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COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA ROMA 18 FEBBRAIO 2016 INTRODUZIONE

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COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA

ROMA 18 FEBBRAIO 2016

INTRODUZIONE

Il Centro Studi Osservatorio Militare per la tutela del personale delle Forze Armate, Forze di Polizia e Civili, noto con il nome“Osservatorio Militare”,

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nasce nel 2000 con lo scopo di studiare, predisporre ed assicurare la tutela del personale nei nuovi scenari operativi che si presentavano.

I vari teatri internazionali ed i poligoni internazionali su territorio italiano (vedi Sardegna) in cui operavano le Forze Armate e le nostre Forze Polizia, è ora divenuto uno scenario misto in cui cooperazione e sinergia tra varie Forze Armate del mondo ne determinano il successo e ne limitano i rischi.

Il rapporto costante e sinergico nel tempo tra Forze Armate di vari paesi evidenziano varie differenze che vanno dai criteri operativi a quelli addestrativi e sopratutto, agli strumenti di tutela e salvaguardia dei diritti del personale.

Intanto ogni teatro evidenziava delle problematiche differenti nei confronti delle quali vi erano modi diversi di porsi a secondo del Paese che li affrontava.

Nel teatro Balcanico, ad esempio una serie preoccupante di malati e successivi decessi vedevano coinvolti militari italiani.

Il fenomeno non era così evidente nelle altre Forze Armate che condividevano il territorio ma il contesto operativo sembrava simile e non si riusciva ad individuare la causa che scatenava il fenomeno e lo rendeva particolarmente evidente tra il personale militare italiano.

Il Centro Studi Osservatorio Militare inizia ad esaminare il fenomeno e raccoglie dati, informazioni ed elementi che potevano essere alla base del fenomeno e contemporaneamente elementi diversi dal contesto in cui operavano le altre Forze Armate.

Analoga situazione si è poi verificata nel tempo anche negli altri teatri incui venivano chiamati ad operare i militari Italiani.

Afghanistan e Iraq su tutti hanno dimostrato che le patologie ed i decessi che si registravano sul personale militare impiegato, erano tutti legati a doppio filo sull’inquinamento ambientale prodotto dall’esplosione di munizionamento all’uranio impoverito.

Prima di porre all’attenzione del settore giuridico dell’Osservatorio, il Centro Studi si è avvalso della collaborazione sia di esperti di patologie oncologiche che di ricercatori delle nuove tecniche di studio delle cause scatenanti patologie gravi e mortali tra la popolazione.

PREMESSA

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A prima vista sembravano poche le differenze d’impiego tra i vari eserciti e poche anche le differenze di regole d’impiego e d’ingaggio che utilizzavano in teatro.

Ben presto però, da un esame attento della preparazione e della dislocazione sul terreno delle varie Forze Armate, emergevano elementi che potevano essere alla base della causa del forte indice di patologie che si manifestava tra il personale militare:

1. a causa di un ritardo nella decisione politica d’intervento nei Balcani, all’Esercito Italiano toccò la dislocazione in una zona fortemente bombardata dagli alleati ed accuratamente evitata dagli Eserciti degli altri paesi coinvolti nella missione;

2. obiettivi civili sensibili tipo raffinerie, fabbriche ed industrie chimiche fortemente bombardati risultavano in concentrazione maggiore proprio sul territorio di competenza degli italiani;

3. l’equipaggiamento in dotazione del personale militare non era adeguato e conforme agli standard fissati per territori di probabile contaminazione NBC (Nucleare, Biologica e Chimica) riconosciuti ed indicati da direttive internazionali già in possesso dello Stato Maggiore Italiano;

4. Gli alleati, per la prima volta in un territorio ad alta densità abitativa, utilizzarono munizionamento all’uranio impoverito i cui effetti avevano già dato modo di elaborare direttive di pericolo e conseguente utilizzo di strumenti di precauzione dopo l’impiego di munizionamento al DU durante la prima guerra del golfo;

5. la profilassi vaccinale eseguita sui militari non rispondeva ai protocolli previsti che venivano puntualmente ignorati eseguendo cicli di vaccinazione addirittura sul posto e con farmaci scaduti;

6. man mano che si aprivano altri teatri operativi il fenomeno delle patologia tumorali tra il personale italiano rimaneva costante;

7. ultimo ma non per importanza, un forte atteggiamento di resistenza e negazione di eventi e fatti noti al mondo ma che venivano negati con determinazione ed insistenza sia dai responsabili politici che militari dell’epoca.

ANALISI

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Questi punti sono alla base della documentazione raccolta e della conseguente azione giuridica svolta dal settore legale dell’Osservatorio Militare che ha prodotto in questi anni la formazione di una giurisprudenza consolidata che sta riuscendo a perfezionare l’azione e lo scopo dell’Osservatorio Militare stesso che è quello della tutela del personale.

Esamineremo ora punto per punto gli elementi individuati quali presupposti per la ricerca e l’analisi della situazione all’epoca dell’impiego e degli sviluppi avuti fino ad oggi noti alla cronaca nazionale ed internazionale.

Punto 1, dislocazione sullo scacchiere.

La decisione d’intervenire nel teatro Balcanico con l’utilizzo dell’Esercito, fu ampiamente dibattuta all’interno del Governo e la decisione di partecipare arrivò dopo un lungo e travagliato percorso politico, con un voto trasversale rispetto alla maggioranza politica del tempo e con ampi dissensi interni agli schieramenti presenti nell’Aula.

Dal punto di vista pratico, questo ritardo si rivelò determinante nella dislocazione sul teatro di tutti gli eserciti coinvolti i cui capi, attenti e perfettamente consci di quanto accaduto in fase di guerra tra le parti coinvolte, optarono per dislocare i propri uomini in zone meno “inquinate” da bombardamenti e strutture definite “sensibili” oggetto di bombardamenti (fabbriche chimiche, industrie, raffinerie ecc).

Non solo, la densità dei bombardamenti ed i numerosi obiettivi colpiti indussero i paesi interessati ad adottare strumenti ed equipaggiamenti tipici ed idonei ad operare in zone altamente contaminate dal punto di vista chimico.

Su questo punto noto e documentato il largo uso di equipaggiamenti NBC adoperati sullo scacchiere dall’esercito Statunitense e Tedesco.

Alla missione nei Balcani partecipò, per la prima volta dal dopoguerra, anche l’Esercito Tedesco che, proprio in considerazione degli alti rischi di contaminazione che comportava operare in quelle zone, furono affiancati all’esercito statunitense conoscitore indiscusso del territorio e degli effetti che il loro bombardamento avrebbe causato al personale se non adeguatamente protetto.

Questo atteggiamento si rivelerà poi determinante nell’evitare casi di militari malati tra le Forze Armate USA e Tedesche.

Punto 2, obiettivi civili colpiti.

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All’Esercito Italiano toccò la provincia di Sarajevo, Hadžići e parte del Kosovo. In modo particolare nella Bosnia Erzegovina, vi era quella che si poteva definire la zona industriale e bellica maggiormente sviluppata e ricca della Serbia dove, proprio questo motivo, ci fu la massima concentrazione dei bombardamenti USA durante la fase di “guerra” nei territori.

Lo studio sulla popolazione di Hadžići, in modo particolare, risulterà poi determinante nell’esame degli effetti dei bombardamenti sulla popolazione civile infatti, l’antica enclave serba che occupava la città all’epoca dei bombardamenti, successivamente migrata nei dintorni del Belgrado, è risultata decimata da patologie tumorali che, a distanza di oltre 16 anni dai bombardamenti ha provocato la quasi estinzione totale della stessa.

Questo episodio particolare e drammatico al tempo stesso, ha trovato giustificazione sul fatto che, proprio sulle colline di Hadžići, era posizionato il più grande deposito di armamenti Serbo dell’intero scacchiere balcanico che, per essere distrutto, ha costretto l’esercito USA ad utilizzare gli unici tre missili Tomahawk a medio raggio con un carico di 300Kg di DU (uranio impoverito) per ogni testata utilizzati durante tutto il conflitto.

Ancora adesso nella zona, oltre all’inquinamento chimico, vi è anche un forte inquinamento radioattivo che ha costretto le autorità a chiudere definitivamente tutta una vasta zona ritenuta pericolosa per la salute pubblica.

I dati sui bombardamenti e le affermazioni riportate in questa parte sono tutte supportate dalla documentazione fornita dall’Esercito americano e dalla NATO con le mappe dei bombardamenti effettuati nei Balcani.

Questa documentazione fu immediatamente resa pubblica dall’Esercito Americano proprio per consentire alle forze armate che avrebbero preso parte alle operazioni di adottare tutte le misure previste per operare in sicurezza con i propri uomini in teatro.

Punto 3, dotazioni.

Ogni esercito, compreso quello italiano è addestrato a riconoscere, individuare ed operare in piena sicurezza, su ogni teatro, compreso quello contaminato sia dal punto di vista chimico che radioattivo e nucleare.

Alla base della decisione di come equipaggiare il personale per farlo operare in sicurezza, vi sono le informazioni tecniche operative che furono fornite agli

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alleati dalla Forza Armata che ha condotto le operazioni belliche, nel caso specifico del teatro balcanico, dagli americani.

Questo è un punto chiave di tutta la questione in quanto, sin dal primo momento, l’Esercito statunitense ha informato gli alleati sin da prima dell’inizio delle ostilità e lo ha fatto pubblicamente illustrando nella base di Bagnoli dove risiedeva il Comando delle Forze Alleate del sud Europa con il suo Comandante, il Generale Leighton Smith in sede di conferenza stampa, tutti i mezzi che sarebbero stati utilizzati e le zone da li a poco oggetto dei bombardamenti.

Alla conferenza stampa erano presenti, oltre ai giornalisti, tutti i massimi vertici militari italiani.

Le informazioni fornite, evidentemente ancora più dettagliate in termini operativi e riservati sui tavoli di C.do, organizzazione e coordinamento, sarebbero dovute servire ad organizzare preliminarmente le nostre Forze Armate, prepararle, informarle ed equipaggiarle per farle operare in piena sicurezza.

Evidentemente, considerato quanto è accaduto e riscontrato oggi, tutta questa fase potrebbe essere la fase in cui si creano i presupposti per quanto poi si è verificato in merito alle patologie e le morti dei militari italiani.

Punto 4, munizionamento al DU.

Come abbiamo visto il teatro dei Balcani è stato oggetto di pesati bombardamenti al DU messo in atto dagli americani.

In altri teatri era già stato utilizzato: la Somalia e la prima guerra nel golfo sono stati i teatri, di nostra conoscenza, in cui per la prima volta fu utilizzato munizionamento al DU.

In effetti già in questi due teatri emersero delle problematiche relative agli effetti nocivi sul personale esposto senza protezione, primo tra tutti la famosa “sindrome del Golfo” che colpì una grande quantità di militari americani in modo diretto (con malattie oncologiche) ed in modo indiretto (malformazioni dei figli dei militari reduci dall’Iraq) queste patologie furono poi riconosciute dal Governo americano ed i militari e loro famiglie sono stati indennizzati.

L’esperienza costituì presupposto per il Comando Americano per elaborare una circolare che rappresenta una sorta di “consenso informato” in cui il militare prende atto della pericolosità della esposizione a territori contaminati

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e libera l’amministrazione da eventuali responsabilità postume in caso di gravi patologie o morte.

Evidentemente furono proprio questi precedenti a suggerire agli Stati Uniti di fornire tutte le indicazioni agli Eserciti alleati per operare in piena sicurezza in teatri ove veniva utilizzato Uranio impoverito.

A questo proposito fu copiosa la documentazione inviata agli alleati dagli USA sia in circolari specifiche che addirittura con indicazioni video sin dal 1994, circa 5 anni prima del primo massiccio impiego italiano nei Balcani.

Per comodità di consultazione, alleghiamo alla presente un resoconto di tutte le circolari con relativo anno di produzione inviate ai vari Governi alleati sia dagli USA che da altre nazioni operanti.

Alla documentazione riassunta nella scheda in allegato 1, va aggiunto sia l’informazione video trasmessa dal Pentagono nel 1994 e sia il trattato di Heglin che sin dal 1978 studiava ed evidenziava, senza indicarli ancora in modo specifico, gli elementi di pericolosità che derivavano dall’esplosione di munizionamento all’uranio impoverito.

Punto 5, profilassi vaccinale.

La questione dei vaccini è stata anch’essa al centro del dibattito sulle possibili cause che hanno scatenato la famigerata sindrome dei Balcani che ad oggi conta, secondo le indicazioni fornite dal nostro Centro Studio, 326 decessi ed oltre 3700 casi di militari malati.

La somministrazione vaccinale è fissata da direttive interne al Ministero della Difesa.

Essa prevede la somministrazione dei vaccini in tempi, modalità e tipologia ben definite.

A seguito della decisione d’intervento da parte del Governo arrivata in ritardo e la necessità di schierarsi il prima possibile su quella parte di territorio più “caldo” dal punto di vista operativo, vennero a mancare i tempi necessari per rispettare il protocollo stabilito dalla stessa Amministrazione della Difesa per la somministrazione dei vaccini al personale impiegato.

A dire il vero vi fu anche una mancanza di prodotto al punto che lo studio e la documentazione raccolta dall’Osservatorio Militare hanno dimostrato che in numerosi casi i vaccini furono somministrati sul posto ed in confezioni già scadute.

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Per molto tempo l’aspetto dei vaccini è stato sotto la lente d’ingrandimento dell’Osservatorio Militare al punto di interpellare numerosi esperti nel settore e raccogliere ogni tipo di informazione medico scientifica, compresi tutti i dati dell’OMS sulle patologie legate alle reazioni vaccinali oppure a tipologie di vaccini ritenuti “a rischio” dalla stessa OMS o dall’agenzia del farmaco italiano.

Le professionalità che venivano interpellate fornivano a volte valutazioni addirittura opposte tra loro ma accomunate da un unico elemento: tutte la possibile reazioni potevano essere più o meno gravi o devastanti ma si dovevano manifestare nelle successive 72 ore alla somministrazione del farmaco.

Solo alcune patologie potevano essere associate a quelle che si riscontravano tra i militari ma erano riferite a composizioni di vaccini non più in uso tra il personale militare.

I vaccini utilizzati dai militari venivano utilizzati in dosi massicce anche in alcuni Paesi del mondo, se avessero avuto l’effetto che l’Osservatorio riscontrava tra il personale militare avrebbero prodotto una strage in quelle zone del pianeta in cui venivano utilizzate.

I vaccini, nel modo in cui vennero all’epoca somministrati ai nostri ragazzi, avrebbero potuto causare solo reazioni di tipo immunologico rispetto a patologie virali e/o infezioni.

Il perchè i vaccini sono stati spesso oggetto di polemiche lo vedremo più avanti nell’analisi dell’Osservatorio il cui riassunto sintetico lasceremo agli atti di codesta onorevole Commissione parlamentare d’inchiesta.

Punto 6, situazione simile su altri teatri.

Tutto quanto esaminato fino ad ora si ripresentava in modo similare anche su altri teatri in cui nel frattempo venivano coinvolti militari italiani.

Sia che operavano nei Balcani che in Afghanistan oppure in Iraq, il fenomeno delle patologie e dei decessi rimaneva costante.

Ovviamente nel tempo, in considerazione del gran numero di militari che venivano impiegati, non è più stato possibile determinare in quale teatro il soggetto poteva essere stato contaminato.

In effetti se si considera che l’effetto patologico si innesca con le nanoparticelle prodotte dalle esplosioni di ordigni all’uranio, uno studio

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approfondito ed un esame immediato di campioni organici sui militari, poteva dettare una mappatura dalla quale si poteva dedurre se e dove il militare era stato contaminato.

Punto 7, negazione di fatti accertati.

Questo aspetto in effetti si è rilevato determinante nell’individuazione del motivo per cui i nostri militari si ammalavano perchè ha di fatto indirizzato la ricerca verso la direzione che la storia ha poi dimostrato essere quella giusta.

Tra le prime affermazioni ufficiali, in alcuni casi mai richiesta, la posizione dell’Amministrazione Militare fu quella di negare con forza l’utilizzo di Uranio impoverito nella guerra dei Balcani.

Una spiegazione in effetti che nei primi momenti non fu mai richiesta e lo stesso comparto Difesa dell’Osservatorio Militare non aveva mai considerato in quanto i trattati in corso in fatto di utilizzo di armamento non evidenziavano alcuna violazione da parte degli Stati coinvolti nel conflitto.

Ad ogni buon conto nessuno aveva mai chiesto la tipologia di armamento utilizzato anche perchè, come abbiamo precedentemente detto, tutto il mondo sapeva dell’utilizzo di armamento all’uranio impoverito perchè dichiarato in sede di pre conflitto dai responsabili delle operazioni di guerra nei Balcani.

Questa “exusatio non petita” da parte del Ministero della Difesa sollecitò un conseguente interessamento verso gli effetti del munizionamento utilizzato tanto da chiedere tutte le spiegazioni agli USA che nella massima e completa trasparenza le mettevano a disposizione non solo degli Stati Maggiori che la richiedevano ma anche a tutti coloro che, per motivi diversi, avrebbero dovuto frequentare teatri operativi contaminati da uranio impoverito.

In effetti alla fine della proiezione video diramata agli Stati alleati sin dal 1994 sono riportati dei riferimenti telefonici ai quali tutti possono accedere a richiedere tutte le informazioni possibili sulla pericolosità e gli effetti del munizionamento al DU e ogni ulteriore specifica sui territori più o meno contaminati.

“Quando sul campo di battaglia si riconosce un obiettivo colpito da un dardo all’uranio oppure si attraversano zone bombardate da uranio impoverito, bisogna proteggersi con equipaggiamento adeguato e seguire tutte le istruzioni riportate di seguito….” Questo è un passaggio fondamentale riportato nelle istruzioni comportamentali illustrate nel documento video del Pentagono già depositato dall’Osservatorio Militare agli atti della seconda

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Commissione parlamentare d’inchiesta (presidente Sen. Lidia Menapace) e classificato riservato dalla stessa.

POLIGONI

Il caso uranio impoverito ha sviluppato di contro anche un ampio dibattito interno sulle possibili affinità tra le patologie che colpiscono i nostri militari e le patologie che colpiscono civili che vivono a ridosso di poligoni internazionali esistenti in Italia, in modo particolare quelli della Sardegna.

Tante sono state le considerazioni sul fatto che in questi poligoni mai sia stato utilizzato uranio impoverito.

E’ evidentemente difficile però fare una distinzione netta tra gli effetti prodotti dall’uranio impoverito utilizzato in una zona una sola volta e gli effetti di bombardamenti costanti e massicci nel tempo sempre sulla stessa zona effettuati con armi convenzionali durante esercitazioni internazionali.

Questo è uno dei primi punti da esaminare e verificare, scevri da ogni condizionamento economico che potrebbe esserci, per poter stabilire termini, modalità ed uso in sicurezza dei poligoni dislocati in Sardegna.

Durante i lavori della prima commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal Sen. Paolo Franco, furono approfonditi alcuni aspetti del poligono di cui si parla poco ma di cui poco si conosce in termini di effetti dannosi sul territorio.

Nei poligoni della sardegna, in modo particolare su quello di Perdas de Fogu vi sono aree utilizzate ad aziende private per la sperimentazione di materiali destinati alla costruzione di gasdotti che vengono sottoposti a processi chimici e sollecitazioni artificiali di cui si conosce poco perchè coperti da segreto industriale.

Nell’area a mare del poligono di Perdas viene sperimentato il carburante che sarà poi utilizzato come propellente per i missili lanciati in orbita sia dall’agenzia spaziale europea che dalla NASA.

In effetti però esposizioni dirette o indirette a continui bombardamenti, seppure per addestramento, comporta una dispersione nell’ambiente di quel tipo di particolato nanometrico e micrometrico che, secondo quanto stabilito dallo IARC (sezione oncologica dell’OMS) con la direttiva n°231 del 13

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ottobre del 2013 (in allegato 2) è di fatto causa principale per lo sviluppo di patologie tumorali.

Insomma una situazione certamente da approfondire e studiare al fine di predisporre tutte le misure necessarie a capitalizzare gli utili e la ricchezza che queste infrastrutture potrebbero portare al territorio ed annullare pericoli o sospetti di ricadute negative sull’ambiente e sugli abitanti degli insediamenti circostanti.

CONSIDERAZIONI

Gli anni successivi al conflitto nella ex Jugoslavia sono stati anni che hanno visto un crescendo di guerre e conflitti che hanno coinvolto gli Eserciti occidentali.

L’Italia è stata sempre protagonista in quasi tutti i teatri ed ha fornito il suo contributo in modo serio, professionale e rispettoso degli accordi internazionali che ne regolano i rapporti.

I nostri uomini, che si sono sempre contraddistinti in fatto di professionalità e disponibilità, pur essendo i meno retribuiti tra tutti gli Eserciti in gioco, hanno sempre dimostrato coerenza e lealtà.

Le gravissime conseguenze che operare in territori bombardati con uranio impoverito senza protezione sono state evidenziate e denunciate dal Centro Studi dell’Osservatorio Militare, sono la conseguenza di una scarsa considerazione dal punto di vista di tutela che le Istituzioni hanno avuto nei confronti del personale.

Probabilmente, l’inefficienza di uno strumento di tutela ormai vetusto come quello della Rappresentanza Militare, oppure la mal celata voglia di emarginare un’azione importante di controllo e vigilanza da parte della Magistratura Militare che se messa nelle condizioni di operare potrebbe rappresentare davvero il primo strumento di tutela per il personale, hanno causato e continueranno a causare una condizione di vita del nostro soldato in cui la necessaria ed indispensabile sensazione di tutela e fiducia che deve avere nell’Istituzione e nei propri superiori viene a mancare.

Dimostrazione pratica di quanto sopra affermato sono le numerose sentenze di condanna ottenute dal legale dell’Osservatorio Militare, ricordiamo che sono oltre 40, che hanno visto soccombere l’Amministrazione Militare nei confronti di militari o famigliari di questi che si sono rivolti all’Osservatorio Militare per sapere, conoscere la verità ed ottenere giustizia.

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In effetti direttive in merito che sanciscono quanto in modo breve abbiamo voluto riassumere in questo documento, esistono e sono sufficientemente chiare: i D.p.r. N. 37/2009, 90/2010 e 40/201 non forniscono alcun dubbio interpretativo.

Ovviamente la preparazione in materia di chi affronta l’argomento è determinante nel dimostrare che il militare in questione non si sarebbe ammalato se avesse operato con gli strumenti previsti di tutela, se fosse stato sufficientemente informato dei rischi, se avesse adottato tutte quelle misure previste in quella tipologia di teatro.

Sono migliaia le problematiche che vengono segnalate all’Osservatorio Militare ma che tutte hanno alla base una scarsa considerazione della necessità di tutela che un servitore dello Stato pretende e deve avere.

Un soldato è pronto a sacrificarsi fino all’estremo sacrificio pur di osservare le proprie consegne e rispettare gli ordini ricevuti.

Questo però lo vuole fare con la consapevolezza di avere una struttura leale e forte che potrà metterlo in condizione di svolgere il proprio lavoro nel rispetto delle regole e nella consapevolezza che qualsiasi cosa possa accadergli nello svolgimento del proprio dovere i figli o la famiglia che lascia non dovranno mai nascondersi o costretti a rivolgersi alla magistratura per ottenere giustizia.

OSSERVATORIO MILITARE