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A10749
Titolo dell'opera originaleRIGVEDA – VELIKOE NAČALO INDIJSKOJ LITERATURY I KUL’TURY
contenuta inRigveda, Mandaly I-IV. Izdanie vtoroe, ispravlennoe. Izdanie podgotovila T.Ja. lizaren-kova, Moskva, Nauka, 1999.
Tat’jana Jakovlevna Elizarenkova
IL RIGVEDA L’INIZIO DELLA LETTERATURA
E DELLA CULTURA IN INDIA
Introduzione e traduzione diLaura Sestri
Copyright © MMXIARACNE editrice S.r.l.
via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065
ISBN 978–88–548–4121–5
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 2011
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
INDICE
Introduzione del Traduttore 7
I 11
Premessa 11
1.1. Preistoria dei Proto-Indo-arii 16
1.2. La cronologia assoluta del Rigveda e il suo
raffronto con la civiltà dell’Indo 21
1.3. Rigveda e Avesta 28
1.4. Il mondo materiale degli arii del Rigveda 35
1.5. La società aria all’epoca del Rigveda 51
II 59
2.1. Il Rigveda e la letteratura vedica 59
2.2. Il Sāmaveda 61
2.3. Lo Yajurveda 63
2.4. L’Atharvaveda 68
2.5. I Br×hmaða 78
2.6. ¨raðyaka e Upanióad 80
III 83
3.1. Il testo del Rigveda e la cronologia
relativa delle sue parti 83
3.2. Gli ¬ói, autori degli inni 91
3.3. Il contenuto del Rigveda 96
3.4. Religione e mitologia nel Rigveda 111
IV 131
4.1. La lingua e il dialetto del Rigveda 131
4.2. Lo stile del Rigveda 139
4.3. La metrica del Rigveda 170
4.4. Le traduzioni del Rigveda 179
Bibliografia 191
Aggiornamenti bibliografici a cura del Traduttore 203
6 T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
Introduzione del Traduttore
I translated the Rigveda because it became gradually my world, and I could not live
without it.
T.Ja. Elizarenkova
Il Rigveda non è solo uno dei monumenti letterari della civiltà uma-
na. Il Rigveda è anche un luogo. Un posto in cui una brillante mente
può trovare rifugio.
Tat’jana Jakovlevna Elizarenkova (1929-2007) è stata un’impor-
tantissima indologa russa. Tra i suoi grandi meriti vi è l’aver applicato
l’analisi strutturalista e semiotica agli studi vedici e l’aver considerato
il testo sia dal punto di vista pragmatico che da quello più generale del
processo comunicativo. In particolare, la studiosa ha approfondito le
interconnessioni tra il sistema linguistico vedico e lo stile del Rigveda,
mostrando che per poter comprendere la lingua di questo monumento
letterario è indispensabile tenere in considerazione il fatto che ogni
variazione di strato linguistico ed ogni elemento stilistico sono sog-
getti alla natura del testo sacro. È con questi presupposti che Eli-
zarenkova ha affrontato il complesso lavoro della prima traduzione
completa in lingua russa del Rigveda. Da un lato, la studiosa ha rite-
nuto necessario farlo poiché lo considerava un compito urgente non
solo per gli studi indologici russi ma anche, più in generale, per la
cultura russa. Dall’altro, tuttavia, vi è una motivazione più personale,
vi è un’urgenza di sopravvivenza intellettuale che fa da retroterra a
questo lunghissimo (33 anni) e sofferto compito: per 22 anni Elizaren-
kova è stata privata del diritto di attraversare la frontiera, è stata licen-
ziata dall’Università Statale di Mosca, dove insegnava hindi, le sono
stati impediti contatti con gli studenti.
8 T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
And I had to concentrate on something that would help me to get out of that
situation, and it was the translation of the Rigveda.
E ciò a causa della sottoscrizione, nel 1968, di una lettera di protesta
politica1.
Quella che proponiamo al lettore è la traduzione del saggio intro-
duttivo di Elizarenkova alla sua traduzione completa del Rigveda in
russo. Si tratta di una introduzione alla lingua e cultura vedica, un
prezioso contributo che rende agile un primo contatto con questo
affascinante mondo arcaico. Elizarenkova, infatti, si è avvalsa dei più
importanti studi in questo campo (nonostante le difficoltà di
reperimento del materiale, si confronti l’intervista), arricchendoli delle
sue personali intuizioni e dei suoi approfondimenti, soprattutto nel
campo dell’analisi linguistica e stilistica. L’autrice ha citato numerosi
studiosi indiani (e anche russi naturalmente), aspetto importante per
quel «dialogo scientifico» che è il presupposto della ricerca in gene-
rale. Inoltre, proprio al fine di rendere ancora più utile una traduzione
di questo tipo, si è cercato di integrare i riferimenti bibliografici forniti
da Elizarenkova con alcuni tra quelli apparsi dopo la pubblicazione
dell’opera (in alcuni casi anche prima) e dopo la scomparsa dell’autri-
ce2. Gli aggiornamenti sono segnalati in nota dal Traduttore e in una
sezione apposita della Bibliografia.
La bibliografia completa di T.Ja. Elizarenkova è invece consulta-
bile sul sito:
http://titus.uni-frankfurt.de/personal/galeria/elizaren.htm
Un ringraziamento particolare va al Professor Daniele Maggi, senza
il cui supporto non sarebbe stata possibile questa traduzione, al
Dipartimento di Ricerca Linguistica, Letteraria e Filologica dell’Uni-
versità degli Studi di Macerata e ad Anna Vladimirovna Toporova.
1 Si veda l’intervista rilasciata nella sua casa di Mosca il 30/10/2006 in SESTRI 2008.
2 Per le integrazioni bibliografiche ci si è avvalsi prevalentemente del contributo di
MAGGI 2008.
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
Il Rigveda. L‟inizio della letteratura e della cultura in India
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
I
Premessa
Ricca, multiforme, multilingue: questa è la letteratura indiana, la
quale possiede non meno di 3500 anni. Molto si è perso per sempre
nelle nebbie del tempo, ma senza dubbio il Rigveda rappresenta
l‟inizio di questa letteratura, un inizio niente affatto timido o incerto,
al contrario: esso fu in realtà brillante. Il Rigveda non sembra in alcun
modo un debole rivoletto dal quale, col tempo, nasce un grande fiume.
Il Rigveda può essere piuttosto paragonato ad un vasto e maestoso
lago che stupisce ancor di più rispetto a ciò da cui è stato generato,
che resta pur sempre la sua fonte. Ci deve esser stato infatti qualcosa
ancor prima dell' “inizio”, ma possiamo solo fare delle supposizioni al
riguardo. Il valore del Rigveda non è solo evidente, ma possiede anche
il merito di essere legato senza alcun dubbio ad un avvenimento
rivelatosi epocale per la storia dell‟India.
Intorno alla metà del II millennio a.C. nell‟India nord-occidentale,
nella regione dell‟attuale Pañjāb, dall‟ovest, attraverso i valichi del-
l‟Hindukush, iniziarono a penetrare bellicose tribù che si davano il
nome di arii (¦rya-). Queste tribù parlavano una delle antiche lingue di
origine indoeuropea, molto simile alla lingua delle tribù vicine che
popolavano l‟antico Iran. Gli arii si distinguevano non solo per le doti
militari, ma anche per il dono della lingua poetica, con la quale
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda 12
seppero rappresentare la loro percezione del mondo: com‟era e come
lo avrebbero voluto vedere. Gli inni divennero il principale tesoro di
queste tribù, costituendo la base di quella che sarebbe stata la futura
raccolta: il Rigveda [da qui in poi RV].
Per comprendere il ruolo fondamentale del RV nella cultura
dell‟India antica e anche nel più ampio contesto della cultura indo-
europea comune, occorre soffermarsi sulle condizioni da cui esso ha
avuto origine. Le migrazioni delle tribù degli arii costituirono un pro-
cesso di lunga durata che si protrasse per molti secoli e interessò con
le sue ondate un‟enorme estensione. Nel RV non ci sono concreti ri-
mandi alle migrazioni e ai tragitti delle tribù fino a che queste non
fecero il loro ingresso in India. Quando gli arii vi apparvero per la
prima volta, non possedevano solo carri da combattimento, ma anche
inni rivolti alle divinità che sostenevano i loro spiriti guerrieri, inni
che riflettevano i loro desideri di vittoria sui nemici, di gloria, di
ricchezza, di prole maschile e di prosperità. Questi inni erano tras-
messi oralmente di generazione in generazione all‟interno delle
famiglie sacerdotali. La poesia sacra dei diversi popoli si distingue in
generale per il suo essere arcaica e conservativa. Il RV mostra molti
paralleli, nell‟ambito della mitologia e del rituale, con l‟Avesta, monu-
mento letterario antico iranico (più tardo rispetto al RV); alcune figure
mitologiche poco chiare o immotivate, almeno così a prima vista, e
tratti di divinità rigvediche si decifrano dal confronto con i corris-
pondenti personaggi di altre antiche tradizioni indoeuropee (comprese
quella slava e baltica). Infine, alcune tecniche poetiche generali, alcu-
ne formule verbali arcaiche e, più in generale, la concezione della Pa-
rola come forza creatrice superiore, capace di dar forma al cosmo, col-
legano questo monumento poetico all‟antica poesia dei greci, dei
germani, dei celti e di altri popoli indoeuropei, contribuendo così a ri-
costruire alcuni frammenti o caratteristiche sostanziali della lingua
poetica indoeuropea (indogermanische Dichtersprache). Le testimo-
nianze del RV sono molto importanti al riguardo, anche perché questo
antichissimo monumento possiede un‟enorme mole (il RV è simile
all‟incirca all‟Iliade e all‟Odissea considerate insieme).
Il RV si è costituito come opera unitaria, come raccolta, già in
territorio indiano, essenzialmente nel Pañjāb, nel bacino dell‟Indo e
dei suoi affluenti, mentre nelle parti finali l‟opera, eterogenea a livello
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
13
cronologico, già mostra accenni al Gange e allo Yamuna (l‟attuale
Jamna). Le tribù arie in quest‟epoca avanzano in India da nord-ovest
verso sud-est sui propri carri, saccheggiando le tribù indigene,
demolendo le loro fortezze, impadronendosi di ricchi bottini e,
gradualmente, mescolandosi con queste. Negli inni appaiono a volte
nomi di imperatori, non etimologizzati in ambito indoeuropeo, e
penetrano isolati prestiti dal dravidico, dall‟austroasiatico oppure da
fonti a noi del tutto sconosciute. In questo modo la cultura degli arii
inizia a fissare in sé elementi culturali appartenenti alle popolazioni
autoctone dell‟India, processo che conduce, in un secondo tempo, a
quella sintesi di etnie, religioni, culture così tipica dell‟India. L‟inizio
di tutto questo è stato racchiuso nel RV.
Possiamo farci un‟idea di come tutto ciò abbia avuto origine solo in
base alla raccolta stessa degli inni, poiché non abbiamo altre fonti di
conoscenza su questi tempi antichi, nessun altro elemento cronologico
attendibile. La prima data sicura in India è legata alla nascita del Bud-
dhismo nel VI secolo a.C., ma il RV e gli altri Veda più tardi furono
codificati chiaramente molto prima di questo. Così il RV risulta fonte
unica di notizie su ciò che avvenne in India settentrionale nel corso di
molti secoli a cavallo tra il II e il I millennio a.C. In virtù della sua
unicità, quest‟opera è la sola interprete di se stessa. La comparazione
con altri monumenti, anch‟essi appartenenti alla tradizione orale, deve
essere condotta con la massima cura, perché essendo questi monu-
menti posteriori, si corre il rischio di includere nel RV elementi im-
probabili dal punto di vista cronologico (è ciò che è avvenuto più di
una volta nei tentativi di interpretazione di numerosi passi oscuri del
RV).
Il Veda, la sapienza sacra (il Rigveda è il Veda degli inni), rac-
chiude al suo interno la somma delle conoscenze dell‟uomo di quei
tempi su di sé e sul mondo circostante: sulle divinità, sui demoni, sul
cosmo, sul rituale, sulla struttura sociale, sui valori etici e cosi via.
Poiché il RV è una raccolta di inni rivolti agli dei, ossia un‟opera
sacra, nelle intenzioni dei suoi autori, i cantori ¬ói, rientrava prima di
tutto l‟invocazione alle divinità sugli arii: prima la lode agli dei e
l‟esaltazione delle loro imprese, dei loro meriti e l‟invito a partecipare
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda 14
ai sacrifici; poi la richiesta del sostegno e del dono dei necessari beni
vitali per gli arii. Qui troviamo una situazione di scambio tra la
divinità e il suo adepto, tipico delle culture antiche. Uno dei più im-
portanti strumenti di influenza sulla divinità era l‟inno, formalmente
raffinato, magistralmente composto (oppure “tessuto”, secondo la ter-
minologia degli ¬ói), che rende con la lingua di simboli convenzionali
ciò che per gli arii era fondamentale e, allo stesso tempo, che nas-
conde dietro a bizzarre parole ciò che è recondito. Questa elevata arte
poetica della Parola Sacra si andava perfezionando con il susseguirsi
di generazioni di ¬ói, i quali raggiunsero una straordinaria maestria.
Tuttavia, la loro poesia sacra non era mai destinata alla descrizione
della vita effettiva della propria tribù. In modo indiretto, è possibile
osservare questa vita sia dal suo riflesso nella mitologia, sia da singoli
dettagli del rituale e dei riti, sia dalle diverse leggende. A volte, certo,
la vita reale irrompe direttamente nella narrazione degli avvenimenti
mitologici con il suono delle battaglie (con i loro cavalli, i carri, le
loro frecce ed archi), con le mugghianti mandrie di mucche, con i
drappelli militari che guadano i fiumi con i pesanti convogli di beni
depredati, ma la realtà impercettibilmente si trasforma nel mito, le
mucche diventano i nembi, i fiumi scorrono per i cieli e il tempo di
nuovo conclude il suo ciclo. Al centro del campo visivo degli ¬ói vedi-
ci resta un modello: uomo – dio, intorno al quale si dispone tutto il
resto. Questo modello possiede un grande significato conoscitivo per
lo studio della psicologia dell‟uomo antico, anche dal punto di vista
della storia della religione e dell‟etnografia.
È difficile non considerare il RV fonte da cui attingono le proprie
forze i più differenti settori della cultura indiana. La sapienza sacra
riuniva in sé tutto. L‟evoluzione successiva poi percorse la strada della
differenziazione. Tutte le principali scuole della filosofia classica in-
diana, in un modo o nell‟altro, si basano sulle posizioni insite nel RV,
ora assumendole ed elaborandole ulteriormente, ora polemizzando con
esse. La celebre linguistica indiana, il cui apice è rappresentato dalla
grammatica di P×ðini (V secolo a.C.), si è formata gradualmente sulla
base dei trattati fonetici (Pr×tiò×khya), scopo dei quali era la conser-
vazione della corretta pronuncia dei testi sacri vedici. Le scienze esat-
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
15
te, come la matematica e la geometria, hanno origine dai calcoli legati
alla costruzione dell‟altare, costruzione orientata in base ai punti car-
dinali. L‟astronomia ha inizio con lo studio della posizione degli astri
nel cielo, i quali stabiliscono il momento dei sacrifici nel RV. L‟in-
duismo moderno affonda le proprie radici nella religione vedica,
alcuni elementi della quale, nel corso del tempo, si sono trasformati e
hanno preso posto in un nuovo sistema (si veda il culto di Vióðu, del
vedico Rudra che è diventato l‟induistico Èiva, del bráhman, preghiera
intesa come uno dei principi cosmogonici astratti ed altri). Il
Buddhismo e il Jainismo, nascendo inizialmente come religioni “ere-
tiche”, non divennero in India predominanti. A queste subentrò l‟In-
duismo. L‟allontanamento dal RV avvenne relativamente presto poi-
ché quest‟opera rimaneva estranea in certi aspetti e gradualmente sem-
pre più incomprensibile. Tuttavia, il RV ha mantenuto la sua autorità
senza pari fino ad oggi1. I mántra (versi) del RV accompagnano l‟in-
duista in tutti i momenti importanti nel corso della sua vita: nel mo-
mento della nascita, nell‟attribuzione del nome, nell'iniziazione del
brahmán2, durante le nozze e i funerali.
Con il RV ha inizio la letteratura indiana. In questa straordinaria
raccolta, che si è formata, conservata e trasmessa oralmente, sono de-
positati i fondamenti di quei generi che in seguito vennero rielaborati
nella letteratura epica e classica: la narrazione eroica (soprattutto gli
inni a Indra), la poesia lirica, la lirica filosofica e la drammaturgia (gli
inni-dialogo del RV). Nel RV per la prima volta appaiono alcune tra-
me che si incontrano in seguito nelle diverse varianti della letteratura
sanscrita e che si distinguono per il tradizionale orientamento verso
modelli antichi. Tale è la storia del mortale re Purūravas e della ninfa
celeste Urvaśī, che è alla base dell‟opera di K×lid×sa; la storia di Trita
che, lanciato nel pozzo, si salva grazie al sacrificio agli dei, eseguito
mentalmente, come riportato in modo dettagliato nel Mahābhārata; si
accenna nel RV anche alla trama di Èunaçòepa che si è liberato dai
ceppi, riflessa più dettagliatamente nei Br×hmaða, nel Mahābhārata e
1 RENOU 1955-1960, vol. VI; ID. 1965a.
2 Sacerdote. [N.d.T.]
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda 16
nel R×m×yaða; il tema del gigante cosmico Puruóa (uomo), sacrificato
dagli dei in modo tale che dal suo corpo si creasse l‟universo, è
elaborato nel RV e prosegue nella letteratura successiva a quella
vedica, ad esempio, nell‟Atharvaveda e nelle Upanióad. Infine, l‟an-
tica poetica indiana, nata ancor prima di Cristo e caratterizzata da
originalità e raffinatezza estreme, non sarebbe potuta esistere senza
l‟elevata arte poetica degli ¬ói vedici a lei precedenti, che giocano con-
sapevolmente con la lingua, che sono in grado di riprodurre con pit-
tura acustica il contenuto e di suscitare con la parola doppie immagini
(si veda la teoria dhvaní nella poetica medioevale indiana).
1.1. Preistoria dei Proto-indo-arii
Per la cultura dell‟India antica, il RV è stato senza dubbio l‟inizio
di tutto. Anche l‟opera stessa, tuttavia, guardandola da un‟altra pros-
pettiva temporale, ha avuto la sua preistoria. Più precisamente, questa
preistoria non è la stessa dell‟opera, ma è quella che ha creato il suo
popolo. L‟invasione degli arii in India rappresentò una delle ultime
ondate migratorie, preceduta da una lunga storia di migrazione di
popoli, portatori di dialetti indoeuropei dal luogo della loro abitazione
originaria. Lasciando da parte l‟ipotesi di una “antica patria”, che gli
studiosi circoscrivono molto ampiamente, ossia dalla penisola balca-
nica alle steppe pre-uraliche, rivolgiamo l‟attenzione alla migrazione
di quella parte di popoli indoeuropei che si dava il nome di arii. La pa-
rola ¦rya- è il nome che si diedero i lontani antenati degli indiani e
degli irani, la cui storia si sviluppò in modo parallelo per un deter-
minato periodo. Questi due popoli vennero uniti dalla migrazione in
regioni adiacenti e la lunga permanenza presso territori vicini portò al-
l‟origine della comunanza linguistica e culturale indo-iranica.
L‟attuale nome Iran proviene proprio da quell‟etnonimo * al geni-
tivo plurale (avestico airyanəm vaē¬ō> medio iranico Ērān ve¬, let-
teralmente “espansione degli arii”), indicazione dell‟antica patria se-
mi-mitica degli irani3.
3 ORANSKIJ
1963, pp. 20-22.
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
17
Secondo l‟opinione più diffusa, si ritiene che nel periodo prece-
dente l‟invasione dell‟India di parte delle tribù, queste occupassero le
regioni dell‟Asia Centrale, poste presso l‟Amu Darja e Syr Darja fino
ai mari d‟Aral e Caspio (confronta ad esempio M. Mayrhofer, I.M.
D‟jakonov, T. Burrow). Da qui ebbero origine le migrazioni dei sin-
goli gruppi di arii nelle diverse direzioni. Uno di questi gruppi penetrò
in Afghanistan e poi in India. In base all‟ipotesi di T. Gamqrelije e di
V.V. Ivanov, il territorio dell‟antica patria originaria degli indo-
europeii coincideva con l‟Anatolia orientale, con il Caucaso meri-
dionale e con la Mesopotamia settentrionale (V-IV millennio a.C.). Da
qui, nella prima metà del III millennio a.C., le tribù indo-iraniche
comparvero nel nord dell‟Iran, e in seguito, attraverso l‟Afghanistan,
le prime ondate delle tribù indo-arie avanzarono verso est nell‟India
nord-occidentale4.
Alla fine della prima metà del II millennio a.C., nei territori del-
l‟Asia Minore e Anteriore si trovano tracce linguistiche della per-
manenza degli arii, le quali ricevettero il nome convenzionale di “lin-
gua mitannico-aria”5. Dall‟inizio del XX secolo, in seguito ai ri-
trovamenti degli scritti cuneiformi degli archivi di El-Amarna e
Bogazköi, e in seguito anche a quelli dei documenti di Mitanni, Nuza
e Alalach, divennero note agli studiosi le parole di provenienza aria,
inserite in testi di altre lingue. Si trattava di nomi di re e di nobili
(datati 1500 - 1300 a.C.), di terminologia appartenente all‟allevamento
di cavalli, di singoli nomi di divinità. Il loro carattere “ario” non può
suscitare dubbi, sebbene per via delle particolarità della scrittura cu-
neiforme, gli elementi di ambito fonetico restino poco chiari. I più
numerosi sono i nomi dei re e della nobiltà, alcune decine di parole,
che rappresentano molto probabilmente delle indicazioni di intere
dinastie ai vertici degli stati dell‟Asia Minore e Anteriore. Questi no-
mi per la maggior parte sono parole composte del tipo bahuvrīhi
(aggettivi con significato relativo) o tatpuruóa (sostantivi i cui membri
composti esprimono subordinazione dei casi), ad esempio: Indarota
(si veda nel RV indrotá- nom. pr. lett. “sostenuto da Indra”), Sumāla
(si veda nel Mahābhārata sumāla- nom. pr. di popolo, lett. “che pos-
4 GAMQRELIJE, IVANOV
1984, vol. II, cap. 12. 5 Si veda la bibliografia dei lavori principali in ELIZARENKOVA 1972, pp. 4-9.
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda 18
siede magnifiche corone”), Artaššumara (si veda ind. ötá- “legge
sacra” e smö- “ricordare”), Tušratta (ind. *duóratha “che possiede il
carro che reca danno [ai nemici]”), Bêrasßna (si veda nel Mahā-
bhārata Vêrasena nom. pr., lett. “che possiede un esercito di eroi”),
Êutarna (si veda il ved. Sutá- “succo di sóma spremuto” e ráða-
“diletto”, “delizia”) o Êutar(a)na (si veda nel RV sutaraðá- “facil-
mente transitabile”) ecc. Il grado della vocale della prima sillaba di
una serie di nomi appartenenti alla lingua “mitannico-aria” richiama
alla mente il grado allungato regolare in antico indiano della vocale
della prima sillaba nella formazione di nomi patronimici, ad esempio:
Bardaôwa (ind. *V×rddh×òva “figlio di Vöddh×òva”) confrontato con
Birid×ôwa (ind. *Vöddh×òva lett. “che possiede grandi cavalli”) o Sau-
mati (si veda l‟ind. *Saumati “figlio di Sumati” da Sumatí nom. pr.,
lett. “benevolo”) e altri.
È interessante notare che solo i nomi maschili della nobiltà pos-
siedono aspetto ario, mentre i nomi femminili in quegli stessi do-
cumenti appartengono alla lingua del luogo, cosa che testimonia i
matrimoni misti degli arii nobili con donne di famiglie locali regali e
altolocate. Il risultato è la veloce dissoluzione di alcuni vertici arii, e la
totale scomparsa di nomi arii dalla metà del XIII secolo a.C.
Nel trattato ittita del XIV secolo a.C. del mitannico Kikkul
sull‟allevamento di cavalli si incontra una serie di parole e di termini
specialistici di provenienza aria: wartanna “pista tonda (per l‟ad-
destramento dei cavalli)” (si veda l‟ind. vartana- “strada”, “curva”)
accompagnato dai numerali aika “uno” (ind. èka-), t(i)er(a) “tre” (ind.
trí-), panza “cinque” (ind. pañca-), šatta “sette” (ind. sapta-), nawa
“nove” (ind. nava-), ašwašanni “istruttore” (ind. áśva “cavallo” e
śam- “stancare”) e i nomi dei mantelli dei cavalli: paprunnu “mar-
rone” (ind. babhrú-, -nnu suffisso ittita), pinkarannu “giallo”, “rosso
rame” (ind. piægalá-), paritannu “grigio” (ind. palitá-).
Da quanto si può vedere, in quest‟epoca la terminologia per l‟al-
levamento dei cavalli degli arii, che riportavano le vittorie grazie ai
carri da guerra e ai cavalli aggiogati, si diffuse nei territori dell‟Asia
Minore e Anteriore.
Nel contratto matrimoniale stipulato nel XIV secolo a.C. tra il re
mitannico Mattivaza e la figlia del re ittita Shuppiluliuma, datagli in
T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda
19
sposa, insieme ai giuramenti vengono menzionati i nomi di divinità
arie: Mitrašil (ved. Mitra), Uruwanaššil (ved. Varuða), Indara (ved.
Indra), Naôatianna (ved. N×saty×). Tra questi dei, Mitra-Varuða nel
RV sono legati a valori morali, in particolare al giuramento. Presso i
Cassiti era noto il dio del sole Êuri aaš (il dio del sole vedico è SÓrya).
Nei testi ittiti si trova il nome del dio del fuoco Akni (ved. Agni con la
stessa funzione), mentre nei nomi dei re dell‟Asia Anteriore è
possibile segnalare i nomi delle divinità Aššura (ved. Ásura-) e Jami
(ved. Yamī, sorella gemella del re dei morti Yama).
Possiamo vedere dunque che tre diversi ambiti lessicali tes-
timoniano la permanenza degli arii in questo territorio nella metà del
II millennio a.C.6 Sembra che gli arii non fossero molto numerosi e
che si dissolsero presto tra le popolazioni indigene. Dal punto di vista
sociale, gli arii appartenevano ai vertici della società. Sul fatto che la
loro lingua appartenesse al ceppo ario della famiglia indoeuropea non
vi è alcun dubbio. Sorsero tuttavia discordanze sulla loro identifica-
zione all‟interno di questo ceppo, ossia divergenze sul fatto che fos-
sero o meno indiani, irani oppure rappresentassero un altro gruppo di
queste lingue7. Attualmente la maggior parte degli studiosi ritiene che
la lingua “mitannico-aria” si debba considerare indo-aria sulla base
delle sue particolarità linguistiche. Accanto a ciò, T. Burrow nota
giustamente l‟insuccesso di questa denominazione per la lingua, i cui
rappresentanti non vissero mai in India, e propone di chiamarla proto-
indo-ario8. Secondo Burrow, la suddivisione della lingua aria in indo-
ario e iranico dovette avvenire prima che queste lingue si fossero
diffuse e consolidate di conseguenza sul territorio dell‟India e del-
l‟Iran, ossia ciò dovette avvenire all‟epoca delle precedenti migra-
zioni. A livello linguistico, il proto-indo-ario appartiene allo stadio
dello sviluppo della lingua antecedente alla migrazione in India e suc-
cessivo alla separazione dagli irani. Al proto-indo-ario risale il kafiro
(nel territorio dell‟odierno Afghanistan) che non deve essere visto co-
6 Il tentativo di smentire la teoria che si trattasse degli arii si è dimostrato sfortunato. Si
veda KAMMENHUBER 1968. 7 BURROW (1955, p. 30), inizialmente di questo ultimo avviso, lo rifiutò in seguito.
8 BURROW
1973, pp. 123-140.