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Introduzione allo studio dell’Anatomia Patologica Sarà interessante durante questo percorso che voi capiate quali sono i processi patologici, come nasce una neoplasia, come facciamo grading, staging, che significano i concetti. Agli esami gli studenti mancano di notizie fondamentali, di base. Quindi dobbiamo partire dalle cose di base. L’obiettivo è quello di darvi informazioni che possono poi servire ai fini della patologia. Il mix che vorrei fare tra parte teorica e parte pratica, dividendovi in 3 gruppi più o meno omogenei, prevederà appunto anche lezioni teorico/pratiche: ad esempio vi parlerò del carcinoma della mammella, del tumore del grosso intestino, del tumore del testicolo, dell’utero, dell’ovaio, nello stesso momento in cui li vediamo. Le stesse cose le riporterò su slide di modo tale che voi abbiate il riferimento per l’esame. Divideremo il nostro lavoro in due parti che cercherò di integrare. L’obiettivo è quello di dare informazioni di tipo basico cosicché risulterà immediato trasferirli nella patologia d’organo. Dell’esame macroscopico che vi mostrerò in laboratorio per ogni organo, sarebbe gradito che in seduta d’esame voi ne parlaste. L’Anatomia Patologica è alla base di quelli che sono i processi patologici, quindi se non conosco le alterazioni o le lesioni di un processo patologico non sarò in grado nemmeno di capire a che livello si inserisce un farmaco, quali sono le indagini da fare, quali sono i provvedimenti che devo adoperare e questi sono 1

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Introduzione allo studio dell’Anatomia Patologica

Sarà interessante durante questo percorso che voi capiate quali sono i processi patologici, come

nasce una neoplasia, come facciamo grading, staging, che significano i concetti.

Agli esami gli studenti mancano di notizie fondamentali, di base. Quindi dobbiamo partire dalle

cose di base. L’obiettivo è quello di darvi informazioni che possono poi servire ai fini della

patologia. Il mix che vorrei fare tra parte teorica e parte pratica, dividendovi in 3 gruppi più o meno

omogenei, prevederà appunto anche lezioni teorico/pratiche: ad esempio vi parlerò del carcinoma

della mammella, del tumore del grosso intestino, del tumore del testicolo, dell’utero, dell’ovaio,

nello stesso momento in cui li vediamo.

Le stesse cose le riporterò su slide di modo tale che voi abbiate il riferimento per l’esame.

Divideremo il nostro lavoro in due parti che cercherò di integrare. L’obiettivo è quello di dare

informazioni di tipo basico cosicché risulterà immediato trasferirli nella patologia d’organo.

Dell’esame macroscopico che vi mostrerò in laboratorio per ogni organo, sarebbe gradito che in

seduta d’esame voi ne parlaste.

L’Anatomia Patologica è alla base di quelli che sono i processi patologici, quindi se non conosco le

alterazioni o le lesioni di un processo patologico non sarò in grado nemmeno di capire a che livello

si inserisce un farmaco, quali sono le indagini da fare, quali sono i provvedimenti che devo

adoperare e questi sono sintomi di un vuoto culturale ingiustificabile. Quindi parlare di clinica

senza fare anatomia patologica è improprio.

Facendo dunque un passo indietro, torniamo con concentrazione a quelli che sono i processi

patologici essenziali, fondamentali.

L’Anatomia Patologica (AP) è lo studio degli organi: Anatomia; in corso di patologia: Patologica.

Esiste un laboratorio di AP in ogni ospedale che si rispetti.

Come funziona un laboratorio di AP?

Ci sono vari ambienti:

La sala per la Macroscopia ed il campionamento.

Dove i criteri da rispettare sono:

1. Le dimensioni e caratteristiche devono essere rapportate a:

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Numero di campioni da esaminare

Tipo di casistica

Numero di personale operativo

2. Le caratteristiche edilizie ed impiantistiche devono rispettare le norme in materia di:

Igiene del lavoro

Smaltimento dei rifiuti

Misure anti-incendio

E’ in laboratorio che il chirurgo dopo aver fatto un intervento, invierà la sua BIOPSIA.

Si distinguono 2 tipi fondamentali di BIOPSIA:

1. La BIOPSIA ESCISSIONALE: In presenza di una neoformazione la si toglie

completamente. Se si tratta di una neoformazione di tipo benignio per esempio un

fibroadenoma mammario, la biopsia escissionale è una biopsia che ha funzione terapeutica.

L’averlo levato è l’averlo guarito.

2. La BIOPSIA INCISIONALE: Laddove prendo una parte del tutto con l’obiettivo di fare

diagnosi e stabilire una terapia.

Gli esempi più classici li troviamo in dermatologia:

Per un nevo benigno eseguo una biopsia escissionale. Lo tolgo tutto ed il problema non esiste più.

Nel caso di una dermatite invece, con lesioni diffuse su tutto l’organismo, non potendo togliere

tutto, ne prelevo una parte in modo da fare una diagnosi.

Tornando alla mammella: trovandomi di fronte ad un tumore maligno multifocale che

verosimilmente ha anche dei noduli piuttosto aumentati di volume, come si potrebbe procedere?

Qualcuno direbbe di fare una mastectomia, qualche altro direbbe di togliere il nodulo.

Specie nei paesi si trovano situazioni in cui le donne per pudore si rivolgono al clinico solo quando

il nodulo è emorragico con ulcerazione. Cosa si fa? Conoscete le terapie neoadiuvanti che dapprima

riducono la massa per poi procedere con l’intervento. In questo caso potremmo fare una biopsia

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incisionale con l’obiettivo di fare diagnosi e conseguentemente anche le valutazioni dell’assetto

recettoriale che sono importanti in biologia molecolare ai fini della terapia.

Ricapitolando, sono 2 i tipi fondamentali di biopsia:

1. Escissionale che è terapeutica

2. Incisionale che serve per la formulazione della diagnosi.

Quando il chirurgo esegue la biopsia è tenuto a stilare una RICHIESTA DI REFERTO

ISTOLOGICO che è la carta di presentazione del medico.

La biopsia con la richiesta di esame istologico giunge in laboratorio. Ma la biopsia come viene

inviata?

A fresco? No! Viene immersa in un liquido che è la formalina tamponata al 10% (90% acqua, 10%

formalina). Si chiama LIQUIDO FISSATIVO. Detto così perché è in grado, come una fotografia, di

fissare la biologia della nostra lesione, nel preciso momento in cui viene prelevato e bloccando il

processo a quel livello. In alcuni laboratori ancora si fissa con l’acool e qualche medico ancora

manda i pezzi chirurgici con l’alcool: cosa più sbagliata non può esistere perché l’acool non fa altro

che iperfissare, disidratare enormemente i tessuti e alterare in alcuni casi la citologia rendendo

difficili le indagini di immunoistochimica.

Il fissativo che è preferibile usare è la formalina o formaldeide.

Ci sono casi in cui è preferibile inviare il materiale a fresco? Sì! Sono 2 i casi fondamentali:

1. Nel caso in cui viene richiesto un ESAME INTRAOPERATORIO, il cosiddetto ESAME

ESTEMPORANEO. Ciò significa che nella stessa seduta operatoria, per esempio

immaginate un carcinoma della mammella: viene richiesto un esame intraoperatorio

estemporaneo in modo tale che dalla risposta dell’anatomo patologo ci possa essere un

adeguato orientamento per il chirurgo.

Quindi qual è l’obiettivo dell’esame estemporaneo? Quello di fare la diagnosi? No!

Il chirurgo deve chiedere un esame estemporaneo solo quando deve orientare il suo intervento,

quindi deve avere un senso concreto in quel momento perché la diagnosi istologica definitiva esce

fuori dopo con tutti i vari passaggi di cui parleremo.

Pertanto l’ esame istologico estemporaneo non serve per fare la diagnosi definitiva, ma ha come

obiettivo quello di orientare l'intervento chirurgico. Quindi se io ho un nodulo mammario, di cui

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non so riconoscere la natura , che potrebbe essere benigno o maligno, che ha caratteristiche di

malignità ma anche di benignità, il chirurgo chiede all'anatomo patologo un esame estemporaneo:

• Intraoperatorio : in quanto fatto al paziente durante l'anestesia.

• Estemporaneo: in quanto fatto nel più breve tempo possibile.

Con la dicitura “nel più breve tempo possibile” intendiamo 10/15 minuti al massimo, entro dieci

minuti bisogna dare la risposta, se sopraggiungono dei problemi di tipo anestesiologico per la pz,

anche prima.

Nel caso in cui l' anatomo patologo riscontra un carcinoma, quindi tumore maligno, nel caso della

mammella il chirurgo provvederà anche allo svuotamento del cavo ascellare omolaterale.

Il chirurgo deve inviare in anatomia patologica “il pezzo” a fresco, cioè viene posto in una garza e

analizzato nel più breve tempo possibile per evitare che abbiano inizio i processi degenerativi.

Altro caso: il sospetto di LINFOMA: paziente con linfonodi latero-cervicali aumentati di volume, in

assenza di altra sintomatologia. Il chirurgo preleva il linfonodo più aumentato di volume della

regione latero-cervicale, lo invia all'anatomo patologo formulando un sospetto di linfoma. In questo

caso, SOLO IN QUESTO CASO, il linfonodo va inviato a fresco, cioè lo tolgo, lo metto in una

garza e lo invio in anatomia patologica. Perchè si procede in questo modo? Se ho un linfonodo

aumentato di volume o un pacchetto linfonodale, per esempio superiore ai 4 cm, li mando in

formaldeide, la formaldeide comincia a penetrare dall' esterno verso l'interno filtrando sopratutto le

cellule più periferiche, ma per fare la diagnosi di linfoma è importantissimo valutare l'architettura

del linfonodo quindi la zona midollare (più interna), che non viene raggiunta dalla formaldeide e

quando andremo a eseguire l'esame macroscopico del linfonodo, troveremo che la parte periferica è

fissata bene mentre la parte centrale no. Insorgono due problemi:

non posso studiare l'architettura : i processi degenerativi a questo punto avranno interessato

la parte interna

non posso effettuare l'immunoistochimica : cioè non posso valutare l'immunofenotipo e

quindi non posso individuare la tipologia del linfoma.

Ricapitolando : in presenza di sospetto di linfoma, il linfonodo va inviato sempre a fresco

all'anatomo patologo(questo viene chiesto spesso agli esami).

Cosa fa l' anatomo patologo per evitare che si attivino i processi di degenerazione della regione

centrale? Fa delle sezioni seriate a fresco di tutto il linfonodo di circa 3 mm ( immaginate di

affettare una mortadella!), in modo tale che poi dentro il contenitore le varie sezioni possano fissarsi

(in formaldeide) omogeneamente in tutto il parenchima(senza avere problemi per l'

immunoistochimica) nel migliore dei modi (ricordiamo che tutto questo viene fatto solo dall'

anatomo patologo e NON dal chirurgo). L'obiettivo è quello di evitare un iperfissazione in periferia

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e assenza di fissazione nella parte centrale, la sezione permette di esporre tutta la superficie (interna

e esterna, quindi midollare e corticale) all'azione del FISSATIVO ( NON FISSANTE CHE SI USA

PER I CAPELLI). Tutto questo deve essere fatto subito, all'arrivo del linfonodo.

Ogni liquido ha un tempo di penetrazione, secondo una legge fisica, inoltre più grande è la

formazione più tempo impiegherà per entrare, dobbiamo evitare anche l'iperfissazione, infatti

resterà in fissazione per circa 24 h non di più, dopo averlo sezionato.

( In sintesi l'esame a fresco si fa solo in questi due casi: esame estemporaneo o esame istologico

intraoperatorio e linfonodo in caso di sospetto di linfoma.)

La richiesta di esame istologico deve essere contenere alcuni dati fondamentali ma sopratutto ci

deve essere l' IPOTESI DIAGNOSTICA del medico che ha effettuato la biopsia. Esempio: nel

caso di una biopsia per dermatite, se non vengono indicate le caratteristiche delle lesioni (forma,

dove si trovano e infine l'ipotesi diagnostica) risulta difficile per l' anatomo patologo giungere ad

una diagnosi tenendo in considerazione le numerose varietà di presentazione della stessa dermatite.

Quindi il primo passo lo deve fare il CLINICO formulando una diagnosi, non si fa un esame

istologico “alla cieca”, questo lo fanno i medici mediocri. Si può mandare indietro una richiesta di

esame istologico senza notizie cliniche e ipotesi diagnostica, l'importante è che questa sia presente

anche se poi verosimilmente sarà sbagliata.

Esempio: il chirurgo invia un linfonodo inguinale e scrive come ipotesi “linfoma aggressivo”, mi

informo, sospetto che essendo aggressivo ci siano altre stazioni linfonodali coinvolte ma il chirurgo

risponde che solo quella è coinvolta, studiando il linfonodo mi accordo che non è un linfoma ma è

una metastasi di una neoplasia di natura epiteliale, ergo il chirurgo non aveva capito niente, però un’

ipotesi l'aveva fatta!

Quindi tutto parte dal clinico, l' anatomo patologo vi sarà d'aiuto, solo se voi siete orientati, a capire

più o meno di che patologia si tratta. E’ un lavoro d' equipe! Clinica e anatomia patologica vanno

insieme.

L'anatomia patologica è clinica che utilizza il laboratorio.

Il campione fissato in formaldeide giunge in laboratorio accompagnato da un'adeguata richiesta

istologica e si passa all'esame macroscopico, che è codificato universalmente (cioè è ugualmente

fatto a Boston, Caltanissetta ,etc.) per tutti gli organi e per tutte le patologie, perché ci sono dei

principi che sono stati codificati dall' Organizzazione Mondiale della Sanità in modo da avere dei

protocolli che siano uguali per tutti.

In presenza di una neoplasia del grosso intestino, per esempio del retto, è importante sapere se la

neoplasia ha raggiunto il margine che voi avete sezionato, è fondamentale saperlo. Il retto non è

rivestito da sierosa peritoneale perché c'è il tessuto adiposo del meso retto, l' OMS afferma che l'

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anatomo patologo deve dire quanto dista la neoplasia dal meso retto o se la infiltra e quello si

chiama margine radiale, perché altrimenti il chirurgo deve riaprire se la neoplasia raggiunge il

margine radiale, che è il margine del meso retto , ne parleremo più avanti.

L'esame macroscopico si fa sotto cappa, poi si fanno dei prelievi nelle varie zone che saranno

diverse per ciascun organo e si inseriscono in un contenitore con formaldeide, da qui si passa al

vetrino e quindi la diagnosi. Si ottiene cosi un referto istologico completo che deve avere:

dati anagrafici (età, reparto di provenienza (che non è il Marocco, né la razza caucasica che

non esiste, la razza è solamente umana)

descrizione dell' esame macroscopico (per esempio campione del grosso intestino,

lunghezza, caratteristiche, se ci sono formazioni polipoidi in più..)

descrizione istologica e diagnosi : caratteristiche che sono essenziali per formulare una

terapia, perché ad oggi senza un referto istologico una terapia per una neoplasia non si può

fare.

Il referto istologico torna poi al medico richiedente.

L'esame macroscopico prende anche il nome di campionamento, cioè io campiono il materiale che

mi arriva.

Ogni campione o gruppo di campioni che sono prelevati dal medesimo paziente devono essere

accompagnati da una scheda di richiesta , compilata in maniera chiara e leggibile, firmata dal

medico richiedente : essa costituisce l'atto formale di consulto medico rivolto dal medico

curante al patologo (possibile domanda d'esame).

La richiesta di esame istologico

E’ molto importante e può essere una domanda di esame. La scheda deve contenere dei dati

essenziali:

1. Per l’identificazione del paziente:

Cognome, Nome, Sesso (onde evitare ambiguità in caso di pazienti o nomi stranieri)

Luogo di nascita (dal momento che ci sono patologie più frequenti in alcune aree

geografiche; mi viene in mente il caso di una collega che analizzava una neoformazione

cutanea non avendo alcun informazione sulla provenienza del paziente. Nella richiesta

osservava una iperpigmentazione e considerando l’età media pensava ad un melanoma

gravissimo. Chiamando il collega richiedente scoprì che il paziente era nigeriano e in

questo caso se fosse stato un melanoma la neoformazione sarebbe dovuta essere ancora più

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iperpigmentata rispetto alla iperpigmentazione osservata che cmq era quella normale per un

soggetto di colore)

Data di nascita (dal momento che ci sono patologie più frequenti in alcune fasce di età

piuttosto che in altre; a tal proposito ricordo di aver osservato una biopsia dell’endometrio,

in cui c’era una iperplasia ghiandolare dell’endometrio, inviatami da un ginecologo

dell’ennese che nella richiesta non scriveva nulla. Non sapevo quindi se avevo a che fare

una signora trentenne o quarantenne o ottantenne. Se si fosse trattato di un’ anziana si

parlava di un’alterazione vicina al cancro mentre se fosse stata una signora giovane poteva

associarsi ad un abuso di contraccettivi o magari a qualche terapia ormonale.

Nell’incertezza ho lasciato volutamente il caso fermo in modo tale che la signora potesse

venire a reclamare l’esito del suo esame. Dopo due mesi scopro di chi si trattasse: una

signora di 48-50 anni a cui, una volta sottoposte le mie domande, ho potuto fare il referto.

Questo succede spesso con medici privati mentre in ospedale si utilizzano dei prestampati

per le richieste di esame istologico.

Indirizzo e numero di telefono (utile per chiedere qualsiasi informazione)

Professione attuale e pregressa (importante per esempio nel caso dell’amianto e del

mesotelioma e di tante altre patologie correlate con la professione)

2. Identificazione del mittente da poter contattare in caso di problemi nella diagnosi:

La “provenienza” del pz (medico curante, ospedale, reparto di degenza, ambulatorio)

Numero di cartella clinica o di registro

Medico richiedente (da poter interpellare se necessario: n° telefonico)

Destinatario della risposta

3. Identificazione del campione:

Tipo di prelievo (per esempio biopsia incisionale, biopsia escissionale) o tipo di intervento

chirurgico effettuato (per esempio quadrantectomia della mammella, prelievo di un nodulo

mammario, mastectomia totale)

Materiale inviato (numero di frammenti da esaminare)

Sede o sedi di prelievo

Indicazioni topografiche o eventuali reperi chirurgici

Esempi:

I Caso: Pz con fastidio gastrico: si reca dal medico curante che gli prescrive IPP o Gaviscon. Il

problema non si risolve. Allora si richiede una gastroscopia che andrebbe sempre effettuata

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secondo determinati criteri. Infatti se per esempio alla base del fastidio del pz sospettiamo

eventuali neoplasie (il carcinoma gastrico si presenta come una neoformazione vegetante

dell’antro) o gastriti croniche erosive o gastriti correlate con Helicobacter Pylori la zona in cui

prelevare il frammento è quella dell’antro; mentre se sospettiamo per esempio una gastrite

cronica atrofica (tipica nell’anziano) dobbiamo andare a prelevare il frammento nel corpo.

II caso: Pz con asportazione totale della tiroide. Posso anche non orientarmi adeguatamente

quindi il chirurgo è tenuto a scrivere nella richiesta in quale lobo ha posto il filo di repere in

modo da potermi orientare e inoltre nell’eventualità in cui si individua una neoplasia con

caratteristiche di malignità a dx o sx questo mi permette poi di seguire il paziente dato che le

metastasi più o meno si diffonderebbero ai linfonodi laterocervicali dello stesso lato.

III caso: Mammella, qui invece è opportuno indicare con un filo di repere il margine areolare

perché se la zona di mammella che guarda l’areola è infiltrata e c’è diffusione retroareolare

allora è tassativa la mastectomia totale (l’unico caso in cui è prevista necessariamente) dal

momento che l’areola e il capezzolo sono le zone più innervate e irrorate della mammella e

quindi è molto facile la diffusione della neoplasia; se invece il margine areolare è libero il

chirurgo può essere sicuro di aver tolto tutto)

Indicazione del liquido fissativo impiegato (deve essere la formaldeide; l’alcool per esempio

non è indicato anche se alcuni medici specie i dentisti purtroppo continuano ad usarlo)

Data del prelievo (importantissima perché il pezzo possa arrivare il prima possibile

all’analisi infatti se il prelievo rimane fermo per una settimana sicuramente lo ritroviamo già

iperfissato oppure se il pezzo è grosso come una milza per esempio vale lo stesso discorso

del linfonodo in cui il fissativo va solo all’esterno ma non all’interno anche se avendo una

struttura omogenea posso studiarne anche soltanto la periferia mentre nel linfonodo non si

può perché abbiamo la corticale, la paracorticale e la midollare e ho bisogno di vederle bene

tutte e tre queste strutture per riuscire a cogliere il disordine architetturale in caso di

linfoma)

4. Dati clinici:

Notizie anamnestiche essenziali (per esempio in una pz donna con linfoma va

necessariamente segnalato che alle spalle ha tre interventi di nodulo, quadrantectomia e

mastectomia con chemio e radioterapia)

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Esami citologici e/o istologici precedenti (per esempio agoaspirato nel caso della tiroide.

N°, data, diagnosi)

Esami radiologici e/o di laboratorio significativi

Eventuali trattamenti in corso e pregressi (per esempio trovo un endometrio atrofico in una

pz con il cancro che sta facendo una ormonoterapia atta a silenziare l’endometrio.

Endocrino, radiante, antiblastico)

Eventuali patologie infettive (per es. da HBV, HCV, HIV in modo da evitare assolutamente

il contatto con il pezzo e tali patologie vanno segnalate anche all’esterno del contenitore di

trasporto del pezzo in modo tale che tutto il personale che lo maneggia deve esserne

avvisato; l’omissione della segnalazione da parte del medico richiedente è già denunciabile

da parte dell’anatomopatologo perché lo espone al rischio di infettarsi non essendo

informato e non prendendo le dovute precauzioni

Per il materiale ginecologico da analizzare è necessario indicare la storia mestruale (se la pz

è in menopausa segnalare la data dell’ultima mestruazione)

Diagnosi clinica che può essere certa o presunta preoperatoria (sulla base di un corretto

cammino clinico una ipotesi va sempre formulata prima di richiedere l’analisi del

laboratorio anche per scongiurare la cattiva abitudine che nasce da notevoli vuoti culturali

di molti medici di richieste fatte al buio per trovare qualcosa a caso con una notevole e

inutile spesa sanitaria; il laboratorio deve servire per confermare o smentire o escludere una

ipotesi che deve stare alla base del tutto)

Quesiti diagnostici al patologo che però devono avere un minimo orientamento e non sulla

base di ipotesi a caso come nel caso di “Fibroadenoma? (patologia benigna) Carcinoma?

(patologia maligna) Linfoma? (patologia solida ematopoietica) o Altro?” o di esami

diagnostici completati parzialmente come nel caso di “Proctite ulcero emorragica?” in cui

l’endoscopista tramite colonscopia per sospetto di malattia infiammatoria intestinale aveva

prelevato ed inviato solo frammenti del retto per velocizzare l’esame e poter eseguire anche

altre colonscopie per il suo studio privato quando invece le linee guida dell’OMS indicano

categoricamente l’esecuzione, anche in presenza di tratti di mucosa apparentemente sana, di

un mapping colico completo con prelievi (che cmq non sono assolutamente dolorosi per il

pz ma bisogna soltanto eseguirli correttamente e questo richiede qualche minuto in più da

dedicare al singolo pz) non solo del retto ma anche del sigma, del colon discendente, del

colon trasverso e del colon ascendente per poter fare diagnosi di RCU e se si sospetta una

malattia di Crohn si deve prelevare anche mucosa dell’ultima porzione dell’ileo e della

valvola ileo cecale.

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5) Dati di ricezione

Data e ora della ricezione del campione

Eventuali rilievi sul materiale e/o sulla richiesta

Firma del ricevente

MODALITÀ DI INVIO DEL MATERIALE

Il materiale NON può essere accettato se non accompagnato dalla scheda di richiesta integralmente

e correttamente compilata e firmata dal medico richiedente.

Il materiale deve essere inviato intatto e per intero senza dissezioni e tagli preliminari che possono

compromettere la completezza e l’affidabilità dell’esame macroscopico e del giudizio diagnostico.

Perché questo ? Succedeva in passato, soprattutto nel tratto del grosso intestino, che i chirurghi

magari presi dalla fretta di vedere cosa ci fosse dentro non aprissero in maniera del tutto corretta e

questo alterava l’anatomia dell’organo; l’intestino infatti si apre nel tratto antimesenterico, se io

invece apro dal versante del tessuto adiposo finisco per interrompere la continuità anatomica con il

tessuto adiposo e quindi con i vasi linfatici e quindi con i linfonodi. E importante quindi non fare

tagli o sezioni sbagliate che compromettono il giudizio diagnostico.

Altro esempio in alcune neoformazioni cutanee a sede dermica o ipodermica il chirurgo magari

curioso di vedere la neoformazione la taglia a metà e cosi facendo fa un grande danno perché poi il

patologo non riesce più ad individuare i margini di infiltrazione e la circoscrizione della

neoformazione stessa, quindi non si capisce più se è circoscritta o se infiltra e questo è

fondamentale.

Altro esempio con la tiroide, c’è un nodulo e il chirurgo lo taglia a metà, se era un nodulo colloideo

tutto sommato non ha fatto danni, ma se nel nodulo c’era un micro carcinoma allora mi interessa

sapere se invade o no la capsula e il taglio può alterare tutto.

Quindi è bene che il chirurgo freni la sua curiosità e si limiti a fare il prelievo e ad inviarlo

all’anatomopatologo, anche perché poi il patologo scriverà per esempio “pervenuto già sezionato” e

a quel punto sono guai per il chirurgo se il paziente dovesse protestare.

Ribadisco che l’anatomia patologica è clinica che utilizza il laboratorio e non è solo laboratorio e

che esistono linee guida internazionali indicate dal WHO uguali in tutto il mondo e da seguire.

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La migliore modalità di invio ove possibile è allo stato fresco entro 15 minuti per i pezzi piccoli,

entro 1 ora per quelli più grandi. Questo naturalmente potrebbe andare bene in posti fantascientifici

dove tutto funziona alla perfezione, nei nostri ospedali questo non si può ottenere e allora inviamo il

pezzo sempre in formaldeide tamponata al 10% tranne nei due casi che abbiamo visto, e cioè,

primo caso per l’esame estemporaneo dove il pezzo mi serve a fresco perché devo dare risposta

entro 10-15 minuti e ripetiamo che la risposta non deve essere definitiva ma solo di benignità o

malignità e deve servire al chirurgo per orientare l’intervento; secondo caso per la valutazione di un

linfonodo con sospetto di Linfoma, qui il linfonodo mi serve a fresco perché mi serve prima

sezionare ogni 3 mm il linfonodo e poi metterlo in formalina per far si che la formaldeide penetri

bene e omogeneamente in tutto il parenchima linfonodale evitando l’iperfissazione della parte

esterna corticale e l’assenza o scarsa fissazione della parte interna, midollare, che porterebbe a

fenomeni degenerativi che altererebbero l’architettura linfonodale, l’immunofenotipo, e quindi il

risultato finale (fondamentale visto che ne esistono più di 100 tipi).

L’esame Macroscopico (o Campionamento, sono sinonimi), il Sezionamento, il trattamento del

materiale del paziente spettano all’anatomopatologo e non al tecnico di laboratorio che non è

assolutamente competente in materia. Il medico specialista anatomopatologo a seconda del pezzo

che ha, della neoplasia che ha davanti, ha dei protocolli e delle linee guida internazionali da seguire.

E poi ha la possibilità di eseguire di prelievi per biologia molecolare, che spesso sono a fresco, per

studiare la genetica di un K. (es. mammella con BRCA) o per studi di biologia cellulare, per esami

batteriologici o colturali, cellulari in vitro, per la valutazione citogenetica o citofluorimetrica e altro.

In questi casi se per esempio arriva il pezzo a fresco per l’esame in estemporanea allora se ne

preleva un pezzetto e si conserva, si fa la crioconservazione (o criopreservazione) per eventuali

studi di tipo biomolecolare successivi.

Ci sono delle situazioni in cui è utile ORIENTARE il pezzo bioptico. Esempio semplice quello

della celiachia. Nella malattia celiaca l’esame istologico ha grande importanza e soprattutto la

presenza/assenza dei villi. Ancora una volta la risposta del patologo è strettamente correlata

all’endoscopista. La biopsia va fatta nella seconda porzione duodenale, si fanno diversi prelievi

bioptici, almeno tre. Se viene fatta in un’altra zona il risultato è alterato. Anche fosse ben fatta, se al

momento dell’inclusione in paraffina non ci sono punti di repere e metto il pezzo bioptico al

contrario il patologo può anche non vedere i villi e di conseguenza scrivere “assenza di villi” che

equivale a fare diagnosi di celiachia su un paziente invece sano, viene classificato un paziente come

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3B o 3C (nella classificazione rispettivamente assenza quasi completa e assenza completa di villi)

quando invece i villi ci sono. E’ importantissimo visualizzare i villi e quindi i gastroenterologi oggi

orientano il pezzo bioptico usando un piccolo foglietto di carta bibula che mi orienta il pezzo

(alto/basso) per non sbagliare, di fatto serve come repere perché non posso usare un filo di sutura

come repere su un pezzo piccolissimo. (Il prof. fa l’esempio di un albero con le radici, metto il

foglio di carta bibula dal lato delle radici cosi sono sicuro che è ben orientato). Quindi la base del

pezzo bioptico sta poggiata sul foglio di carta bibula e cosi i villi saranno dal lato opposto e quando

poi viene fatta l’inclusione in paraffina si visualizza bene e si evitando gravi errori grossolani. In

generale quindi, le biopsie del tratto digerente è bene orientarle perché tantissime risposte sono

improprie.

I ritardi nell’invio di materiale non fissato portano a fenomeni irreversibili che possono pregiudicare

il giudizio diagnostico quali ad esempio l’essiccamento periferico e la distruzione progressiva del

materiale con riduzione progressiva del numero delle mitosi; le cellule muoiono e degenerano.

Il volume del fissativo deve essere 10 volte il volume del campione. Si usa la Formalina (o

Formaldeide) tamponata neutra (FTN) a ph 7, tamponata al 10%.

Altri tipi di fissativi possono essere impiegati ma devono essere specificati. Esempio la citologia

prevede in alcuni casi, espettorato e altri liquidi, altri fissativi es. quello di Du Bosq o alcune biopsie

gastriche per evidenziare meglio la citologia si usa il fissativo di Zencher, insomma ce ne sono tanti

ma a noi interessa poco. Il soggiorno in FTN può protrarsi per un tempo indefinito per favorire la

penetrazione, comunque è preferibile procedere nel più breve tempo possibile. L’impiego come

fissativo dell’alcool etilico denaturato è errato, è sconsigliato. Non si usa l’Alcool per il violento

effetto coartante con eccessiva disidratazione che comporta effetti negativi sulle cellule rendendo

impossibile il giudizio diagnostico delle strutture cellulari alterando tutti i legami chimici e rende

impossibili le indagini immunoistochimiche sul pezzo. Quindi dimenticatevi l’alcool ! Anche

perché poi il patologo scrive “alterata fissazione, pervenuto in alcool” e il paziente se la prende con

il medico.

Nel caso in cui si debbano inviare più campioni dello stesso paziente, cosa frequente esempio in

gastroenterologia (ma non solo) quando si fa il mapping del grosso intestino è il caso di usare

contenitori separati indicando la SEDE in ciascun contenitore e/o la lateralità se si tratta di lobi (dx

o sx). Se un chirurgo ad esempio ha estratto una tiroide ma non è riuscito a toglierla tutta per via di

aderenze allora è necessario indicare qual è il lobo destro o il sinistro e se la tiroide è integra

servono dei punti di repere ad esempio un filo di sutura messo in uno dei due lobi poi specificato

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nella richiesta e anche nel contenitore. Tutto questo è fondamentale per esempio in caso di riscontro

di neoplasia. Basta pensare al caso di un mapping colico dove i vari prelievi (retto, sigma,

discendente, trasverso e ascendente), per il sospetto di una polipisi intestinale, vengono inseriti nello

stesso contenitore senza nessuna discriminazione, se dovessi riscontrare in uno si questi una

neoplasia come posso poi risalire alla sede esatta ? E se c’erano più polipi (ADENOMI) qual è

quello neoplastico ? Diventa difficilissimo capire.

Allora DOMANDE DI ESAME possono essere:

- Richiesta di esame istologico

- Referto Istopatologico

IL REFERTO ISTOPATOLOGICO

La risposta dell’anatomopatologo alla richiesta dell’esame istopatologico da parte del medico

curante ha valore determinante perché contiene la DIAGNOSI e assume valore medico legale al

pari della cartella clinica. Contiene quindi la diagnosi del caso, spesso ignota o solo presunta.

Quindi grande responsabilità che comunque è condivisa con il clinico (riprende l’esempio della

biopsia dell’antro e della richiesta con sospetto di gastrite cronica atrofica, impossibile visto che la

diagnosi si fa sul corpo gastrico).

Raccomandazioni sui dati da riportare:

1. Identificazione paziente

2. Identificazione del caso

3. Descrizione macroscopica

4. Descrizione Microscopica

5. Diagnosi Istopatologica

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1) Identificazione del paziente : con tutto quello che abbiamo visto prima (nome, età, reparto,

etc.)

2) Identificazione del caso: - Numero del registro cronologico.

- Sede del prelievo.

- Natura del materiale e numero campioni esaminati.

- Riassunto dati clinici.

- Data arrivo materiale.

- Data di completamento dell’esame.

I casi si identificano con un numero sequenziale anno per anno, come le cartelle dei reparti e tanto

altro, numeri progressivi che ripartono ogni anno, sia per identificare il caso che per evitare errori di

omonimia o di errata copiatura di nomi simili. Tutto quello che appartiene a quel caso e a quella

scheda di richiesta, quindi i vari reperti, vengono identificati con le lettere dell’alfabeto. La sede è

fondamentale ma ormai ne abbiamo discusso. Data di completamento dell’esame per questioni

legali, se per esempio il chirurgo fa il prelievo e pero poi la caposala non provvede all’invio del

materiale e il prelievo staziona in sala operatoria e arrivano in anatomia patologica dopo 10 giorni e

poi il paziente si lamenta e si cercano le responsabilità.

3) Descrizione Macroscopica : precisa, accurata, non prolissa. E’ compito specifico del medico

e deve contenere i seguenti dati: - Organo o parte e strutture (es. corticale o midollare)

- Dimensioni e peso degli organi.

- Numero di lezioni visibili, lezioni riconoscibili.

- Rapporti anatomici delle lesioni, distanze dai margini

(sopratt.)

- Aspetto, consistenza, colore, tipo.

- Sede e N° prelievi (identificando ciascun prelievo con una

lettera)

- Identificazione dell’entità di tessuto mandato per ciascun

prelievo.

- Precisazione sede dei reperi.

- Segnalazione di eventuali prelievi per metodiche speciali, es.

per biologia molecolare, citofluorimetria, etc.

- Identificazione del medico che ha effettuato la descrizione

macroscopica dei prelievi.

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Il Peso di molti organi ha la sua importanza, un rene normale ad esempio pesa 80gr ma se ne pesa

250 c’è qualcosa che non va, cosi pure una tiroide che normalmente pesa 40 gr ma se ne pesa 200 è

alterata. Poi i rapporti anatomici, fondamentale la distanza di una neoplasia dai margini di

resezione, è la prima cosa che si va a guardare per questioni medico legali di eventuali recidive.

4) Descrizione Microscopica: breve descrizione aspetti citologici e architetturali osservati al

microscopio. Nei casi importanti, es. K del SNC fatta per far visualizzare l’immagine al

clinico. Il referto non contiene immagini (mole di lavoro eccessiva) e quindi una breve

descrizione citologica.

5) Diagnosi Istopatologica: atto medico conclusivo, comprende due elementi:

- Manualità tecniche, di prelievo, campionamento, allestimento dei preparati

istologici.

- Interpretazione dei dati: anamnestici, clinici e dei dati rilevanti con l’osservazione

macroscopica e microscopica per formulare un giudizio DIAGNOSTICO con

significato PROGNOSTICO e TERAPEUTICO. Quindi diagnosi clinica, non

laboratoristica, anche se il laboratorio ci aiuta, che non può prescindere dalla figura

del medico e non può essere delegata ad una macchina.

Comprende quindi la diagnosi finale vera e propria e le osservazioni e i commenti integrativi

eventuali. I commenti servono per aiutare il medico che ha in carico quel paziente a prestare

attenzione su questioni particolari, delicate, gravi o urgenti e per rafforzare il concetto di lavoro

d’equipe. Esempio, se il patologo ritiene particolarmente a rischio quel paziente avvisa il medico, se

la patologia sembra aggressiva o rara o poco conosciuta. Altro esempio la Fibromatosi, malattia

grave e aggressiva che porta ad amputazioni serie e porta anche a morte per coinvolgimento di

organi interni ed è poco conosciuta dai medici. Quindi dare un segnale, un input, al medico per

prestare maggiore attenzione.

La diagnosi, ove possibile deve contemplare anche l’eziologia, per esempio infezioni

batteriologiche, micosi, la TBC. Come fa il patologo a fare diagnosi di TBC ? Bisogna sempre

identificare il batterio ! Sempre ! La coltura la fa il biologo, la PCR il virologo, Il patologo può

vedere la necrosi, se la necrosi è caseosa quella è la firma del micobatterio, ma comunque posso

fare la colorazione Ziehl Neelsen.

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[nota autore: i micobatteri sono acido-alcool resistenti e la loro parete cellulare ha la capacità di

trattenere la colorazione della fucsina basica di Zieh anche dopo il trattamento con decoloranti come

l’alcool].

Quindi il patologo può fare ad esempio le colorazioni.

Esistono dei codici di identificazione, i codici SNOMED, codici internazionali usati dagli

anatomopatologi dove la diagnosi viene espressa con un codice alfanumerico, di modo tale che se

un patologo dice ad esempio M302C tutti sanno che si parla di una determinata malattia, un po

come per il TNM. Quindi il giudizio diagnostico deve essere completo ma semplice e

standardizzato secondo tecnologie e classificazioni note: SNOMED, WHO-OMS, TNM, ICD-10,

AJCC, etc. Ed è sempre bene evitare sigle o aponimi.

Il TNM a cui si fa riferimento di solito è quello per i clinici, ma esiste un TNM per i patologi.

(T: Tumore / N: linfonodi afferenti / M: Metastasi a distanza). Questo TNM serve al clinico

oncologo quindi c-TNM ma i patologi usano il p-TNM (patologico, appunto). Bisognerebbe

specificare sempre la lettera piccola. Il p-TNM serve per stadiare una neoplasia. Stadiare una

neoplasia significa valutarne l’estensione, capire il grado di invasione e quindi di infiltrazione.

Questo p-TNM i patologi lo formulano a seconda di quello che vedono, il patologo scrive solo ciò

che vede, quindi se il clinico oncologo sa, anche grazie alla diagnostica per immagini, che il

paziente (ad es.) ha un K. Colon con metastasi epatiche ma poi fa la biopsia solo al colon e non al

fegato, il patologo scriverà M(X), non potrà parlare di metastasi.

Qual è la differenza tra STAGING e GRADING ? Lo Staging può essere fatto sia dal clinico sia dal

patologo e quindi può essere sia (c-) che (p-), il Grading invece è compito esclusivo

dell’anatomopatologo e SOLO lui può farlo.

Il Grading è un concetto ISTOLOGICO e mi indica il grado di differenziazione di una

neoplasia. Vedremo come il grado di differenziazione di una neoplasia varia in 4 stadi: ben diff.,

moderatamente diff., scarsamente diff., completamente indifferenziato. Ci sono QUATTRO livelli

di grading da G0 a G3. [il grading è un concetto fondamentale agli esami, Il prof. Parlerà di grading

e differenziazione nella lezione successiva del 04-09-15].

Prognosi e Terapia cambiano completamente in base al grading, che rappresenta una informazione

fondamentale che il patologo deve fornire al clinico per orientare i comportamenti successivi.

Per le Neoplasie la Diagnosi deve comprendere tutti gli elementi utili e necessari per la stadiazione

patologica, lo staging. Quindi:

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o Il tipo morfologico (Istotipo) ci da info sul piano prognostico !! K tubulare mammella è a

prognosi migliore del duttale, il lobulare peggiore del duttale.

o Se neoplasia Benigna / Maligna in situ / Maligna invasiva / Metastatica. Vedremo come si

definisce “in situ” se non supera la membrana basale e se la supera diventa microinvasivo prima

e invasivo poi. La micro-invasività cambia a seconda della neoplasia, per il melanoma si parla di

1 mm, per la mammella 2mm, cervice 1mm, etc.

o Se a Bassa / Alta malignità potenziale (es. i linfomi si classificano così)

o Gradi di differenziazione (grading G0-G3, 4 livelli)

o Modalità di crescita (esofitica, stellata, infiltrativa). Capire come cresce, se infiltra, come di

muove. L’esofitica darà spesso stenosi a livello enterico e da segno si se prima delle altre.

L’infiltrativa invece ulcerazioni e sanguinamenti

o Lo spessore (es. spessore di Breslow nel melanoma, +/- 1 mm)

o Profondità di invasione (capire fin dove arriva la neoplasia, il parametro ‘T’ del TNM)

o L’eventuale risposta reattiva locale o linfonodale. I linfonodi iperplastici possono essere reattivi

o sono metastatici, si deve indagare.

o La presenza o assenza di invasione vascolare.

o La radicalità o meno dell’exeresi specificando lo stato dei margini di resezione ed eventualmente

la distanza della neoplasia dagli stessi. Questo ha notevoli implicazioni medico-legali.

Nei tumori cerebrali ci sono casi in cui la radicalità non può essere raggiunta, magari perché si

andrebbero a toccare delle aree che renderebbero il paziente invalido o allettato, bisognerà quindi

valutare la bassa o elevata malignità della neoplasia e decidere cosa fare. Se io mi trovo di fronte un

glioblastoma multiforme, un astrocitoma di grado quarto, una neoplasia assolutamente maligna tra

le peggiori dell’organismo, dove la sopravvivenza massima è di un anno o poco più e non ci sono

terapie, è necessario decidere se fare o no un intervento che se non allunga la vita ne migliora il più

possibile la qualità oppure non operare. Stessa storia con il carcinoma anaplastico della tiroide che

infiltra subito la trachea e da una sopravvivenza di 2-3 mesi, non ci sono rimedi.

Per quanto riguarda l’invasione dei linfonodi o dei vasi, se io ho dei linfonodi intatti ma ho una

infiltrazione angiolinfatica, quindi attorno ai vasi, ma anche attorno ai nervi, trovo cellule

neoplastiche allora anche se il linfonodo è indenne io comunque devo pensare che magari di li a

breve verrà coinvolto e quindi devo prestare massima attenzione a parole come invasione

angiolinfatica perivasale o perineurale perché possono preludere a metastasi in transito.

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Qualche volta nel referto istopatologico possiamo ritrovare riferimenti bibliografici, inseriti dal

patologo in caso di malattie rare per dare una mano al clinico che ha in carico il paziente.

I tempi operativi per dare risposta ad una richiesta di esame istologico dipendono dall’ospedale in

cui ci si trova, se il personale è adeguato alle esigenze e il centro funziona, servono al massimo 10

giorni per i pezzi piccoli e 20 giorni per quelli grandi.

L’Archivio dei dati funziona come quello delle cartelle cliniche, quindi per legge almeno 10 anni,

come anche per le radiografie, ma spesso si tengono anche più di 20 anni. Questo perché capita che

il materiale venga ripreso per una patologia concomitante che ha relazioni con la malattia pregressa

o per una ripresa di malattia, ma anche per revisioni o indagini molecolari particolari che in Sicilia

magari non si fanno, certe patologie genetiche che da piccoli vengono trascurate e poi al momento

di sposarsi magari il pz. ci pensa che era genetico e si preoccupa per i figli.

Abbiamo parlato di quello che era l'allestimento, cioè arriva il campione in anatomia patologica con

la sua richiesta di esame istologico e, fissato in formaldeide, cerchiamo di capire quali sono i

processi che esso subisce. Le varie fasi sono queste che vedete scritte qua, il prelievo chirurgico lo

abbiamo visto. La fissazione è in formaldeide, del campionamento ne abbiamo parlato, ed è la

stessa cosa dell'esame macroscopico, poi abbiamo processazione, inclusione in paraffina, sezione

microtomica, colorazione e montaggio. Ora le rivediamo tutte quante. Il mio obiettivo è raccontarvi

le varie fasi.

Il prelievo: autoptico sul cadavere, bioptico sul vivente. Esistono 2 tipi di autopsia (dal greco "vedo da me", e serve per vedere l'anatomia del corpo umano):

autopsia fatta a scopo diagnostico, e questa è precipuo compito dell'anatomopatologo;

autopsia fatta a scopo medico-legale, che è precipuo compito del medico legale;

Cambiano le procedure. Se l'autopsia ha uno scopo diagnostico, è l'anatomopatologo che lavora per scoprire le cause della morte, ma se si scopre l'eventualità di un problema di tipo medico-legale, l'anatomopatologo si ferma e chiama il medico-legale perchè ci sono delle responsabilità che vanno indagate.

(Il professore racconta una serie di aneddoti delle sue esperienze passate).

L'anatomopatologo, quindi, fa principalmente biopsia sui viventi; fa autopsia sui cadaveri nel momento in cui sia necessario evidenziare una causa di morte.

Esistono 2 tipi di prelivi:

biopsie escissionali (cutanea: togli un nevo displastico che può progredire in melanoma);

agobiopsie ( ghiandole salivari, fegato, prostata, reni, organi emolinfopoietici come linfonodi, milza e midollo osseo);

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biopsie endoscopiche o radioscopiche (ipofaringe, laringe, trachea, bronchi, utero, vescica, colon, retto);

reperti chirurgici (tessuti o organi asportati in seguito ad un intervento chirurgico);

(Il professore mostra un'immagine: neoplasia dell'utero che ha infiltrato completamente la vagina e

la parete vescicale. Dobbiamo ricordare che lo spazio tra vescica e utero si chiama cavo vescico-

uterino, mentre il cavo retto uterino, dietro, è il cavo di Douglas. Mostra un'altra immagine: sutura a

livello dell'areola; spiega che si tratta di un esame estemporaneo intraoperatorio, perchè il chirurgo

vede introflessione del capezzolo che già fa pensare a carcinoma della mammella, e c'è una massa

di aspetto stellato retroareolare, fa un prelievo intraoperatorio a livello dell'areola e lo invia

all'anatomopatologo per capire se è maligno; poichè risulta maligno, carcinoma infiltrante, esegue

una mastectomia totale con prolungamento ascellare).

L'esame estemporaneo si fa quando non si è sicuri che una neoformazione sia benigna, presenta

delle caratteristiche di malignità. Le caratteristiche di una malignità sono: capacità di dare

metastasi, cioè incontrare un vaso ed eroderlo e potersi spostare in altra sede. Quando invece la

neoplasia è circoscritta da una capsula, è omogenea dal punto di vista citologico, in se non ha le

caratteristiche biologiche di invasività dei vasi. Nel caso della mammella il sospetto clinico di

malignità alla mammografia è dato dall'aspetto stellato di una massa retroareolare con

prolungamento ascellare fino ai linfonodi, dalle microcalcificazioni che altro non sono che

microdepositi di sali di Ca, quindi le cellule muoiono, e sappiamo che la membrana cellulare è

formata da sali di Ca, si crea quella che chiamiamo distrofia tissutale, perchè c'è un alterato

trofismo. Le microcalcificazioni sono espressioni di un'aumentata attività proliferativa. E'

necessario richiedere all'anatomopatologo un esame estemporaneo.

L'esame estemporaneo criostatico, quindi a freddo, è un esame intraopratorio e serve ad orientare il

chirurgo, in 10-15 minuti, mentre il paziente è in anestesia; non serve per fare diagnosi, ma serve

per capire se la massa è benigna o maligna. E' importante nel tumore del SN e nel carcinoma della

mammella.

Quindi se anche le cellule si alterano a noi non interessa perché quello che a noi interessa è vedere

l'architettura e poter dire: è cancro o non è cancro! Ci siamo? Ok? Abbiamo così un orientamento

diagnostico in pochi minuti (10-15 minuti) .

Il vostro collega chiede: ma non si causano danni sei io congelo i tessuti e quindi io ho un

blocchetto di ghiaccio? In realtà io perché lo congelo?

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Perché poi ne devo fare delle sezioni, li devo mettere nel vetrino, quindi devo avere un pezzo duro

ma lo devo raffreddare velocemente. Per fare diventare questo pezzo duro uso il ghiaccio, l'acqua,

l'acqua stessa di cui sono composti i tessuti. Poi la sezione che io ottengo la posso immediatamente

introdurre in ematossilina ed eosina che sono coloranti vitali che quindi richiedono acqua, quindi io

evito di fare tutti i passaggi e immediatamente ho il blocco ghiaccio e acqua nelle varie vaschette e

posso colorare tranquillamente con ematossilina ed eosina.

Viene da dire: ma perché non li facciamo tutti così? facciamo subito, no?

Abbiamo detto sempre che le caratteristiche istologiche del tessuto non sono ben chiare perché la

cellula si alterano, perché si altera lo stroma, però è possibile riconoscere se ci si trova di fronte a

una neoplasia maligna o benigna. Un professore che ho incontrato una volta faceva questo esempio

che può aiutare: è come se tu vedi delle cose da un vetro appannato, guardando attraverso il vetro

appannato, io, dietro, riesco a vedere se c'è una persona, un albero, una macchina, ma non so

identificarne i contorni, però posso dire: è maligno è benigno, ma poi non ti posso dire: è duttale, è

lobulare, è infiltrativo, tutte caratteristiche che sono essenziali per il referto istologico. Tutte queste

informazioni io non le posso inserire, non sono in grado di individuare le caratteristiche, lo vedo

sempre non benissimo… io posso solo dire è benigno o è maligno! Chiaro?? Quindi questo è

l'esame estemporaneo (lo coloro subito e posso avere immediatamente il vetrino) e dare subito una

risposta al chirurgo.

Nel caso invece di un esame definitivo che cosa devo fare??

I campioni devono sempre andare su supporto rigido pertanto noi utilizziamo la paraffina che è

cera, quindi sono blocchetti di cera. Quindi noi prendiamo questi campioni e li mettiamo nei

blocchetti di paraffina!

Come si fa??

il processo che segue, prende il nome di processazione. La paraffina ,che è una cera (secondo voi è

amica dell'acqua?? NO!) quindi acqua e paraffina non sono amiche, quindi che cosa dobbiamo fare?

Disidratare! E noi la facciamo mediante una scala di alcool crescente che passa da 50, 60, 70% fino

ad alcol assoluto, e togliamo mediante gradiente tutta l'acqua. Dopo che hanno tolto tutta l'acqua

utilizziamo la paraffina liquida che può entrare dentro i tessuti e solidificare, quindi abbiamo un

blocchetto di cera. Questo blocchetto solido viene raffreddato e portato al microtomo che è uno

strumento che serve a fare a fette delle sezioni che possiamo mettere nel vetrino. Sul vetrino

portaoggetti. La sezione è una sezione dove dentro abbiamo il tessuto ma abbiamo anche la

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paraffina, ma dobbiamo colorarlo (perchè altrimenti non lo vediamo) ma i coloranti vitali sono a

base di acqua quindi dobbiamo reidratare la sezione con la paraffina infatti tagliamo di nuovo la

paraffina, introduciamo l'acqua, e così possiamo colorare. Coloriamo con ematossilina ed eosina.

Ematossilina ricordiamo che colora i nuclei l’eosina colora il citoplasma. Poi dobbiamo mettere un

copri oggetto, per mettere il coprioggetto per motivi di rifrazione della luce dobbiamo adoperare un

balsamo che va messo tra la sezione e il coprioggetto. Il balsamo come al solito non vuole l'acqua

quindi si fa il processo opposto in modo tale che ne possiamo poi mettere il copriogetto e guardalo

al microscopio tutto ciò viene spiegato alle seguenti diapositive in maniera molto schematica.

Vedete l’apparecchio? Si mette tutta la cassettina dentro e i tessuti vengono disidratati a

concentrazioni di alcool crescenti fino all'alcol assoluto. Tale processo serve per includere il

campione in paraffina. Quello che ci interessa riguardo quello che vi ho detto è quindi che i

campioni vengono inclusi in paraffina utilizzando concentrazione di alcool etilico crescenti! Ok??

Questi sono i nostri prelievi. I vari campioni che vengono prelevati. Quindi ripetiamo abbiamo fatto

il prelievo lo abbiamo fissato l'abbiamo campionato e adesso stiamo processando se io devo dare

una risposta immediata uso l’esame estemporaneo e accorcio i tempi e faccio una colorazione. Visto

che la paraffina non mi entra dentro il tessuto utilizzo il ghiaccio e congelo cosi posso colorare

subito con i coloranti a base di acqua. Se io devo dare una risposta definitiva devo utilizzare la

paraffina l'esame estemporaneo non passa in formaldeide ci passa dopo per fare l'esame definitivo.

l'esame estemporaneo serve per dare una risposta al chirurgo non diagnostica ma orientativa.

L’esame biottico estemporaneo è una cosa importantissima, fondamentale, che uno deve sapere. Si

fa solo se viene richiesto, mica lo si fa sempre. Se esistono le indicazioni, ok!! Pel l’esame

definitivo i tessuti vengono messi in paraffina. La paraffina solidifica a temperatura ambiente e una

volta solidificata consente di fare delle sezioni sottili anche 5 micron e per fare queste sezioni devo

avere un supporto dato dal blocchetto di paraffina. La paraffina è chimicamente inattiva

scarsamente partecipe e il tessuto una volta incluso si conserva in esso per indurire. Viene

conservato fino a 10 anni (dice la legge)… si deve conservare come le cartelle cliniche, come le

radiografie, però noi normalmente lo teniamo anche per molto più tempo perché può essere

necessario riprendere un campione vecchio (per mille motivi). Fonti di calore ovviamente sono

controindicate, la cera si sceglierebbe. Il blocchettino si mette in uno strumento rotativa che fa uno

movimento sali e scendi e fa delle sezioni come un’affettatrice. Se devo fare una sezione per una

biopsia estemporanea lo strumento che crea le sezioni è dentro il criostato stesso, quindi congelo e

creo le sezioni. Non esiste un taglio standard se tu vuoi vedere delle cose con ingrandimenti

maggiori o minori lo chiedi al tecnico e lui cambia lo spessore della sezione. Dopo aver fatto la

sezione e aver idratato bisogna mettere i coloranti. Poi c'è il montaggio. Del montaggio mi interessa

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soltanto che: abbiamo il vetrino portaoggetti, abbiamo la nostra sezione, dobbiamo mettere un

coprioggetto perché altrimenti non riusciamo a vedere la sezione a causa della rifrazione quindui

dobbiamo mettere un balsamo. Questo Balsamo non vuole l'acqua quindi disidratiamo con l'alcool

poi mettiamo il coprioggetto, ma di questo è necessario sapere soltanto che: ci vuole un

coprioggetto, tra coprioggetto e sezione ci vuole il balsamo e il balsamo e idrofobo quindi bisogna

nuovamente disidratare sempre con la scala di alcol. Ci siamo?

Adesso focalizziamo la nostra attenzione sull’esame estemporaneo l'esame estemporaneo è intraoperatorio. Il

tempo medio di allestimento di un esame estemporaneo è di circa 10-15 minuti dall'arrivo del pezzo al

laboratorio. E come arriva? "A fresco", non in formaldeide, altrimenti il tessuto comincia ad alterarsi; invece

bisogna congelarlo subito. Si esegue mediante congelamento di parte del campione chirurgico inviato; se io

ho un nodulo intero, ne prenderò una parte, perché l'obiettivo è dare una risposta immediata: si tratta di una

neoplasia benigna o maligna? Non devo fare una refertazione completa.  

Lo strumento che viene utilizzato è il criostato e cioè un congelatore: si mette il pezzo dentro e si congela;

non è destinato a formulare una diagnosi definitiva; consente una diagnosi che serve solo ad orientare

l'intervento chirurgico. Questo é importantissimo saperlo perché poi la diagnosi definitiva verrà fatta tramite

tutti quei passaggi tipici visti prima.

Torniamo alla nostra mammella, che richiede quasi sempre un esame estemporaneo intraoperatorio. 

Vi introduco qualche concetto di istologia: la mammella é una ghiandola costituita da dotti, i cosiddetti dotti

galattofori.

La mammella dobbiamo vederla come se noi camminassimo sulla cute: ad un certo punto ci troviamo in

regione areolare, e troviamo il promontorio del capezzolo: al suo interno c'è un dotto, un tunnel, il dotto

galattoforo principale da cui si dipartono i grossi dotti galattofori e poi essi continuano a ramificarsi e a

diventare sempre più piccoli, sempre più di calibro minore, fino ad arrivare a delle aperture, degli antri, che

sono i lobuli, cioè le unità funzionali. 

In realtà, più correttamente, l'unità funzionale della mammella è l'unità terminale duttulo-lobulare (questa é

una domanda d'esame se si parla di mammella), cioè costituita dalla porzione più distale del dotto e dai

lobuli. 

Quanti tipi istologici fondamentali di carcinoma mammario riconosciamo? Carcinoma duttale carcinoma

lobulare: il ca duttale origina dai dotti, quello lobulare dai lobuli. Quindi, se noi consideriamo come unità

funzionale la porzione più distale del dotto più il lobulo, chiaramente se é interessata la porzione distale del

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dotto sarà un ca duttale, se è interessato il lobulo, sarà un ca lobulare. Questi sono i due istotipi fondamentali.

Poi attorno alle unità funzionali, c'é tessuto adiposo, che rappresenta circa l'80% del tessuto mammario.

Il tumore mammario richiede una cultura istopatologica, clinica, di chirurgia plastica, notevole. 

Il tessuto connettivo a diretto contatto coi dotti e coi lobuli mammari, é un tessuto connettivo specializzato

detto "mantellare", perché è un tessuto capace di rispondere agli stimoli ormonali estroprogestinici; quindi é

un tessuto connettivo diverso dagli altri. 

E poi all'esterno abbiamo il rivestimento cutaneo.

Oltre il 95% dei tumori mammari é rappresentato da adenocarcinomi, che possono essere in situ o invasivi.

Si dicono adenocarcinomi perché originano da una ghiandola e li distinguiamo in duttali se originano dalla

porzione del dotto, e lobulari se originano dalla porzione del lobulo. Questi due istotipi hanno caratteristiche

e prognosi diverse. 

Queste neoplasie compaiono da lesioni che sono dapprima displastiche e poi piano piano la displasia si

trasforma fino a diventare un Ca, che dapprima è in situ, cioè non supera la membrana basale del dotto

(quindi rimane all'interno del dotto), poi supera la membrana basale e passa all'esterno. 

E queste sono le definizioni: 

- Ca in situ: é una proliferazione di cellule neoplastiche dei dotti e dei lobuli che non supera la membrana

basale. Distinguiamo un Ca duttale in situ (cioè dei dotti) ed un ca lobulare in situ (se é dei lobuli). Entrambi

i tipi non superano la membrana basale, non c'é cioè sconfinamento di essa. 

- Ca invasivo o infiltrante: é il ca che supera la membrana basale ed invade il parenchima, lo infiltra. Nel

caso della mammella parleremo quindi di ca duttale infiltrante e di ca lobulare infiltrante.

- Neoplasia maligna: da essa le cellule possono raggiungere i vasi, i linfonodi locoregionali, oppure

diffondersi a distanza e quindi dare metastasi. 

Slide che mostra due immagini a confronto: una mostra tessuto mammario sano, in cui l'architettura è chiara,

si vede il connettivo, le ghiandole; l'altra immagine mostra invece un ca mammario infiltrante: in tal caso

l'architettura del tessuto é completamente sovvertita. 

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Ci sono dei geni associati al tumore mammario (caso Angelina Jolie). Questi sono i geni BRCA-1 e BRCA-

2; però non é che una paziente positiva a tali geni debba fare la mastectomia per prevenzione! Si fanno dei

controlli, magari ravvicinati, ma può anche darsi che la paziente non avrà mai quella neoplasia. 

Essere BRCA-1 o BRCA-2 positivi, non significa cancro sicuro, significa avere una maggiore

predisposizione; non significa assoluta ereditarietà. 

Sono stati identificati i geni BRCA-1 e BRCA-2 (qualcuno li chiama "BRACA"): sono geni oncosoppressori,

sono proteine di suscettibilità al ca mammario.

La positività al gene BRCA-1 o BRCA-2 é quindi un fattore predisponente al cancro, ma non obbligatorio!!!

La prevenzione comunque non è la mastectomia, ci vuole un follow-up più ravvicinato!!!!

Il prelievo si fa mirato sul campione chirurgico inviato, perché l'anatomopatologo deve se è un carcinoma o

non lo è. Si congela, si fa questo blocchetto col ghiaccio, poi si taglia e facciamo la sezione, la montiamo sul

vetrino portaoggetti, coloriamo (e visto che sono coloranti vitali, quindi acqua e ghiaccio a contatto, il

processo avviene molto facilmente), montiamo il vetrino (usiamo il balsamo del Canada) e poi leggiamo il

preparato istologico. 

La risposta che ci serve è: é carcinoma, non é un carcinoma? Infiltra o non infiltra? 

Perché anche se fosse Ca in situ, il chirurgo potrebbe togliere la lesione e tutto rimane là. Se non c'è

invasione, questa é un'indicazione alla quadrantectomia: togli il nodulo ed hai guarito la paziente. 

L'anatomopatologo non é in grado di stabilire con l'esame estemporaneo se é un ca duttale o lobulare; si

potrebbe per esempio vedere un ca duttale, ma esistono i tumori misti (tenendo conto del fatto che le unità

duttulo-lobulari vanno insieme, si possono avere infatti tumori che originano da entrambe le zone, con aree

miste), sia duttali che lobulari. Bisogna quindi vedere tutto il tumore per stabilire se duttale o lobulare. 

Poi la scelta spetta al chirurgo: se l'anatomopatologo dice al chirurgo che si tratta di un ca in situ di 0.3 cm

(un microfocolaio), il chirurgo può anche rischiare, può decidere di chiudere e poi vedere, magari perché si

tratta di una donna giovane (35-40 anni); in ogni caso si può poi fare un intervento successivo. 

LINFONODO SENTINELLA: come si inserisce nell'ambito dell'esame estemporaneo della mammella?

Cosa succede? Quando e perché viene richiesto? 

Se la risposta dell'anatomopatologo é di ca duttale o lobulare infiltrante, si procede poi con la tecnica del

linfonodo sentinella.

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Il linfonodo sentinella é il primo linfonodo che riceve la linfa dal territorio neoplastico. 

Come facciamo noi ad individuare questo linfonodo? Introduciamo un tracciante per via endovenosa la sera

prima dell'intervento alla paziente, in modo tale che questo tracciante possa arrivare poi al linfonodo

sentinella, che é il primo a colorarsi. Durante l'intervento chirurgico, con varie metodiche, o perché si vede

colorato, o perché inseriamo una sonda sonora che fa dei bip particolari, capiamo che ci troviamo di fronte al

linfonodo che raccoglie la linfa dal territorio neoplastico, preleviamo proprio questo linfonodo e lo inviamo

all'anatomopatologo. Quindi gli abbiamo chiesto in prima istanza un esame istologico estemporaneo per dirci

se é un ca e se é infiltrante ed in seconda istanza gli chiediamo un esame istologico estemporaneo anche del

linfonodo sentinella, cosicché se é metà statico procediamo allo svuotamento del cavo ascellare, se è indenne

possiamo salvare il cavo ascellare, evitando così alla paziente tutti i problemi connessi al linfedema (braccio

gonfio, elefantino). 

Ma questa é una regola?! NO!!!! É consigliato fare il linfonodo sentinella. Ma se in un primo momento la

comunità scientifica era contenta di aver scoperto il linfonodo sentinella, oggi in realtà qualcuno comincia a

porre dei dubbi e ci sono degli studi in merito in letteratura.

Il linfonodo sentinella, se in un ospedale si fa, é giusto che si faccia, ma non è la panacea di tutti i mali. É

un'informazione in più. Quindi in realtà cosa si fa? Ovviamente vince sempre il buonsenso. Se un chirurgo

individua una neoplasia molto aggressiva, e dall'altro lato l'anatomopatologo vede delle alterazioni

scarsamente differenziate o comunque una serie di dati negativi, se la paziente ha un'ereditarietà, una serie di

fattori prognostici peggiorativi, allora forse é meglio rischiare il linfedema e quindi svuotare il cavo ascellare

per tutelare la paziente. Se invece ci troviamo di fronte a lesioni di 0,3-0,5 cm e che comunque hanno delle

caratteristiche biologiche di benignità (esistono comunque delle lesioni di 0,3 cm che hanno delle

caratteristiche di malignità e danno luogo a metastasi anche se sono lesioni piccolissime) procediamo

diversamente. Il linfedema é un rischio, non sopraggiunge ogni volta che eseguiamo lo svuotamento del cavo

ascellare. 

Per esempio potrebbe anche accadere che la linfa non raggiunga il primo linfonodo, ma lo salti e vada a

linfonodi più avanti, portando con sé cellule neoplastiche e quindi il linfonodo sentinella risulterà indenne,

mentre i linfonodi di secondo o terzo livello saranno invece metastatici. Quindi la paziente avrà una

metastasi ma io il linfonodo sentinella l'ho visto indenne. Questo dunque si chiama "SALTO DEL

LINFONODO SENTINELLA".

Ma possono esserci anche altre motivazioni... 

Quante sezioni si fanno del linfonodo sentinella? Mentre nel caso del campione del nodulo mammario basta

una sezione (taglio il campione a metà, prendo una sezione e posso dire ca o non ca, infiltrante o non

infiltrante), nel caso del linfonodo sentinella io devo andare ad evidenziare anche le eventuali micrometastasi

e per evidenziare queste, io devo sezionare tutto il linfonodo. Le sezioni da fare sono quindi almeno 40-50,

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cioè un numero elevatissimo!!!! Ciò implica la presenza del tecnico di laboratorio lì fisso, per un lungo

tempo, perché deve fare 40 sezioni tutte da colorare e tutte da guardare al microscopio. Quindi ci vuole un

anatomopatologo dedicato! 

Nel caso del melanoma la cosa si complica, perché il melanoma é una neoplasia "matta". In medicina

esistono dei protocolli che escono fuori da dati epidemiologici: la maggior parte si comporta così e facciamo

quindi così. Ciò non toglie che ci possano essere delle eccezioni. E allora, normalmente fino ad uno spessore

di Breslow di un mm, non si hanno metastasi e quindi non si fa il linfonodo sentinella, ma se lo spessore

supera un mm é obbligatorio farlo; ma non è detto che un melanoma che non superi un millimetro, magari é

0,40-0,50, non dia metastasi; può accadere che dopo cinque anni si scopra una metastasi. Quindi anche nel

caso del melanoma il linfonodo sentinella é un'informazione in più. Si è visto che, nei melanomi nodulari,

quelli che superano un determinato spessore di Breslow (1,5-2 mm) la possibilità di dare metastasi è assai

superiore agli altri, ma facciamo comunque il linfonodo sentinella. Ma non è detto che in quelli con minor

spessore non avrai metastasi. 

Il linfonodo sentinella nel tumore gastrico non ha significato; il concetto di ca gastrico in situ in realtà é

molto ampio, tanto é vero che non parliamo di ca gastrico in situ ma di "early gastric cancer" (cancro

gastrico precoce); ecco perché il linfonodo sentinella non ha significato. 

Perché il concetto di carcinoma in situ nello stomaco non lo posso adoperare? Perché lo stomaco é costituito

da circonvoluzioni della mucosa (una serie continua di estroflessioni ed introflessioni) e per poter stabilire

che ci si trova di fronte ad un ca in situ, lo devo sezionare tutto, perché in nessun punto, per poter parlare di

ca in situ, la neoplasia deve aver oltrepassato la membrana basale. Ed ovviamente non é possibile sezionare

tutto lo stomaco, nè per motivi bioptici, nè per motivi chirurgici (non posso sezionare tutto lo stomaco e

vedere dove la neoplasia ha superato la membrana basale). 

Ecco perché i giapponesi parlano di early gastric cancer. L'early gastric cancer nasce per un motivo

istopatologico: per fare una diagnosi di ca in situ devo poter osservare tutto lo stomaco, e poiché non è

possibile, lo chiamerò early gastric cancer, cioè fino a quando arriva alla sottomucosa. Ma se arriva alla

sottomucosa, dato che ci sono tanti vasi, le metastasi sono possibili e quindi il linfonodo sentinella non ha

senso. Nel ca gastrico si leva il maggior numero di linfonodi possibili, anche i linfonodi piccoli possono

essere metastatici.

Il carcinoma gastrico è una brutta bestia a causa del concetto di early gastric cancer, che arriva alla

sottomucosa e la sottomucosa è molto ricca di vasi. 

Torniamo al linfonodo sentinella: dobbiamo fare 50 sezioni, poi facciamo l'immunoistochimica se troviamo

micrometastasi. Nel linfonodo sentinella dobbiamo considerare (domanda d'esame) sia la presenza di

micrometastasi, sia anche la presenza di aggregati di piccole cellule, le cosiddette "isolated ductal cells"

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(cellule duttali isolate); si tratta di piccoli aggregati (fino a 200 cellule) che non fanno vere e proprie

micrometastasi visibili, ma sono talmente piccoli che devono essere evidenziati con le citocheratine, quindi

le posso evidenziare solamente con l'immunoistochimica. Il linfonodo é costituito da linfociti, e se io faccio

un anticorpo anti-citocheratina che invece mi evidenzia gli epiteli, immediatamente vedo gli epiteli. La

cellula epiteliale dentro il linfonodo che é fatto di linfociti, non ci deve stare. Sono sempre metastasi, anche

se si é visto che non hanno un grande significato prognostico maligno, nel senso che una volta tolti non ci

sono problemi, la paziente poi sta benissimo, ma in teoria sono comunque cellule epiteliali neoplastiche che

si sono spostate in un posto che non é quello loro. 

Quindi l'indagine del linfonodo sentinella é un'indagine complessa se fatta bene: richiede le 50 sezioni per

fare l'ematossilina-eosina, poi le sezioni per l'immunoistochimica; e quindi non può essere nemmeno una

risposta così immediata durante un intervento, perché consideriamo che la paziente nel frattempo é sempre

sul lettino operatorio, sotto anestesia; se io mi trovo di fronte una paziente di 70-80 anni, avrà dei problemi di

tipo respiratorio, cardiovascolare, non posso tenerla un'ora sotto anestesia, meno la teniamo meglio é, perché

se la teniamo a lungo in sala operatoria, uscirà poi con disturbi psichici. 

Poi passa a descrivere il congelamento tramite figure. 

Parla della funzione del tecnico di laboratorio e dell'anatomopatologo, il cui ruolo é molto importante e

richiede manualità, tecnica, capacità di sintesi, conoscenza della patologia, clinica, dell'anamnesi. 

Poi in un minuto e mezzo coloriamo con ematossilina-eosina, poi disidratiamo, mettiamo il balsamo, il

coprioggetto e abbiamo il vetrino. 

Discorso sul PARENCHIMA: se io dico parenchima mammario, o parenchima linfonodale dico una cosa

corretta? 

Cos'é un organo parenchimatoso? É un organo rivestito da una capsula di tessuto connettivo da cui si

dipartono i tralci fibrosi che invadono il parenchima dell'organo suddividendolo nei vari lobuli, segmenti,

etc... 

Quindi il linfonodo è un organo parenchimatoso, la mammella no. Quindi il termine parenchima mammario é

sbagliato. La mammella non ha una struttura capsulare. Si parla di tessuto mammario piuttosto. 

Mostra un'immagine di un linfonodo metastatico (a partenza mammaria), in cui si vede la capsula, il

parenchima linfonodale (fatto da linfociti) , i tralci fibrosi a partenza dalla capsula, isolotti di neoplasia con

struttura di dotti (che hanno alterato la struttura del linfonodo). 

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Un esame estemporaneo non ha necessariamente una risposta: se il materiale non é adeguato,

l'anatomopatologo può anche rispondere che ha necessità di approfondire, che vede un certo polimorfismo

ma non è in grado di arrivare ad una diagnosi. Il chirurgo deve accettare una risposta che è quella:

rimandiamo all'esame definitivo. In questo caso il chirurgo agisce secondo il suo buonsenso e prudenza. Per

esempio il chirurgo potrebbe decidere di togliere soltanto il nodulo o fare una quadrantectomia e rivedere la

paziente dopo 15 giorni/1 mese. 

Parla dell'"human error" in medicina. Non esistono medici infallibili e tutti fanno errori. Basta sapere

riconoscere gli errori. Ogni mille casi c'é una possibilità di commettere errori.

Limiti dell'esame estemporaneo: sono legati a numerosi artefatti dovuti al congelamento del campione, alla

velocità di taglio, alla colorazione impropria; se il campione non é adeguato, la risposta non sarà adeguata. 

Secondo punto: la tecnica prevede di analizzare solo prelievi mirati, ma non è che posso analizzare tutto. E

allora per esempio, in un leiomiosarcoma dell'utero che supera i 10-15 cm non posso analizzare tutte le aree

che mi sembrano aggressive per poter fare una diagnosi di leiomiosarcoma; ed il chirurgo sbaglia se vi

chiede se quella lesione che vede é un leiomiosarcoma o meno; i criteri istologici che servono per tale

diagnosi non sono quelli che riusciamo ad ottenere con un esame estemporaneo. 

Altro esempio è il cistocarcinoma ovarico: con tutte le proliferazioni papillari che troviamo all'interno non

posso fare 2-3 prelievi e dare una risposta definitiva in modo tale che il chirurgo possa continuare

l'intervento. E allora spesso noi in laboratorio, quando il ginecologo ci chiede di un carcinoma ovarico di 20

cm un esame estemporaneo, noi non possiamo eseguirlo e glielo si spiega. 

Altro esempio la tiroide: é un organo complessissimo per il quale l'esame estemporaneo a seconda dei casi, é

inutile; e se il chirurgo chiede un esame estemporaneo per il ca follicolare, é ignorante.

Terzo punto: all'esame estemporaneo non si deve ricorrere a scopo diagnostico, qualora la risposta non

modifichi il tipo di intervento; l'obiettivo non é la diagnosi, l'obiettivo è orientare l'intervento chirurgico. 

Esso non può esser fatto nemmeno al fine di accelerare il tempo della diagnosi perché sarà poi l'esame

definitivo che ci darà tutte le informazioni che servono a scopo terapeutico o prognostico.

L'esame estemporaneo deve essere evitato quando i frammenti bioptici sono troppo piccoli (inferiori a 0.3-

0.5 mm) come nel caso di biopsie endoscopiche (quindi non é possibile farlo per una neoplasia gastrica

perché i frammenti bioptici sono troppo piccoli) oppure nel caso di lesioni più ampie ma superficiali e sottili

come le lesioni pigmentate piane; se per esempio abbiamo un grosso nevo non facciamo l'esame

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estemporaneo, perché ci serve studiare tutta la lesione.

Possibili domande d'esame: richiesta di esame istologico, il referto istopatologico, l'esame istologico

estemporaneo, come si preparano i tessuti. 

Quindi il chirurgo non deve stupirsi se con l'esame estemporaneo l'anatomopatologo non può dare risposte.

Ogni qualvolta le condizioni della sezione o le caratteristiche del campione inviato non consentono la

diagnosi estemporanea, è doveroso rimandare il quesito allo studio delle sezioni in paraffina, cioè quelle

definitive; per esempio nei tumori cerebrali capita spesso che il primo materiale che viene inviato é corteccia

periferica, quindi se per esempio la neoplasia é corticale vedremo una corticale reattiva, ma non vedremo la

neoplasia, non è materiale adeguato, il chirurgo non ha inviato il materiale adeguato; se è una neoplasia con

emorragia magari, capita che mandano al laboratorio un piccolo coagulo, che non va bene lo stesso.

Se il materiale é troppo piccolo allora è preferibile che si mandi all'esame definitivo invece di consumare il

pezzo con l'esame estemporaneo.

CONCLUSIONI: l’esame estemporaneo rappresenta un grande vantaggio per i pazienti nell’orientare la

terapia chirurgica, non nella diagnosi; lo adoperiamo nei tumori cutanei estesi.

Caso clinico: in chirurgia plastica, un’importante neoformazione del naso, a farfalla: il chirurgo plastico

chiede all’anatomopatologo cosa fosse; era un epitelioma di tipo spinocellulare, quindi una neoplasia capace

di dare metastasi. Il chirurgo doveva fare un impianto di cute e il suo obiettivo era staccare la cute almeno in

un territorio sano, in cui non c’era residuo di neoplasia, perché se abbiamo residuo di neoplasia non abbiamo

concluso nulla, ci sarebbe poi la recidiva che interesserebbe il nostro impianto; per cui il chirurgo andava

togliendo, ma trattandosi del viso, meno si toglie meglio è; dopo aver tolto parte della neoplasia il chirurgo

chiede all’anatomopatologo se fosse arrivato già al margine, l’anatomopatologo se lo studia e gli risponde

che ancora è infiltrato e il chirurgo continua a togliere cute. Quando arriva al margine libero, in cui il tessuto

è normale, il chirurgo effettua l’impianto.

Questo caso ci dimostra l’importanza dell’esame estemporaneo in interventi di chirurgia plastica estesa.

L’esame estemporaneo lo adoperiamo anche nelle neoplasie del sistema nervoso centrale.

Nel melanoma non si fa MAI esame estemporaneo, perché si crea disseminazione, non si può fare una

biopsia incisionale, la lesione cutanea va vista tutta. Nell’epitelioma, che è sempre una lesione cutanea,

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invece ha senso farlo perché lì stabilisco il margine perché devo fare un impianto, a me serve cioè capire se il

tessuto è libero. Nelle dermatiti faccio una biopsia incisionale per studiare cos’è la patologia.

Quindi il melanoma si toglie tutto e ci si tiene pure lontani dalla neoplasia, cercando di andare oltre il

margine, cioè si va oltre determinati centimetri perché esiste la possibilità di diffusione per via superficiale o

anche attraverso i vasi.

L’esame estemporaneo si una anche nei tumori delle vie urinarie: ad esempio un tumore della vescica, un

carcinoma uroteliale di alto grado che interessa anche l’uretere; il chirurgo deve poi creare una neo-vescica

(con l’ileo) e quindi un pezzo di uretere ci serve, ma dobbiamo esser sicuri che la neoplasia uroteliale non sia

risalita attraverso l’uretere; quindi si inviano al patologo le roselline di uretere e si vede se istologicamente (e

non solo visivamente) sono libere da neoplasia; se c’è cancro nell’uretere si preleva un’altra rosella sopra

fino a che non è libero da neoplasia, finchè l’uretere è indenne.

E poi ovviamente l’esame estemporaneo è indispensabile nelle neoplasie mammarie.

Quindi se vi si chiede quali sono le indicazioni per un esame istologico estemporaneo, sono queste che

abbiamo elencato.

La tiroide non viene menzionata, in tal caso l’esame estemporaneo serve solo in alcune situazioni particolari,

ma non sempre. Quindi se il chirurgo toglie la tiroide e vi chiede un esame estemporaneo, dovete chiedergli

cosa ha visto nella citologia.

Per i tumori renali l’esame estemporaneo non ha significato perché un tumore renale o lo togli o passa da

solo a volte; quelli piccoli a volte neanche si vedono; c’è tanta gente che ha dei carcinomi renali anche

piccoli che però non danno segno di sé; ad ogni modo normalmente un rene si toglie, con l’altro si può

vivere.

THE END.

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