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FISM - Torino
Educazione, scuola, famiglia
nella Dottrina sociale della Chiesa
Prof. Redi Sante Di Pol
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Educazione, scuola, famiglia nella Dottrina sociale della Chiesa
Sommario1. Introduzione
2. Storia
3. Principi della Dottrina Socialea. Dignità persona umana
b. Bene comune
c. Solidarietà
d. Sussidiarietà
4. Valori
5. Famiglia
6. Scuola
a. Divini Illius Magistri (1929)
b. Gravissimum Educationis (1965)
c. La Scuola cattolica (1977)
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1.1 Introduzione
Dottrina sociale della Chiesa
Complesso di principi e norme con cui la Chiesa cattolica interviene nelle questioni sociali, offrendo orientamenti all’azione dei fedeli, ma anche a tutti gli uomini “di buona volontà”.
La Chiesa “accompagna gli uomini nella loro ricerca” in tutti i settori e momenti della vita individuale e collettiva da semplice “esperta in umanità” senza modelli compiuti e definitivi da proporre (Gaudium e Spes, 1965)
La DSC è una mediazione e raccordo tra ispirazione di fede e mutevoli situazioni storiche (Octogesima adveniens, 1971)
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1.2 IntroduzioneLa Dottrina sociale della Chiesa non è una ideologia
La dottrina sociale della Chiesa non è una «terza via» tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un'ideologia, ma l'accurata formulazione dei risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell'ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale.
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, N. 41
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2.1 Storia
1891 – Rerum Novarum
Ricostituzione ordine sociale cristiano per risolvere la questione sociale
Leone XIII
Condanna individualismo liberale e classismo marxista
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2.2 Storia
1931 – Quadragesimo anno
Contro statolatria “pagana” di fascismo, nazismo e comunismo
Scelta della democrazia e centralità della persona umana nella politica e nella economia
1942-1944 – Radiomessaggi natalizi
Pio XI
Pio XII
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2.3 Storia1961 – Mater et Magistra
1963 – Pacem in terris
Valore positivo ed autonomo della politica per risolvere i mali dell’umanità
Sviluppo integrale, “volto cioè alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”
1967 – Populorum progressio1971 – Octogesima adveniens
Giovanni XXIII
Paolo VI
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2.4 Storia
Solidarietà non è un semplice sentimento, ma la “determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune”.
1988 – Sollicitudo rei socialis
1991 – Centesimus annus
Giovanni Paolo II
Realizzazione della piena dignità dell’uomo.
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3. Principi della Dottrina Sociale della Chiesa
a. Dignità della persona umana
b. Bene comune
c. Solidarietà
d. Sussidiarietà
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3.a Dignità della persona umana
Una società giusta può essere realizzata solo nel rispetto della dignità della persona umana.
La persona umana rappresenta il fine ultimo della società, la quale è ad essa ordinata
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3.a Dignità della persona umana
Il rispetto della dignità umana non può assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: bisogna « considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro se stesso, tenendo conto prima di tutto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente ».(Gaudium et spes, N. 27)
Primato della persona umana
Una società giusta può essere realizzata soltanto nel rispetto della dignità della persona umana. Essa rappresenta il fine ultimo della società, la quale è ad essa ordinata: “Pertanto l'ordine sociale e il suo progresso devono sempre far prevalere il bene delle persone, perché l'ordine delle cose dev'essere adeguato all'ordine delle persone e non viceversa” (Gaudium et spes, N. 26)
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3.a Dignità della persona umana
La persona non può essere finalizzata a progetti di carattere economico, sociale e politico imposti da qualsivoglia autorità, sia pure in nome di presunti progressi della comunità civile nel suo insieme o di altre persone, nel presente o nel futuro.
In nessun caso la persona umana può essere strumentalizzata per fini estranei al suo stesso sviluppo.
Per questa ragione né la sua vita, né lo sviluppo del suo pensiero, né i suoi beni, né quanti condividono la sua vicenda personale e familiare, possono essere sottoposti a ingiuste restrizioni nell'esercizio dei propri diritti e della propria libertà.
Tutto questo, ancora una volta, si fonda sulla visione dell'uomo come persona, vale a dire come soggetto attivo e responsabile del proprio processo di crescita, insieme alla comunità di cui è parte.
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3.b Bene comune
Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso. Per bene comune s'intende “l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente”. (Gaudium et Spes, N. 26)
Il bene comune è il prodotto delle felicità di tutti gli esseri umani, nessuno escluso.
E’ contrapposto al bene totale, per cui la presenza di un certo numero di esclusi dal godimento della felicità non costituisce problema per il funzionamento globale della società. Come l'agire morale del singolo si realizza nel
compiere il bene, così l'agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale.
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3.c Solidarietà
La solidarietà è uno dei principi basilari dell'intero insegnamento sociale della Chiesa
« Il principio, che oggi chiamiamo di solidarietà, ... è più volte enunciato da Leone XIII col nome di “amicizia”, che troviamo già nella filosofia greca, da Pio XI è designato col nome non meno significativo di “carità sociale”, mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parlava di “civiltà dell'amore” » (Centesimus annus, N. 10).
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3.c Solidarietà
La solidarietà assurge al rango di virtù sociale fondamentale poiché si colloca nella dimensione della giustizia, virtù orientata per eccellenza al bene comune, e nell'impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto.
La solidarietà è una virtù morale, non un “sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. E’ la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti”. (Sollicitudo rei socialis, N. 38)
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3.d Sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà è garante del carattere pluralista di ogni ordinamento politico e sociale e del rispetto della libertà e dignità della persona.
Secondo il principio di sussidiarietà nessuna autorità sovraordinata (a partire dallo Stato) può annullare o assorbire i membri del corpo sociale organizzati in società minori (la famiglia in primo luogo), intervenendo nel settore di competenza di queste, se non con una funzione di sostegno e di aiuto (subsidium) nel solo caso esse non fossero in grado di far fronte da sole ai loro compiti.
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3.d Sussidiarietà
Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle. (Quadragesimo Anno, N. 23)
Pio XI
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3.d Sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà protegge le persone dagli abusi delle istanze sociali superiori e sollecita queste ultime ad aiutare i singoli individui e i corpi intermedi a sviluppare i loro compiti. Questo principio si impone perché ogni persona, famiglia e corpo intermedio ha qualcosa di originale da offrire alla comunità. L'esperienza attesta che la negazione della sussidiarietà, o la sua limitazione in nome di una pretesa democratizzazione o uguaglianza di tutti nella società, limita e talvolta anche annulla lo spirito di libertà e di iniziativa.
« Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, lo Stato assistenziale provoca la perdita di energie umane e l'aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese ».(Centesimus Annus, N. 48)
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3.d Sussidiarietà
All'attuazione del principio di sussidiarietà corrispondono: 1. il rispetto e la promozione effettiva del primato della persona e della famiglia; 2. la valorizzazione delle associazioni e delle organizzazioni intermedie, nelle proprie scelte fondamentali e in tutte quelle che non possono essere delegate o assunte da altri; 3. l'incoraggiamento offerto all'iniziativa privata, in modo tale che ogni organismo sociale rimanga a servizio, con le proprie peculiarità, del bene comune; 4. l'articolazione pluralistica della società e la rappresentanza delle sue forze vitali; 5. la salvaguardia dei diritti umani e delle minoranze; 6. il decentramento burocratico e amministrativo; 7. l'equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata, con il conseguente riconoscimento della funzione sociale del privato; 8. un'adeguata responsabilizzazione del cittadino nel suo « essere parte » attiva della realtà politica e sociale del Paese.
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4. Valori
1. Carità
2. Verità
3. Libertà
4. Giustizia
Valori fondamentali nella vita sociale
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5. Famiglia
La famiglia, comunità naturale in cui si esperimenta la socialità umana, contribuisce in
modo unico e insostituibile al bene della società.
Priorità della famiglia rispetto alla società e allo Stato.
La società e lo Stato, nelle loro relazioni con la famiglia, hanno l’obbligo di attenersi al principio di sussidiarietà.
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5. Famiglia
La famiglia ha un ruolo del tutto originale e insostituibile nell'educazione dei figli
Il diritto-dovere dei genitori di educare la prole si qualifica « come essenziale, connesso com'è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e ... pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato ». (Familiaris consortio, N. 36)
I genitori hanno il diritto-dovere di impartire un'educazione religiosa e una formazione morale ai loro figli: diritto che non può essere cancellato dallo Stato, ma rispettato e promosso; dovere primario, che la famiglia non può trascurare o delegare.
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5. Famiglia
I genitori sono i primi, ma non gli unici, educatori dei lori figli. Spetta a loro, dunque, esercitare con senso di responsabilità l'opera educativa in stretta e vigile
collaborazione con gli organismi civili ed ecclesiali.
I genitori hanno il diritto di scegliere gli strumenti formativi rispondenti alle proprie convinzioni e di cercare i mezzi che possano aiutarli nel loro compito di educatori, anche nell'ambito spirituale e religioso. Le autorità pubbliche hanno il dovere di garantire tale diritto e di assicurare le condizioni concrete che ne consentono l'esercizio.
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6. Educazione e scuola
1929 – Divini Illius Magistri
1965 – Gravissimum Educationis
1977 – La scuola cattolica