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1. RISTORAZIONE COLLETTIVA
La sicurezza igienica nei servizi ristorativi consiste nel garantire la qualità e l’integrità degli
alimenti in tutte le fasi di produzione, deposito, trasformazione, confezionamento, trasporto e
distribuzione fino al consumatore finale. La produzione del vitto segue determinate tappe:
• approvvigionamento, stoccaggio e conservazione delle derrate alimentari;
• preparazione e cottura dei cibi;
• porzionamento e confezionamento del vitto;
• veicolazione del pasto/trasporto ai reparti di degenza, distribuzione e somministrazione del vitto;
• pulizia ed igienizzazione dei locali, degli impianti, delle attrezzature e dei carrelli scaldavivande
utilizzati;
• cura igienica personale e dell’abbigliamento di lavoro degli addetti alla manipolazione degli
alimenti e vitto, i quali dovranno essere in possesso dell’attestato di alimentarista e indossare
sempre la divisa completa e pulita;
Dovranno essere rispettati elevati standard igienici e nutrizionali per assicurare condizioni di
massima sicurezza.
Le disposizioni legislative vigenti si basano sul Regolamento CE 8527/2004, il quale deve essere
progettato e realizzato in modo da consentire di evitare la promiscuità delle diverse fasi di
lavorazione. Per tale motivo in un esercizio ristorativo è necessario distinguere due zone:
• Una zona ad alto rischio di contaminazione (o grigia), che include ad esempio il magazzino,
l’area per lo smaltimento dei rifiuti e i servizi igienici;
• Una zona a basso rischio di contaminazione (o bianca), rappresentata principalmente
dall’area di preparazione degli alimenti
Maggiore è la barriera igienica tra la zona grigia e quella bianca, più efficace risulta la lotta per
impedire la diffusione dei microrganismi. Gli alimenti che vengono preparati dovranno essere privi
di sostanze tossiche e/o microrganismi patogeni e/o tossine per ovviare all’incursione di effetti
dannosi alla salute: infezione, intossicazione, tossinfezione alimentare.
Tracciabilità e rintracciabilità sono le parole chiave per capire il livello di trasparenza raggiunto
da un’azienda nella comunicazione con il consumatore. Sono state volute dalla Comunità Europea
per rafforzare la sicurezza e la tutela della salute dei consumatori. Un ruolo importante nella
sicurezza alimentare viene svolto anche dall’EFSA (European Food SafetynAuthority) che
fornisce assistenza indipendente per le prove scientifiche. Tracciare significa la capacità di
descrivere il percorso di una materia prima attraverso i vari passaggi lungo la filiera produttiva;
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rintracciare significa, invece, ricostruire, all’indietro l’intero percorso di un prodotto, dal suo stato
finale alle materie di partenza.
Dal 22 ottobre 2017 torna ad essere l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione
sull’etichetta dei prodotti alimentari. Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade si erano
attivate per promuovere il ripristino dell’obbligo – già vigente tra il 1992 e il 2014 – lanciando
una petizione su Change.org. Dal punto di vista sanitario, la disponibilità immediata
dell’informazione della sede dello stabilimento nei casi di allerta, consente alle autorità di
ricostruire la filiera e accorciare notevolmente i tempi di indagine. Il nuovo decreto
legislativo sull’obbligo dello stabilimento di produzione datato 15 settembre 2017 n.145, è
stato pubblicato sabato 7 ottobre 2017 e riporta regole ben precise. Il decreto “reca disposizioni
relative alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”, in conformità e a integrazione
di quanto prescritto dal reg. UE n. 1169/2011. Con l’obiettivo di garantire la “corretta e completa
informazione al consumatore e della rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di
controllo, nonché per la tutela della salute” (articolo 1). In particolare a Villa Ranuzzi, così come
nelle strutture ad essa collegate, la porzionatura ed il confezionamento avviene in modo sicuro in
modo da assicurare una perfetta chiusura, in idoneo materiale per alimenti, elevato standard
qualitativo e facilità d’uso in relazione alla peculiare tipologia di utenza. Viene indicato con
etichetta il contenuto attraverso specifiche sigle identificative es. A1 primo piatto del giorno, B4
carne bianca ai ferri, ecc. e, nel caso di diete personalizzate, l’appartenenza del singolo paziente
destinatario. I cibi distribuiti in linea calda (> 65°C) vengono inviati distintamente dai cibi freddi.
I contenitori termici florida sono utilizzati per il trasporto e la distribuzione dei cibi caldi e in essi
si riscontrano caratteristiche tecniche tali, da mantenere le temperature previste per legge, sono
chiudibili per evitare dispersione termica e, se non monouso, sono costruiti in maniera tale da poter
essere puliti ed igienizzati dopo ogni singola utilizzazione. I tempi occorrenti per il vitto veicolato
in linea calda (porzionatura, confezionamento in mono-multiporzione, trasporto, distribuzione ai
reparti/strutture) sono ridotti al minimo indispensabile al fine di non alterare le caratteristiche
organolettiche del cibo. La distribuzione del vitto, invece, avviene in tempi tali da permetterne il
consumo negli orari indicati nelle strutture. La popolazione anziana si caratterizza per l’ampia
dispersione dei parametri fisiologici e quindi si deve ricorrere ad ampi intervalli di valori a cui
corrispondono condizioni fisiche molto differenti, come per esempio: funzioni gastrointestinali
meno efficaci, ridotta motilità intestinale, masticazione inadeguata, ridotta funzionalità cardiaca,
che hanno come conseguenze, diminuzione del metabolismo basale, ridotta capacità digestiva,
intolleranza per alcuni cibi, scelta spontanea di alimenti teneri. Considerata questa situazione,
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l’alimentazione negli anziani deve comportare delle scelte “mirate” al fine di ottenere
un’alimentazione utile, adeguata e ben accetta, al fine di provvedere a ritardare l’invecchiamento,
minimizzare i sintomi delle malattie proprie della vecchiaia, a sconfiggere l’abituale tendenza alla
monotonia della dieta contemplando variazioni degli alimenti nel rispetto della tradizione delle
propria regione. L’invecchiamento non avviene in modo lineare ma accelera significativamente
intorno ai 75 anni. Un pasto può dirsi equilibrato quando rispetta l’apporto necessario di
carboidrati, proteine e lipidi. Il menù è l’atto da cui prende origine tutto l’iter organizzativo e
progettuale. L’individuazione del menù, del tipo d’utenza e del tipo di servizio sono quindi alla
base di ogni scelta funzionale e produttiva. La decisione relativa quindi a cosa far mangiare deve
coincidere anche, in una corretta logica di sistema, con la scelta su come fare da mangiare e come
distribuire il pasto all’utente (2).
2. PRENOTAZIONE E GESTIONE DEI PASTI
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Nella formulazione di un menù per gli ospiti delle case di riposo e strutture ospedaliere, uno dei
punti cardini è la creazione di un buon pasto come momento di gratificazione e socializzazione
per la persona istituzionalizzata. Il pranzo e la cena sono i momenti alimentari di maggiore impatto
emozionale e possono svolgere un ruolo psicologico fondamentale nel migliorare la qualità della
vita degli anziani presenti nelle case di riposo. E’ pertanto di estrema importanza non effettuare
esclusivamente delle scelte di ordine nutrizionale ma anche emozionale individuando quelle
formulazioni che maggiormente rievocheranno negli anziani sapori, odori, suoni, immagini,
sensazioni tipiche della propria storia alimentare e familiare. Questa attenzione, mirata anche a
stimolare opportunamente la ridotta capacità olfattiva e gustativa degli anziani, potrà favorire
l’impiego di altri condimenti naturali per rendere più sapide le formulazioni senza alterare
l’equilibrio energetico-nutrizionale. Sarà necessario, al fine di migliorare l’accettabilità del pasto,
considerare anche la consistenza, la viscosità, la temperatura e l’omogeneità delle formulazioni
inserite nel menù. Il pasto nell’ambito della ristorazione collettiva prevede un offerta costituita da
un primo, un secondo, un contorno, la frutta (o il dessert) e il pane. I menù prevedono i piatti fissi,
cioè quelli presenti tutti i giorni, di semplice preparazione, e i piatti del giorno, più ricercati, che
conferiscono al menù le caratteristiche nutrizionali e sensoriali oltre alla variabilità indispensabile
per garantire un buon servizio di ristorazione. In particolare il menù viene redatto su 4 settimane
e su base stagionale:
- Menù invernale (ottobre – aprile)
- Menù estivo (maggio – settembre)
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C1 Spinaci gratinati
D4 Yogurt alla frutta
D3 Mela cotta
D3 Mela cotta
D3 Mela cotta
D3 Mela cotta
B1 Timballo di carne e verdure
C1 Cavolfiore all'olio
B1 Insalata di tonno B1 Tortino di Ricotta
C1 Patate contadina
C1 Carote prezzemolate
D3 Mela cotta
C1 Macedonia di verdure
D1 Pere sciroppate
CENA
A1 Grattini in brodo B1 Speck
C1 Tris di verdureC1 Fagioli di spagna con prezz.C1 Zucchine all'olio
B1 Fesa di tacchino arrostoA1 Minestrone
CENA
D3 Mela cotta
A1 Crema di carote A1 Zuppa con lenticchie
CENA
A1 Crema di zucchine
2^ SETTIMANA
LUNEDI' MARTEDI'
C1 Carote dorate
PRANZOPRANZO
DOMENICA
C1 Broccoli al vapore
SABATO
B1 Bocconcini di tacchino con
carciofi C1 Ceci in umidoC1 Spinaci all'olio
C1 Tris di verdure
C1 Zucchine all'olio
D1 Ananas sciroppata
B1 Pizza margherita
MERCOLEDI' GIOVEDI'
PRANZO PRANZO PRANZO PRANZO
B1 Hamburger vegetale
GIOVEDI'
B1 Salsiccia di pollo e piselli
PRANZO
A1 Pasta amatriciana
C1 Patate lesseC1 Fagiolini all'olioB1 Spezzatino alla pizzaiola
A1 Risotto funghi e zafferano
C1 Finocchi gratinati
D1 Creme caramel
A1 CannelloniB1 Polpettone
D1 Torta al limone
CENA
A1 Crema di zucca
B1 Ricotta al forno
B1 Cotoletta di pollo B1 Arrosto di suinoA1 Ravioli burro e oro
C1 Patate al forno
D2 Frutta fresca D1 Torta yogurt e cioccolato
C1 Melanzane grigliate C1 Fagiolini all'olio
D1 Macedonia sciroppata
MENU' INVERNALE 2017-2018
DOMENICA
PRANZO PRANZOPRANZO
MARTEDI' MERCOLEDI'
CENA
D4 Yogurt alla frutta
B1 Medaglione di pesce
D1 Pesche sciroppate
1^ SETTIMANA
VENERDI'
D4 Yogurt alla frutta
PRANZO
B1 Scaloppina al limone C1 Cavolfiore al vapore
D2 Frutta fresca
D2 Frutta fresca
A1 Pasta ai broccoli
SABATO
A1 Pasta e FagioliB1 Pollo arrosto
A1 Pasta al tonno
D2 Frutta fresca
PRANZO PRANZO
C1 Bietola gratinata
B1 Pesce alle olive
C1 Macedonia di verdure
CENA
A1 Crema di ceci
D2 Frutta frescaD2 Frutta fresca
CENA
A1 Crema di zucchine
A1 Tagliatelle al ragù di
prosciutto
A1 Polenta al ragù
B1 Straccetti pollo al balsamico
B1 StracchinoA1 Pasta prosciutto e radicchio
C1 Fagiolini all'olio
A1 Risotto alla parmigiana
D2 Frutta fresca D1 Crostata alla ciliegia D2 Frutta fresca C1 Finocchi gratinatiD2 Frutta fresca
D2 Frutta fresca
A1 Passato di verdure
B1 Sformato con spinaci
C1 Fagiolini all'olio
A1 Pasta salsiccia e piselli (rosa)
B1 Prosciutto cotto
A1 Filini in brodo
CENA
A1 Grattini in brodo A1 Minestrone di riso
B1 Grana padano
CENA CENA
VENERDI'
B1 Prosciutto crudo
PRANZO
B1 Pizza ai funghi B1 Formaggio fontalA1 Passato di verdure
A1 Pasta al salmone e
zucchineB1 Cordon bleu B1 Polpette in umidoA1 Pasta all'ortolana
C1 Spinaci all'olio
A1 Minestrone cereali e legumi
CENA CENACENA CENA
D4 Yogurt alla frutta
C1 Bieta all'olio
B1 Bocc. di tacchino con aromi
B1 Arrosto di tacchino al latte
B1 Timballo di carne e spinaci
A1 Pasta al tonnoA1 Polenta al ragù
MERCOLEDI' DOMENICA
B1 Focaccia con mortadella
C1 Caponata di melanzane
C1 Patate contadina
C1 Macedonia di verdure C1 Piselli al prosciutto
D2 Frutta fresca
B1 Scaloppina al limone
C1 Bieta all'olio
A1 Crema ai funghi
D2 Frutta fresca
D4 Yogurt alla frutta
PRANZO
D3 Mela cotta D3 Mela cottaD3 Mela cotta
PRANZO
LUNEDI' MARTEDI'
A1 Minestra verde con avena
D2 Frutta fresca
CENA
A1 Risotto al radicchio
C1 Broccoli all'olio
D2 Frutta fresca
A1 Pasta alla boscaiola
A1 Crema di zucca A1 Minestrone con orzo
CENA
D1 Crostata all'albicocca
CENA
B1 Cotoletta di pesce
B1 Arista
D2 Frutta fresca
A1 Crema di piselli
B1 StracchinoB1 Hamburger alla caprese
CENA
PRANZOPRANZO
C1 Cavolfiore all'olio
PRANZO
B1 Pesce gratinato
PRANZOPRANZO PRANZO
A1 Pasta al tonno
GIOVEDI'MARTEDI'
A1 Pasta ai carciofi
C1 Finocchi dorati
MERCOLEDI'
CENA
B1 Tortino di patate
C1 Fagiolini all'olio
C1 Spinaci all'olio
4^ SETTIMANA
CENA
D1 Ananas sciroppata
B1 Totani con piselli B1 Coscia di pollo al limone
B1 Ricotta e marmellata
A1 Filini in brodo A1 Crema di carote e crudo
D2 Frutta fresca
CENA
A1 Passato di verdure
PRANZO
DOMENICA
B1 Cordon bleu
A1 Tortelloni burro e salvia
PRANZO
SABATO
PRANZO
D3 Mela cotta
D1 Torta yogurt e cioccolato
A1 Quadrucci in brodo
CENA
C1 Patate arrosto
CENA
A1 Gramigna pasticciata
D1 Torta di mele
B1 Pollo arrosto B1 Lombo in salsa verde
D2 Frutta fresca
A1 Pasta pomodoro e basilico A1 Zuppa imperiale
SABATO
C1 Padellata di verdure
D1 Pere sciroppate
B1 Prosciutto crudoB1 Uova sode e russa B1 Formaggio fontalB1 Bastoncini di merluzzo
D4 Yogurt alla fruttaD1 Macedonia sciroppata
C1 Cannellini in umidoC1 Patate prezzemolate
B1 Pizza margherita
D3 Mela cotta
B1 Straccetti pollo agli agrumi
A1 Polenta al ragù
C1 Fagiolini all'olio
B1 Stracchino
C1 Bieta gratinata
D4 Yogurt alla frutta
C1 Cavolfiore all'olio C1 Purè di carote C1 Zucchine al vapore
D3 Mela cotta
A1 Crema di zucchineA1 Minestrone con pasta A1 Passato di verdure A1 Crema di porri e patate A1 Minestrone
D2 Frutta fresca
C1 Carote dorate
C1 Cavolfiore all'olio
LUNEDI'
CENA CENA
VENERDI'
D4 Yogurt alla frutta
CENA
B1 Fesa di tacchino arrosto
B1 Polpette al forno C1 Finocchi all'olio C1 Carote all'olio
D1 Panna cottaC1 Zucchine all'olio
C1 Spinaci all'olio
CENA
VENERDI'GIOVEDI'
PRANZO
3^ SETTIMANA
MENU' INVERNALE 2017-2018
B1 Pizza margherita
C1 Mleanzane trifolate
D2 Frutta fresca
A1 Pasta al radicchio A1 Risotto pancetta e zucchine
D1 Pesche sciroppate
CENA
B1 Cotoletta alla bolognese
C1 Broccoli all'olio
C1 Zucchine all'olio
D2 Frutta fresca
A1 Pasta al ragù bianco ed
erbette
PRANZO PRANZO
6
Figura 1: Esempio di menu invernale stagione 2017/2018
B1 Salsiccia di Pollo al Forno
A1 Pasta Pomodoro e BasilicoB1 Bocconcini di Pollo al
BalsamicoB1 Coscia di Pollo Arrosto
A1 Pasta al Ragù Bianco e
Melanzane
CENA
D1 Creme Caramel
A1 Risotto alla Milanese
B1 Prosciutto Cotto
C1 Patate Prezzemolate
MARTEDI'LUNEDI'
e Rucola
D2 Frutta fresca
C1 Fagiolini all'olio
D3 Mela cotta
B1 Bastoncini di PesceB1 Focaccia Stracchino
CENA CENA
D3 Mela cotta
B1 Prosciutto Cotto
A1 Gnocchi Burro e Salvia
D1 Pere sciroppate
B1 Spezzatino di Suino agli
Aromi
GIOVEDI'
B1 Prosciutto Crudo
A1 Pasta alle Melanzane A1 Pasta Prosciutto e Funghi
C1 Tris di Verdure
D4 Yogurt alla frutta D3 Mela cotta
PRANZO
C1 Broccoli al Vapore
PRANZO
DOMENICA
C1 Macedonia di Verdure
MENU' ESTIVO 2017 in vigore dal 15/05/17
B1 Polpettone
C1 Pomodori all'OriganoC1 Cavolfiore al Vapore
A1 Pasta alla Pescatora
A1 Filini in Brodo
DOMENICA
CENA
C1 Patate alla ContadinaC1 Zucchine Trifolate
A1 Minestra verde con OrzoA1 Crema di PiselliA1 Crema di Patate e Speck
C1 Fagiolini al Vapore
A1 Minestrone
MERCOLEDI' GIOVEDI' VENERDI'
C1 Spinaci Gratinati
A1 Pasta al Tonno
PRANZO
C1 Padellata di Verdure
D2 Frutta fresca
CENA
D2 Frutta fresca
D2 Frutta fresca
B1 Pizza ai Funghi
B1 Arrosto di tacchino
C1 Zucchine Trifolate
B1 Pesce Gratinato
C1 Melanzane Grigliate
D2 Frutta fresca
1^ SETTIMANA
MARTEDI' SABATO
A1 Passato di Verdure
C1 Bietola Gratinata
PRANZO
PRANZO
C1 Finocchi Gratinati
A1 Risotto agli AsparagiB1 Cordon Bleu B1 Filetto di Passera alle Olive
B1 Insalata con Tonno e Fagioli
D3 Mela cotta
MERCOLEDI'
D1 Ananas sciroppata
C1 Melanzane Prezzemolate
PRANZO PRANZO PRANZO
CENA CENA
VENERDI'
B1 Pizza Margherita
PRANZO
CENA
PRANZO
A1 Pasta Speck e Rucola
D2 Frutta fresca
A1 Ravioli di Ricotta Burro
e OroB1 Medaglione e Formaggio
D1 Gelato
B1 Lombo in Salsa Verde
C1 Carote Dorate
CENA
D1 Gelato
C1 Patate al Forno
D2 Frutta fresca
LUNEDI'
2^ SETTIMANA
B1 Grana Padano
C1 Bietola Gratinata
D4 Yogurt alla frutta
SABATO
B1 Timballo di Carne e Verdure B1 Tortino di Ricotta
CENA
C1 Fagioli Spagna Prezzemolati
A1 Tagliatelle al Ragù
PRANZO PRANZO PRANZOPRANZO
CENA CENA
D2 Frutta fresca C1 Macedonia di Verdure
C1 Spinaci all'Olio
A1 Minestrone con Riso A1 Passato di VerdureA1 Crema di Asparagi
C1 Macedonia sciroppata D3 Mela cotta
CENA
A1 Pasta, Ceci e Rosmarino
C1 Fagiolini con Pomodoro
B1 Ricotta e marmellata
C1 Broccoli al Vapore C1 Piselli al Prosciutto
B1 Rotolo di Uova Farcito
D3 Mela cotta
B1 Fesa di Tacchino
C1 Pomodori all'Origano
A1 Pastina in Brodo
D4 Yogurt alla frutta
D4 Yogurt alla frutta
C1 Carote Prezzemolate
D2 Frutta fresca
B1 Scaloppina al Limone A1 Pasta al Pesto Genovese
B1 Bocconcini di Tacchino con
PatateD1 Torta paesana
CENA
A1 Quadretti in Brodo
B1 Lombo al latteA1 Pasta al Ragù Bianco
D1 Pesche sciroppate
A1 Grattini in Brodo A1 Minestrone con Farro
D2 Frutta fresca
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Figura 2: Esempio di menù estivo stagione 2017/2018
Il passaggio da un menù all’altro può essere anticipato o posticipato di qualche giorno in relazione
al clima. Dovrà essere rispettata la stagionalità degli alimenti per garantire l’introduzione di tutti i
nutrienti dal punto di vista qualitativo.
Sostanzialmente le pietanze proposte, seguendo la cultura italiana, saranno semplici, vari e nel
rispetto delle tradizioni locali e dei gusti personali. Inoltre, vengono considerate le difficoltà di
masticazione e le ridotte funzionalità digestive, assicurando una dieta equilibrata e completa nei
principi nutritivi. Il menù prevede scelte alimentari alternative per soddisfare le esigenze del
paziente, come ad esempio il consumo di carne omogeneizzata o tritata, formaggio fresco, ecc.
Quindi si dovrà tenere conto di scelte alternative fisse (uguali per tutti i giorni) in aggiunta ai piatti
del giorno:
- pastina in brodo, semolino, passato di verdure, pasta o riso all'olio o al pomodoro per i primi
piatti;
- pollo lesso o petto di tacchino ai ferri, prosciutto, formaggio, omogeneizzati per i secondi piatti;
- contorno del giorno omogeneizzato, patate o carote lesse, insalata per contorni;
B1 Scaloppine Pizzaiola
D2 Frutta fresca
A1 Risotto Pomo e Basilico
B1 Insalata di Tonno e Ceci
CENA
C1 Tris di Verdure
PRANZO
A1 Pasta Zucchine e Zafferano
B1 Pollo arrosto
C1 Carote PrezzemolateC1 Bietola all'olio
D3 Mela cotta
D2 Frutta fresca
B1 Cordon Bleu
A1 Pasta all'Ortolana
A1 Pasta Speck e Radicchio
B1 Spezzatino Suino alle Erbe
B1 Braciola di Suino alla Salvia
PRANZOPRANZO
D2 Frutta fresca
CENA
D2 Frutta fresca
C1 Finocchi Gratinati
C1 Patate al Forno
CENA
C1 Patate Lesse
D1 Mousse al limone
C1 Broccoli al Vapore
CENA
D4 Yogurt alla frutta
B1 Involtino di Cotto e Formaggio
3^ SETTIMANA
A1 Pasta alla Marinara
MENU' ESTIVO 2017 in vigore dal 15/05/17
LUNEDI'
PRANZO PRANZO
D2 Frutta fresca
CENACENA
A1 Tagliatelle al RagùA1 Pasta al Pesto Genovese
VENERDI'
A1 Tortelloni al Ragù
B1 Bocconcini di Tacchino
agli Asparagi
D1 Gelato
DOMENICA
B1 Pizza Margherita
C1 Fagiolini all'olio
D3 Mela cotta
MERCOLEDI' GIOVEDI'
PRANZO PRANZO
SABATO
C1 Zucchine al Vapore
D4 Yogurt alla fruttaD1 Ananas sciroppata
C1 Padellata di verdureC1 Spinaci Lessati
D3 Mela cotta D1 Pere sciroppate
B1 Prosciutto Crudo
C1 Cavolfiore al Vapore
DOMENICA
B1 Pollo Arrosto
C1 Piselli al Prosciutto C1 Patate Lesse
PRANZO PRANZO
A1 Risotto alle verdure
PRANZO
A1 Pasta al Pesto Rose'
D1 Gelato
A1 Cannelloni alle Erbette
B1 Polpette al Latte
C1 Pomodori all'Origano C1 Patate alla Contadina
CENACENA
B1 Fesa di Tacchino (fredda)A1 Pasta, Ceci e Crudo
B1 Frittata agli SpinaciA1 Crema d'Asparagi
D2 Frutta fresca
D2 Frutta fresca
D1 Pesche sciroppate D4 Yogurt alla frutta
B1 Pizza Margherita
D3 Mela cottaD3 Mela cotta
C1 Spinaci all'Olio
A1 Passato di VerdureA1 Minestrone con Farro A1 Pastina in BrodoB1 Prosciutto CottoB1 Flan di Pesce
e Fontina
C1 Zucchine al Vapore D1 Macedonia sciroppata
A1 Filini in Brodo
C1 Macedonia di Verdure
CENA
D4 Yogurt alla frutta
C1 Broccoli al VaporeD2 Frutta fresca
A1 Pasta Pomo, Ricotta e Basilico
B1 Ricotta al Forno
C1 Finocchi Gratinati
C1 Carote Dorate
CENA CENA
D2 Frutta frescaD2 Frutta fresca D1 Torta di mele
A1 Crema di Funghi
C1 Bietola GratinataC1 Fagiolini all'Olio
VENERDI' SABATO
B1 Bocconcini di Tacchino ai
Peperoni
B1 Lombo Tonnato
PRANZO PRANZO PRANZO
B1 Lombo Rucola e Grana B1 Medaglione di Pesce
C1 Pomodori all'Origano
4^ SETTIMANA
LUNEDI' MARTEDI'
C1 Fagiolini al Vapore
B1 Tortino di Patate B1 Totano con Piselli
D3 Mela cotta
C1 Padellata di Verdure
A1 Quadretti in Brodo
PRANZO
B1 Arista
C1 Cavolfiore al Vapore
CENA
B1 Emmenthal
A1 Crema Porri e Patate
MERCOLEDI' GIOVEDI'
B1 Focaccia Mortadella
A1 Pasta Ragù di Pollo e Zucchine A1 Pasta Tonno, Olive e Basilico
B1 Pesce Gratinato
CENA CENA
A1 Minestra Verde con Orzo A1 Crema di Carote A1 Minestrone con Riso A1 Pastina in BrodoA1 Passato di Verdure
MARTEDI'
8
- mela cotta o polpa di frutta.
La giornata prevede tre pasti principali (colazione, pranzo e cena), uno spuntino pomeridiano che
consiste in un apporto di liquidi (ad esempio bevande calde) per assicurare un adeguata idratazione,
spesso carente nell’anziano.
Il menù del giorno viene esposto in modo visibile agli ospiti e ai familiari e i pasti dovranno essere
serviti ad orari regolari rispettando le abitudini dell’utente, compatibilmente con l'organizzazione
del servizio (colazione alle 7.30 circa; pranzo alle 12.00; cena alle 18.00).
Per consentire il mantenimento di buone condizioni di salute, è importante fornire un apporto
energetico adeguato alle proprie necessità. Pertanto sono stati presi in considerazione gli apporti
energetici medi relativi dei LARN (Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Energia e
Nutrienti per la Popolazione Italiana) e dalle Linee Guida per una sana alimentazione. Gli apporti
energetici giornalieri in soggetti di media statura e in buono stato di salute, rispettivamente per le
fasce di età superiori a 60 anni, si aggirano alle 1930 Kcal per il sesso maschile e 1790 Kcal per il
sesso femminile. I vari principi nutritivi dovranno rispettare le percentuali sotto indicate:
➢ Calorie: 1800-2200
➢ Proteine: circa il 15-20 % delle calorie totali
➢ Lipidi: circa il 25-30 % delle calorie totali
9
➢ Glucidi: circa il 55-60 % delle calorie totali
La giornata alimentare dovrà essere così articolata:
• Colazione: circa il 20% delle calorie totali giornaliere
• Pranzo: circa il 40% delle calorie totali giornaliere
• Cena: circa il 40% delle calorie totali giornaliere
• Spuntino (il calcolo della giornata alimentare non prevede i fuori pasto, ordinabili
separatamente).
Nell'ottica della varietà dei pasti e di un'adeguata rotazione delle fonti proteiche, si riporta la
cadenza settimanale consigliata per i secondi piatti:
- 3-4 volte carne
- 2-3 volte pesce
- 2-3 volte formaggio (preferibilmente fresco)
- 1-2 volte uova (tali quali o come ingredienti di piatti unici, per un consumo massimo equivalente
a n°2 uova) (tener presente comunque anche quando si utilizzano le uova come ingredienti,
esempio pasta all'uovo, dolci, ecc.)
- 1-2 volte salumi (prosciutto crudo o cotto,…)
- 1-2 volte legumi e cereali (piselli, fagioli, lenticchie,...).
Ad ogni pasto viene servita una porzione di verdura cruda o cotta e frutta fresca, variando la
tipologia e cercando di rispettare la stagionalità per garantire un maggior contenuto in sostanze
nutritive e minore necessità di intervento chimico con i pesticidi, oppure polpe di frutta o mela
cotta. L'utilizzo di frutta sciroppata sarà prevista solo due volte la settimana, che non andrà servito
al paziente avente alterazioni della glicemia.
In occasione di particolari festività (Immacolata, Natale, 1° dell’anno, Pasqua,… ) è buona norma
rispettare le tradizioni culinarie e realizzare piatti tipici, per soddisfare le aspettative dell'ospite. Al
di fuori delle suddette ricorrenze, nel corso dell'anno è indicato servire il dolce, previsto due volte
nell’arco della settimana (domenica e un giorno in settimana che solitamente è il mercoledì) in
sostituzione della frutta, qualora non siano presenti patologie quali ad es. il diabete.
Per ogni pasto va sempre garantita la presenza di acqua. Tra le bevande non viene considerato il
vino, che sarà offerto solo a coloro che non presentino controindicazioni e che naturalmente lo
gradiscano. Il vino non è stato compreso nelle quote caloriche sopra indicate, ma si può considerare
accettabile l'aggiunta di 1 bicchiere al giorno, massimo 2 (un bicchiere piccolo di vino corrisponde
a 125 ml), tenendo conto che nella persona anziana i sistemi di metabolizzazione dell'alcool sono
meno efficienti. Inoltre, tra le bevande sono previste quelle calde erogate dal distributore
10
automatico (orzo, caffè, the, camomilla, latte), ma essendo già zuccherate e per ovviare alle
problematiche che può incorrere ad esempio un paziente diabetico o per scelte gustative, vengono
anche somministrati the e/o camomilla in filtro.
Va precisato che, nei casi in cui l'utente debba seguire una dieta personalizzata, le indicazioni
dietetiche dovranno essere stabilite dal medico curante o dalla struttura e sarà compito della dietista
di riferimento dell’azienda Amedea Servizi la sua gestione, supervisionando e istruendo il
personale di cucina. Ella, per far in modo che le preparazioni risultino il più possibili omogenee e
similari da un operatore all’altro, ha redatto un ricettario dove vengono specifiche le grammature
di tutti gli ingredienti (indicate a crudo al netto degli scarti e si riferiscono al singolo ospite), i
macronutrienti le Kcal che compongono la pietanza e i possibili allergeni (contrassegnati con
colori differenti). Le grammature vanno interpretate in maniera indicativa, sia perché la resa
dell'alimento dipende da diverse variabili connesse al sistema di produzione del pasto (scelta della
materia prima, modalità di stoccaggio, di preparazione e cottura ecc.), sia per l'estrema
eterogeneità degli ospiti per sesso, età e condizioni fisiche, come già evidenziato. Nel caso di ospiti
allettati non più autosufficienti, le grammature saranno inferiori, dato che non svolgono attività
fisica di alcun genere.
3. PREPARAZIONE DEL PASTO GIORNALIERO
Per accrescere l'appetibilità di un paziente, è importante diversificare le modalità di preparazione
dei cibi, utilizzando verdure, ortaggi ed erbe aromatiche in quantità variabile per insaporire i cibi,
limitando così l’uso di sale. Infatti, uno stesso alimento, aromatizzato ad esempio al prezzemolo,
al basilico o all’origano, avrà un sapore molto diverso e sarà più gustoso.
Le preparazioni devono essere facilmente digeribili, date le condizioni di salute e l’età dell’utente,
quindi i condimenti da usare sono preferibili a crudo e a fine cottura. Ricordiamo l’utilizzo
dell’olio di oliva piuttosto che il burro, il quale dovrà essere limitato sulla quantità e frequenza.
Per i primi asciutti è previsto un condimento “del giorno” che sarà più elaborato rispetto alle
alternative che saranno più semplici (pasta o riso al sugo di pomodoro o all’olio). Oltre alle scelte
asciutte sono sempre presenti passato di verdure, pastina in brodo e semolino.
Da non tralasciare le modalità di cottura, preferite al forno, arrosto o al vapore, in quanto
consentono di limitare l’uso di condimenti e a preservare il più possibile il valore nutritivo ed
organolettico dei cibi.
11
Può essere utile l’aggiunta di modiche quantità di liquidi (in particolare nella cottura delle carni)
quali brodo vegetale, latte parzialmente scremato, succo di limone, salsa di pomodoro, a seconda
della preparazione da realizzare. Per le verdure è importante, ai fini del valore nutritivo, cuocerle
al vapore oppure in poca acqua bollente per tempi brevi. Inoltre si può riutilizzare l'acqua stessa
di cottura, ricca di sali e vitamine, per la preparazione di minestre e risotti.
L’uso di teglie antiaderenti, di carta forno oppure di spray staccante consente di limitare l’utilizzo
di grassi di condimento, particolarmente indicate nella cottura al forno di alimenti impanati, di
frittate, sformati, ecc.
Infine è importante che le pietanze, una volta cotte, risultino di consistenza piuttosto morbida in
considerazione del fatto che la maggior parte dell’utenza ha difficoltà di masticazione. Da
considerarsi altrettanto importante è il ruolo e la valenza terapeutica della dietoterapia nella cura
di patologie specifiche; le quali seguono protocolli terapeutici in cui sono previsti apporti
differenziati di macro- e micronutrienti da valutarsi, sia in base alle diverse patologie del soggetto,
sia in base alle diverse esigenze nutrizionali. In altri casi invece la dietoterapia è da considerarsi
essenziali, come nel caso delle allergie alimentari diagnosticate secondo metodiche scientifiche
convalidate; essa deve essere approntata con la massima attenzione secondo protocolli specifici e
personalizzati e su prescrizione medica.
12
4. ALLERGIE ED INTOLLERANZE ALIMENTARI
Le allergie ed intolleranze alimentari sono meglio definite come reazioni avverse agli alimenti,
ovvero manifestazioni cliniche indesiderate ed impreviste relative all’assunzione di un alimento.
Le reazioni avverse agli alimenti (fig. 1) possono essere classificate in:
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• Tossiche: contaminazione batterica (es. sindrome sgombroide), contaminazione da tossine,
contaminazione da sostanze chimiche di sintesi.
• Non tossiche (da ipersensibilità): - reazioni immunomediate
• IgE mediate (allergie alimentari);
• miste (IgE /cellulo mediate) es. gastroenteropatie eosinofile;
• non IgE mediate (enterocolite da proteine alimentari, celiachia, sindrome sistemica da
nichel); - reazioni non immunomediate (intolleranze alimentari).
Le allergie alimentari sono definite come reazioni avverse derivanti da una specifica risposta
immunitaria riproducibile alla riesposizione ad un determinato cibo (3). Le allergie alimentari
includono:
✓ reazioni IgE-mediate o reazioni di ipersensibilità immediata (reazioni di tipo I secondo
Gell e Coombs);
✓ reazioni non IgE-mediate o reazioni di ipersensibilità ritardata (reazioni di tipo IV secondo
Gell e Coombs);
✓ reazioni miste, IgE- e non IgE-mediate.
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I diversi meccanismi immunologici alla base delle allergie alimentari determinano un
polimorfismo clinico. Infatti, le allergie IgE-mediate sono tipicamente ad esordio acuto dopo il
challenge con l’alimento, le reazioni cellulo-mediate, invece, hanno un esordio ritardato; le
reazioni miste IgE-mediate/cellulo-mediate, infine, sono ad esordio immediato o ritardato. Le
reazioni allergiche si manifestano in seguito all’assunzione per via orale dell’alimento verso il
quale il soggetto è sensibilizzato, ma possono manifestarsi anche in seguito al contatto cutaneo o
all’inalazione dell’odore dell’alimento. L’allergia IgE mediata (tipo I) è l’unica veramente
pericolosa per la vita; essa implica una prima fase di sensibilizzazione, quando l’organismo viene
a contatto con l’allergene e non riconoscendolo come appartenente a sé, lo etichetta come
pericoloso e inizia a produrre anticorpi specifici di classe E (IgE). Così, ogni volta che l’organismo
entrerà in contatto con l’antigene verso cui è sensibilizzato, si scatenerà rapidamente una reazione
allergica che, in casi estremi, può causare uno shock anafilattico. È importante ricordare che la
sensibilizzazione ad un alimento non vuol dire allergia e i fattori che determinano concrete
manifestazioni cliniche in soggetti sensibilizzati sono complessi e relativi sia al soggetto (ad
esempio livello di IgE e reattività d’organo) sia all’allergene (ad esempio digeribilità, labilità e
concentrazione) (3). Secondo dati epidemiologici le allergie alimentari (AA) interessano il 5% dei
bambini di età inferiore a tre anni e circa il 4% della popolazione adulta (4). Nella popolazione
generale il concetto di “allergia alimentare” risulta molto più diffuso (circa il 20% della
popolazione ritiene di essere affetta da allergie alimentari). Per quanto riguarda l’età pediatrica, è
stato recentemente osservato un significativo incremento della prevalenza in questa fascia di età,
in generale più interessata rispetto a quella adulta da allergopatie. Le allergie alimentari
“percepite”, tuttavia, non sono sempre reali: i dati di autovalutazione, che riportano un’incidenza
compresa tra il 12,4% e il 25%, sarebbero confermati dal Test di Provocazione Orale (TPO) solo
nell’1,5-3,5% dei casi. Le allergie alimentari possono manifestarsi con sintomi immediati o
ritardati. Nel primo caso i sintomi insorgono da pochi minuti a poche ore (in genere, massimo due
ore) dall’ingestione dell’alimento offending; nel secondo caso intercorrono almeno due ore
(eccezionalmente prima) tra l’ingestione dell’alimento e la comparsa della sintomatologia.
L’espressione clinica può variare sensibilmente da grado lieve fino a forme severe (anafilassi) e
coinvolgere più organi (cute, apparati gastrointestinale, respiratorio e cardio-circolatorio).
Per quanto riguarda le allergie alimentari, i test diagnostici disponibili sono:
a) prove allergologiche cutanee (prick test, prick by prick, patch test);
b) test sierologici per la ricerca di IgE totali (PRIST) e specifiche (mediante ImmunoCAP o
RAST); • diagnostica molecolare;
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c) Test di Provocazione Orale (TPO) in doppio cieco contro placebo.
Il prick test per la diagnosi di allergie alimentari è un test sensibile e specifico, relativamente
semplice nella sua esecuzione, di basso costo ed a lettura immediata; si effettua utilizzando estratti
allergenici purificati del commercio (prick test) oppure con alimenti freschi, in particolare del
mondo vegetale (prick by prick o prick to prick). Quest’ultima metodica consente di testare
alimenti che, individualmente, sono considerati possibile causa di disturbi e che non sono
disponibili in commercio come estratti, ma anche per poter testare molecole altrimenti alterate
dalle procedure di estrazione. I test sierologici supportano il sospetto di reazione IgE mediata agli
alimenti, ma non sono decisivi per l’esclusione di un alimento dalla dieta, né risultano più sensibili
o specifici dei test cutanei. Tali test devono essere utilizzati come prima indagine in caso di
dermatiti estese, di trattamento cronico con antistaminico, situazioni che rendono i test cutanei non
eseguibili. È importante sottolineare che in presenza di una storia clinica suggestiva la negatività
degli Skin Prick Test (SPT) e/o delle IgE specifiche deve essere interpretata anche considerando
la possibilità di un’allergia alimentare non IgE-mediata. Gli estratti allergenici, ma anche gli
alimenti freschi, utilizzati nell’ambito dei test sopra citati sono per la gran parte miscele di più
proteine allergeniche. Questo è la causa potenziale di una certa variabilità di concentrazione delle
singole proteine allergeniche da un lotto all’altro; inoltre, comporta il fatto che la positività di un
test con estratti (o con un alimento fresco) non indica quale proteina presente nella fonte
allergenica sia responsabile della sensibilizzazione. In altre parole, un test negativo con un buon
estratto o con un alimento fresco esclude la sensibilizzazione a quella fonte allergenica, mentre un
test positivo ci dice che il paziente è sensibilizzato, ma non fornisce indicazione su quale sia
l’allergene. Questo può costituire un grande problema nel campo delle allergie alimentari.
L’avvento delle nanotecnologie e della biologia molecolare ha portato all’identificazione,
sequenziazione, caratterizzazione e clonazione di un gran numero di molecole allergeniche e delle
loro isoforme. Queste ultime possono essere utilizzate al fine di individuare la risposta IgE mediata
verso componenti singoli degli alimenti (es. profilina, LTP), distinguere fra le sensibilizzazioni
“vere” (a rischio maggiore di reazioni avverse importanti) e co-sensibilizzazioni (a rischio minore
di reazioni importanti, come la sindrome orale allergica) ed indicare, quindi, il livello di rischio
verso reazioni più o meno gravi per il singolo paziente.
Le intolleranze alimentari consistono in reazioni indesiderate ed improvvise scatenate
dall’ingestione di uno o più alimenti, con sintomi molto simili alle allergie alimentari,
caratterizzate da meccanismi non immunomediati e dose dipendenti. Esse devono, pertanto, essere
distinte dalle allergie alimentari, definite come reazioni avverse derivanti da una specifica risposta
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immunitaria riproducibile alla riesposizione ad un determinato cibo (3). Le intolleranze alimentari
includono:
• reazioni enzimatiche, determinate cioè dalla carenza o dalla assenza di enzimi necessari a
metabolizzare alcuni substrati (ad es. l’intolleranza al lattosio, favismo);
• reazioni farmacologiche, ossia risposte a componenti alimentari farmacologicamente attivi, come
le ammine vasoattive (ad es. tiramina, istamina e caffeina) contenute in pesce, cioccolato e prodotti
fermentati, oppure le sostanze aggiunte agli alimenti, (ad es. coloranti, additivi, conservanti
aromi);
• reazioni indefinite, ossia risposte su base psicologica o neurologica (ad es. “food aversion” o
rinorrea causata da spezie) (5)
Spesso sono associate a condizioni cliniche diverse, in particolare patologie legate al distretto
gastrointestinale (IBS, gastrite, reflusso gastroesofageo, litiasi della colecisti). La diagnosi può
essere difficoltosa per la mancanza di metodi diagnostici standardizzati e validi. Le intolleranze
alimentari si manifestano con sintomi e segni prevalentemente localizzati a carico dell’apparato
gastrointestinale e consistono in gonfiore addominale, alterazione dell’alvo, dispepsia, dolori
addominali, vomito; possono essere coinvolte anche la cute e le mucose con comparsa di rush
eritematoso, prurito, orticaria. Meno frequentemente possono essere presenti difficoltà
respiratoria, alterazioni pressorie, sincope e cefalea; tali sintomi, manifestandosi con minore
frequenza risultano meno attribuibili alla sintomatologia dell’intolleranza alimentare. In generale,
le manifestazioni cliniche di intolleranza alimentare sono meno gravi rispetto a quelle tipiche delle
allergie alimentari. A differenza dei soggetti allergici, che devono condurre una rigida dieta di
eliminazione dell’alimento verso il quale sono sensibilizzati, i soggetti intolleranti possono
assumere piccole quantità dell’alimento, senza sviluppare alcun sintomo (6).
5. GESTIONE DEGLI ALLERGENI
All’interno della ristorazione collettiva occorre: identificare i potenziali pericoli e saper gestire
correttamente gli allergeni. È ancora in discussione da parte degli esperti se, nell'ambito dello
studio HACCP, le problematiche connesse agli allergeni siano da trattare tra i pericoli chimici o
se invece, linea maggiormente adottata, debbano essere considerati a parte. Qualunque sia la scelta
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nell'identificazione dei pericoli, le difficoltà si pongono, non tanto per le sostanze indicate dal Reg.
UE 1169/11 e inserite nella formulazione dell'alimento in qualità di ingredienti (è obbligatorio
evidenziarle in etichetta), quanto per le possibili contaminazioni crociate da parte di altre sostanze
allergeniche il cui impiego non è previsto in quel prodotto alimentare ma in altri lavorati nello
stesso stabilimento o portate dai fornitori o dagli stessi consumatori. La direttiva allergeni non
disciplina le ipotesi di contaminazione accidentale, con sostanze allergeniche, di un alimento nella
cui produzione non siano stati utilizzati ingredienti contenenti sostanze allergeniche o loro derivati
(cross-contamination). Tale rischio, in effetti, dovrebbe venire considerato nell'ambito delle
procedure di autocontrollo aziendale, secondo il metodo HACCP. È corretto, pertanto, censire tutti
gli ingredienti richiedendo ai fornitori un'analisi approfondita in relazione all'effettiva
composizione delle materie utilizzate. Una volta identificate le sostanze allergeniche presenti nel
ciclo produttivo sarà possibile valutare quale pericolo effettivo esse possano rappresentare. A
partire dal 13 dicembre 2014, in Italia è entrato in vigore il regolamento europeo n. 1169/2011 del
25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il regolamento
modifica le disposizioni esistenti che disciplinano l’etichettatura degli alimenti nell’Unione al fine
di consentire al consumatore di adottare decisioni in piena conoscenza di causa e di utilizzare gli
alimenti in modo sicuro, garantendo al tempo stesso la libera circolazione degli alimenti
legalmente prodotti e commercializzati. In buona sostanza il regolamento coinvolge, con le sue
disposizioni, tutta la filiera alimentare dalla produzione, alla commercializzazione ed alla
somministrazione. In questi giorni l’attenzione mediatica si sofferma in particolare sull’art. 9,
comma 1, lettera c) che prevede come obbligatoria l’indicazione di qualsiasi ingrediente che
provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e
ancora presente nel prodotto finito. Le sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze
sono indicati nell’allegato II al regolamento:
• Cereali contenenti glutine cioè grano, segale, orzo, avena, farro, kamut (o i loro ceppi
ibridati) e prodotti derivati tranne:
a) sciroppi di glucosio a base di grano, incluso destrosio ( 1 );
b) maltodestrine a base di grano ( 1 );
c) sciroppi di glucosio a base di orzo;
d) cereali utilizzati per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine
agricola.
• Uova e prodotti derivati;
• Molluschi, crostacei e prodotti derivati;
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• Pesce e prodotti derivati, tranne:
a) gelatina di pesce utilizzata come supporto per preparati di vitamine o carotenoidi;
b) gelatina o colla di pesce utilizzata come chiarificante nella birra e nel vino.
• Arachidi e prodotti derivati;
• Soia e prodotti derivati tranne:
a) olio e grasso di soia raffinato;
b) tocoferoli misti naturali (E306), tocoferolo D-alfa naturale, tocoferolo acetato D-alfa
naturale, tocoferolo succinato
c) D-alfa naturale a base di soia;
d) oli vegetali derivati da fitosteroli e fitosteroli esteri a base di soia;
e) estere di stanolo vegetale prodotto da steroli di olio vegetale a base di soia.
• Latte e prodotti derivati; (compreso il lattosio) tranne:
a) siero di latte utilizzato per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di
origine agricola;
b) lattiolo.
• Frutta a guscio cioè mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana),
noci (Juglans regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci di pecan [Carya
illinoinensis (Wangenh.) K. Koch], noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi
(Pistacia vera), noci macadamia o noci del Queensland (Macadamia ternifolia), e i loro
prodotti, tranne per la frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati alcolici,
incluso l’alcol etilico di origine agricola.
• Sedano e prodotti derivati;
• Semi di sesamo e prodotti derivati;
• Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di
SO 2 totale da calcolarsi per i prodotti così come proposti pronti al consumo o ricostituiti
conformemente alle istruzioni dei fabbricanti.
• Lupino e prodotti a base di lupino.
Secondo la L 304/43 del 22 novembre 2011 pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione
europea, in particolare l’art. 21 del regolamento precisa che, in caso di presenza di un elenco di
ingredienti la denominazione della sostanza o del prodotto figurante nell’allegato II va evidenziata
attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per
dimensioni, stile o colore di sfondo.
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In mancanza di un elenco di ingredienti le indicazioni devono includere il termine “contiene”
seguito dalla denominazione della sostanza o del prodotto figurante nell’elenco dell’allegato II.
Gli Stati membri hanno la possibilità di adottare misure nazionali che vanno a meglio dettagliare
le modalità applicative delle disposizioni del regolamento, in assenza delle quali gli adempimenti
a carico degli operatori della filiera alimentare saranno burocraticamente i più onerosi.
Ad oggi l’Italia non ha adottato alcuna misura.
CEREALI
Allergene: Cereali contenenti glutine (avena, grano, farro, kamut, orzo, segale o i loro ceppi
ibridati)
Prevalenza delle allergie e gravità
La Celiachia o intolleranza al glutine è il risultato di una reazione che si sviluppa nell’organismo
in seguito all’assunzione di glutine, proteina presente in diversi cereali. L’avena contiene una
proteina analoga che può causare problemi simili.
Il glutine causa nell’intestino una infiammazione che comporta una profonda alterazione delle
pareti intestinali e, di conseguenza, una compromissione dell’assorbimento del cibo e dello stato
nutrizionale del soggetto.
Il Codex Alimentarius europeo ha stabilito che per le produzioni glutine- free, prodotte da cereali
contenenti glutine, la quantità dell’allergene presente nel prodotto non deve essere superiore a 200
parti per milione (ppm).
Questo standard non si applica a prodotti composti da ingredienti che non contengono glutine in
natura, in cui è stato proposto un massimo di 20 ppm.
UOVA
Allergene: proteine dell’uovo
Prevalenza delle allergie e gravità
L’allergia all’uovo, soprattutto all’albume d’uovo, è una delle forme di allergia più comuni nel
bambino; si manifesta all’incirca nel 5% dei soggetti di età inferiore ai 2 anni., ma si riduce
spontaneamente con l’accrescimento.
I sintomi si presentano più frequentemente dopo l’ingestione di uova crude, soprattutto
dell’albume, mentre negli stessi soggetti l’ingestione di uova cotte può non provocare alcun
disturbo, la cottura, infatti, modifica alcune proteine dell’uovo rendendolo meno allergenico.
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La carne di pollo contiene piccole quantità di ovoalbumina e ovo transferrina, ma si ritiene che gli
individui allergici all’uovo possano tollerare il pollo cotto essendo le 2 proteine termolabili.
MOLLUSCHI E PRODOTTI DERIVATI
Allergene: proteine dei molluschi e prodotti derivati
Prevalenza delle allergie e gravità
Quella ai molluschi spesso le persone sensibili manifestano gravi reazioni allergiche anche in
seguito all’ingestione di piccole quantità di alimento.
Per i soggetti sensibili sono sufficienti piccole quantità (per causare gravi forme allergiche.
CROSTACEI
Allergene: Crostacei (aragoste, astici, granchi, gamberetti, scampi)
Prevalenza delle allergie e gravità
Quella ai crostacei è un’allergia abbastanza comune; spesso le persone sensibili manifestano gravi
reazioni allergiche anche in seguito all’ingestione di piccole quantità di alimento; alcuni individui
con allergia ai crostacei, inoltre, possono presentare dei sintomi clinici indesiderati anche dopo
ingestione di molluschi.
Per i soggetti sensibili sono sufficienti piccole quantità (es. 3 o 4 scampi di medie dimensioni) per
causare gravi forme allergiche.
n. 1 – gennaio 2009
PESCE
Allergene: proteine del pesce
Prevalenza delle allergie e gravità
L’allergia al pesce può manifestarsi nei confronti di qualsiasi tipologia di pesce o solamente verso
alcune specie ittiche, è più comune negli adulti rispetto ai bambini ed è particolarmente frequente
nei paesi scandinavi e nordeuropei, dove il consumo di questo alimento risulta maggiore.
Le manifestazioni cliniche, che interessano principalmente l’apparato respiratorio, possono a volte
essere legate alla presenza nel pesce di elevati livelli di istamina o alla presenza di Anisakis
simplex, parassita che può ritrovarsi in numerosi pesci di mare.
Sono state osservate reazioni conseguenti sia ad ingestione sia a manipolazione di pesce infetto,
che vanno dalla sindrome orticaria, all’angioedema alla “protein contact dermatitis”, alla rinite o
rinocongiuntivite, all’asma, allo shock anafilattico, alla dermatite “airborne” (dovuta al contatto
con gli allergeni di Anisakis simplex dispersi nell’aria in vicinanza di sedi di lavorazione di pesce
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parassitato). La diffusione del parassita fra i pesci e l’esiguità dei lavori pubblicati fanno ritenere
che la sua importanza allergologica sia stata finora sottostimata.
ARACHIDI
Allergene: Arachidi
Prevalenza delle allergie e gravità
L’allergia alle arachidi è un’allergia emergente e potenzialmente pericolosa.
Fino a non molti anni or sono era considerata un problema strettamente americano e del Regno
Unito, oggi l’allergia alle arachidi si sta diffondendo anche nel vecchio continente ed aumentano
vertiginosamente le segnalazioni di reazioni allergiche, si tratta ormai di una delle principali
allergie del bambino, spesso gravi e talora mortali.
È un’allergia che si presenta precocemente nell’infanzia (nel 92% dei casi tra 1 e 7 anni), con una
incidenza media dell’11,8%, al terzo posto dopo latte e uova. A differenza di queste ultime che
tendono prevalentemente a scomparire con il tempo, l’allergia alle arachidi permane per tutta la
vita. È spesso associata all’allergia alle noci ed altri legumi, come la soia ed il lupino.
Le arachidi sono largamente utilizzate dall’industria dolciaria ed alimentare sotto forma di olio e
di burro o margarina costituenti di vari tipi di snacks, merendine, dolciumi. Sono presenti anche
in prodotti destinati all’infanzia ad esempio come componente di latte adattato o come eccipiente
in preparati polivitaminici.
Le reazioni possono essere molto gravi (shock anafilattico acuto) ed avvengono in seguito a
contatto, inalazione, ma soprattutto per ingestione dell’alimento.
Il potere allergenico dell’arachide è incrementato dai trattamenti di cottura (soprattutto la
tostatura).
Negli USA l’allergia alle arachidi, assieme a quella per le noci, è probabilmente la causa principale
di reazioni anafilattiche fatali e quasi fatali da cause alimentari.
SOIA
Allergene: proteine della soia
Prevalenza delle allergie e gravità
La frazione allergenica della soia è quella proteica, e in effetti molti soggetti allergici alla soia
possono tollerare gli oli di soia raffinati. L’allergia alla soia è comune ai bambini con allergia alle
proteine del latte vaccino; il 15% di questi bambini infatti è allergico anche alla soia. Per questo
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motivo, alcuni esperti mettono in dubbio l’opportunità di sostituire il latte vaccino con il latte di
soia.
LATTE
Allergene: proteine del latte
Prevalenza delle allergie e gravità
L’allergia alle proteine del latte vaccino è una patologia relativamente frequente nel primo anno
di vita e la sua incidenza è variabile ma compresa tra l’1 ed il 3% (dai 10.000 ai 15.000 bambini
affetti ogni anno in Italia).
È tuttavia una allergia difficile da gestire e da evitare in quanto il latte è presente in tantissimi
alimenti che un soggetto allergico può assumere anche senza saperlo come per es. in gelati alla
frutta, insaccati, prosciutto cotto o magari in alcune formulazioni medicinali. La sintomatologia è
nel 50-70% dei casi di tipo gastroenterico, o cutaneo (dermatite atopica, orticaria, angioedema),
nel 20-30% possono presentarsi disturbi respiratori (rinite), nel 5-9% anafilassi.
Nella maggior parte dei casi i bambini riescono a reintrodurre il latte nella dieta all’età di tre anni,
in altri casi i soggetti possono continuare a manifestare una sintomatologia attenuata.
L’intolleranza al lattosio, invece, si manifesta con un andamento contrario: è un’allergia rarissima
nel primo anno di vita e molto frequente nell’adulto in particolare in alcune popolazioni (africane,
asiatiche, indiane d’America).
I soggetti allergici al latte vaccino possono presentare cross reazioni anche in seguito al consumo
di latte di pecora e di capra: il consumo del latte di queste due specie non è quindi indicato per i
soggetti intolleranti al lattosio.
FRUTTI A GUSCIO
Allergene: Futti a guscio (proteine delle noci)
Prevalenza delle allergie e gravità
Quella alla frutta a guscio e loro derivati (noci, noci brasiliane, mandorle, pistacchi, nocciole),
ampiamente utilizzati nell’industria alimentare per la preparazione di dolci, cibi pronti, alimenti
per bambini e altre derrate, è un’allergia che si sviluppa frequentemente nei bambini, i quali
possono manifestare una grave sintomatologia allergica fino allo schok anafilattico.
Il problema maggiore per i pazienti che soffrono di questo tipo di allergia è evitare i molti alimenti
che nascondono noci e noccioline in tracce: è quindi indispensabile leggere bene le etichette di
tutti i prodotti industriali.
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Coloro che presentano un’allergia a questi alimenti possono manifestare reazioni crociate con le
noccioline americane (arachidi).
SEDANO
Allergene: proteine del sedano
Prevalenza delle allergie e gravità
In Europa e soprattutto nella Svizzera tedesca, il sedano è comunemente causa di allergie
soprattutto nei soggetti adulti.
La sintomatologia descritta è variabile: sindrome orale allergica, disturbi a carico del tubo
digerente, riniti e/o asma, sindrome orticaria-angioedema e perfino shock anafilattico.
È stato dimostrato che esistono frequenti forme di cross-reattività del sedano con polline ed altri
alimenti vegetali della stessa famiglia (soprattutto con il finocchio)
SENAPE
Allergene: Senape
Prevalenza delle allergie e gravità
L’allergia alla senape è molto comune in Francia dove sono riportati diversi casi di gravi reazioni
anafilattiche conseguenti all’ingestione dell’alimento.
SESAMO
Allergene: proteine del sesamo
Prevalenza delle allergie e gravità
L’allergia al sesamo può determinare gravi reazioni anafilattiche. Nei soggetti sensibili si può
manifestare cross-reattività verso noci e semi.
SOLFITI
Allergene: Anidride solforosa e solfiti (in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi
come SO2), proteine del sodio metasolfito
Prevalenza delle allergie e gravità
I solfiti vengono usati come additivi nei vini. Nei soggetti sensibili, soprattutto in pazienti asmatici,
il loro consumo può determinare crisi asmatiche. I sintomi possono diventare gravi solo in una
piccola minoranza dei soggetti colpiti.
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LUPINI E PRODOTTI DERIVATI
Allergene: proteine dei lupini
Prevalenza delle allergie e gravità
Quella ai lupini e loro derivati utilizzati nell’industria alimentare per la preparazione di dolci, cibi
pronti, alimenti per bambini e altre derrate, è un’allergia che si sviluppa frequentemente nei
bambini, i quali possono manifestare una grave sintomatologia allergica fino allo shock
anafilattico.
Il problema maggiore per i pazienti che soffrono di questo tipo di allergia è evitare i molti alimenti
che li nascondono: è quindi indispensabile leggere bene le etichette di tutti i prodotti industriali.
6. DIETE SPECIALI
6.1) DIABETE
Dieta Mediterranea è oggi sinonimo universale di alimentazione ideale. A metà degli anni ottanta
i ricercatori parlavano di età d’oro della nutrizione. Gli studi di Ancel Keys avevano dissolto
qualsiasi dubbio: “la tradizione alimentare mediterranea è l’esempio da seguire per il controllo dei
fattori di rischio delle malattie cronico-degenerative”. Ancel Keys parlava di via mediterranea
all’alimentazione che oggi chiamiamo Mediterraneità, un neologismo che descrive un atto
complesso che risponde a tre quesiti principali: cosa mangiare, come mangiare e con chi mangiare.
Mediterraneità è un modo particolare di vivere l’atto alimentare che è caratterizzato da spazio (la
cucina), tempo (il tempo dedicato al cibo), economia (corretto utilizzo delle risorse), relazioni
(identità e appartenenza), cultura (coltivazioni adatte ai luoghi e alle esigenze del gruppo
familiare), politica (la teoria dello stato) (7). La popolazione italiana delle persone con diabete si
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è dimostrata, rispetto a quella degli altri Paesi, maggiormente incline alla depressione, ai disagi
legati alla patologia, con maggiore grado di timore verso alcuni aspetti della malattia, come
l’ipoglicemia e con una percentuale decisamente minore di partecipazione a programmi educativi.
Ancora più scarso appare il coinvolgimento dei familiari, decisamente trascurati dal sistema. La
comunicazione interpersonale medico/paziente risulta carente: solo un quarto delle persone con
diabete afferma di aver discusso con il proprio medico gli obiettivi da raggiungere e i
comportamenti per ottenerli, mentre l’80% dei sanitari afferma il contrario. Le carenze di
comunicazione di quanti si dovrebbero prendere cura della persona con diabete sono legate a scarse
conoscenze dietologiche nutrizionali e a stereotipi scientifici (8). L’alimentazione è una delle
pietre miliari nella prevenzione del diabete mellito e nel paziente con diabete conclamato essa ha
come obiettivo primario non solo il miglioramento del controllo glicemico e degli altri fattori di
rischio cardio-metabolici (9), ma anche la riduzione delle complicanze micro vascolari e delle
malattie cardiovascolari che sono responsabili di circa il 70% della mortalità totale in questi
pazienti (10). Lo studio InterAct, condotto su una grande coorte di individui sani appartenenti sia
a paesi mediterranei che non mediterranei, ha confermato che una maggiore aderenza al pattern
alimentare mediterraneo riduce del 12% il rischio DM2 rispetto agli individui che non adottano
questo modello alimentare (11). Altri due importanti studi che hanno valutato gli effetti delle
modifiche dello stile di vita sul rischio di sviluppare DM2 sono il Finnish Diabetes Prevention
Study (DPS) (12) e il Diabetes Prevention Program (DPP) (13). Questi studi, condotti in individui
con ridotta tolleranza glucidica, hanno mostrato che una riduzione ponderale moderata (5-7% del
peso corporeo), ottenuta con modifiche non drastiche della dieta e un lieve aumento dell’attività
fisica (almeno 30 minuti al giorno), riduceva del 58% l’incidenza del diabete rispetto al placebo e
del 31% rispetto alla metformina. Inoltre, i più recenti risultati del Diabetes Prevention Study
(DPS) hanno ulteriormente sottolineato l’importanza delle modifiche globali dello stile di vita sulla
riduzione del rischio di DM”; infatti i benefici della moderata riduzione ponderale, insieme ad un
incremento dell’attività fisica, sono preservati nel lungo termine, anche dopo anni dalla
conclusione dell’intervento (14). Il sovrappeso e l’obesità sono i due più importanti fattori di
rischio per lo sviluppo di DM2 e di MCV. Oltre l’80% dei pazienti affetti da DM2 è in sovrappeso
o è francamente obeso. E’ noto che l’obesità, soprattutto la localizzazione del grasso a livello
addominale, induce insulino-resistenza e conseguentemente un’aumentata richiesta di insulina.
Questa condizione rappresenta uno stress che può portare nel tempo a un declino della funzione
della beta-cellula con deterioramento del metabolismo glucidico. Inoltre un eccesso di peso si
associa ad un incremento dei fattori di rischio CV. Pertanto tutte le società scientifiche per la cura
26
del diabete, sia nazionali che internazionali, raccomandano di ridurre il peso nei pazienti diabetici
che sono in sovrappeso o obesi. La riduzione ponderale è, pertanto, il primo obiettivo della terapia
nutrizionale del paziente con DM2 perché migliora l’insulino-resistenza e la funzione della beta-
cellula migliorando il metabolismo del glucosio e in alcuni casi inducendo una parziale o totale
regressione della malattia e una riduzione del rischio CV associato al sovrappeso e all’obesità (15).
L’indice glicemico è un parametro elaborato agli inizi degli anni ’80 dal prof. Kenkins
dell’università di Toronto che classifica gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di
glucosio nel sangue (glicemia). Per molto tempo in passato si è ritenuto che tutti i carboidrati
semplici fossero uguali e facessero salire rapidamente il glucosio nel sangue; invece, si è acquisito
che tutti i carboidrati complessi lo fanno salire lentamente e in modo graduale. L’indice glicemico
è influenzato dalla composizione degli alimenti, ma anche dai metodi di cottura: si riduce con la
parziale bollitura o il raffreddamento degli alimenti cucinati, come le patate bollite; anche la
presenza di cibi con fibre solubili, capaci di assorbire elevate quantità di acqua, formano
nell’intestino una quantità di acqua, formando nell’intestino una sorta di gel, aiuta ad abbassare
l’indice glicemico. Se si introducono troppi cibi ad alto indice glicemico si ha un rapido aumento
della glicemia la quale provoca la secrezione da parte del pancreas di grandi quantità di insulina
che, a sua volta, causa un rapido utilizzo del glucosio da parte dei tessuti, così che dopo due-tre
ore dal pasto si determina un effetto opposto, cioè un’ipoglicemia, con conseguente sensazione di
fame e di un certo malessere. Se si ingeriscono altri carboidrati per fronteggiare la fame, si stimola
una nuova secrezione di insulina e si entra in un circolo vizioso. Inoltre, spesso, il corpo non usa
tutto il glucosio, che così viene trasformato in tessuto adiposo, e le riserve di grasso non utilizzate
si accumulano e generano aumento di peso corporeo (16).
6.2) DISFAGIA
La disfagia è un disturbo della deglutizione ed indica la difficoltà a far progredire un bolo solido,
semisolido o liquido dal cavo orale allo stomaco, causata da una disfunzione anatomo-funzionale;
essa implica la partecipazione coordinata e sincronizzata della muscolatura orofaringea, laringea
ed esofagea, coinvolgendo trentacinque muscoli e sei nervi cranici. Tutto questo ci permette di
capire la complessità che l’atto del deglutire comporta e la delicatezza del sistema. Col termine
disfagia ci si riferisce a qualsiasi disagio nel deglutire o a qualsiasi disfunzione deglutitoria
obiettivamente rilevabile direttamente oppure indirettamente per le sue conseguenze (17). La
deglutizione viene infatti funzionalmente descritta come la capacità di convogliare sostanze dalla
27
bocca attraverso l’esofago fino allo stomaco in maniera valida, efficace, sicura e dipende
dall’interazione di bocca, faringe ed esofago; è il risultato congiunto di forze che spingono il bolo
attraverso la faringe evitando le vie aeree (18). Le conseguenze della disfagia possono essere
diverse: soffocamento, malnutrizione, disidratazione, alterazione della qualità della vita, aumento
richieste di interventi sanitari. L’incidenza è in costante aumento: fino al 20% nella popolazione
ma può raggiungere valori più alti, fino al 50%, nei soggetti anziani istituzionalizzati. Per questi
ultimi il rischio di presentarla nel corso del tempo interessa quasi la totalità degli ospiti nelle RSA
a causa dello stretto rapporto tra non autosufficienza e demenza e la conseguente disabilità nelle
attività di vita quotidiana compreso l’atto dell’alimentazione. Inoltre il rischio di disfagia aumenta
in ospiti con determinati tipi di patologia come ad esempio Alzheimer, SLA, demenza, Parkinson
ed in particolare ictus, che rappresenta una delle principali cause. I sensi hanno un ruolo
fondamentale quando si tratta di alimentazione. La percezione sensoriale degli alimenti, in termini
di gusto ma anche di odore, consistenza e aspetto condiziona fortemente il piacere che ne traiamo
e che spesso guida i nostri comportamenti. “Ciò che ci piace, o che non ci piace mangiare, dipende
da molti fattori – eredità genetica, dieta materna, metodi educativi, facoltà cognitive e di
apprendimento e di cultura – ognuno dei quali si esprime attraverso risposte edonistiche a qualità
sensoriali” (19). Nel caso specifico di persone anziane e disfagiche tale presupposto è più
complesso da rispettare ma è fondamentale tenerne conto. Nei soggetti disfagici la preparazione
del cibo è fondamentale poiché è necessaria una cura particolare in merito alla consistenza delle
pietanze; inoltre ci sono alimenti da evitare: alimenti a doppia consistenza (fette biscottate e latte,
pastina in brodo, minestrone con verdure a pezzi, yogurt con pezzi di frutta, gelato con frutta,
scaglie di cioccolato, canditi o nocciole), alimenti filanti (es. formaggi cotti), verdure o carne
filacciosi e duri, cibi appiccicosi (es. stracchino), legumi (piselli, fagioli, fave, lenticchie..) che
possono dare difficoltà data la presenza della buccia; riso, fette biscottate, cracker, grissini, torte o
ciambelle friabili; alcolici; pane; frutta secca; frutta fresca come mirtilli, ribes, melagrane, more,
lamponi e agrumi. Gli ospiti che presentano un deficit a livello deglutitorio non possono gestire
tutti i tipi di consistenze che devono essere selezionate sulla base delle difficoltà. Di solito viene
consigliata una consistenza semisolida (a crema) che permette di evitare la masticazione che può
essere inefficace, oltre a permette una migliore gestione durante la deglutizione. I liquidi vengono
solidamente addensati con l’addensante. In pratica chi è disfagico deve nutrirsi in maniera speciale
e così la necessità di utilizzare cibi con una specifica consistenza e scivolosità restringe l’uso a
pochi alimenti rendendo l’alimentazione monotona, poco gradevole al gusto, ma anche alla vista
e all’olfatto. Anche per questi motivi le persone che soffrono di tale patologia tendono a rifiutare
28
il cibo o a nutrirsi in maniera inadeguata, andando incontro ad uno stato di malnutrizione. L’OMS
(20) afferma che la “la malnutrizione del denutrito è la più grave minaccia per la salute pubblica
mondiale, dal punto di vista della mortalità, ma anche della minore qualità della vita, dell’aumento
delle risorse sanitarie e dei costi”.
6.3) CELIACHIA
In Italia la celiachia è riconosciuta come malattia sociale dal 2005, grazie alla legge del 4 luglio
2005 n. 123; La celiachia oggi, a differenza del passato, è considerata malattia sociale perché oltre
alle sue dimensioni epidemiologiche ha un impatto importante sulla famiglia, la scuola, le strutture
sanitarie, il mondo del lavoro e il tempo libero. E’ una patologia cronica, spesso a rischio di
complicanze, per la quale una corretta diagnosi unita ad un corretto stile alimentare possono
portare alla completa remissione dei sintomi. La terapia per i celiaci consiste in una dieta
rigorosamente priva di glutine, oggi facilmente perseguibile grazie alla vasta gamma di prodotti
disponibili sul mercato. A supporto della necessità di una dieta senza glutine, il SSN ha previsto,
già dal 1982, un’assistenza sanitaria integrativa che prevede l’erogazione gratuita dei prodotti
specificatamente formulati per i celiaci. I prodotti erogabili gratuitamente sono elencati nel
Registro Nazionale istituito nel 2001 presso il Ministero della salute secondo i limiti di spesa
previsti dal DM 4 maggio 2006 e in via di revisione. Inoltre, per favorire le attività fuori casa, dal
2005 sono a disposizione delle Regioni due capitoli di spesa per l’implementazione di attività
formative degli Operatori del Settore Alimentare e di attività di prevenzione dirette, o correlate,
alla somministrazione di pasti senza glutine nelle mense delle scuole, delle strutture sanitarie e alle
mense interne alle pubbliche amministrazioni. L’ambiziosa scommessa è la piena applicazione
delle norme in modo soddisfacente su tutto il territorio nazionale e il pieno soddisfacimento dei
bisogni dei cittadini celiaci e delle loro famiglie. Inoltre il Ministro della salute presenta al
Parlamento una relazione annuale di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove
acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca, con particolare riferimento ai problemi
concernenti la diagnosi precoce e il monitoraggio delle complicanze. Una novità importante, anzi
sostanziale, che secondo l’Associazione Italiana Celiachia evidenzia però “alcuni punti
potenzialmente critici“, ponendo in rilievo il fatto che il nuovo regime abbia il suo focus nel
monitoraggio della malattia, e non nella sua diagnosi, ciò comporta che, in Italia sono diagnosticati
solo poco più del 30% dei casi attesi, e per di più con tempi lunghi: mediamente 6 anni, con enorme
spreco di risorse per esami non appropriati e costi sociali derivanti dalla salute precaria dei pazienti
29
in attesa di diagnosi e quindi di terapia. Inoltre nel decreto infatti non vengono fornite indicazioni
al medico sugli esami in esenzione da prescrivere per la fase successiva alla diagnosi, con il rischio
di prescrizioni di esami non necessari, magari anche con cadenza temporale più frequente rispetto
alla reale necessità. Per ovviare al problema, l’indicazione di Aic è quella di far conoscere il più
possibile lo specifico “Protocollo di Diagnosi e Follow up”, in vigore dallo scorso agosto,
veicolato come golden standard della diagnosi e monitoraggio del paziente celiaco. La celiachia,
chiamata anche malattia celiaca, è un’enteropatia infiammatoria permanente, con tratti di auto-
immunità, provocata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. E’ la più
frequente intolleranza alimentare e colpisce circa l’1% della popolazione mondiale. E’
caratterizzata da un peculiare aspetto istologico della mucosa duodenale: atrofia dei villi, iperplasia
delle cripte e infiltrazione linfocitaria. Il glutine è la frazione proteica alcol solubile del grano. Si
ottiene impastando la farina di frumento sotto un flusso di acqua. La principale proteina del glutine
è la gliadina, di cui si distinguono quattro sub-unità, in base alla mobilità elettroforetica (, , , e
). Sebbene il termine glutine indichi propriamente solo il complesso proteico alcool solubile
estratto dal grano, questo termine viene comunemente esteso alle corrispondenti proteine della
segale e dell’orzo, in considerazione della loro omologia di sequenze aminoacidiche e effetto
tossico nella celiachia. Le principali proteine del glutine estratto dall’orzo e della segale si
chiamano, rispettivamente, ordeina e secalina. Oltre alla gliadina, il complesso proteico del glutine
comprende anche le glutenine a basso ed alto peso molecolare che possono essere separate dalle
gliadine mediante estrazione con una soluzione di acido acetico. Sia le gliadine che le glutenine
sono tossiche nella celiachia. Le principali caratteristiche del glutine sono la visco-elasticità e la
capacità di trattenere aria, in particolare la CO2 che si produce durante la fermentazione del pane.
La celiachia è una reazione immunitaria al glutine che ha come conseguenza il fatto che il sistema
immunitario attacca il tratto intestinale causando l’atrofia dei villi dell’intestino tenue e vari altri
eventuali sintomi. L’attacco contro i villi è un attacco contro l’endomisio, il rivestimento
dell’intestino tenue. La parte specifica dell’endomisio che viene attaccata è un enzima conosciuto
come transglutaminasi tissutale. La funzione di questo enzima è quella di riparare i danni al
rivestimento dell’intestino tenue. Una volta che l’atrofia villosa viene diagnosticata, il danno si è
già verificato. Rimuovere il glutine dalla dieta può avere risultati impressionanti nel migliorare la
propria salute, ma la malattia potrebbe nel frattempo aver prodotto altri danni irreversibili (21).
Anche l’atrofia villosa, che solitamente si pensa sia reversibile, in molti casi non lo è, specialmente
nei pazienti più anziani. Il glutine è una proteina presente in grano, segale, orzo e un certo numero
di altri cereali, nonché nelle centinaia di prodotti derivati dagli stessi cereali. Occorrerebbe quindi
30
evitare: pane, alimenti fritti, pasta, birra, malto d’orzo, farine e glutine usati come additivi, salsa
di soia, affettati e alcuni tipi di farmaci. Inoltre ogni alimento trasformato può contenere glutine.
Occorre sempre leggere le etichette, ricordando che talvolta l’alimento può contenere glutine in
tracce; gli alimenti sicuri sono quelli che contengono il marchio Gluten free ben in vista.
L’intolleranza al glutine potrebbe arrecare una serie di problemi degni di nota: sintomi e segni
suggestivi di celiachia, disturbi intestinali cronici (dolore addominale, stipsi, diarrea, meteorismo),
stomatite aftosa ricorrente, ipoplasia dello smalto dentario, ipostaturalità, ipertransaminasemia,
sideropenia (con o senza anemia), stanchezza cronica, rachitismo, osteopenia, osteoporosi,
alopecia, anomalie dello sviluppo puberale, orticaria ricorrente, disturbi della fertilità
(poliabortività spontanea, menarca tardivo, menopausa precoce, infertilità), disturbi della
gravidanza, epilessia con calcificazioni endocraniche ed altre patologie neurologiche (atassia,
polineurite, etc.), disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia), dermatite
erpetiforme, anemia (sideropenica, megaloblastica), come anemia, carenza di ferro, osteoporosi e
ipotiroidismo; dovuti per lo più ad un malassorbimento delle sostanze ingerite ed in particolare
vitamine e minerali.
6.4) INSUFFICIENZA RENALE
L’insufficienza renale è la sindrome acuta o cronica caratterizzata dalle alterazioni conseguenti
alla soppressione o all’importante riduzione della funzione renale. Si distingue in: insufficienza
renale acuta (IRA) e insufficienza renale cronica (IRC). L’IRA si caratterizza per un’improvvisa
cessazione o forte riduzione della produzione di urina, aumento della creatininemia e dell’azotemia
e dalla comparsa delle manifestazioni dell’uremia acuta. Viene distinta in: IRA pre-renale, Ira
post-renale e IRA renale. Nella maggior parte dei casi deve essere rapidamente instaurata la terapia
dialitica, ma nei casi meno gravi può essere sufficiente la terapia conservativa, che è
essenzialmente dietetica. L’IRC è dovuta alla riduzione progressiva ed irreversibile della funzione
renale a causa della perdita di nefroni funzionanti. Lo scopo della terapia dietetica è quello di
assicurare uno stato nutrizionale soddisfacente e di rallentare la progressione dell’insufficienza
renale. La dieta ipoproteica-ipofosforica è il pilastro fondamentale della terapia conservativa
dell’IRC (22). E’ importante che il peso del paziente si avvicini a quello ideale. I primi tentativi
d’uso di una dieta ipoproteica risalgono a circa 50 anni fa ed erano finalizzati a ridurre la comparsa
della uremia e ritardare, quanto più possibile, la necessità di un trattamento dialitico sostitutivo.
31
Per tale ragione questi primi tentativi furono indirizzati verso soggetti con grave insufficienza
renale e che di conseguenza presentavano anche tutto il corredo di sintomi e condizioni tipiche di
questa fase (23). La Scuola nefrologica italiana ha contribuito in maniera importante a sviluppare
i principi generali che regolano la prescrizione di un piano dietetico nei pazienti nefropatici. Un
contributo essenziale è sicuramente dovuto al lavoro della Scuola pisana che promosse lo sviluppo
su scala industriale dei prodotti aproteici attualmente disponibili sul mercato. A tutt’oggi, alcuni
principi essenziali, rimangono i cardini della nutrizione nei pazienti con alterata funzione renale:
apporto calorico elevato (superiore a 30 Kcal/Kg/die), sostituzione dei derivati del grano (pane,
pasta, dolci, biscotti) con analoghi artificiali a base di amidi di varia origine, totalmente privi di
glutine (farina, pane e pasta aproteici) e infine limitazione del consumo giornaliero di proteine
animali ad alto valore biologico (0,6 o 0,3 g/Kg/die) sulla base delle entità della insufficienza
renale e con la finalità di mantenere un bilancio azotato accettabile. Il caratteristico accumulo di
metaboliti azotati si associa nelle forme più severe a disregolazione dell’equilibrio idroelettrolitico
e disordini acido-base. E’ frequente una riduzione della diuresi con disidratazione o comunque
ipovolemia. Fattori legati alla dita possono avere effetti notevoli sulla patologia. Uno stato di
iperapporto di proteine comporta sovraccarico di sodio e volume, iperpotassiemia, iperfosforemia
e acidosi. Le principali raccomandazioni dietetiche sono distinte in base ai fattori maggiormente
coinvolti nell’insufficienza renale: apporto di sodio, di proteine e calorie, di potassio e di fosforo,
di carboidrati e grassi. In pazienti senza sindrome nefrotica, appartenenti allo stato lieve-moderato,
è consigliabile un apporto proteico di 0.8g/Kg/die riferito al peso ideale mentre in coloro che hanno
un’insufficienza renale più avanzata è utile un rapporto di 0,6 g/Kg/die. La restrizione proteica
deve, comunque, essere sempre sostenuta da un introito di calorie più che adeguato (30-35
kcal/Kg/die nell’IRC lieve ed a 35-40 Kcal/Kg/die nell’IRC più avanzata), aumentando i grassi
poli-insaturi ed i carboidrati non processati, poiché l’insufficiente apporto di calorie implica
l’utilizzazione di aminoacidi per ricavare energia in sostituzione o integrazione di quella
insufficientemente fornita da glicidi e lipidi, mentre la somministrazione di sufficienti calorie
consente di risparmiare le proteine dell’organismo, in particolare di quelle dei muscoli, e di
utilizzare gli aminoacidi per il loro compito essenziale di sintesi delle proteine. Il fabbisogno
energetico verrà quindi mantenuto con l’apporto di lipidi (comunque minore al 30% circa delle
calorie totali) e di glicidi (60% circa delle calorie totali, preferibilmente come amidi, alimenti
aproteici). La maggior parte delle proteine ingerite devono essere di alto valore biologico con
contenuto adeguato di amminoacidi essenziali. Si devono evitare abitudini alimentari che
privilegiano l’assunzione di proteine di origine animale; un adeguato introito di proteine di origine
32
vegetale (legumi e cereali) produce meno valenze acide e minore assorbimento intestinale di
fosfati. Per controllare l’effettiva aderenza ad uno schema nutrizionale con queste caratteristiche
ed evitare l’insorgenza di malnutrizione, è necessario controllare periodicamente l’escrezione
urinaria di urea. In definitiva, un apporto controllato di proteine e calorie sulla base della taglia
corporea del paziente e di comorbilità associati quali il diabete, rappresenta un valido mezzo per
prevenire le complicanze uremiche e ritardare la necessità del trattamento sostitutivo cronico. I
grassi, oltre ad essere ristretti a meno del 30% dell’introito calorico giornaliero, in particolare
quelli saturi, dovrebbero essere inferiori al 10% del totale. Eccesso di adiposità sia sotto forma di
valori più elevati di BMI che di obesità viscerale con aumento della circonferenza addominale
sono fattori di rischio indipendenti di progressione renale oltre che di mortalità cardiovascolare
nei pazienti con insufficienza renale. La correzione dell’obesità mediante interventi nutrizionali o
chirurgici comporta un migliore controllo della PA e riduzione dell’albuminuria, eventi favorevoli
per rallentare l’evoluzione (24).
CONCLUSIONI
Conoscere la storia di vita dell’anziano vuol dire porre al centro la sua persona, il ruolo che ha
avuto come soggetto attivo all’interno della società e all’interno della famiglia. Superando quanto
denunciato da Minetti e Censi: “La società non solo smette di considerare l’anziano nei termini di
ciò che ancora potrebbe essere e dare, ma cancella anche il suo passato, i suoi meriti, ciò che, nel
corso della vita è stato, sia sul piano umano che sociale” (26). Se da una parte quindi si assiste a
un avanzamento degli anni e delle aspettative di vita, attraverso anche un miglioramento degli
aspetti assistenziali e, di conseguenza, ad una più lunga sopravvivenza fisica, dall’altra molto
spesso si riscontra una vera e propria eutanasia sociale, che coinvolge non solo l’anziano, ma anche
chi fino a quando ha potuto se ne è preso cura con dedizione, impegno e amore. La valutazione
multidimensionale è lo strumento fondamentale per attendere in RSA il paziente anziano fragile,
affetto da pluripatologia spesso invalidante oltre che compromesso da problemi di natura varia,
ma incidenti sull’insorgenza e sulla progressione delle malattie. L’obiettivo dei servizi residenziali
e semiresidenziali per non autosufficienti è quello di affrontare i problemi dell’invecchiamento e
33
della perdita di salute e ruolo sociale, difendendo, prima ancora della salute, la dignità delle
persone da accogliere e da trattare con serenità e considerazione. La qualità della RSA, essendo
questa prevalentemente un luogo di vita, pur con tutte le soluzione di assistenza e cura di anziani
con diverse limitazioni funzionali, è la “qualità di vita” e, come scrisse John Ruskin, “La qualità
non è mai casuale; è sempre il risultato di uno sforzo intelligente”. Le RSA hanno una collocazione
istituzionale nella sanità e sono pertanto coinvolte nell’ampio sforzo che in questo ambito si
conduce per dar valore e implementare una sempre maggiore appropriatezza nelle procedure di
assistenza e cura di anziani che, peraltro, giungono al ricovero spesso in condizioni di grave
compromissione clinica o cognitiva, benché in fase di stabilità. Si tratta di ricoveri temporanei,
spesso attuati a fini di sollievo dei familiari oppressi da un pesante fardello di accudimento, o
invece di lunghi periodi di soggiorno, se non per tutto il resto della vita. Chiaramente queste
diverse tipologie di ricovero richiedono approcci un po’ differenziati in quanto, nel caso dei
soggiorni temporanei, il reinserimento nel contesto previo acquisisce una valenza prioritaria,
mentre per gli altri a tempo indeterminato domina la realizzazione di un conveniente adattamento
alla nuova situazione. Per questo, considerata la complessità dei soggetti ospiti dei servizi
residenziali, nei criteri di qualità trovano un particolare rilievo processi volti:
• alla riduzione di eventi negativi, quali le cadute, i fenomeni di disidratazione e
malnutrizione, l’insorgere e il peggioramento delle piaghe da decubito, il ricorso improprio
alla contenzione ed effetti indesiderati da farmaci;
• alla promozione del benessere, quali i miglioramenti funzionali e clinici, gli stimoli alla
mobilità e alla partecipazione
Qualunque cultura professionale fa i conti, prima che con l’efficienza e la replicabilità, con la
realtà precisa che ha di fronte e che è l’unica ad innovare le competenze e a costringere
all’aggiornamento di linee guida e protocolli. Se ciò è vero sempre, acquista però un senso
predominante quando il piano di intervento non si limita alle pur importanti decisioni cliniche, ma
a quelle più vaste di natura esistenziale, nelle quali intervengono fattori sociali, culturali e religiosi.
In questa interpretazione la casa di riposo per anziani diventa un contesto di autopromozione, che
tende a promuovere una vita attiva ed un mantenimento dell’autonomia personale. L’anziano
arriva nella struttura come soggetto unico e particolare, con una biografia ed un vissuto personale
da valorizzare e dove l’impianto organizzativo diventa attento e sociale (27). L’organizzazione
della vita quotidiana per un anziano deve basarsi su una modalità di assistenza molto flessibile,
dove l’assistenza non deve associarsi alla semplice sorveglianza. Nasce così la necessità di aiutare
34
le persone nella vita quotidiana per quelle funzioni che non riescono a svolgere, e che sono attività
tradizionalmente ben consolidate nelle strutture assistenziali. L’espressione “prendersi cura” è un
elemento importante: la malattia, qualsiasi essa sia, non è una parentesi nella vita di una persona e
della sua famiglia, ma diviene la condizione con cui vivere ogni giorno. Le azioni, le parole, e i
gesti non sono mai neutrali: è necessario che diano testimonianza di accoglienza, premura,
interesse, responsabilità.
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sociale prematura. 2015.
27. M. Fumagalli, F. Arrigoni. Dove l'acqua si ferma: la cura e il benessere degli anziani fragili
con il metodo gentlecare. Santarcangelo di Romagna : Maggioli Editore, 2013.
SITI INTERNET
ANDID – Associazione Nazionale Dietisti www.andid.it
Autorità europea per la sicurezza alimentare – EFSA www.efsa.europa.eu/it
Crea alimenti e nutrizione www.crea.gov.it/alimenti-e-
nutrizione
EUFIC, European food council www.eufic.org/index/it
FAO, Food and Agricolture Organization of the United Nations www.fao.org
Fondazione Umberto Veronesi www.fondazioneveronesi.it
Il fatto alimentare www.ilfattoalimentare.it
Istituto Superiore della Sanità www.iss.it
Ministero della Salute www.ministerosalute.it
WHO, World Health Organization (OMS) www.who.ch