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Alessandra Kostner OSSERVAZIONI IN TEMA DI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA IN AMBITO FISCALE E RIFLESSI SUL GIUDICATO TRIBUTARIO SOME REMARKS ON FUNDAMENTAL HUMAN RIGHTS IN TAX LAW AND CONSEQUENCES ON THE TAX RES JUDICATA Abstract I diritti fondamentali della persona, riconosciuti pienamente non solo dalla Carta costituzionale quanto, anche e soprattutto, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza) e dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), assumo- no sempre più un ruolo primario nella gerarchia delle fonti tributarie. Ciò, in par- ticolare, per quanto concerne le garanzie che necessariamente devono essere as- sicurate al contribuente nella fase di attuazione del prelievo fiscale. La sent. n. 113/2011 della Corte costituzionale ha affermato la piena applicazio- ne nell’ordinamento italiano in materia penale della tutela sancita dall’art. 6 della CEDU. Attraverso tale pronuncia, in particolare, la Corte ha dichiarato l’illegitti- mità costituzionale della disposizione nazionale che non prevedeva la revisione del processo a seguito di una pronuncia definitiva della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che avesse accertato l’avvenuta violazione della CEDU. Alla luce sia della richiamata sentenza e delle rilevanti conseguenze da essa origina- te nel nostro ordinamento, che di quanto emerso dalle note pronunce “Lucchini” e “Olimpiclub” (per quel che riguarda la rilevanza del giudicato esterno), sembra prospettabile che anche il giudicato tributario possa cedere di fronte ad accertate violazioni delle garanzie previste dalle suddette Carte internazionali. Parole chiave: diritti della persona, diritto di difesa, Carta dei Diritti Fondamen- tali dell’Unione Europea, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, giudicato tributario

05 Kostner [pp. 109-132]...ropean Union, European Convention on Human Rights, tax res judicata SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’indiscussa applicabilità diretta della Carta di Nizza-Strasburgo

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Page 1: 05 Kostner [pp. 109-132]...ropean Union, European Convention on Human Rights, tax res judicata SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’indiscussa applicabilità diretta della Carta di Nizza-Strasburgo

Alessandra Kostner

OSSERVAZIONI IN TEMA DI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA IN AMBITO FISCALE E RIFLESSI

SUL GIUDICATO TRIBUTARIO

SOME REMARKS ON FUNDAMENTAL HUMAN RIGHTS IN TAX LAW AND CONSEQUENCES ON THE TAX RES JUDICATA

Abstract I diritti fondamentali della persona, riconosciuti pienamente non solo dalla Carta costituzionale quanto, anche e soprattutto, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza) e dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), assumo-no sempre più un ruolo primario nella gerarchia delle fonti tributarie. Ciò, in par-ticolare, per quanto concerne le garanzie che necessariamente devono essere as-sicurate al contribuente nella fase di attuazione del prelievo fiscale. La sent. n. 113/2011 della Corte costituzionale ha affermato la piena applicazio-ne nell’ordinamento italiano in materia penale della tutela sancita dall’art. 6 della CEDU. Attraverso tale pronuncia, in particolare, la Corte ha dichiarato l’illegitti-mità costituzionale della disposizione nazionale che non prevedeva la revisione del processo a seguito di una pronuncia definitiva della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che avesse accertato l’avvenuta violazione della CEDU. Alla luce sia della richiamata sentenza e delle rilevanti conseguenze da essa origina-te nel nostro ordinamento, che di quanto emerso dalle note pronunce “Lucchini” e “Olimpiclub” (per quel che riguarda la rilevanza del giudicato esterno), sembra prospettabile che anche il giudicato tributario possa cedere di fronte ad accertate violazioni delle garanzie previste dalle suddette Carte internazionali. Parole chiave: diritti della persona, diritto di difesa, Carta dei Diritti Fondamen-tali dell’Unione Europea, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, giudicato tributario

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Fundamental human rights, fully recognized by the Italian Constitution and, espe-cially, by the Charter of Fundamental Rights of the European Union (so-called Char-ter of Nice) and by the European Convention on Human Rights (ECHR), are in-creasingly taking a primary role in the hierarchy of tax legal sources. This especially happens with reference to the guarantees that must necessarily be granted to the taxpayer during the enforcement of tax obligations. Decision No. 113/2011 of the Italian Constitutional Court considered fully applica-ble into Italian criminal law the protection enshrined in Art. 6 ECHR. With this decision, in particular, the Court considered unconstitutional the provision of an Italian statute which did not allow the judicial review following a final judgment of the European Court of Human Rights that found out an infringement of the ECHR. In the light of the abovementioned judgment and of the well-known decisions Lucchini and Olimpiclub (with reference to the relevance of the “external” res judi-cata), it seems that a final tax judgment must be subject to judicial review if there are violations of the guarantees provided by these international instruments. Keywords: human rights, right of defence, Charter of Fundamental Rights of the Eu-ropean Union, European Convention on Human Rights, tax res judicata

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’indiscussa applicabilità diretta della Carta di Nizza-Strasburgo all’ordina-mento interno: riflessioni sulla portata dell’art. 47 della Carta ai fini del riconoscimento di una tutela piena ed effettiva. – 3. Il ruolo della Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo nella ge-rarchia delle fonti tra dibattiti dottrinari e giurisprudenziali: brevi riflessioni in ordine alla riso-luzione dei conflitti tra le norme ordinarie e la CEDU. – 4. Segue: l’applicabilità delle garanzie previste dall’art. 6 della CEDU alla materia tributaria. – 5. L’incidenza delle Carte internaziona-li sugli atti interni divenuti definiti, alla luce della sent. n. 113/2011 della Corte costituzionale: riflessi sul giudicato tributario.

1. Premessa

I diritti fondamentali della persona, affermati dalla Carta dei Diritti Fon-damentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza-Strasburgo) e dalla Con-venzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) spesso in maniera assai più pregnante rispetto a quanto avviene nell’ordinamento interno, assumo-no particolare rilevanza anche nella materia tributaria per ciò che attiene al-le garanzie da riconoscere necessariamente al contribuente nell’attuazione del prelievo fiscale.

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In un’ottica garantista, la recente sent. n. 113/2011 della Corte costitu-zionale (ultima di un conforme filone giurisprudenziale) ha affermato la piena operatività delle tutele sancite dall’art. 6 della CEDU nell’ordinamen-to interno in materia penale al punto da censurare, sotto il profilo della legit-timità costituzionale, la disposizione nazionale che non prevedeva la revi-sione del processo in presenza di una sentenza definitiva della Corte Euro-pea dei Diritti dell’Uomo (c.d. Corte EDU o di Strasburgo) che avesse accer-tato l’avvenuta violazione della CEDU.

Tale pronuncia non può che offrire lo spunto per riflettere sull’applicabi-lità delle garanzie sancite dalla CEDU e, ancor di più, dalla Carta di Nizza-Strasburgo, alla materia tributaria, nonché per domandarsi se, similmente a quanto avvenuto in materia penale, anche il giudicato tributario possa cede-re di fronte alle accertate violazioni delle garanzie previste dalle suddette Car-te internazionali.

D’altra parte, una simile considerazione non deve sconvolgere se si pensa che l’intangibilità del giudicato tributario è già stata svalutata dalle note sen-tenze “Lucchini” e, in modo diverso e certamente meno incisivo, in quanto riguardante precipuamente la rilevanza del giudicato esterno, “Fallimento Olimpiclub”, allorquando si era in presenza di violazioni di norme o principi comunitari di origine giurisprudenziale (abuso del diritto fiscale).

Ovviamente, tale riflessione implica necessariamente l’approfondimento di alcuni preliminari e necessari passaggi logici ed, in particolare, delle que-stioni riguardanti l’applicabilità delle Carte all’ambito tributario, il ruolo delle stesse nel sistema delle fonti ed, infine, la possibile risoluzione di eventuali contrasti tra una norma interna ed una disposizione, evidentemente mag-giormente garantista, delle nominate Carte internazionali.

2. L’indiscussa applicabilità diretta della Carta di Nizza-Strasburgo all’ordi-namento interno: riflessioni sulla portata dell’art. 47 della Carta ai fini del riconoscimento di una tutela piena ed effettiva

Al fine di comprendere se la Carta di Nizza-Strasburgo trovi diretta ap-plicazione nell’ordinamento nazionale, occorre inquadrare la posizione as-sunta dalla stessa all’interno della gerarchia delle fonti.

In proposito, l’art. 6, par. 1, TUE 1, nel rispetto della particolare condizio-

1 L’art. 6, comma 1, del TUE sancisce che «L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i

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ne di avvenuta “trattatizzazione 2”della Carta UE

3, le ha riconosciuto il me-desimo valore giuridico dei Trattati, consentendo così di affermarne in mo-do indiscusso la diretta applicabilità all’interno dell’ordinamento nazionale e, dunque, nel sistema tributario, ovviamente secondo il principio di attri-buzione ex art. 5 TUE e nel rispetto dell’art. 51 della Carta di Nizza-Stra-sburgo

4. In altri termini, la Carta Europea dei Diritti Fondamentali, alla luce della

sua collocazione nel sistema dei Trattati e poiché sottoscritta ed adottata dalle istituzioni europee e dagli stati membri, condivide lo status forte appar-tenente alle norme comunitarie, facendone parte a pieno titolo

5 e possiede, di conseguenza, una “pregnante forza giuridica

6”, pur limitandosi ad essere efficace, come già sottolineato, per le sole materie di competenza dell’UE

7. principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trat-tati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei Trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformi-tà delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpreta-zione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni».

2 Si rinvia alla sentenza della Corte cost. n. 80/2011 con nota di RUGGIERI, La Corte fa il punto sul rilievo della CEDU e della Carta di Nizza-Strasburgo, in Forum dei Quaderni Co-stituzionali, consultabile in www.forumcostituzionale.it.

3 In tal senso si veda anche la Risoluzione 31 maggio 2001, n. 2001/2002 sul Trattato di Nizza e sul futuro dell’UE.

4 L’art 51 così recita: «Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati mem-bri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti ri-spettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze. La presente Carta non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la Comunità e per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti dai trattati».

5 In proposito, è opportuno precisare che l’utilizzo della nozione “ordinamento comu-nitario” appare inadeguato e che si rende, pertanto, necessaria la distinzione tra “grande o piccola Europa”, facendo rientrare nella prima delle due “Europe” la CEDU e la relativa Cor-te EDU (o di Strasburgo) e ricomprendendo, invece, nel concetto di “piccola Europa” la Carta di Nizza-Strasburgo e la Corte di Lussemburgo: così VIGANÒ, Fonti europee e ordina-mento italiano, in Dir. pen. e proc., n. 8, all. 1, 2011, p. 4 ss.

6 V. SCALA, “L’emergere” della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nella giu-risprudenza della Corte di Giustizia, in Giur. it., n. 2, 2002.

7 Sul punto v. LUPI, Concorrenza tra ordinamenti, Comunità europee e prelievo tributario, in Rass. trib., 2004, p. 990 ss.; BORIA, Diritto tributario europeo, Milano, 2005, p. 52 ss.; ME-LIS, Coordinamento fiscale nella Ue, in Enc. dir. Annali, vol. I., 2007, p. 402 ss.; INGRAO, Dalle teorie moniste e dualiste all’integrazione dei valori nei rapporti tra diritto interno e comuni-

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Con la conseguenza che si ritiene di dover affermare la diretta applica-zione della Carta UE, alla pari di ogni altra fonte comunitaria, nel nostro or-dinamento

8. Né d’altra parte può essere, in qualche modo, condivisa la tesi

9 secondo cui non è legittimo ammettere l’immediata efficacia giuridica sostanziale della Carta UE in relazione agli ordinamenti interni, perché ciò «si porrebbe in contrasto con la diversa volontà degli organi titolari del procedimento di re-visione dei Trattati

10» e si tradurrebbe in una ingiustificata trasformazione della natura dei medesimi Trattati.

Ciò in quanto, la Carta di Nizza non è soltanto equiparabile ai Trattati ma è essa stessa un Trattato

11, avendo un proprio preambolo diverso dai pre-amboli del TUE e del TFUE.

Peraltro, se per Trattato si intende, in ossequio alla Convenzione di Vien-na, «un accordo internazionale concluso in forma scritta fra Stati contenuto in due o più strumenti connessi, quale che sia la sua particolare denomina-zione

12», non si ritiene di poter cogliere, da un punto di vista sostanziale, la ragione per cui la Carta UE dovrebbe essere differenziata dai Trattati.

Né tanto meno il differente nomen iuris (Carta anziché Trattato) può rap-presentare una giustificazione all’esclusione della Carta di Nizza-Strasburgo dal sistema dei Trattati europei e, dunque, dalle fonti primarie

13. Ed ancora, occorre precisare che anche nel caso in cui si presentasse l’e-

sigenza di emendare norme parte della Carta dei diritti fondamentali, sarebbe tario alla luce del Trattato di Lisbona, in Riv. dir. trib., fasc. 2, 2010, p. 213 ss.; VIGANÒ, op. cit., p. 4 ss.

8 Occorre, senz’altro, fare riferimento, tra tutte, alla prima applicazione della Carta dei Diritti dell’Unione Europea attuata da un giudice italiano: la sentenza della Corte app. Roma, 11 aprile 2002, in Giur. it., n. 2238, 2002 con nota di CALVANO, in Giur. it., n. 12, 2002.

9 V. DE SIERVO, La difficile Costituzione europea e le scorciatoie illusorie, in AA.VV., La difficile Costituzione europea, a cura di De Siervo, Bologna, 2001, p. 109 ss.; MALTESI, “Prin-cipi comuni agli ordinamenti europei” e la libertà di domicilio: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vista dalla Corte Costituzionale italiana, in Giur. it., n. 7, 2003.

10 Così DE SIERVO, op. cit., p. 109. 11 Così FRAGOLA, Osservazioni sul trattato di Lisbona tra Costituzione europea e processo

di “decostituzionalizzazione”, in Dir. com. scambi intern., n. 1, 2008, p. 217; G. TESAURO, Un testo di revisione stilato a tempo di record che sacrifica partecipazione e valori condivisi, in Gui-da dir., n. 6., 2007, p. 10 ss.

12 V. FRAGOLA, op. cit., p. 218. 13 Ancora, FRAGOLA, op. cit., p. 218; ZILLER, Il nuovo Trattato europeo, Bologna, 2007, p.

135 ss.

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necessario applicare il procedimento ordinario di revisione, ex art. 48 TUE 14

14 L’art. 48 TUE dispone che «1. I trattati possono essere modificati conformemente a una procedura di revisione ordinaria. Possono inoltre essere modificati conformemente a procedure di revisione semplificate.

Procedura di revisione ordinaria 2. Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione pos-

sono sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati. Tali progetti possono, tra l’altro, essere intesi ad accrescere o a ridurre le competenze attribuite all’Unione nei trattati. Tali progetti sono trasmessi dal Consiglio al Consiglio europeo e notificati ai par-lamenti nazionali.

3. Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all’esame delle modifiche proposte, il presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione com-posta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. In caso di modifiche istituzionali nel settore monetario, è consultata anche la Banca centrale europea. La convenzione esa-mina i progetti di modifica e adotta per consenso una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri quale prevista al paragrafo 4.

Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare una convenzione qualora l’entità delle modifiche non lo giustifichi. In questo caso, il Consiglio europeo definisce il mandato per una confe-renza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri.

4. Una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri è convocata dal presidente del Consiglio allo scopo di stabilire di comune accordo le modifiche da appor-tare ai trattati.

Le modifiche entrano in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.

5. Qualora, al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma di un trattato che modifica i trattati, i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato e uno o più Stati membri abbiano incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questio-ne è deferita al Consiglio europeo.

Procedure di revisione semplificate 6. Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione pos-

sono sottoporre al Consiglio europeo progetti intesi a modificare in tutto o in parte le di-sposizioni della parte terza del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relative alle politiche e azioni interne dell’Unione.

Il Consiglio europeo può adottare una decisione che modifica in tutto o in parte le di-sposizioni della parte terza del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il Consi-glio europeo delibera all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, della Commissione e, in caso di modifiche istituzionali nel settore monetario, della Banca cen-trale europea. Tale decisione entra in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.

La decisione di cui al secondo comma non può estendere le competenze attribuite al-l’Unione nei trattati.

7. Quando il trattato sul funzionamento dell’Unione europea o il titolo V del presente trattato prevedono che il Consiglio deliberi all’unanimità in un settore o in un caso deter-

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(ad esclusione del comma 2, par. 3 della stessa norma 15, proprio dei Trattati).

Tanto premesso, poiché alla luce del principio di cooperazione, al quale sono improntati i rapporti tra diritto interno ed europeo, le Corti nazionali agiscono in stretto collegamento con le Corti europee, adeguando i diritti facenti parte della Carte costituzionali ai diritti sanciti a livello sovra-nazio-nale, si possono definire “ius commune” i diritti fondamentali dell’Uomo san-citi dalla Carta di Nizza, facendo riferimento con tale espressione a “principi comuni agli ordinamenti comunitari”

16. Alla luce di quanto osservato in ordine alla posizione attribuita alla Carta

dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea all’interno del sistema delle fonti e affermatane l’immediata applicabilità in relazione agli ordinamenti interni, è opportuno chiedersi cosa accada laddove si presenti un conflitto tra una norma interna ed una disposizione della Carta di Nizza-Strasburgo.

In ragione dell’evidente primato del diritto comunitario su quello interno, si ritiene di dover concludere per la necessaria disapplicazione della norma interna che resterà in vita nell’ordinamento italiano, ma non potrà esperire alcun tipo di efficacia

17. L’applicabilità della Carta di Nizza, finora evidenziata, induce a soffer-

marsi sulla portata dell’art. 47 della stessa Carta 18, ai fini del riconoscimento

minato, il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta al Consiglio di deli-berare a maggioranza qualificata in detto settore o caso. Il presente comma non si applica alle decisioni che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa.

Quando il trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che il Consiglio adot-ti atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta l’adozione di tali atti secondo la procedura legislativa ordinaria.

Ogni iniziativa presa dal Consiglio europeo in base al primo o al secondo comma è tra-smessa ai parlamenti nazionali. In caso di opposizione di un parlamento nazionale notifica-ta entro sei mesi dalla data di tale trasmissione, la decisione di cui al primo o al secondo comma non è adottata. In assenza di opposizione, il Consiglio europeo può adottare detta decisione.

Per l’adozione delle decisioni di cui al primo o al secondo comma, il Consiglio europeo delibera all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono».

15 FRAGOLA, op. cit., p. 219. 16 V. MALTESI, op. cit. 17 Di recente si veda, in tal senso, MULEO, Il principio europeo dell’effettività della tutela e

gli anacronismi delle presunzioni legali tributarie alla luce dei potenziamenti dei poteri istruttori dell’amministrazione finanziaria, in Riv. trim. dir. trib., n. 3, 2012, p. 138 ss., il quale ha pro-spettato la disapplicazione di talune presunzioni legali tributarie alla luce dell’art. 47 della Carta UE.

18 L’art. 47 della Carta di Nizza Strasburgo sancisce che «Ogni individuo i cui diritti e

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di una tutela piena ed effettiva nell’ordinamento interno e, in specie, in quel-lo tributario.

Fermo restando il richiamo implicito che la norma attua, nel comma 1, all’art. 13 della CEDU

19 e, nella seconda parte del testo, all’art. 6, par. 1, del-la medesima Convenzione

20, è opportuno far presente che la tutela offerta è evidentemente più ampia ed estesa rispetto a quella garantita dalla CEDU come si evince, tra l’altro, da alcune importanti pronunce

21 della Corte di Giustizia.

È altresì imprescindibile riflettere sul rapporto intercorrente tra l’art. 24 Cost. e il già citato art. 47 della Carta di Nizza.

Senz’altro, la lettera della norma interna ha una portata più estesa ma, a ben vedere, dietro il contenuto apparentemente esiguo dell’art. 47 della Carta internazionale, si cela una maggiore protezione accordata agli individui. le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effet-tivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia».

19 L’art. 13 della CEDU così recita: «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà ricono-sciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davan-ti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali».

20 L’art. 6, par. 1, della CEDU prevede che «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa pe-nale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’ac-cesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribu-nale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia».

21 V. Corte di Giustizia, caso Johnston, causa 15 maggio 1986, n. 222/84; Id., caso Heylens, causa 15 ottobre 1987, n. 222/86; Id., caso Borelli, causa 3 dicembre 1992, C-97/91. Inol-tre, tale condizione è evidenziata anche da RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, Costi-tuzione europea, Costituzione nazionale: prospettive di ricomposizione delle fonti in sistema, Relazione all’incontro di studio su La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura, Roma, 28 febbraio-2 marzo 2007, p. 10, nota 34.

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Invero, la concisione e la sinteticità proprie della disposizione europea consentono di rendere elastica la nozione di “tutela piena ed effettiva”, nella prospettiva di ampliare il raggio d’azione della difesa dei diritti fondamentali dell’Uomo.

Pertanto, si ritiene di dover attribuire alla Carta di Nizza-Strasburgo una maggiore capacità di tutela dei diritti umani sia rispetto a quanto garantito dalla CEDU, sia in relazione alla protezione accordata dalle tradizioni costi-tuzionali degli Stati membri, rappresentando la stessa Carta la strada più agevole da percorrere e, dunque, il percorso concretamente più fecondo e produttivo, ai fini dell’affermazione di una tutela piena ed effettiva. Tale ri-costruzione, ovviamente nel rispetto del già citato principio di attribuzione delle competenze comunitarie, nell’ambito tributario deve verosimilmente tradursi, come sarà meglio specificato appresso, nel riconoscimento di una tutela effettiva per il contribuente nelle fasi di attuazione del prelievo fiscale.

3. Il ruolo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo nella gerarchia delle fonti tra dibattiti dottrinari e giurisprudenziali: brevi riflessioni in ordine alla risoluzione dei conflitti tra le norme ordinarie e la CEDU

Per poter valutare appieno i rapporti intercorrenti tra l’ordinamento ita-liano e la CEDU, occorre, in via preliminare, ripercorrere, seppur breve-mente, l’evoluzione del pensiero della dottrina e della giurisprudenza in or-dine al ruolo riconosciuto alla CEDU nel sistema delle fonti.

Punto di partenza è la L. 4 agosto 1955, n. 848 che ha introdotto la Con-venzione nell’ordinamento giuridico italiano, equiparandone le disposizioni ad una comune legge ordinaria

22. Tuttavia, tale approccio ha subito evidenti ridimensionamenti e forti cri-

tiche da parte di quella dottrina 23 che ha evidenziato le notevoli differenze

tra la legge ordinaria e le norme appartenenti alla CEDU.

22 Si rinvia, in proposito, a SPERDUTI, La Convenzione europea dei diritti dell’Uomo ed il suo sistema di garanzie, in Riv. dir. int., 1963, p. 174 ss.; CARTABIA, La CEDU e l’ordinamen-to italiano: rapporti tra fonti, rapporti tra giurisdizioni, in AA.VV., All’incrocio tra Costituzio-ne e CEDU. Il rango delle norme della Convenzione e l’efficacia interna delle sentenze di Stra-sburgo, a cura di Bin-Brunelli-Pugiotto-Veronesi, Torino, 2007, p. 7 ss.

23 V., ex multis, CHIAVARIO, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel sistema delle fonti normative in materia penale, Milano, 1969, p. 51 ss.; RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, cit., p. 12 ss.

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In particolare, tale dottrina ha rivolto l’attenzione alla forza passiva della Convenzione, ritenendo che se la legge ordinaria può essere abrogata, sulla base di una norma successiva e dello stesso rango, in applicazione del noto canone della lex posterior, la stessa conclusione non può ammettersi per i pre-cetti contenuti nella CEDU, in quanto ciò condurrebbe inequivocabilmente alla violazione dell’art. 117 Cost. sul dovuto rispetto degli obblighi interna-zionali.

In proposito, la Corte costituzionale se, con alcune pronunce 24, aveva af-

fermato per la CEDU il valore di legge ordinaria; con altre 25, ne aveva inve-

ce asserito la non abrogabilità o modificabilità da parte di una legge ordina-ria successiva

26. Non solo. La Corte ha definito “interposte”

27 le norme della CEDU, at-tribuendo ad esse uno status intermedio e dunque un rango a metà tra la Co-stituzione e la norma ordinaria

28. Contrariamente a quanto sostenuto da una dottrina

29 che, valorizzando l’attuale art. 6 del TUE (e, prima ancora, il previgente art. 6, comma 2, del Trattato di Maastricht

30, ha affermato la diretta applicabilità, al pari delle

24 V. Corte cost., 22 settembre 1980, n. 188; Id., 10 febbraio 1981, n. 17; Id., 22 marzo 2001, n. 73.

25 Si rinvia a Corte cost., 19 gennaio 1993, n. 10. 26 Si veda CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 1999, p. 309 ss.; RANDAZZO, La Con-

venzione europea dei diritti dell’uomo nella giurisprudenza costituzionale (STU 187-maggio 2006); ID., La CEDU e l’art. 117 della Costituzione. L’indennità di esproprio per le aree edifi-cabili e il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, in Giornale dir. amm., n. 1, 2008, p. 25 ss.

27 V. Corte cost., sent. 24 ottobre 2007, n. 347; Id., sent. 24 ottobre 2007, n. 348. Nello stesso senso si sono, poi, mosse altre emblematiche pronunce: Corte cost., sent. 26 novem-bre 2009, n. 311; Id., sent. 4 dicembre 2009, n. 317; Id., sent. 26 novembre 2009, n. 311.

28 In proposito, si vedano: CALVANO, La Corte Costituzionale e la CEDU nella sentenza n. 348/2007: Orgoglio e pregiudizio?, in Giur. it., 2008, p. 573 ss.; CONFORTI, La Corte costi-tuzionale e gli obblighi internazionali dello Stato in tema di espropriazione, in Giur. it., 2008, p. 565 ss.; RANDAZZO, La CEDU e l’art. 117 della Costituzione, cit., p. 25 ss.; AA.VV., Il ran-go interno della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo secondo la più recente giurispruden-za della Corte Costituzionale, a cura di Sciso, Roma, 2008.

29 V. MULEO, La Corte europea dei diritti dell’uomo “apre” alle questioni tributarie in tema di sindacabilità giurisdizionale delle indagini domiciliari, in Dialoghi trib., n. 4, 2009, p. 381 ss.); ID., L’applicazione dell’art. 6 CEDU anche all’istruttoria tributaria a seguito della senten-za del 21 febbraio 2008 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Ravon e altri c. Francia e le ricadute sullo schema processuale vigente, in Riv. dir. trib., 2008, p. 198 ss.

30 V. MULEO, Contributo allo studio del sistema probatorio nel procedimento di accerta-mento, Torino, 2000, p. 447, che, ancor prima della maggiore rilevanza attribuita alla CEDU

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norme comunitarie, della Convenzione all’ordinamento domestico in quan-to richiamata espressamente dal citato art. 6 del TUE e recepita dall’UE

31, si ritiene di dover condividere il richiamato orientamento giurisprudenziale, in quanto le norme convenzionali, non generando una limitazione di sovra-nità e non dando origine ad un ordinamento giuridico sovranazionale, non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 11 Cost. e costituiscono, dun-que, «norme internazionali pattizie che vincolano lo stato, ma non produ-cono effetti diretti nell’ordinamento

32». Peraltro, i principi della CEDU sono improntati ai caratteri dell’ampiez-

za e dell’indeterminatezza e, dunque, non risultano paragonabili alle norme dotate di immediata efficacia all’interno dell’ordinamento comunitario.

Senza considerare che la CEDU è stata redatta dal Consiglio d’Europa, ma non è stata ancora sottoscritta dall’UE, come, invece, è accaduto per la Carta di Nizza

33. Tenendo a mente i diversi orientamenti della dottrina e della giurispruden-

za sul ruolo della CEDU nella teoria delle fonti, occorre, a questo punto, stabi-lire quale sia la risoluzione di antinomie tra la CEDU ed una norma interna.

Alla luce di quanto affermato in ordine alla qualificazione della Cedu quale norma interposta all’interno della teoria delle fonti, nel caso in cui si prospetti l’ipotesi sopra richiamata, il giudice nazionale dovrebbe attuare un’interpretazione “adeguatrice”

34 rispetto al contenuto della CEDU e, lad- a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha prospettato la diretta applicabili-tà dei principi fondamentali della Convenzione nell’ordinamento domestico, affermando il potere-dovere del giudice italiano di disapplicare la norma interna contrastante con la predetta Convenzione.

31 L’art. 6, par. 2, del TUE afferma che «L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati».

32 La recente sentenza della Corte cost. n. 80/2011 ha confermato e rafforzato ulte-riormente l’orientamento appena richiamato. Si è, infatti, espressa nel senso di attribuire il ruolo di norma “interposta” alla CEDU e di non riconoscerle un’immediata applicabilità all’interno del nostro ordinamento interno.

33 Si rinvia a RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, cit., p. 12 ss.; CARTABIA, op. cit., p. 18 ss.

34 V. SORRENTI, L’interpretazione conforme a Costituzione, Milano, 2006; RUGGERI, Alla ricerca del fondamento dell’interpretazione conforme, in AA.VV., Interpretazione conforme e tecniche argomentative, Atti del Convegno di Milano svoltosi il 6-7 giugno 2008, a cura di D’Amico-Randazzo, Torino, 2009, p. 392 ss.; LUPO, La vincolatività delle sentenze della Corte europea per il giudice interno e la svolta recente della Cassazione civile e penale, in http:// appinter.csm.it/relaz/14037.pdf.

5.

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dove ciò non fosse consentito o non risultasse possibile, dovrebbe sollevare una questione di legittimità dinanzi alla Corte costituzionale per violazione del comma 1 dell’art. 117 Cost.

35, come modificato dalla nota riforma del 2001

36. Tale disposizione assicura, infatti, una copertura costituzionale alle nor-

me contenute in accordi internazionali e, dunque, alla CEDU allorché la si qualifichi come norma interposta

37. Non sono, peraltro, mancati orientamenti contrastanti da parte di

Chi 38, valorizzando la “vis espansiva” dei principi della CEDU – in virtù del

già citato art. 6 del TUE –, ha concluso per la disapplicazione della norma interna.

Tuttavia, se si riconoscesse in astratto al giudice comune il potere – do-vere di disapplicazione della norma interna in contrasto con la CEDU, tale facoltà sarebbe limitata ai soli precetti “auto-applicativi”

39 e non sarebbe una soluzione accettabile, alla luce del principio della rule of law, nelle mate-rie attribuite necessariamente alla competenza del Legislatore, in quanto si attribuirebbero ai giudici ingiustificati poteri normopoietici

40. Invero, mediante l’utilizzo dello strumento disapplicativo, si equipare-

rebbe, in modo errato, la CEDU ai regolamenti ed alle norme comunita-rie

41, venendo meno alle differenze intercorrenti tra le fonti internazionali e quelle comunitarie.

35 L’art. 117 Cost., come ampiamente noto, afferma che «La potestà legislativa è eser-citata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli deri-vanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».

36 In tal senso, v. RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, cit., p. 12 ss.; CARTABIA, op. cit., p. 18 ss.

37 RANDAZZO, La CEDU e l’art. 117 della Costituzione, cit., p. 25 ss.; SCISO, Introduzione, in AA.VV., Il rango interno della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, cit., p. 9 ss.

38 V. MULEO, La Corte europea dei diritti dell’uomo, cit., p. 381 ss.; ID., L’applicazione dell’art. 6 CEDU, cit., p. 198 ss.

39 Si sta qui facendo riferimento alle norme self-executing, ossia quei precetti che abbia-no un contenuto normativo chiaro e completo, se pur mediante l’integrazione con norme interne, come evidenziato dalle seguenti pronunce: Cass., sez. un., 23 novembre 1988, n. 15; Cass. pen., sez. I, sent. 10 luglio 1993, n. 2194.

40 Sul punto, si rinvia a MARATEA, Interpretazione delle norme CEDU da parte del giudice nazionale e disapplicazione della norma interna, in AA.VV., All’incrocio tra Costituzione e CEDU, cit., p. 149 ss.

41 V. CARTABIA-WEILER, L’Italia in Europa, Bologna, 2000, p. 93 ss.; CARTABIA, op. cit., p. 7 ss.

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Ancora, si ritiene di dover valorizzare la considerazione proposta da una dottrina

42 (se ben compresa), in base alla quale le reazioni che conseguono al contrasto tra norme interne e principi della CEDU sono strettamente col-legate e dipendenti dalla tipologia dei rapporti intercorrenti tra diritto in-ternazionale, sovranazionale e interno

43. In altri termini, per la stessa dottrina

44, se, ragionando secondo una logi-ca verticale, si ravvisasse nell’ordinamento comunitario ed internazionale un “potenziale aggressore” del sistema interno, l’apertura dell’assetto nazionale a norme convenzionali

45 rappresenterebbe una vera e propria limitazione di sovranità e, dunque, in caso di conflitto tra una norma ordinaria e i principi della CEDU, si dovrebbe forse concludere per il rimedio disapplicativo.

Se, invece, in un’ottica orizzontale e circolare, si cogliesse nel fenomeno dell’internazionalizzazione la piena realizzazione dell’ordinamento naziona-le e non, piuttosto, una sua lesione, allora si dovrebbe propendere per lo strumento dell’interpretazione conforme alla Convenzione.

La giurisprudenza, sul punto, è apparsa contrastante. Da un lato, si è espressa in senso favorevole in ordine alla possibilità di riconoscere ampio spazio allo strumento disapplicativo in relazione alle norme interne incom-patibili con la Convenzione, e, dall’altro, ha affermato la necessità di adotta-re, in caso di conflitto tra norma interna e CEDU, l’interpretazione confor-me a Convenzione e, ove necessario, di ricorrere ad un giudizio di legittimi-tà costituzionale della norma nazionale

46.

42 Si veda, tra gli altri, RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, cit., p. 5 ss. 43 Per ulteriori approfondimenti sul tema dei rapporti tra diritto interno e comunitario

e sulla concezione “dualista” e “monista” si rinvia a LUPI, op. cit., p. 989 ss.; FERNAZZO NA-TOLI, Rapporto tra ordinamento comunitario ed interno nel diritto tributario: dalla teoria dua-lista a quella monista?, in AA.VV., Diritto tributario e Corte Costituzionale, a cura di Perrone-Berliri, Napoli, 2006, p. 323 ss.; INGRAO, op. cit., p. 213 ss.

44 V. ancora RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, cit., p. 5 ss. 45 In tale contesto, si fa riferimento indifferentemente alle norme comunitarie ed a

quelle internazionali. 46 A favore dell’utilizzo dello strumento disapplicativo si vedano CTR Milano, sent. 19

settembre 2000; Trib. Genova, 4 giugno 2001, in Foro it., 2001, I, p. 2653 ss.; Corte app. Roma, ord. 11 aprile 2002, in Giur. cost., n. 3, 2002, p. 2221 ss.; Cass., sez. I, 19 luglio 2002, n. 10542; Cass., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28507; Cass. pen., sez. un., 14 novembre 2006, n. 37483, Arena, punto 8; Cass. pen., sez., sent. 25 gennaio 2007, n. 2800. Contra, v. ord., Cass., 19 ottobre 2006, n. 22357; ord., Cass., sez. I, 20 maggio 2006, n. 11887 e 29 maggio 2006, n. 12810.

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4. Segue: l’applicabilità delle garanzie previste dall’art. 6 della CEDU alla materia tributaria

Il comma 1 dell’art. 6 della CEDU, come noto, si riferisce alle controver-sie di natura civile e penale, non contemplando una forma espressa di tutela per la materia pubblicistica e, dunque, per quella fiscale.

Peraltro, nonostante la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con ri-salenti pronunce 47, abbia negato la possibilità di estendere le garanzie ex art. 6 della CEDU alle controversie di carattere tributario, numerosi sono stati, e sono tuttora, i tentativi di apertura che la stessa Corte 48 ha compiuto al fi-ne di superare la bipartizione strictu sensu tra materia penale e civile.

Una parte della dottrina 49 ha tentato di andare oltre la dicotomia, che si

evince dall’analisi letterale della norma, attraverso un percorso storico-com-paratistico.

47 Si pensi, ad esempio, alle sentenze Cases of Schouten and Meldrum v. then Netherlands, Applications nn. 19005/91 e 19006/91 ed alla pronuncia Ferrazzini c. Repubblica italiana, ricorso 12 luglio 2001, n. 44759/1998.

48 La Corte di Strasburgo, in specie, ha affermato l’applicabilità dell’art. 6 della CEDU, con la sentenza Case of Editions Périscope v. France, application 26 marzo 1992, n. 11760/85 alle controversie relative al disconoscimento di un’agevolazione di natura tributaria; con la sentenza Hntrich c. Francia n. 296-A del 22 settembre 1994, ai processi relativi ai diritti di prelazione del Fisco; con la sentenza National & provincial Bulding Society, Leeds Permanet Builing Society et Yorkshire Building Society c. Royaume-Uni del 23 ottobre 1997, ai processi di rimborso, laddove alla base di tale tipologia di giudizio non si rinvenisse una pretesa di carattere fiscale; con la pronunce Janosevic c. Svezia e Vastberga Taxi Aktiebolag c. Svezia del luglio 2002, alle sanzioni amministrative attuate in caso di violazioni tributarie; con il caso Affaire SA Cabinet Diot et SA Gras Sayoye c. France, Requetes del 22 ottobre 2003, n. 49217/99 e n. 49218/99 ai processi con oggetto l’accertamento del diritto al rimborso re-lativo a tributi versati in eccesso o del tutto non dovuti. Fondamentale, poi, è il noto caso Jussila c. Finlandia, ricorso 23 novembre 2006, n. 73053/01. Dall’analisi della pronuncia emerge come la Corte abbia concluso per l’estensibilità delle garanzie, ex art. 6 della CEDU, alle sanzioni tributarie, assimilandole alle nozione di “accusa penale” contenuta nella lette-ra della norma. Nello stesso senso, si è mossa la Corte con la sentenza “Ravon”, dalla cui lettura si evince il riconoscimento del diritto di ogni singolo ad un equo processo, ex art. 6 della CEDU, anche per quel che concerne l’istruttoria tributaria. Ancora, sempre in tema di applicabilità dell’art. 6 della CEDU alla fase relativa all’istruttoria, si vedano le pronun-ce: Andrè e altri c. Francia, 24 luglio 2008, richiesta n. 18603/03; Kandler e altri c. Francia, 18 settembre 2008, ricorso n. 18659/05; Maschino, 16 ottobre 2008, richiesta n. 10477/03; So-cietà IFB, 20 novembre 2008, ricorso n. 2058/04.

49 Così DEL FEDERICO, I principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in ma-teria tributaria, in Atti del Convegno Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e giusto pro-cesso tributario, Pescara, 5-6 maggio 2011.

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Partendo dal presupposto che la Convenzione accomuna Stati assai di-versi per cultura e tradizioni giuridiche, tale orientamento ha sostenuto, in primis, che la materia pubblicistica (e quindi quella tributaria) è riconducibile alle categorie contemplate dal già citato art. 6; in secondo luogo, che non è possibile ipotizzare un rapporto, se pur in ambito pubblicistico, in cui siano carenti o del tutto assenti le garanzie previste a tutela del contribuente.

Altra parte della dottrina 50, invece, ha prospettato una diversa interpre-

tazione della norma alla luce della nuova concezione del rapporto intercor-rente tra Fisco e contribuente.

La Corte di Strasburgo, secondo tale dottrina, appellandosi a quell’orien-tamento che ravvisava un interesse legittimo, ritenuto un diritto soggettivo debole, nell’oggetto della tutela giurisdizionale, ha prefigurato un rapporto non paritario tra contribuente e Fisco, adottando un orientamento restritti-vo e propendendo, quindi, per la non riconducibilità delle controversie tri-butarie a quelle di natura civilistica

51. Tuttavia, è da ritenere pacifico che il potere dell’Amministrazione finan-

ziaria si traduca nell’espressione di una funzione vincolata, esercitando il contribuente, da parte sua, un «diritto negatorio della pretesa tributaria»

52. Ancorché, invero, emerga con ogni evidenza la natura autoritativa dei prov-

vedimenti emanati dall’Amministrazione finanziaria ed, in particolar modo, dell’avviso di accertamento, appaiono comunque pregnanti i principi di le-galità, buon andamento ed imparzialità, cui la stessa Amministrazione deve attenersi nello svolgimento della propria azione impositiva

53.

50 V. GALLO, Quale modello processuale per il processo tributario?, in Rass. trib., 2011, p. 11 ss.; PERRONE, Diritto tributario e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Rass. trib., n. 3, 2007, p. 675 ss.; DEL FEDERICO, I principi della Convenzione Europea dei Diritti del-l’Uomo, cit.

51 DE MITA, La “durata ragionevole” del processo tributario tra norme interne e convenzio-nali, nota a Corte app. Perugia, 30 ottobre 2001, n. 331, in Corr. trib., 2002, p. 1431 ss., co-sì come citato da PERRONE, op. cit., p. 675 ss.

52 Si veda DEL FEDERICO, I principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, cit. 53 In proposito, Gallo ha anche affermato come la necessaria trasformazione del rap-

porto intercorrente tra Fisco e contribuente debba essere collegata all’impossibilità di con-sentire che il diritto soggettivo, posto a tutela del soggetto privato, sia subordinato al pote-re sovrano dello Stato, anche laddove lo stesso, seguendo l’impostazione alloriana, miri ad un obiettivo di giustizia. (V. GALLO, Verso un “giusto processo” tributario, in Rass. trib., n. 1, 2003, p. 11 ss.). A riguardo, Tesauro ha evidenziato come in Allorio non si possa cogliere, in alcun modo, la condizione che si configuri un potere sovrano in grado di far degradare i diritti dei cittadini. Anche alla luce della convinzione che la giustizia debba avere la finalità di applicare imparzialmente la legge e con la conseguenza che non esista un potere sovra-

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Peraltro, la L. n. 212/2000 ha influito sul rapporto tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, facendo sì che lo stesso, per certi versi, assu-messe una connotazione di natura chiaramente collaborativa

54. Appare, dunque, senz’altro condivisibile la tesi

55 secondo cui, ai fini della ricomprensione delle controversie tributarie nella nozione di “diritti e dove-ri di carattere civile” ex art. 6 della CEDU, sia del tutto irrilevante la distin-zione individuata in dottrina

56 tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, dovendosi pertanto ricomprendere nel termine “diritto” entrambe le nozioni.

Si aggiunga che, a seguito di alcune sentenze 57, si è determinata di fatto

una vera e propria equiparazione tra le due fattispecie in relazione alle quali è assicurata pari tutela da parte dell’ordinamento.

Occorre, peraltro, considerare che, ancorché l’obbligazione tributaria ri-entri nel novero delle obbligazioni pubblicistiche e le attività inerenti all’ac-certamento ed alla gestione del prelievo tributario siano considerate di na-tura pubblicistica, è innegabile la comune matrice che lega indissolubilmen-te l’obbligazione tributaria a quella civilistica e che consente di equiparare le due fattispecie

58. Infatti, nonostante l’obbligazione tributaria, partendo dalla medesima

matrice dell’obbligazione civile, abbia assunto caratteristiche di natura pub-blicistica, non è dato riscontrare una vera e propria distinzione tra le due ti-pologie di obbligazione

59. no per l’Amministrazione finanziaria e che, invece, lo stesso sia di natura amministrativa e vincolata. E dinanzi a tale potere, l’interesse legittimo del soggetto non rappresenta una si-tuazione di soggezione, in quanto origina un diritto potestativo all’annullamento dell’atto emanato e, quindi, non si determina alcuna diminuzione di garanzie. (V. F. TESAURO, Giu-sto processo e processo tributario, in Rass. trib., n. 1, 2006, p. 11 ss.).

54 V. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, parte generale, 2009, pp. 146-147; DEL FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea. Contributo allo studio della prospettiva italiana, Milano, 2010, p. 279 ss.

55 V. F. TESAURO, Giusto processo, cit., p. 11 ss. 56 V. GALLO, Quale modello processuale per il processo tributario?, cit., p. 11 ss. 57 Si vedano le note pronunce: Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500; Corte cost., 6 lu-

glio 2004, n. 204, che, come noto, hanno affermato come possa sorgere un diritto al risar-cimento del danno in caso di lesione di interessi legittimi.

58 Così FREGNI, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998, p. 52 ss. 59 V. ancora FREGNI, op. cit., p. 13 ss., che ha affermato come, se si considerasse l’obbli-

gazione tributaria un’obbligazione civilistica tout court, tutte le norme di diritto civile si applicherebbero al sistema tributario e, quindi, la legge tributaria diventerebbe una norma speciale rispetto a quella generale, rappresentata dal diritto privato. E se, invece, la si con-siderasse interamente di natura pubblica, il rapporto con il diritto civile sarebbe mediato e

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In definitiva, in virtù delle evidenziate assonanze tra l’obbligazione civili-stica e quella tributaria, sembra potersi affermare l’applicabilità di quanto previsto dall’art. 6 della CEDU alla materia fiscale.

A questo punto, è opportuno chiedersi se si possa giungere alla medesi-ma conclusione optando per un differente approccio: quello, cioè, di assimi-lare la materia fiscale a quella penale per quel che concerne il sistema san-zionatorio, i poteri d’indagine della parte pubblica ed il sistema probatorio.

In altri termini, sulla scia di alcune ormai note sentenze 60, in specie, in

tema di sanzioni 61, potrebbe risultare legittimo ricomprendere la disciplina

fiscale nel campo di applicazione del già citato art. 6 della CEDU, ipotizzando la confluenza della disciplina tributaria nella nozione di “accusa penale”.

Tale approccio, che potrebbe apparire, a prima vista, addirittura avventato, merita sicuramente di essere approfondito.

Innanzitutto, appare necessario chiarire cosa debba intendersi per “accu-sa penale”; secondariamente è indispensabile individuare un collegamento tra la sfera tributaria e quella penalistica.

Per quel che riguarda la prima questione, una dottrina, in relazione alle sanzioni tributarie, ha convintamente negato un’interpretazione “riduzioni-stica” della norma che riguardasse i soli casi di restrizione delle libertà per-sonali del soggetto sottoposto ad accusa, anche se non sono comunque man-cati orientamenti contrastanti sul punto

62. Per quel che concerne, invece, la seconda questione, vale a dire la ricerca

di un possibile nesso tra la disciplina tributaria e quella penalistica, la vici-nanza delle due branche del diritto appare innegabile, oltre che in riferimen-

solo nel caso in cui si riscontrasse una lacuna in ambito pubblicistico si potrebbe fare rife-rimento alle disposizioni di diritto civile.

60 Si vedano, ad esempio, le pronunce Corte EDU, 8 giugno 1975, Engel c. Olanda; Id., 21 febbraio 1984, Ozturk c. Garmania; Id., 28 giugno 1984, Campbell e Fell c. Regno Unito; Id., 25 agosto 1987, Lutz c. Garmania; Id., 24 febbraio 1994, Bendemoun c. Francia; Id., 27 febbraio 2001, X c. Italia; 23 luglio 2002, Janovic c. Svezia; Id., 23 luglio 2002, Vastberg Taxi Aktiebolag c. Svezia.

61 Si veda, tra tutte, la nota pronuncia Jussila nella quale, come noto, la Corte ha sancito l’applicabilità della CEDU, ed in particolar modo della norma in esame, alle sanzioni tribu-tarie, mediante il riconoscimento per le stesse della loro natura penale, dovuta al fine puni-tivo e non risarcitorio della prestazione pecuniaria prevista.

62 V. GREGGI, Giusto processo e diritto tributario europeo: la prova testimoniale nell’appli-cazione della CEDU (il caso Jussila), in Rass. trib., n. 1, 2007, p. 228 ss. ove ampi riferimenti anche in relazione ai diversi orientamenti espressi dalla dottrina. L’Autore, inoltre, ha dif-fusamente trattato l’individuazione dei criteri atti a definire la nozione di “accusa penale”.

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to alle sanzioni tributarie, cui si è fatto cenno, anche in relazione ai poteri d’indagine della parte pubblica ed al sistema probatorio, in quanto quest’ul-timi, nell’esercizio dell’azione impositiva, sembrano assimilabili all’imposta-zione penalistica ed, in particolar modo, alla fase di istruttoria predibatti-mentale

63. Una conferma in questa direzione è data dalla lettura dell’art. 70, D.P.R. n.

600/1973 e dall’art. 75, D.P.R. n. 633/1972, dalla quale si evince espressa-mente un riferimento alle norme processual-penalistiche, per quanto compa-tibili ed in caso di mancanza della relativa disciplina in ambito fiscale

64. Inoltre, anche in relazione alle garanzie riconosciute al contribuente al-

l’interno della stessa fase istruttoria, è individuabile un adeguato grado di omogeneità rispetto a quanto stabilito in ambito penale.

È evidente, da quanto finora osservato, che l’endiadi “civile” e “penale”, individuata dall’art. 6 CEDU, si riferisca al “diritto” nel suo complesso e non si possa, dunque, escludere la materia tributaria dal campo di applicazione della norma.

Né appare, necessario, ai fini della ricomprensione dell’ambito tributario nella sfera applicativa della medesima disposizione, effettuare una valuta-zione a-priori in relazione alla possibilità di assimilare la materia tributaria, considerata nel suo complesso ovvero per specifici segmenti, nella nozione di “diritti e doveri di carattere civile” o di “accusa penale”.

Ciò in quanto, come già affermato, l’ambito tributario resta comunque ricompreso nella dicotomia contenuta nell’art. 6 della CEDU che ha, evi-dentemente, una valenza omogeneizzante

65. Si ritiene, in conclusione, di condividere l’orientamento prevalente della

dottrina 66 che si è espresso per l’estensione dell’art. 6 della CEDU alla ma-

63 V. MULEO, Contributo allo studio del sistema probatorio, cit., p. 113 ss., che ha sottoli-neato come nel momento in cui la persona agisce sia assente l’organo pubblico (e per far fronte a tale condizione, a differenza di quel che avviene in ambito civilistico, è concesso un potere invasivo nei confronti del soggetto privato) ed è leso, quindi, il principio di pari-tà delle armi. In altri termini, siamo dinanzi a due sistemi tesi ad accertare il fatto e la re-sponsabilità di chi ha agito.

64 V. ancora MULEO, Contributo allo studio del sistema probatorio, cit., p. 118, che ha evidenziato come il rinvio, contenuto in tali norme alla disciplina processual-penalistica, sia rimasto invariato, nonostante le numerose modifiche che la previsione originaria ha subito. E questo è particolarmente rilevante al fine di dimostrare lo stretto collegamento esistente tra la materia penale e quella tributaria.

65 DEL FEDERICO, I principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cit. 66 Si veda, tra gli altri, F. TESAURO, Giusto processo, cit., p. 11 ss.; L. PERRONE, op. cit., p.

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teria tributaria, anche alla luce della considerazione che, in un’ottica garanti-sta, è impensabile non riconoscere ad un procedimento considerato oramai a tutti gli effetti di natura giurisdizionale

67, quale è appunto quello tributa-rio, le garanzie convenzionali accordate ai procedimenti penali e civili.

5. L’incidenza delle Carte internazionali sugli atti interni divenuti definiti, al-la luce della sent. n. 113/2011 della Corte costituzionale: riflessi sul giudi-cato tributario

Il giudicato, ancorché intangibile in quanto posto a garanzia di principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, quali la certezza del diritto e la sta-bilità delle situazioni giuridiche

68, ha subito, come noto, ridimensionamenti giurisprudenziali

69 per ciò che attiene alla sua efficacia, in virtù dell’applica-zione sia di norme che, per certi versi, di principi comunitari.

675 ss.; MULEO, L’applicazione dell’art. 6 CEDU, cit., p. 198 ss.; DEL FEDERICO, I principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cit.; GALLO, Quale modello processuale per il processo tributario?, cit., p. 11 ss.; GIOVANNINI, Giustizia e giustizia tributaria (riflessioni bre-vi sul giusto processo), in Rass. trib., n. 2, 2001, p. 271 ss.; MARCHESELLI, Corte europea dei diritti dell’Uomo e giusta istruttoria: il caso Jussila, in Atti del Convegno Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e giusto processo tributario, cit.

67 V. PERRONE, op. cit., p. 675 ss. 68 In tal senso, si sono espresse le note sentenze Eco Swiss (Corte di Giustizia, 1° giu-

gno 1999, causa C-126/97, EcoSwiss China Time Itd. C. Benetton International N V.), Ko-bler (Corte di Giustizia, 30 settembre 2003, causa C-224/01), Welis (Corte di Giustizia, 7 gennaio 2004, causa C-201/02, Welis) e Kapferer (Cortte di Giustizia, 16 marzo 2006, causa C-234/04, Kapferer).

69 Ci si riferisce, in particolar modo, alle note pronunce Lucchini (Corte di Giustizia, 18 luglio 2007, causa C-119/05); Kempter (Corte di Giustizia, 12 febbraio 2008, causa C-2/06) e Fallimento Olimpiclub (Corte di Giustizia, 3 settembre 2009, causa C-02/08). Con rife-rimento a quest’ultima pronuncia, riguardante l’applicazione dell’armonizzata imposta sul valore aggiunto, dall’analisi della stessa non si evidenzia la prevalenza del principio dell’a-buso del diritto sul diritto nazionale, quanto piuttosto la non efficacia del giudicato in con-flitto con norme comunitarie in altri giudizi aventi ad oggetto la stessa questione ma che si riferiscano ad altri periodi. Il conflitto che si presenta non riguarda dunque il contrasto tra l’ordinamento interno, da una parte, e quello comunitario, dall’altra, ma il contrasto tra un orientamento giurisprudenziale favorevole all’efficacia esterna del giudicato e un principio dell’ordinamento comunitario: v. DEL GROSSO, La Cassazione ritorna sul giudicato esterno, in Rass. trib., n. 5, 2009, p. 1417 ss.; MICELI, Riflessioni sull’efficacia del giudicato tributario alla luce della recente sentenza Olimpiclub, in Rass. trib., n. 6, 2009, p. 1839 ss., BASILAVECCHIA, Il giudicato esterno cede all’abuso del diritto (ma non solo), in Riv. giur. trib., n. 1, 2010, p. 18 ss.

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Occorre, dunque, interrogarsi se la mitigazione della “forza” propria del giudicato tributario possa essere configurata in applicazione della Carta di Nizza-Strasburgo ovvero della CEDU.

D’altra parte, se l’efficacia del giudicato è stata attenuata dalla Corte di Giustizia CE, in nome di disposizioni comunitarie ed anche di principi di origine giurisprudenziale, come l’abuso di diritto, sebbene in modo diverso e meno incisivo

70, è possibile affermare la cedevolezza della res iudicata in nome di fonti positive dell’ordinamento comunitario, se pur nei limiti del già citato principio di attribuzione.

A tal proposito, con riferimento alla Carta di Nizza-Strasburgo, in virtù di quanto affermato circa il suo rango di fonte comunitaria, risulta agevole tentare un ridimensionamento (i.e. cedevolezza) della res iudicata in appli-cazione delle disposizioni previste dalla stessa Carta, poste stavolta a garan-zia del contribuente, quali, tra tutte, il diritto ad una tutela piena ed effettiva e ad un processo equo sancito dall’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamen-tali dell’Unione Europea, ovviamente nel rispetto del principio di attribu-zione delle competenze.

È lecito chiedersi, tuttavia, se nell’ipotesi di una pronuncia interna passa-ta in giudicato, che leda i principi previsti dalla Carta di Nizza-Strasburgo, occorra, come accaduto nel caso Lucchini (in cui vi era stata una decisione definitiva della Commissione europea competente in materia di aiuti di sta-to), una preventiva sentenza definitiva della Corte di Lussemburgo che ac-certi l’infrazione commessa dallo Stato o se, al contrario, spetti direttamente al giudice nazionale ripristinare le garanzie violate.

Nel rispetto del ruolo attribuito alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea all’interno del sistema delle fonti ed in virtù della fun-zione primaria riconosciuta alla stessa Carta ai fini di una tutela piena ed ef-fettiva degli individui, sia pure nell’ambito di “un giardino chiuso”

71, appare

70 Si rinvia alla nota precedente per le dovute precisazioni attinenti al caso Fallimento Olimpiclub.

71 Si veda, ex multis, RUGGIERI, La Corte fa il punto, cit., che sottolinea come la Carta di Nizza-Strasburgo valga nei soli casi di competenza dell’UE, al contrario della CEDU, per la quale si parla di efficacia universale; COSTANZO-MEZZETTI-RUGGIERI, Lineamenti di diritto costituzionale dell’unione europea, Torino, 2010, p. 275 ss. È opportuno, tra l’altro, precisare che, in ambito fiscale, l’ordinamento comunitario ha competenza solo su alcuni tributi (come, ad esempio, in materia di IVA), ma sarebbe impensabile ipotizzare una disparità di trattamento nelle controversie attinenti ai diversi tributi, dovendosi, dunque, concludere per un trattamento omogeneo in relazione a tutta la fiscalità.

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lecito affermare che è compito del giudice interno rilevare l’errore e rime-diare mediante la disapplicazione del giudicato interno

72. Alla Carta di Nizza, dunque, va riservato un trattamento privilegiato col-

legato alla sua natura di fonte comunitaria ed ammettere, pertanto, nei casi di contrasto della stessa con pronunce interne definitive, il rimedio diretto ed immediato della disapplicazione del giudicato domestico contrastante.

Per quanto attiene, invece, al contrasto del giudicato interno con le di-sposizioni della CEDU e, in specie, con le garanzie ex art. 6 della CEDU, la soluzione di tale conflitto, certamente maggiormente problematica, dipen-de, evidentemente, dal ruolo attribuito alla Convenzione nella teoria delle fonti, cui si è fatto cenno in precedenza.

Se si condividesse la ricostruzione di quella dottrina che ha qualificato la CEDU alla stregua delle norme comunitarie

73, anche in questo caso, simil-mente a quanto ipotizzato con riferimento alla Carta di Nizza, sarebbe pos-sibile concludere per la diretta disapplicazione del giudicato interno contra-stante con l’art. 6 della CEDU. Anche se, in proposito, altra dottrina

74, alla luce di alcune pronunce

75, ha ritenuto che la prospettata disapplicazione sa-rebbe da riferire all’antinomia tra una sentenza interna passata in giudicato ed una pronuncia definitiva della Corte di Strasburgo che abbia accertato la violazione dell’art. 6 della CEDU.

A parere di chi scrive, tuttavia, è opportuno aderire alla teoria della av-versa dottrina che, in linea con quanto più volte affermato dalla Corte costi-tuzionale, ha definito la CEDU norma “interposta”

76.

72 Così DANIELE, Introduzione, in AA.VV., L’incidenza del diritto comunitario e della Ce-du sugli atti nazionali definitivi, a cura di Fabio Spilateri, Milano, 2009, p. 2 ss.

73 V. MULEO, La Corte europea dei diritti dell’uomo, cit., p. 381 ss.; ID., L’applicazione dell’art. 6 CEDU, cit., p. 198 ss.

74 V. GAMBINI, Il ruolo del giudice ordinario e della Corte costituzionale nell’attuazione dell’obbligo di apertura o revisione del processo, in AA.VV., L’incidenza del diritto comunitario e della CEDU sugli atti nazionali definitivi, a cura di Spilateri, Milano, 2009, p. 201 ss.

75 Cass., sez. I., 22 settembre 2005, n. 35616, caso Cat Berro; Cass. pen., sez. I, sent. 12 luglio 2006, n. 32678, caso Somogyi.

76 V. CALVANO, op. cit., p. 573 ss.; CARTABIA, op. cit., p. 18 ss.; CONFORTI, La Corte costi-tuzionale, cit., p. 565 ss.; RANDAZZO, La CEDU e l’art. 117 della Costituzione, cit., p. 25 ss.; AA.VV. Il rango interno della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, cit.; RUGGIERI, Carte internazionali dei diritti, cit., p. 12 ss.

La recente sentenza della Corte cost. n. 80/2011 ha confermato e rafforzato ulteriormen-te l’orientamento appena richiamato. Si è, infatti, espressa nel senso di attribuire il ruolo di norma “interposta” alla CEDU e di non riconoscerle un’immediata applicabilità all’interno del nostro ordinamento.

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Si dovrebbe, pertanto, in caso di conflitto, adottare l’interpretazione ade-guatrice, rispetto all’art. 6 della CEDU, dell’art. 64, D.Lgs. n. 546/1992, nel senso di prospettare la riapertura del processo; ciò, ovviamente, sempre nel caso in cui questo si sia svolto senza riconoscere al contribuente le garanzie previste dalla disposizione convenzionale.

Ove ciò non fosse consentito dalla lettera della norma, potrebbe comun-que prospettarsi la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64 della legge processuale tributaria, nella parte in cui non ha previsto l’ulteriore ca-so di riapertura del processo, allorché la stessa riapertura risultasse necessa-ria ai sensi dell’art. 46, par. 1, della CEDU per conformarsi ad una pronuncia definitiva della Corte EDU, che abbia accertato l’avvenuta violazione dell’art. 6 della medesima Convenzione.

Un’apertura, proprio in tal senso, è venuta recentemente da parte della Corte costituzionale in materia penale.

In particolare, nella sent. 7 aprile 2011, n. 113 77, la Corte ha dichiarato l’in-

costituzionalità dell’art. 630 c.p.p. nella parte in cui non ha previsto un “di-verso” caso di revisione del processo, oltre a quelli contemplati, volto speci-ficamente a consentirne la riapertura ove questa fosse dovuta in applicazio-ne dell’art. 46, par. 1, della CEDU, per adeguarsi ad una sentenza definitiva della Corte di Strasburgo

78. Quest’ultima, nella specie, aveva accertato l’assenza di equità del proces-

so penale, in quanto svoltosi senza le garanzie previste dall’art. 6 della CEDU, e, dunque, aveva ritenuto che «un nuovo processo o una riapertura del pro-cedimento, su richiesta dell’interessato, rappresentasse in linea di principio

77 La sentenza è pubblicata in Cass. pen., 2011, p. 3299 ss. con nota di GIALUZ, Una “sentenza additiva di istituto”: la Corte Costituzionale crea la “revisione europea”, ivi, p. 3308 ss. e di MUSIO, La riaperture del processo a seguito di condanna della Corte EDU: la Corte co-stituzionale conia un nuovo caso di revisione, ivi, p. 332 ss., nonché in Giur. cost., 2011, p. 1542 ss., con nota di UBERTIS, La revisione successiva a condanne della Corte di Strasburgo. Inoltre, si vedano PARLATO, Revisione del processo iniquo: la Corte Costituzionale “getta il cuore oltre l’ostacolo”, in Dir. pen. e proc., n. 7, 2011, p. 833 ss.; CONTI, La scala reale della Corte Costituzionale sul ruolo della CEDU nell’ordinamento interno, in Corr. giur., n. 9, 2011, p. 1242 ss. È utile ricordare che il precedente giurisprudenziale più rilevante e strettamente connesso alla pronuncia in esame è il noto caso Dorigo: Corte EDU, sent. 9 settembre 1998, Dorigo c. Italia.

78 Così PIRRONE, L’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti del-l’Uomo, Milano, 2004, p. 79 ss.; BARTOLONI, L’efficacia interna delle sentenze della Corte Edu per il giudice italiano: in margine alle sentenze della Cassazione Somogyi e Dorigo, in AA.VV., All’incrocio tra Costituzione e CEDU, cit., p. 29 ss.

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il mezzo appropriato per porre rimedio alla violazione constatata» 79. È, tuttavia, necessario sottolineare che la sentenza additiva della Corte

costituzionale, in argomento, ha accertato la sola violazione del diritto al-l’equo processo: in altri termini, non è stata contestata la circostanza dell’in-giusta accusa nei confronti di un soggetto, ma semplicemente di averlo pro-cessato senza rispettare le garanzie previste dalla CEDU.

Pertanto, ove trovasse luogo anche in ambito tributario il suddetto orien-tamento della Corte costituzionale, occorrerebbe che, dinanzi ad una sen-tenza interna emanata in violazione delle garanzie ex art. 6 della CEDU, la Corte EDU rilevasse l’infrazione e pronunciasse una sentenza definitiva; suc-cessivamente, spetterebbe alla giurisdizione dello Stato provvedere alla ri-composizione dell’antinomia tra le due sentenze definitive, sollevando una questione di legittimità costituzionale della norma interna e concludendo per la riapertura del processo

80. Alla luce di quanto sinora affermato, la valorizzazione della CEDU potreb-

be rappresentare un’alternativa interpretativa per affermare il ridimensio-namento, a certe condizioni, dell’intangibilità del giudicato tributario, ov-viamente dando per operanti anche nella materia tributaria, come si è già cer-cato di dimostrare, le garanzie previste per le situazioni giuridiche tutelate dall’art. 6 della CEDU.

Peraltro è bene riflettere sul fatto che, ancorché la valorizzazione della CEDU ai fini della questione che ci occupa, sia, come evidenziato, maggior-mente problematica, ove si interpretasse la Convenzione come un Trattato internazionale, e dunque con natura pattizia, la stessa risulterebbe contraddi-stinta dal carattere dell’universalità; ciò, non dovendo soggiacere al criterio del riparto di competenze, proprio del sistema comunitario, condiviso, come si è visto, dalla Carta di Nizza-Strasburgo e, pertanto, con una garanzia di tu-tela più ampia rispetto a quest’ultima, ovviamente ove si verificassero le con-

79 Corte EDU, sent. 1° marzo 2006, ricorso n. 56581/00, Sejdovic c. Italia. 80 Occorre, in questa sede, sottolineare, come rilevato da ALLEGREZZA, Violazione della

CEDU e giudicato penale. Quali contaminazioni? Quali rimedi?, in AA.VV., All’incrocio tra Costituzione e CEDU, cit., p. 21 ss., che, ai fini dell’ammissibilità di quanto appena detto, è necessario uno stretto collegamento tra la violazione individuata dalla Corte EDU e l’epi-logo interno, nel senso che il vizio accertato deve avere una significativa incidenza sulla decisione. Infatti, ci sono casi in cui la violazione dei diritti contemplati dalla CEDU non può incidere sul merito della vicenda interna (si pensi al diritto alla ragionevole durata del processo) ed altri casi, invece, in cui tale circostanza può avvenire (si pensi alla lesione del diritto di difesa, ad esempio).

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dizioni in grado di consentire il ridimensionamento del giudicato in nome della Convenzione.

Con i percorsi interpretativi finora prospettati, che valorizzano il ruolo del-le Carte internazionali ai fini del riconoscimento, in favore del contribuente, dell’effettivo esercizio del suo diritto di difesa, non si vuole, certamente, ridi-mensionare l’importanza assunta dai principi della certezza del diritto e della stabilità dei rapporti giuridici, che rappresentano nodi essenziali e costitutivi del sistema giuridico interno. Né è intenzione di chi scrive sancire, sempre e comunque, il dovere di non osservare, dinanzi a disattese norme comunita-rie o internazionali, quanto stabilito da una sentenza interna passata in giu-dicato.

Laddove, però, siano in gioco diritti fondamentali dell’Uomo, appare fon-dato affermare che debba prevalere la tutela maggiore, anche a costo di com-promettere la certezza del diritto ed erodere il dogma del giudicato.