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INTRODUZIONE: IL LAVORO SULLA GUERRA Quest’anno noi ragazzi di III abbiamo svolto un lavoro interdisciplinare con, a tema comune, la guerra, e lo abbiamo guardato con gli occhi dello storico, dello scienziato, dello scrittore e dell’artista. Un lavoro interdisciplinare ha senso perché il sapere è uno, perché l’uomo è uno. Non esistono scienziati, poeti, letterati... esiste l’uomo che si occupa di scienza, letteratura, arte, ma sempre uomo è, prima di tutto. Come i soldati delle nostre guerre che prima di tutto erano uomini, anche davanti al nemico. Un lavoro interdisciplinare ci permette di comprendere un tema ( la guerra, il cielo, …) più approfonditamente, osservandolo da più punti di vista e ci permette di comprendere meglio lo specifico della materia: capisco di più cosa significa dipingere la guerra, se posso osservare anche cosa significa scrivere qualcosa sulla guerra. Inoltre con un lavoro interdisciplinare possiamo appassionarci ad un argomento in modo ancora più vivo. Il progetto interdisciplinare si è svolto in diverse fasi: 1 fase- L’insegnante di Storia ha raccontato la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, nel corso del secondo quadrimestre. 2 fase - Contemporaneamente in Scienze l’insegnante ha spiegato le armi, le macchine vecchie e nuove, i materiali bellici inventati e utilizzati in quel periodo storico, durante la I e la II Guerra Mondiale. 3 fase- In Italiano abbiamo letto e analizzato alcuni racconti di guerra e le poesie di Ungaretti, scritte in trincea, sotto i bombardamenti e nelle ore di quiete.

 · Web view1 fase- L’insegnante di Storia ha raccontato la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, nel corso del secondo quadrimestre. 2 fase - Contemporaneamente in Scienze l’insegnante

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INTRODUZIONE: IL LAVORO SULLA GUERRA

Quest’anno noi ragazzi di III abbiamo svolto un lavoro interdisciplinare con, a tema comune, la guerra, e lo abbiamo guardato con gli occhi dello storico, dello scienziato, dello scrittore e dell’artista. Un lavoro interdisciplinare ha senso perché il sapere è uno, perché l’uomo è uno. Non esistono scienziati, poeti, letterati... esiste l’uomo che si occupa di scienza, letteratura, arte, ma sempre uomo è, prima di tutto. Come i soldati delle nostre guerre che prima di tutto erano uomini, anche davanti al nemico.

Un lavoro interdisciplinare ci permette di comprendere un tema ( la guerra, il cielo, …) più approfonditamente, osservandolo da più punti di vista e ci permette di comprendere meglio lo specifico della materia: capisco di più cosa significa dipingere la guerra, se posso osservare anche cosa significa scrivere qualcosa sulla guerra.

Inoltre con un lavoro interdisciplinare possiamo appassionarci ad un argomento in modo ancora più vivo.

Il progetto interdisciplinare si è svolto in diverse fasi:

1 fase- L’insegnante di Storia ha raccontato la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, nel corso del secondo quadrimestre.

2 fase - Contemporaneamente in Scienze l’insegnante ha spiegato le armi, le macchine vecchie e nuove, i materiali bellici inventati e utilizzati in quel periodo storico, durante la I e la II Guerra Mondiale.

3 fase- In Italiano abbiamo letto e analizzato alcuni racconti di guerra e le poesie di Ungaretti, scritte in trincea, sotto i bombardamenti e nelle ore di quiete.

4 fase - L’insegnante di Arte ha spiegato alcune opere di diversi pittori di guerra, poi ha mostrato in particolare i quadri di Burri, medico militare che ha scoperto la sua vocazione in campo di prigionia.Ha poi sollecitato noi ragazzi a trasporre, ispirandoci alla modalità di lavoro del pittore che usava materiali di riciclo per comunicare sensazioni fisiche, le emozioni e i sentimenti suscitati dalle poesie di Ungaretti in ciascuno di noi in un quadro non figurativo.

I lavori che vedete qui esposti sono il frutto di questo lavoro.

In alto vedete 4 cartelloni che riassumono brevemente il lavoro svolto nelle 4 materie. In basso vedete le nostre opere che pongono in relazione il linguaggio artistico con quello poetico. Ora vi spiegheremo il lavoro:

IL LAVORO:

STORIA: Sul primo cartellone potete vedere lo schema dello svolgimento della Seconda Guerra Mondiale. Questo argomento è stato molto approfondito e lo abbiamo studiato nel Secondo Quadrimestre. L’argomento ha entusiasmato molti di noi, tanto che sarà uno degli argomenti più gettonati nelle tesine d’esame.

SCIENZE: Sul secondo cartellone potete vedere alcune slide che la prof. di scienze ci ha presentato per mostrarci come la scienza e la tecnologia sono intervenute in modo decisivo nello svolgimento della I e della II guerra mondiale, sia in modo positivo che in modo negativo.Vedete riportati alcuni esempi di macchine da guerra inventate in questoperiodo, macchine che hanno determinato la vittoria o la sconfitta dei diversi paesi implicati. Alcune macchine come i sottomarini U BOOt , o lo Zeppelin, un tipo di dirigibile molto potente, sono state una vera rivoluzione tecnica.

ITALIANO: Sul terzo cartellone potete vedere due esempi di brani di letteratura che abbiamo letto, analizzato e commentato insieme, nati in occasione delle due Grandi Guerre.Il primo testo è un brano tratto dal libro “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Il secondo è una poesia di Ungaretti, “Fratelli”.Questi sono solo due dei numerosi testi che la professoressa di italiano ci ha fatto studiare con una dispensa.

“INCONTRO NELL’ISBA”Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve

La nostra artiglieria non spara più da un pezzo. Avevano pochi colpi, li avranno sparati tutti. Ma perché non scende il grosso della colonna? Che cosa aspettano? Da soli non possiamo andare avanti e siamo già arrivati a metà del paese. Potrebbero scendere quasi indisturbati ora che abbiamo fatto ripiegare i Russi e li stiamo tenendo a bada. Invece c’è uno strano silenzio. Non sappiamo più niente nemmeno degli altri plotoni venuti all’attacco con noi.Compresi gli uomini del tenente Danda saremo in tutto una ventina. Che facciamo qui da soli? Non abbiamo quasi più munizioni. Abbiamo perso il collegamento con il capitano. Non abbiamo ordini. Se avessimo almeno munizioni! Ma sento anche che ho fame, e il sole sta per ramontare. Attraverso lo steccato e una pallottola mi sibila vicino. I Russi ci tengono d’occhio. Corro e busso alla porta di un’isba. Entro.Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando intorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio di legno da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. “Mnié khocetsia iestj” dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e di miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C’è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto e d’ogni mia boccata. “Spaziba”, dico quandoho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. “Pasausta”, mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell’ingresso ci sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco.Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev’esserci stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i Russi erano come me, lo sentivo. In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un’armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno l’uno per l’altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia

risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere.

CommentoQuesta è una delle pagine più belle del famoso romanzo di M. Rigoni Stern sulla ritirata di Russia. In questo testo abbiamo visto come le prime dieci righe sono piene di punti interrogativi; piene di domande. I soldati italiani che giungono in paese sono disperati, non hanno più niente, solo bisogno, bisogno di mangiare, bisogno di risposte.A un certo punto il soldato sente un sibilo di un proiettile e si rifugia in un’isba. Quando vi entra trova, intorno al tavolo, donne, bambini e uomini russi che stanno mangiando. Eppure accade qualcosa di incredibile. Una donna gli porge una ciotola di zuppa e nessuno lo minaccia. Rimangono tutti a mangiare in silenzio. Questo momento di intimità mostra all’autore che anche il nemico è un uomo, ha i suoi stessi bisogni e le sue stesse domande.UNA VOLTA TANTO LE CIRCOSTANZE AVEVANO PORTATO DEGLI UOMINI A SAPER RESTARE UOMINI.Erano nemici sul campo, ma in verità all’interno di quella casa si ritrovano ad essere soltanto uomini, donne e bambini.Lo stesso argomento, l’emergere dell’umanità più profonda dei soldati, è visibile nella poesia “Fratelli” di Ungaretti

FRATELLI Giuseppe Ungaretti

Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell'aria spasimante involontaria rivolta dell'uomo presente alla sua fragilità Fratelli 

(Mariano il 15 luglio 1916)

CommentoNella poesia troviamo la stessa parola ripetuta all’inizio e alla fine della poesia, isolata sul foglio: fratelli. Capiamo che è quindi il centro intorno cui ruota tutto il testo.Questa poesia ci racconta di due manipoli di soldati che si incontrano. C’è chi torna dalla prima linea dopo aver visto la morte da vicino.

C’è chi va senza sapere cosa troverà. Si passano accanto, non si vedranno mai più.Il poeta, tuttavia, vuole essere uomo fino in fondo.Trova il coraggio di chiamarli fratelli ribellandosi all’indifferenza. Quegli uomini sono come lui... come lui non sanno cosa sarà di loro. Egli sente sorgere quindi una strana fratellanza con questi “nemici”. Questa parola però è una parola fragile, debole, perchè la guerra fa di tutto per spegnerla. Il poeta però si ribella. Egli sa che quegli uomini sono suoi compagni. E ripete la parola fratelli alla fine della poesia.ANCHE QUI QUINDI VEDIAMO CHE C’È CHI VUOL VIVERE LA GUERRA DA UOMO E NON DA NEMICO.

ARTE: Sul quarto cartellone potete vedere due opere d’arte che abbiamo analizzato in classe. Sono due esempi di opere realizzate in merito alla I e alla II guerra mondiale. La prima è un quadro di denuncia della situazione catastrofica che la guerra causa nell’uomo, in particolare nel popolo tedesco, essendo l’artista un pittore della germania.La seconda è un’opera astratta, uno degli esempi più belli dell’opera complessa di Alberto Burri.

TRITTICO DELLA GUERRA, 1929-32Otto Dix

CommentoOtto Dix fu un pittore tedesco che lavorò proprio negli anni in cui la Germania vide le due grandi guerre e la violenza del nazismo. Allo scoppio della I Guerra Mondiale, egli si arruolò entusiasticamente volontario nell'esercito tedesco. L'esperienza della guerra lo scioccò profondamente, ed egli vide in essa la disumanità ed il tracollo delle speranze, trasformandolo in un convinto pacifista. In questìopera egli denuncia una guerra senza senso. Nel primo dei quattro quadri vengono rappresentati  i soldati nel momento in cui giungono sul campo di battaglia. Gli zaini sono gonfi e pesanti, il cielo promette tempesta, una

nebbia densa, che simboleggia e preannuncia quella che sarà presto prodotta dai gas asfissianti. L'opera centrale del polittico manifesta esplicitamente la tragedia che incombeva nel quadro precedente. Al centro si vede un cadavere straziato e dilaniato, impigliato nelle rovine metalliche di un edificio distrutto dalle bombe. In basso vediamo un soldato ridotto quasi a fantasma, avvolto in  un mantello, con il volto celato dalla maschera antigas. Il volto non si vede, il soldato diventa un essere senza un Io, senza identità. La terra si fonde con i cadaveri. Il pittore rappresenta, con tratti lividi le rovine lasciate dall'esplosione delle bombe che si mescolano a membra staccate dai corpi, polvere, fango, travi bruciate.Nel pannello di destra, sotto un cielo fiammeggiante, un uomo che ha mantenuto tratti riconoscibili, forse l'ultimo rappresentante dell'umanità, tenta di sollevare un cadavere, ma la desolazione del paesaggio ci  fa capire che il tentativo di salvarsi dal baratro dellla guerra è destinato all'insuccesso. Egli magari tornerà in patria, ma la guerra lo ha cambiato dentro, ha annullato tutto ciò che di bello e vivo era in lui.L'ultimo quadro, in basso, rappresenta una cassa in cui sono accumulati cadaveri ormai in decomposizione: la tragedia trova la sua fine, una fine ben misera perchè questi cadaveri non troveranno mai la pace e la degna sepoltura davanti ai loro cari.

SACCO E BIANCO, 1953Alberto Burri

CommentoAlberto Burri (1915-1995) è uno degli artisti italiani che ha contraddistinto il panorama culturale italiano del secondo dopoguerra. Durante la II Guerra Mondiale viene trasferito in un campo di prigionia e scopre il suo desiderio di dipingere. Senza aver strumenti adatti alla pittura, utilizza come supporto i sacchi in cui gli americani conservavano lettere e cibarie. Sin dall’inizio la sua ricerca mostra il desiderio di utilizzare i materiali di riciclo. Il suo principale interesse, che rimarrà come filo rosso in tutta la sua carriera, è l’uso del materiale e l’emergere potente delle sue peculiarità.

Burri si guarda intorno e scopre un fascino impensabile dentro le cose più banali, banali come un pezzo di plastica, una lamina di ferro, una trave di legno. Egli prende materiali comuni, li inserisce in un’ intelaiatura, ne esalta al massimo le loro proprietà e ce li mostra, nobilitandoli, rendendoli ancora più vivi e interessanti di quanto non ci sembrano quando li vediamo sul nostro cammino ogni giorno.Il percorso artistico di Burri comincia con la prima metà degli anni Cinquanta con la sua serie di opere più famosa, quella dei «sacchi». Burri è affascinato dalla consistenza grezza e rugosa della trama dei sacchi di juta, ed è proprio questa a diventare la protagonista dei suoi primi pezzi. Come fare per esaltare questa trama? Tagliandola, cucendola, strappandola, tirandola, dipingendola con colori vivi, il rosso ed il nero. Tutti questi buchi, questi rammendi, queste ferite nelle tele subito ci trasmettono sensazioni fisiche precise. Ci ricordano le ferite e gli squarci di un corpo martoriato, colpito, come membra sanguinanti di un soldato abbattuto in guerra. Non si sa quanto ciò fosse voluto da Burri. Egli non spiega mai le sue opere suscitando immagini che vanno oltre le sue opere. Preferisce che il materiale parli da sè. Desidera che sia l’osservatore ad interpretare col suo vissuto, con le sue sensazioni ciò che le tele suggeriscono. Resta curioso il fatto che molti vi hanno letto questo legame con la ferita profonda lasciata nel corpo dei nostri soldati dopo la II Guerra Mondiale. Molti in queste opere leggono il suo precedente passato di medico che, sul campo di battaglia, doveva intervenire per ricucire con suture e bende le ferite dei compagni sul campo.

I NOSTRI LAVORI:I quadri che vedete esposti sono il frutto del nostro lavoro pratico svolto nelle ore di arte dopo aver conosciuto la figura di Alberto Burri. La professoressa ci ha chiesto di provare a interrogarci su come i materiali che utilizziamo tutti i giorni possono comunicarci delle sensazioni fisiche precise. Ad esempio il metallo è freddo e ci dà una sensazione di durezza e di distanza, il cotone invece ed è soffice e quindi accogliente, la stoffa è porosa e quindi può essere fastidiosa, la plastica è sfuggente, liscia e intoccabile.Osservando i materiali da questo punto di vista dovevamo provare a creare un’opera d’arte nello stile di Burri che riuscisse a comunicare le sensazioni fisiche e le emozioni che noi provavamo leggendo una poesia di Ungaretti.Ognuno di noi ha scelto una poesia dell’autore, l’ha letta con attenzione e ha provato a focalizzare bene quali sensazioni il testo gli suscitava. Dopo di che ha scelto i materiali e le modalità di intervento per assemblare l’opera in modo più espressivo e comunicativo possibile. Abbiamo creato delle opere astratte fatte solo di materia. Essendo astratte nessuno, tranne noi, può sapere cosa volevamo dire con quell’opera. Ecco perchè abbiamo trascritto le nostre intenzioni ed il nostro percorso creativo in un testo posto sotto ogni tela. Ognuno di voi però ci vedrà dentro sensazioni ed immagini diverse, ed è questo il bello! Anche le opere di Burri creano lo stesso effetto. Non sono uguali per tutti. C’è chi le respinge, c’è chi le adora. La cosa interessante è che ogni sua opera fa nascere un dialogo fra la tela e l’osservatore. Vi invitiamo quindi a relazionarvi con le nostre opere e a vedere cosa vi comunicano.Grazie!