovo apparato di attenuazione è indubbiamente quella che ha richiesto maggior

impegno sia in tempo di progettazione sia in costo economico (circa 20.000 euro).

Essa costituisce il filtro meccanico principale e consiste in 4 colonne ancorate superiorrmente alla culla e

inferiormente alle 2 masse disposte longitudinalmente alla barra (denominati traversi a T). Ciascuna colonna,

alta circa 800 mm e con un diametro di 250 mm, è costituita da una cascata di 6 elementi molla-massa

(denominati molla B).

La molla B è costituita da una massa cilindrica e da tre braccetti a forma di C e disposti sfasati di 120° l’uno

dall’altro su una faccia del cilindro; il tutto è ottenuto da un singolo pezzo opportunamente lavorato.

Ogni elemento molla-massa possiede un grado di attenuazione meccanica di 40 dB alla frequenza di circa 1

kHz (quella di funzionamento della barra) ed è stato progettato per operare con uno stress massimo interno

pari al 25% del valore di tensione allo snervamento del materiale. Il materiale utilizzato per le molle B è una

particolare evoluzione di una lega di alluminio commercialmente chiamata Alumold.

Ad ogni molla B sono fissate, utilizzando dei prigionieri in Ergal, 6 masse in bronzo: 3 sulla facccia

superiore e 3 sulla faccia inferiore del cilindro della massa B.

Le molle B si accoppiano l’una all’altra per mezzo di tre prigionieri in Ergal posti nella parte centrale della

molla stessa.

Secondo le previsioni teoriche la frequenza di risonanza verticale della molla B è di circa 85 Hz e non sono

presenti altre risonanze interne nell’intervallo tra 85 e 1800 Hz.

La parte inferiore di ciascuna colonna si fissa ai due pidoni mediante viti in Ergal.

Nella parte centrale di ciascun piedone vi è una molla (denominata molla D) che lavora in compressione la

cui funzione è quella di sostenere il traverso centrale (denominato gommone). La molla D possiede un grado

di attenuazione meccanica pari a 20 dB alla frequenza di 1 kHz.

Un’altra interessante caratteristica delle nuove sospensioni è il nuovo ancoraggio della barra di Al 5056 al

gommone. Anzichè utilizzare il cavo di rame come precedentemente illustrato la barra è sostenuta da un

cavo tubolare opportunamento dimensionato sia alla tensione massima, sia ai modi normali di risonanza

propri.

L’estremità inferiore del cavo, (di una particolare lega di bronzo PAN AlMBz 220), sostiene la barra sul suo

centro di massa, quella superiore è vincola al gommone con un particolare aggancio a “baionetta” (in futuro

lo si realizzerà in lega CuBe caratterizzata da un alto fattore di merito e da un elevato carico di

snervamento).

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Sono presenti due schermi termici: quello esterno (a circa 2 K) è ancorato rigidamente al telaio, mentre

quello interno (a circa 0.5 K) è sostenuto da 4 cavi di acciaio fissati superiormente al telaio e dimensionati

considerando l’imput termico.

2.5 Attenuazione meccanica: isolamento delle vibrazioni

2.5.1 Funzione di trasferimento di spostamento

Per capire come un sistema reagisca alle azioni che

interessano il basamento (come per esempio il rumore

sismico), si rende necessario costruire un modello matematico

che contenga tutte le caratteristiche dinamiche necessarie. La

fig.10 mostra una possibile rappresentazione: lo spostamento

dalla massa m rispetto al basamento é descritto dalla variabile

x(t), mentre é y(t) quello del basamento rispetto ad un riferi-

mento assoluto.

Siccome la forza d’inerzia é proporzionale all’accelerazione

assoluta x&& , la forza resistente e la forza elastica sono

proporzionali rispettivamente alla velocità relativa x y−& &(smorzamento viscoso) e allo spostamento relativo x-y,

l’equazione del moto é :

( ) ( ) 0mx c x y k x y+ − + − =&& & & (8

e applicando la trasformata di Fourier in ambo i membri e raccogliendo si ottiene:

( ) ( )[ ]2X m k i c Y k i cω ω ω ω ω − + + = + (9

dove ( )ωX e ( )Y ω sono le trasformate di Fourier di ( )tx e ( )ty :

( ) ( ) ( ) ( )∫∫+∞

∞−

ω+∞

∞−

ω =ω=ω ,dtetyY ,dtetxX titi (10

Fig.10 Sistema a un grado di liberta`

nel quale compare una eccitazione

del basamento: le due coordinate x e

y rappresentano lo spostamento

delle parti interessate rispetto ad un

riferimento assoluto.

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semplificando l’eq.9 e riscrivendola in termini della frequenza fondamentale 20

k

mω = e del fattore di qualità

0mQ

c

ω= si giunge alla seguente:

( ) ( )2 2 20 00 0

i iX Y

Q Q

ω ω ω ωω ω ω ω ω

− + + = +

(11

dalla quale si ricava la seguente:

( ) ( )( )

2 00

2 2 00

iX Q

TiY

Q

ωωω

ωω

ωωω ω ω

+≡ =

− +(12

Questa espressione caratterizza la funzione di trasferimento della massa eccitata da vibrazioni del

basamento: un pò come il rumore sismico a cui è soggetto il basamento della del rivelatore.

Si osservi che per valori di 0ω ω> si verifica una diminuzione dell’ampiezza di oscillazione dal basamento

alla massa pari a:

( )2

0

0

=>> ω

ωω

ωωTlim (13

Tutto cio` vale nel caso in cui 0 0Qω ω ω<< << ; se invece 0Qω ω>> allora l’attenuazione va come 0

Q

ωω⋅

; si

vede infatti prendendo i moduli di ( )X ω e ( )Y ω che:

( )( )

( )( )0 0

2

4 0 00

02 22022 2 0

0

lim limQ Q

X Q Q

QY

Q

ω ω ω ω

ωω ωωωω ω

ωω ω ωωωω ω>> >>

+ = ≈ ≈

− − +

(14

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Tale relazione pone gia` un vincolo sul tipo di materiale e sulla frequenza 0 0 2ν ω π= dei modi di

vibrazione di una ipotetica sospensione progettata per avere una attenuazione prestabilita AΩ (espressa in dB)

alla frequenza di lavoro πων 2= ; infatti per Q0ωω >> l’attenuazione AΩ diviene:

( )( )

020log 20 logX

AY Q

ω ωω ωΩ = ≈ (dB) (15

Il valore della frequenza relativa 0ωω in corrispondenza della quale si verifica la transizione di regime di

attenuazione (ovvero si instaura l’andamento rappresentato dalla eq.13), è dato quindi dalla seguente

00

Q Qω

ω ωω

= ⇒ ≥ (16

Nel caso di materiali aventi un valore di Q elevato come la maggior parte dei materiali metallici (10 3÷10 9),

e lavorando in un range rappresentato dalla condizione 0 0Qω ω ω≤ ≤ , il problema non sussiste.

Fig.11. Rappresentazione schematica dell’andamento dell’attenuazione sviluppata da un sistema smorzato per valori differenti

del fattore di qualità Q. La coda più alta corrisponde al fattore Q di valore più basso: si noti la variazione della pendenza di

attenuazione che subisce ciascuna delle curve per valori della frequenza relativa ω/ω0 comparabili con il valore di Q.

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Si può anzi approssimare l’eq.12 trascurando il termine contenente Q con la seguente:

( ) ( )( ) 22

0

20

ωωω

ωω

ω−

==Y

XT (17

L’eq.17 descrive infatti la funzione di trasferimento di un sistema ideale che presenta una risonanza con

pulsazione pari a:

mk

=0ω (18

che è lo stesso sistema massa-molla rappresentato dalla Fig.10 privo dell’elemento smorzatore.

2.5.2 Sistemi a N stadi.

Consideriamo un sistema di N oscillatori smorzati in cascata, come

in fig.12: siano hk , hm e hc , h=1,2,…,N rispettivamente la

costante elastica, la massa e il coefficiente di smorzamento

dell’oscillatore h-esimo, avente frequenza fondamentale pari a

h

hh m

k=ω0 , e fattore di qualità 0h h

hh

mQ

c

ω= ; cerchiamo ora di

trovare la funzione di trasferimento di tale sistema. Le equazioni

che governano il sistema sono le seguenti:

( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )

1 1 1 1 2 1 2 1 1 2 1 2

2 2 2 1 3 1 2 2 2 1 3 2 3

1 1 1 1 2 1 1 1 2 1

1 1

0

0

0

0

N N N N N N N N N N N N N N

N N N N N N N N

m x c x y c x x k x y k x x

m x c x y c x x k x x k x x

m x c x x c x x k x x k x x

m x c x x k x x

− − − − − − − − − −

− −

+ − + − + − + − =

+ − + − + − + − = + − + − + − + − = + − + − =

&& & & & &&& & & & &

M&& & & & &

&& & &(19

Fig.12 Sistema di N attenuatori

in cascata.

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Riscritta in forma matriciale l’eq.19 diventa:

yxxx =++ KCM &&& (20

nella quale si è posto:

+

=

=

−−+

−−+

=

−−+

−+

=

=

−−−

−−−

0

0

00

0

0

00

00

0

0

00

000

000

000

000

11

2

1

1

112

2

221

1

112

2

221

2

1

MMOOO

OOO

O

ωick

y ,

x

x

x

x ,

kk

kkk

k

kkk

,

cc

ccc

c

ccc

,

m

m

m

NNN

NNN

NN

NNN

N

K

CM

Per trovare la soluzione dell’eq.20 si ripete il procedimento applicato al caso precedente (stadio singolo),

applichiamo cioè le trasformate di Fourier ad entrambi i membri dell’eq.20:

[ ] ( ) ( )ω=ω⋅+ω+ω− YXi KCM2 (21

dove in questo caso:

( )

( )( )

( )

( )

( )

y

Y ,

x

x

x

X

ω

ω

ωω

0

02

1

MM (22

sono le trasformate dei vettori ( ) tx e ( ) ty . Il problema che si prefigura è quello di determinare le soluzioni

del sistema precedente, che porta direttamente a dover determinare autovalori e autovettori dell’eq.21. Nel

caso ad esempio nel quale 0C = si determina la soluzione relativa allo stesso sistema, ovvero la matrice

degli smorzamenti sia identicamente nulla:

( )tyxx =+ KM && (23

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[ ] ( ) ( )ω=ω⋅+ω− YXKM2 (24

Il sistema omogeneo corrispondente è:

[ ] ( ) 0KM =⋅+− ωω X2 (25

affinchè ammetta soluzioni non banali, occorre che il determinante dei coefficienti sia nullo:

[ ] 02 =ω− MKdet (26

questa equazione caratteristica ha per soluzioni le radici di un polinomio di grado N in funzione degli

autovalori 2ωλ = :

[ ] 0=λ− MKdet (27

Il quadrato delle pulsazioni coincide con ciascuno degli autovalori:

20hh Ω=λ (28

Per il sistema considerato, gli autovalori sono tutti reali e distinti, ordinabili in maniera crescente, perché non

intervengono simmetrie tridimensionali che possano far apparire un insieme di autovalori multipli, o con

molteplicità algebrica ν maggiore di uno. Nel caso di corpi elastici caratterizzati da simmetrie cilindriche o

per rotazioni lungo alcuni assi, è normale che esistano autovalori multipli corrispondenti a pulsazioni dei

moti vibratori associati.

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2.6 Progettazione e simulazioni: caratteristiche del software.

2.6.1 Introduzione

Il software utilizzato per la progettazione delle sospensioni meccaniche è stato prodotto dalla P.T.C. e

consiste di vari pacchetti di programmi gestiti da quello per il design e la costruzione geometrica delle parti:

Pro/ENGINEER. Per quanto riguarda le simulazioni statiche, modali e dinamiche in frequenza, e tutto ciò

che sia correlato con tali procedure (vincoli, carichi e sollecitazioni), il programma addetto a tali mansioni è

Pro/MECHANICA. In altri termini il primo permette di creare l’oggetto, il secondo ne simula i

comportamenti sotto determinate condizioni.

Il Pro/ENGINEER è dotato di ulteriori sottoprogrammi in grado di discretizzare automaticamente (GEM,

Geometric Element Module) i domini dei solidi (cioè la cosiddetta “mesh-atura”o meshing: dall’inglese

mesh = maglia, rete; to mesh = creare una maglia); consente pure di manipolarne direttamente il risultato.

Questa alternativa costituisce un grande vantaggio per il progettista, al quale viene data la possibilità di

controllare la “meshatura” e di modificarla opportunamente secondo le necessità.

Tali programmi possono interagire tra loro in tre modi differenti: in ambiente integrato, attraverso un link, e

in ambiente indipendente. Da un punto di vista operativo, la prima opzione elimina la gravosa operazione

della meshatura perché può essere resa automatica nel momento in cui si avvia la simulazione impostata.

Dell’algoritmo coinvolto in tale processo parleremo nel prossimo paragrafo.

Il secondo modo dà accesso alle operazioni di cambiamento degli elementini singoli (in termini di forma

geometrica, orientato verso una sommaria semplificazione della meshatura eseguita in automatico).

Il terzo si rende necessario per correggere eventuali errori legati ad una incompatibilità di struttura degli

elementi durante la loro generazione automatica eseguita da Pro/MECHANICA. Per esempio, elementi che

possiedano angoli interni minori o maggiori dei valori prestabiliti, generano messaggi di errore durante il

meshing.

E’ importante sottolineare il fatto che tutte le simulazioni effettuate per questo lavoro sono state precedute da

una meshatura automatica.

2.6.2 Il meshing: il procedimento di discretizzazione automatica.

La procedura seguita da Pro/MECHANICA per la discretizzazione del dominio (in 2D oppure in 3D)

occupato dal pezzo in analisi è basata sul cosidetto Advancing Front Method: trattasi di un algoritmo che

discretizza il dominio del pezzo generando i primi nodi sulla frontiera, e da qui prosegue costruendo gli

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elementi verso l’interno del dominio a “strati” successivi (fig.13). All’inizio dopo un’analisi sommaria, il

programma crea una rete di nodi sparsa su tutta la superficie dell’oggetto (la frontiera); quindi connette con

dei segmenti i nodi contigui dando vita a elementi poligonali se si lavora in 2D o poliedrici se l’oggetto è

tridimensionale.

Le nuove superfici generate divengono sede di ulteriore analisi per determinare le caratteristiche fisico-

geometriche con cui procedere per lo sviluppo dei nuovi “fronti”.

Se si considerassero due elementi contigui bidimensionali (con un nodo in comune) che giacciono sullo

stesso fronte, si potrebbe esemplificare l’analisi effettuata dall’algoritmo aiutandosi con la fig.14.

In funzione dell’angolo α formato tra i due segmentini, tre sono i casi che si distinguono per una coppia di

elementi che appartengono a uno stesso dominio bidimensionale:

-se l’angolo α ≤ 90° allora i due segmenti vengono chiusi da un terzo formando un nuovo triangolo;

-se l’angolo 90°≤ α ≤ 180° allora si generano altri due elementi triangolari;

-se l’angolo α ≥ 180° allora si conserva uno dei segmenti e viene creato un nodo di fronte all’altro

segmentino per cui si aggiunge un triangolino che connette il segmento al nodo.

Fig.13 Advanced Front Method, è la tecnica usata dal programma per costruire il

meshing di un oggetto.

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Fig.14 Genesi dell’elemento secondo i vincoli stabiliti nell’ Advancing Front Method.

Dopo che il nuovo fronte è stato creato, si prosegue con le stesse regole testè menzionate fino al

riempimento di tutto il dominio.

Con tale metodo non è possibile prevedere il numero di elementi coinvolti nella meshatura finale. Questo

metodo di generazione degli elementi è considerato di natura “locale” perché ogni elementino nuovo non

pregiudica quelli dislocati in un suo intorno.

Pro/MECHANICA possiede differenti tipi di elementi tridimensionali con i quali gestire globalmente il

meshing (mattoncini, tetraedri, cunei, barre, travette, shell ecc.); per default utilizza i tetraedri. La differenza

tra l’impiego di un tipo rispetto ad un altro dipende sia dalle simmetrie coinvolte, sia dalla finezza di calcolo

delle variabili statiche o dinamiche. Il tetraedro ha il vantaggio di generare un risultato molto vicino alla

realtà fisica (perché è un solido che produce meshing molto regolari rispetto a quelli prodotti con altri

elementi) a patto che il meshing sia “generoso” (PRO/MECHANICA per default crea molti più elementi di

quanto sia realmente necessario per un risultato di accettabile). Il mattoncino, il cuneo sono elementi che

possono sostituire i tetraedri in quelle circostanze per cui la simmetria del pezzo, permette di semplificare il

numero di elementi senza perdere in precisione di calcolo e dunque di modellazione.

I principali parametri di setting, che influenzano la qualità del meshing, oltre al tipo di elementi, sono tre:

-Il cosiddetto aspect ratio (con riferimento alla fig.15):

ab

ratio aspect ==

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Fig.15 Descrizione dei parametri di meshatura globale.

o rapporto tra la misura del lato (o spigolo) maggiore e quella del lato (o spigolo) più piccolo di uno stesso

elemento; il suo valore stabilito per default è 30.

-Il min max angle o il valore minimo e massimo degli angoli interni di un elemento (o diedri se l’elemento è

tridimensionale); per default l’angolo minimo vale 5° mentre l’angolo maggiore vale 175° (vedi angoli α β

della fig.15).

L’edge turn angle o angolo di rivoluzione φ massimo esistente tra i lati (o le facce) di uno stesso elemento

quando quest’ultimo si affacci ad una curva (o superficie) di curvatura data; il suo valore di default è 95°.

E’ importante ribadire che una meshing che possiede elementi il più regolari possibile (ovvero che

presentino una forma che non si discosti dal poligono (poliedro) regolare avente lo stesso numero di lati

(facce) è in grado di raggiungere precisioni rispetto alla realtà fisica del pezzo molto più fini rispetto a

meshature che coinvolgano elementi fortemente irregolari (e quindi allungati); unico costo, il tempo di

calcolo che viene amplificato perché un meshing ricca di elementi regolari implica una drastica riduzione

delle loro dimensioni individuali rispetto al dominio, per cui aumentano in numero molto rapidamente.

Dopo che il programma addetto alla preparazione del meshing (l’autoGEM), ha prodotto la discretizzazione

del dominio, Pro/MECHANICA conduce l’analisi sfruttando un metodo iterato (eseguito dal solver di

Pro/MECHANICA) che si basa su un algoritmo che sfrutta il procedimento dei p-element. Detto p il grado

del polinomio utilizzato per la funzioni di forma che caratterizza un elemento, il sistema effettua due passi, e

in seguito può decidere di incrementare il valore di p solo dopo aver confrontato l’errore di convergenza

calcolato tra un passo e il successivo con la convergenza prestabilita nella simulazione. E’ una sorta di

convergenza intelligente: gli elementi che già hanno raggiunto un’errore di convergenza inferiore a quello

indicato nella simulazione, conservano il grado delle loro funzioni di forma anche per i passi successivi,

mentre i rimanenti incrementano l’esponente p del polinomio per i seguenti livelli di approssimazione.

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Esistono due modalità distinte per le analisi:

-Multi-pass analysis: il sistema effettua tutti i passi incrementando il grado del polinomio passo dopo passo

in modo tale da poter raggiungere la convergenza prestabilita in fase di setting dell’analisi.

-Single-pass analisys: il sistema stima con il primo passo il grado più appropriato delle funzioni di forma per

una approsimazione più adatta e in seguito conduce il calcolo incrementando il livello di approssimazione

dato da p nei passi successivi. Si guadagna in tempi di calcolo ma l’errore viene determinato scegliendo

quello massimo generato dalla variabile “stress”.

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2.7 Il creep nei materiali metallici

La presenza nei materiali metallici di difetti reticolari, vacanze, dislocazioni, inclusioni e/o di tutte quelle

imperfezioni, che impediscono al materiale di comportarsi in modo ideale, hanno come effetto la nascita di

fenomeni non lineari, i quali sia per il grado di sensibilità del rivelatore in questione, sia per gli strumenti di

analisi a nostra disposizione, non si è in grado di analizzare e quindi di prevedere in tutti i loro aspetti. Per

semplicità l’insieme di questi fenomeni viene associato al fenomeno del creep e di seguito si presenterà

un’approccio fenomenologico nel tentativo di limitare quanto più possibile questo comportamento del

materiale, che ovviamente ha come effetto finale quello di introdurre liberazioni di energia all’interno del

rivelatore simulando il segnale cercato.

L’esperienza fin qui sviluppata sia direttamente con il rivelatore Auriga, sia con un sito di test per catene di

trasduzione [4], hanno dimostrato che i materiali fin qui utilizzati: leghe di alluminio, titanio, rame, acciai,

non presentano attività di creep tale da rendere impossibile il loro utilizzo e da limitare la riproducibilità dei

risultati nel corso di diversi test sia rimanendo per mesi alla stessa temperatura, sia venendo sottoposti a

elevate escursioni termiche.

Il creep è una deformazione plastico-viscosa nel tempo del materiale. L’evidenza del fenomeno del creep

dipende in modo diretto, ma non lineare, dalla tensione a cui viene sottoposto il materiale, dalla sua

temperatura di esercizio e dal tempo di osservazione.

Auriga è un telescopio, che non conosce il momento di arrivo del segnale gravitazionale, questo impone

campagne osservative continuative anche di parecchi anni. La deformazione dovuta al creep, come si vede

anche dalla fig.16, integrata per così lunghi periodi, non è grave poiché aumenta linearmente con il

logaritmo del tempo, e sommata alle sollecitazione dovute al raffreddamento ed alla necessità di ottimizzare

i punti di lavoro dell’elettronica e/o del sistema criogenico, rende i primi giorni di funzionamento sempre

evidentemente rumorosi, ma che successivamente non ha mai impedito di realizzare osservazioni anche per

lunghi periodi con sensibilità non limitate dal creep (‘97-’99).

Nella fig.16 si osserva la grande diversità di comportamento di un materiale al variare della temperatura (la

prova è stata eseguita una provetta di rame).

Se la temperatura del materiale è inferiore a 0.3 mT⋅ , dove mT è la temperatura assoluta di fusione del

materiale, allora la deformazione del materiale causata dal creep è piccola e quindi il movimento delle

vacanze e/o dislocazioni è raro [5].

Nel caso di Auriga la temperatura essendo estremamente bassa limita fortemente il fenomeno, ciò assicura

che sottoporre il sistema di sospensioni all’abbassamento di temperatura di un fattore 700, una volta

assicurato il comportamento statico a temperatura ambiente, si possa incorrere in rotture a causa del creep

stesso.

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Invece ad alta temperatura, 0.4 mT T> ⋅ , la deformazione dovuta al creep può essere così rilevante da portare

a rottura il materiale dopo un tempo tf. Il tempo necessario perchè si verifichi la frattura diminuisce con

l’aumentare della temperatura e della tensione applicata.

Fig.16 Comportamento del materiale al creep in funzione della temperature a parità di tensione applicata.

Nella fig.17 sono rappresentate qualitativamente le curve di deformazione ε (fig.17a) in funzione del tempo

t e la velocità di deformazione .

ε (fig.17b) in funzione della deformazione ε per 0.3 mT T< ⋅ .

Dopo la deformazione iniziale dovuta all’applicazione del carico, la velocità di deformazione decresce con

l’aumentare della deformazione. Inoltre aumentando la tensione applicata alla stessa temperatura

( 1 2 3σ σ σ> > ), o aumentando la temperatura a parità di tensione applicata ( 1 2 3T T T> > ), si registra un

aumento della deformazione iniziale dovuta alla applicazione del carico in tutto il dominio del tempo e allo

stesso modo un aumento della velocità di deformazione in tutto il dominio della deformazione [7].

Dalla fig.17 si deduce che la deformazione iniziale 0ε è funzione di:

( )0 1 ,f Tε σ= (29

mentre la deformazione dovuta al creep ε è funzione di:

( )2 , ,f T tε σ= (30

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Fig.17 Curve di creep in funzione della tensione applicata e della temperatura.

Sperimentalmente si è trovato che a bassa temperatura 0.4 mT T< ⋅ , per materiali con struttura cristallina

anche diversa, la deformazione dovuta al creep aumenta linearmente con il logaritmo del tempo e dipende

dalla tensione applicata e dalla temperatura: all’aumentare del valore della tensione e della temperatura il

fenomeno del creep è più accentuato.

A seguito di questa semplice e preliminare analisi dei parametri a disposizione per limitare l’effetto del creep

è evidente che in fase di progettazione è necessario limitare in modo opportuno il carico di lavoro statico,

dimensionare cioè i componenti meccanici affinchè siano sottoposti in ogni loro parte al più basso valore di

stress limitatamente al ruolo svolto.

Nella progettazione di sistemi elastici per isolare meccanicamente è inevitabile caricare il materiale, si è

dunque progettato ogni componente limitando il valore dello stress massimo applicato al 25% del carico di

snervamento del materiale.

L’esperienza precedente in questo caso ci dice che con carichi fino al 60% dello stress di snervamento

Auriga ha lavorato in modo soddisfacente, in questo caso la parte maggiormente sollecitata era il cavo di

rame che si trovava anche nei pressi del cilindro sensibile.

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2.8 Le proprietà meccaniche dell’Ergal in funzione della temperatura

Le caratteristiche meccaniche dei materiali metallici variano in funzione della temperatura. Le componenti

più “delicate” del nuovo apparato di attenuazione meccanica sono state realizzate con una particolare lega di

Alluminio denominata Alumold. Tale lega è molto simile all’Ergal (per composizione chimica e trattamenti

termici subiti) per cui, è ragionevole considerare il comportamento meccanico dell’Alumold in funzione

della temperatura uguale a quello dell’Ergal.

Fig.18 Diagramma del carico di snervamento in funzione della temperatura.

In fig.18 è riportato l’andamento del carico di scostamento dallo proporzionalità Rσ in funzione della

temperatura della lega 7075 T6. Si noti che al diminuire della temperatura il valore di Rσ aumenta, infatti a

–423° F (pari a circa 70 K, temperatura dell’azoto liquido) rispetto alla temperatura ambiente il valore di Rσ

è maggiore del 30%. Tale comportamento del materiale è vantaggioso in fase di progettazione in quanto

aumenta il coefficiente di sicurezza [8].

Nella fig.19 è riportato l’andamento del modulo di Young (curva T6) in funzione della temperatura. Si

osservi che alla temperatura di –400° F (pari a circa 70 K) il suo valore, rispetto a quello a temperatura

ambiente, aumenta di circa il 10%.

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Fig.19 Diagramma del modulo di Young in funzione della temperatura

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CAPITOLO 3 I COMPONENTI DEL NUOVO SISTEMA DI

SOSPENSIONI MECCANICHE

Nel capitolo seguente sono descritti tutti i componenti che costituiscono il nuovo sistema di attenuazione

meccanica. L’ordine di esposizione rappresenta il percorso che seguirebbe un ipotetico rumore di tipo

meccanico sino ad eccitare l’antenna.

3.1 Il telaio

3.1.1 Proprietà e requisiti richiesti.

Requisito fondamentale del telaio è sostenere l’intero apparato delle sospensioni sottostanti e anche, con

opportune staffe e aste metalliche, gli schermi termici al fine di disaccoppiarli dal sistema di attenuazione

meccanica.

Considerando le dimensioni (1220 x 1180 mm) e la forma ad H del telaio non è possibile progettarlo senza

che questo sia privo, nella banda di frequenza di nostro interesse (400 ÷ 1500 Hz), di frequenze proprie. La

progettazione è stata eseguita considerando semplicemente l’aspetto strutturale e i vincoli geometrici imposti

dai supporti saldati sul dewar di elio (fig.8). Si consideri inoltre che il dewar, a causa della sua forma

toroidale e dell’evaporazione dell’elio è fonte di rumore in un ampio spettro di frequenze.

Il telaio è vincolato mediante aste filettate (M 14) ai supporti saldati presenti sulla superficie cilindrica

interna del dewar. Le aste filettate sono in acciaio inox e sono state dimensionate considerando un carico

statico, in via cautelativa, pari ad una tonnelata per asta.

Il telaio è dotato in corrispondenza dei fori per le aste, di una apposita cava semisferica, sulla quale si

accoppia la corrispondente rondella semisferica. Vincolando in tal modo il telaio, con buona

approsimazione, si può considerarlo come semplicemente appoggiato agli estremi, e quindi, i supporti di

sostegno del dewar sono sollecitati con le stesse modalità per le quali sono stati progettati originariamente.

Inoltre vincolando in tal modo il telaio è possibile avere un minimo di gioco (circa 50 mm) nel piano

verticale dell’intero apparato ed eseguire una “messa in bolla” dello stesso, al fine di avere un sistema

sufficientemente bilanciato, ovvero, un conportamento omogeneo di tutte e quattro le colonne di molle.

Sulla parte superiore del telaio è appoggiata la culla di Al 2017 mediante 4 apposite molle di Titanio.

Le posizioni delle molle di Ti sul telaio sono state individuate considerando i risultati della simulazione

modale fornita da Pro/MECHANICA (fig.23). Infatti per avere il minimo accoppiamento meccanico tra il

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telaio e la culla nella banda di frequenza di nostro interesse (intorno a 1 kHz) le molle di Ti sono state

posizionate in corrispondenza dei punti nodali dei modi normali attorno a 1 kHz del telaio.

Fig.20 Vista del telaio

Al telaio sono saldati anche 4 supporti dotati di fori filettati M12 sui lati esterni ed inferiori.

Ad essi sono rigidamente fissati, sfruttando i fori filettati esterni, i due cappellotti di rame dello schermo

termico esterno. Quest’ultimi sono opportunamente isolati termicamente dal telaio in corrispodenza delle

superfici di contatto, e in condizioni di funzionamento a regime del refrigeratore, si trovano ad una

temperatura di circa 2 K.

In corrispondenza dei fori inferiori dei supporti saldati sono invece fissate le aste in acciaio inox che

sostengono i cappellotti di rame dello schermo termico interno. Tali aste sono dimensionate considerando il

minimo input termico: infatti il telaio si trova ad una temperatura di circa 10 K, mentre lo schermo interno

possiede una temperatura di circa 0.5 K in condizioni operative.

3.1.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive.

La scelta del materiale del telaio è determinata dalle condizioni operative e dai vincoli esterni.

Dovendo ancorare il telaio al dewar di elio e trovandosi questo ad una temperatura dell’ordine di circa 6-10

K. si è obbligati a costruire il telaio con lo stesso tipo di materiale. Infatti, se essi fossero costituiti da

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materiali diversi, in fase di raffreddamento, si avrebbe la comparsa di pericolse ed inutili tensioni nel telaio e

nel dewar dovute ai diversi coefficienti di dilatazione termica lineare dei materiali ( 280T∆ : K).

Il materiale costituente il dewar di elio è un acciaio AISI 316L.

Il telaio è stato costruito utilizzando dei piatti laminati (80 x 40 mm) ovviamente di AISI 316L. ed ha una

massa di circa 130 kg.

Esso è costituito da 4 parti, sulle quali sono stati saldati dei rinforzi, assemblate fra loro mediante viti in

acciaio inox. E’ stato perciò necessario, al fine di evitare indesiderate deformazioni durante il

raffreddamento, provvedere prima delle ultime lavorazioni meccaniche (esecuzioni fori e fresature di

superfici di riferimento) sottoporre il telaio ad un trattamento termico di distensione.

Le saldature sono state adeguatamente dimensionate considerando con certo grado di sicurezza in virtù delle

condizioni operative, della geometria del telaio, dei carichi, e dei vincoli presenti. Le saldature sono state

realizzate utilizzando una saldatrice a TIG.

Si osservi che le aste filettate che sostengono il telaio al dewar si possono considerare come degli elementi

elastici che possono compensare eventuali piccole differenza nei coefficienti termici lineari dei materiali

costituenti il telaio e il dewar.

Le aste filettate sono sollecitate in condizioni statiche con una tensione di trazione pari a circa 130 N/mm2

(tensione di snervamento 220 N/mm2).

Sulle due parti trasversali (rispetto all’asse longitudinale della barra) sono saldati i supporti per sostenere gli

schermi termici e sulla superficie inferiore sono ricavate le sedi di forma semisferica per le rondelle

semisferiche di inox con i relativi fori.

Sulle due parti longitudinali sono realizzati i fori filettati M8 per bloccare le molle di Ti che sostengono la

culla di Alluminio.

3.1.3 Risultati delle simulazioni

Di seguito è riportata l’analisi strutturale del telaio considerandolo, per maggior comodità di calcolo,

incastrato alle 4 estremità e con un carico applicato in corrispondenza della sede di ogni molla di Ti pari a 10

kN.

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Secondo la simulazione le zone di maggior stress (circa 170 N/mm2) sono concentrate in corrispondenza

degli spigoli dei fori, ma considerando il caso reale il vincolo in corrispodenza delle estremità del telaio è

molto più simile ad un semplice appoggio (si consideri il rapporto di rigidezze tra il telaio e le aste filettate).

Il telaio per praticità di calcolo è ipotizzato

Fig.21 Immagine della simulazione strutturale del telaio realizzata da Pro/MECHANICA

incastrato in corrispondenza della 4 estremità, ma nella realtà il telaio è sostenuto dalle 4 aste filettate.

E’ ragionevole perciò pensare che nella realtà il valore dello stress in corrispondenza dei fori sia

decisamente più basso. In tutte le altre zone del telaio la tensione non supera il valore di 70 N/mm2.

3.2 Le molle in Ti

3.2.1 Proprietà e requisiti richiesti

Le molle in Ti rappresentano il primo stadio di disaccoppiamento delle nuove sospensioni. Per ottimizzare il

comportamento del sistema “telaio-molla-culla” le molle in Ti sono state posizionate in punti nodali dei

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modi con frequenza intorno a 1 kHz del telaio, individuati grazie all’analisi modale eseguita con

Pro/MECHANICA.

Esse lavorano in compressione e sostengono la culla che funge da massa dello stadio di disaccoppiamento.

Sono state progettate per avere un grado di attenuazione meccanica pari a 20 dB alla frequenza di 1 kHz

lungo la direzione di spostamento verticale e ogni molla deve inoltre resistere ad un carico di progetto pari a

10 kN.

3.2.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive

Considerando l’entità del carico applicato su ogni molla e le prestazioni dinamiche si è ritenuto opportuno

realizzare le molle in una lega di titanio le cui caratteristiche meccaniche sono di seguito esposte.

Lega: Ti 6Al V Gr. 5

Carico unitario di rottura minimo garantito ( Rσ ): 895 N/mm2

Carico limite elastico (0.2%) minimo garantito ( 0.2pσ ): 830 N/mm2

Allungamento minimo garantito (A5): 10%

Modulo di elasticità (E): 114.000 N/mm2

Densità: 4,45 kg/dm3.

Le dimensioni della molla sono 100 x 40 x 30 mm

La molla è stata ottenuta con un ciclo di lavorazione che prevedesse il minimo apporto di tensioni

meccaniche per asportazione di truciolo. A tal fine la maggior parte della molla è stata ottenuta utilizzando il

processo tecnologico denominato ad elettrorosione a filo.

Fig.22 Vista tridimensionale della molla in Ti

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La molla è bloccata inferiormente al telaio e superirmente alla culla mediante viti M8 in inox.

Trovandosi il telaio e la culla a temperature criogeniche diverse, (il primo a 6I10 K, la seconda a 1.2I2.0

K) tra le superfici d’appoggio della molla è opportuno inserire uno strato di pochi millimetri (3 mm) di

teflon che possiede buone proprietà termiche isolanti. La superficie d’appoggio del Teflon è stato calcolata

considerando il carico agente sulla molla in Ti e le caratteristiche meccaniche del Teflon (carico di

snervamento circa 40 N/mm2). La pressione agente sul Teflon è di circa 10 N/mm2.

3.2.3 Risulatati della simulzione

Di seguito sono riportati i risultati della simulazione strutturale della molla ipotizzandola sul lato inferiore

incastrata e sul lato superiore caricata con 10 kN.

Si noti che in alcune zone della molla la tensione è in valore assoluto elevata, ma considerando il materiale

utilizzato sono sosdisfatti i requisiti richiesti di contenere le tensioni al di sotto del 25% del valore del carico

di snervamento del materiale (vedi paragrafo 2.3).

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Fig.23 Simulazione statica della molla in Ti caricata superiormente con 10.000N e incastrata inferiormente

3.3 La culla

3.3.1 Proprietà e requisiti richiesti

La culla è una massa di 140 kg in lega di Alluminio, avente una particolare forma a “mezzaluna” con un foro

centrale, sostenuta dalle 4 molle in Ti.

I diversi e molteplici requsiti a cui deve soddisfare la culla, sia in termici che meccanici, la rendono più

complessa di quanto può apparire a prima vista.

Di seguito si riportano le principali proprietà richieste:

1. costituire un piano di riferimento per l’ancoraggio delle 4 colonne di molle;

2. essere una massa inerte cioè non possedere frequenze proprie di risonaza nel range 400I1500 Hz;

3. ancorarsi termicamente al componente denominato 1Kpot del refrigeratore con opportuni links termici

sufficientemente morbidi: deve quindi possedere una buona conducibilità termica (T=1.2÷2 K).

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3.3.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive

La culla è stata realizzata con una lega di Al 2017A T452 (tipica lega per la costruzione di stampi) in quanto

tale materiale soddisfa i requisiti richiesti di leggerezza,

buone proprietà meccaniche (più elevate rispetto ad altre leghe di Al economicamente comparabili), e buona

conducibilità termica.

Di seguito sono riportate le caratteristiche meccaniche della lega Al 2017A T452.

Carico unitario di rottura minimo garantito ( Rσ ): 425 N/mm2

Carico limite elastico minimo garantito ( 0.2pσ ): 275 N/mm2

Allungamento (A5) minimo garantito: 18 %

Durezza HB: 110

Modulo di elasticità (E): 71.500 N/mm2

Densità: 2.71 kg/dm3.

Fig.24 Vista superiore della culla

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La culla è stata realizzata lavorando un pezzo unico di lega mediante macchine a CNC. Le dimensioni di

ingombro sono 1016 x 550 x 216 mm (costo circa 6.000 euro).

La particolare forma e dimensioni (figg.12 e 13) consentono di soddisfare i requisiti richiesti. Gli intagli

centrali sono opportunamente raccordati per non creare inutili tensioni dovute alla variazione di forma.

Il foro centrale, avente un diametro di 300 mm permette l’alloggiamento al suo interno della 1Kpot del

refrigeratore.

La 1Kpot con opportuni links termici mantiene in condizioni di regime del refrigeratore, la temperatura della

culla attorno a 2 K.

Sul lato inferiore sono realizzati 4 corone di 6 fori (M10) ciascuna per l’ancoraggio delle 4 colonne di molle.

Sullo stesso lato sono ricavati anche i fori (M8) per il fissaggio delle 4 molle di Ti e anche più serie di fori

(M6) per applicare i termometri e le termalizzazioni dei cavi che raggiungono le parti più interne del

rivelatore.

I fori filettati di maggiori dimensioni (M10 e M8) sono passanti onde evitare in fase di pompaggio eventuali

camere d’aria particolarmente nocive per realizzare e mantenere un buon grado di vuoto all’interno

dell’apparato sperimentale. Per la stessa ragione le altre viti, di diametro minore e/o non soggette a

particolari tensioni meccaniche, sono dotate di un foro passante di piccolo diametro.

Fig.25. Vista dal basso della culla. Si osservino le 4 corone di 6 fori per l’aggancio delle colonne

di molle e le 4 sedi scanalate dotate di fori M8 per il fissaggio delle molle in Ti. Le cave centrali

sono opportunamente raccordate.

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Anche il grado di finitura delle superfici deve essere buono (Ra=3.2÷6.3) per ridurre il più possibile

fenomeni di degasaggio in fase di pompaggio.

3.3.3 Risultati della simulazioni modale

Di seguito sono riportati i risultati della simulazione modale della culla ipotizzandola vincolata con molle

molto morbide. Per non appesantire eccessivamente il calcolo la simulazione è stata eseguita analizzando il

range delle frequenze compreso tra 1 e 2 kHz. Si osservi che in un range compreso tra 616 e 1273 Hz non vi

sono risonanze proprie. Anche se inferiore a quanto richiesto tale finestra libera da modi propri si può

considerare sufficientemente ampia. La convergenza rappresenta l’errore espresso in percentuale del valore

della frequenza.

Tab.2 Tabella dei modi normali della culla ottenuti dalla simulazione con Pro/MECHANICA

Modo Frequenza [Hz] Convergenza %

1 451 2.6

2 616 1.4

3 1273 1.6

4 1331 1.4

5 1461 1.9

6 1622 1.4

7 1949 1.1

3.3.4 Risultati delle simulazioni del sistema “telaio - molle in Ti - culla”

In fig.26 è rappresentato il sistema costituito dal telaio, le molle in titanio e la culla.

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Di seguito sono riportati i risultati della simulazione dei modi di risonanza del sistema “telaio - molle in Ti -

culla” ottenuti con Pro/MECHANICA. Si ipotizza il telaio vincolato alle estremità con molle molto morbide.

La simulazione è stata eseguita nel range tra 500 e 1500 Hz.

Tab.3. Modi propri di risonanza ottenuti dalla simulazione sistema “telaio - molle in Ti – culla”.

Modo Frequenza [Hz] Convergenza

%

Modo Frequenza

[Hz]

Convergenza

%

1 586 13.1 12 1131 2.4

2 611 0.9 13 1164 3.4

3 650 0.6 14 1209 1.9

4 653 1.2 15 1223 1.1

5 678 2.3 16 1242 1.8

6 692 0.5 17 1283 1.0

7 725 1.9 18 1308 0.1

8 738 0.7 19 1354 1.2

9 741 1.9 20 1387 1.5

10 961 10.9 21 1410 0.4

11 1100 8.9 22 1423 2.4

Si noti nelle rappresentazioni di fig.27 che i modi numero 2 e 17 sono i modi propri della culla, mentre gli

altri sono propri del telaio e sono completamente disaccoppiati dalla culla attraverso le molle in Ti. Infatti si

Fiig.26 Immagine del sistema “telaio - molle Ti – culla”.

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osservi che gli spostamenti sono rappresentati con colori diversi: il colore rosso rappresenta le zone

caratterizzate dal più alto valore di spostamento, mentre il colore blu rappresenta le zone con il più basso

valore di spostamento.

Per avere il minimo accoppiamento meccanico tra la culla e il telaio le molle in Ti sono state posizionate in

corrispodenza delle zone rappresentate dal colore blu, ovvero nei nodi dei modi normali del telaio nel range

di frequenza tra 600 Hz e 1300 Hz. Le posizioni dellle molle in Ti così determinate sono quindi un

compromesso delle posizioni dei vari nodi.

Modo 1 Modo 2

Modo 3 Modo 4

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51

Modo 5 Modo 6

Modo 7 Modo 8

Modo 9 Modo 10

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52

Modo 11 Modo 12

Modo 13 Modo 14

Modo 15 Modo16

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53

Modo 17

Fig.23 Rappresentazione dei primi 17 modi normali del sistema “telaio-molleTI-culla”.

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3.4 Le colonne di molle e masse

3.4.1 Proprietà e requisiti richiesti

Considerando la geometria del criostato caratterizzata dalla posizione centrale del refrigeratore (figg.5-6)

qualsiasi tipo di sospensione deve avere una geometria simmetrica rispetto ai piani di simmetria principali

del criostato stesso. Una soluzione come quella di seguito illustrata (fig.15) è semplice e soprattutto conserva

la simmetria.

dell’apparato. Le masse sono evidenziate in verde, mentre le molle denominate molle B sono evidenziate in

giallo. Ogni colonna è costituita da 6 molle (5 molle del tipo B e l’ultima, quella inferiore, del tipo C). Ogni

singolo stadio elementare della colonna può essere pensato costituito da una molla B e sei masse posizionate

sopra e sotto al cilindro della molla e bloccati con M10 in Ergal.

Le colonne di molle (costate complessivamente 20.000 euro) sono le componenti più importanti del nuovo

sistema di sospensioni. Infatti devono possedere un grado di attenuazione meccanica pari alla somma dei

filtri meccanici eliminati del precedente sistema di attenuazione meccanica. Avendo eliminato il cavo di

rame che sostiene la barra (100 dB), e i pendoli interni costituiti dai tre anelli di rame (per un totale di 105

Fig.28 Disegno di una colonna di molle B e masse in bronzo

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dB), il fattore di attenuazione meccanica richiesto al nuovo sistema di sospensioni meccaniche, alla

frequenza di 1 kHz., deve essere di almeno 200 dB ad una temperatura di circa 2K.

Un così elevato valore di attenuazione meccanica si pùo realizzare solo utilizzando più stadi in cascata.

Infatti se si realizzasse uno stadio unico con un grado di attenuazione pari a quello richiesto si avrebbe una

frequenza di risonanza molto bassa con la possibilità di un pericoloso accoppiamento con un eventuale

rumore sismico (e quindi la presenza di grandi spostamenti della barra), ma soprattutto la capacità di

attenuazione meccanica risentirebbe negativamente della presenza dei modi superiori.

La frequenza di risonanza di un unico stadio con un grado di attenuazione meccanica pari a 200 dB alla

frequenza di 900 Hz. è data dalla formula:

20020

0 900 10 0.09dB

Hz Hzν−

= ⋅ = (31

Considerando il grado di attenuazione meccanica richiesto alla frequenza di circa 1 kHz e i vincoli

dimensionali imposti dalla geometria dell’apparato, si è ritenuto opportuno realizzare ciascuna colonna

mediante sei stadi di molla-massa opportunamente accoppiati fra loro. Perciò ogni stadio elementare molla-

massa deve possedere un fattore di attenuazione meccanica di circa 40 dB.

Il fattore di attenuazione meccanica a 1kHz di ogni molla-massa deve soddisfare la seguente formula:

2

01020 logdB

ωω

= ⋅

(32

dove:

dB: rappresenta l’attenuazione meccanica espressa in dB,

0ω : rappresenta la frequenza di risonanza della molla,

ω :rappresenta la frequenza corrispondente all’attenuazione meccanica.

Da tale formula risulta che per ottenere un fattore di attenuazione meccanica di 40 dB a 1kHz la frequenza di

risonanza propria della molla-massa deve essere di circa 100 Hz.

Le colonne di molle non devono possedere frequenze proprie di risonanza in un adeguato range di frequenza

(500÷1500 Hz) al fine di non introdurre picchi spuri nella banda di sensibilità del rivelatore.

Le colonne di molle devono fornire il maggior contributo per l’isolamento meccanico della barra dai rumori

sia esterni che interni. Le sorgenti esterne sono il il rumore sismico, acustico, attività umana (sia generica

nelle vicinanze del rivelatore, sia quella dovuta al funzionamento del rivelatore stesso quali ad esempio

transfer di liquidi criogenici, attività legata alla messa a punto della strumentazione elettronica). Le sorgenti

interne si possono identificare nell’evaporazione dell’elio contenuto nel dewar, emissioni acustiche delle

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componenti sottoposte a stress sia meccanici che termici dovuti alle variazioni della temperatura, vibrazioni

dovute alla presenza di pompe da vuoto necessarie per il funzionamento del refrigeratore a diluizione.

Cura deve essere posta anche nella scelta del materiale, nella determinazione degli stress agenti al fine di

ridurre la possibilità di formazione di creeps meccanici, nel processo tecnologico utilizzato per la

realizzazione meccanica delle molle per non introdurre eccessive tensioni nel materiale

Il materiale delle molle deve avere alta conducibilità termica e basse dissipazioni cioè alto valore del fattore

di merito meccanico

Ultimo aspetto non meno importante è quello di considerare le problematiche correlate all’assemblaggio dei

singoli elementi costituenti le colonne in virtù dello spazio disponibile all’interno del contenitore toroidale di

elio (dewar).

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3.4.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive

Le 4 colonne sono costituite da 5 molle-massa (denominate molle B alle quali sono fissati delle massa in

bronzo) e da una semplice molla (denominata molla C) poste in cascata. Superiormente la colonna è

vincolata alla culla, mentre inferiormente l’ultima molla (molla C) è fissata ai traversi di Al a forma di T

rovesciata (figg. 8-9).

E’ molto importante che le 4 colonne lavorino il più possibile allo stesso modo e quindi abbiano un

comportamento dinamico e statico perfettamente simmetrico.

Tale soluzione costruttiva (a moduli) minimizza la probabilità di presenza di diversi comportamenti dei 4

sistemi dovuti sia alla lavorazione meccaniche, sia agli stress termici.

Considerando i requisiti richiesti alla sospensione diversi materiali possono essere impiegati. Il materiale

utilizzato deve essere allo stesso tempo leggero (cioè con bassa densità) e possedere elevati valori di

resistenza meccanica. Si è quindi ristretto il campo (considerando anche precedenti esperienze di lavoro[4])

verificando se tra le leghe leggere di alluminio ve ne fosse qualcuna che possedesse tutti i requisiti richiesti.

Fig.29 Molla B realizzata in Alumold 1-500

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In commercio si è trovato una lega, denominata Alumold, particolarmente adatta alla costruzione delle molle

B e C. Tale lega, coperta da brevetto, si può considerare una evoluzione della comune lega leggera

denominata Ergal T6 avendo, rispetto a questa, delle caratteristiche meccaniche superiori di circa il 10%.

Di seguito si illustrano le caratteristiche meccaniche della lega Alumold 1-500 T652 utilizzata per la

costruzione delle molle tipo B. Le dimensioni dei pezzi grezzi ricavati da lastra stabilizzata sono: φ 253 x

151 mm.

Rm = 580 N/mm2 Rp 0.2 = 532 N/mm2 A5 = 3 %

Per la costruzione della molla C, date le dimensioni più ridotte rispetto a quelle della molla B, è stato

possibile utilizzzare la lega Alumold 1-600 T651 avente proprietà meccaniche maggiori dell’Alumold 1-500.

Di seguito sono illustrate le caratteristiche meccaniche.Le dimensioni dei pezzi grezzi ricavati da lastra

stabilizzata sono: φ 232 x 101mm.

Rm = 615 N/mm Rp 0.2 = 554 N/mm A5 = 5 %

Considerando gli elevati valori in entrambe le leghe del carico unitario di snervamento Rp 0.2 è stato possibile

rispettare in fase di progettazione la condizione di dimensionare meccanicamente le molle con un valore

Fig. 30 Molla C realizzata in Alumold 1-600

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massimo di tensione agente inferiore al 25% del valore di Rp 0.2 e ottenere valori sufficientemente elevati di

attenuazione meccanica.

La molla B: ottenuta da un pezzo unico è l’elemento cruciale del sistema di isolamento meccanico. Infatti si

può pensare come l’elemento “molla-massa elementare” che costituisce le 4 colonne di molle.

E’ costituita superiormente da tre elementi elastici a forma di C disposti a 120° e raccordati da uno zoccolo

cilindrico dimensionato per distribuire le tensioni degli elementi elastici, inferiormente da un cilindro del

diametro di 232 mm, alto 50 mm (fig. 30) sul quale vengono fissate, mediante 3 prigionieri M10 di Ergal, le

masse di appesantimento di bronzo. Complessivamente ogni molla ha un ingombro di circa φ 232 x 140 mm.

Ogni zoccolo della molla (del diametro di 72mm) è dotato di 3 fori passanti e sfasati di 120° per poterla

bloccare superiormente mediante prigionieri e dadi di Ergal M10. La faccia inferiore della massa cilindrica è

dotata di 3 fori filettati M10 per avvitare i prigionieri.

Per ridurre il più possibile l’insorgere di rumori non lineari dovuti al materiale si è cercato di realizzare le

superfici di accoppiamento più lontane possibili dai punti di massimo stress.

Altro aspetto considerato è il processo tecnologico utilizzato per la realizzazione meccanica della molla B. In

accordo con il responsabile tenico della ditta Cinel di Vigonza (Pd) si è messo a punto un ciclo di

lavorazione che comportasse il minimo apporto di tensioni meccaniche dovute alle lavorazioni meccaniche.

La molla C: è stata progettata seguendo tutte le prescrizioni valide per la molla B. La molla C è bloccata

mediante 6 viti in ERGAL M8 sul traverso di Alluminio e quindi non presenta la massa cilindrica della

molla B in quanto la sua massa di

appesantimento è il traverso stesso.

Le masse di bronzo. Per ottenere la

frequenza di risonanza di circa 100 Hz

della molla B è necessario appesantire il

cilindro della molla con opportuni pesi.

I pesi, posizionati sul lato superiore ed

inferiore del cilindro della molla, sono

bloccati mediante prigionieri.

Nelle figg. 31 e 32 sono rappresentati gli

spicchi di appesantimento.

Fig.31 Spicchi superiori con fori filettati M10

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Il materiale utilizzato deve possedere un coefficiente di dilatazione lineare inferiore a quello costituente i

prigionieri (Ergal), altrimenti in fase di raffreddamento si verificherebbe un allentamento degli spicchi. Ciò

sarebbe deleterio poichè in tal caso il sistema massa-molla modellato come un tuttuno non sarebbe

soddisfatto e i giochi che ne deriverebbero

potrebbero introdurre dei comportamenti non

lineari imprevedibili . Un materiale che soddisfa i

requisiti sovraesposti è il bronzo.

Per ragioni di ordine economico tutti gli spicchi

sono stati realizzati in fusione di bronzo G-CuSn 10

(60+60 pz.) e successivamente lavorati

meccanicamente per realizzare i fori e le superfici

d’appoggio. Lo spessore (34 mm) e le modalità di

bloccaggio (mediante 3 prigionieri) fanno si che i

modi normali degli spicchi abbiano frequenze proprie superiori ai 2 kHz.

Modalità di assemblaggio. Considerando i carichi e la temperatura di lavoro dell’apparato si è obbligati ad

utilizzare un materiale per i prigionieri con un alto valore del carico di snervamento (per ridurre la

probabilità di comparsa di creep) e caratterizzato da un coefficiente di dilatazione termica lineare pari a

quello della molla B.

Per l’assemblaggio delle molleB e delle masse di bronzo si utilizza prigionieri e dadi in Ergal, mentre le

rondelle elastiche sono in CuBe.

Il dimensionamento dei prigionieri è stato fatto considerando un carico applicato su ogni colonna di molle

pari a 10.000 N. e una tensione ammissibile su ogni prigioniero di circa 70 N/mm2 (pari a circa il 15% del

carico unitario di snervamento).

Il diametro del nocciolo della vite è perciò dato dalla formula:

Diametro di nocciolo della vite = 4 . .

. .

carico applic

tensione ammπ⋅⋅

(33

Da cui risulta un diametro di nocciolo pari a circa 7.5 mm e quindi una vite di misura M10.

Per avere una simmetria di comportamento di tutti gli stati delle colonne è stata anche calcolata la coppia di

serraggio dei prigionieri utilizzando le formule sotto indicate.

Il calcolo del momento di serraggio è stato eseguito seguendo le indicazioni della norma UNI 10011 relativa

alle unioni bullonate in acciaio.

Fig.32 Spicchi inferiori con le sedi per i dadii M10

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Nel calcolo si sono considerati i seguenti dati:

tensione di progetto: fk,n = 390 N/mm2

diametro resistente della vite: dresist. = 8,54 mm

area resistente della vite: Aresist. = ( )4

dπ ⋅ = 57 mm2

sforzo sulla vite: Ns = 0,8 fk,N Aresist. = 18000 N

Coppia di serraggio della vite: Ts = 0,2 Ns d = 35 N m

Considerando che la norna UNI 10011 si applica alle viti in acciaio e non avendo recuperato sufficienti dati

relativi alle viti in Ergal si è provveduto ad eseguire una misura della coppia massima fino a rottura della

vite. Tale prova è del tutto empirica, comunque può fornire una indicazione utile. Utilizzando una chiave

dinamometrica e simulando le condizioni operative del prigioniero si è misurato una coppia alla rottura dello

stesso di circa 60 N mm. Quindi il valore di coppia calcolato secondo la normativa, considerando

un’opportuno margine di sicurezza, può essere adottato anche in questo caso.

Per prevenire pericolosi allentamenti tra le molle o le masse di bronzo è opportuno utilizzare rondelle

elastiche in lega CuB per le loro proprietà elastiche a bassa temperatura.

3.4.3 Risultati delle simulazioni e dati sperimentali

Di seguito sono riportati i risultati dell simulazioni. In fig. 33 è rappresentata la simulazione strutturale della

molla B, supposta incastrata in corrispondenza della superficie superiore e sollecitata da un carico verticale

di 10 kN applicato sulla superficie inferiore del cilindro della molla. Si noti che lo stress massimo raggiunto

in corrispodenza della zona interna degli elementi elastici a forma di C è pari a circa 160 N/mm2, cioè pari a

circa il 35% del valore del carico unitario di snervamento. Il carico ipotizzato nella simulazione è il 30%

maggiore di quello reale (10 kN. anzichè 7 kN). Per cui in fase realizzativa, dopo aver definito le rimanenti

componenti, si è verificato che la tensione massima è inferiore al 25% del carico di snervamento a

temperatura ambiente (alle temperature criogeniche il carico di snervamento del materiale aumenta di circa il

30%).

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In tab.4 sono riportate le misure sperimentali dei modi normali eseguite su un singolo elemento molla-massa

utilizzando un apparato di misure appositamente realizzato.

L’apparato consiste in un telaio realizzato con profilati Bosch 40 alto circa 150 cm. e avente una superficie

d’appoggio di circa un metro quadrato. sul quale appoggia una piastra quadrata di lato un metro in alluminio

dello spessore di 25 mm.

Al centro della piastra è stato realizzato un foro di circa 250 mm sul quale è stata fissata una flangia nel cui

centro è stata ricavata una apposita sede (del diametro di circa 70 mm) per appoggiare un mandrino.

La molla B è sostenuta dal mandrino mediante un cavo d’acciaio lungo 70 mm, avente un diametro di 10

mm e interfacciato rigidamente al supporto superiore della molla B.

Per eseguire delle misure attendibili si deve isolare la molla B da possibili fonti di rumore acustico, è quindi

necessario contenere la molla B e una parte dell’apparato di misura in una camera da vuoto.

Fig.33 Simulazionu strutturale della molla B. Il calcolo è stato eseguito ipotizzando la superficie

superiore incastrata e sulla superficie inferiore del cilindro è applicato il carico verticale di 10 kN.

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Sulla flangia sono presenti le sedi per gli o-ring e i fori per il montaggio di tubi DN 160 (ciascuno lungo 500

mm). Utilizzando tubi, flangie e o-ring DN 160 si è così realizzata una camera da vuoto. Collegando una

pompa rotativa si è realizzata una pressione all’interno della camera di circa 10-2 mbar sufficiente per

eseguire le misure.

Per eseguire le misure sperimentali si è utilizzato un accelerometro triassiale della PCB avente una

sensibilità di 1000 mV/g rigidamente ancorato sulla faccia superiore del cilindro della molla B.

Per generare uno spostamento sulla parte superiore della mollaB si è interposto tra il mandrino e la

corrispondente sede di appoggio un piezoelettrico controllato da un generatore di tensione modulabile in

frequenza. In tal modo è possibile sollecitare la molla B con oscillazioni aventi frequenze variabili.

Le misure sono state eseguite solo su uno stadio di attenuazione (senza le masse in bronzo) in quanto,

considerando il fattore di attenuazione meccanica di un singolo stadio (40 dB a 1 kHz) e la sensibilità degli

accelerometri in commercio, non è possibile misurare lo spostamento dato da due o più stadi montati in serie

(80 dB nell’ipotesi di 2 stadi pari a un fattore di riduzione dello spostamento verticale di 10.000 alla

frequenza di 1 kHz).

Di seguito sono riportate le misure sperimentali e quelle previste dalla simulazione tra 1 Hz e 2 kHz.

L’errore delle misure sperimentali è di circa il 3% del valore della misura.

Nella colonna di destra della tab.4 sono anche riportati i risultati delle misure effettuate in fase di montaggio

delle molle B (con le masse in bronzo) nel criostato e in aria. Si noti che la piccola differenza, inferiore al

5% del valore teorico, tra i dati sperimentali e quelli ottenuti con la simulazione conferma l’attendibilità

delle analisi modali dI Pro/MECHANICA.

Tab.4 Frequenze modi normali teorici e misurati.della mollaB con e senza molle

Modo

Freq.

teorica

[Hz]

Conver.

[%]

Freq.

misurata

[Hz]

Freq.

teorica

masse in

bronzo [Hz]

Conver.

[%]

Freq.

misurata

masse in

bronzo [Hz]

1 (trasl.) 74.8 4.3 69.4 38.4 4.5 38.8

2 (trasl.) 74.9 4.9 69.4 38.6 5.2 40.0

3 (tors.) 149.4 4.0 140.0 74.6 4.1 74.2

4 (vert.) 168.3 1.9 160.6 86.1 2.7 82.5

5 (oscill.) 185.7 3.2 190.0 86.5 1.8 86.9

6 (oscill.) 186.0 3.2 190.1 86.6 3.2 87.7

7 (mollet.) 1796.0 2.1 1820.0 1852.0 2.5 1815.0

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Si noti che il modo verticale nel caso con le masse in bronzo ha una frequenza di circa 82 Hz, mentre non vi

sono altri modi di risonanza tra 86 Hz e 1815 Hz.

In fig. 34 sono rappresentati i 7 modi della mollaB ottenuti dalla simulazione. La molla B è ipotizzata

vincolata superiormente con vincoli molto morbidi.

L’entità degli spostamenti è rappresentata da colori diversi: le zone colorate in blu sono caratterizzate da uno

spostamento minimo, mentre quelle colorate in rosso sono caratterizzate da uno spostamento massimo.

Modo 1

Modo 2

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Modo 3

Modo 4

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Modo 5

Modo 6

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67

Modo 7

Fig.34 Rappresentazione dei modi normali della molla B sino a 1850 Hz.

3.4.4 Misure sperimentali di una colonna di molle

Impiegando la stessa camera da vuoto e la stessa strumentazione utilizzata per eseguire le misure su una

singola molla B sprovvista di masse in bronzo sono state misurate le frequenze dei modi verticali di una

colonna di stadi costituita da 5 molle B con le relative masse in bronzo. Si osservi che secondo il progetto

una colonna di molle è costituita da 6 molle B, ma in questa fase di misure non è stato possibile montare il

sesto stadio per insufficiente spazio all’interno della camera da vuoto.

L’accelerometro è stato rigidamente ancorato sulla superficie inferiore dello stadio più basso e la molla B

superiore è stata vincolata con le stesse modalità del caso della singola molla. Di seguito sono riportate le

frequenze dei primi 34 modi ottenuti dallla simulazione (ovviamente lo studio è stato fatto su 5 stadi anzichè

6).

Dall’analisi della simulazione si è ricavato che i modi 6, 10, 20, 28, e 30 sono modi normali nella direzione

verticale della colonna, ovvero quelli misurati dall’accelerometro (tab.5).

Sino al 30° modo le frequenze sono inferiori a 170 Hz, mentre dal 31° modo esse sono superiori a 1750 Hz,

non vi sono quindi modi normali della colonna in un ampio spettro di frequenza, addirittura maggiore

dell’ipotesi di progetto (500-1500 Hz). I modi normali entro il 30° sono a bassa frequenza e presentano moti

oscillatori, torsionali e verticali della colonna, mentre dal 31° modo sono presenti anche i modi normali degli

elementi elastici delle molle B.

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Tab.5 Modi normali della colonna di 5 stadi.

Modo Frequenza

[Hz]

Convergenza

[%]

Modo Frequenza

[Hz]

Convergenza

[%]

1 4.5 9.0 18 109.6 6.0

2 4.5 10.8 19 109.6 6.4

3 22.2 6.2 20 114.3 2.6

4 22.2 7.0 21 120.7 4.6

5 23.2 4.6 22 120.8 5.1

6 24.9 2.3 23 131.9 3.7

7 48.9 6.0 24 132.0 3.8

8 48.9 6.3 25 137.0 2.9o

9 67.7 3.4 26 137.1 2.9

10 72.7 2.2 27 137.1 3.1

11 73.8 6.6 28 146.6 1.9

12 73.8 7.2 29 156.1 2.8

13 94.3 6.0 30 167.0 1.8

14 94.3 7.0 31 1755.5 2.2

15 100.1 4.8 32 1766.7 2.2

16 100.1 5.2 33 1785.3 2.3

17 106.0 3.0 34 1789.1 2.1

Di seguito sono riportate le misure ottenute con l’accelerometro e confrontate con quelle ottenute dalla

simulazione. Si noti che la differenza tra il valore teorico e quello rilevato è circa il 20% del valore teorico

nel 6° modo, ma in quelli successivi le differenze sono inferiori al 10%. Le differenze sono probabilmente

spiegabili con le modalità reali di aggancio della colonna differenti da quelle ipotizzate nella simulazione.

La colonna di 5 molle B è schematizzabile come un sistema costituito da 5 oscillatori in cascata. Se le

misure sperimentali confermano i dati teorici, ovvero gli autovalori dell’equazione matriciale del sistema

(eq.20), allora confermano anche la funzione di trasferimento del sistema e il grado di attenuazione

dell’intera colonna dato dal prodotto del numero di stadi e l’attenuazione di un singolo stadio.

Considerando che la molla B possiede un grado di attenuazione a 1 kHz lungo lo spostamento verticale pari

a 40 dB, è verosimile attendersi dalla colonna costituita da 6 stadi un’attenuazione complessiva di circa 240

dB (40 dB x 6stadi = 240 dB) alla frequenza di 1kHz. In tab.6 sono riportati i valori teorici e misurati dei

modi normali verticali.

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Tab.6 Confronto tra modi normali verticali teorici e misurati.

Modo Frequenza

teorica [Hz]

Frequenza

misurata [Hz]

6 24.9 20.1

10 72.7 68.4

20 114.3 121.6

28 146.6 139.8

30 167.0 166.2

3.5 I traversi a T

3.5.1 Proprietà e requisiti richiesti

La particolare forma e dimensioni dei traversi a T (fig.35) sono giustificate dalle funzioni che essi devono

svolgere e dai vincoli imposti in sede di progetto. Di seguito sono esposti i requisiti richiesti:

- connettere le due coppie di colonne di molle costituendo così le masse delle ultime molle (molle C);

- sostenere, attraverso la molla D (figg.8-9), il gommone centrale sul quale è ancorato il cavo di sostegno

della barra e quindi definire la posizione del gommone rispetto al refrigeratore.

Inoltre non devono possedere frequenze modali al di sotto dei 2kHz, quindi devono avere forma e

dimensioni il più possibile raccolte.

I traversi definiscono anche il punto più basso

dell’intero apparato di attenuazione

(escludendo la barra). La loro particolare

forma, smussata nella parte inferiore,

consente di posizionarli il più in basso

possibile rispetto alla culla (a pochi

centrimetri dalla parete del dewar), ovvero

permette di ottenere una spazio sufficiente per

realizzare le colonne di molle con ben sei

stadi di attenuazione meccanica.Fig.35 traverso a T rovesciata in Alluminio

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3.5.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive

La scelta del materiale è dettata da fattori sia funzionali che meccanici.

Dovendo realizzare una massa con dimensioni d’ingombro di circa 600 x 370 x 180 mm con frequenze dei

modi normali superiori a 2 kHz solo una lega con un basso peso specifico e un discreto valore del modulo di

elasticità può soddisfare questo requisito. Inoltre il materiale utilizzato deve essere facilmente lavorabile alle

macchine utensili per contenere il costo di produzione.

Inoltre deve avere un coefficiente di dilatazione termica lineare pari o prossimo a quello della culla (la culla

possiede una temperatura di circa 2K, mentre i traversi a T possiedono una temperatura di circa 1 K) per non

introdurre inutili tensioni negli stadi delle colonne di molle.

Anche le caratteristiche meccaniche sono importanti essendo ogni colonna di molle vincolata ai traversi con

sei viti in Ergal M8 sollecitate a trazione. Infatti sui traversi grava il peso della barra (2.3 ton) e quello della

trave (gommone).

Si è quindi scelto di utilizzare lo stesso materiale della culla, ovvero la lega di Alluminio 2017A T452 che

possiede proprietà meccaniche soddisfacenti (par. 3.3.2).

3.5.3 Risulatati delle simulazioni modali

Di seguito sono riportati i risultati della simulazione modale dei traversi. Come si può notare il primo modo

normale ha una frequenza superiore a 2 kHz. dovuto alla forma tozza dei traversi stessi.

Tab.7 frequenze modali dei traversi a T

Modo Frequenza [Hz.] Convergenza [%]

1 2040 7

2 2353 8

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Di seguito sono rappresentati i due modi normali dei piedoni.

Modo 1

Modo 2

Fig.36 Rappresentazione dei modi normali dei traversi a T

3.6 Le molle D

3.6.1 Proprietà e requisiti richiesti

In una prima fase progettuale del sistema di sostegno della barra è stata sviluppata una particolare struttura a

forma di mezzaluna (con la concavità rivolta verso la barra) e rigidamente fissata ai traversi a T, alla quale è

stato agganciato il cavo di sostegno della barra di Al 5056.

Dalle simulazioni modali si è appurato che adottando tale soluzione si avrebbe un’accoppiamento meccanico

tra un particolare modo normale della struttura a mezzaluna e il 4° modo flessurale a 1206 Hz della barra di

Al 5056.

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Si è perciò ideata una soluzione di compromesso

che garantisse una certa morbidezza del sistema

di sostegno della barra (ovvero nessuna

risonanza tra 500 e 1500 Hz dei componenti che

la sostengono) e una sufficiente stabilità statica

del sistema stesso.

Le molle D sostengono la massa centrale

(denominata

gommone) sulla quale è ancorato il cavo di

sostegno della barra (fig.37); lavorando quindi

in compressone le molle D sono in una

condizione di equlibrio instabile.

Le molle D come il cavo di sostegno non hanno come scopo principale quello di attenuare, ma

semplicemente una funzione di sostegno della barra e quindi sono vincolati solo da esigenze di ordine

meccanico.

3.6.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive

Il dimensionamento della molla D è stato eseguito considerando i carichi statici applicati (circa 2.5 ton) e

verificando che la molla non abbia modi propri di risonanza nel range di frequenza tra 500 e 1500 Hz.

La scelta del materiale per la realizzazione della molla D è dettata dalle stesse ragioni della molla B. Si è

quindi scelto l’Alumold 1-500 T651 da lastra stabilizzata per le sue elevate caratteristiche meccaniche. Le

Fig.37 Vista prospettica del sistema di sostegno della

barra risonante. In blu sono evidenziate le molle D

Fig.38 Vista della molla D

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dimensioni del pezzo grezzo sono φ 150 x 220 mm.

Anche la geometria della molla riprende quella della molla C (tre elementi elastici a forma di C disposti a

120 gradi), ma si presenta più robusta in quanto deve sostenere un carico di compressione circa doppio di

quello della molla C (soggetta a trazione).

La molla è fissata sulla superficie superiore del traverso a T mediante tre viti M10 in Ergal.

L’ancoraggio della molla con il gommone è ottenuto con un accoppiamento conico.

Tale soluzione evita la presenza di viti che potrebbero essere fonti di rumore (le tensioni presenti sui filetti

potrebbero favorire la generazione di creep) e ridurrebbero il fattore di qualità meccanico dello stadio finale

del rivelatore.

Dimensionando opportunamente la superficie conica di accoppiamento (α = 45°, φest. = 73 mm) e adottando

opportune tolleranze dimensionali, di forma e di superficie si ottiene un sufficiente accoppiamento per

incastro tra la superficie conica della molla D e la corrispondente superficie conica del gommone.

3.6.3 Risultati delle simulazioni

Dalle simulazioni modali risulta che la molla D, possiede un modo normale lungo la direzione verticale

caratterizzato da una frequenza di circa 310 Hz.

La simulazione statica è stata eseguita considerando la molla D incastrata in corrispondenza della superficie

conica (il gommone è molto più rigido della molla). Alla molla D è applicato un carico verticale pari a circa

1.2 ton e un momento flettente dato dal prodotto del peso di metà antenna per il corrispondente braccio (dato

dalla distanza del baricentro della barra dalla molla D, ovvero metà lunghezza del gommone). Si osservi che

la massima tensione non supera i 40 N/mm2 cioè meno del 10% del carico di snervamento del materiale.

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Fig.39 Simulazione strutturale della molla D ipotizzata caricata da un carico assiale e da un momento flettente.

3.7 Il gommone

3.7.1 Proprietà e requisiti richiesti

Il traverso centrale denominato gommone è una massa inerte che sostiene la barra di Al 5056.

I requisiti richiesti al gommone sono essnzialmente tre. Deve innanzitutto essere privo di modi propri di

risonanza nell’intervallo di frequenze di interesse (500-1500 Hz), deve permettere l’aggancio termico e

meccanico dei cavi e dei termometri prima che raggiungano la barra risonante e infine possedere un fattore

di merito meccanico il più alto possibile considerando la vicinanza alla barra.

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3.7.2 Scelta del matriale e caratteristiche costruttive

Il materiale che soddisfa i requisiti richiesti è la stessa lega con cui è realizzata la barra risonante, ovvero la

lega Al 5056 (lega sovrassatura in magnesio) il cui grezzo è ottenuto per fusione e raffreddato rapidamente

(con acqua).

Fig.40 Vista dall’alto del gommone

La caratteristiche meccaniche della lega Al 5056 sono le seguenti.

Rm=370 N/mm2 Rp0.2=315 N/mm2 A%=13

Il gommone ha un diametro esterno di 300 mm e una lunghezza di 1020 mm.

Alle estremità sono ricavate, da lavorazione meccanica, le superfici coniche per l’accoppiamento con le

molle D: i vincoli sulle tolleranza dimensionali, di forma e di rugosità superficiale sono le stesse richieste

per l’esecuzione delle superfici coniche della molla D al fine di ottenere un buon accoppiamento per incastro

tra i due componenti.

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Fig.41 Vista dal basso del gommone

Centralmente è ricavato un foro passante di diametro pari a 58 mm alla cui estremità inferiore sono sagomati

tre denti che costituiscono l’attacco a “baionetta” del cavo di sostegno della barra risonante. All’interno dei

tre denti sono ottenute tre superfici coniche aventi la stessa generatrice su cui appoggiano le corrispettive

superfici coniche del cavo di supporto (fig.41).

Sui piani inclinati superiori del gommone sono rivati una serie di fori M4 per il fissaggio delle

termalizzazioni e dei supporti meccanici dei cavi dell’elettronica.

3.7.3 Risultati delle simulazioni

Il carico applicato è il peso della barra risonante (2.3 ton) ed è distribuito uniformemente sulle tre superfici

coniche che costituiscono l’attacco a “baionetta”. Il gommone si considera vincolato agli estremi con degli

appoggi.

Al fine di ridurre il più possibile la presenza di creep meccanici, che sarebbero fonte di rumore per il

rivelatore, il dimensionamento delle superfici di appoggio è stato fatto adottando come limite massimo della

tensione agente sul materiale un valore di circa 60 N/mm2. Le simulazione statiche del gommone verificano

tale condizione.

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In fig.42 sono rappresentati i primi 4 modi normali del gommone tra 1 e 3 kHz, come si può notare hanno

tutti frequenze proprie superiori a 1600 Hz. In tabella 8 sono riportati i primi 4 modi normali.

Tab.8 Frequenze dei primi 4 modi normali del gommone.

Modo

Frequenza [Hz] Convergenza [%]

1 1632 2.1

2 1770 4.0

3 2420 3.3

4 2850 1.9

Modo 1 Modo 2

Modo 3 Modo 4

Fig.42 Rappresentazione dei primi 4 modi normali del gommone

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3.8 Il sistema “traversi a T - molle D - gommone”

Per verificare la bontà della soluzione adottata è stata eseguita una simulazione modale del sistema ‘traverso

a T - molle D - gommone’ al fine di valutare possibili accoppiamenti tra i modi normali di tale sistema e

quelli della barra risonante. Di seguito sono riportati i risultati.

Si osservi come non vi siano modi normali tra 520 Hz e 1620 Hz

Tab.9 Modi normali del sistema “traversi a T - molle D - gommone” ottenuti dalla simulazione con Pro/MECHANICA

Modo Frequenza [Hz] Convergenza [%]

1 26.9 2.5

2 36.2 2.5

3 42.2 2.6

4 75.4 1.9

5 82.9 2.0

6 92.0 2.7

7 310.0 2.1

8 404.6 2.2

9 420.9 2.0

10 454.4 2.4

11 463.3 2.5

12 519.2 2.3

13 1619.8 0.6

14 1650.6 0.3

In fig.43 sono rappresentati i 14 modi normali del sistema ottenuti dalla simulazione modale tra 1 e 2kHz. Le

parti colorate in blu sono caratterizzate da uno spostamento minimo, mentre quelle colorate in rosso son

caratterizzate da uno spostamento massimo.

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Modo 1 Modo 2

Modo 3 Modo 4

Modo 5 Modo 6

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Modo 7 Modo 8

Modo 9 Modo 10

Modo 11 Modo 12

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Modo 13 Modo 14

Fig.43 Rappresentazione dei normali del sistema “traversi a T – molle D – gommone” tra 1 e 2kHz

Osservando le immagini dei modi 11 e 12 di fig.43 si comprende l’equilibrio instabile del gommone rispetto

ai traversi a T e il comportamento delle molle D.

3.9 Il cavo di sostegno

3.9.1 Proprietà e requisiti richiesti

Il cavo di sostegno è l’ultimo componente del nuovo apparato di sospensioni meccaniche.

La soluzione precedente sosteneva la barra appoggiando sulla sua circonferenza esterna in cui è praticata una

apposita cava a V in corrispondenza del piano baricentrale.

Il sistema cavo-barra possiede una attenuazione meccanica a 1 kHz pari a circa 100 dB e permette di ottenere

un fattore di merito meccanico del rivelatore di circa 5 milioni. Per tale motivo la nuova soluzione deve

consentire di ripristinare la configurazione precedente nel caso in cui le nuove modifiche non si

dimostrassero soddisfacenti.

Per avere un cosi elevato grado di attenuazione meccanica il cavo di sostegno è soggetto a una tensione di

flesso-trazione pari a circa il 60% del suo carico di snervamento. Inoltre il materiale costituente il cavo (rame

OFHC), non presenta un elevato valore del fattore di merito meccanico, ma comunque sufficiente per avere

una buona sensibilità del rivelatore.

La nuova soluzione deve quindi preservare l’alto fattore di merito meccanico del rivelatore, non presentare

elevati valori di tensioni applicate nel materiale ( per ridurre la probabilità di creep particolarmante negativi

data la loro vicinanza al cilindro risonante) e se possibile adottare un materiale con un alto fattore di merito

meccanico.

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La soluzione adottata sostiene la barra risonante in corrispondenza del suo punto baricentrale e dovrebbe

conservare o addirittura migliorare il fattore di merito meccanico del rivelatore, essendo il baricentro della

barra un nodo del primo modo longitudinale.

Il massimo diametro del foro sulla barra determina il diametro del cavo: per non modificare

significativamente le frequenze dei modi propri della barra (sul cui primo modo longitudinale è tarata

l’intera catena di trasduzione di un eventuale segnale gravitazionale) si è verificato dalle simulazioni modali

che il limite massimo del diametro del foro è di 70 mm.

Il cavo di sostegno deve anche raffreddare la barra per conduzione termica (attraverso la superficie esterna

nel caso precedente, oppure quella interna nel caso della nuova soluzione) essendo collegato mediante dei

links morbidi (per evitare la trasmissione di rumore meccanico proprio del refrigeratore) al dito freddo del

refrigeratore.

Inoltre il cavo non deve possedere modi propri nel range di frequenza tra 500 e 1500 Hz al fine di non avere

accoppiamenti meccanici con la barra risonante.

3.9.2 Scelta del materiale e caratteristiche costruttive

Il materiale impiegato per la realizzazione dle cavo è un bronzo prodotto dalla PAN con denominazione

AlMBz-220 avente le seguenti caratteristiche meccaniche:

R = 750 N/mm2 Rp0.2 = 400 N/mm2 A5 = 8% λ = 41 W/m°C

Fig.44 Vista del cavo di sostegno della barra risonante.

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Il cavo, ottenuto da un unico pezzo, è suddiviso in tre parti: l’estremità superiore che si aggancia con un

movimento a “baionetta” nell’apposita sede del gommone, la parte centrale di forma tubolare e l’estremità

inferiore conica sulla quale appoggia la barra (fig.44).

Le modalità di aggancio del cavo rispetto al gommone e alla barra sono tali da non richiedere l’utilizzo di

viti o dadi. Infatti, un accoppiamento con viti potrebbe essere fonte di creep particolarmente negativi

considerando la prossimità della barra, inoltre l’esperienza dimostra che la presenza di viti riduce

notevolmente il fattore di merito meccanico del rivelatore.

L’ estremità superiore del cavo è costituita da tre scanalature (o denti) sulle quali sono state ricavate le tre

superfici coniche disposte a 120° l’una dall’altra, con una apertura ciascuna di 50° e aventi un angolo di

apertura del cono di 120°. Tali superfici si accoppiano alle corrispettive superfici presenti nel foro scanalato

del gommone

Le tre superfici sono state dimensionate considerando una pressione massima esercitata dal peso della barra

pari a circa 60 N/mm2. Il diametro in corrispondenza della parte superiore e per la quasi totalità della sua

lunghezza (390 mm) è di 52 mm. La parte centrale internamente è stata tornita sino a ricavare uno spessore

di 4 mm: ciò è stato necessario per non avere modi normali (detti anche modi di violino) del range di

frequenza 500-1500 Hz.

Nell’estremità inferiore del cavo è presente una superficie conica a forma di corona sulla quale appoggia la

corrispettiva superficie ricavata all’interno del foro praticato nella barra.

La superficie conica del cavo (α = 90°) ha un diametro di 63 mm e possiede una larghezza di circa 8 mm.

E’ molto importante ottenere un’accoppiamento il più vicino possibile alle condizioni di progetto, per tale

ragione alle superfici di contatto dei tre componenti (gommone, cavo, barra) sono state applicate tolleranze

dimensionali, di forma e di rugosità piuttosto strette.

Per realizzare il collegamento termico con il refrigeratore la faccia superiore del cavo è dotata di un foro M8

per il fissaggio al link termico.

3.9.3 Risultati delle simulazioni

Nelle figg.45-46 sono riportate le simulazione strutturali del cavo supposto incastrato nella estremità

superiore. Si osservi che, gli alti valori indicati dalla simulazione in fig.45 in realtà non esistono in quanto,

per poter eseguire la simulazione, è stato necessario eliminare i raggi di raccordo presenti sugli spigoli delle

superfici coniche, troppo “pesanti” per il calcolatore per eseguire il meshing. Sulla superficie d’appoggio

della barra la tensione non supera i 65 N/mm2.

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Fig.45 Particolare della simulazione statica della superficie superiore di appoggio del cavo

Fig.46 Simulazione statica del cavo

In fig.46 è riportata la simulazione strutturale del cavo in cui si nota che la tensione nel gambo centrale è

inferiore a 40 N/mm2.

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Di seguito sono riportati i risultati della simulazione modale del cavo supposto incastrato superiormente

(grazie al peso della barra) e applicandovi inferiormente la massa della barra. La simulazione è stata eseguita

tra 500 e 4 kHz.

Tab.10 Modi normali del cavo.

Modo Frequenza [Hz] Convergenza %

1 1575 4.6

2 1578 4.9

3 3278 6.7

4 3604 5.4

Modo 1 Modo 2

Modo 3 Modo 4

Fig.47 Rappresentazione dei modi normali del cavo di sostegno

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3.10 La barra risonante

3.10.1 Proprietà

La barra risonante è il componente fondamentale nel rilevamento di un onda gravitazionale. Le operazioni

meccaniche eseguite, in particolare il foro passante al cui interno è ricavata la superficie conica d’appoggio

del cavo (α = 120°), non compromettono né il fattore di merito meccanico, né modificano le frequenze dei

modi propri di risonanza.

La tensione agente sulla superficie conica all’ interno del foro (ømin= 55 mm e ømax = 65 mm) è stata

calcolata mediante simulazione statica e risulta inferiore a 50 N/mm2.

Fig.48 Disegno in trasparenza della barra risonante

Di seguito sono riportati i modi normali dell’antenna sino a 1732 Hz (fig.49).

Si noti che il modo 6 è quello relativo al primo modo longitudinale di risonanza e col quale si accoppia

meccanicamente il trasduttore capacitivo applicato su una faccia della barra.

Tab.11 Modi normali della barra sino a 1800 Hz

Modo Frequenza [Hz]

1 (1a flessurale) 293

2 (1a flessurale) 293

3 (1a torsionale) 535

4 (2a flessurale) 708

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5 (2a flessurale) 708

6 (1a longitudinale) 868

7 (2a torsionale) 1075

8 (3a flessurale) 1201

9 (3a flessurale) 1206

10 (3a torsionale) 1604

11 (4a flessurale) 1718

12 (4a flessurale) 1722

13 (2a longitudinale) 1732

Si osservi che i modi flessionale 1-2 (1° ordine), 4-5 (2° ordine), 8-9 (3° ordine), 11-12 (4° ordine), giaccioni

su piani ortogonali (dovuto alla simmetria cilindrica della barra); il 1° modo longitudinale eccitato da un

eventuale onda gravitazionale è il numero 6. I modi 3 e 7 sono quelli torsionali.

Modo 1 Modo 3

Modo 4 Modo 6

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Modo 7 Modo 9

Modo 10 Modo 11

Fig.49 Rappresentazione dei modi normali della barra risonante

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3.11 Analisi modale del sistema di attenuazione meccanica

E’ stata eseguita una simulazione modale dell’intero sistema di sospensioni (escluso il telaio, che per la sua

geometria renderebbe impossibile la simulazione complessiva con il computer in dotazione) per verificare se

esistessero eventuali accoppiamenti “pericolosi” tra i modi normali di qualche componente. L’analisi è stata

fatta tra 500 e 1500 Hz e i risulatati sono di seguito rappresentati.

Dai modi rappresentati in fig.50 si noti come nel range di frequenza tra 678 Hz (6° modo) e 1415 Hz (13°

modo) non vi siano risonanze del vero e proprio sistema di attenuazione meccanica, ossia delle colonne di

molle e dei componenti che le collegano al cilindro risonante. Gli unici modi presenti in tale intervallo sono

quelli propri della barra e i 2 modi normali della culla, che essendo a monte delle colonne e avendo delle

frequenze proprie sufficientemente lontane da 1 kHz non dovrebbero essere fonte di rumore per il rivelatore.

Tab.12 Modi normali del sistema di attenuazione meccanica

Modo Frequenza [Hz] Convergenza [%]

1 526.1 3.6

2 594.4 11.3

3 607.6 12.2

4 644.6 2.5

5 662.8 2.1

6 678.8 1.0

7 679.1 1.9

8 717.5 3.5

9 842.4 13.4

10 1064.8 29.7

11 1159.1 27.0

12 1165.2 8.1

13 1415.8 15.3

14 1428.9 15.7

15 1434.3 2.4

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Modo 1 Modo 2

Modo 3 Modo 4

Modo 5 Modo 6

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Modo 7 Modo 8

Modo 9 Modo 10

Modo 11 Modo 12

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Modo 13 Modo 14

Modo 15

Fig.50 Simulazione dei modi del sistema di sospensioni con la barra tra 500 e 1500 Hz.

Con la nuova soluzione di sospensioni meccaniche all’interno del criostato vi sarà circa una tonnellata in

meno di materiale da raffreddare in quanto sono stati eliminati i 3 anelli centrali in rame che fungevano, sia

da masse dei pendoli, sia da schermi termici.

Si avrà quindi un risparmio in tempo ed in energia nel raffreddare il nuovo apparato.

I nuovi schemi termici sono molto più leggeri dei precedenti ed essendo fissati unicamente al telaio non

arrecano nessun disturbo al rivelatore. Il loro dimensionamento è legato ad aspetti puramente geometrici,

strutturali e termici.

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Conclusioni

Lo scopo di questa tesi è stato quello di realizzare il nuovo sistema di sospensioni meccaniche del rivelatore

AURIGA, per sfruttare al meglio le potenzialità della nuova catena di trasduzione (oggi in fase di collaudo),

grazie alla quale il rivelatore sarà 100 volte più sensibile ad un segnale gravitazionale, ed in grado di

osservare sorgenti impulsive anche al di fuori della nostra galassia.

Il miglioramento ottenuto, stando ai primi dati sperimentali, non è solo l’aver aumentato il grado di

attenuazione meccanica alla frequenza di lavoro del rivelatore, ma anche aver realizzato un sistema di

sospensioni che ponesse rimedio ai problemi riscontrati nei tre anni di funzionamento del rivelatore (1997-

1999). La filosofia costruttiva del nuovo sistema di attenuazione meccanica è molto diversa da quella

precedente, sia dal punto di vista strutturale, sia per i materiali utilizzati.

L’idea guida della nuova progettazione è quella di realizzare un sistema di attenuazione in cui ogni

componente sia parametrizzabile ed operi in regime lineare, al fine di non introdurre sorgenti di rumore non

modellabile nel rivelatore. I vincoli geometrici e strutturali propri del criostato e le problematiche correlate

alla temperatura ultacriogenica di funzionamento hanno imposto scelte tecniche che dovevano conciliare

esigenze opposte.

Un fondamentale aiuto nel determinare la migliore soluzione tecnica è stato l’utilizzo di Pro/MECHANICA

della PTC, un programma di modellazione ad elementi finiti, oggi di uso comune.

Il nuovo sistema di sospensioni meccaniche si può considerare costituito da tre sezioni principali: quella

superiore costituita dal telaio, le molle in titanio e la culla; quella centrale costituita dalle 4 colonne di molle

e masse; quella inferiore costituita dai traversi a T, le molle di compressione, il gommone e il cavo di

sostegno.

La prima parte è l’interfaccia tra le sospensioni e il contenitore dell’elio, ed un punto di ancoraggio per il

refrigeratore. Lo scopo è quello di inserire una massa quanto più inerte possibile fra le sorgenti di rumore

interne al criostato, identificabili nelle vibrazioni dovute all’evaporazione dell’elio ed al funzionamento del

refrigeratore, e la parte sensibile del rivelatore.

La seconda parte costituisce il vero e proprio sistema di attenuazione meccanica. Le 4 colonne, ognuna delle

quali è costituita da 6 stadi molla–massa, attenuano i disturbi a 1 kHz di 240 dB, paragonati ai 215 dB propri

della precedente configurazione, costituita da 4 pendoli in cascata. La particolare geometria del singolo

stadio molla-massa consente di avere un’ampia finestra in frequenza libera da modi propri (86-1850 Hz). Di

conseguenza anche le colonne non presentano modi normali in un’ampia finestra in frequenza (167–1775

Hz).

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I primi dati sperimentali a temperatura ambiente confermano le previsioni teoriche. Verranno eseguite delle

misure a temperatura criogenica e ultracriogenica per verificare le reali prestazioni delle sospensioni: infatti

nessun sensore permette di misurare 240 dB se non l’antenna stessa in condizioni operative.

La terza parte del sistema è stata progettata considerando aspetti di carattere sia meccanico che metallurgico.

Infatti da un punto di vista meccanico il sistema “traversi a T-molle di compressione-gommone-cavo” unisce

le 4 colonne di molle-masse fra loro e sostiene la barra risonante. Tale sistema, per la sua geometria,

potrebbe trovarsi in una condizione di equilibrio instabile e perciò i componenti che lo costituiscono devono

essere sufficientemente rigidi. Considerando inoltre che tra essi e la barra risonante non vi sono filtri

meccanici, l’ultima parte delle sospensioni deve essere libera da modi normali attorno al kHz, preservare il

fattore di merito meccanico della barra ( 65 10⋅ a temperatura di 0.2 K) e non essere soggetta a fenomeni di

creep.

Per tali ragioni si è progettato di sostenere la barra in corrispondenza del baricentro e di adottare un sistema

di aggancio del cavo privo di viti.

Dalle simulazioni modali risulta che l’intero sistema di sospensioni meccaniche non possiede modi di

risonanza tra 678 e 1415 Hz; considerando i vincoli meccanici e criogenici, il risultato raggiunto è

soddisfacente.

Per merito della nuova catena di trasduzione la banda di sensibilità del rivelatore sarà di 50 Hz attorno a 920

Hz e grazie alle nuove sospensioni il rivelatore sarà meno sensibile all’attività criogenica e avrà un duty

cycle maggiore.

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Bibliografia

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ed. Newton. Roma 197

[2] R.A. Hulse and J. H. Taylor, Ap. J. Lett. 195 (1975)

[2a] J. Weber: Physical Review, 117, 306 (1960)

[3] P.J. Veitch: Vibration isolation of distributed mechanical oscillators by mechanical suspensions with

application to resonant-mass gravitational radiation antennae

[4] tesi di laurea di Michele Bignotto “La test facility ultracriogenica per trasduttori di

spostamento: sospensioni meccaniche e refrigeratore a diluizione 3He – 4He”

[5] R.W. Evans and B. Wilshire Introduction to creep, the institute of materials

[6] Cryogenic materials data handbook air force materials laboratory, Ohio

[7] J. Zendri: Calibration and Sensitivity of resonant gravitational wave detector AURIGA- to be submit

[8] ASM Handbook vol. II “Properties and selection: non ferrous alloys and special-purpose

materials”

Altre referenze:

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Antonini G.L., Concheri G., Meneghetti G:. Validati on of an automatic Mesh Generator and finite element

analysis tool in an Integrated Environment.

Atzori B.: Moderni metodi e procedimenti di calcolo nella progettazione meccanica. Laterza Editore. Bari

(1992).

Golstein H.: Meccanica Classica. Zanichelli Editore. Bologna (1988).

White Guy K.: Experimental Techniques in Low-Temperature Physics. (third Edition) Clarrendon Press

Oxford Science Publications. Oxford (1979).

Manuale dell’ingegnere 83esima edizione Editore Ulrico Hoepli Milano 1998.

D. A. Wgley: Mechanical Properties of Material at Low temperatures. Plenum Press New York (1971).

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AppendiceNelle foto sottostandi sono riportate delle immagini che documentano lo fase di montaggio delle

nuove sospensioni meccaniche.

Fig.A Vista frontale del criostato: in primo piano si trova la barra Fig.B Vista della barra risonante

e la culla posta sopra il telaio

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Fig.C Molla in Ti posta tra il telaio ela culla

Fig.D Cavo di sostegno della barra

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Fig. E Colonna di 6 stadi di molle-masse Fig F. Molla D

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Fig.G Barra risonante

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Ringraziamenti

Un ringraziamento va a tutto il gruppo AURIGA, che ha reso possibile la realizzazione di questo lavoro

di tesi.

Voglio inoltre ringraziare personalmente:

il prof. R. Basso per i consigli e la disponibilità dimostratami;

il Dott. L. Taffarello per avermi sempre incoraggiato nei momenti difficili e per essermi stato vicino, con

grande generosità, nello svolgimento del lavoro di questa tesi;

l’ingegner Michele Bignotto per la pazienza avuta, le illuminanti discussioni tecniche e le stimolanti

conversazioni;

Jean e Andrea per i loro saggi consigli e le piacevoli serate trascorse in loro compagnia, magari

sorseggiando un buon bicchiere di vino;

il simpatico Lucio per avermi sempre risolto, in tempo reale, qualunque problema informatico;

e il Dott. Romero Vittellozzo per il sostegno morale.

Un grazie particolare alla mia famiglia per avermi aiutato in ogni circostanza e a Sabrina per la pazienza e

la sensibilità con cui mi è stata vicina in questi mesi.