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00 cop somm edit gen feb 11:Prevenzione 2009 · 28 pagina Documento in merito alla Rete Nazionale per i Trapianti 32 pagina «Lezione di... vita» dalla teoria... alla pratica Sommario

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Ospedale di Legnano, tanta professionalitàper la promozione del prelievo di organi

Il dolore fisico: lo si può controllare

Mangiare meglio...per soffrire meno

La salute è il frutto d’amoredella cura e dell’attenzione

Piano Sanitario Regionale2010 - 2014

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Documento in merito alla Rete Nazionale per i Trapianti

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«Lezione di... vita» dalla teoria... alla pratica

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAIDO Lombardia - ONLUS

Anno XX n. 188 - gennaio/febbraio 2011

Editore: Consiglio Regionale AIDO Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Paolo FerrazziDirettore Dipartimento CardiovascolareDirettore U.O. di Cardiochirurgia

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Mario Scalamogna - Direttore

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Dott. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura SpositoCristina GrandeEpis Clelia

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

SottoscrizioniSocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito € 35,00 € 50,00 € 70,00 € 90,00

C/C postale 36074276 AIDO Cons.Reg.LombardiaONLUS Prevenzione Oggi

Si contribuisce alle spese di stampa come amici.

Il socio sostenitore ha diritto ad omaggiare un’altra per-sona previa segnalazione all’atto della sottoscrizione.

StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare prima decade di marzo.

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

[email protected]

È attivo il sito dell’Aido Regionale:

www.aidolombardia.it

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Il 2011 di “Prevenzione Oggi” inizia con unnumero che potremmo definire “emblematico”:ci sono gli argomenti tradizionali e ci sono le

esplorazioni su campi nuovi.Tradizionale è l’intervista introduttiva, con diri-genti e responsabili dell’Azienda ospedaliera diLegnano. Spinti anche dalla curiosità di essere frai primi a far conoscere queste nuova realtà opera-tiva – nuova nella sede – , abbiamo chiesto di poterraccontare l’impegno nella raccolta e nella valo-rizzazione delle donazioni di questo importanteospedale, collocato nell’Alto Milanese, e messo alservizio di una fra le comunità più laboriose e so-lidali del mondo.Ne emerge un quadro complessivamente positivo,di una realtà che pur essendo periferica, si pone al

centro di una intensa azione di diffusione della cultura della donazione e capace di azioniconcrete a favore del trapianto di organi e tessuti. Mi ha fatto particolare piacere poterprendere atto dell’entusiasmo sincero con cui i responsabili del settore stanno affrontandoil loro delicato compito. Anche questa è una bella pagina della sanità e del sociale lom-bardi. Ancora tradizionale, se vogliamo è l’articolo che illustra la nuova strutturazionedel Centro Nazionale Trapianti sul territorio nazionale. Ne emergono i caratteri fon-damentali della nuova organizzazione ma soprattutto l’intuizione che è necessario farerete sul territorio nazionale per arrivare a conseguire i risultati migliori. Un contesto par-ticolarmente favorevole all’impegno dell’Aido quale Associazione di collocazione cultu-rale e sociale, capace di far lievitare le migliori energie e le enormi potenzialità presentisul territorio. Se la scelta normativa è stata fatta, ora sta anche a noi farla diventare vin-cente. E sono certo che l’Associazione saprà raccogliere e vincere questa ennesima sfida dimodernità e di capacità di leggere i bisogni non solo sul libro del presente, ma anche suquello delle prospettive future.Proprio osservando i nuovi scenari che si stanno aprendo di fronte a noi sono stati scrittialtri interessanti articoli pubblicati su questo numero. Qui lasciamo un po’ il terreno dellatradizione per spaziare nell’esplorazione su campo aperto. Da leggere l’articolo sul nuovoPiano sanitario regionale; un Piano che contiene, per la prima volta nella storia della no-stra Regione, un importantissimo capitolo su prelievi e donazioni di organi. L’istitu-zione si fa carico, in questo modo, di sostenere ufficialmente e con strumenti di verifica,l’attività di donazione e di trapianto.Ho deciso di lasciare alla conclusione la presentazione di due articoli delicati e bellissimi.Trattano del tema del dolore. Il dolore fisico e il dolore “dell’anima”. L’esperienza umanaè esperienza fragile. Il dolore incrocia spesso le nostre strade e ci coglie sempre imprepa-rati. Sono riflessioni che interpellano la nostra coscienza, che ci aiutano a guardarci den-tro, a chiederci il senso ultimo del nostro essere, dell’esistere. Il dolore è un compagno diviaggio che ci affianca quando meno ce lo aspettiamo. Conoscere i tratti di questo dolorepuò aiutarci a non farci travolgere. Anche e soprattutto quando il peso ci sembra insop-portabile.

Leonida Pozzi

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In copertina:«IL CERVINO»©

foto di Silvio Gamberoni - Bergamo

«C'era una volta una montagnagrande, forte e ostile. Sembravairraggiungibile nella sua altezza.Passa il tempo ed oggi forse è diventata più buona, più accogliente, fino a comportarsiquasi come un Vecchio NonnoSaggio. Gli uomini, come deichiassosi nipotini, si arrampicano sudi lei da tutti i lati, e lei li accoglie,distribuendo Grandi Gioie a chi con sacrificio arriva in vetta. E d'inverno si copre con il mantellobianco che fa scoprire così formedella natura e paesaggi tutti nuovi,sotto un cielo che valorizza almassimo le forti ed eleganti linee di questa bella cima».

Intervista all’Ospedale di Legnano e riorganizzazione del Centro nazionale trapiantiAnalisi del Piano sanitario regionale e racconto dell’esperienza del dolore

Editoriale

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Nuovo di zecca, come si di-ceva un tempo. Questol’ospedale che abbiamo po-tuto visitare sul finire delloscorso anno: posto sul ter-

ritorio del Comune di Legnano e con lavocazione a servire una vasta area del-l’Alto Milanese così ricco di gente, atti-vità, professioni.Insieme con il direttore generale dellostesso ospedale, dottoressa Carla Dotti,abbiamo avuto occasione di fare unalunga chiacchierata con la parte dellastruttura che afferisce al tema del prelievodi organi in funzione del trapianto. Al-l’incontro hanno partecipato, insieme conl’équipe di Prevenzione Oggi, anche ilvice presidente nazionale rag. FeliceRiva e la dott.a Donata Colombo, am-ministratrice regionale.Erano presentianche il dott Radrizzani direttore del di-partimento di urgenza-emergenza, ildott Cordone direttore sanitario azien-dale, la dott.a Radice della direzione sa-nitaria di presidio e la dott.a Battagliatransplant coordinator.Come sempre l’introduzione è a cura delpresidente regionale Aido e direttore edi-toriale della rivista, cav. Leonida Pozziil quale dapprima presenta la rivista equindi inizia con la prima domanda.

Pozzi: Attraverso la rivista siamoimpegnati nella diffusione della cul-tura della donazione e quindi cer-chiamo di mettere in luce lepotenzialità delle diverse strutture odelle molteplici professionalità pre-senti sul territorio lombardo. Arri-vando qui abbiamo trovato unbellissimo ospedale…Dotti: “Abbiamo finito il trasloco eaperto il pronto soccorso l’11 otto-bre. Quindi è poco più di un mese cheabbiamo finito il trasferimento deipazienti. Questo è sicuramente unambiente più confortevole del prece-dente, anche dal punto di vista pro-prio della sua abitabilità, dellaquotidianità. Dal punto di vista dellatecnologia è decisamente molto piùavanti rispetto sempre al precedente.Abbiamo delle differenze sostanzialiper esempio nella rete dell'urgenza

Ospedale di Legnano, tanta professionalitàper la promozione del prelievo di organi

Ospedale di Legnano, tanta professionalitàper la promozione del prelievo di organi

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ed emergenza, siamo collegati conuna eli-superficie che è abilitata ancheal volo notturno e da questo punto divista il nostro ruolo nei prelievi po-trebbe migliorare molto. L'interessesicuramente è immutato. Conosco ilcav. Pozzi ed il tema dei trapianti datanti anni e ad esso credo che conquesta struttura possiamo dedicarcicome e più di prima. Il nostro coordi-natore dei trapianti è la dottoressaBattaglia che sicuramente poi ci con-forterà con i numeri. E mi interessa

molto anche questa proposta di ana-lisi per riuscire a capire insieme comepossiamo migliorare nella rete lom-barda dei trapianti. Mi dica lei, comeè messa la Lombardia?Pozzi: La Lombardia manifesta altie bassi. Rispetto al 2008 aveva mi-gliorato nettamente nel 2009 (perché

abbiamo lasciato quella pessimaquota 17.3 del 2008 che è stato il nu-mero in assoluto più basso che laLombardia abbia mai avuto nella suastoria). Nel 2009 quindi abbiamoavuto una ripresa stupenda. Adessoperò siamo sotto la media delloscorso anno. E non riusciremo a re-cuperare entro la fine dell'anno. Fra imotivi, il leggero aumento del dis-senso e alcune difficoltà per nuove pa-tologie che mettono “fuori gioco” ilpotenziale donatore. Ma ci raccontiun po’ di questa Azienda ospedaliera.Dotti: l’Azienda ospedaliera di Le-gnano è composta da quattro ospe-dali. Quello di Legnano è il piùgrande. Poi c’è l'ospedale di Magentache è paragonabile all'ospedale di Le-gnano per importanza, dotato di ria-nimazione e dotato di eli-superficie.La differenza tra l'ospedale di Le-gnano e l'ospedale di Magenta so-stanzialmente consiste nel fatto chel'ospedale di Legnano ha la cardio-chirurgia e la neurochirugia mentrel'ospedale di Magenta non dispone diqueste unità, anche se ha tutte le pos-sibilità della cardiologia interventi-stica esattamente come l'ospedale diLegnano. Quindi i due grandi ospe-dali sono più o meno paragonabili so-prattutto per quello che riguarda iltema che noi trattiamo oggi. Poi ab-biamo l'ospedale di Cuggiono el'ospedale di Abbiategrasso che in-vece sono delle strutture più piccole,senza rianimazione.Pozzi: Quindi le potenzialità sonosia a Magenta che qui a Legnano.Qual è il livello di attività di prelievooggi, alla luce del – fortunatamente –diminuito numero di incidenti stra-dali con esito mortale, dopo l’intro-duzione dell’obbligo del casco?Dotti: Va precisato che anche il nu-mero di incidenti stradali è diminuitograzie a Dio. Anche questa mi sem-bra una buona notizia...Pozzi: Questo però fa sì che le do-nazioni avvengano sempre di più adetà avanzata e tenerlo in cuor bat-tente per sei ore sia più difficoltoso!Radrizzani: “Sicuramente crea piùP

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difficoltà ma non credo che questo siail vincolo all'incremento di donazioni.Noi abbiamo un tasso di mortalitàdurante il periodo di osservazioneche veramente è molto basso, pari azero nel 2009. Peraltro la dott.ssaBattaglia si è molto impegnata ancheproprio nel trattamento del donatoremarginale (abbiamo fatto anche unatesi su questo tema). Noi siamo inuna rete che ci consente di confron-tarci con altre 230 terapie intensivein Italia. Le commissioni di accerta-mento per morte in tutta Italia inquesta rete di terapie intensive, sonoattorno al 15 per cento dei pazientideceduti; a Legnano abbiamo il 35per cento. I donatori sono il 5-6 percento. A Legnano abbiamo il 13 percento di pazienti deceduti che do-nano. Credo che i limiti principalisiano da trovare in questa fase, nelsuperare le barriere alla donazione,cioè al dissenso. Credo che questo siail dato fondamentale.Pozzi: Quindi non abbiamo diffi-coltà dal punto di vista della gestionedel potenziale donatore ma la diffi-coltà maggiore è quella di avere ilconsenso per la donazione?Radrizzani: Sì. Un altro limite èdovuto alla difficoltà a volte di far ar-rivare il paziente in rianimazione.Può succedere, ed è successo, che unapaziente con emorragia cerebrale inun ospedale limitrofo, senza neuro-chirurgia, non possa essere accoltaperché non siamo in grado di farlo.Una commissione ad hoc istituitadall’Assessorato Regionale sta lavo-rando per definire un percorso auto-matico per una rapida collocazionedei pazienti neurochirurgici. Credoche questo sia un altro dei vincoli, unostacolo organizzativo.Pozzi: Io mi auguro che la signoraabbia poi trovato posto in qualchealtra struttura. Va sottolineato che lamaggior parte delle donazioni av-vengono in luoghi specializzati.Cordone: Anche se adesso, a Ma-genta quest'anno abbiamo già fattotre osservazioni, accertamenti dimorte encefalica e una donazione.

Radrizzani: È possibile trovarepotenziali donatori in tutte le riani-mazioni; ovviamente è più semplicenelle rianimazioni neurochirurgichedove avviene la maggior parte dellemorti encefaliche. Al di là del-l'aspetto clinico c'è un doveroso ecomplesso iter burocratico che seeseguito solo saltuariamente risultapiù complesso. Da questo punto divista l’informatizzazione potrebbe

DottorDanilo Radrizzani

DottoressaGiovanna Battaglia

Felice RivaVicepresidente Aido nazionale

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snellire la compilazione dei docu-menti e facilitare il processo.Pozzi: Infatti in Regione abbiamopiù volte segnalato queste difficoltà.Tutto sta in una buona organizza-zione. Da rilevare quanto sia impor-tante che il vostro servizio conl’elicottero apra verso quegli ospedaliche hanno anche la possibilità diospitare questo specifico trasporto.Secondo voi quali sono le difficoltà

Dottoressa

CarlaDotti

ESPERIENZA LAVORATIVA· Dal 2008 Regione Lombardia-Azienda ospedaliera “Ospedale civile di Legnano” Direttore generale · dal 2000 al dicembre 2007 Regione Lombardia-Direzioni generali Sanità e Famiglia e Soli-darietà sociale, via Pola 9, 20124 Milano Governo regionale Dirigente medico di struttura complessa Comandata dalla A.O. di Niguarda Ca’ granda e poi dalla AOSal-vini di Garbagnate milanese alla Direzione Generale Sanità (di-rigente di Struttura) e quindi alla Direzione generale Famiglia esolidarietà sociale (dirigente di Unità organizzativa) della Re-gione Lombardia Sono state condotte le sperimentazioni edelaborati gli atti regionali relativi alla revisione del sistema diaccreditamento e finanziamento delle RSA, Centri diurni inte-grati, consultori, servizi per le dipendenze, hospice, vouchersocio-sanitari e strutture riabilitative per un impegno finanzia-rio complessivo annuale di circa 900 milioni di euro. E’ statoattribuito l'incarico di " project-leader" per la elaborazione delProgetto ex. art. 71, l. 448/98 "Riorganizzazione e riqualifica-zione dell'assistenza sanitaria nella Città di Milano", per un im-pegno finanziario complessivo di 350 miliardi di lire. Si ècollaborato con alcune Aziende ospedaliere in sperimentazionigestionali di collaborazioni pubblico-privato (projectfinancing). Si è elaborato e coordinato il progetto regionale “Valutazione esviluppo della rete integrata lombarda per la malattia di Al-zheimer” (ex art.12, d. lgvo 502/92), per un impegno finanzia-rio complessivo di circa 14 miliardi di lire · Dal luglio 2005 al luglio 2006 Fondazione Fratelli Beretta ONLUS di Padenghe sul Garda (BS) Ex IPAB per l’assistenza alle persone fragili autosufficienti enon autosufficienti Commissario Ricostituzione del consiglio di Amministrazione

DottoressaChiara Radice

DottorAngelo Cordone

Donata ColomboAmministratrice

Aido regionale

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che incontrate nello svolgimento delvostro lavoro o quale idea di snelli-mento burocratico potrebbe esserciper rendere il vostro lavoro più effi-cace nell'attività di prelievo di organi?Battaglia: L'azienda di Legnanoin questi anni ha rispecchiato fedel-mente l'andamento della Lombardia.Ha avuto dei momenti di flessione eanche dei momenti di ripresa. Perso-nalmente e sentendo anche i miei col-leghi, quello di cui sentiamo lanecessità, è il tempo. Il tempo è unagrande risorsa. Anche nell'attività diprelievo. Il periodo di osservazionedura 6 ore. Si tratta a volte di pazientiche sono arrivati in rianimazione ilgiorno prima o 48 ore prima. Ab-biamo poco tempo durante l'osserva-zione e poco tempo prima perinstaurare una efficace relazione diaiuto con le famiglie. La percentualedelle opposizioni a Legnano, nellamia esperienza, e abbiamo tutti i dati,è mediamente dal 30 al 40 per cento.Vale a dire che a metà novembre2010 abbiamo avuto 17 accertamentidi morte encefalica, 7 donazioni, 3non idoneità cliniche,(sapevamo giàall'inizio del periodo di osservazioneche non era proponibile una dona-zione di organi per neoplasie o posi-tività sierologiche). Abbiamo avutoquindi 7 opposizioni. Naturalmenteanche io, come coordinatore, sonopresente a gran parte di questi collo-qui, anche a quelli che hanno datoesito a un'opposizione. Devo dire, edè quello che mi conforta, che anchequando la famiglia ha manifestatol'opposizione, ci ha però anche rin-graziato di quello che avevamo fattoper il congiunto e, in un certo qualmodo, ci è sembrato di avere comun-que instaurato un rapporto con loro.Un rapporto di aiuto rispettando co-munque la loro volontà. Quindi, direiche a Legnano (e anche parlando coni colleghi di Magenta ho avuto lastessa sensazione), dobbiamo agiremolto sull'informazione, sulla sensi-bilizzazione e sulla comunicazionecon le famiglie, per recuperare daqueste opposizioni una quota di do-

nazioni per i nostri pazienti in attesadi trapianto. Anche a Legnano, nellanostra Nefrologia abbiamo 25 pa-zienti che sono in lista di attesa perun trapianto di rene. Nelle nostreMedicine ci sono dei pazienti chesono in attesa di un trapianto di fe-gato e alcuni di un trapianto di pol-mone. E so anche che i nostricardiologi mettono in lista qualchepaziente, presso Bergamo, per i tra-pianti di cuore. Quindi, è vero chesiamo un ospedale che è attivo sulprelievo ed è anche vero che in questoospedale ci sono tanti pazienti in listadi attesa per il trapianto. E gli ope-ratori sanitari sono ben consapevolidi questo. Ripeto, quello che a voltenon abbiamo è il tempo. Perché inqueste 6 ore si concentrano vera-mente tante cose di forte impatto cli-nico. E spesso, o ogni tanto, sentiamosuonare il campanello del citofono edè la famiglia che ci chiede: “allora,come stanno andando le cose?. Ci ab-biamo pensato. E' arrivato il fratelloche mancava e vorrebbe parlare....”.Quello che spesso ho constatato an-ch'io è che queste 6 ore sono una ri-sorsa preziosa per tante cose, masoprattutto per il rapporto con le fa-miglie. Perché le persone, i parenti,capiscono che il medico e gli infer-mieri hanno molto da fare e non pos-sono stare più di tanto a dare notizie.Però quello che a volte rimane è lafretta di dover condensare tutto inpochi attimi. Su questo bisogna agiree ci abbiamo provato. Noi abbiamoorganizzato in Azienda, grazie ancheagli stanziamenti per la formazionedella Regione Lombardia, più volte ilseminario del Nord Italia Trasplant,“La decisione condivisa”: un'interagiornata dedicata proprio alla comu-nicazione con le famiglie. Anche que-st'anno abbiamo ripetuto la giornatasulla donazione dei tessuti che ha unagrande valenza sia dal punto di vistaclinico che dal punto di vista relazio-nale. Contiamo nel 2011 di conti-nuare su questa strada, perchél'aspetto di comunicazione in questaattività è fondamentale, come peral-

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tro in tutte le attività sanitarie. C'èl'aspetto del fare e c'è l'aspetto deldire, sempre.Pozzi: Una domanda su questi di-nieghi che voi analizzate: tolto il fattodel mancato prelevamento per pato-logia, e quindi fermandoci solo sulnumero dove c'è il dissenso alla do-nazione, secondo voi, è dovuto a unretroterra culturale, di mancanzaquindi di cultura della donazione?Dobbiamo cioè ricondurlo al fattoche queste persone non abbiano rice-vuto sufficienti informazioni e al mo-mento della richiesta le persone nonsiano preparate?Battaglia: Ci sono diversi aspetti.Nella mia esperienza è anche capitatodiverse volte che sia stata la famiglia,spontaneamente a chiedere la dona-zione. Avendo capito la situazione,anche nelle donazioni di cornee, avolte, e capita sempre più spesso, è lafamiglia che spontaneamente chiede:“Ma può donare qualcosa?”. A voltescopriamo invece che non lo chie-dono perché pensano che il decedutosia troppo anziano. Questo è un altropregiudizio da sfatare. Non solo tra iparenti ma anche a volte tra gli ope-ratori sanitari. Per il resto direi che ilgrado di informazione, soprattutto inLombardia, sta aumentando. Perchépartecipando a questi colloqui vedoche veramente le persone sono piùinformate anche sul concetto dimorte encefalica: capiscono di cosa sista parlando. È una consapevolezzaculturale che probabilmente nel mo-mento dell'elaborazione del lutto èpiù difficile avere per arrivare a fare ilpasso successivo: dalla elaborazionedella morte del congiunto alla deci-sione della solidarietà. Io penso chemolte volte nelle persone ci sia un ri-piegamento nel dolore.Pozzi: Sono convinto che in quelmomento non abbiano ancora elabo-rato il lutto. Inizia il processo perchériceve la notizia e contemporanea-mente deve rispondere alla domandadi disponibilità a donare gli organi. Èperaltro vero che sono finiti i tempiin cui la richiesta del consenso venivaP

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· Dal dicembre 2003 ad ottobre 2005

RSA Pio e Ninetta Gavazzi di Desio (Milano)

Ex IPAB per l’assistenza agli anziani non autosufficienti

Commissario

Trasformazione giuridica dell’istituzione

· dal 1998 al 2000

Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano

Ospedale e Polo Universitario

Direttore Sanitario d’azienda

Oltre alla realizzazione di 3 nuove Unità operative ed alla rior-

ganizzazione dell’attività chirurgica, si sono revisionate tutte

le procedure, si sono definiti alcuni percorsi diagnostico-tera-

peutici (con più punti d’ingresso del MMG nell’iter tracciato) e

si è introdotto un protocollo per la rilevazione degli incidenti

occorsi ai pazienti. Si è organizzata la procedura di PTCA, con

“stand-by” cardiochirurgico a distanza, e l’attività di un mezzo

di soccorso “advanced life support” che presidia dal settembre

del 1999 l’area milanese

· dal 1995 al 1998

Azienda Ospedaliera Ospedale Sant’Anna di Como

Ospedale

Direttore Sanitario d’azienda

La disponibilità di tutti i “DRG” dei pazienti del bacino di

utenza ha consentito di precisarne le esigenze, di definire un

piano di riorganizzazione delle prestazioni (con indicatori di

attività e di costo) e di ristrutturazione edilizia (elaborazione

del progetto in attuazione della Legge 67/88, per un finanzia-

mento di 75 miliardi).

· dal 1988 al 1995

Azienda ospedaliera Niguarda Ca’ Granda, USSL 75/V, Pio Al-

bergo

Trivulzio di Milano,

Aziende sanitarie pubbliche

Vicedirettore sanitario

TITOLI DI STUDIO E SPECIALIZZAZIONI

Università degli studi di Milano:

1988-90 Specializzazione in Igiene e medicina preventiva

(orientamento Tecnica ospedaliera)

1982-86 Specializzazione in Igiene e medicina preventiva

(orientamento Sanità pubblica)

1978-82 Specializzazione in Malattie dell’apparato digerente

1978 Laurea in Medicina e Chirurgia

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fatta di fretta, in un corridoio, o cosedel genere. Oggi non è più così. Èstata fatta tanta strada. Battaglia: Qui tantissimi meritisono del prof. Seveso. Il primo pre-lievo di reni in questo ospedale è av-venuto nel 1984. E fu il prof. Sevesoche ci mise tutti su questa strada ado-perandosi molto perché venisse ini-ziata, mantenuta e ampliata questaattività. In questa Azienda ospeda-liera, le segnalazioni vengono fatte:tutti i pazienti per cui valgono i criteridi morte encefalica vengono sottopo-sti ad accertamento indipendente-mente dal fatto che possano essere onon essere donatori. Anche se sap-piamo che per una neoplasia meta-statizzata non potranno donare. Ilpasso fondamentale nell'individua-zione dei potenziali donatori è identi-ficare sempre correttamente lo statodi morte encefalica e adempiere atutto quello che prescrive la legge.Direi che l'Azienda in questo senso siè attivata anche promuovendo una re-peribilità intra-aziendale dei tecnicidi neurofisiopatologia. Abbiamo unpool di tecnici, tra Magenta e Le-gnano, che ci consente di effettuarel'accertamento anche di sabato, di do-menica, e, dovesse esserci la necessità,anche nelle ore notturne. Pozzi: A Magenta mi risulta chequest'anno ci sia stato un segnalato eun’opposizione. Battaglia: E' vero. I dati non sonoperò aggiornati a novembre perchénel mese di novembre i colleghi diMagenta hanno svolto altri due ac-certamenti di cui uno è esitato in unadonazione.Pozzi: Disponete di un collegio perl’accertamento solo in questo ospe-dale e poi interviene sul territorio?Radrizzani: Sostanzialmente ab-biamo il collegio di Legnano e il col-legio di Magenta. Condividiamoalcuni livelli tecnici.Pozzi: Quali sono le intenzioni delladirezione generale in questo tipo diattività di prelievo?Dotti: L'attenzione per questa atti-vità di prelievo è tale per cui la

Giunta Regionale ha deciso di ren-derla un obiettivo dei direttori gene-rali. Quindi nessun direttoregenerale, indipendentemente dallamia inclinazione personale, può per-mettersi di non tenere in agenda untema come questo. Nell'Azienda incui io sono arrivata quasi tre anni fa,ho trovato questa prassi che ha ap-pena descritto la dottoressa Battaglia,cioè di sottoporre ad accertamento inogni caso. Anche quelle situazioni chea priori già non sono quelle che esi-teranno in un prelievo. E già questolo trovo una fatto assolutamente cau-telativo per il paziente, per la fami-glia, indipendentemente poi dall'esito

dell'operazione o del servizio. Equindi su questo noi continueremo. Èun impegno forte per quello che di-cevamo prima, per questo Collegioche non è facilissimo da tenere in-sieme, soprattutto in certi giorni del-l'anno che molto spesso coincidonocon le festività e le assenze più mar-cate dal servizio.Pozzi: È del tutto evidente chestiamo parlando di eventi non pro-grammabili…Dotti: Questo nuovo ospedale in so-stanza raddoppia i letti di rianima-zione. Nel senso che mentre nellaorganizzazione del vecchio ospedalela rianimazione era unica, sia quellapost-chirurgica che quella, diciamo,

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generale, qui abbiamo due rianima-zioni, una post-chirurgica, post-ope-ratoria che doverosamente devesupportare l'attività di alta chirurgiacome quella della neuro e della car-diochirurgia. E molto spesso il fattodi avere un'attività molto intensa dineuro e di cardiochirurgia impedival’accoglimento di pazienti dal-l'esterno. Avevamo anche ipotizzato,col dottor Zoia che è il direttore ge-nerale di Busto Arsizio, che è peraltroanestesista rianimatore, di darci unamano. Di fare addirittura una com-missione interaziendale. Vedremo.Rispetto a quanto si diceva prima: lacultura della donazione. La cultura

deve essere formata ediffusa prima e noncerto nel momento tra-gico della morte di uncongiunto. Però misembra che sia moltocambiato da quandoabbiamo iniziato. Le ra-gioni del dissenso sonocambiate. È cambiatomolto e si è approfon-dito anche l'altro filone,quello del dissenziente,oltre che quello delconsenziente. Battaglia: Anche dalpunto di vista cardio-chirurgico volevo se-gnalare che nella

nostra Azienda si apre, diciamo, unanuova possibilità di ampliare la no-stra potenzialità di procurare dona-tori. Perché quest'anno ad esempio,per la prima volta a Legnano, ab-biamo avuto una donatrice che è arri-vata al prelievo con il circolosostenuto dalla circolazione extra-corporea che è stato possibile solograzie all'integrazione delle compe-tenze fra i rianimatori, i cardiologi e icardiochirurghi. Abbiamo un proto-collo di intervento per il trattamentodell'arresto cardiaco che prevede l'in-staurazione della circolazione extracorporea. E questo amplia gli oriz-zonti perché si riesce a mantenerenon il cuore battente ma una circola-

zione efficace con un’adeguata perfu-sione degli organi. Abbiamo avuto fi-nora quattro casi di arrestocardiocircolatorio rianimati utiliz-zando la circolazione extra corporeaed un caso di prelievo di organi da do-natore in morte encefalica sostenutada circolazione extracorporea.Pozzi: Quindi è stata la prima voltaa cuore fermo?Dotti: Il cuore era fermo e la circo-lazione era presente.Pozzi: E la circolazione era soste-nuta da una pompa esterna? Quindipraticamente avete neutralizzato uncuore intanto che avete procedutocon i prelievi?Battaglia: Esatto. E quindi sonostati prelevati il fegato e i reni la cuiperfusione è stata mantenuta ade-guata proprio dalla circolazione extracorporea. Queste sono tecniche nuo-vissime. Pavia lo sta applicando ed èstata la prima in Italia. La ripresafunzionale degli organi prelevati etrapiantati si è dimostrata più chebuona.Pozzi: Questo è un primato da sot-tolineare perché avviene in un ospe-dale che non ha un'attività ditrapianto Battaglia: Sì, questa, devo dire, èuna spinta che deriva proprio dallapresenza di due unità operative, car-diochirurgia e cardiologia che colla-borano molto con noi.Pozzi: Quanti posti letto avete?Dotti: Nel vecchio ospedale ave-vamo 12 posti letto di rianimazione.Nel nuovo ospedale, a regime, neavremo 20, di cui 10 di rianimazione,6 di terapia intensiva post operatoriae 4 di sub intensiva. Che non vannodimenticati perché uno dei “salti” piùrischiosi è tra la rianimazione e il re-parto di degenza normale: c'è una ca-duta verticale. Un salto di mille metripiù o meno. Avere unità intermediein cui è possibile tutelare i pazientiche non sono più da rianimazione èun elemento cruciale per aumentaredi fatto la disponibilità di posti lettodella rianimazione. In questo mo-mento purtroppo, per ragioni tec-P

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Il passo fondamentalenell'individuazione deipotenziali donatori èidentificare semprecorrettamente lo stato dimorte encefalica eadempiere a tutto quelloche prescrive la legge.Direi che l'Azienda inquesto senso si è attivataanche promuovendo unareperibilità intra-aziendale dei tecnici dineurofisiopatologia.

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nico-organizzative, abbiamo fatto unapiccola regressione perché siamo a10. Nel senso che andremo a regime,io penso, col nuovo anno.Pozzi: Quindi queste camere nonsono la vecchia camera asettica, cioè èuna rianimazione...Dotti: le due rianimazioni sono so-stanzialmente open-space. E abbiamoin una due stanze di isolamento e inun'altra una sola stanza di isola-mento.Pozzi: Utilizzate alternativamenteanche per la neurochirurgia?Radrizzani: Sì. Noi siamo una ria-nimazione un po' anomala. Legnanonasce come rianimazione generale,poi arriva la neurochirurgia, si im-para a fare anche la neurorianima-zione ed il tutto diventa unarianimazione generale con un'areaneurochirurgica. Poi, quando nel2000 arriva la cardiochirurgia, si con-tinuano ad imparare cose nuove.Pozzi: Un po’ professionisti dellamedicina e un po’ apprendisti…Radrizzani: Non però degli ap-prendisti stregoni. Si è sempre cer-cato il giusto equilibrio fra laspecializzazione e gli aspetti tipicidella rianimazione generale.Pozzi: Una domanda per la dott.ssaRadice: lei è medico di presidio?Radice: Sono un dirigente medicodella direzione medica di presidio diLegnano.Pozzi: Quindi non è in un reparto?Radice: No, sono in direzione. Noiabbiamo un rapporto stretto in parti-colare con la dott.ssa Battaglia, comecoordinatore, per tutte le fasi chesono, diciamo, un po' più burocrati-che, come la predisposizione della do-cumentazione necessaria per istruirela pratica. Abbiamo sempre contri-buito alla fase più di formazione deglioperatori interni. E anche nella fasedi informazione da dare all'utenza.Sono stati predisposti nuovi percorsiper sensibilizzare l’utenza e sonostate valutate e sperimentate moda-lità comunicative differenti che fos-sero di ausilio per gli operatori ed ifamiliari in un momento così delicato.

Pozzi: Quindi cura tutti gli aspettidi rapporti con la magistratura, laparte amministrativa… Quindi pra-ticamente tutto quello che serve perpoi passare al prelievo vero e proprio.In merito ai prelievi di tessuti: mi ri-sulta che la Regione abbia alzato lapercentuale dei tessuti da prelevarerispetto agli organi solidi.Battaglia: Diciamo che dobbiamo,come obiettivo aziendale, per le cor-nee prelevare almeno il 5 per centodei pazienti deceduti a cuore fermo.E abbiamo anche l'obbligo del pre-lievo di tessuto osseo da donatore vi-vente nella misura del 5 per cento deipazienti che vengono sottoposti al-l'intervento che tecnicamente vienechiamato di artroprotesi totale, cioèin cui viene praticata la resezionedella testa di femore. In termine tec-nico epifisi femorale. La richiesta delconsenso ha un impatto anche perquesti pazienti. Per la donazione ditessuto osseo stiamo andando bene.Perché proprio con la collaborazionedella direzione medica, già dal mag-gio del 2009, quando siamo partiti,abbiamo messo insieme il protocolloaziendale. Le nostre quattro ortope-die, Magenta, Legnano, Abbiate-grasso e Cuggiono, inviano le epifisifemorali alla Banca di riferimento re-gionale che è all'Istituto OrtopedicoPini. Abbiamo un costante contattocon la dott.ssa Farè di quell’Istituto ela nostra collaborazione dimostracome per i tessuti sia importantepuntare anche su quegli ospedali chenon hanno la rianimazione. ComeCuggiono e Abbiategrasso. Ancheper le cornee abbiamo una procedurain buona attuazione e abbiamo delledonazioni anche fuori dal prelievomulti organo. Stiamo cercando di au-mentare la nostra azione formativaed informativa in quei reparti in cuiper le caratteristiche nosologiche edanagrafiche dei pazienti sussiste unrischio atteso di morte. E anche que-sto impegno viene supportato dallaDirezione medica con il monitorag-gio puntuale del numero di decessi edi prelievi. Abbiamo come riferi-

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mento le due banche degli occhi lom-barde, che sono la Banca di Monzaper Legnano e Cuggiono, mentre perMagenta e Abbiategrasso la Banca diPavia. Esse rappresentano in realtàdue sportelli della stessa Banca per-ché entrambe seguono gli stessi cri-teri che sono quelli della Bancaeuropea, quindi il protocollo è unicoIn generale ci stiamo avvicinando al-l'obiettivo regionale ma, per le corneedobbiamo ancora lavorare molto.Non siamo ai livelli dell'Azienda diBusto, solo per citare qualcuno che èvicino a noi. Però alcuni buoni risul-tati li abbiamo, anche noi.Pozzi: Con lei è stato fatto ungrosso passo avanti...Battaglia: Direi che il passo avantiè stato fatto soprattutto nell'iniziarel'attività al di fuori della rianima-zione, perché fino al '99 in Azienda iprelievi di cornee venivano fatti es-senzialmente in rianimazione nel-l'ambito del multi-organo. Dal '99 inpoi mediamente, dalle 30 alle 40 do-nazioni di cornee annualmente le ab-biamo avute e direi che il 50-60 percento di queste donazioni avvengonoal di fuori della rianimazione. Quindipiano piano stiamo diffondendo que-sta pratica anche, per dire, all'inter-nista piuttosto che al medico dipronto soccorso, piuttosto che al neu-rologo.Pozzi: Ma c'è un protocollo che laRegione Lombardia aveva e che erapartito dall'ospedale di Lecco. Unprotocollo che funzionava anche ab-bastanza bene perché, basato in granparte sulla collaborazione anche degliinfermieri. Infatti gli infermierihanno il contatto con i parenti, infor-mano i parenti stessi di volta in voltasullo stato di avanzamento della ma-lattia e riescono a preparare anche ifamiliari alla scelta sulla donazionedelle cornee. Si potrebbero fare spe-cifici corsi alla figura professionaleinfermieristica?Battaglia: Certamente. Monza ePavia hanno costituito il cosiddettopacchetto dolenza. Si tratta di unabusta che viene consegnata dalle in-

fermiere ai parenti del deceduto. E inquesta busta c'è un dépliant illustra-tivo delle finalità del trapianto di cor-nee, delle finalità terapeutiche, unabreve lettera di condoglianze del-l'Azienda sanitaria e la propostastessa della donazione di cornee delcongiunto. Effettivamente questomodello ha avuto dei buonissimi ri-sultati sia a Monza che al PoliclinicoSan Matteo e anche in altri ospedaliin cui è stato applicato. In realtà conla direzione sanitaria stiamo valu-tando proprio l'implementazione diquesto tipo di percorso anche nellanostra Azienda ospedaliera. I corsi diformazione e gli audit per il prelievodi cornea in azienda sono stati fatti edevo dire che hanno sempre avuto al90 per cento la partecipazione degliinfermieri (molto meno quella deimedici). Io però non ho rinunciatoancora all'idea di coinvolgere di più imiei colleghi medici anche nell'am-bito della donazione delle cornee per-ché sono convinta che comunque ledue figure, medica e infermieristica,debbano procedere affiancate. Anchese constato che in questa attività sonosempre stata molto sostenuta propriodagli infermieri.Pozzi: Però se sostituiamo la bustaanonima a una voce calda, aun'espressione di un volto che parte-cipa un sentimento di affetto il risul-tato è indubbiamente molto diverso.Battaglia: Infatti il lavoro che ci havisti impegnati insieme comportauna serie di interventi ben più ampia.Lo abbiamo chiamato: Pacchetto di so-lidarietà. Ci siamo trovati anche a di-scutere - ma giustamente perché èstato un momento anche quello dicrescita -, e poi è stato semplicementeuno strumento che è stato persona-lizzato in base alle nostre esigenze.Sottolineo il contributo degli infer-mieri che hanno illustrato l'esigenzadi poter disporre degli strumenti chein un momento magari di difficoltàpermettano di meglio documentarequello che magari è più difficile farenel momento dell’incontro con i fa-miliari colpiti dal dramma.P

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Pozzi: Dottoressa Dotti, è unostrumento che ha comunque bisognodi anima. Con l'anima riusciamo aportare a casa tutto; con un testoscritto sulla carta è un po' difficile. Inun momento di dolore non possiamoaspettarci grande attenzione alla let-tura, mentre la parola giunge alcuore.Dotti: Il pacchetto solidarietà nonha il calore umano però ha la possibi-lità di coinvolgere persone che inqualche modo non riusciamo a “pren-dere”. Ricordavo prima che il mag-giore ostacolo, secondo noi, èl'opposizione, in questo momento, peril multiorgano. Alla donazione di cor-nee c'è un'opposizione molto minore.Eppure manca ancora, come si addicead un evento fisiologico o prevedibileo atteso o, comunque, non sorpren-dente, la dimestichezza a maneggiarequesto argomento, per tante ragioniculturali, sociali, etiche. Già è difficileaffrontare comunque il parente deldefunto. È difficile gestire la reazioneumana di quei momenti. Una rela-zione però deve essere costruita e bi-sogna trovare il tempo. Il fatto diavere a disposizione questo stru-mento ci permette forse di non per-dere quelli che sarebbero convinti adonare e a cui nemmeno lo chiediamoperché non abbiamo avuto o non ab-biamo trovato il tempo di chiederlo.Per la maggior parte sono morti an-nunciate e non colgono impreparatoil parente. Siamo noi che non ci siamopreparati e che dobbiamo essere piùpresenti. Però, intanto che miglio-riamo la nostra presenza di voce e dianima, ben venga questo progetto“cartaceo”.Colombo: È comunque importanteil fatto che ci siamo incontrati con ladottoressa Battaglia anche recente-mente. Abbiamo cominciato a met-tere le basi di una collaborazione chemi auguro si possa rinforzare nelprossimo futuro. Il passo successivodovrebbe essere quello di fare un in-contro con tutti i referenti dei variospedali che sono sul territorio chesono sette, se non erro. Volevo poi

portare l’attenzione su alcuni aspettidelle procedure e delle differenze fraprelievo di cornee e prelievo di organisolidi. Per il prelievo delle corneesiamo costretti a rivolgerci ai fami-liari. Per il prelievo degli organi in-vece conta la tessera Aido.Radrizzani: E' una garanzia di si-curezza in quanto una volontàespressa così chiaramente in vita so-litamente viene riferita ai parenti.Perché di fatto noi quando parliamocon la famiglia mettiamo anche lacosa nei termini di verificare pressola famiglia qual era la volontà del de-funto... Certo però ci sono i casi nu-merosi in cui risulta che in realtà ildefunto non avesse maiparlato con la famigliadi questi temi. Noi ab-biamo sempre riscon-trato che quando in vitac'è stata una chiaraespressione della vo-lontà, anche documen-tata, la famiglia aderiscedi buon grado.Pozzi: Se è documen-tato che il donatore èuna persona che haespresso questa volontàpositiva ma la famigliasi oppone, come vi com-portate voi? Lo chiedoperché questa contrad-dizione sta emergendo anche a livellonazionale.Radrizzani: A me è capitato unpaio di volte in cui la famiglia mi haconsegnato anche uno scritto dellapersona defunta in cui si attestava lavolontà di non donare. E di fronte aun testo scritto non abbiamo che unascelta… Mi è anche capitato un altrocaso di recente: il figlio della personadeceduta, pure essendo iscritto al-l'Aido, ci ha detto che non se la sen-tiva di prendere questa decisione peril padre. Possono verificarsi tanti casi.Noi puntiamo sempre alla condivi-sione, ad ascoltare la famiglia e a ve-dere di comporre, se possibile, anchei pareri difformi. Ma vogliamo in-nanzitutto mantenere sempre una re-

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La legge 91-99 dice che al compimento del

18esimo anno di età hodue possibilità ufficiali

perché la mia volontà didonatore sia garantita.

Quella di iscrivermiall'Aido perché la tesseraè legalmente riconosciutaattraverso una sentenzadel tribunale di Roma;

oppure attraverso ilCentro nazionale

trapianti.

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lazione di aiuto con la famiglia. E inmodo che non ci siano lacerazioni. Pozzi: Ora faccio un intervento unpo’ polemico: in Italia vige una leggeche è la 91/1999, la quale stabilisceuna procedura relativa alla dichiara-zione di volontà che deve essere ri-spettata dal cittadino e deve essererispettata da tutte le organizzazionisanitarie presenti sul territorio.Ciononostante, esiste una ulteriorepossibilità, che è quella di iscriversiall’Aido, dove la tessera è giuridica-mente riconosciuta attraverso unasentenza del Tar del lazio; tanto èvero che, con un accordo siglato dal-l’Aido Nazionale e il Centro Nazio-

nale Trapianti, tutte le iscrizioniall’Aido vengono trasmesse automa-ticamente al Sia (Sistema InformativoAido) che si interfaccia con il Sit (Si-stema Informativo Trapianti) delCnt. Nella fattispecie lei vede chesono contenuti i nomi di circa 110mila tra donatori e non donatorimessi insieme, ricevuti attraverso leAsl. Un milione e 100 mila sono i no-stri iscritti Aido. Faccio un esempio:muore Pozzi Leonida nell'ospedale diLegnano. La dottoressa coordinatricedigita il mio codice fiscale. C'è una vi-deata con scritto: Pozzi Leonida do-natore sì. Questo sì vuol dire cheesiste, depositato, un atto olografo, c'èun atto di volontà, ecc. Arriva mia

moglie. Questa mia moglie dice: no,assolutamente a mio marito non siprelevano gli organi. Arrivano i mieifigli e dicono: no, assolutamente amio padre non si prelevano gli or-gani. Però la mia volontà – e ripeto: lamia volontà – è stata espressa in vita,in piena facoltà di intendere e di vo-lere. Voi cosa fate? Radrizzani: Nella mia esperienzasono veramente rare le occasioni incui una volontà manifesta viene vio-lata. Mi ricordo un caso particolarein cui addirittura questo si verificòcon un attrito familiare. Io credo chegravare il rianimatore anche di que-sto peso risulta un po' difficile. Pre-tendere che noi diventiamo i paladinidella volontà mi sembra veramentedifficile. Anche perché crea una si-tuazione di attrito coi parenti. Tant'èche la legge prevedeva il silenzio as-senso ma non è mai stata applicataproprio per questo motivo. Addirit-tura la legge prevede che in caso dipaziente sotto autorità giudiziarianon ci sia bisogno di chiedere il con-senso ai parenti, eppure la chiediamosempre. Sbagliare in casi di questogenere significa creare una pubblicitànegativa che porta enormi danni. Iocapisco che Pozzi Leonida dica: Macome, la mia volontà non contaniente? Però non credo che do-vremmo ascrivere al rianimatore laresponsabilità di decidere... non è luiil difensore di questa volontà. Do-vremmo trovare un'altra strada cheforse passa attraverso l'Autorità giu-diziaria.Pozzi: Io condivido perfettamentecon lei che prelevare contro la vo-lontà dei familiari creerebbe reazioni- penso anche solo alla stampa - conconseguenze distruttive. Però biso-gna cominciare ad educare la gentesu questo discorso. È inutile che noifacciamo delle leggi se queste legginon hanno efficacia sul territorio. Mimetto nei panni di un medico, non mela sento di obbligare all'applicazionedella legge una persona che dice dino. Magari ha perso un figlio di 18anni. Quella madre non vuole, desi-P

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dera che il cadavere di suo figlio sialasciato integro. Però dico, arrivati adun certo momento, se noi non riu-sciamo a far capire alla gente che lavolontà dell'estinto è decisiva man-chiamo ai nostri compiti. Bisogneràcontinuare a lavorare intensamenteper formare una cultura della dona-zione. Senza dimenticare che ci sonole rianimazioni, dove ci sono le po-tenzialità ma a volte non c'è la vo-lontà. E torniamo allora al tema deimezzi. Io sono per il coordinatore atempo pieno. Brescia, Bergamo, Paviahanno il coordinatore a tempo pieno.Altri, come il Niguarda, no. Cosa cidice la dott.sa Colombo della propriarealtà?Colombo: La mia esperienza conLegnano è partita con il prof. Seveso,quindi dall'85 in poi, io in quel pe-riodo sono andata all'Aido. E devodire che la nostra rianimazione hasempre lavorato bene. Il prof. Sevesonaturalmente ha gettato dei semi chepoi hanno dato dei frutti fantastici. Ècontinuata l'attività con il dottor Li-verta, poi con la dottoressa Moretti econ la dottoressa Battaglia e il dot-tor Raddrizzani. Noi come Aido ter-ritoriale abbiamo sempre avuto unrapporto di collaborazione piuttostostretto, che si è un po' allentato ulti-mamente per questioni di normativasulla privacy. Il dottor Liverta si erareso conto della difficoltà di cui par-lavate prima nel rapportarsi con i pa-renti e soprattutto la mancanza ditempo, come diceva la dottoressaBattaglia. Aveva chiesto a noi di starevicino ai parenti in quel momentoper cercare di aiutarli anche nellecose pratiche più banali. Facciol'esempio. Un Natale eravamo lì, ladottoressa Battaglia mi aveva chia-mato. La mamma di questa signorache ha donato mi diceva: io voglio sa-pere dove è la cappella per andare adire una preghiera. Un altro fratelloha parlato per un'ora e mezza e poimi ha chiesto: Ma, lei chi è?, perché iosto parlando con lei? Mi sono quali-ficata e poi gli ho detto: Guardi, se leva mi parli ancora, sia tranquillo.

Avevo capito che in quel momentomettersi in ascolto era già una cosaimportante. Quindi la nostra colla-borazione è stata molto stretta. Peròla legge sulla privacy ha impeditotante volte alla dottoressa di farci in-tervenire, di fare intervenire i volon-tari per essere di supporto a loro chein quel momento hanno cose diverseda fare. Ma al di là di quello la nostracollaborazione è sempre stata ottima.Noi nel nostro piccolo, siamo soddi-sfatti di questa collaborazione. Io peranni ho girato nelle scuole con il prof.Seveso. Poi naturalmente l'età èavanzata e non è più venuto lui, ma èarrivato il dottor Liverta che ancoraoggi viene con me nelle scuole.Quindi, dottore si prepari, quando vain pensione magari... Come Legnanoadesso c'è Riva che seguirà questecose ma la nostra soddisfazione cisembra giusto esprimerla in questomomento. Battaglia: Nell'ambito dei tessutiperò mi sembra giusto ricordareanche l'attività della raccolta di san-gue dal cordone ombelicale. La no-stra ostetricia raccoglie mediamentepiù di 200 sacche all'anno da inviareal policlinico a Milano. E anche a Ma-genta, l'ostetricia di recente ha ri-preso questo tipo di attività. Quindidiverse cose positive ci sono. Mi piacericordare anche il grande impegnodella nostra ostetricia.Pozzi: Vi ringrazio. Abbiamo vis-suto un interessante momento di ap-profondimento che sicuramenteaiuterà i cittadini a valutare meglio lestrutture e i professionisti impegnatinel settore sanitario. E aiuterà ancheuna diffusione della cultura della do-nazione basata sulla consapevolezzae la condivisione.

Testi a cura di Leonio Callioni

Ha collaborato Leonida Pozzi

Servizio fotografico diPaolo Seminati

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Ed il Signore disse alladonna: “ tu partorirai neldolore ( Genesi 3-15) e adAdamo: maledetto il ter-reno per cagion tua; con

fatica ne trarrai vitto... triboli e spineti produrrà... con il sudore del tuovolto mangerai il pane”Con queste parole Iddio punì ladonna, Eva, e Adamo che avevanoosato mangiare i frutti dell’alberoproibito. La Bibbia quindi vede nellasofferenza fisica e nel dolore una pu-nizione per la disobbedienza dei pro-genitori del genere umano. Su que-sta premessa si è fondata tutta latradizione giudaico-cristiana: il do-lore è inevitabile e può essere unmezzo di espiazione per le nostrecolpe.Il dolore fisico per noi invece ha unsignificato ben preciso: è il modocon cui il nostro organismo segnalaun danno in atto o potenziale dellaintegrità e della salute del nostroorganismo. Se ci fratturiamo un artoil dolore non solo ci avverte deltrauma che si è verificato, ma ci in-duce ad evitare movimenti e com-portamenti che potrebbero ulterior-mente danneggiare la parte lesa. Ildolore precordiale, tipico della crisidi angina pectoris o infarto miocar-dico, dovuto ad un insufficiente ap-porto di ossigeno e nutritivi alla mu-scolatura del cuore, che quindi nesoffre (ischemia) è un segnale im-

portante che indirizza il pazienteverso le cure più opportune, al finedi salvaguardare l’integrità anato-mica e la funzionalità di un organocosì importante come il cuore. An-che in questo caso il paziente tendea limitare ogni sforzo ed ogni atti-vità per ridurre le necessità ener-getiche del cuore. Altre volte an-cora, il dolore ci avverte di processipatologici in atto e che si sono ria-cutizzati, come nel caso della colicarenale o colecistica da calcolosi. Ov-viamente gli esempi sono innume-revoli con caratteristiche proprie diciascuna patologia.Tutto questo ci ha insegnato che ildolore non è una condanna, ma unsegno di una qualche anomalia nelfunzionamento di organi e apparatidel nostro organismo e proprio per

Il dolore fisico: lo si può

controllare

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questo non devono essere semplice-mente “sopportati” ma vanno in-quadrati dal punto di vista diagno-stico e, quando possibile, combattuticon provvedimenti opportuni. Gli stimoli dolorifici hanno la loroorigine in periferia, là dove è pre-sente una qualche anomalia dellafunzione di un organo o apparato; leterminazioni nervose sensitive pre-senti localmente vengono quindi sti-molate da agenti di varia natura(chimici, fisici, meccanici ecc. ) e in-viano segnali al cervello attraversole vie nervose afferenti presenti nei

nervi e nel midollo spinale.Segnali che convogliati in aree bendefinite del cervello vengono quielaborati e quindi da noi percepiticome sensazioni dolorose. Il dolore acuto, in sostanza, ha unafunzione difensiva, di allarme cosìche il soggetto colpito può provve-dere ad attuare i comportamenti piùopportuni per allontanare la causascatenante il dolore. L’approccio dia-gnostico e terapeutico più corretto,ovviamente, differisce da caso a caso.In una fase iniziale può richiedere lasomministrazione di farmaci anti-dolorifici specifici o generici. Nelcaso della crisi di angina pectoris, adesempio, l’impiego della trinitrina e

dei nitroderivati in genere allevia ildolore. Ma solo una successiva te-rapia anche chirurgica o comunqueinvasiva può risolvere in via defini-tiva il problema. Nel caso della cardiopatia ischemica,ad esempio, l’angioplastica corona-nica, con dilatazione meccanica diun restringimento dell’arteria coro-narica, oppure un bypass aorto co-ronarico che “scavalca” il restringi-mento coronarico può risolvere almeglio la sintomatologia. Nel casodi una frattura di un arto il rialli-neamento dei monconi di osso frat-turato e la loro immobilizzazionemediante bendaggio gessato sonosufficienti a controllare il sintomodoloroso ed inoltre favorisce la ri-parazione naturale biologica dellafrattura mediante la formazione delcallo osseo.Vi sono casi, al contrario, in cui ildolore acuto persiste invariato perlungo tempo: si parla allora di do-lore cronico. Il dolore cronico nonrappresenta più un semplice sin-tomo, ma diventa di per se stessouna malattia. Alla sensazione dolorifica si affian-cano e sovrappongono gradual-mente altri segni quali la debolezza,l’insonnia, la diminuzione dell’appe-tito e quindi la perdita di peso, lascomparsa del desiderio sessuale.Predomina l’umore depresso. Non sempre è evidente la presenzadi una malattia organica, tumorale,nevritica, ecc. ed i fattori psicologicidiventano un fattore importante delpeggioramento del paziente. Si è so-liti classificare il dolore cronico inrelazione alla patologia di base chene è la causa. Si parla quindi di dolore: nocicet-tivo, quando dovuto alla attivazionedelle terminazioni nervose periferi-che come nel caso delle metastasiossee di origine tumorale o nel casodi occlusione intestinale;neuropaticoquando sono coinvolte le vie ner-vose sia periferiche che centrali,come nel caso dell’arto fantasmadall’amputato; ed infine psicogenico,

Il dolore precordiale, o infarto miocardico

è un segnale importante che indirizza il paziente

verso le cure più opportune.

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disturbi di somatizzazione, da ipo-condria come, ad esempio, in alcunicasi di mal di testa (cefalea) o di maldi schiena intrattabile, ecc.Molte di queste manifestazioni do-lorose sono di difficile inquadra-mento e classificazione ed anchel’approccio curativo diventa fre-quentemente molto difficoltoso.Negli ultimi anni però molto si èimparato dei meccanismi fisio-pato-genetici che sono alla base del do-lore cronico e ciò ha permesso dimeglio affrontare il problema, di im-piegare al meglio i molti farmaci an-tidolorifici attualmente a nostra di-sposizione: antinfiammatori (FANS),oppioidi analgesici, ma anche terapienon farmacologiche del dolore(TENS ecc.). Molto si è appreso conl’esperienza anche sul modo di me-glio utilizzare le proprietà antidolo-rifiche delle varie classi di farmaci,non solo come dosaggio, ma anchecome associazione tra di loro e comediverso modo di somministrazione. Certo è che nei casi di dolore cronicopersistente e mal trattabile con lecomuni terapie è meglio indirizzarsipresso i reparti specialistici della te-rapia del dolore, ora presenti in tuttii grandi ospedali del nostro territo-rio. Non è qui il luogo più opportunoper elencare i numerosi gruppi difarmaci antidolorifici a nostra di-sposizione, i modi di somministra-zione più efficaci e con una minoreincidenza di effetti collaterali. E’questo un campo appannaggio sem-pre più di medici che si sono dedicatiparticolarmente alla terapia del do-lore cronico e in ambienti plurispe-cialistici. Ciò che soprattutto importa segna-lare nel caso del dolore cronico èl’evitare il “fai da te”, di non accon-tentarsi delle comuni terapie anti-dolorifiche, ma di farsi guidare damani esperte che hanno una vastaesperienza curativa. Anche l’impiego di oppiacei, come lamorfina, non è più considerata comeuna terapia estrema, eroica, da limi-

tare a soggetti allo stadio terminaledi alcune gravi malattie. Anche nellanostra legislazione più recente si èopportunamente reso più facile e di-sponibile la loro somministrazione. Il dolore cronico non è più un maleda sopportare il più possibile, mauna condizione patologica da curarenei modi e nei tempi più opportuni.Non è più una condanna. La legge15 marzo 2010 nr. 38 pubblicatasulla Gazzetta Ufficiale il 19 marzo2010 nr. 65, sancisce in modo defi-nitivo il più facile accesso alle tera-pie con farmaci antidolorifici a base

di oppioidi. Ora questi farmaci pos-sono essere prescritti dal medico cu-rante o da sanitari di struttura pub-blica con una normale ricetta delServizio Sanitario Nazionale. E’questa una rivoluzione anche dalpunto di vista culturale. La terapiadel dolore cronico con oppioidi nonè più riservata ai pazienti in fase ter-minale ma rappresenta un momentoimportante in tutti i malati soffe-renti di dolore cronico, con una par-ticolare attenzione alla qualità dellavita del malato, che deve essere lamigliore possibile anche in presenzadi patologie gravi e di per se stesseinvalidanti.

dott. Gaetano Bianchi

Alla sensazione dolorifica si affiancano altri segni quali la debolezza e l’insonnia.

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MANGIARE MEGLIO...

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Dall’emicrania al mal di schiena, dall’indolenzimento muscolare al-l’artrite, il dolore affligge un po’ tutti e aumenta, insieme alle pa-tologie e alla diminuzione funzionale fisica che compare con ilpassare del tempo. Una dieta sana aiuta a prevenire numerosemalattie e contribuisce anche a curarle e a combatterne il

dolore che ne deriva.

Alimenti si e alimenti noPer i mal di testa, dolori articolari, o dolori digestivi, lachiave è rintracciare gli alimenti che possono aver cau-sato il dolore in modo da poterli evitare. I ricercatorihanno rilevato che eliminando dalla dieta alcuni cibi,si può evitare lo scatenamento della crisi dolorosa.Alcol e caffè sono spesso poco tollerati da chi sof-fre di colon irritabile.In caso di emicrania, per esempio, l’attacco puòessere determinato dall’ingestione di alcune so-stanze, come, per esempio, le amine. Tiraminae istamina sono amine presenti in molti cibicome pesce, formaggi fermentati e stagionati,vino, cioccolato e alcuni derivati della soia.Formaggi e bevande fermentate, pesce inscatola o conservato, alimenti in scatola e sa-lumi sono ricchi di istamina mentre albume,fragole, pomodori, cioccolata, prodotti ittici efrutta secca, sono alimenti istamino-libera-tori, provocano, cioè la liberazione dell’ista-mina nell’organismo.Sembra che alcuni soggetti non riescano a me-tabolizzare velocemente queste sostanze che, re-stando più a lungo nell’organismo, provocano ilmal di testa mediante un fenomeno di vasodilata-zione che può essere seguito o preceduto da una va-socostrizione.Chi soffre di dolori mestruali, dovutialla sindrome premestruali, può trovare giovamento dauna dieta senza dolci, a base di pesce, verdura e cerealiintegrali che aiuta a ridurre le oscillazioni ormonali. Il dolore gastrico, dovuto al reflusso gastroesofageo, compareo peggiora con i cibi e le bevande che fanno aumentare l’aciditàgastrica come, cioccolato, agrumi, pomodoro, latte e caffè o con ali-menti che contribuiscono a rilasciare la muscolatura liscia dell’esofago ea contribuire al reflusso grastrico nell’esofago, come menta, prezzemolo, ba-silico, origano, cipolla, aglio, cibi grassi, alcol, caffè e bibite gassate.Sebbene molti fattori scatenanti siano comuni per la maggior parte dei pazientiche soffrono di un determinato disturbo, ogni persona può essere suscettibilead alimenti diversi che assunti singolarmente o insieme ad altri cibi o sostanze,possono precipitare le crisi.Per questo motivo, è importante tenere un diario alimentare in cui annotareanche, ora, durata e tipo di dolore, in modo da individuare, il più precisamentepossibile, i cibi correlati all’insorgere del dolore.

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PER SOFFRIRE MENO

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Gli alimenti antidoloreNon credete alle proprietà antidolorifiche degli alimenti? Fate male.Da secoli la medicina popolare utilizza le proprietà terapeutiche di aromi, spe-

zie e altri alimenti anche per la cura del dolore. Famoso è ancora oggi il ri-medio delle nonne di calmare il mal di denti con un chiodo di garofano,

tenuto vicino alla parte dolente.Qualche anno fa, una ricerca degli odontoiatri dell’Università

del Kuwait, ha confermato che i chiodi di garofano hanno lostesso effetto analgesico locale della benzocaina.

I chiodi di garofano non sono però le uniche spezie coneffetto antidolorifico, lo confermano le ricerche scien-

tifiche che rilevano che chi segue una dieta ricca dispezie, a parità di situazione dolorosa, utilizza

meno analgesici, rispetto a chi mangia normal-mente.La curcuma, uno degli ingredienti del curry,ha azione di anestetico locale. E’ stata utiliz-zata per migliaia di anni come colorante,spezia, ed erba medicinale. In India trovaimpiego, tradizionalmente, come rimedioper i disturbi dello stomaco e del fegato eper guarire le ferite. Attualmente si riconosce alla curcuma l’ef-fetto antimicrobico, antiossidante, astrin-gente e altre utili proprietà, anche inodontoiatria per la cura del dolore. La curcumina, principio attivo della cur-cuma, ha diversi effetti terapeutici ed ha pro-

prietà analgesiche dimostrate da studiscientifici. La curcumina è utile anche per ri-

durre l'infiammazione e sintomi come dolore erigidità delle articolazioni e può prevenire il do-

lore da processo infiammatorio articolare (ar-trite), dei tendini (tendinite) e della borsa sierosa di

un'articolazione artrite (borsite).Anche lo zenzero, oltre ad essere un antiossidante, ri-

duce il dolore. Diversi studi hanno dimostrato come lozenzero, assunto con la dieta possa attenuare il dolore mu-

scolare.Una recente ricerca, condotta da una studiosa neozelandese, ha ri-

levato l’effetto analgesico di compresse di zenzero su pazienti soffe-renti di osteoartrite.

Il salmone, il pesce azzurro e le noci, sono ricchi di grassi preziosi per la salute,gli acidi grassi della serie omega 3 che il corpo converte in sostanze simili agliormoni per diminuire l'infiammazione e il dolore. Gli omega 3 agiscono sopprimendo il rilascio di citochine infiammatorie, so-stanze che aumentano nel sangue nella fase acuta di malattie infiammatoriecome l’artrite reumatoide. Molti studi dimostrano anche che mangiare mode-rate quantità di pesce o l'assunzione di olio di pesce riduce il dolore e l'infiam-mazione, soprattutto per chi soffre di artrite. Le ciliegie, le prugne e frutti di

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bosco hanno una fortissima attività antiossidante misurabile in l’ORAC, Oxy-gen Radical Absorbance Capacity. L’ORAC un sistema in grado di misurare lacapacità di tutte le sostanze presenti negli alimenti di bloccare i radicali liberiche accelerano il decadimento di organi e tessuti e provocano l’infiammazione.Questi cibi combattono l’infiammazione che è molto spesso causa del dolore.

Cioccolato e caffè: si o no?È controverso il ruolo del cioccolato e del caffè come cibi analgesici. Sembra cheil cioccolato, come altri alimenti dolci, possa agire sul nucleo del Rafe Magnussituato nel tronco encefalico e la cui principale funzione è la mediazione del do-lore, aumentando la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore che mi-gliora l’umore. Il cioccolato è però uno degli alimenti controindicati a chi soffre

di reflusso gastroesofageo e di emicrania perché può provo-care la crisi dolorosa.

Stesso discorso vale per le controindicazioni del caffè.In alcuni casi, pero’ come nella cefalea leggera o daweek – end, un caffè può essere utile contro il do-lore che potrebbe essere causato da un’astinenzada caffè, visto che nel fine settimana si tende aberne meno.La caffeina, inoltre, fa parte di molti farmaci anticefalgici perché provoca una vasocostrizione cheblocca il dolore.

Farmaci analgesici e alimentiI farmaci antidolorifici attualmente a nostra di-sposizione come farmaci antinfiammatori nonsteroidei (FANS) e oppioidi analgesici hanno in-terazioni con l’uso di alcol. L’alcol può aumen-tare l’effetto lesivo dei farmaci sul fegato e lostomaco. Se si beve tre o più bevande alcolicheal giorno, la possibilità di danneggiare stomacoe fegato aumenta. Quando si assumono farmacioppioidi, bere alcolici aumenta il rischio di peri-

colosi effetti collaterali.I FANS, come l’aspirina, possono avere effetti collaterali

sullo stomaco e causare ulcere ed emorragie, per cui devonoessere assunti con un bicchiere di latte o a stomaco pieno.

Il buon umore combatte il doloreLa reazione di ciascun soggetto al dolore è estremamente diversa e questo

potrebbe essere spiegato con il fatto che il sistema nervoso è in grado di atti-vare un sistema di controllo del dolore, chiamato sistema analgesico, nel qualesono coinvolti diversi neurotrasmettitori, in particolare la serotonina. La sero-tonina dell’organismo, aumenta quando aumentiamo l’assunzione di triptofano,un aminoacido, presente in molti alimenti, in particolare quelli ricchi di car-boidrati, come quelli a base di cereali e loro derivati.Alimenti che ci danno piacere, come quelli preferiti, il cioccolato o i dolci, mi-gliorano l’umore mentre carenze di vitamine del gruppo B e di selenio, pos-sono peggiorarlo. Una dieta a base di cereali integrali, frutta e verdure fresche, carne, pesce efrutta secca, con qualche gratificazione dolce, ogni tanto, aiuta a sentirsi più fe-lici e a sentire meno la sofferenza fisica.

Cristina Grande

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Voce tranquilla che articolapensieri dosati da buonsenso e dal rispetto degliargomenti delicati di cuisi occupa: è questo in sin-

tesi il profilo di Don MichelangeloFinazzi il nuovo direttore dell'Uffi-cio Diocesano per la pastorale dellaSalute, Sofferenza e Assistenza diBergamo. Dal gennaio di que-st’anno, da quando S.E. il VescovoMons. Francesco Beschi lo ha sceltoper l’incarico, Don Michelangelo èentrato in contatto quotidiano con ilgrande mondo della dimensione dicura della persona: composto nonsolo dai medici e dagli ammalati, maanche dalle loro famiglie e da mi-gliaia di volontari. Un universo pre-zioso e complesso che gli AssistentiReligiosi coordinati dal suo ufficioaffiancano nelle attività di promo-zione, incontro e formazione con

l’obiettivo di far crescere sempre piùun senso diffuso di attenzione al sof-ferente, una volontà condivisa dibene comune: “Tutto il nostro agire– esordisce con precisione Don Fi-nazzi – ruota attorno ad un con-cetto ampio di salute. In latino “sa-lute” coincideva con il termine“salvezza” e anche oggi deve assu-mere sempre più la sfumatura di be-nessere completo, non solo fisico,ma anche spirituale. Alla salute si le-gano tutte quelle attenzioni che nonmirano unicamente alla cura di una

La salute è il frutto d’amore della cura e dell’attenzione

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patologia, ma vogliono condurrel’essere umano ad un benessere glo-bale.In questo contesto ha dunque sensola presenza della Chiesa nei luoghidove ci si prende cura delle persone:ovunque si trovino ammalati. Chisoffre non è solo un paziente da gua-rire in senso fisico, ma deve essere ri-conosciuto come persona in sensocompleto. Oggi questa consapevo-lezza è diffusa: molto è cambiato ri-spetto al passato; si cerca di co-struire un lavoro di rete che vede incollegamento medici, personale tec-nico, psicologi, esperti, volontari e lecappellanie composte da laici e reli-giosi”.Tutto questo è possibile perché loStato garantisce la libertà religiosaal cittadino e dunque un malato puòa pieno titolo esercitare la propria

Fede anche in Ospedale: “E’ un veroe proprio diritto del malato – spiegaancora don Finazzi – e consideratoche in Italia la maggioranza dei cre-denti, e la nostra storia, sono legatialla religione cristiano-cattolica vi èda tempo una serie di convenzioniterritoriali per le quali le AziendeOspedaliere chiedono alla Diocesi dicompetenza di avere assegnatopresso le loro strutture un religiosoche possa adempiere a compiti di as-sistenza e conforto verso i malati,oltre che di formazione e sostegnoper il personale sanitario e di ac-compagnamento dei familiari”. DonFinazzi apre ancor più la nostra vi-sione: “E’ importante cosiderare chenei nostri Ospedali oggi troviamosempre più pazienti stranieri che neiPaesi d’origine hanno maturato cul-ture e fedi diverse dalle nostre. An-che in questi casi un sacerdote puòcomunque prestare, se il paziente neha piacere, conforto ed assistenzamorale. In ogni caso qualsiasi mini-stro di altri culti può in via personaleraggiungere il proprio fedele am-malato e stargli vicino. Quello cheimporta è che nessuno si senta maisolo”.Dalla parola salute, che per primacaratterizza l’Ufficio di Don Finazzi,è naturale passare a meditare sullaseconda che qualifica il suo lavoro: lasofferenza. E’ il “problema dei problemi”, qual-cuno la teme più della stessa morte!Il servizio che i cristiani voglionooffrire di fronte al dramma della sof-ferenza fisica e morale dell’uomonon è tanto quello di fornire spiega-zioni razionali esaurienti, che chiu-dano ogni interrogativo o che spen-gano ogni “ribellione”. Quando si ètentato di fornire queste letture si èscivolati in colpevolizzazioni ridi-cole o in “frasi fatte” che non con-vincevano nessuno o addiritturamancavano di rispetto al sofferente.Di fronte alla sofferenza del fratelloil cristiano offre anzitutto vicinanzasilenziosa, condivisione rispettosa ediscreta, presenza delicata, ma con-

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Di fronte allasofferenza del fratello

il cristiano offreanzitutto vicinanza

silenziosa,condivisione

rispettosa e discreta,presenza delicata,

ma concreta edefficace, proprio

come quella di Dio.

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creta ed efficace, proprio comequella di Dio. Del resto anche Gesù,durante la sua agonia, non ha do-mandato ai “suoi” soluzioni o spie-gazioni, ma ha chiesto che “rima-nessero” con lui.Tuttavia è necessario offrire ancheuna parola, che possa aprire il doloread una prospettiva di fiducia e disperanza: sono i malati che spesso lochiedono. Testimoniare la paternità,l’amore e la compassione di Dio...Affermare la grande dignità dellapersona e la preziosità della vita, inqualunque momento dell’esistenza,anche nella completa inattività... In-dividuare la possibilità che il doloreabbia un senso, a partire dall’espe-rienza concreta del Figlio di Dio,che ha condiviso pienamente anchequesto duro tratto di strada del-l’umanità... Annunciare che Dio nonvuole la sofferenza di nessuno, mache ha il potere di trarre il bene per-sino da queste situazioni di dolore...Dichiarare, a partire dalla Risurre-zione di Cristo, che il male non hal’ultima parola! Sono tutti argo-menti complessi e delicati, che peròpossono dare un volto nuovo al do-lore e offrire una diversa prospet-tiva, piena di speranza agli amma-lati, che più o meno esplicitamentelo richiedono.In tutto questo l’assistenza è il terzotermine decisivo: “Desideriamo chetutte le persone che lavorano estanno accanto agli ammalati pos-sano avere un supporto nella for-mazione, incontrandosi e mettendoin comune la loro esperienza. Ri-scoprire l’assistenza ai malati, a varilivelli, come una vocazione, com-porta una duplice scoperta: chi offreil suo servizio riconosce nell’amma-lato la presenza di Cristo che dice“Ero ammalato e siete venuti a tro-varmi… ogni volta che lo farete aduno dei miei fratelli più piccoli, loavrete fatto a me”; nello stessotempo chi è ammalato individua inchi lo assite un segno di Dio che siprende cura di lui. Così entrambe leesperienze, dell’assistenza e della

don Michelangelo Finazzi

CURIA, UNITALSI E PARROCCHIA di FIOBBIO

Il nuovo Diret-tore dell'Ufficiodiocesano perla pastoraledella salute diBergamo,nonché assi-stente eccle-

siastico dell'Unitalsi e ancheparroco di Fiobbio di Albino èdon Michelangelo Finazzi, 38anni. Nato il 16 ottobre 1971 aTrescore Balneario, dopo l'ordi-nazione sacerdotale (1997) èstato educatore nelle medie delSeminario diocesano (1997-2001) e padre spirituale delBiennio del Seminario (2001-2004). Dal 2004 è stato vicarioparrocchiale e Direttore dell’Ora-torio di Osio Sotto. Come Assi-stente diocesano Unitalsisuccede a don Tullio Pelis, cheha ricoperto l'incarico ininterrot-tamente dal 1969. E’ anchevice-Assistente del Centro Vo-lontari della Sofferenza (CVS).

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malattia, diventano occasione reci-proca di incontro salvifico con Dio.Sul nostro territorio questo aspettoè già molto radicato, ma vi sononuovi orizzonti verso i quali andare:“Diventa necessario coinvolgere igiovani che con nuove idee, energiee sensibilità hanno grandi potenzia-lità e possono contribuire alla cre-scita, non solo numerica, dei gruppiterritoriali e delle Associazioni divolontariato. L’incontro tra genera-zioni diverse non è sempre facile, espesso l’ingresso in un gruppo divolontariato comporta il ritrovarsiin un mondo prevalentemente an-ziano. Ecco perché è importante, a li-vello diocesano, garantire degli spazispecifici in cui i ragazzi possano in-contrarsi tra loro, condividere espe-rienze significative da protagonisti,esprimendosi con libertà. Poi pos-sono ritornare rafforzati nel lorogruppo di appartenenza, portandouna ventata di freschezza comunquedisponibili ad imparare e a collabo-rare con tutti”. In quest’ottica si sta muovendo an-che il lavoro volto alla GiornataMondiale della Gioventù 2011 inprogramma a Madrid nel mese diagosto: “In collaborazione con l’Uni-talsi e il Cvs abbiamo organizzato ilviaggio di alcuni ragazzi disabili conaccompagnatori della loro età: i gio-

vani per i giovani”. Vi è dunque unsenso anche nel viaggio e nel pelle-grinaggio: “Questa può essere unadelle iniziative utili per avvicinare igiovani, offrendo loro un momentoaccessibile e appetibile di intensa ri-flessione. In viaggio i sofferenti sitrovano in comunione tra loro, maanche in comunione con chi sta lorovicino, e tutti sono in comunionecon Dio. Per i giovani volontari unpellegrinaggio è occasione per com-prendere la fortuna del loro essere insalute, per imparare ad individuaremomenti di gioia non legati a ste-reotipi, per comprendere come lasoddisfazione più grande si possaprovare nel mettersi al servizio de-gli altri”.Giovani o maturi i volontari sono ilperno del sistema socio-assisten-ziale: “Vi sono migliaia di personeche si spendono, a volte eroicamente,in modo gratuito e squisito versogli altri. Vi è un bene dentro la so-cietà che va sottolineato e al quale vadata visibilità: questo è uno degliobiettivi prioritari che ci siamo postiinsieme a quello di sensibilizzare allacura complessiva del malato e aiu-tare le tante e diverse potenzialitànel loro specifico, a mettersi in rete,ad unire le forze, a “fare cerchio” at-torno al sofferente”.

Clelia Epis

Vi sono migliaia di persone che si

spendono, a volteeroicamente,

in modo gratuito e squisito

verso gli altri. Vi è un bene

dentro la società che va sottolineato

e al quale va data visibilità

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Qualcuno potrebbe noncomprendere comemai il paragrafo suitrapianti contenutonel nuovo Piano Sani-

tario Regionale per gli anni 2010-2014 sia da considerare un successo.Qualcuno potrebbe essere portato apensare che, vista l'importanza diquesto settore, dieci righe all'in-terno di un documento di 41 paginesiano troppo poche. Qualcuno po-trebbe sostenere che, in questi anni,non si è fatto abbastanza per porrel'attenzione sulle problematiche cheriguardano i trapianti e quindianche la donazione degli organi.Per comprendere meglio cosa stasuccedendo bisogna fare qualchepasso indietro e partire dal 5 luglio2006 quando il Consiglio RegionaleAido Lombardia, guidato con manosicura dal Cav. Leonida Pozzi, conun'iniziativa spontanea, presentò undocumento alla III CommissioneSanità e Assistenza della RegioneLombardia per porre all'attenzionedella stessa la materia della trapian-tologia e della donazione degli or-gani. Tre pagine in cui si affermavano, inpunti sintetici e ben comprensibili,alcune delle posizioni Aido in que-sta materia, suggerendo alcune pos-sibili strade da seguire permigliorare la situazione. Vista la po-

sizione di eccellenza dell'Italia neiconfronti delle altre nazioni europeee mondiali, la Lombardia non po-teva restare, in tema di donazioni, ametà classifica, soprattutto vistoche, in altre parti del nostro Paese,una migliore organizzazione del si-stema, coordinatori locali con piùpoteri e risorse, una consapevolezzamaggiore da parte delle istituzioni aproposito dell'importanza della ma-teria e un'attività di formazione delpersonale addetto più incisiva avevaportato a risultati di notevole inte-resse.Tutto questo senza pretendere nullama solo con lo scopo, apertamentedichiarato in chiusura dello stessodocumento, di porre l'attenzione su

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questitemi. Allora

tutto questo lavoro si tramutò in unsolo rigo aggiunto al Piano Sanita-rio Regionale 2007-2009 ma, fattodecisamente più importante, mise lebasi per una collaborazione dura-tura e proficua tra l'Istituzione re-gionale e l'Aido.Da allora non sono mancati i mo-menti di confronto, soprattutto conil Coordinatore Regionale, con ilquale si sono sviluppate iniziative eal quale il Consiglio Regionale Aidonon ha mancato di far conoscere leproprie posizioni.Il paragrafo inserito nel nuovopiano va visto quindi come uno svi-luppo di questo lavoro certosino e diqualità, soprattutto se si considerail fatto che, questa volta, l'Aido èstata chiamata in causa direttamentedalla Regione per portare le proprieistanze, segno di una considerazioneraggiunta che ci permette di guar-dare al futuro con fiducia.Ci si può quindi ritenere più chesoddisfatti di questo paragrafo,anche se il pragmatismo che carat-terizza il modo di operare lombardo,ci spinge a pretendere sempre di più,soprattutto a livello operativo, negliospedali per intenderci, dove vor-remmo vedere le liste d'attesa an-

nullate o i rifiutialle donazioni ridotti

all'osso. Sappiamo chequalche pagina di docu-mento non può cam-biare radicalmente lasituazione attuale, sonogli uomini che le inter-pretano e le mettono inpratica; se però gli indi-rizzi sono buoni e validiecco che il compito di-viene più facile.

Da questo punto di vistapossiamo tranquillamente

affermare che la Regione stafacendo un buon lavoro e che il

nuovo Piano Sanitario parte con ilpiede giusto, già dal titolo che apreil capitolo riguardante la salute:"Dalla cura al prendersi cura". Diprimo acchito pare proprio uno slo-gan, magari già sentito, ma appro-fondendo la lettura del documento,appare sempre più come un indi-rizzo preciso e concreto con cui sista radicalmente pensando il mododi intendere l'assistenza sanitaria.Un esempio su tutti può indicarequesto cambio di rotta molto con-creto: il CReG acronimo di CronicRelated Group. Un progetto checoinvolgerà a titolo di sperimenta-zione cinque Asl, focalizzato sull'ap-proccio alla patologia cronica. Il malato cronico subisce normal-mente, nel suo percorso di cura, unasequenza di interventi spesso di-sgiunti tra loro, con la conseguenzache vengono mal compresi e conuna frammentazione che lasciaspesso dei vuoti. Il CReG ha l'ambi-zione di coinvolgere, con differentiresponsabilità tecniche, i medici dimedicina generale, i pediatri di li-bera scelta, le Asl, i soggetti eroga-tori di ricovero e cura e quelliextraospedalieri di specialistica am-bulatoriale, per diventare uno stru-mento attraverso il quale il sistemaaffianca il cittadino affetto da pato-logia cronica e lo accompagna assi-curandogli continuità del processodi diagnosi e cura. Per il 2011 le pa-

dallacura al

«prendersi cura»

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tologie considerate croniche sono:Broncopneumopatie CronicoOstruttive (BPCO), ScompensoCardiaco, Diabete di tipo I e tipo II,ipertensione e cardiopatia ischemica,Osteoporosi e patologie neuromu-scolari.Un ulteriore esempio di come sipossa passare dalla cura al prendersicura riguarda la differente organiz-zazione delle nuove strutture ospe-daliere attorno alle diverse aree diintensità di cura. Questo pone ilproblema di come gestire adeguata-mente i pazienti che abbiano termi-nato la fase acuta, ma non sianoancora dimissibili, attraverso unafase "subacuta" che necessita il rico-vero in una struttura di carattere sa-nitario. La trasformazione di circa1.100 posti letto per acuti e riabili-tazione (posti letto tecnici), ubicatiprevalentemente nei piccoli ospedaliche già adesso non rientrano nellarete dell’emergenza-urgenza e nonhanno reparti come l’ostetricia e lachirurgia, permette di generare am-bienti dove curare i pazienti che ri-chiedono minor assistenza rispettoalla fase acuta. Ciò significa garan-tire ulteriore assistenza infermieri-stica prima della dimissione al lorodomicilio. Per quanto riguarda il capitolo tra-pianti, inserito a pagina 28 del PianoSanitario, ci piace sottolineare lapresenza di tre punti sui quali la Re-gione si impegna ad intervenire: laformazione professionale, il coinvol-gimento delle Asl e l'inserimentodelle Banche dei Tessuti nel sistematrapianti. Solo queste tre afferma-zioni aprono le porte a grandi pro-spettive di lavoro e intervento in cuil'Aido può decisamente giocare ilsuo ruolo. Ci piace pensare che la fo-calizzazione sulla formazione pro-fessionale, sia il merito dellarichiesta fatta già nel 2006. In que-sti anni l'Aido ha investito molte ri-sorse sulla formazione, e la ritienefondamentale in ogni ambito nellaquale si voglia eccellere.Per quanto riguarda Asl e Banche

dei Tessuti, sono soggetti che inevi-tabilmente erano già coinvolti nelsistema, come ben testimoniato dainumerosi progetti sul territorio cheli vedono coinvolti insieme alle se-zioni Aido più intraprendenti. Que-sta ulteriore affermazione, in undocumento ufficiale, certifica che lastrada che si sta seguendo è quellagiusta. Se ci pensiamo bene, non servonomolte parole, quello che più contasono i fatti e l'Aido, da questo puntodi vista, è prodiga e concreta.

Paolo Seminati

TRAPIANTILa medicina dei trapianti ha in Lombardiaaree di assoluta eccellenza, rappresentatedai Centri trapianti presenti sul territorio lom-bardo (ventuno centri trapianti, in quattro AOe quattro IRCCS, sia pubblici che privati).L'attività trapiantologica è negli ultimi anni incostante incremento e di ottimo livello cli-nico. Va quindi garantito il mantenimentodegli standard di attività e di qualità raggiuntianche per la rilevanza che tale attività rivestein ambito interregionale.Verrà costantemente monitorata e miglioratal'attività di reperimento degli organi, con pro-grammi di formazione professionale e di sen-sibilizzazione del cittadino, da attivare con lacollaborazione anche delle ASL. Verrà co-stantemente verificata l'appropriatezza dell’in-tero processo, dalla segnalazione altrapianto, per migliorare i soddisfacenti livelliraggiunti.Le banche dei tessuti entrano nel sistematrapianti e la loro attività verrà potenziata coninterventi di stimolo alla raccolta / donazione.

Il Piano Socio Sanitario Regionale può essere sca-ricato dal sito dell’Aido Regionale Lombardia

www.aidolombardia.it

Piano Socio Sanitario Regionale

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Premessa La Rete Nazionale per i Trapianti rappresenta uno dei modelli piu efficienti

di programmazione e gestione assistenziale co-partecipata tra il Govemo e leRegioni. Negli ultimi anni le attivita di trapianto sono notevolmente incre-mentare grazie alla crescita esponenziale delle donazioni (5.8 donatori utiliz-zati p.m.p. nel 1992, 19.7 nel 2004).

Tuttavia, dal 2004 ad oggi, la rete nazionale trapianti mostra segni di sta-bilizzazione delle attività. La complessità del settore unitamente alla stabiliz-zazione dei livelli di attività, richiedono, dunque, interventi strutturali al finedi adeguare l'offerta alla crescente domanda di salute dei pazienti in lista di at-tesa.

Il documento che segue ha lo scopo di portare in evidenza la struttura arete della organizzazione trapiantologica italiana e in particolare di eviden-ziare le interconnessioni funzionali tra i vari livelli, presentando, al contempo,un intervento organizzativo funzionale alla stabilizzazione del sistema a legi-slazione vigente.

La rete nazionale per i trapianti La Rete Nazionale per i Trapianti è composta da: a. il Centro Nazionale Trapianti, art. 8 L.91/99 b. la Consulta Tecnica Permanente per i Trapianti art. 9, L.91/99 c. i Centri Regionali Trapianto (CRT) art. 10 L.91/99

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

DOCUMENTO IN MERITO ALLA RETE NAZIONALE PER I TRAPIANTI

Approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome lo scorso 10 febbraio,contribuisce a chiarire i ruoli e l’organizzazione della rete nazionale per i trapianti. Viene riconosciuta la centralità dei trapianti e l’importanza di adeguamenti strutturali per compensare la crescente domanda di salute dei pazienti in lista di attesa.Di seguito il testo integrale.

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d. i Centri interregionali per i trapianti (CIR) art. 10 L.91/99 e. i coordinamenti locali art. 7 comma 1, L. 91/99 f. i centri di prelievo, art. 13 L.91/99 g. i Centri di Trapianto art. 16, L. 91/99 h. le bandle dei tessuti art. 15, L. 91/99 i. gli istituti delle cellule art. 3, lett. q) D.Igs. 191/2007 J. le Aziende Unita Sanitarie Locali La rete è articolata in 4 livelli: 1. coordinamento nazionale 2. coordinamenlo interregionale 3. coordinamento regionale 4. coordinamento ospedaliero/aziendale

Per poter assicurare il mantenimento e l'ulteriore sviluppo degli attuali li-velli qualitativi e quantitativi è necessario precisare i profili organizzativi etecnico professionali di queste strutture operative su cui la rete è attualmentearticolata, anche alla luce del nuovo assetto istituzionale intervenuto con larevisione del Titolo Quinto della Costituzione.

PRIMO LIVELLOCentro Nazionale Trapianti Coordinamento nazionale

Il Coordinamento Nazionale della Rete Trapianti viene assicurato dal Cen-tro Nazionale Trapianti. Il Centro Nazionale Trapianti, di cui all'art. 8 dellalegge 91/99, è organo tecnico del Ministero della Salute del quale recepisceed applica gli indirizzi e le direttive in materia di prelievi e trapianti di organie tessuti e di governance della rete trapianti.

Il Centro Nazionale Trapianti è dotato di una propria sede presso l'ISS. Nel-l'ambito dell'ISS il CNT è dotato di autonomia gestionale, amministrativa, or-ganizzativa e tecnica. Lo stesso dispone di un proprio fondo assegnato dalMinistero della Salute con il quale provvede alla copertura delle proprie spesedi funzionamento.

Il CNT si avvale di personale assunto sia in base alle norme, per quantocompatibili, previste all'art. 15 septies D.lgs. 502/1992 nonché in base allenorme che regolano le assunzioni a tempo determinato dal D.lgs. 165/2001 esuccessive modificazioni alla copertura finanziaria che provvede il CNT con ilproprio finanziamento.

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Il Direttore Generale, così come disposto dall'art. 8, comma 4, L. 91/99, ènominato dal Ministro della Salute e il relativo contratto è regolato, per quantocompatibile, dalle disposizioni previste dall'art. 3 D.lgs. 502/1992 e succes-sive modificazioni.

Struttura del CNT: 1. Direzione Generale (pianificazione e programmazione, rapporti istitu-

zionali, rapporti con la rete, responsabilità gestionale e amministrativa, veri-fica e controllo, garante della privacy);

2. Comitato direttivo e di indirizzo composto da: • Presidente dell'lss, in qualità di Presidente del comitato • il Direttore Generale • n. 6 rappresentanti nominati dalle Regioni 3. Direzione sanitaria 4. Direzione amministrativa

Al CNT deve, inoltre, essere riconosciuta la capacità di definire caratteri-stiche relative alle strutture ed ai processi sia per quanto riguarda i nodi prin-cipali della rete (riduzione delle liste di attesa per trapianto, miglioramentodella qualita e sicurezza della rete Nazionale), anche in riferimento ai risultatidegli audit condotti fino ad oggi.

Il CNT provvede periodicamente, raccordandosi con le Regioni, a valutarela performance dei livelli regionali ed inter-regionali per gli aspetti di strut-tura, processo ed esito sanciti dalla normativa e dagli accordi Stato-Regioni.

SECONDO LIVELLOCentri Interregionali per Trapianti (CIR) Coordinamento Interregionale

La costituzione e il funzionamento del CIR sono disciplinate da convenzionicon le regioni interessate.

Il CIR è istituito presso un'Azienda Ospedaliera / IRCCS a seguito di spe-cifico atto convenzionale stipulato tra la Direzione dell'Azienda ospedaliera /IRCCS, il CNT e le Regioni aderenti al CIR, ciascuno per quanto di propriacompetenza. È strutturato come unità organizzativa funzionale ed ammini-strativa autonoma all'interno di un’Azienda Ospedaliera / IRCCS con rela-tiva definizione dell'organigramma; è operativo in regime h 24 per garantirela gestione in tempo reale delle procedure di donazione e allocazione di or-gani per i programmi ad esso delegati.

Il Direttore del CIR è nominato dal Direttore Generale dell'Azienda Ospe-daliera ove è istituito, sentite le Regioni afferenti al CIR e il direttore del CNT.

I CIR sono strutture operative che agiscono su mandato del CNT per iprogrammi di carattere nazionale, quali: Trapianto di organi in riceventi pe-diatrici, Trapianto di organi in regime di urgenza, Trapianto di Organi inregime di anticipo, restituzioni degli organi ceduti per questi particolari pro-grammi, segnalazione dei Trapianti da Donatore Vivente, scambio di organicon organizzazioni estere (Porta Europea) o per quanto loro delegato dalleRegioni che lo compongono per programmi di trapianto ben definiti (ecce-denze, trapianti per particolari tipologie di ricevente o di organo, riceventiiperimmuni) e per compiti ben precisi descritti in delibere regionali o in ac-cordi recepiti.

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TERZO LIVELLOCentri Regionali per i Trapianti (CRT) Coordinamento Regionale

A livello regionale, le Regioni garantiscono l'operatività del CRT, assicu-rando strumenti operativi e organizzativi adeguati per:

- lo svolgimento delle funzioni di pianificazione, monitoraggio, qualità-si-curezza, accreditamento, verifica e valutazione, formazione, rapporti istitu-zionali

- il coordinamento h24 delle strutture coinvolte nell'intero processo del tra-pianto (dalla segnalazione alla consegna dell'organo), la gestione del rischioclinico in tempo reale, l'amministrazione del centro informativo regionale tra-pianti.

In presenza di particolari condizioni epidemiologiche o organizzative, le Re-gioni possono avvalersi, con esplicita e motivata richiesta, del supporto ope-rativo del Centro Nazionale Trapianti.

QUARTO LIVELLOCoordinamenti Ospedalieri

Modello istituzionale Le Regioni individuano in base alle caratteristiche e al volume di attività

delle aziende sanitarie interessate, il numero e le aree di afferenza dei Coordi-namenti locali per il prelievo.

Il Responsabile del Coordinamento locale è nominato dal Direttore Gene-rale, con incarico quinquennale.

I Coordinamenti Ospedalieri sono collocati in staff alla Direzione Sanita-ria. Le articolazioni del servizio e di posizione del personale medico, infer-mieristico ed amministrativo dedicato vengono definite in relazione. allecaratteristiche della struttura e del bacino di utenza. Nello specifico perAziende ospedaliere / IRCCS con potenziali di attività importanti è necessa-ria la presenza di personale infermieristico e di supporto segreteriale.

Il coordinamento ospedaliero/aziendale necessita una completa integra-zione con l'intera struttura ospedaliera dove opera. In tale contesto si inseri-scono a pieno titolo non solo le unità operative e le strutture più di frequentedirettamente impegnate (rianimazione, e/o reparti neuro traumatologia o neu-rochirurgia), ma anche quelle che a vario titolo concorrono alle attività di pre-lievo (servizio di medicina legale, neurologia, anatomia-patologica, radiologia,laboratori, direzione sanitaria). Per le mutate caratteristiche epidemiologichee per l'introduzione di nuove tecniche terapeutiche, il campo di applicazione delcoordinamento ospedaliero è destinato a investire anche unità operative finoad ora non coinvolte nell'identificazione del potenziale donatore (p. es. strokeunit) e nella definizione dell'idoneità alla donazione (consulenze specialisti-che). L'intera struttura aziendale deve quindi intendersi implicata a pieno ti-tolo e con piena disponibilità nel processo di donazione / trapianto.

Per tutti i livelli della Rete va previsto lo sviluppo, il completamento e ma-nutenzione del sistema informativo trapianti (SIT) per la registrazione pun-tuale di tutte le fasi del processo anche per garantire adeguati livelli disicurezza, tracciabilità e trasparenza delle attività.

Roma, 10 febbraio 2011

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Una Lezione di...Vita è ilprogramma di informa-zione sanitaria, che gliOspedali Riuniti di Ber-gamo –Coordinamento

Prelievo e Trapianto, sviluppa con glistudenti delle classi 5 di numerosiIstituti Superiori della Provincia diBergamo, un giorno ogni due setti-mane circa durante il corso dell’annoscolastico.Questo programma è stato ampia-mente documentato dalla nostra rivi-sta Prevenzione Oggi alla prima“Lezione” di 7 anni fa ( ottobre 2004)e ancora nell’edizione del mese di

Aprile 2009, in quantol’Aido partecipa insieme

all’Asl, alla Polizia Lo-cale, al Servizio 118, aimedici e infermieridella Terapia Inten-siva e ovviamente alCoordinamento Pre-lievo e Trapianto deiRiuniti.Questo prologo perraccontare che cosa? Ebbene, eccovi in brevecosa capitò con la “Le-

zione” del 16 Dicembre2010. Due classi dell’Isti-

tuto Aeronautico di Ber-gamo arrivano all’appuntamento,

26 studenti -ragazze e ragazzi-elegantemente vestiti con la di-visa della scuola; accompagnatida due professori seguono con

molto interesse tutte le fasidella lezione; interagiscono

molto bene con i relatori con do-mande appropriate e curiosità da sod-disfare. Tra i numerosi interventi, cicolpiscono in modo particolare duegiovani: uno chiede: perchè tanti non

sono disposti a donare ? E un secondoche afferma: allora bisogna fare qual-cosa per far conoscere e divulgare ilmessaggio della donazione.I relatori rispondono alle domande;gli studenti e i professori sono soddi-sfatti; la lezione termina con la visitaal reparto di Terapia Intensiva, comeda programma.Fin qui tutto nella norma; una lezionemolto intensa, con una bella parteci-pazione da parte di tutti; siamo sod-disfatti.La sorpresa arriva qualche giornodopo, con la telefonata del Dr. Ma-riangelo Cossolini -Coordinatore alprelievo e trapianto Area provincia diBergamo il quale ci dice che un gio-vane è interessato ad approfondire laconoscenza dell’Aido e, visto che pra-tica uno sport, a pubblicizzare l’Asso-ciazione mettendo il logo sulla magliadella divisa. È così che conosciamoMichael, un giovane apparentementetranquillo, tuttavia con le idee chiare.Viene nei nostri uffici, parliamo unpo’ dei suoi studi e del suo sport pre-ferito il “downhill” (letteralmente“giù dalla collina”); gli diamo alcuniopuscoli e dvd informativi e l’adesivodel logo Aido. Il giorno successivo,Michael ci manda alcune foto dellesue gare e la sua foto in divisa con benvisibile il nostro logo. Bravo Michael, grazie di cuore!! perla tua sensibilità e la tua generosità.Tanti auguri per le tue gare ma so-prattutto tanti auguri per la tua vita,di studente oggi e professionale do-mani.

«Lezione di... vita» dalla teoria... alla pratica

Come Michael ha capito e preso a cuore

cosa significa “donare.

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BergamoSezione 24125 - Via Borgo Palazzo, 90 Presidente: Monica VescoviTel. 035.235326Fax [email protected]

Cremona Sezione 26100 - Via Aporti 28Presidente: Daniele ZanottiTel./Fax [email protected]

Lecco Sezione 23900 - C.so Martiri Liberazione, 85Presidente: Vincenzo RennaTel./Fax 0341.361710 [email protected]

LodiSezione 26900 - Via C.Cavour, 73Presidente: Emerenziano AbbàTel./Fax [email protected]

Brescia Sezione 25128 - Via Monte Cengio, 20Presidente: Lino LovoTel./Fax 030.300108 [email protected]

Como Sezione Presso A.O. Ospedale Sant'Anna22100 - Via Napoleona 60Presidente: Mario Salvatore BoscoTel./Fax 031.279877 [email protected]

Aido Consiglio Regionale Lombardia Sede: 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Presidente: Leonida Pozzi Tel. 035.235327 - Fax 035.244345 [email protected]

Aido Nazionale Sede: 00192 Roma, Via Cola di Rienzo, 243 Presidente: Vincenzo PassarelliTel. 06.97614975 - Fax 06.97614989 [email protected]

Brescia

Bergamo

Sondrio

Melegnano - MelzoLegnanoMilano

Lecco

ComoVarese

Pavia Lodi

Cremona Mantova

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Mantova Sezione 46100 - Via Frutta, 1Presidente: Antonella Marradi Tel. 0376.223001Fax [email protected]

LegnanoMelegnanoMelzoSezione Pluricomunale20066 - Melzo (Mi)Via De Amicis, 7 Presidente: Felice RivaTel./Fax 02.95732072 [email protected]

Monza-BrianzaSezione Provinciale20052 - Monza (Mi)Via Solferino, 16 Presidente: Lucio D’AtriTel.039.3900853Fax [email protected]

MilanoSezione Pluricomunale20159 - Piazzale Maciachini, 11 Presidente: Maurizio SardellaTel./Fax [email protected]

Pavia Sezione Presso Policlinico Clinica Oculistica27100 - Piazzale Golgi, 2 Presidente: Luigi RiffaldiTel./Fax 0382.503738 [email protected]

Sondrio Sezione23100 - Via Nazario Sauro, 45Presidente: Franca BonviniTel./Fax [email protected]

Varese Sezione21100 - Via Cairoli, 14Presidente: Roberto BertinelliTel./Fax [email protected]

Monza - Brianza

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