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Il gene che conferisce la sensibilità agli antibiotici risulta dominante in tutte le popolazioni non minacciate dalla presenza di questi farmaci. Non appena entrano in gioco agenti antimicrobici, l’enorme capacità di adattamento genetico dei patogeni consente tuttavia che, attraverso complessi meccanismi molecolari si possa addivenire ad una selezione di mutanti o all’acquisizione di informazioni extra-cromosomiche che conducono alla comparsa di uno o più caratteri di resistenza. Microbiologia Clinica Diagnosi eziologica Indirizzo terapeutico mirato (diagnosi) Indirizzo terapeutico empirico (epidemiologia delle resistenze Monitoraggio della terapia La frequenza con cui tale tratto si diffonde dipende dall’intensità della pressione selettiva che si esercita in ciascun ambiente. D’altra parte una data forza di pressione produce percentuali diverse di organismi resistenti in funzione delle specie considerate. Ancor oggi, ad esempio, non si conoscono ceppi di Treponema o S.pyogenes insensibili alla penicillina mentre tale carattere può definirsi congenito in tutte le specie di Pseudomonas ed acquisito in Staphylococcus aureus. Gli antibiotici non possiedono singolarmente un’attività antibatterica capace di inibire tutti i microorganismi patogeni. Microbiologia Clinica Definire il patogeno in causa sensibile o resistente Per accertare la sensibilità o la resistenza agli antibiotici, il laboratorio di Microbiologia Medica esegue l’antibiogramma che fornisce tale indicazione. La sensibilità o resistenza agli antibiotici di un patogeno isolato da materiale clinico è stabilità sulla base di concentrazioni di antibiotici dette breakpoint (o limite, soglia, ecc.). Tali valori sono dedotti dal livello raggiunto dall’antimicrobico in vivo nel sangue e nei tessuti, tenendo conto del dosaggio e della via di somministrazione, paragonato alla concentrazione che inibisce il farmaco in vitro. Nel caso dell’antibiogramma la dose inibente dell’antibiotico (MIC) è ricavata secondo un gradiente che causa un alone di inibizione la crescita (vedi oltre). La MIC registrata deve essere compatibile con quella ottenuta con microorganismi della stessa specie o con quelli di pari sensibilità. Statisticamente, inoltre, i patogeni sensibili in vitro sulla base dei breakpoint devono essere eradicati dall’antibiotico in vivo. Sono state perciò sviluppate diverse tecniche che permettono di paragonare lo spettro d'azione, la potenza, l'attività battericida o batteriostatica dei diversi antimicrobici. Tra questi criteri, la determinazione della minima concentrazione inibente (MIC) e l'analisi dei valori delle MIC-50 e MIC-90 nonché del range di attività permette di stabilire l'attività intrinseca sulle varie specie batteriche e la capacità della molecola di superare le possibili resistenze che si sono accumulate nei confronti di farmaci appartenenti alla stessa classe. Mediante il disegno delle curve di batteriocidia è possibile ricavare la velocità con cui i microorganismi sono uccisi, una proprietà non posseduta da tutti i farmaci, che può essere fondamentale in situazioni di immunodepressione. Altri parametri includono l'effetto postantibiotico, la valutazione della presenza del fenomeno di Eagle, la stima del tasso di insorgenza spontanea di microorganismi resistenti e lo studio delle interazioni dei diversi antimicrobici tra loro. Per quanto i saggi in vitro siano effettuati in condizioni sperimentali standardizzate, non e` possibile riprodurre artificialmente tutte le miriadi di situazioni che in vivo si vengono a creare nell'interazione tra batterio e antibiotico. Microbiologia Clinica In vitro: dati ottenuti in condizioni statiche In vivo: condizioni dinamiche (concentrazioni variabili di farmaco, densità variabile dei batteri, il tasso di crescita è fortemente rallentato) L'attività di un farmaco può essere infatti influenzata da molteplici fattori, a volte presenti contemporaneamente, che inficiano il dato di laboratorio ottenuto in condizioni essenzialmente statiche. La dinamica delle condizioni in vivo implica spesso che i patogeni si moltiplicano con un tasso di crescita piuttosto lento, in ambiente povero di ossigeno e con pH non ottimale per l'attività del farmaco. La presenza di proteine che possono legare l'antibiotico ed una carica batterica di gran lunga superiore rispetto all'inoculo utilizzato nei saggi in vitro, sono fattori che possono ridurre la concentrazione utile del farmaco nel sito di infezione. Ad esempio il tasso di crescita influenza negativamente l’attività dei -lattamici e dei fluorochinoloni, il valore del pH è decisivo per la potenza degli aminoglicosidi e dei PROFILO MICROBIOLOGICO DI UN ANTIBIOTICO 45

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Il gene che conferisce la sensibilità agli antibiotici risulta dominante in tutte le popolazioni non minacciate dalla presenza di questi farmaci. Non appena entrano in gioco agenti antimicrobici, l’enorme capacità di adattamento genetico dei patogeni consente tuttavia che, attraverso complessi meccanismi molecolari si possa addivenire ad una selezione di mutanti o all’acquisizione di informazioni extra-cromosomiche che conducono alla comparsa di uno o più caratteri di resistenza.Microbiologia Clinica

Diagnosi eziologica Indirizzo terapeutico mirato (diagnosi) Indirizzo terapeutico empirico (epidemiologia delle resistenze Monitoraggio della terapia

La frequenza con cui tale tratto si diffonde dipende dall’intensità della pressione selettiva che si esercita in ciascun ambiente. D’altra parte una data forza di pressione produce percentuali diverse di organismi resistenti in funzione delle specie considerate. Ancor oggi, ad esempio, non si conoscono ceppi di Treponema o S.pyogenes insensibili alla penicillina mentre tale carattere può definirsi congenito in tutte le specie di Pseudomonas ed acquisito in Staphylococcus aureus.Gli antibiotici non possiedono singolarmente un’attività antibatterica capace di inibire tutti i microorganismi patogeni.Microbiologia ClinicaDefinire il patogeno in causa sensibile o resistentePer accertare la sensibilità o la resistenza agli antibiotici, il laboratorio di Microbiologia Medica esegue l’antibiogramma che fornisce tale indicazione. La sensibilità o resistenza agli antibiotici di un patogeno isolato da materiale clinico è stabilità sulla base di concentrazioni di antibiotici dette breakpoint (o limite, soglia, ecc.). Tali valori sono dedotti dal livello raggiunto dall’antimicrobico in vivo nel sangue e nei tessuti, tenendo conto del dosaggio e della via di somministrazione, paragonato alla concentrazione che inibisce il farmaco in vitro. Nel caso dell’antibiogramma la dose inibente dell’antibiotico (MIC) è ricavata secondo un gradiente che causa un alone di inibizione la crescita (vedi oltre). La MIC registrata deve essere compatibile con quella ottenuta con microorganismi della stessa specie o con quelli di pari sensibilità. Statisticamente, inoltre, i patogeni sensibili in vitro sulla base dei breakpoint devono essere eradicati dall’antibiotico in vivo. Sono state perciò sviluppate diverse tecniche che permettono di paragonare lo spettro d'azione, la potenza, l'attività battericida o batteriostatica dei diversi antimicrobici. Tra questi criteri, la determinazione della minima concentrazione inibente (MIC) e l'analisi dei valori delle MIC-50 e MIC-90 nonché del range di attività permette di stabilire l'attività intrinseca sulle varie specie batteriche e la capacità della molecola di superare le possibili resistenze che si sono accumulate nei confronti di farmaci appartenenti alla stessa classe. Mediante il disegno delle curve di batteriocidia è possibile ricavare la velocità con cui i microorganismi sono uccisi, una proprietà non posseduta da tutti i farmaci, che può essere fondamentale in situazioni di immunodepressione. Altri parametri includono l'effetto postantibiotico, la valutazione della presenza del fenomeno di Eagle, la stima del tasso di insorgenza spontanea di microorganismi resistenti e lo studio delle interazioni dei diversi antimicrobici tra loro.Per quanto i saggi in vitro siano effettuati in condizioni sperimentali standardizzate, non e` possibile riprodurre artificialmente tutte le miriadi di situazioni che in vivo si vengono a creare nell'interazione tra batterio e antibiotico. Microbiologia Clinica

In vitro: dati ottenuti in condizioni statiche In vivo: condizioni dinamiche (concentrazioni variabili di farmaco, densità variabile dei batteri, il tasso di

crescita è fortemente rallentato) L'attività di un farmaco può essere infatti influenzata da molteplici fattori, a volte presenti contemporaneamente, che inficiano il dato di laboratorio ottenuto in condizioni essenzialmente statiche. La dinamica delle condizioni in vivo implica spesso che i patogeni si moltiplicano con un tasso di crescita piuttosto lento, in ambiente povero di ossigeno e con pH non ottimale per l'attività del farmaco. La presenza di proteine che possono legare l'antibiotico ed una carica batterica di gran lunga superiore rispetto all'inoculo utilizzato nei saggi in vitro, sono fattori che possono ridurre la concentrazione utile del farmaco nel sito di infezione. Ad esempio il tasso di crescita influenza negativamente l’attività dei -lattamici e dei fluorochinoloni, il valore del pH è decisivo per la potenza degli aminoglicosidi e dei macrolidi, mentre l’assenza di ossigeno impedisce agli aminoglicosidi di entrare nelle cellule batteriche ed ai chinoloni di esprimere un’attività battericida, modificandola in batteriostatica. Un altro aspetto clinicamente significativo riguarda la presenza dei microorganismi della popolazione microbica normale che possono produrre enzimi inattivanti il farmaco. In questo contesto l'esperienza clinica conferma che, mentre i dati in vitro hanno solo una finita probabilità nel predire un successo terapeutico nel caso dell'interazione tra un patogeno sensibile e il farmaco attivo in vitro, vi è invece grande concordanza nel prevedere un fallimento della terapia se questa viene effettuata con un antibiotico non efficace in vitro. L'importanza attribuita alla resistenza piuttosto che alla sensibilità di un patogeno ad un antibiotico deriva dal riconoscimento che il primo parametro e` indipendente dal comportamento farmacocinetico, mentre il secondo ne e` fortemente condizionato in vivo. Nasce perciò la necessità di valutare correttamente questo parametro così come tutti gli altri aspetti che caratterizzano un antibiotico.

Significatività dei test in vitro Modesta predittività per le possibilità di SUCCESSO nella combinazione germe SENSIBILE- farmaco attivo in vitro

PROFILO MICROBIOLOGICO DI UN ANTIBIOTICO

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Accurata predittività per le possibilità di FALLIMENTO TERAPEUTICO nella combinazione Germe RESISTENTE-farmaco inattivo in vitroI test in vitro devono VALUTARE CORRETTAMENTE LE RESISTENZE

MICROORGANISMI

I microorganismi sono coltivati sugli appositi terreni e mantenuti in coltura pura. Molte specie batteriche possono essere conservate a lungo in agar germi (50% agar 50% sospensione batterica in brodo) a temperatura ambiente, in recipiente chiuso ermeticamente senza perdere vitalità. In particolare Enterobacteriaceae, Pseudomonas, Stafilococchi e enterocochi, tuttavia la refrigerazione può essere il sistema più sicuro. Dall’isolamento su piastra si raccolgono diverse colonie e si fa una sospensione densa in BH (Brain-Heart) brodo, si aggiunge quindi glicerolo 15-20% finale e si conserva a -80°C. Se si dispone del solo frigorifero a -20°C è sufficiente ricordare che il mantenimento della vitalità si riduce nel tempo. Per rivitalizzare i microorganismi si immerge l’ansa rovente nel glicerolo senza scongelare il contenitore e il poco raccolto si semina su piastra. Per i batteri mantenuti in agar germi si trasferisce un’ansata del contenitore su piastra.I microorganismi di controllo vanno sempre saggiati insieme ai patogeni dello studio.

ANTIBIOTICILe soluzioni madri degli antibiotici vanno preparate nel solvente indicato dal produttore e alla concentrazione di 1000 µg/ml. E’ necessario controllare la potenza del farmaco che in genere è riportata sul contenitore. I -lattamici una volta posti in soluzione vanno usati entro la giornata, a volte si può congelare la soluzione e risciolta quando necessario, conviene sempre controllare la qualità del farmaco con i microorganismi di riferimento. Gli altri antibiotici non pongono problemi di stabilità specie se conservati e disciolti come suggerito dal produttore.

Figura 1. Rappresentazione schematica di un antibiogramma.

ANTIBIOGRAMMA

Una coltura pura del ceppo in esame cresciuta in brodo, e diluita 1/100 in Mueller-Hinton brodo e incubata sino a una densità di 0.5 McFarland ( 1X108 cell o CFU, unità formanti colonia per ml). Con uno stuello di cotone si raccoglie il brodo cresciuto e si distribuisce sulla superficie di una piastra di Mueller-Hinton agar ( 106 cell totali), quando asciutta si posa sulla piastra il dischetto contenente l’antibiotico e dopo incubazione per 18 ore si misura l’eventuale alone d’inibizione. Sulle tabelle fornite dal produttore di antibiotici o quelle edite da NCCLS si avrà il riscontro sulla sensibilità.Da precisare che:

il terreno, che per ogni saggio che valuta l’attività in vitro degli antibiotici è il Mueller-Hinton (MH) brodo o agar, deve essere controllato in termini di concentrazioni di Ca++ e Mg++, (CSMH, cations-supplemented MH)

vi sono distributori automatici che consentono di valutare sino a 8 diversi farmaci per piastra, la sospensione batterica può essere preparata anche da colonie raccolte da un isolamento non più vecchio

di 24 ore, per microorganismi che non crescono nel Mueller-Hinton si allestiscono terreni arricchiti in 5% di sangue

di montone (Streptococchi), e per gli emofili si usa HTM (Estratto di lievito g, emina g, NAD)

La scelta del farmaco da saggiare è importante

Si considerano equivalenti quegli antibiotici che posseggono lo stesso meccanismo d'azione molecolare e che mostrano totale o prevalente resistenza crociataSi saggia, nell'ambito di antibiotici della stessa classe il farmaco meno potente tra i più recenti, in quanto è importante capire il sorgere di resistenze crociate imminenti. Ad esempio: se da l'antibiogramma un patogeno

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risulta resistente all'ofloxacina e sensibile alla ciprofloxacina, è possibile una evoluzione di resistenza in atto che potrebbe concretizzarsi anche durante la terapia.

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VALUTAZIONE DELLA MINIMA CONCENTRAZIONE INIBENTE (MIC).

Sono possibili varie metodiche: macrometodo, micrometodo e agar diluizione. Macrometodo ed inoltre il recente sistema E-test.

Minima concentrazione inibente (MIC)La più bassa concentrazione di antibiotico capace di inibire la crescita di un microorganismo

Si allestisce una serie di provette da batteriologia con 5 ml di brodo (CSMH), alla prima si addizionano 5 ml di brodo contenente antibiotico ad una concentrazione doppia di quella massima utilizzabile che, essendo di solito 128 µg/ml, sarà 256 µg/ml. In tal modo la concentrazione iniziale sarà dimezzata (256:2), si mescola pipettando e si trasferiscono 5 ml di brodo contenente antibiotico alla seconda provetta e così via sino a diluire e distribuire il farmaco per tutte le concentrazioni che si vogliono saggiare, essenzialmente dipende dalla potenza del farmaco, alla fine si avranno le provette contenenti:128 - 64 - 32 - 16 - 8 - 4 - 2 - 1 - 0,5 - 0,25 - 0,12 - ecc. µg/ml di antimicrobico ed una provetta come controllo che conterrà solo brodo.A ciascuna provetta si addiziona, partendo da quella con minor dose di antibiotico, il patogeno in esame in modo da ottenere una concentrazione massima finale di 5 X 105 cell per ml, l’inoculo è preparato come già descritto. Si incuba per 18 ore a 37°C in atmosfera opportuna (streptococchi, Neisserie ed emofili gradiscono ambiente di CO2 al 10%). La MIC si registra come la concentrazione minima che non consente una visibile crescita nella provetta.

MicrometodoSi basa sull’utilizzo di micropiastre a fondo curvo di 96 pozzetti (12X8). Si distribuiscono, con una pipetta multicanale 100 µl di brodo in tutti i 96 pozzetti, si prepara una soluzione di antibiotico in brodo pari a 4 volte la dose massima utilizzata (128X4 = 512 µg/ml) quindi con la multicanale si raccolgono 100 ml negli 8 (raramente 12) puntali e si addizionano ai 100 ml della prima fila (1) della micropiastra, senza cambiare puntale si mescola, aspirando e versando almeno 3 volte il contenuto del pozzetto, e allora si raccolgono 100 ml e si trasferiscono alla fila 2. Si ripete l’operazione sino alla fila 11 e si lascia la 12 come controllo. Si prepara l’inoculo in brodo come sopra contenente almeno 5 X 105 cell per ml e si addizionano 100 ml a tutti i pozzetti (volume finale 200 ml). Come è facile dedurre, la concentrazione di antibiotico è dimezzata una prima volta durante la diluizione e una seconda quando si aggiunge il ceppo. Il livello di farmaco iniziale sarà come per il macrometodo di 128 µg/ml. Si pone come coperchio un’altra micropiastra in pila e si incuba alla temperatura e atmosfera opportuna per 18 ore. La MIC è la più bassa concentrazione di farmaco che non consente una crescita visibile. Questo metodo è il più diffuso, sia per l’economicità sia perchè consente di saggiare un singolo farmaco verso 8 diversi ceppi in ogni micropiastra.

Agar diluizioneE’ generalmente utilizzato con microorganismi a crescita lenta o che formano colonie minute, quelli che secondo la dizione anglo-sassone sono detti “fastidious microorganisms” in pratica: Emofili, Moraxelle, Streptococchi, Enterococchi, e talvolta stafilococchi. E’ simile al macrometodo, si prepara il terreno CSMH agar, addizionato del necessario in relazione al patogeno studiato, sciolto e mantenuto sui 50-55°C. In provettoni graduati da 50 ml si aggiunge l’antibiotico in modo da ottenere nel volume finale di 40-50 ml la concentrazione di 128 µg/ml, si aggiunge il terreno e si mescola evitando di fare schiuma. Basta capovolgere il provettone un paio di volte. Si versa metà del contenuto su una piastra contrassegnata sul fondo rovesciato. Si aggiunge egual volume di agar sciolto al contenuto rimasto nel provettone e si procede sino alla minima concentrazione di farmaco desiderata. Una volta solidificate, le piastre conterranno dosi decrescenti di farmaco secondo la classica diluizione a fattore 2. I microorganismi preparati a una densità di 0.5 McFarland ( 1X108 cell per ml) saranno posati sulla superficie della piastra in goccioline 5 ml in modo da ottenere 5 X 104 cellule totali. Con sistemi opportuni si riescono a saggiare su una piastra sino a 18 colonie diverse. Dopo incubazione la MIC sarà letta come la minima concentrazione di antibiotico che inibisce la crescita visibile dei microorganismi. 3 colonie sono considerate crescita.

VALUTAZIONE DELLA MINIMA CONCENTRAZIONE BATTERICIDA (MBC)Minima concentrazione di antibiotico capace di uccidere il 99,9% della popolazione batterica iniziale. Stabilisce la qualità battericida o batteriostatica di un antibiotico. Dopo aver valutato la MIC mediante macro- o micrometodo si trasferiscono 10 ml di brodo da tutti i contenitori che non hanno dimostrato crescita batterica su una piastra di MH agar in un bordo e si fa colare verticalmente lungo il diametro del terreno. Dopo incubazione l’assenza o la valutazione del numero dei sopravvissuti stabilirà la qualità battericida di un farmaco. In genere nell’ambito di MBC sino a 8 volte la MIC si considera l’antibiotico battericida, per valori superiori si definisce il farmaco batteriostatico.

Fattori che possono influenzare il valore della MIC Terreno di coltura pH Presenza di siero o altre proteine Urine Inoculo Metodo utilizzato Tensione di ossigeno (aerobiosi-anaerobiosi)

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CURVE DI BATTERIOCIDIAValutazione del numero dei sopravvissuti dopo 2, 6 e 24 ore di esposizione all’antibiotico.Stabilisce la velocità con cui un antibiotico uccide i batteri (Time-kill, Attività antibatterica in funzione del tempo [dinamica])La coltura batterica in fase di crescita esponenziale è diluita in brodo fresco sino ad una concentrazione compresa tra 106 e 107 CFU per ml. Si divide il brodo in due campioni. Uno conterrà solo il ceppo come controllo, all’altro si aggiunge antibiotico alla concentrazione usuale di 4XMIC, è preferibile considerare MBC. Dopo un prelievo al tempo 0 e cioè prima di addizionare l’antibiotico per stimare la carica batterica iniziale, allo scadere delle 2, 6 e 24 ore, si esegue la conta dei sopravvissuti sia del controllo sia del trattato con antibiotico.Per eseguire la conta dei batteri si allestisce una serie di provette (generalmente 6) contenenti soluzione salina. Il volume della soluzione può variare 9 ml, 4,5 ml, 2,7 ml e 1,8 ml secondo la preferenza o abilità dell’operatore. Di solito 1,8 ml sono sufficienti, a tale volume si addizionano 0,2 ml di brodo nella prima provetta per ottenere il rapporto di 1:10, ovviamente per volumi diversi si useranno volumi diversi (2,7 + 0,3; 0,5 + 4,5 ecc.). Ottenuta la diluizione 1:10 si mescola e si trasferiscono 0,2 ml (per volumi 1,8 + 0,2) dalla prima alla seconda provetta e così via. Terminata la diluizione si può effettuare la piastrazione. Per limitare gli errori, si eseguono i prelievi di 0,3 ml dalla coltura batterica con pipetta sterile facendo attenzione che non rimangano goccioline di brodo lungo le pareti della pipetta, queste possono essere allontanate con semplice contatto della pipetta con la parte interna della provetta e si versano 0,2 ml nella

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prima provetta con soluzione salina facendo estrema attenzione a non immegere la pipetta nel liquido. Quindi si sostituisce la pipetta e si mescola il contenuto della provetta con quella nuova per poi trasferire l’aliquota per la successiva diluizione. Si può eseguire l’operazione con puntali e pipette automatiche da 200 ml, facendo sempre attenzione a non immergere il puntale nel liquido ogni volta che si trasferisce l’aliquota e che il puntale non presenti adese goccioline di liquido.La piastrazione si esegue versando 0,1 ml della massima diluizione (-6) su una piastra di MH agar, il campione può essere distribuito per l’intera superficie della piastra con una pipetta o zappetta sterile. Di solito si saggiano tre diverse diluizioni (-4, -5, e -6) e per ogni diluizione si seminano almeno due piastre. Poiché esiste la possibilità di trasferire su piastra dalla coltura in esame dosi di farmaco ancora in grado di inibire la crescita dei batteri, si seminano solo campioni diluiti. Pertanto il limite di attendibilità del saggio è di 103 CFU per ml.

INTERAZIONI TRA ANTIBIOTICI

Si valuta l’attività di un farmaco in presenza di un altro nei confronti di un microorganismo. Si esegue con tecniche diverse, Dischetto, checkerboard o diluizioni crociate, time-kill o curve di batteriocidia. Si possono ottenere tre risposte:Sinergismo, l’attività di un antibiotico è potenziata dalla presenza dell’altro.Indifferenza, l’attività di un antibiotico non è influenzata dalla presenza dell’altro.Antagonismo, l’attività di un antibiotico è compromessa dalla presenza dell’altro.Motivi di impiego.

1. Estendere lo spettro d’azione di un antibiotico2. Limitare la tossicità di antibiotico3. Prevenire l’insorgenza di microorganismi resistenti4. Conseguire un effetto sinergico5. Valutare nuove molecole.

Esempi di combinazioni:1. Agente attivo sulla sintesi di parete associato ad un aminoglicoside. (resistenze intrinseche o plasmidi che

codificano per enzimi inattivanti possono annullare l’effetto sinergico).2. Inibitori enzimatici, l’associazione più diffusa è quella tra un b-lattamico ed un inibitore suicida di -

lattamasi, esistono anche inibitori delle adenilasi, che inattivano gli aminoglicosidi 3. Inibitori delle vie metaboliche come il trimetoprim e il sulfametossazolo, anche se si prevede in tempi brevi,

per effetti collaterali indesiderabili, il ritiro dal commercio.

Valutazione in vitro di una associazione di antibiotici.

Tecnica dei dischetti. Il modo più semplice è quello di eseguire un antibiogramma con i dischetti dei due antibiotici da saggiare posti ad una distanza intermedia rispetto al loro alone massimo che si suppone sia prodotto su batteri sensibili. Dopo incubazione si potrà osservare sinergismo, se gli aloni nei punti di rimescolamento dei due antibiotici tenderanno ad ampliarsi. Antagonismo se l’effetto sarà opposto, mentre indifferenza per aloni normali e omogenei.

Tecnica delle diluizioni crociate (checkerboard)Uno dei due farmaci viene diluito mediante micrometodo in modo da ottenere 7 diverse concentrazioni. Separatamente si diluisce allo stesso modo il secondo farmaco. A ciascuna serie di diluizioni del primo farmaco viene aggiunta quella del secondo antibiotico secondo un schema ben preciso. Ad esempio, sulla micropiastra le colonne sono contrassegnate da numeri da 1 a 12 e le righe da A ad H. Su una micropiastra d’appoggio il farmaco A sarà stato diluito a fattore 2 partendo da 8 sino a 2 e lo stesso in un’altra piastra per B, la colonna 1 contiene solo brodo. Con una multi-canale si trasferiscono 50 ml dell’antibiotico A dalla colonna 8 alla colonna 8 di una nuova micropiastra e si procede sino alla colonna 2 (7 con 7, 6 con 6 ecc.). Dalla colonna 8 dell’antibiotico B si trasferiscono 50 ml alla riga A della micropiastra che contiene già l’altro farmaco, poi dalla 7 alla B ecc. nella riga H non si aggiunge nulla. Alla fine in 64 pozzetti saranno contenuti combinazioni di concentrazioni diverse di farmaci, la riga H conterrà solo il farmaco A diluito come per la MIC e la colonna 1 il farmaco B. Il ceppo, preparato come già descritto sarà aggiunto 100 ml sui 64 pozzetti. Prima di procedere alla diluizione bisogna fare attenzione che l’antibiotico sarà diluito:una prima volta a fattore 2 quando si allestisce la micropiastra d’appoggiouna seconda volta a fattore 2 quando si addiziona l’altro antibioticouna terza volta a fattore 2 quando si aggiunge il microorganismoPertanto se si stabilisce che la concentrazione massima sarà, ad esempio, come sempre 128 µg/ml si deve allestire una concentrazione di partenza di 1024 µg/ml. In realtà la gamma delle concentrazioni dei due farmaci viene determinata sulla base dei valori delle MIC degli stessi. In genere si parte da una concentrazione massima corrispondente a 8 volte la MIC.L’interpretazione dei risultati si effettua mediante il calcolo dell’indice di concentrazione frazionata inibitoria (FIC index) espressa come:a/a’+b/b’=FICa+FICb=FIC indexdove a= MIC di A in presenza di B; a’= MIC di A da solob= MIC di B in presenza di A; b’= MIC di B da soloPer valori di FIC inferiori a 0.5, l’associazione di antibiotici si definisce sinergica, tra 0,5 e 4, indifferente e > 4, antagonista.

Curve di batteriocidiaSi eseguono essenzialmente come per la valutazione dell’attività battericida di un singolo antibiotico. Si allestiscono 4 campioni di brodo-coltura, una per il controllo, la seconda con un antibiotico alla concentrazione di ½ MIC, la terza con l’altro antibiotico alla stessa dose ed infine la quarta che contiene l’associazione di

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farmaci ad ½ MIC ciascuno. Si eseguono conte batteriche come già detto al tempo 0, 2, 6 e 24. Si valuta la combinazione confrontando la curva dell’associazione con quella del farmaco che risulta il più attivo dei due preso singolarmente. Si definisce sinergismo se la combinazione risulta 100 volte (2 Log) più battericida del farmaco più potente, mentre se la mortalità dei batteri si riduce, o meglio se il numero dei sopravvissuti aumenta se esposti alla combinazione rispetto al singolo antibiotico, si ha antagonismo; in differenza quando non si hanno variazioni significative del numero di batteri uccisi nelle 24 ore.

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VALUTAZIONE DELL’EFFETTO POSTANTIBIOTICO (PAE).

L’effetto postantibiotico è definito come il tempo necessario ai batteri per riprendere il normale tasso di crescita dopo breve esposizione ad un farmaco. Questo parametro può essere importante per stabilire i tempi di somministrazione di un antibiotico. Più lungo è il tempo che i batteri necessitano per recuperare i danni operati dall’antibiotico, più lunghi saranno i tempi di intervallo tra una somministrazione e l’altra. Il PAE è stato individuato con tutti gli antibiotici nei confronti dei gram-positivi, mentre sui gram-negativi non producono PAE i b-lattamici, con l’eccezione dei carbapenemici. Un coltura pura del microorganismo in esame è diluita in brodo fresco a circa 5 X 106 CFU/ml ed incubata per 30’ per rendere esponenziale la crescita batterica. Si divide la coltura in due campioni, uno farà da controllo, all’altro verrà aggiunto l’antibiotico alla concentrazione di 4XMIC. Dopo un’ora di incubazione a 37°C entrambe le colture sono diluite 1:1000 in brodo caldo per diluire l’antibiotico e nuovamente incubate sino a visibile torbidità (5-8 ore). Le conte batteriche sono eseguite al tempo 0, 1 ora, prima e dopo diluizione e ogni ora per tutta la durata dell’esperimento. I dati ottenuti sono riportati in grafico ove si disegnano le curve dei trattati e del controllo. Graficamente si valuta il tempo che impiega il controllo per aumentare di un log, lo stesso parametro si stima per il trattato la differenza tra i due tempi fornisce il valore del PAE.

DETERMINAZIONE DELL’ESISTENZA DELL’EFFETTO PARADOSSO O EAGLE.

Tale parametro è importante per stabilire l’efficacia di un antibiotico anche quando questi raggiunge livelli di gran lunga superiori alla MIC. Questo può succedere specie nella vescica dove molti farmaci si concentrano. La presenza di un effetto molto marcato può suggerire al clinico di ridurre il dosaggio dell’antibiotico in particolari situazioni.Si espongono i batteri, in fase di crescita esponenziale a concentrazioni scalari di antibiotico (da 1 a 500 volte la MIC). Dopo 2 ore di incubazione a 37°C si effettua la conta dei sopravvissuti secondo la procedura standard. L’effetto paradosso si nota quando il numero dei batteri tende ad aumentare da un certo livello in poi all’aumentare della concentrazione di antibiotico.

VALUTAZIONE DELLA FREQUENZA DI INSORGENZA SPONTANEA DI MICROORGANISMI RESISTENTI.E’ importante per stabilire se durante il trattamento vi è il rischio di fallimento di terapia dovuta a insorgenza di batteri resistenti. Molti patogeni quando acquistano resistenza ad un farmaco dimostrano insensibilità verso altri, tuttavia possono perdere contemporaneamente caratteri di patogenicità. L’insorgenza di resistenti può variare sulla base della dose di antibiotico impiegata, il microorganismo, tempo di esposizione, il pre-trattamento con lo stesso farmaco e la qualità dell’antibiotico (batteriostatico e battericida).Una coltura batterica del ceppo in esame è concentrata a 5 X 108 - 5 X 109 CFU/ml. Aliquote di 0,1 ml (cariche batteriche troppo elevate falsano il risultato) sono distribuite su piastre contenenti l’antibiotico a dosi di 2 X, 4X e 8XMIC. Si preferisce saggiare più concentrazioni per avere un riscontro più ampio del fenomeno. Le piastre si incubano per 48 ore alla temperatura voluta e quindi si osservano le colonie cresciute. Prima di effettuare la stima dei resistenti, si purificano almeno 20 colonie per controllare l’efficienza di ricrescita, alcuni cloni possono infatti proliferare sul terreno di primo isolamento, ma non crescono più, non sono perciò veri mutanti. Una volta stabilito questo parametro si contano le colonie totali. Il tasso di frequenza si ottiene dividendo il numero delle colonie totali moltiplicato per il valore dell’efficienza di ricrescita diviso per il numero totale dei batteri seminati.

ALTRI SAGGI

I batteri in vivo sono esposti a dosi fluttuanti di antibiotico che oscillano tra i valori di gran lunga superiori alla MIC sino a dosi sub-inibenti. In tali circostanze, pur non essendo eradicati dal farmaco, i microorganismi possono subire effetti che modificano notevolmente molti caratteri di patogenicità, il tasso di crescita, la capacità di aderire, l’idrofobicità e altri fattori che ne facilitano l’eliminazione da parte delle difese dell’ospite. Questi saggi non sono frequentemente eseguiti nello studio di nuove molecole, ma può essere interessante includerli quando si vuole fare un profilo microbiologico il più completo possibile dei nuovi antibiotici. Non è possibile trattare in dettaglio tutti i test si rimanda perciò a letteratura specifica per la valutazione di tali parametri. Valutazione della produzione di BIOFILM.La produzione qualitative di biofilm è stimata in piastre di Rosso Congo (BH agar, 50 g saccarosio, rosso congo 800 mg per litro) I ceppi produttori di biofilm formano colonie nere mentre I ceppi negativi risultano rossi. La valutazione quantitativa si fa facendo crescere i ceppi (TSB +glucosio 0.25%) per 24 h a 37°C. Si dispensano 200 l di coltura in micropiastre di polistirene e si incubano ‘er alter 24 h. Si allontana delicatamente il brodo dai pozzetti e si lava con PBS (7mM Na2HPO4, 3mM NaH2PO4, 130mM NaCl pH 7,4) per 3 volte. Si fanno asciugare le micropiastre in termostato capovolte per 10 m. Si addizionano nei pozzetti 200 l di fissativo di Bouin preparato entro le 24 ore (soluz. satura ac picrico 75 ml, formalina 25 ml, ac. Acetico 5ml ) e si lascia per 2 ore. Si lava 3 volte con PBS. Si dispensano 200 l di cristalvioletto (0,01% in acqua) e si lascia per 5-10 m. Si lava 3 volte con PBS. Si risospende il deposito dei pozzetti in 40 l di sarcosile (10%) + 160 l di PBS e si legge l’assorbanza a 492 nm senza filtri di riferimento (in teoria a 570 nm).

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Figura Interpretazione dell’associazione tra farmaci nel time-kill e nel checkerboard A) indifferenza, B) sinergismo, C) antagonismo

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ENZIMI BATTERICI ATTIVI SUGLI ANTIBIOTICI

Uno dei principali meccanismi di resistenza agli antibiotici elaborato dai batteri è la produzione di enzimi inattivanti o modificanti tali molecole.Questo meccanismo di resistenza è particolarmente sviluppato nei confronti degli antibiotici -lattamici (penicilline e cefalosporine), aminoglicosidici, macrolidi e lincosamidi e del cloramfenicolo.Gli enzimi che idrolizzano i -lattamici sono detti -lattamasi, gli enzimi che modificano gli aminoglicosidi sono acetil- fosfo- metil-transferasi, quelli che modificano macrolidi e lincisamidi sono esterasi, mentre l’enzima che inattiva il cloramfenicolo è il CAT (cloramfenicolo acetil transferasi).

Test del satellitismoQuesta tecnica è utilizzata per mettere in evidenza le -lattamasi, gli enzimi inattivanti MLS (macrolidi, lincosamidi e streptogramine) come la eritromicina esterasi ed anche le CAT (cloramfenicolo acetil transferasi).Si coltiva un ceppo produttore dell’enzima, su un terreno insemenzato con un ceppo indicatore (Micrococcus lutens ATCC 9341) e contenente una quantità di antibiotico sufficiente ad inibire il ceppo indicatore.La produzione d’enzima provocherà la degradazione dell’antibiotico contenuto nel terreno e si avrà crescita del ceppo indicatore attorno al ceppo produttore di enzima.

Caratterizzazione delle -lattamasi La caratterizzazione di questi enzimi si basa su diversi saggi atti ad individuare:1) localizzazione (esocellulare o endocellulare)2) biogenesi (inducibile o costitutiva)3) profilo di substrato4) profilo di inibizione5) punto isoelettrico (mobilità elettroforetica nulla)6) peso molecolare7) ibridizzazione positiva o negativa con sonde specifichePer i primi 6 saggi di identificazione è molto utile l’impiego di una cefalosporina cromogena (NITROCEFIN) in grado di virare dal giallo al rosso quando viene idrolizzata da -lattamasi.

1) Localizzazione Nei germi Gram-negativi la -lattamasi è endocellulare ossia è localizzata nello spazio periplasmico, mentre nei Gram-positivi è esocellulare ossia viene liberata nell’ambiente circostante. Per individuare la -lattamasi in un microorganismo Gram-positivo sarà quindi sufficiente cercarla strisciando una colonia del microorganismo in questione su un lemo di carta assorbente imbevuta di NITROCEFIN. Se il germe è produttore di -lattamasi l’area di carta dove è stata strisciata la colonia da gialla diventerà rossa.Per cercare la -lattamasi in microorganismi Gram-negativi, essendo la -lattamasi endocellulare, è necessario lisare le cellule (ad esempio per sonicazione) e deporre una goccia di sopranatante sulla carta imbevuta di NITROCEFIN.

2) BiogenesiPer valutare se la produzione di -lattamasi da parte di un microorganismo è costitutiva (prodotta costantemente) o inducibile (prodotta in presenza di substrato) è necessario quantificare la -lattamasi e vedere se la quantità di enzima aumenta in presenza di stimolo induttore. Cefoxitina ed Imipenem sono buoni induttori di -lattamasi.Per quantificare l’attività -lattamasica si ricorre ad un saggio spettrofotometrico che sfrutta le proprietà di assorbimento del NITROCEFIN. In una cuvetta da 1 ml contenente 1 ml di NITROCEFIN (10 -4M) si introducono 10 l di enzima e si segue la reazione enzimatica con uno spettrofotometro termostatato a 37°C a 482 nm. La quantità di -lattamasi si ricava dalla seguente formula: DO . 0.01 X V min 1.59dove V= fattore che aggiusta il volume di enzima a 1mlLe unità di -lattamasi prodotte sono sempre calcolate in rapporto alle proteine totali contenute nel campione.

3) Profilo di substrato Sulla base del profilo di substrato è possibile dividere le -lattamasi in penicillinasi o cefalosporinasi a seconda che vengano idrolizzate preferenzialmente le penicilline o le cefalosporine.Il profilo di substrato si esegue con uno spettrofotometro termostatato a 37°C e si segue la reazione alle lunghezze d’onda ottimali per ciascun substrato (penicilline o cefalosporine) utilizzato.Mediante il metodo di Lineweaver-Burk si calcola KM e Vmax.

4) Profilo di inibizione Il profilo di inibizione aiuta nella divisione delle -lattamasi in penicillinasi e cefalosporinasi.

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Le penicillinasi sono fortemente inibite dall’acido clavulanico (I50 nell’ordine delle M), mentre le cefalosporinasi sono inibite dall’acido clavulanico solo ad alte concentrazioni, e sono inibite da cloxacillina ed aztreonam. I50 è la concentrazione di inibitore che riduce del 50% l’attività -lattamasica.

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5) Punto Isoelettrico (pI) Il valore di pI è un altro dato che permette la caratterizzazione delle -lattamasi. Il pI è quel valore di pH a cui il numero di cariche negative (di una proteina) uguaglia quello delle cariche positive. Mediante elettroforesi su gel di poliacrilammide e anfoline (sostanze anfotere che formano un gradiente di pH per azione di un campo elettrico) è possibile separare proteine con diversi pI. Le -lattamasi vengono messe in evidenza colorando il gel con NITROCEFIN.

6) Peso molecolare (PM) Anche il peso molecolare è utile al fine di identificare una determinata -lattamasi. Il peso molecolare di una nuova -lattamasi viene determinato mediante elettroforesi su gel di poliacrilammide non denaturante (in modo da mantenere intatta l’attività enzimatica) utilizzando -lattamasi con PM noti di riferimento. Il gel viene colorato anche in questo caso con NITROCEFIN.

7) Ibridizzazione con sonde specifichePer determinare il tipo di -lattamasi o per individuare la presenza del gene su plasmidi o cromosomi è possibile costruire sonde specifiche (amplificando con determinati “primers” mediante PCR i geni per le -lattamasi note). Queste sonde possono poi essere utilizzate per ibridizzazione su colonia o su plasmide.

Acetilazione del cloramfenicolo (Cm)

CAT1) Cm + acetil-S-CoA Cm-3-acetato + HS-CoA

2) Cm-3-acetato Cm-1-acetato

CAT3)Cm-1-acetato + acetil-S-CoA Cm-1,3-diacetato + HS-CoA

L’attività enzimatica di CAT è generalmente messa in evidenza per mezzo di metodo colorimetrico. La reazione 1 produce il CoA ridotto. Questo reagisce con l’acido 5,5I-Ditiobis-2nitrobenzoico (DTNB) e forma il 5-tio2-nitrobenzoato che ha colore giallo. L’attività di CAT può essere studiata anche quantitativamente spettrofotometricamente a 412 nm.

Enzimi modificanti gli aminoglicosidiGli enzimi che modificano gli aminoglicosidi possono essere divisi in acetiltransferasi, fosfotransferasi, nucleotidiltransferasi. Questi enzimi sono numerosi, possono avere diversi substrati e spesso sono in grado di modificare più substrati. Sono largamente diffusi in germi sia Gram-positivi che Gram-negativi anche se in alcuni casi la loro distribuzione sembra specifica (ad esempio la 2 I-N-acetiltransferasi si ritrova soprattutto in Proteus e Providencia, mentre la 2II-O-adeniltransferasi si ritrova soprattutto in Klebsiella).La presenza di questi enzimi può essere messa in evidenza con tre diversi metodi:1) incubando l’estratto batterico contenente il presunto enzima con l’antibiotico e diversi cofattori e monitorando la perdita di attività dell’antibiotico con un saggio microbiologico.2) incubando l’enzima, l’antibiotico e alcuni cofattori marcati e valutando la formazione dei prodotti radioattivi.3) seguendo la modificazione dell’antibiotico con metodo colorimetrico.

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