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0 L’abc della ragioneria Istruzioni per l’uso: il contenuto delle parentesi va studiato come il resto; solo dopo averle comprese, potete saltarlo e rendere così più scorrevole il testo. Rassegnatevi: a non essere oggetto di domanda nelle verifiche saranno solo le eventuali (poche) parti scritte in carattere verde; tutto il resto, qualsiasi sia il colore e la dimensione del carattere, ai fini della valutazione va prima di tutto compreso e poi imparato. 1) Gestire l’azienda. 1.1) Premessa pag. 1 1.2) Nulla si può governare senza informazioni pag. 1 1.3) Dati di stock e dati di flusso pag. 2 2) Il Patrimonio lordo, i debiti e il patrimonio netto. 2.1) Il patrimonio lordo pag. 3 2.2) I debiti pag. 5 2.3) Il patrimonio (o capitale) netto pag. 5 3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto. pag. 6 4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il conto economicopag. 8 5) Approfondimenti su reddito e capitale netto. pag. 11 6) La funzione della contabilità. pag. 15 7) Le regole di registrazione in “partita doppia”. 7.1) Il conto pag. 16 7.1.1) I conti patrimoniali pag. 17 7.1.2) I conti di reddito pag. 18 7.2) Le tre regole pag. 19 7.3) I tre “trucchi” pag. 19 8) Il libro giornale, la chiusura e la riapertura dei conti (ovvero: l’inutile reso obbligatorio) 8.1) Il libro giornale pag. 23 8.2) La chiusura e la riapertura dei conti pag. 24 8.2.1) La chiusura dei conti di reddito pag. 24 8.2.2) La chiusura dei conti patrimoniali pag. 26 8.2.3) La riapertura dei conti patrimoniali pag. 27

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L’abc della ragioneria Istruzioni per l’uso: il contenuto delle parentesi va studiato come il resto; solo dopo averle comprese, potete saltarlo e rendere così più scorrevole

il testo. Rassegnatevi: a non essere oggetto di domanda nelle verifiche saranno solo le eventuali (poche) parti scritte in carattere verde; tutto il

resto, qualsiasi sia il colore e la dimensione del carattere, ai fini della valutazione va prima di tutto compreso e poi imparato.

1) Gestire l’azienda. 1.1) Premessa pag. 1

1.2) Nulla si può governare senza informazioni pag. 1 1.3) Dati di stock e dati di flusso pag. 2

2) Il Patrimonio lordo, i debiti e il patrimonio netto. 2.1) Il patrimonio lordo pag. 3 2.2) I debiti pag. 5 2.3) Il patrimonio (o capitale) netto pag. 5

3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto. pag. 6

4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il “conto economico” pag. 8

5) Approfondimenti su reddito e capitale netto. pag. 11

6) La funzione della contabilità. pag. 15

7) Le regole di registrazione in “partita doppia”.

7.1) Il conto pag. 16

7.1.1) I conti patrimoniali pag. 17

7.1.2) I conti di reddito pag. 18

7.2) Le tre regole pag. 19

7.3) I tre “trucchi” pag. 19

8) Il libro giornale, la chiusura e la riapertura dei conti (ovvero: l’inutile reso obbligatorio)

8.1) Il libro giornale pag. 23

8.2) La chiusura e la riapertura dei conti pag. 24

8.2.1) La chiusura dei conti di reddito pag. 24

8.2.2) La chiusura dei conti patrimoniali pag. 26

8.2.3) La riapertura dei conti patrimoniali pag. 27

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1

1) Gestire l’azienda.

1.1) Premessa.

Tutti gli esseri umani per vivere devono agire, e lo fanno indossando l’abito della azienda

(parola che non a caso deriva dal latino “facenda”, cioè cosa da fare), di produzione o di erogazione che sia (e secondo me è il

caso che tu ridia un occhio agli appunti “Attività umana, beni, aziende, produzione e consumo”…).

Per agire occorre prendere decisioni, e ogni azienda, poiché opera continuamente, è quindi

impegnata in una incessante attività decisionale. Questo vale sia per le aziende di erogazione (come la

famiglia o lo stato italiano) sia per quelle di produzione (come il caldarrostaio ambulante o la Apple). Queste pagine le ho

scritte riferendomi alle aziende di produzione, ma la gran parte dei concetti che vi appaiono sono

applicabili anche a quelle di erogazione.

Per chi non avesse ancora digerito gli appunti “Attività umana, beni, aziende, produzione e

consumo” di due anni fa (e che ritrovi, un poco modificati, nella cartella I H 2016 – 2017 del sito) ricordo la definizione di

azienda che là indicai come quella che massimizza il rapporto “efficacia / lunghezza” (anche se non sono

sicuro sia la migliore in assoluto):

organismo che utilizza beni e lavoro per produrre qualcosa che soddisfa esigenze umane .

1.2) Nulla si può governare senza informazioni.

Dovendo prendere tantissime decisioni, tutte le aziende [sia quelle di erogazione (a partecipazione

volontaria) come la “Famiglia Rossi” e la “Casa di Carità S. Girolamo”, sia le aziende di erogazione (a partecipazione

obbligatoria) come lo “stato italiano” e il “comune di Reggio Emilia”, sia le aziende di produzione (a partecipazione volontaria

e di proprietà privata) come “Max Mara S.p.A.” e “Esselunga S.p.A.” sia, infine, le aziende di produzione (a partecipazione volontaria e di proprietà

pubblica) come l’ “Enia-Iren S.p.A.” e le “Farmacie Comunali Riunite S.p.A.”] sono tutte accomunate, oltre che dal fatto che

producono beni utilizzando lavoro e altri beni, da una stessa necessità: avere informazioni.

Per prendere decisioni più corrette, infatti, occorre conoscere, avere informazioni, cioè dati.

Questo vale per qualsiasi iniziativa si voglia realizzare: una vacanza in Grecia (quanto costa il volo e il

noleggio auto? Quanto invece il traghetto? E il bed & breakfast o la mezza pensione? Quali sono i possibili orari di imbarco? Ci sono posti liberi in

quel campeggio? ecc.), una focaccia cumulativa ai primi di giugno alla piscina di Baiso (prezzo di ingresso,

eventuali sconti comitive, biglietto dell’autobus, coincidenze per rientrare a casa in orario normale ecc.), la distribuzione di gnocco,

pizze e panini a scuola (quali sono i costi di acquisto e i prezzi di vendita, quali le preferenze degli studenti, quante le tasse da pagare,

quanto il consumo di benzina, quanto la paga dei dipendenti ecc.), o la conquista di una quota del 10% del mercato del

cibo per gatti in Gran Bretagna (quante sono le vendite complessive attuali, quante di queste sono nei supermercati e quanti nel

dettaglio specializzato, che quote di mercato hanno ora i vari marchi della distribuzione ecc.).

Quando la realtà che si vuole conoscere è semplice, allora poche saranno le informazioni

necessarie e semplice potrà essere anche il sistema di raccolta dei dati.

Ad esempio: per decidere se studiare o no storia ti è sufficiente sapere quanti tuoi compagni

non hanno ancora il voto e se l’insegnante ha fissato una verifica scritta, tutte informazioni che non

hai difficoltà a trovare se solo scrivi puntualmente e in modo ordinato sul diario le principali

vicende scolastiche. Oppure: se vuoi informazioni sul campionato di calcio per decidere come

compilare la schedina, è sufficiente che ogni settimana annoti i risultati delle partite, l’elenco dei

giocatori infortunati e squalificati e tenga conto dei punti accumulati dalle varie squadre. Tutto

semplice, tanto che ci riescono perfino i giornalisti.

Quando invece la realtà da conoscere è estesa, varia e complessa come lo è quella di

un’azienda di produzione che non abbia dimensioni microscopiche (= piccolissime), più complesso e

sofisticato dovrà essere il metodo di annotazione dei fatti che accadono se si vogliono avere dati

sufficienti per decidere correttamente.

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2

La “ragioneria” è la disciplina che insegna a ricavare una parte rilevante delle informazioni

necessarie per conoscere e quindi gestire (guidare, prendere decisioni informate e perciò migliori) una azienda, e il

metodo di annotazione dei fatti che coinvolgono l’azienda utilizzato dalla ragioneria è chiamato

“partita doppia” (il motivo di questo nome lo si intuirà solo in seguito). Seppure perfezionatosi nel tempo, il metodo

della partita doppia che si utilizza per registrare i fatti aziendali è in uso ormai da alcuni secoli e non

c’è nessuna speranza che da qui a qualche mese possa essere semplificato o reso più divertente,

perciò rassegnatevi.

1.3) Dati di stock e dati di flusso.

In economia (ma non solo) le grandezze che si possono misurare con riferimento a un istante (cioè

quelle che “si fotografano”) sono dette “variabili (o dati) di stock” (esempi di dati di stock sono la quantità di denaro in cassa, il

numero dei dipendenti, il valore delle scorte, i residenti in Italia ecc.). E’ la stessa cosa che si può dire per la quantità

d’acqua presente in una vasca: per sapere quanta ce n’è in questo momento, la misuro e posso dire:

adesso nella vasca ci sono 120 litri; se però un rubinetto è aperto o il tappo perde, la quantità

d’acqua presente nella vasca varia in ogni istante.

Sempre in economia (ma non solo) le grandezze che si riferiscono a un periodo (a un intervallo di tempo,

cioè quelle che “si filmano”) sono definite “variabili (o dati) di flusso” (esempi di dati di flusso sono il valore dell’output (cioè il

valore della produzione), degli input (il valore dei fattori produttivi), i ricavi di vendita, il P.I.L., il numero annuo di assunzioni, il consumo di benzina,

gli arrivi di immigrati ecc.). E’ la stessa cosa che si può dire per un flusso d’acqua: dire che un rubinetto

butta 10 litri significa nulla, in quanto occorre riferire la quantità a un periodo di tempo: con 10 litri

al secondo allagate la casa, con 10 litri l’ora non vi lavate nemmeno i denti.

Quando descriviamo un fenomeno per mezzo di un dato di stock è come se di quel

fenomeno stessimo facendo vedere una fotografia, nel senso che quel dato rappresenta la quantità

esistente in quel momento, quantità che si è accumulata nel passato a causa di tutte le vicende

capitate dall’inizio fino a quell’istante, l’istante in cui la foto è stata scattata. Se dico che a Natale

pesavo 76 chili, quel dato è il risultato finale di tutti i miei acquisti di peso e i miei dimagrimenti da

quando sono nato fino al Natale del 2015. E’ la fotografia del mio peso scattata il 25.12.2015.

Quando descriviamo un fenomeno per mezzo di un dato di flusso è come se di quel

fenomeno stessimo facendo vedere un filmato, nel senso che quel dato evidenzia come quel

fenomeno è variato in un certo periodo, il periodo in relazione al quale è espresso il dato.

Se il 21 settembre dico che il mio cane negli ultimi tre mesi è dimagrito di 5 chili, sto

rappresentando quello che è successo al peso del cane durante l’estate, come se facessi vedere in un

film le vicende relative al peso di Frey (= nome del mio cane che, essendo un pastore tedesco, si pronuncia Frai).

Chiarito questo, vi resta da interiorizzare che il patrimonio è un dato di stock, mentre il

reddito è un dato di flusso. Il concetto è semplice e piuttosto intuitivo:

- se venite a sapere che Pinco oggi ha 10 milioni di euro depositati in banca e nessun debito,

siete sì certi che Pinco è ricco, ma non sapete quanto guadagna: potrebbe guadagnare molto

come anche poco o nulla, e magari vive mangiandosi i suoi risparmi;

- se scoprite che Pallino guadagna 20.000 € al mese, siete sì certi che ha un ottimo reddito, ma

non sapete nulla sulla sua ricchezza: potrebbe possedere tre ville e 10 milioni in contanti

come avere solo debiti perché vive in un albergo di lusso e spende più di quanto guadagna.

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2) Patrimonio, debiti e capitale netto.

Di erogazione o di produzione che sia (d’ora in avanti, comunque e come ho già detto, mi riferirò a quella di

produzione, anche se quasi tutto ciò che scrivo va bene anche per le aziende di erogazione), l’azienda, per svolgere la sua

attività, deve comunque utilizzare, oltre al lavoro di qualcuno, anche dei beni.

2.1) Il patrimonio lordo.

Per patrimonio (o capitale o attivo) lordo aziendale si intende sia l’insieme dei beni di cui

l’azienda ha la proprietà, sia il loro valore complessivo.

Babbo Natale non esiste, e nemmeno la Befana. Ecco perché solitamente per avere un bene

occorre comprarlo, e per comprarlo: 1. o si usa ricchezza propria – i ragionieri direbbero “mezzi

propri” o “capitale proprio” – , 2. o si usa ricchezza altrui, ad esempio soldi avuti in prestito, cioè

debiti – per i ragionieri “capitale di terzi” (i “terzi” essendo gli “altri” rispetto a noi) – .

I mezzi propri e i debiti hanno una cosa in comune: la funzione (= lo scopo), cioè servono per la

stessa cosa, acquisire ciò di cui necessita l’azienda.

Il capitale proprio e il capitale di terzi (cioè i debiti) sono quindi entrambi “fonti di finanziamento”,

le sorgenti da cui l’azienda attinge per entrare in possesso dei beni necessari per operare.

Da quel che si è appena detto risulta allora che, inevitabilmente, vi è sempre coincidenza fra

il patrimonio lordo (l’intero attivo aziendale) e le fonti di finanziamento (capitale proprio e capitale di terzi) che hanno

reso possibile la sua acquisizione (cioè l’acquisizione dei beni che compongono il patrimonio lordo).

Le fonti di finanziamento, repetita iuvant (= giova, è utile ripetere), si distinguono quindi fra debiti

(detti anche passività o capitale di terzi, cioè altrui) e capitale – o patrimonio – proprio o netto.

Così, se in un certo momento il patrimonio lordo di un’azienda è 1.000, allora

necessariamente la somma dei suoi debiti e del capitale netto sarà 1.000.

Qui sotto potete vedere uno schema frequentemente usato per descrivere la struttura del

patrimonio di una azienda in un certo momento.

Situazione patrimoniale dell’azienda Pinca Pallina alla mezzanotte del 15/9/2016

ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO

Immobili x | j Capitale proprio (o capitale netto)

(o passivo o patrimonio netto)

Attrezzature y |

Scorte w | h Capitale di terzi (debiti)

Crediti z |

Liquidità k |

------- | -------

Totale impieghi (o attivo) 1.000 | 1.000 Totale fonti di finanziamento

(o patrimonio lordo o capitale investito) (o totale passivo e netto)

Nella prossima pagina, invece, vi riporto la situazione patrimoniale al 31/12/2009 e quella più

recente (al 30/6/2016) dichiarata da Telecom Italia S.p.A., azienda nota anche a voi e tra le più

grosse d’Italia (anche come numero di dipendenti: ne ha circa 65.000, di cui oltre 20.000 all’estero).

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I dati che leggete nei due prospetti sono espressi in milioni di euro, perciò il dato del totale

attivo (leggibile, nell’ultima riga del primo prospetto in 67.924) e del capitale netto (21.327) e dei debiti (complessivamente di

47.597) ci dicono che il valore dei beni di proprietà della Telecom alle ore 24 del 30 giugno 2016 era

pari a quasi 68 miliardi di euro e che la Telecom questi beni li aveva ottenuti facendo debiti per

oltre 47,5 miliardi e utilizzando un patrimonio proprio di oltre 21 miliardi di euro.

Situazione patrimoniale dell’azienda Telecom al 30/6/2016 (dati in milioni di euro)

ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Immobilizzazioni immateriali 36.343 | 21.327 Patrimonio netto (o capitale netto ecc.) (di cui 1.105 utile del 1° semestre 2016)

Immobilizzazioni materiali 15.509 |

Altre immobilizzazioni 5.989 |

Scorte 294 | 34.817 Debiti a lunga scadenza

Crediti a breve v/clienti 5.683 | 7.445 Debiti a breve v/fornitori

Altro attivo a breve 1.399 | 4.209 Debiti finanziari a breve scad.

Disponibilità liquide 2.707 | 126 Altri debiti a breve ------------------------------------------------------------ | ---------------------------------------------------------------- Totale attivo 67.924 | 67.924 Totale passivo e netto

(o totale impieghi ecc.) (o totale fonti di finanziamento)

Situazione patrimoniale dell’azienda Telecom al 30/6/2013 (dati in milioni di euro)

ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Immobilizzazioni immateriali 37.686 | 20.478 Patrimonio netto (o capitale netto ecc.) (al netto della perdita dell’ultimo anno)

Immobilizzazioni materiali 14.847 |

Altre immobilizzazioni 4.208 |

Scorte 536 | 34.785 Debiti a lunga scadenza

Crediti a breve v/clienti 7.095 | 9.137 Debiti a breve v/fornitori

Altro attivo a breve 50 | 6.531 Debiti finanziari a breve scad.

Disponibilità liquide 6.627 | 118 Debiti per imposte sul reddito ---------------------------------------------------------------- | --------------------------------------------------------------------

Totale attivo 71.049 | 71.049 Totale passivo e netto

(o totale impieghi ecc.) (o totale fonti di finanziamento)

Confrontando la situazione patrimoniale (la fotografia) della Telecom al 30 giugno 2016 con

quella al 30/6/2013 si nota che in questi tre anni il patrimonio lordo è diminuito (di 3.125 milioni, cioè di

3,125 miliardi di euro) mentre il patrimonio netto è, seppure di poco, aumentato (di 849 milioni di euro); di

conseguenza i debiti non possono che essere diminuiti (di 3.974 milioni, 3.125 + 849).

Col tempo comprenderete il significato delle varie voci; già conoscete quello di “totale

attivo”, ora chiariamo il significato di “debiti” e poi di “capitale netto”. Vi anticipo subito che,

diversamente da quello di “debito”, il concetto di “capitale netto” è tutt’altro che semplice, tanto è

vero che quasi nessun magistrato lo comprende, nemmeno quelli che indagano ed emettono

sentenze sulla veridicità del capitale netto dichiarato in bilancio dall’imprenditore [e in questo modo non di

rado condannano degli innocenti e assolvono dei colpevoli di reati finanziari; la giustizia, in Italia, funzionerebbe meglio se nei tribunali si adottasse

il sistema dell’immortale giudice Brigliadoca (Francois Rabelais (1494 – 1553) “Gargantua e Pantagruele”, cap. XXXIX)].

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2.2) I debiti.

Un debito è un impegno (quasi sempre ad effettuare il versamento di una certa somma di denaro) da

assolvere (= da adempiere, da onorare, da svolgere) entro una certa scadenza.

Un debito può derivare:

1) da una precedente entrata di denaro: una banca, uno strozzino o un qualche altro finanziatore ha

prestato quella somma all’azienda. In questo caso il debito viene detto “di finanziamento”. I debiti

di finanziamento, quindi, nascono e muoiono nello stesso modo, attraverso un movimento di denaro (salvo, ovviamente, il caso del debito che non viene rimborsato per insolvenza del debitore: in questo caso il debito muore lo stesso, ma di

malattia).

2) da un precedente acquisto di fattori produttivi: il fornitore ha consegnato il bene o prestato il

servizio e l’azienda acquirente (= che ha comprato) si è impegnata a pagare più avanti nel tempo,

magari dopo tre mesi (magari non sarebbe male se tu dessi una riguardata agli appunti “Proprietà, compravendita e I.V.A.” sempre di

due anni fa). In quest’altro caso il debito viene detto “di fornitura”, o “di regolamento” o, ma è

sempre la stessa cosa, debito “di funzionamento”.

2.3) Il patrimonio netto (o anche “capitale netto”).

Meno intuitivo del concetto di debito è quello di capitale proprio – o capitale netto – che,

come ho già detto, è la sola altra possibile fonte di finanziamento di ogni azienda.

Per comprendere cos’è il “capitale netto” è quindi necessario un impegno non superficiale,

altrimenti nelle verifiche rischiate di fare come i magistrati nei processi e nelle sentenze che

riguardano i bilanci aziendali: dire e scrivere cose senza senso.

Il capitale netto – o, ripeto, capitale proprio o anche semplicemente il "netto" – può essere definito

con due sistemi diversi: 1) attraverso una differenza; 2) con una somma.

1) Per quello che si è già detto è ovvio che il valore del capitale proprio di un'azienda in

un certo istante è dato dalla differenza fra il suo patrimonio lordo (o totale attivo, cioè -

come già sappiamo - il valore dei beni di cui l’azienda è proprietaria) meno i suoi debiti (cioè il valore del capitale di

terzi che stanno finanziando l'azienda). Questa definizione è certamente corretta, ma non

contribuisce un gran che a far capire come il capitale netto si forma, né da dove deriva o

da cosa è costituito.

2) Il capitale netto in un certo istante (= in un certo momento) della vita dell'azienda è

determinabile anche come somma: è la sommatoria degli apporti e degli utili

prodotti, al netto dei prelievi e delle perdite subite, dalla nascita dell’azienda fino a

quell'istante.

Non mi aspetto che tale definizione sia immediatamente comprensibile: è evidente infatti

che, se si vuole afferrarne il senso, è necessario avere chiari i significati di apporto e di prelievo, di

utile e di perdita, ma anche il collegamento fra l’utile (o la perdita) e lo stesso capitale netto.

Cominciamo quindi col chiarire in poche righe i significati di “apporto” e di “prelievo”.

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Per quanto riguarda gli apporti, possiamo cavarcela dicendo che sono trasferimenti a titolo

gratuito (e quindi non in conseguenza di una compravendita) di beni (e in genere si tratta di denaro, ma possono essere anche beni "in

natura", come un edificio o una gru) dal patrimonio personale dell’imprenditore o dei soci al patrimonio

dell’azienda, trasferimenti che possono essere effettuati sia alla nascita dell’impresa che durante la

sua vita.

I prelievi, invece, sono esattamente il contrario, in quanto sono trasferimenti di beni (e

anche in questo caso si tratterà più spesso di denaro, ma potrebbero essere anche beni “in natura” come ad esempio un vecchio computer

dell’ufficio amministrativo che l’imprenditore si porta a casa per darlo alla figlia affinché si eserciti all’uso di excel) estratti dal

patrimonio dell’impresa per finire nel patrimonio personale dell’imprenditore o dei soci ed

essere da loro utilizzati per fini familiari; spesso i prelievi vengono definiti anche “spese extra-

gestione”.

Per cercare di chiarire i concetti di utile e di perdita e il loro collegamento con il capitale

netto, occorrono invece maggiori sforzi: le prossime cinque pagine hanno tale scopo.

3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto.

Cominciamo da un esempio: un’azienda ceramica alle sette del mattino del 20 settembre ha

questa situazione patrimoniale:

Situazione patrimoniale “Ceramica Fantasiosa” alle ore 7 del mattino del 20/9/2016

valori attivi (impieghi) | fonti di finanziamento (passivo e netto)

fabbricati 1.000.000 | 900.000 debiti v/fornitori

macchinari e attrezzature 3.000.000 | 3.020.000 debiti v/banche

scorte di caolino 100.000 | 80.000 debiti v/dipendenti

scorte di piastrelle - |

crediti v/clienti 1.400.000 |

cassa - | 1.500.000 capitale netto

__________ | __________

totale impieghi 5.500.000 | 5.500.000 totale fonti di finanziamento

poi nelle successive cinque ore, dalle 7 alle 12, produce delle piastrelle utilizzando 20.000 € di

caolino, 62.000 € di gas metano, il lavoro di 100 dipendenti a 20 € l’ora e macchinari e attrezzature

il cui valore, per effetto dell’usura, diminuisce di 8.000 €; a mezzogiorno, infine, consegna a un

cliente le piastrelle prodotte in mattinata per 250.000 € che dovranno essere pagati dopo 90 giorni.

Vediamo ora, supponendo che questi siano gli unici fattori produttivi utilizzati e le uniche

operazioni effettuate in quelle 5 ore, quale sarà

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1) la situazione patrimoniale a mezzogiorno; 2) l’utile (il reddito, il guadagno) ottenuto nel periodo

(quello che va dalle 7 del mattino al mezzogiorno del 20 settembre). Risposte:

1) Situazione patrimoniale alle ore 12.00 del 20 settembre

valori attivi (impieghi) | fonti di finanziamento

fabbricati 1.000.000 | 962.000 debiti v/fornitori

macchinari e attrezzature 2.992.000 | 3.020.000 debiti v/banche

scorte di caolino 80.000 | 90.000 debiti v/dipendenti

scorte di piastrelle - |

crediti v/clienti 1.650.000 |

cassa - | 1.650.000 capitale netto

totale impieghi 5.722.000 | 5.722.000 totale fonti

2) Utile (reddito, guadagno, profitto) ottenuto durante la mattina del 20 settembre

250.000 - (20.000 + 62.000 + 100x5x20 + 8.000) = 150.000

valore della produzione - valore dei fattori produttivi consumati = utile (o reddito) ricavi meno costi uguale guadagno

Il maggior valore di ciò che l’azienda ha prodotto (le piastrelle) rispetto al valore di quanto

ha consumato nel periodo (metano, caolino, lavoro, macchinari e attrezzature) ha provocato un aumento di pari

importo nel capitale netto, cioè un arricchimento dell’azienda, e quindi – indirettamente – anche

del suo proprietario (o dei suoi proprietari, se l’azienda è di vari “soci”).

I ragionieri dicono che, in quel periodo di tempo, l’azienda ha prodotto utili (o un reddito positivo)

per 150.000 euro.

L’incremento del capitale proprio da 1.500.000 a 1.650.000 euro verificatosi quella

mattina è stato originato dall’attività della azienda che, essendo efficiente, ha creato dal nulla

150.000 euro di nuova ricchezza, avendo prodotto beni (le piastrelle) che valgono 250.000 €

utilizzando solo 100.000 € di risorse (le materie prime, il lavoro, il consumo delle macchine).

Ma i 150.000 € di capitale netto in più non si trovano in un determinato (= in un particolare) bene

di cui l’azienda ha la disponibilità; non si trovano certamente in cassa o in banca (infatti nulla è successo

quella mattina alla cassa e al c/c bancario): in realtà i 150.000 € di valore creato dal nulla sono nascosti nella

differenza positiva fra l’incremento dell’attivo (5.722.000 – 5.500.000 = 222.000 €) e l’aumento dei

debiti (4.072.000 – 4.000.000 = 72.000 €), variazione originata dai fatti accaduti in quelle 5 ore. E infatti

222.000 – 72.000 fa 150.000.

L’azienda ha incrementato (= aumentato) da sé la propria ricchezza, misurata dalla fonte di

finanziamento “capitale proprio”: in questo senso si dice che l’utile, facendo aumentare il capitale

proprio (o capitale netto), “autofinanzia” l’azienda.

Se l’imprenditore, soddisfatto per come stavano andando le cose nella mattinata ed eccitato

per l’abbigliamento della giovane segretaria, prima di mezzogiorno le avesse regalato un anello di

diamanti pagandolo con 50.000 euro presi dal conto corrente della ditta, allora avrebbe effettuato,

come già sappiamo, un "prelievo" (o "spesa extra-gestione"). I debiti bancari sarebbero così

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diventati 3.070.000 (3.020.000 + 50.000) e il capitale netto aziendale sarebbe aumentato, in quella

mattinata, non più di 150.000 ma di soli 100.000 euro, diventando di “soli” 1.600.000 € (e non 1.650.000

come sarebbe successo nel caso la segretaria fosse stata anziana).

Attenzione: l’utile sarebbe rimasto quello di prima (150.000 €), perché l’azienda quel

valore aggiuntivo l’ha comunque creato, ma il capitale netto sarebbe aumentato di 50.000 in meno

per effetto del prelievo fatto ai danni dell’azienda e a favore della segretaria (e, presumibilmente o almeno nelle

sue intenzioni, in via indiretta anche a beneficio dell’imprenditore).

Si può notare, quindi, come i prelievi di beni dall’impresa per fini extra-aziendali

provochino una corrispondente diminuzione del capitale netto, per cui se in un certo periodo, a

fronte di un utile prodotto di X, si hanno prelievi di beni per scopi extra-aziendali per un valore di Y,

allora il capitale netto, in quel periodo, si modificherà per un importo pari a X – Y.

Più in generale è possibile affermare questa uguaglianza: dato un certo periodo di

tempo (ad esempio dal 1/1/2016 al 31/12/2016) il capitale netto esistente alla fine del

periodo (al 31/12/2016) è sempre pari al capitale netto iniziale (cioè quello al 1/1/2016) più

l'utile guadagnato (o meno la perdita subita) nel periodo (cioè, sempre nell’esempio, l'anno

2016), più eventuali apporti effettuati nel periodo e meno eventuali prelievi fatti

sempre nel periodo.

4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il conto economico

Dal § 6.1) dei soliti appunti “Beni, aziende, economia, scambi ecc.” dovreste avere imparato

che “la produzione è tutto ciò che aumenta il valore dei beni disponibili sulla terra e utili a soddisfare,

direttamente (nel caso di produzione di beni di consumo) o indirettamente (se si producono beni di produzione), i

bisogni.

Voglio che vi soffermiate ancora a riflettere sul fatto che, seppure sia innegabile che i fattori

della produzione siano il lavoro e i beni, il valore dei beni prodotti – cioè la loro capacità di soddisfare

bisogni – non proviene però totalmente dal valore dei beni distrutti e del lavoro impiegato: se

l’azienda è efficiente, infatti, una parte del valore di ciò che ha prodotto semplicemente prima non

esisteva ed è quindi stato creato al suo interno. Se così non fosse, se il valore non si creasse ma

fosse solo possibile assorbirlo dai fattori produttivi per trasferirlo in una produzione di pari valore,

allora non si spiegherebbe perché un tempo sulla terra eravamo pochi milioni quasi tutti poveri e

affamati mentre ora siamo sette miliardi e quasi tutti opulenti e sazi (e se non comprendi torna alle ultime tre

pagine del solito “Attività umana, beni, aziende e economia”).

Nella prossima pagina vi riscrivo gli stessi concetti già visti nell’esempio della ceramica. Lo

faccio non perché sia (ulteriormente) rincretinito, ma per esercitarvi nella comprensione di testi

scritti senza l’aiuto della concretezza offerta dagli esempi (cominciate a essere grandini, è il caso di non trattarvi più

solo da bimbi). Voi sforzatevi di abbinare quanto leggerete qui con quello che ho scritto nell’esempio

della ceramica nelle due pagine precedenti.

L’attività aziendale di produzione, quando è efficiente, ottiene beni per 100 € distruggendone

altri che, però, valgono 100 – X , in cui X è il numero positivo che misura la creazione di valore.

Il valore (X €) che l’azienda efficiente crea con la sua attività si inserisce nel suo patrimonio

e, a meno che non le sia prelevato per utilizzarlo a scopi extra-aziendali, l’arricchisce.

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Dalla situazione patrimoniale dell’azienda non si riesce però a comprendere come questi X €

di valore siano stati prodotti; anzi, poiché la situazione patrimoniale si riferisce a un certo istante, e

poiché nell’istante nulla cambia e quindi anche nulla si produce, una singola situazione patrimoniale

non può nemmeno informare se l’azienda è efficiente (cioè produce ricchezza) o inefficiente (cioè distrugge

ricchezza). Per avere questa informazione io devo confrontare due fotografie dell’azienda (due situazioni

patrimoniali) scattate in due momenti diversi, e se verifico che nel lasso di tempo (= nel periodo) compreso

fra i due istanti fotografati l’azienda si è arricchita senza l’intervento di apporti, allora saprò che è

efficiente, cioè che crea ricchezza.

Ma anche in questo modo, cioè avendo a disposizione due fotografie scattate in momenti

diversi, non ho ancora alcuna informazione relativa al modo in cui quella ricchezza aggiuntiva si è

creata. Per sapere come l’azienda ha creato (o distrutto, nel caso di azienda inefficiente) ricchezza mi occorre il

filmato di ciò che ha fatto nel periodo, in modo da scoprire cosa ha prodotto e cosa ha utilizzato per

produrre. Ebbene, il filmato dell’attività aziendale svolta in un periodo di tempo ci viene offerto da

un altro documento (“altro” rispetto la “situazione patrimoniale”): il “Conto economico” di quel periodo.

Come vedremo meglio più avanti, lo stato patrimoniale e il conto economico insieme

formano il “Bilancio” aziendale, che è lo strumento più efficace per organizzare e rendere

facilmente leggibili le informazioni sulla realtà complessiva di un’azienda.

Nella sua forma tradizionale e didatticamente più efficace il conto economico è

rappresentato, allo stesso modo già visto per lo stato patrimoniale, con due sezioni contrapposte:

una di sinistra (Dare) e una di destra (Avere). Nella sezione di destra si descrive ciò che è stato

prodotto nel periodo, in quella di sinistra ciò che è stato utilizzato (consumato) per produrre.

Conto economico dell’azienda Pinca Pallina del periodo 1/1/2016 – 30/6/2016

INPUT (fattori produttivi consumati) (produzione ottenuta) OUTPUT

Materie prime x | j Produzione di HKL

Lavoro dipendente y | h Produzione di JY&

Servizi vari w |

Usura immobilizzazioni z |

Reddito [ 1.000 – (x + y + w + z) ] r |

------- | -------

Totale a pareggio 1.000 | 1.000 Totale valore della produzione

Nelle prossime due pagine trovate qualche esempio reale di conto economico, a cominciare

da quello relativo al primo semestre 2016 della Telecom. Se volete dati più dettagliati cliccate su

http://www.telecomitalia.com/content/dam/telecomitalia/it/archivio/documenti/Investitori/Semestrali/2016/Relazione-finanziaria-semestrale-al-30-giugno-2016-deposito.pdf

Conto economico Telecom 1/1/2016 – 30/6/2016 (dati in milioni di €)

INPUT (fattori produttivi consumati, costi) (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT

Acquisti di servizi, componenti e materiali di cons. 3.783 | 9.203 Ricavi di vendita

Aumento delle rimanenze di compon.-mat.di cons. - 33 | 325 Attività realizzate internamente

Costi per il personale dipendente 1.551 |

Altri costi operativi 449 |

Ammortamenti 2.047 | 13 Plusvalenze non ordinarie Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 5 |

Oneri finanziari (interessi passivi, oneri da partecipaz.) 2.157 | 2.012 Proventi finanziari (interessi attivi, utili su

cambi ecc.) Imposte sul reddito 489 | |

Reddito (utile) del periodo (milioni di €) 1.105 | ----------------------------------------------------------------------------------- | --------------------------------------------------------------------------------

Totale a pareggio 11.553 | 11.553 Totale valore della produzione (milioni di €)

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Dalla lettura di questo conto economico si trae, fra le altre, l’informazione che la Telecom

nel primo semestre di quest’anno ha “guadagnato” 1.105.000.000 €, in quanto ha prodotto beni (per lo

più servizi telefonici) per un valore di 1.105 milioni di € superiore al valore dei fattori produttivi

consumati.

Qui sotto, invece, trovate il conto economico relativo all’intero anno 2008 e quello del 2015

della “LANDI RENZO S.p.A.”, la nota azienda reggiana leader mondiale nel settore degli impianti

a gas GPL e a metano per autotrazione.

LANDI RENZO S.p.A.

Conto economico 1/1/2008 – 31/12/2008 (dati in migliaia di €)

INPUT (fattori produttivi consumati, costi) (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT

Materie prime, componenti e materiali di consumo 95.874 | 216.198 Ricavi delle vendite e prestazioni

Acquisti di servizi e uso di beni di terzi 52.373 |

Costi per il personale dipendente 20.279 | 652 Altri ricavi e proventi

Ammortamenti (consumo immobilizzazioni) 6.032 | Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 1.564 |

Oneri finanziari (interessi passivi, perdite su cambi ecc.) 2.966 | 1.907 Proventi finanziari (interessi attivi, utili da

Imposte 12.867 | partecipazioni e su cambi)

Utile netto anno 2008 (218.757 – 191.955) 26.802 | ------------------------------------------ ---------------------------------------

Totale a pareggio 218.757 | 218.757 Totale valore della produzione

LANDI RENZO S.p.A.

Conto economico 1/1/2015 – 31/12/2015 (dati in migliaia di €)

INPUT (fattori produttivi consumati, costi) (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT

Materie prime, componenti e materiali di consumo 100.439 | 205.522 Produzione impianti e componenti

Acquisti di servizi e uso di beni di terzi 58.483 | 1.883 Altri ricavi e proventi

|

Costi per il personale dipendente 43.854 |

Ammortamenti (consumo immobilizzazioni) 25.617 | Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 5.913 |

Oneri finanziari (interessi passivi, perdite su cambi ecc.) 6.184 | 412 Proventi finanziari (interessi attivi, utili da par-

Imposte 2.914 | tecipazioni e utili su cambi)

| 35.587 Perdita anno 2015 ------------------------------------------ ---------------------------------------

Totale costi 243.404 | 243.404 Totale a pareggio

Leggendo questi due conti economici della Landi Renzo S.p.A. e confrontandoli fra loro si

nota come l’ottima efficienza che l’azienda reggiana dimostrava nel 2008 [in quell’anno fu in grado di creare

ricchezza dal nulla pari a circa il 14% del valore degli input che usò (26,802 milioni/191,955 milioni = 13,96%)] col tempo si è persa

totalmente, tant’è che l’anno scorso (2015) la Landi Renzo ha distrutto quasi il 15% del valore

degli input usati per produrre (35,587 milioni/243,404 milioni = 14,6%). Il drammatico peggioramento della

Landi Renzo S.p.A. è un esempio indicativo della rischiosità dell’attività d’impresa: nulla garantisce

che un’azienda, per quanto sana ed efficiente sia, continuerà a esserlo in futuro; nulla garantisce

l’imprenditore e il capitalista che il loro investimento non vada in fumo.

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5) Ripasso e approfondimenti su reddito e capitale netto

5a) Il valore del capitale (o patrimonio) netto di un’azienda (cioè il totale dei valori attivi meno i debiti) è

un dato che deve essere riferito a un istante (le sette del mattino di un dato giorno, la mezzanotte del 31/12/2015 ecc.),

in quanto esso varia di continuo nel tempo per effetto delle cose che accadono senza soste (acquisti,

lavorazioni, vendite, insoluti (= mancati pagamenti) da clienti, incidenti ecc.).

5b) Il dato che esprime il reddito (positivo o negativo, cioè utile o perdita che sia) di un’azienda è un

dato che, per avere significato, deve essere riferito ad un certo periodo di tempo (un’ora, un giorno, un

trimestre, un anno ecc.): dire che Tizio con la sua azienda guadagna 8.000 euro, non significa nulla se non

si riferisce quel guadagno a un periodo di tempo (guadagnare ottomila euro l’anno è altra cosa che guadagnarli in un mese

o in un giorno). La stessa cosa vale, oltre che per il reddito, anche per i ricavi e per i costi, nel senso che

anch’essi vanno riferiti a un periodo di tempo.

5c) Per determinare il reddito ottenuto da un’azienda in un certo periodo, si possono

seguire due strade (riporto l’esempio di pagina 6 e 7):

1) determinare, attraverso il confronto fra valori attivi e debiti, il valore del patrimonio netto

aziendale sia all’inizio che alla fine del periodo e sottrarre il primo dal secondo:

1.650.000 - 1.500.0000 = 150.000 capitale netto finale meno capitale netto iniziale uguale reddito – utile – del periodo)

2) sottrarre dal valore della produzione ottenuta nel periodo il valore dei fattori produttivi

impiegati:

250.000 – 62.000 – 20.000 – 8.000 – 10.000 = 150.000 (valore produzione) (val. metano) (val. caolino) (val. consumo impianti) (val. lavoro) (utile del periodo)

Resta valida l’analogia con la vasca: quando si vuole sapere di quanto è aumentata o

diminuita in un certo tempo l’acqua in una vasca, si può procedere in due modi arrivando allo stesso

risultato: 1) misuro la quantità d’acqua presente nella vasca all’inizio e quella alla fine del periodo e

poi faccio la differenza fra i due valori; 2) misuro l’acqua entrata nel periodo e quella uscita nello

stesso periodo e faccio la differenza fra i due dati. (la quantità d’acqua iniziale e finale rappresenta il capitale

netto iniziale e finale, l’acqua entrata nella vasca dal il rubinetto è il valore della produzione e l’acqua uscita è il valore

dei fattori produttivi consumati)

Al concetto di guadagno imparato alle elementari (guadagno = ricavo – costo, e che è più

corretto esprimere così: utile = valore della produzione meno valore dei fattori produttivi

consumati), si può affiancare anche quello di guadagno visto come incremento nel tempo di

ricchezza, vale a dire: utile = patrimonio netto finale meno patrimonio netto iniziale.

5d) Il patrimonio netto di un’azienda può diminuire anziché aumentare nel tempo.

Così come in un certo periodo in una vasca il livello dell’acqua può calare perché può uscire

più acqua di quanto ne entri, anche nell’azienda può capitare che il capitale netto, nel tempo,

diminuisca. Questo può accadere in due casi: 1) quando in un certo periodo il valore della

produzione ottenuta è minore del valore dei fattori produttivi utilizzati (cioè quando si è in presenza di un

reddito negativo, di una perdita); 2) quando in un certo periodo vengono effettuati prelievi eccessivi (eccessivi

nel senso di superiori alla somma fra gli utili e gli eventuali apporti).

Il primo caso è ciò che capita alle aziende che, prima o poi, spesso, fortunatamente,

falliscono. Per fortuna perché il loro fallimento, la loro uscita di scena, è un bene: impedisce loro di

continuare a distruggere ricchezza, vale a dire di consumare risorse che valgono più dell’output che

realizzano, e quindi impedisce loro di continuare ad impoverire la collettività.

5e) E’ possibile che un’azienda abbia un patrimonio netto negativo.

Ciò capita quando i debiti diventano maggiori del patrimonio lordo. Qui l’analogia con il

serbatoio d’acqua non vale più: per quanta poca sia l’acqua, non può essercene meno di nulla.

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Qui sotto vediamo, con un esempio, come può accadere che il patrimonio netto di

un’azienda diventi negativo.

Pierino è un vostro coetaneo pieno di iniziativa. Il 28/9/2016, dopo anni di estati a

raccogliere pomodori e a vendemmiare e di risparmi sulla paghetta settimanale, Pierino ha

accumulato nel suo salvadanaio 20.000 € in contanti. Irretito (= incantato, circuìto, raggirato, turlupinato, ingannato)

da un blog di un sedicente (= autoproclamatosi) esperto del settore, lo stesso giorno Pierino decide di

iniziare l’attività di allevatore di rinoceronti, apportando nella nascitura (= in procinto di nascere, che sta per

nascere) azienda i suoi 20.000 € di risparmi che aveva nel salvadanaio: la situazione patrimoniale

della neonata azienda “Pierinoceronti” è così schematizzabile:

Situazione patrimoniale al 28/9/2016 ditta “PIERINOCERONTI”

valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) (euro x 1.000) fonti di finanziamento ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------- cassa 20 | 0 debiti

| 20 patrimonio (capitale) netto

----- | -----

totale attivo (patrimonio lordo) 20 | 20 totale fonti di finanziamento

Il 30/9/2016 Pierino acquista due

rinoceronti per 100.000 €, versando un

acconto di 15.000 € in contanti e

impegnandosi a pagare i rimanenti 85.000

€ entro fine mese; nello stesso giorno

acquista poi una gabbia per 10.000 €, che

paga con un assegno tratto su di una banca che gli ha concesso un fido (cioè che si è impegnata a prestargli dei

soldi).

Alla sera del 30/9/2016 la situazione patrimoniale sarà così:

Situazione patrimoniale al 30/9/2016 ditta “PIERINOCERONTI”

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------

valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) | (euro x 1.000) fonti di finanziamento

attrezzature 10 | 85 debiti v/fornitori

rinoceronti 100 | 10 debiti v/banche

cassa 5 | 20 capitale netto

totale attivo (patrimonio lordo) 115 | 115 totale fonti di finanziamento

Si può notare che la ricchezza della Pierinoceronti (il suo patrimonio – o capitale – netto) è rimasta

quantitativamente uguale a prima (20.000 euro). Il suo patrimonio si è però trasformato

qualitativamente: l’originaria situazione (20.000 € in banconote e monete) si è modificata, ed ora vi è un

patrimonio lordo che vale 115.000 € (due rinoceronti, la gabbia e 5.000 € in contanti), per ottenere il quale sono

stati accesi debiti per 95.000 € (verso fornitori e banche). Il patrimonio, al netto dei debiti, vale però 20.000

€ come prima. Questo perché, nel frattempo, l’azienda di Pierino non ha ancora prodotto nulla né

ha consumato alcun fattore produttivo; nulla (nessun valore) è stato creato e nulla (nessun valore) è stato

distrutto.

Come già sappiamo, si dice che l’attivo aziendale (o patrimonio lordo) di 115.000 è finanziato da

95.000 di capitale di terzi (fornitori e banca) e da 20.000 di capitale proprio (o capitale netto o patrimonio netto).

La notte fra il 30 settembre e il primo ottobre c’è un temporale, e un fulmine stecchisce

entrambi i rinoceronti. Al mattino, dopo un drammatico ma inutile tentativo di rianimare i

rinoceronti con la respirazione bocca a bocca, Pierino vende per 6.000 euro i corni (antenati del viagra) a

un cinese depresso che paga immediatamente e in contanti, e nel pomeriggio vende le carcasse per

2.000 € ad un macellaio estroso (= bizzarro, originale), che si impegna a pagare entro fine marzo.

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Se ipotizziamo che non siano state fatte altre operazioni e che le attrezzature non si siano né

danneggiate né usurate, la situazione patrimoniale della “Pierinoceronti” è, alla sera dell’1/10/2016,

questa:

Situazione patrimoniale all’1/10/2016 ditta “PIERINOCERONTI”

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------

valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) | (euro x 1.000) fonti di finanziamento

attrezzature 10 | 85 debiti v/fornitori

rinoceronti 0 | 10 debiti v/banche

cassa 11 |

crediti v/clienti 2 | - 72 capitale netto

totale attivo (patrimonio lordo) 23 | 23 totale fonti

Ecco quindi che il capitale netto è diventato negativo ( - 72.000 €).

Ora calcoliamo il reddito (la perdita) del periodo dal 30 settembre al primo ottobre 2016 della

ditta “Pierinoceronti” con i due sistemi che già conosciamo:

1) calcolato come differenza fra capitale netto finale meno capitale netto iniziale:

capitale netto finale: – 72.000; capitale netto iniziale: + 20.000

reddito del periodo: - 72.000 - 20.000 = meno 92.000 (predita)

2) calcolato come differenza fra valore della produzione e valore dei fattori produttivi consumati:

valore della produzione: (i corni e le carcasse dei rinoceronti) 8.000

valore dei fattori produttivi consumati: (i rinoceronti vivi) 100.000

reddito del periodo: 8.000 – 100.000 = meno 92.000

L’imprenditore Pierino si è impoverito di 92.000 euro, passando da un patrimonio netto

positivo di 20.000 € a uno negativo per 72.000 €. Infatti Pierino inizialmente aveva 20.000 € di

risparmi in contanti, mentre ora si ritrova con beni che valgono sì 23.000 €, ma anche con debiti per

95.000 (e 23.000 meno 95.000 fa – 72.000).

5f) Il valore del capitale netto aziendale e l’utile prodotto sono fortemente influenzati

da considerazioni e stime soggettive: se diamo l’incarico a 10 diversi periti, tutti ugualmente

capaci ed onesti, di stabilire quale è il patrimonio netto di una certa azienda in un certo momento,

o qual è l’utile di un certo periodo, riceveremo 10 risposte diverse, e tra di loro anche fortemente

differenziate. Questo perché le risposte sono pesantemente influenzate da valutazioni e stime che

dipendono necessariamente da considerazioni e modi di ragionare assolutamente personali: quanto

valgono i prodotti già finiti ma che non siamo ancora riusciti a vendere? Quanto valgono, adesso, le

attrezzature acquistate l’anno scorso per 145.000 euro e che, forse, potremo utilmente adoperare

ancora per cinque anni? Quanto vale il brevetto da noi depositato, che ci permette di adottare in

esclusiva nei prossimi 10 anni un certo processo produttivo? Quanto vale, ammesso che valga

ancora qualcosa, il credito di 200.000 euro che vantiamo verso quel cliente che ha delle difficoltà

finanziarie? Quale è il valore (negativo) del risarcimento che saremo costretti a dare a quella

casalinga di Voghera che ci ha fatto causa perché è rimasta sfregiata al volto a causa di un difetto di

fabbricazione di un nostro frullatore? ecc. ecc. ......

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In effetti, una valutazione oggettiva (= certa e esatta) del capitale netto può essere fatta

unicamente dopo aver “liquidato” l’azienda, cioè dopo aver: a) venduto tutti i beni attivi

aziendali, b) incassato il prezzo di vendita, e c) aver saldato tutti i debiti; in pratica dopo avere

trasformato l’intero patrimonio in denaro contante. Il denaro che rimane in cassa dopo queste

operazioni darà la misura – questa volta, finalmente, certa – del patrimonio netto che l’azienda

durante la sua vita aveva accumulato: soltanto dopo la liquidazione, infatti, non c’è più la necessità

di fare delle stime e delle considerazioni soggettive, essendo il valore del denaro contante un dato

certo.

Ed allora è anche vero che l’unico periodo di cui può essere calcolato con certezza

l’utile è quello che va dalla nascita alla liquidazione dell’azienda, cioè il periodo che copre

l’intera vita dell’impresa: questo perché è l’unico periodo di tempo dei cui due estremi sono noti,

con certezza, gli importi del capitale netto.

Vi faccio notare, però, che liquidare un’azienda significa farla morire, ed uccidere un

organismo per verificare con l’autopsia se era sano o malato, cioè se stava producendo utili od

accumulando perdite, se stava quindi creando o distruggendo ricchezza, è cosa assai poco ragionevole.

Necessariamente, allora, occorre fare delle verifiche periodiche durante la vita dell’azienda,

e queste verifiche le si fa redigendo il cosiddetto “bilancio” aziendale.

Normalmente le aziende di produzione fanno un bilancio ogni 3 o 6 mesi per fini “interni”, e

cioè per tenere adeguatamente sotto controllo la situazione. Sono, invece, obbligate per legge a

farlo una volta all’anno (fotografando, in genere, la situazione al 31 dicembre di ogni anno) e a renderlo pubblico per via

telematica inviandolo alla CCIAA (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura), in modo che chiunque

sia interessato possa, collegandosi via Internet con la CCIAA, informarsi sulla situazione di

qualsiasi azienda (in realtà solo delle aziende che hanno forma giuridica di società di capitali, ma impareremo più avanti cosa questo

significa). Tra gli interessati all’andamento dell’attività d’impresa, oltre ai fornitori, alle banche e ai

finanziatori in genere dell’azienda, vi è anche lo stato, il quale – famelico – controlla quante

imposte l’azienda deve pagare.

Al di là dell’obbligo di legge, è comunque indispensabile fare queste verifiche periodiche

della situazione per avere dati su cui basare le decisioni, ma bisogna anche essere consapevoli che

la rappresentazione di una azienda non può che essere offerta per “valori”, e che questi valori sono

tutti (con le sole eccezioni delle banconote e monete in euro e dei debiti pure in euro) non oggettivi in quanto frutto di stime

e di impressioni di chi si è assunto il compito e la responsabilità di fare il bilancio, allo stesso modo

in cui la “Gioconda” è la rappresentazione di Monna Lisa Gherardini così come la mente di

Leonardo la vedeva, o il “De bello Gallico” riporta i fatti accaduti più di duemila anni fa nella

Gallia nel modo in cui Giulio Cesare li vedeva. Chi sa di ragioneria sa, quindi, che non si può

pretendere un bilancio “vero”, perché non esiste il “vero” valore delle cose; ciò che,

legittimamente, si può e si deve pretendere è unicamente un bilancio fatto bene e “onesto”, che

vuol dire fatto senza errori causati da incapacità professionale e redatto con l’intento di informare

correttamente i terzi, e non invece con la volontà di far credere loro cose diverse da quelle che noi,

in coscienza, pensiamo siano vere (ma che potrebbero essere diverse da come le vediamo).

Qui sotto vi metto un paio di immagini di Luca Pacioli, il frate Francescano che scrisse,

cinque secoli fa, un testo che ha contribuito enormemente alla diffusione del metodo di rilevazione

dei fatti aziendali della partita doppia, sistema che i mercanti veneziani adottarono per primi e che

poi si diffuse in tutto il mondo. Ho

inserito le immagini di colui che è

considerato il padre della ragioneria

non solo per riempire la pagina ma

anche perché, osservando l’espressione

del suo volto, vi rassegniate alla

pallosità dell’argomento.

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6) Funzione della contabilità.

Vedremo nei prossimi anni che il “bilancio”, materialmente, è un documento che si compone

di vari elaborati, ma tra questi i due di gran lunga più importanti sono la “situazione patrimoniale”

(o “stato patrimoniale”, che abbiamo già incontrato qualche pagina fa) e il “conto economico”.

La situazione patrimoniale funge (= svolge la funzione) da fotografia dell’azienda in un certo istante (quindi i dati che appaiono sono tutti di stock), ad esempio alla mezzanotte del 31/12/2015, mentre il conto

economico svolge il compito di filmato di ciò che è accaduto nell’azienda in un certo periodo (quindi tutti i dati che in esso appaiono sono di flusso), ad esempio tra il 1/1/2015 e il 31/12/2015. In altre parole:

mentre lo stato patrimoniale descrive l’azienda come era in un certo momento (quali beni possedeva e quanto

valevano, e di che tipo erano e a quante erano i debiti che aveva), il conto economico ci fa vedere cosa l’azienda ha fatto

in un certo periodo (cosa ha prodotto e quanto vale ciò che ha prodotto in un certo periodo e cosa e quanto vale ciò che ha utilizzato e

distrutto per produrre).

Il “bilancio” (detto anche “bilancio d’esercizio”) è la sintesi, il risultato finale della continua e meticolosa (=

diligente, attenta, precisa, ordinata) rilevazione (= annotazione, registrazione) dei fatti che accadono nell’azienda e

dell’attento e impegnativo lavoro di elaborazione dei dati ottenuti.

La “contabilità” in senso ampio è la disciplina che insegna come registrare ed elaborare i fatti

aziendali (sia quelli che collegano l’azienda all’esterno, sia quelli interni di produzione) per permettere di controllare ciò

che accade e di avere informazioni utili per decidere cosa fare.

La “contabilità generale” (che è campo di lavoro per ragionieri) è quella parte della contabilità che si

occupa di registrare i fatti che collegano l’azienda con l’esterno e di elaborarli per dare – tra

l’altro – una descrizione dell’azienda la più realistica possibile attraverso il “bilancio

d’esercizio”.

La “contabilità industriale” (che è campo di lavoro per ingegneri) si occupa, invece, dei fatti interni di

produzione e ha lo scopo – tra l’altro – di rilevare, di calcolare i costi di produzione (e infatti è

anche detta “contabilità dei costi”).

La tecnica usata per registrare i fatti aziendali che mettono in relazione l’azienda con

l’ambiente economico (in pratica con le altre aziende) è detta “partita doppia”.

Il “sistema informativo” dell’azienda, nella sua parte relativa alla contabilità generale,

serve soprattutto a questo: a descrivere e a capire nel modo migliore possibile (meno peggiore) come sta

di salute e come sta andando verso i suoi obiettivi un’azienda. Solo un ragioniere fanatico e stupido

o i profani (= ignoranti, inesperti) di economia aziendale (come i magistrati e tanti avvocati) possono credere che i

bilanci debbano essere rappresentazioni certe e precise dell’azienda; ma pur sapendo che il risultato

finale del lavoro non sarà mai del tutto attendibile, nondimeno è assolutamente necessario

impegnarsi per cercare di conoscere quale è la situazione, perché – come detto all’inizio e ripetuto

più volte – per poter prendere le decisioni migliori è indispensabile avere dei dati su cui basarsi.

Occorre quindi sforzarsi continuamente per migliorare sempre più il “sistema informativo”

aziendale, cioè tutto il processo di raccolta ed elaborazione dei dati relativi ai fatti che accadono

senza soste in azienda (acquisti, vendite, pagamenti, incassi, consumi, trasformazioni, entrate e uscite di merci, tempi di lavoro dei

dipendenti ecc.), processo che porta, come risultato finale, alla determinazione del reddito e del

patrimonio netto, i due indicatori di gran lunga più significativi della salute di un’azienda.

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7) Le regole di registrazione in “partita doppia”

7.1) Il “conto”.

Lo strumento di base del metodo (chiamato “partita doppia”) di

rilevazione dei dati relativi ai fatti “esterni” di gestione (cioè delle cose che capitano e che mettono in contatto l’azienda

con l’ambiente esterno) è il “conto”, che non è altro che un foglio (un tempo un pezzo di carta, ora un file) intestato a un

elemento aziendale e diviso verticalmente in due parti dette “sezioni”; la sezione di sinistra è

chiamata “Dare”, quella di destra “Avere”. I termini “Dare” e “Avere” delle due sezioni avevano,

ai tempi di Luca Pacioli, un significato collegabile ai due verbi, ma nel corso dei secoli l’evolversi

della ragioneria ha fatto sì che ora il loro significato non sia altro che “Sinistra” e “Destra”. Si

chiamassero “Dario” e “Annibale” sarebbe la stessa cosa (anzi, sarebbe meglio perché gli studenti farebbero meno

errori).

Ogni fatto che determina una modifica del patrimonio e che coinvolge l’azienda con il

mondo esterno lo si registra nei conti; in questo modo, col tempo, ogni conto recepisce, nell’ordine

cronologico determinato dal momento in cui il fatto è accaduto, sempre più dati. La differenza fra

le sommatorie dei dati annotati nelle due sezioni è detta “saldo” del conto, e se la somma degli

importi scritti in dare è maggiore di quelli scritti in avere si dirà che il conto presenta un “saldo

dare” (nel caso opposto si dirà che il conto ha “saldo avere”)

Nei due esempi qui sotto si possono leggere i fatti (le operazioni) accaduti tra il 22 e il 25

settembre che hanno coinvolto, rispettivamente, la cassa aziendale e il c/c che l’azienda ha aperto

presso la banca Credem.

(1.30.001 e 2.40.014 sono i due codici numerici, memorizzati nell’archivio contabile del sistema informativo aziendale,

che identificano i due conti: quando si vuole visualizzare un conto si digita, indifferentemente, o il suo codice numerico

o il suo nome in chiaro. La “P” a destra è la segnalazione – molto scolastica – che si tratta di un conto “patrimoniale”;

i conti, come vedremo fra poco, si suddividono infatti in due categorie: conti Patrimoniali (P) e conti Reddituali (R)).

1.30.001 CASSA CONTANTI P

Data descrizione accadimento Dare Avere Saldo

22.9.2016 Saldo al 21.9.2016 (alla mezzanotte del 21.9.2016) D 944,21

22.9.2016 Versamento su c/c 3845/b CREDEM 543,21 D 401,00

23.9.2016 Prelievo da bancomat 500,00 D 901,00

24.9.2016 Acquisto benzina (targa ED101YZ) 50,00 D 851,00

24.9.2016 S.do fatt. prot. 1.651/16 fornitore MpM srl 300,00 D 551,00

2.40.014 CREDEM c/c n. 3845/b P

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

22.9.2016 Saldo al 21.9.2016 (alla mezzanotte del 21.9.2016) Zero

22.9.2016 Versamento contanti 543,21 D 543,21

23.9.2016 Prelievo da bancomat 500,00 D 43,21

25.9.2016 Assegno n. xy a saldo fatt. zt fornitore Pinco snc 1.200,00 A 1.156,79

25.9.2016 Bonifico da cliente Conip sas a s.do ns fatt. n. 497 1.000,00 A 156,79

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7.1.1) I conti patrimoniali

I conti patrimoniali sono quelli che hanno come oggetto elementi aziendali il cui valore è un

dato di stock.

E’ il caso, ad esempio, dei due conti appena visti. Il conto “cassa contanti”, infatti, esprime

il valore del denaro presente in cassa, valore che ha un significato solo se riferito a un determinato

istante: alla mezzanotte del 21.9.2016 in cassa c’erano 944,21 €; alla mezzanotte del giorno dopo (22

settembre) il valore della cassa era calato a 401,00 € a causa del prelievo di 543,21 € effettuato quando

(in un’ora imprecisata) quel contante è stato portato alla banca “CREDEM” per aprire il conto corrente

bancario. Alla fine del giorno seguente (23 settembre) il valore della cassa è salito a 901,00 € per effetto

dell’immissione dei 500 € prelevati dal conto corrente attraverso il bancomat; durante il giorno

successivo (24 settembre) il valore della cassa ha subito due peggioramenti a causa: prima dell’acquisto

in contanti di 50 € di benzina, poi per il pagamento, sempre in contanti, di una debito di 300 € che

avevamo nei confronti del fornitore MpM srl.

Come potete vedere, leggendo le registrazioni fatte nel conto si ottengono informazioni su

quando è cambiato il valore dell’oggetto del conto patrimoniale (prima colonna “data”), perché si sono

avute queste variazioni (seconda colonna, “descrizione fatto”), di quanto ogni operazione ha modificato il

valore dell’oggetto del conto (sezioni “dare” e “avere”), se la variazione è stata in senso migliorativo (nel

caso l’importo sia in “dare”) o peggiorativo (nel caso sia in “avere”) e, infine, sulla dimensione che l’oggetto del

conto (nell’ultima colonna “saldo”) aveva in un qualsiasi momento, dalla nascita dell’azienda fino all’ultimo

giorno di cui si sono annotate le operazioni.

Si può dire che dalla lettura di tutto ciò che appare annotato in un singolo conto patrimoniale

si ottiene il racconto di tutta la vita dell’oggetto di quel conto (nell’esempio la cassa contanti, ma avrei potuto

scegliere di raccontarvi la storia di come il valore dell’auto targata ED101YZ o il valore di qualsiasi attrezzatura o bene durevole di proprietà

dell’azienda è cambiato dal momento dell’acquisto in poi, oppure la storia di tutti i cambiamenti avvenuti in un qualsiasi rapporto di credito o di

debito verso un particolare soggetto, come in effetti vi faccio qui sotto), da quando quell’elemento è entrato a far parte del

patrimonio dell’azienda.

Nel conto patrimoniale “c/c n. 3845/b presso CREDEM” annotiamo tutte le operazioni che

modificano il credito (oppure il debito) che la nostra azienda ha nei confronti della banca CREDEM. Fino

al mattino del 22 settembre l’oggetto del conto (il rapporto di c/c fra noi e quella banca) non esisteva. Durante la

giornata del 22 abbiamo aperto il c/c (a cui la banca ha assegnato il codice 3845/b) depositandovi 543,21 € in

contanti, e poiché quel giorno nessuna altra operazione fra noi e la banca ha interessato quel conto,

alla sera del 22 settembre noi avevamo un credito di 543,21 € nei confronti del CREDEM. Il giorno

dopo, 23 settembre, il nostro credito peggiora di 500,00 € perché attraverso il bancomat ci facciamo

restituire dalla banca una parte dei nostri soldi, cosicché alla mezzanotte del 23 il valore del nostro

credito (il nostro denaro depositato sul c/c) è di soli 43,21 €. Il 25 settembre, (approfittando che la banca si era impegnata a

prestarci fino a un massimo di 10.000 € autorizzandoci ad andare “in rosso” (cioè a debito) sul conto corrente), abbiamo pagato con un

assegno 1.200,00 € il fornitore Pinco snc, e in questo modo il saldo del conto è peggiorato di 1.200,

passando da un credito di 43,21 a un nostro debito nei confronti della banca di 1.156,79 €; pertanto

il saldo da “dare” si è trasformato in saldo “avere”. Lo stesso giorno (25 settembre) il nostro cliente

Conip sas invia 1.000 € sul nostro conto 3845/b del CREDEM per saldare un debito che aveva verso

di noi, così il valore dei nostri debiti verso la banca migliora, portandosi da un saldo passivo di

1.156,79 a un saldo, ancora passivo, ma di soli 156,79.

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7.1.2) I conti di reddito

I conti di reddito hanno come oggetto dati aziendali di flusso. Sono, quindi, tutti quei

conti in cui si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input) e la produzione degli output.

Vediamo, ad esempio, il conto “carburante” tenuto da un’azienda di trasporto (un corriere, , un

taxista o quello che ti pare) che, per svolgere la sua attività, utilizza due automezzi.

3.45.001 CARBURANTE R

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

03.01.2016 targa CD543AF 80,00 D 80,00

03.01.2016 targa ED101YZ 105,00 D 185,00

05.01.2016 targa ED101YZ 75,50 D 260,50

07.01.2016 targa CD543AF 119,50 D 380,00

La lettura del conto “carburante” ci informa su quando (colonna “data”) e per quali importi (colonna

“dare”) sono stati fatti i rifornimenti di carburante nella prima settimana dell’anno. Leggendo la

colonna “saldo”, poi, ci si informa su quale è, cumulativamente, il valore dei rifornimenti fatti

dall’inizio dell’anno fino alla data che ci interessa (dall’inizio dell’anno al 3 gennaio è 185 €; dal primo al 7 gennaio 380 €;

se leggessimo il conto ad esempio il 30 settembre 2016, dalla colonna “saldo” potremmo immediatamente ottenere il dato del valore complessivo

dei rifornimenti fatti nei primi nove mesi dell’anno). In ogni caso si tratta di dati di flusso, cioè di dati che, appunto,

fanno riferimento a un periodo di tempo.

Lo studente attento obietterà: all’inizio della pagina c’è scritto che i conti di reddito “sono

tutti quei conti in cui si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input)”, ma nel conto

“carburante” usato nell’esempio sono stati registrati gli acquisti, e non è detto che tutta la benzina

acquistata sia stata consumata; così se la benzina del rifornimento fatto il 7 gennaio fosse ancora

quasi tutta nel serbatoio dell’automezzo alla sera di quel giorno, sarebbe un errore dire che durante

la prima settimana dell’anno sono stati consumati 380 € di benzina: il dato corretto sarebbe

certamente minore, magari 275 €.

Quello studente è certamente attento e sveglio, ma ignora ancora (perché lo studierà fra due pagine) che

per semplicità quando si acquista il carburante così come qualsiasi altro input destinato a essere

consumato in poco tempo, si fa finta che sia già stato totalmente utilizzato.

Qui sotto, infine, un esempio di conto (di reddito) con registrate alcune operazioni di produzione.

4.03.054 SERVIZI di TARSPORTO R

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

04.01.2016 Ns fatt. n. 1 cliente Aldini 140,00 A 140,00

04.01.2016 Ns fatt. n. 2 cliente Bisi s.r.l. 204,00 A 344,00

05.01.2016 Ns fatt. n. 3 cliente Capperi s.p.a. 1.000,00 A 1.344 ,00

Compresa la funzione del “conto”, ora impariamo come vi si registra ciò che capita.

Le regole per registrare nei “conti” i fatti che accadono sono tre (a, b, c), a cui si aggiungono

altrettanti “trucchi” (t1, t2, t3) riconducibili però ad un’unica logica (per questo li ho chiamati tutti “t”).

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7.2) Le tre regole.

a) (a1) Le operazioni che fanno migliorare il saldo di un conto patrimoniale si registrano a

sinistra (in dare) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio:

• l’incasso di 5 biglietti da 100, migliorando il valore attivo della nostra cassa, lo registriamo

scrivendo 500 nella sezione dare del conto “cassa contanti”;

• se paghiamo un debito di 1.000 € che avevamo nei confronti di un nostro fornitore,

registreremo 1.000 in dare del conto “debiti v/fornitori” perché il saldo (passivo) del conto è

migliorato, essendo diminuito di 1.000 €.

a) (a2) Le operazioni che, invece, fanno peggiorare il saldo di un conto patrimoniale si

registrano a destra (in avere) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio:

• se i ladri ci rubano un martello pneumatico che valeva 600 € (ed era registrato in contabilità per un

valore di 600 €), registreremo 600 in avere del conto “attrezzature” perché il loro valore è peggiorato;

• se otteniamo un mutuo (= un prestito) di 500.000 € da una banca, registriamo 500.000 in avere

del conto “debiti” perché il suo saldo è peggiorato in quanto i nostri debiti, che sono un valore

passivo, sono aumentati (e se volessimo trarre dalla contabilità informazioni più dettagliate utilizzeremmo non un conto generico come

“debiti” ma uno più specifico intestato al soggetto che ci ha erogato il prestito, ad esempio “mutuo banca CREDEM”).

b) (b1) Le operazioni che provocano un consumo di fattori produttivi (un costo, un componente

negativo di reddito: sono tutti sinonimi) si registrano in dare (a sinistra) del conto reddituale interessato. Così, ad

esempio:

• se abbiamo consumato per ¼ la mola da 400 € con la quale affiliamo i coltelli, registreremo

100 in dare del conto di reddito “usura attrezzature” (un ragioniere scriverebbe “ammortamento attrezzature”);

• se facciamo pulire gli uffici della nostra ditta da una impresa di pulizie per 350 €,

registreremo 350 in dare del conto di reddito “acquisti servizi” (e se volessimo informazioni più dettagliate

probabilmente utilizzeremmo un conto più specifico come “acquisti servizi di pulizia”).

b) (b2) Le operazioni che provocano un aumento del valore della nostra produzione (un

ricavo, un componente positivo di reddito) si registrano in avere (a destra) del conto reddituale interessato. Così,

ad esempio:

• se progettiamo per la DUCALE un nuovo distributore automatico di bevande per un compenso

di 90.000 €, registreremo quell’importo in avere del conto reddituale “servizi di progettazione”;

• se un dentista cura un dente per 200 €, registra 200 in avere del conto di reddito “otturazioni”.

c) Ogni operazione provoca necessariamente registrazioni sia in dare (di uno o più conti) che in

avere (di uno o più conti), e il totale degli importi annotati in dare è sempre uguale al totale degli

importi annotati in avere. E’ questa regola, tra l’altro, ad aver originato il nome “partita

doppia” con il quale è stato chiamato il metodo di registrazione dei fatti aziendali. Fu anche

cominciando a usare questa regola per primi – nel medio evo – che i mercanti italiani divennero i

migliori del mondo: con questa metodo gli errori di distrazione e di calcolo si ridussero

enormemente rispetto al sistema contabile (la “partita semplice”) usato in precedenza.

7.3) I trucchi

Come già si è detto, i trucchi sono tre, e la logica unitaria che è alla loro base mira a

semplificare la vita dei poveri contabili addetti alla registrazione dei fatti aziendali. Infatti,

l’Adamo dei ragionieri, essendosi reso conto che il registrare ogni fatto che accade in azienda

avrebbe imposto una mole (= un volume, una quantità) di lavoro insostenibile, ebbe una idea brillante:

registrare man mano che accadono solo i fatti che mettono in rapporto l’azienda con il mondo

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esterno, ed invece tenere conto dei fatti che si svolgono all’interno dell’azienda soltanto nel

momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale ed il reddito prodotto (cioè nel momento in

cui si vuole fare il “bilancio”).

Esemplifico per chiarire il concetto, prendendo in considerazione l’azienda “Cantina sociale

di Puianello”. L’operazione di pigiatura dell’uva, che si svolge al suo interno a inizio autunno,

implica certamente l’uso di fattori produttivi (l’uva, il torchio, il lavoro degli operai ecc.) e contemporaneamente

l’ottenimento di una produzione (il mosto e il vino). Sarebbe però assurdo quantificare ed annotare istante

per istante (o anche solo giorno per giorno) i valori coinvolti in queste operazioni che si svolgono

internamente all’azienda. Ed allora ci si limita a registrare il valore dei fattori produttivi nel

momento in cui li si acquista, ed il valore della produzione nel momento in cui la si vende (momenti in

cui l’azienda ha un rapporto con l’esterno); con un po’ di approssimazione si può dire che ci si limita a tenere

conto, a misurare, ciò che entra (input) e ciò che esce (output) dall’azienda. Ma poiché l’acquisto di

un input non necessariamente coincide con il suo consumo e poiché può esserci produzione anche

senza vendita, quando si vuole verificare l’andamento dell’azienda attraverso la redazione dello

stato patrimoniale e del conto economico si rende necessario apportare delle correzioni ai dati

risultanti dalle sole registrazioni dei fatti “esterni”. Queste correzioni i ragionieri le chiamano

“scritture di assestamento”.

Spiegata (spero) la natura comune dei tre trucchi, andiamo a vederli (t1, t2 e t3).

t1) Il consumo di fattori produttivi che esauriscono la loro utilità rapidamente, cioè o nel

momento in cui vengono usati (l’uva, il carburante, l’energia elettrica, il lavoro, lo shampoo per parrucchiera o le arance per l’ortolano

ecc.) o comunque entro un anno perché non sono destinati a durare a lungo (le biro, le lampadine i (“gli”, per gli

insegnanti di italiano) pneumatici ecc.), non viene registrato nel momento in cui avviene bensì viene registrato

nel momento dell’acquisto del fattore produttivo stesso, fingendo che esso si sia

immediatamente e totalmente consumato.

Nel momento in cui si vuole determinare l’esatta situazione patrimoniale e calcolare il

reddito guadagnato si deve poi: a) effettuare una registrazione di assestamento (= di aggiustamento, correttiva)

per aggiungere fra i valori attivi patrimoniali il valore di questi fattori produttivi già acquistati ma

non consumati e perciò ancora presenti in azienda; b) effettuare un’altra correzione in contabilità,

nei conti reddituali, per andare a togliere dai costi lo stesso valore ancora non consumato degli

input il cui acquisto, e quindi il cui consumo, era stato in precedenza registrato.

Ecco quindi perché quando Alice Sgombri acquista le esche o il carburante per la barca,

oppure quando Mangiafuoco acquista la biada per il cavallo non si registra l’aumento del valore

delle scorte nel conto patrimoniale “scorte di materiali di consumo” ma, invece, il valore dell’input

viene annotato in un conto di reddito (come consumo).

t2) Il consumo di fattori produttivi che offrono la loro utilità per lungo tempo (più di un anno,

come gli automezzi, le poltrone della parrucchiera, gli scaffali dell’ortolano ecc.) non viene registrato né nel momento in cui

avviene né nel momento dell’acquisto del fattore produttivo, bensì viene registrato soltanto nel

momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda, cioè

quando si fa il “bilancio” aziendale.

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Quando si acquista il fattore produttivo “duraturo” si registra in un conto patrimoniale

l’aumento del valore presente in azienda di quel fattore produttivo (attrezzatura, macchinario o altro che sia),

dopo di che si finge che il fattore produttivo conservi intatto il suo valore nonostante l’uso che se ne

sta facendo, ed è soltanto quando si decide di determinare il patrimonio ed il reddito (cioè quando si fa il

bilancio aziendale) che si apportano le correzioni con delle scritture di assestamento.

Infatti in quel momento si dovrà: a) diminuire il saldo (registrando in avere la diminuzione del suo valore) del

conto patrimoniale in cui al momento dell’acquisto fu inserito il valore del bene, così da

correggerne il valore contabile facendo in modo che rispecchi la realtà; b) registrare in un conto di

reddito tale diminuzione di valore in quanto rappresenta il consumo del fattore produttivo durevole,

e quindi la si registrerà in dare del conto “ammortamento” (che significa perdita di valore, usura).

Ad esempio, se la sarta Lucia Cecati il 12/3/2016 acquista una nuova macchina da cucire del

valore di 1.140 € (pagando 40 € in contanti e impegnandosi a pagare il resto fra 90 giorni) in

contabilità l’operazione viene registrata in questo modo (in grassetto):

(data di questa registrazione: 12.3.2016)

Dare Attrezzature (P) avere dare debiti v/fornitori (P) avere dare cassa contanti (P) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

(s.i.) xy | | yx (s.i.) (s.i.) xyz |

(1) 1.140 | | 1.100 (1) | 40 (1)

Dopo di che mentre Lucia usa (ed usura) la macchina da cucire non si registra nulla; è

soltanto quando si decide di determinare il reddito prodotto nel periodo nonché la nuova situazione

patrimoniale (cioè quando si fa il bilancio aziendale, ad esempio il 31.12.2016) che si farà la seguente registrazione di

assestamento (ammortamento) (in grassetto e ipotizzando che l’uso abbia causato una diminuzione del valore della macchina da

cucire di 150 €):

dare Attrezzature (P) avere dare ammortamento attrezzature (R) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

(s.i.) xy | |

(1) 1.140 | |

| 150 (data di questa registrazione: 31.12.2016) 150 |

Si può quindi dire che quando si registra l’acquisto di un fattore produttivo si commette in

ogni caso un errore, e lo si fa consapevolmente, avendo comunque l’intenzione di correggerlo prima

di fare il bilancio (con delle registrazioni correttive): se l’acquisto riguarda un bene che si esaurisce nel

momento dell’utilizzo (come il lavoro del dipendente o lo sciampo per il parrucchiere) allora si commette l’errore di

registrarne il consumo in anticipo rispetto al momento effettivo; se invece l’acquisto riguarda un

bene che è in grado di offrire la sua utilità per molto tempo (come la poltrona o le phon del parrucchiere) allora si

commette l’errore di registrarne il consumo (l’ammortamento) in ritardo rispetto al momento dell’effettivo

utilizzo. Ecco perché, quando attraverso il bilancio si vuole dare l’immagine della situazione

dell’azienda a una certa data e la descrizione di ciò che è accaduto in un certo periodo (periodo che

termina in quella data) ci si deve preoccupare di andare a correggere gli errori fatti registrando le

operazioni aziendali durante il periodo, e queste correzioni si inseriscono attraverso altre

registrazioni contabili chiamate “scritture di assestamento”.

t3) La produzione di valore viene registrata non nel momento in cui la si realizza, bensì

quando ciò che è stato prodotto (bene materiale o immateriale che sia) viene venduto. Il valore di ciò

che è stato prodotto ma non ancora venduto viene considerato (aggiunto) soltanto nel momento

in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda (cioè quando si fa il

“bilancio” aziendale). In quella occasione si dovranno anche togliere dal valore della produzione le

vendite di beni prodotti in momenti precedenti il periodo osservato (e questo lo vedremo più avanti).

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Così se per esempio la sarta Lucia Cecati negli ultimi mesi del 2015 ha prodotto 3 abiti da

sposa per un valore complessivo di 15.000 € e li ha poi venduti per 15.000 € nei primi mesi del

2016, quei 15.000 € di valore dovranno risultare nel valore della produzione dell’anno 2015 e non

dell’anno in cui c’è stata la vendita (e quindi faranno aumentare il reddito del 2015 e non quello del 2016). Le

registrazioni che si faranno in contabilità sono queste:

- Al momento della materiale produzione degli abiti non si registra nulla (è un’operazione interna).

- Quando (supponiamo alla fine dell’anno 2015) si vuole fare il bilancio dell’azienda, allora occorrerà

rilevare il componente positivo di reddito e l’incremento del valore patrimoniale costituito dagli

abiti in magazzino, valutati 15.000 € e pronti per la vendita:

dare scorte di prodotti finiti (P) avere dare valore della produzione (*) (R) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

15.000 | (data di questa registrazione: 31.12.2015) | 15.000

(*) In realtà si usa un conto, ovviamente di Reddito, chiamato “variazione rimanenze prodotti”

- Quando nel 2016, magari il 28 gennaio, si vendono gli abiti (supponiamo proprio per 15.000 e con pagamento

posticipato) si registra:

dare vendite abiti da sposa (R) avere dare crediti v/vlienti (P) avere ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

| 15.000 (data di questa registrazione: 28/1/2016) 15.000 |

Supponiamo ora, per semplificare l’esempio, che nel corso del 2016 non avvenga alcuna

altra operazione al di fuori della vendita di quegli abiti: quando – supponiamo il 31.12.2016 – si

farà il bilancio, bisognerà riportare il valore corretto delle scorte di prodotti finiti, e allora occorrerà

ridurre il valore contabile che è errato in quanto risulta ancora di 15.000 € nonostante non vi sia

alcun abito pronto per la vendita (e in contabilità appaiono, invece, ancora 15.000 € di abiti in scorta perché all’atto della vendita le

registrazioni non coinvolsero il conto Patrimoniale “scorte di prodotti finiti” il cui saldo, pertanto, è rimasto quello del 31.12.2015). Ecco allora

che si procederà con questa altra scrittura di assestamento (con data 2016):

dare scorte di prodotti finiti (P) avere dare variazione rimanenze prodotti (R) avere ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (saldo iniziale ) 15.000 | |

| 15.000 (data di questa registrazione: 31.12.2016) 15.000 |

In questo modo i 15.000 € in dare del conto di reddito “variazione rimanenze prodotti”

compensano, annullandoli, i 15.000 € in avere del conto di reddito “vendite abiti da sposa”, in modo

che nel conto economico dell’anno 2016 i componenti positivi di reddito (ricavi) risultino

complessivamente pari a zero (15.000 meno 15.000 = zero) come deve essere in quanto nel corso del 2016

nulla è stato prodotto.

Se nel 2016 gli abiti fossero venduti a un valore diverso rispetto alla valutazione inserita nel

bilancio chiuso al 31.12.2015 (ad esempio 18.000 €) allora il conto economico dell’anno 2016 sarebbe

stato coinvolto per la differenza (nell’esempio, avrebbe registrato un maggior utile di 3.000 €).

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8) Il libro giornale, la chiusura e la riapertura dei conti (ovvero: l’inutile reso obbligatorio)

8.1) Il libro giornale Dopo tanto studiare (?), dovreste almeno aver recepito che lo strumento base della contabilità

generale è il “conto”, cioè (vedi pag. 16) un supporto (di carta o in file) diviso verticalmente in due e intestato

all’oggetto (patrimoniale o reddituale che sia) di cui si vogliono notizie: a sinistra o a destra del foglio, seguendo regole

vecchie ormai di secoli, si annotano dati numerici e alfabetici relativi a ciò che accade in azienda.

Così, se alleviamo struzzi e vogliamo notizie su ciò che è accaduto in passato (nel mese di agosto 2016 o anche dal

1992 fino a ieri) a un elemento patrimoniale della nostra azienda (che movimenti di denaro ci sono stati sul c/c bancario xy, che debiti sono

sorti nel tempo verso il fornitore zt e che pagamenti gli abbiamo fatto, che crediti sono sorti sul cliente wk e quali ci ha già saldato, che attrezzature o che impianti

sono stati acquistati, per quanto li abbiamo ammortizzati e sostituiti nel tempo ecc.) o a un suo componente reddituale (quanti € di carne di struzzo

abbiamo venduto nel terzo trimestre del 2016, quanti € di uova abbiamo fatturato l’anno scorso, che valore di servizi veterinari è stato acquistato nel 2010 o nell’ultimo semestre del 2016, quanto carburante è stato acquistato e quando, quante spese telefoniche abbiamo sostenuto nel 2014, quale è stata nel 2001 la

spesa per noleggiare le incubatrici ecc.) andiamo a cercare le risposte nei conti (da alcuni più vezzosamente chiamati mastrini).

Lo facciamo noi che alleviamo struzzi, lo fa Marchionne (al vertice di Fiat-Chrysler) che produce auto e lo fa la

Ryanair che ci fa volare; fanno tutti così, in tutte le aziende, in tutto il mondo; non si fa così solo nella scuola,

dove si insegna la contabilità su un altro strumento che, invece, in nessuna azienda e in nessun paese nessuno

ha mai usato: l’assolutamente inutile “Libro Giornale” (le maiuscole sono da molti – non da me - considerate doverose in quanto questo

strumento è imposto dalla legge). Attenzione, non sto dicendo che le aziende non facciano e non stampino il “libro

giornale”, infatti lo fanno e lo stampano tutte, ma solo perché sono obbligate (dall’articolo 2214 del codice civile);

immediatamente dopo averlo stampato lo archiviano in cantina (o, in formato pdf, in una cartella del computer) e lo

riprenderanno in mano solo se, in seguito a una qualche causa legale, un avvocato o un magistrato vorrà (far finta

di) leggerne qualche (per lui incomprensibile) pagina.

Il libro giornale serve a nulla perché è solo il diario di ciò che è accaduto, uno stupido elenco dei fatti

ordinati solo cronologicamente e senza alcun altro criterio: così se, ad esempio, volete sapere dal libro giornale

quanti soldi vi deve oggi un cliente con cui intrattenete affari dal 2005, allora dovrete leggervi tutte le pagine

del diario dal 2005 a oggi, qualche decina di migliaia (se siete una piccola azienda) o qualche milione di pagine (se siete

una grande azienda), impiegando qualche settimana (o parecchi anni) di lavoro di un impiegato e sopportando così un

costo di qualche centinaio (o di molte decine di migliaia) di euro e ritraendone un’utilità nulla (perché la risposta arriverebbe troppo

tardi per servire ancora; probabilmente, poi, sarebbe anche sbagliata essendo quasi impossibile che nulla sfugga all’incaricato della lettura).

Sono almeno tre i motivi per cui a scuola si fanno fare le registrazioni d’esercizio (quelle che sa fare anche il ragioniere

di serie B e che spesso fa automaticamente un software del computer) e le registrazioni di assestamento (quelle che sa fare il ragioniere di serie A e

che il sw del computer non può fare da solo) sul giornale invece che sui conti: un po’ per inerzia di quiete (si è sempre fatto così, e la

Fisica insegna che per modificare la direzione di marcia occorre applicare una forza), un po’ per tradizione (i docenti sono quasi tutti anziani e gli

anziani sono in genere conservatori) e un po’ per comodità (si fa prima a correggere le verifiche se le operazioni sono registrate a giornale).

A meno che io non muoia (probabilità nulla) o vada in pensione (probabilità minima) o voi, in seguito a bocciatura,

cambiate sezione (e qui le probabilità aumentano), voi continuerete a fare le registrazioni sui mastrini. Ma nel caso

cambiaste insegnante di economia aziendale, sappiate che la forma grafica con cui dovrete registrare, ad

esempio, il pagamento fatto l’11 settembre di un debito di 2.100,00 € a un fornitore con l’emissione di un

assegno di 2.000,00 € e la consegna di una banconota da 100,00 €, non è quella a cui siete abituati, e cioè:

Dare Debiti v/Fornitori P Avere Dare Banca c/c P Avere Dare Cassa P Avere

(11/9) 2.100,00 | | 2.000,00 (11/9) | 100,00 (11/9)

| | |

ma quest’altra: (vedi anche, ad esempio, il libro a pagina 128). Cambia solo la forma della registrazione, ma le regole,

ovviamente, restano le stesse.

Dare Avere ------------------------------------------------------------------------------ (11/9) -----------------------------------------------------------------

Debiti v/fornitori | 2.100,00 | |

Banca c/c | | 2.000,00 |

Cassa | | 100,00 |

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8.2) La chiusura e la riapertura dei conti

Per la chiusura e la riapertura dei conti il discorso è analogo a quanto appena visto per il

“giornale”, nel senso che anche la “chiusura” e la successiva “riapertura” dei conti sono operazioni che

servono a niente ma che pure, in azienda, sono effettivamente fatte.

La differenza rispetto al caso precedente è che mentre il libro giornale lo si fa solo per rispettare

una stupida norma del codice civile, la chiusura e la riapertura dei conti la si fa solo per un reale motivo tecnico

operativo che vedremo fra qualche riga.

In un caso e nell’altro, comunque, c’è ben poco di impegnativo; il difficile, infatti, è fare tutte e

correttamente le scritture d’esercizio e quelle di assestamento, scritture che si fanno a video sul computer

inserendo gli importi in dare o in avere di qualche mastrino, dopo di che: per fare il giornale si clicca “Stampa Giornale” sul menù del programma di contabilità generale, mentre per la chiusura e la riapertura dei conti i

click sono tre: sempre nel menù del programma di contabilità generale, prima si clicca “Chiusura conti economici”, poi su “Chiusura patrimoniale” e infine su “Riapertura conti patrimoniali”. Tre cliccate e via, non

serve un ragioniere, né di serie A né di B: basta uno scimpanzé appena ammaestrato.

.

8.2.1) La chiusura dei conti economici

Già sapete come si fa il conto economico: dopo aver fatto tutte le scritture d’esercizio e

quelle di assestamento, si va a vedere quale è il saldo di ogni conto di reddito e i saldi “Dare” (cioè

l’eccedenza della somma degli importi scritti nella sezione di sinistra del conto rispetto alla somma degli importi scritti a destra) li si

riporta a sinistra del “Conto economico” a fianco del nome del conto (e così si segnalano i costi del periodo)

mentre i saldi “Avere” li si scrive a destra (indicando così il valore dei ricavi).

Tenete sempre ben presente lo scopo per cui si fa il conto economico: informare su che

valore l’azienda ha prodotto, in beni e servizi, in un certo periodo (ad esempio l’anno 2016) e su che valore

l’azienda ha consumato o perso in fattori produttivi (lavoro, energia, materie prime, attrezzature ecc.) per produrre

quei beni; la differenza fra questi due valori ci informa, infine, su che valore l’azienda ha creato nel

periodo (arricchendo l’umanità dell’utile ottenuto) o su che valore ha distrutto (impoverendo l’umanità di un importo pari alla

perdita subita).

Il conto economico, contenendo dati di flusso, si riferisce sempre a un periodo di tempo,

perciò dopo aver fatto il bilancio di un certo periodo, ad esempio dell’anno 2016, quei ricavi e quei

costi che lì (nel conto economico del bilancio) sono stati riportati non avranno nulla a che fare con i ricavi e i

costi del periodo successivo (ad esempio l’anno 2017) di cui in futuro vorrò avere informazioni. Ecco

perché dopo aver fatto il bilancio al 31/12 2016 è necessario che i conti di reddito accesi (= intestati) ai

ricavi e ai costi ripartano da zero, puliti da qualsiasi importo precedente. E’ a questo che serve

l’operazione di chiusura dei conti di reddito: ad azzerare i loro saldi dopo che si è fatto un bilancio,

in modo che, successivamente alla data del bilancio appena fatto (ad esempio il 31/12/2016), nei conti di

reddito si accumulino giorno dopo giorno solo i componenti di reddito positivi o negativi (= ricavi o costi)

relativi al periodo che sarà oggetto del bilancio successivo (ad esempio l’anno 2017).

L’operazione, tecnicamente, si svolge in questo modo: si prende un conto, lo si chiama

“Conto Economico” (mezzo secolo fa, quando tentavo di comprendere la partita doppia con risultati ancor più sconfortanti dei vostri, lo si chiamava

“Conto profitti e perdite”), e in esso con un’unica registrazione si scrivono a sinistra (in Dare) tutti i saldi dei

conti di reddito che hanno saldo “Dare”, e a destra (in Avere) tutti i saldi dei conti di reddito che hanno

saldo “Avere”. In base alla regola aurea della partita doppia, se scrivo degli importi in Dare (o in

Avere) di un conto (in questo caso il conto d’ordine (*) “Conto Economico”) allora quegli stessi importi devono

anche essere scritti rispettivamente in Avere (o in Dare) di qualche altro conto, e infatti li si scrive

ognuno nel conto di reddito di cui quell’importo rappresenta il saldo. Ecco, così, che ogni conto di

reddito si ritroverà, dopo questa operazione di registrazione (chiamata “chiusura economica”) con saldo pari a

zero; contemporaneamente il conto “Conto Economico” in cui sono stati riportati tutti i saldi dei

conti di reddito avrà un saldo pari al reddito prodotto nel periodo, cioè avrà un saldo “Avere” pari

all’utile (se i ricavi sono stati maggiori dei costi) oppure avrà un saldo “Dare” pari alla perdita del periodo (se i costi

sono stati maggiori dei ricavi).

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A questo punto i conti di reddito sono chiusi (cioè, come già detto, hanno saldo zero) e quindi sono

pronti a raccogliere i ricavi e i costi del nuovo periodo, il periodo di tempo che comincia un

nanosecondo dopo la mezzanotte dell’ultimo giorno del periodo di cui si è fatto il bilancio. E’ però

ora aperto (ha, cioè, un saldo diverso da zero) il conto d’ordine “Conto Economico” poiché il saldo di questo

conto d’ordine è pari all’utile o alla perdita (se, rispettivamente, i ricavi del periodo che abbiamo chiuso con l’ultimo bilancio

sono stati superiori o inferiori ai costi). La successiva annotazione contabile sarà trasferire questo saldo dal

Conto Economico (che così si chiude, arrivando al saldo zero) al conto “Capitale Netto”, il cui saldo iniziale in

questo modo aumenterà di un importo pari all’utile (recependo la registrazione in Avere) o diminuirà della

perdita (accogliendo in dare l’importo proveniente dal Conto Economico). Il conto d’ordine “Conto Economico” non

sarà mai più usato fino al successivo bilancio, quando dovremo fare una nuova operazione di

chiusura del conti economici.

(*) Il conto “Conto Economico” rientra fra i conti detti “d’ordine” in quanto non è né un conto di Reddito né un conto Patrimoniale, infatti in esso non si annota alcuna operazione aziendale che determina un componente di reddito (un ricavo o un costo) o che modifica un elemento patrimoniale (migliorandone o peggiorandone il valore). Esso, così come suo cugino il conto “Stato Patrimoniale”, serve solo come conto d’appoggio per fare la scrittura di chiusura della contabilità del periodo di cui si sta facendo il bilancio; serve, insomma, solo per mettere in ordine, uno dopo l’altro, i saldi dei conti di reddito (o, nel caso del cugino “Stato Patrimoniale”, i saldi dei conti patrimoniali).

Un esempio per chiarire (ma è anche un esercizio per ripassare). Accertatomi di aver ormai raggiunto la completa impossibilità di trasmettere alcunché agli alunni, a fine novembre 2016 mi dimetto dalla scuola e in dicembre comincio l’attività di mercante d’arte. Nel mese di dicembre svolgo queste sole quattro azioni:

1) apporto nella neonata azienda “L’arte di Massa” 35,00 € in contanti prelevati dalla zuccheriera in cui conservo tutti i miei risparmi di una vita; destino anche all’attività aziendale il mio cellulare seminuovo, il cui valore stimo essere di 15,00 €; 2) acquisto una ricarica telefonica da 25,00 € pagando in contanti (il credito residuo precedente era zero); 3) telefono a Guido Barilla e lo convinco a vendermi il suo quadro “Il romanzo di una cucitrice” di Umberto Boccioni per 1.500.000,00 €, pagamento entro il 6/1/2017 e consegna il 15 gennaio ore 8 presso la Collezione d’Arte Moderna Barilla in via Mantova a Pedrignano (PR); 4) telefono a Bill Gates e lo convinco ad acquistare il quadro per 2.000.000,00 €, pagamento entro il 2/1/2017 e consegna il 15 gennaio ore 9 presso il Bar Chiozzola in via Mantova a Pedrignano (PR). a1) Alla mezzanotte del 31/12/2016 il valore del mio cellulare è stimabile in 14,99 €; a2) Alla mezzanotte del 31/12/2016 il valore del mio credito telefonico residuo risulta di 1,00 €.

In questo riquadro propongo lo svolgimento completo dell’esercizio così come abbiamo sempre fatto, con le scritture

d’esercizio [ 1), 2), 3), e 4) ], le scritture di assestamento [ a1) e a2) ], l’evidenziazione dei saldi di tutti i conti [ (S.F.) per i conti

patrimoniali e (S.F.) per quelli di reddito ] e il loro riepilogo nei prospetti del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale.

D Cassa P A D Attrezzature P A D Capitale Netto P A D Spese telefoniche R A 1) 35,00 | 1) 15,00 | | 50,00 1) 2) 25,00 | | 25,00 2) | 0,01 a1) | 1,00 a2)

(S.F.) 10,00 | (S.F.) 14,99 | (S.F.) 24,00 |

D Merci c/acquisti R A D Debiti v/G. Barilla P A D Merci c/vendite R A D Crediti v/Bill Gates P A 3) 1.500.000,00 | | 1.500.000,00 3) | 2.000.000,00 4) 4) 2.000.000,00 | (S.F.) 1.500.000,00 | | 1.500.000,00 (S.F.) | 2.000.000,00 (S.F.) (S.F.) 2.000.000,00 |

D Ammortamenti R A D Crediti v/Vodafone P A Costi L’arte di Massa Conto Economico Dicembre 2016 Ricavi a1) 0,01 | a2) 1,00 | Merci c/acquisti 1.500.000,00 | 2.000.000,00 Merci c/vendite

( S.F.) 0,01 | (S.F.) 1,00 | Spese telefoniche 24,00 |

Ammortamenti 0,01 |

Impieghi L’arte di Massa Situazione Patrimoniale 31/12/2016 Fonti Utile del periodo 499.975,99 | Attrezzature 14,99 | 1.500.000,00 Debiti v/G. Barilla

Crediti v/Bill Gates 2.000.000,00 | Crediti v/ Vodafone 1,00 | 500.025,99 Capitale Netto

Cassa 10,00 |

Totale attivo 2.000.025,99 | 2.000.025,99 Totale fonti di finanziamento . [C.N.finale meno C.N.iniziale : 500.025,99 - 50,00 = 499.975,99 (reddito del periodo) ] .

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Qui sotto, invece, trovate le scritture che apparirebbero nella contabilità reale dell’azienda dopo l’operazione di

chiusura dei conti di reddito e dopo anche il trasferimento del risultato economico (utile di 499.975,99 €) al

Capitale Netto.

D Cassa P A D Attrezzature P A D Capitale Netto P A D Spese telefoniche R A 1) 35,00 | 1) 15,00 | | 50,00 1) 2) 25,00 |

| 25,00 2) | 0,01 a1) | 499.975,99 giroconto risultato d’es.) | 1,00 a2)

| | 24,00 chiusura economica) (saldo nullo)

D Merci c/acquisti R A D Debiti v/G. Barilla P A D Merci c/vendite R A D Crediti v/Bill Gates P A 3) 1.500.000,00 | | 1.500.000,00 3) | 2.000.000,00 4) 4) 2.000.000,00 | | 1.500.000,00 chiusura econ.) Chiusura ec.) 2.000.000,00 | (saldo nullo) (saldo nullo)

D Ammortamenti R A D Crediti v/Vodafone P A D Conto Economico d’Ordine A

a1) 0,01 | a2) 1,00 | chiusura economica) 1.500.000,00 | 2.000.000,00 chiusura economica)

| 0,01 chiusura economica) chiusura economica) 24,00 | (saldo nullo) chiusura economica) 0,01 |

giroconto risultato d’es.) 499.975,99 |

A questo punto sono chiusi tutti i conti di reddito, e quindi sono già pronti per recepire i nuovi componenti

reddituali che si formeranno con le operazioni del nuovo periodo, cioè con i fatti che accadranno dal 1/1/2017;

inoltre, il saldo del conto Patrimoniale “Capitale Netto” è corretto in quanto contiene anche il risultato

economico dell’ultimo periodo.

8.2.2) La chiusura dei conti patrimoniali

Così come, terminate le scritture di assestamento, i saldi dei conti di Reddito sono girati (= trasferiti) al conto

d’Ordine “Conto Economico”, immediatamente dopo (ma non prima di aver trasferito al conto Patrimoniale “Capitale Netto” il risultato

economico individuato dal saldo che si è creato nel conto “Conto Economico”) anche i saldi dei conti Patrimoniali vengono girati al conto

d’Ordine “Stato Patrimoniale”, e questa operazione la si fa al solo scopo di avere riassunti in un prospetto tutti

i valori patrimoniali (gli attivi in Dare, i passivi e il netto in Avere di questo secondo conto d’ordine). Dopo questa operazione tutti i conti

(di reddito, patrimoniali o d’ordine che siano) hanno saldo zero. Riprendendo l’esempio di prima, la contabilità dell’azienda

L’arte di Massa ora, dopo la chiusura patrimoniale, appare così:

D Cassa P A D Attrezzature P A D Capitale Netto P A D Spese telefoniche R A 1) 35,00 | 1) 15,00 | | 50,00 1) 2) 25,00 |

| 25,00 2) | 0,01 a1) | 499.975,99 giroconto risultato d’es.) | 1,00 a2) | 10,00 chiusura patrimoniale) | 14,99 chiusura patr.) ch.patr.) 500.025,99 | | 24,00 chiusura economica) (saldo zero) (saldo zero) (saldo zero) (saldo zero)

D Merci c/acquisti R A D Debiti v/G. Barilla P A D Merci c/vendite R A D Crediti v/Bill Gates P A 3) 1.500.000,00 | | 1.500.000,00 3) c | 2.000.000,00 4) 4) 2.000.000,00 |

| 1.500.000,00 ch.econ.) ch.patr.) 1.500.000,00 | chiusura ec.) 2.000.000,00 | | 2.000.000,00 chiusura patrim.) (saldo zero) (saldo zero) (saldo zero) (saldo zero)

D Ammortamenti R A D Crediti v/Vodafone P A D Conto Economico d’Ordine A

a1) 0,01 | a2) 1,00 | chiusura economica) 1.500.000,00 | 2.000.000,00 chiusura economica) | 0,01 chiusura economica) | 1,00 chiusura patrimoniale) chiusura economica) 24,00 |

(saldo zero) (saldo zero) chiusura economica) 0,01 |

giroconto risultato d’es.) 499.975,99 | (saldo zero)

D Stato patrimoniale d’Ordine A

chiusura patrimoniale 10,00 | 500.025,99 chiusura patrimoniale

chiusura patrimoniale 14,99 | 1.500.000,00 chiusura patrimoniale

chiusura patrimoniale 2.000.000,00 | chiusura patrimoniale 1,00 | (saldo zero)

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8.2.3) La riapertura dei conti patrimoniali

Che i conti di reddito all’inizio del nuovo periodo siano chiusi (abbiano cioè saldo zero) ci fa piacere, nel senso

che ci serve: in questo modo i saldi che si otterranno in seguito alle registrazioni dei fatti che accadranno in

futuro ci diranno quali sono i ricavi e i costi del prossimo periodo di cui vorremo fare il bilancio.

Al contrario, il fatto che i conti patrimoniali abbiano, dopo l’operazione di chiusura, saldo pari a zero è

una fregatura: se in una azienda, alla mezzanotte del 31/12/2016, il debito su c/c del Credem era 123.456 € e le

attrezzature avevano un valore stimato in 987.654 €, quei valori sono ovviamente ancora presenti nel suo

patrimonio anche un millesimo di secondo dopo (cioè alle 00h 00m 00,001s dell’1/1/2017), e invece la contabilità ora ci dice

che c’è più nulla, che quei i valori patrimoniali, attivi e passivi, sono spariti. Per rimediare a questa coglionata

non resta altro che fare la terza operazione meccanica (il terzo clic dal da parte dello scimpanzé ammaestrato): fare la

registrazione esattamente opposta a quella, appena fatta, di chiusura dei conti patrimoniali, cioè fare la

“riapertura” dei conti patrimoniali per rimettere in Dare i saldi che già prima della chiusura erano in Dare e

rimettere in Avere i saldi che già prima erano in Avere dei conti patrimoniali. Fatta questa operazione, nei

conti patrimoniali e nei due conti d’Ordine dell’azienda “L’arte di Massa” si leggeranno queste scritture (quelle

di chiusura hanno data 31/12/2016, quella di riapertura 1/1/2017):

D Cassa P A D Attrezzature P A D Capitale Netto P A D Stato patrimoniale d’Ordine A

1) 35,00 | 1) 15,00 | | 50,00 1) chiusura patrimoniale) 10,00 | 500.025,99 chiusura patrimoniale)

| 25,00 2) | 0,01 a1) | 499.975,99 giroconto utile) chiusura patrimon.) 14,99 | 1.500.000,00 chiusura patrimoniale)

| 10,00 chiusura patrimoniale) | 14,99 chius. patr.) ch.patr.) 500.025,99 | chiusura patrimon.) 2.000.000,00 |

(saldo zero) (saldo zero) (saldo zero ) chiusura patrimoniale 1,00 | riapert.patr.) 10,00 | riapertura patr.) 14,99 | | 500.025,99 riapertura patr.) (saldo zero) riapertura patrimoniale) 500.025.99 | 10,00 riapertura patrimoniale) riapertura patrimon.) 1.500.000,00 | 14,99 riapertura patrimoniale) | 2.000.000,00 riapertura patrimon.) | 1,00 riapertura patrimoniale) (saldo zero)

D Debiti v/G. Barilla P A D Crediti v/Bill Gates P A D Crediti v/Vodafone P A | 1.500.000,00 3) 4) 2.000.000,00 | a2) 1,00 |

chiusura patr.) 1.500.000,00 | | 2.000.000,00 chiusura patrim.) | 1,00 chiusura patrimoniale) (saldo zero) (saldo zero) (saldo zero) | 1.500.000,00 riapert. patr.) riapert. patr.) 2.000.000,00 | riapertura patrimoniale) 1,00 |

D Merci c/acquisti R A D Merci c/vendite R A D Conto Economico d’Ordine A

3) 1.500.000,00 | | 2.000.000,00 4) chiusura economica) 1.500.000,00 | 2.000.000,00 chiusura economica)

| 1.500.000,00 ch.econ.) chiusura ec.) 2.000.000,00 | chiusura economica) 24,00 |

(saldo zero) (saldo zero) chiusura economica) 0,01 |

giroconto utile) 499.975,99 | (saldo zero)

D Spese telefoniche R A D Ammortamenti R A 2) 25,00 | a1) 0,01 |

| 1,00 a2) | 0,01 chiusura economica)

| 24,00 chiusura economica) (saldo zero)

(saldo zero)