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ne: e in ogni caso, l'appoggio di una corrente di pensiero che fa ca- po a valori ben riconoscibili. Chi re- spinge questo appoggio, fatalmente subisce la tentazione del pragmati- smo puro e semplice. Chi sostiene che il sistema politico va in questa direzione, è libero di farlo: non riesce però a dimostrare che di un passo avanti si tratti. Una candidata di questa categoria ha scritto di aver ricevuto adesioni da parte “di persone che non si erano mai esposte per paura di es- sere etichettate come appartenenti ad un partito”. Rispondo: forse i personaggi che hanno fatto la sto- ria, che hanno garantito la pace e la prosperità alla Svizzera non era- no “etichettati” in un partito? For- se siamo al punto che questo fat- to debba oggi essere considerato un disonore? E se i partiti sono inutili, perché ne nascono di conti- nuo dei nuovi? (Undici erano le liste di partiti presenti alle ultime elezioni federali in Ticino, e proprio dell’ulti- ma settimana è la notizia che Mori- soli ne ha fondato un altro!) Per finire senza pessimismo, metto in guardia i lettori dalle facili sire- ne e voglio esprimere, a nome di molti militanti, un grazie a tutti i municipali, sindaci e consiglieri co- munali che hanno accettato di ri- presentarsi nelle liste del partito, un augurio a tutti i nuovi candida- ti e un grazie a tutti i responsabili locali che si stanno dando da fare per il successo di queste liste. Giorgio Zappa Non si può negare che i tre partiti tradizionali ticinesi guardino con qualche apprensione alle prossime elezioni comunali. Apprensione che è giustificata sia dal calo percentua- le registrato per tutti in occasione delle elezioni cantonali e di quelle federali del 2011, sia dalla conside- razione di alcuni sintomi che sono chiaramente avvertibili: certe diffi- coltà locali nella composizione delle liste, qualche abbandono eccellente non troppo giustificato, il presumi- bile aumento dei voti su schede non intestate. Non manca poi chi considera nell'elenco di questi sin- tomi anche il prolificare delle cosid- dette “liste civiche”, che si possono giustificare in molti modi ma in ogni caso non servono mai a raffor- zare il senso di appartenenza ai partiti. Le riflessioni che seguono mirano ad analizzare la varietà delle motivazioni che stanno alle spalle del lancio di una lista civica. 1) Talvolta la lista civica è giustifi- cata dalla situazione e dalla misura del Comune. Le situazioni locali spiegano molte cose, ma ad un os- servatore esterno è facile capire che in Comuni piccolissimi sia più ragionevole un accordo pre eletto- rale che spesso può condurre an- che ad elezioni tacite. Nei risultati delle ultime elezioni federali ho contato una trentina di Comuni ti- cinesi in cui i votanti non hanno raggiunto il centinaio. 2) Ci sono Comuni in cui la lista ci- vica nasce da un accordo tra i re- sponsabili di due o tre partiti di mi- noranza allo scopo di scardinare una maggioranza. Si tratta, come è facile vedere, di uno scopo del tut- to legittimo; la lista civica si confi- gura qui come una specie di coali- zione esplicita di partiti locali che restano autonomi come tali. 3) I casi più emblematici sono inve- ce quelli dei Comuni nei quali la li- sta civica nasce per dissensi interni ad un singolo partito e quindi assu- me il carattere di una vera e propria scissione. Non so per quale ragione, il PeL non ha finora informato sui pochissimi casi in cui questo fatto coinvolge la Sezione locale del PPD. Il militante non coinvolto si doman- da: questi dissensi, che indubbia- mente fanno del male al partito, nascono da una diversa visione di problemi concreti (per esempio pro o contro le fusioni)? Oppure hanno origine da ambizioni personali? Op- pure ancora da un mix tra l'uno e l'altro motivo? E soprattutto: senza mettere in dubbio la buona fede dei responsabili, è stato fatto vera- mente tutto il possibile, da una par- te e dall'altra, per trovare soluzioni interne alla luce del dialogo? Il militante non coinvolto resta poi del tutto sconvolto quando una delle due “semi-sezioni” presenta una lista civica in cui confluiscono, ufficialmente o meno, rappresen- tanti di altre forze politiche, pronte ad approfittare, per i loro scopi e interessi, dei dissensi altrui. 4) Nella tipologia delle liste civiche esiste però ancora una nuova catego- ria: quella delle liste che mirano non a indebolire un partito ma ad inde- bolirli tutti, magari al limite a cancel- larli. Spesso queste operazioni cerca- no di giustificarsi con una presunta evoluzione delle attese dell'elettora- to, magari con la personalizzazione della politica (scopo che è possibile invece raggiungere con l'uso del pa- nachage), con il desiderio di allargare la cerchia dei votanti o così via. In realtà, sono tutte operazioni che in- deboliscono i partiti e che non fanno neppure gli interessi di coloro che sul- le liste civiche saranno eletti. Bistrat- tati come sono, i partiti tradizionali offrono ai responsabili comunali so- stegno, consulenza, spesso formazio- Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Principia Gaudium et spes dal Concilio Vaticano II Pagina III Personaggi Il beato Tommaso Reggio vescovo conciliatorista Pagina IV Attualità Alcune definizioni dall’Alfabeto della politica Pagina VI-VII Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 70 - 9 marzo Società Il richiamo della divinità nella Costituzione e nelle Carte europee Pagina II Primo piano Liste civiche: una soluzione?

120309 - Marzo

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Inserto mensile di Popolo e Libertà

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Page 1: 120309 - Marzo

ne: e in ogni caso, l'appoggio diuna corrente di pensiero che fa ca-po a valori ben riconoscibili. Chi re-spinge questo appoggio, fatalmentesubisce la tentazione del pragmati-smo puro e semplice.Chi sostiene che il sistema politicova in questa direzione, è libero difarlo: non riesce però a dimostrareche di un passo avanti si tratti.Una candidata di questa categoriaha scritto di aver ricevuto adesionida parte “di persone che non sierano mai esposte per paura di es-sere etichettate come appartenentiad un partito”. Rispondo: forse ipersonaggi che hanno fatto la sto-ria, che hanno garantito la pace ela prosperità alla Svizzera non era-no “etichettati” in un partito? For-se siamo al punto che questo fat-

to debba oggi essere consideratoun disonore? E se i partiti sonoinutili, perché ne nascono di conti-nuo dei nuovi? (Undici erano le listedi partiti presenti alle ultime elezionifederali in Ticino, e proprio dell’ulti-ma settimana è la notizia che Mori-soli ne ha fondato un altro!) Per finire senza pessimismo, mettoin guardia i lettori dalle facili sire-ne e voglio esprimere, a nome dimolti militanti, un grazie a tutti imunicipali, sindaci e consiglieri co-munali che hanno accettato di ri-presentarsi nelle liste del partito,un augurio a tutti i nuovi candida-ti e un grazie a tutti i responsabililocali che si stanno dando da fareper il successo di queste liste.

Giorgio Zappa

Non si può negare che i tre partititradizionali ticinesi guardino conqualche apprensione alle prossimeelezioni comunali. Apprensione cheè giustificata sia dal calo percentua-le registrato per tutti in occasionedelle elezioni cantonali e di quellefederali del 2011, sia dalla conside-razione di alcuni sintomi che sonochiaramente avvertibili: certe diffi-coltà locali nella composizione delleliste, qualche abbandono eccellentenon troppo giustificato, il presumi-bile aumento dei voti su schedenon intestate. Non manca poi chiconsidera nell'elenco di questi sin-tomi anche il prolificare delle cosid-dette “liste civiche”, che si possonogiustificare in molti modi ma inogni caso non servono mai a raffor-zare il senso di appartenenza aipartiti. Le riflessioni che seguonomirano ad analizzare la varietà dellemotivazioni che stanno alle spalledel lancio di una lista civica.1) Talvolta la lista civica è giustifi-cata dalla situazione e dalla misuradel Comune. Le situazioni localispiegano molte cose, ma ad un os-servatore esterno è facile capireche in Comuni piccolissimi sia piùragionevole un accordo pre eletto-rale che spesso può condurre an-che ad elezioni tacite. Nei risultatidelle ultime elezioni federali hocontato una trentina di Comuni ti-cinesi in cui i votanti non hannoraggiunto il centinaio.2) Ci sono Comuni in cui la lista ci-vica nasce da un accordo tra i re-sponsabili di due o tre partiti di mi-noranza allo scopo di scardinareuna maggioranza. Si tratta, come èfacile vedere, di uno scopo del tut-to legittimo; la lista civica si confi-

gura qui come una specie di coali-zione esplicita di partiti locali cherestano autonomi come tali.3) I casi più emblematici sono inve-ce quelli dei Comuni nei quali la li-sta civica nasce per dissensi interniad un singolo partito e quindi assu-me il carattere di una vera e propriascissione. Non so per quale ragione,il PeL non ha finora informato suipochissimi casi in cui questo fattocoinvolge la Sezione locale del PPD.Il militante non coinvolto si doman-da: questi dissensi, che indubbia-mente fanno del male al partito,nascono da una diversa visione diproblemi concreti (per esempio proo contro le fusioni)? Oppure hannoorigine da ambizioni personali? Op-pure ancora da un mix tra l'uno el'altro motivo? E soprattutto: senzamettere in dubbio la buona fededei responsabili, è stato fatto vera-mente tutto il possibile, da una par-te e dall'altra, per trovare soluzioniinterne alla luce del dialogo?Il militante non coinvolto resta poidel tutto sconvolto quando unadelle due “semi-sezioni” presentauna lista civica in cui confluiscono,ufficialmente o meno, rappresen-tanti di altre forze politiche, prontead approfittare, per i loro scopi einteressi, dei dissensi altrui.4) Nella tipologia delle liste civicheesiste però ancora una nuova catego-ria: quella delle liste che mirano nona indebolire un partito ma ad inde-bolirli tutti, magari al limite a cancel-larli. Spesso queste operazioni cerca-no di giustificarsi con una presuntaevoluzione delle attese dell'elettora-to, magari con la personalizzazionedella politica (scopo che è possibileinvece raggiungere con l'uso del pa-nachage), con il desiderio di allargarela cerchia dei votanti o così via. Inrealtà, sono tutte operazioni che in-deboliscono i partiti e che non fannoneppure gli interessi di coloro che sul-le liste civiche saranno eletti. Bistrat-tati come sono, i partiti tradizionalioffrono ai responsabili comunali so-stegno, consulenza, spesso formazio-

PegasoI n s e r t o d i c u l t u r a p o l i t i c a e d i p o l i t i c a c u l t u r a l e

PrincipiaGaudium et spes dalConcilio Vaticano IIPagina III

PersonaggiIl beato Tommaso Reggiovescovo conciliatoristaPagina IV

AttualitàAlcune definizioni dall’Alfabeto della politicaPagina VI-VII

PegasoInserto mensile diPopolo e Libertàno. 70 - 9 marzo

SocietàIl richiamo della divinità nellaCostituzione e nelle Carte europeePagina II

Primo piano

Liste civiche: una soluzione?

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Società

Pegaso Venerdì 9 marzo 2012II

Senza timore di suscitare discussionio polemiche, il dottor Giampiero Vas-sallo, pastore della Chiesa cristiana av-ventista, in collaborazione con il prof.Vincenzo Pacillo della Facoltà teologicadi Lugano, hanno promosso un primoincontro sul tema: “Dio nella Costitu-zione. Il richiamo alla divinità nella Co-stituzione federale svizzera e nelle Car-te fondamentali europee”, svoltosi il17 febbraio nella chiesa avventista divia Cabione a Massagno; un secondoincontro ha avuto luogo il 3 marzo al-l’Albergo Belvedere di Locarno.Cosa significa la formula “In nome diDio Onnipotente”, tecnicamente desi-gnata dai giuristi come “InvocatioDei”, nella Costituzione svizzera, vota-ta dal popolo il 18 aprile 1999, ripren-dendo l’analoga formula delle prece-denti Costituzioni federali del 1848 edel 1874? La questione sembra inte-ressare solo gli “addetti ai lavori”, con-statata la ridotta presenza all’incontromassagnese, ma dovrebbe coinvolge-re tutti gli svizzeri, considerato chequalche influsso sulle decisioni ha an-cora, persino sul laico (laicissimo?) Go-verno ticinese, che l’ha menzionatanella recente decisione di Cadro (vediPegaso del 10 febbraio u.s.), per argo-mentare che lo Stato, ticinese e svizze-ro, non è poi così laico come taluni ma-le informati politici continuano ad af-fermare, così è stata respinta la richie-sta di un docente (questo sicuramentelaicista…) che mal sopporta, in nomedella sua libertà religiosa, la presenzadel simbolo del crocefisso nel corridoiodella scuola.

Assenze e presenze nelle CostituzioniL’invocatio Dei è stata mantenuta nel-la Costituzione svizzera, seppure dopodibattito parlamentare non particolar-mente esauriente, ma non c’è nellacoeva Costituzione ticinese, accolta il14 dicembre 1997 e neppure c’era pri-ma (Costituzione del 1830 e successi-ve modificazioni), né figura in quellaeuropea (il Trattato dell’Unione Euro-pea, unificato a Lisbona nel 2007), néin quella degli Stati Uniti d’America (laprima grande Costituzione della storiacostituzionale moderna, approvata aFiladelfia il 17 settembre 1787), né inquella della “cattolicissima Italia”, en-

trata in vigore il 1 gennaio 1948; ov-viamente manca nella Costituzionedella “laicissima” Francia, ma c’è inquella più recente della “cattolica” Po-lonia. Per limitarci ai testi più modernie prestigiosi, va menzionata la “Leggefondamentale della Repubblica fede-rale germanica”, promulgata il 23maggio 1949, il cui Preambolo iniziaaffermando che il popolo tedesco è:“Conscio della sua responsabilità di-nanzi a Dio e agli uomini”.

Dalle radici ai frutti cristiani Passando dall’invocazione alle conse-guenze, il campo di indagine e quindii temi in discussione si allargano, daipreamboli ai contenuti stessi delle Co-stituzioni e più ancora dell’intera legis-lazione di un paese. Non ancora spen-to è anche il dibattito sulle “radici cri-stiane” che ha animato pochi anni fail varo della “Costituzione“ europea(che Costituzione non era e rimase untrattato) e che ha visto partecipi ancheil Papa, molte Chiese cristiane e Stati eassociazioni della società civile. Ma al-tri, cristiani e cattolici, hanno sostenu-to che più che le “radici cristiane” (ri-chiamando la storia non tutta esem-plare, dalle Crociate all’Inquisizione eal Sillabo) valgono in una Costituzionei frutti e gli impegni per il futuro. Cosìa livello europeo, le Chiese trovanouna esplicita tutela all’art.17 del Trat-tato sul funzionamento dell’Unione(col riconoscimento della loro “contri-buzione specifica” e l’assicurazione di“un dialogo aperto, trasparente e re-golare”); ma più ancora le storiche“radici cristiane” hanno assicuratoampi frutti nella Carta dei diritti fon-damentali, fatta propria dagli Stati del-l’UE. Anche la più modesta Costituzio-ne ticinese, pur senza “invocatio Dei”,fa un posto particolare alle Chiese cat-tolica e protestante che “hanno la per-sonalità di diritto pubblico” (art. 24),mentre ampiamente garantiti sono idiritti fondamentali nel Titolo II, a par-tire da “la dignità umana (che) è in-violabile” (6,2), con “la libertà di co-scienza e di religione” (8,2, b) e “di as-sociazione, di riunione e di manifesta-zione pubblica” (8,2, e). L’avv. CarloLuigi Caimi, nel suo articolato saluto alconvegno massagnese, ha argomenta-

to di un “riconoscimento implicito” nelpreambolo ticinese, là dove si ricorda la“responsabilità (…) nei confronti dellanatura ed un uso della conoscenzaumana rispettoso dell’uomo e dell’uni-verso”, ricavandone (se ho ben inteso)la conclusione che lo Stato ticinese nonsi ritiene sciolto da ogni vincolo supe-riore. Ogni responsabilità richiama (haosservato un altro relatore) una istanzasuperiore a cui render conto; per i cre-denti, ovviamente, è Dio.

Le religioni restano pubblicheI relatori che si sono succeduti hannofornito numerosi altri spunti di rifles-sione, così come il Dr. Gianfranco Ros-si, segretario emerito dell’Associazio-ne per la difesa della libertà religiosa, eil Dr. Jennah, presidente dell’Unionedelle Chiese avventiste della Svizzera eil prof. Dr. Libero Gerosa della Facoltàteologica, che hanno presieduto i duemomenti dell’incontro. Ne segnalo qui tre, apparsi a me parti-colarmente stimolanti, ovviamenterinviando alla pubblicazione degli atticoloro che desiderano una più com-pleta informazione. La relazione delprof. Gianluca Sadun Bordoni, dell’u-niversità di Teramo, svolgendo il temadel ruolo pubblico della religione nel-l’età secolare, ha dimostrato, conun’ampia carrellata attorno al globo,come la pretesa coincidenza tra “mo-dernizzazione e secolarizzazione”(con la conseguente “scomparsa dellereligioni”) è oggi ampiamente smenti-ta dal comportamento dei popoli, an-che di quelli che avevano utilizzato ilmodello laicista quale strumento percostruire le società postcoloniali. Gliosservatori e commentatori seri (non igiornalisti faciloni) oggi riflettono sullanuova e ancora in gran parte da defi-nire e regolamentare “società postse-colare”. Il pastore Paolo Tognina, com-mentando il preambolo della Leggefondamentale tedesca, ha ricordatol’ampio dibattito conseguente alla ri-unificazione della Germania, quandola formula della “responsabilità da-vanti a Dio” venne proposta anche al-la parte orientale che aveva vissuto perdecenni in uno Stato comunista espli-citamente laicista, per non dire perse-cutore di ogni manifestazione religio-

sa. La motivazione originaria, fondatasulla volontà di impedire il ripetersidelle atrocità commesse dalla Germa-nia nazista (con la pretesa sfrontatadelle SS del “Gott mit uns”) sembraessere stata determinante per il man-tenimento della formula anche dopola riunificazione tedesca: praticamenteun richiamo ad un impegno storicoper una Germania rinnovata. Ma le ar-gomentazioni contrarie non sono sta-te e non sono superabili facilmente, inuna società sempre più pluralista dalprofilo religioso (di che Dio si tratta?) edove i non credenti, atei o agnostici,non devono sentirsi discriminati.

Dal diritto al consensoIl prof. Vincenzo Pacillo ha offertouna stringata dimostrazione del va-lore giuridico dei preamboli e del ri-chiamo a Dio (“In nome di Dio on-nipotente”) all’inizio della Costitu-zione svizzera. Le argomentazionidottrinali offerte e le applicazioniche, a suo parere, ne derivano, sianel testo costituzionale sia nelle at-tuazioni legislative e giudiziarie,possono far sorgere il dubbio chenon tutti i parlamentari, che pure inmaggioranza accolsero il manteni-mento della “invocatio” nella Co-stituzione, ne abbiano avvertito laportata, e abbiano quindi votatocon piena cognizione di causa. Maquesto dubbio, sollevato dall’avv.Caimi che ha lamentato la scarsadimestichezza di molti politici perquesti temi fondamentali, va tutta-via superato (o almeno attutito)nella considerazione che una Costi-tuzione non è un prodotto di purodiritto, e non pretende la perfezio-ne di una definizione (oltretuttosempre opinabile e spesso minorita-ria): essa è il risultato di un con-fronto di idee diverse, tutte modifi-cabili e magari parziali, e basta cheottenga un sufficiente consenso, enon sia il frutto (ha osservato pro-prio il prof. Pacillo) di una imposi-zione. A ciò conduce la “mediazio-ne politica” richiesta dal sistema de-mocratico, ognuno restando libero diproporre e di auspicare, in modo de-mocratico, che abbia a migliorare.

Alberto Lepori

Dio nella CostituzioneIl richiamo alla divinità nel testo svizzero e nelle Carte fondamentali europee

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Principia

La comunità degli uominiDalla Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo(Gaudium et spes), Roma, Concilio Vaticano II, 1965

Venerdì 9 marzo 2012 Pegaso III

Il bene comune è universaleIl bene comune è l’insieme di quelle condizioni della vita so-ciale che permettono ai gruppi come ai singoli membri, diraggiungere la propria perfezione più pienamente e più spe-ditamente. Oggi diventa sempre più universale, investendo di-ritti e doveri che riguardano l’intero genere umano.

Prossimi di ogni uomo Oggi urge l’obbligo che diventiamo generosamente prossi-mi di ogni uomo, e rendiamo servizio coi fatti a colui che cipassa accanto, vecchio da tutti abbandonato o lavoratorestraniero ingiustamente disprezzato o emigrante (…).

Difendere i diritti di tuttiLe umane istituzioni, sia private che pubbliche, si sforzino dimettersi al servizio della dignità e del fine dell’uomo, nellostesso tempo combattendo strenuamente contro ogni formadi servitù sociale e politica, difendendo i fondamentali dirittidegli uomini sotto qualsiasi regime politico.

Più facile il colloquioIl rispetto e l’amore devono estendersi pure a coloro chepensano o operano diversamente da noi nelle cose sociali,politiche e persino religiose, poiché con quanta maggioreumanità e amore penetreremo nei loro modi di sentire, tantopiù facilmente potremo con loro iniziare un colloquio.

Contro l’individualismoLa profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con piùurgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione alcorso delle cose o intorpidito dall’inerzia, indulga ad un’eticapuramente individualistica. (…) Non pochi non si vergognanodi evadere, con vari sotterfugi e frodi, alle giuste imposte o aglialtri obblighi sociali.

Obblighi per il mondo intero

Sacro sia per tutti includere tra i doveri principali dell’uomomoderno, e osservare, gli obblighi sociali. Infatti, quanto piùil mondo si unifica, tanto più apertamente gli obblighi degliuomini superano i gruppi particolari e si estendono a poco apoco al mondo intero.

Lodata la partecipazione

È poi da lodare il modo di agire di quelle nazioni nelle qualila maggioranza dei cittadini è fatta partecipe della gestionedella cosa pubblica in un clima di vera libertà.

Trasmettere ragioni di vita e di speranzaLegittimamente si può pensare che il futuro della umanitàsia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmette-re alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza.

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Personaggi

Il beato Tommaso Reggio,vescovo conciliatoristaGenova, 9 gennaio 1818 - Triora, 22 novembre 1901La raccolta di biografie “Cristiani

democratici nella storia europea”di Lorenzo Planzi, edito dal PartitoPopolare Democratico in unione al“Popolo e Libertà” (Dadò, Locarno,2011) è stata presentata il 28 gen-naio agli studenti liceali dell’Istitu-to delle Suore di Santa Marta aRoggiano, sopra Luino. La dina-mica preside suor Andreina, ac-cogliendo i relatori, ha ricordatola figura (ai più sconosciuta) delbeato Tommaso Reggio, arcive-scovo di Genova e fondatore del-la Congregazione ospitante, cheattualmente conta circa 500 suo-re, attive in Italia e all’Estero (Li-bano, India e America latina), tracui appunto all’istituto di Roggia-no, e che accoglie oltre 400 allievidalle materne al liceo.Dal volume di Angelo Montonati,“Mai stanco per Dio” (Edizioni SanPaolo, 2009), tolgo alcuni dati bio-grafici e notizie sulle “scelte politi-che”, espresse dal vescovo Tom-maso Reggio che fu un precursoredell’impegno dei cattolici italianinella vita politica. (a.l.)

Nato a Genova il 9 gennaio 1818,Tommaso Reggio studia presso i PadriSomaschi e poi nelseminario arcivesco-vile, ed è ordinatopresbitero il 18 set-tembre 1841. Con-seguita la laurea indiritto e il dottoratoin teologia, insegnanel seminario di Ge-nova e diventa nel1845 rettore del se-minario di Chiavari, e poi professore diteologia nel seminario arcivescovile ealla facoltà della Regia Università. Im-pegnato e partecipe a numerose atti-vità pastorali e sociali, è promotoredella stampa cattolica, collaboratoredel giornale “Il cattolico di Genova”(fondato nel 1851, primo quotidianocattolico italiano), ne diventa direttorenel 1860 e lo trasformerà nel 1861nello “Stendardo cattolico”, soste-nendo il dovere dei cattolici di parteci-pare alla vita politica e quindi alle ele-zioni. I cattolici italiani, dopo la sop-pressione dello Stato Pontificio avve-

nuta nel 1861, erano divisi tra opposi-tori risoluti al nuovo Regno d’Italia (e siastenevano dalle elezioni, proclaman-do: “Né elettori, né eletti”) e coloro in-vece che ritenevano possibile una“conciliazione” tra il Papa e la nuovaItalia. Don Reggio nel 1865 preparavaun “programma” per gli elettori cat-tolici di tutta Italia, per mandare inParlamento “deputati onesti, libera-li, indipendenti, istruiti, coraggiosi…che formino un drappello risoluto apatrocinare costantemente e robu-stamente la religione, la giustizia, lalegalità; a volere l’indipendenza fuo-ri; dentro la pace e l’economia; a so-stenere la politica più leale, che infi-ne è anche la più vantaggiosa” (Mon-tonati, pag. 159). E sul giornale, sottoil titolo “Un caso di coscienza” scrive-va: “I popoli hanno il dovere di man-dare in Parlamento Deputati galantuo-mini; or non potendo ciò conseguiresenza prendere parte alle elezioni, neviene di conseguenza che non solopossono, ma anche debbano prender-vi parte” (citato, p.161). Don Reggionon escludeva neppure la possibilità dicostituire un partito cattolico, comescrisse esplicitamente sullo “Stendar-do”: “Se però, nella Camera, ha da es-sere rappresentato il principio cattoli-

co, qual esso deve in-fluire nella ammini-strazione e nella poli-tica, è mestiere cheun partito cattolicoconcorde in tal prin-cipio, ordinato, ope-roso, si costituiscanelle elezioni. (…)Costituito il partitocattolico nel Paese, e

nella Camera, esso salverà l’Italia”(Montonati, pag. 168). Sul tema dellapartecipazione politica dei cattolici esulla opportunità di costituire unpartito per i cattolici, il Reggio in-trattenne relazioni con esponentinon solo del laicato genovese, inparticolare con lo storico comascoCesare Cantù, col quale si congratu-lò quando venne eletto in Parlamen-to. Ai suoi insegnamenti e auspici al-l’impegno politico dei cattolici si puòcertamente attribuire il risultato ot-tenuto dalla Unione genovese nelleelezioni municipali del 1895, quando

conseguì la maggioranza dei voti,maggioranza confermata nel 1899con l’elezione di 21 membri del Con-siglio comunale (Montonati pag. 171).Nel 1874 la Curia vaticana confermòtuttavia la proibizione ai cattolici dipartecipare alla vita nazionale, con ilfamoso “Non expedit”; don Reggio,in obbedienza alpapa, soppresse lo“Stendardo” pernon creare divisionitra i cattolici. Il Mon-tonati documenta lerelazioni che il ve-scovo Reggio (elettonel 1877 a Ventimi-glia, e poi nel 1892arcivescovo di Ge-nova) ebbe con alcuni ben più fa-mosi episcopi “conciliatoristi”, co-me Geremia Bonomelli di Cremonae Giovanni Battista Scalabrini di Pia-cenza. La sua fama di vescovo favo-revole alla conciliazione della Chiesaromana con il Regno d’Italia saràpubblicamente riconosciuta l’8 ago-sto 1900, quando mons. Reggio ce-lebrerà a Roma, previo consenso del-la Santa Sede, i funerali di Re Um-berto I, assassinato a Monza. Anchemons. Reggio, nella multiforme suaattività per i più bisognosi (tra cui lafondazione della Congregazione di

Santa Marta, intestata appunto alladonna che serve Gesù nel Vangelo),si occupò come Scalabrini e Bonomel-li della assistenza all’emigrazione, es-sendo Genova il porto di partenza dimigliaia di italiani in cerca di fortunaoltre oceano; rispondendo ad un ap-pello di mons. Bonomelli (notoriamen-

te attivo a favore de-gli emigrati in Sviz-zera), formò un co-mitato che acquistòun terreno a Zurigo,uno dei principalicentri dell’immigra-zione italiana, percostruirvi una casaoperaia ed un segre-tariato (citato, pag.

182). L’arcivescovo Tommaso Reggiomorì nel 1901, e la sua esemplare ope-ra caritativa venne riconosciuta il 3 set-tembre 2000 da Giovanni Paolo IIcon la solenne proclamazione a bea-to nella Basilica di San Pietro. Certa-mente fu la multiforme azione edu-cativa e sociale a meritargli l’onoredegli altari, e non certo l’impegnopolitico, per quanto profetico; gli sideve tuttavia riconoscere di averecompreso, già a metà dell’Ottocen-to, quanto insegnerà molti decennidopo Paolo VI, che cioè “la politica èuna forma moderna di carità”.

Pegaso Venerdì 9 marzo 2012IV

PartitoDon Reggio scrisse sul temadella partecipazione politica

dei cattolici e sullaopportunità di costituire un

partito per i cattolici

BeatoL’esemplare opera

dell’arcivescovo TommasoReggio fu riconosciuta dal

Papa nel 2000 con laproclamazione a beato

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Ore 12.00 del 29.2.12. Aula delGran Consiglio e rispettive tribunestracolme per un lancio inusuale, nonsolo per l'orario e la sede: l'invito al-la lettura del Quaderno speciale(Q3/2011) della rivista italiana di geo-politica LIMES dal titolo “L'importanzadi essere Svizzera”. Sottotitoli: “Miti efatti di un'eccezione europea - La mec-canica fine di una potenza - Per convi-vere conviene non capirsi". Un volumedi 240 pagine con oltre una ventina dicontributi indirizzati al pubblico italia-no e presentato a Roma, a Milano (epresto a Venezia) in questo inizio an-no per attirare l'attenzione sul vicinosvizzero e sui rapporti Italia-Svizzera;commercialmente importantissimi,ma quotidianamente vissuti nel segnodell'ignoranza reciproca.L'eccezionale presenza di un pubblicoeterogeneo all’evento promosso da“Coscienza svizzera”, in collaborazio-ne con l'Associazione Carlo Cattaneo,dimostra un bisogno anche da parte dinoi svizzeri di interrogarci, in modonuovo, su chi siamo e su come ci rap-portiamo rispetto agli altri.Prendiamo lo spunto dalle due affer-mazioni che vi propongo in queste no-te personali (e che non vogliono esse-re una recensione):•”La missione storica della Svizzera,quella di custodire i valichi alpini, nonè più sufficiente a rendere necessariala sua esistenza. Una Svizzera intesacome località di villeggiatura per stra-nieri o come esportatrice di orologi,formaggi e macchinari della Oerlikonnon ci autorizza a considerare neces-saria la nostra presenza. Già oggi ri-usciamo a giustificare l'esistenza dellaSvizzera quasi esclusivamente sul pia-no ideale, il che è grave… Sono coseche non vogliamo sottovalutare, vo-gliamo solo mettere in guardia dal so-pravvalutarle” (Limes, p.99; da Frie-drich Dürrenmatt "Meine Schweiz. EinLesebuch”, Zürich 1998);• “La Svizzera produce sicurezza per ipropri abitanti e per i cittadini all'este-ro basandosi sul principio dell'out-sourcing, facendo riferimento ad altrenazioni e organizzazioni”. La geostra-tegia svizzera rinuncia del tutto all'im-piego della forza e punta semmai sul-la forza economica e sulla certezza deldiritto. Felice il paese che può permet-

tersi di adoperare i propri strumenti dipotere in modo così postmoderno ediscreto (Limes, p.86; Mauro Manto-vani, Capo Dipartimento Studi strate-gici, Accademia militare ETH-Z).Queste due citazioni, una non recen-te e l'altra nuova, introducono, ac-canto ad altre da scoprire fra i varitemi, una dimensione diversa per ilcontesto svizzero: quella della geo-politica. In questo senso Lucio Ca-racciolo, direttore della quotata rivi-sta del Gruppo editoriale l'Espresso,ha infranto un tabù e aperto un dis-corso ricco di tranelli e di diffidenze- per il carattere stesso di una disci-plina spesso evitata in Svizzera - maper molti versi inaggirabile e stimo-lante. Cos`è infatti la geopolitica?Per Yves Lacoste, una referenza sicu-ra, la geopolitica “designa di fattotutto quello che concerne le rivalitàdi potere o d'influenza sui territori ele popolazioni che vi vivono. Rivalitàinterne ed esterne e che non con-cernono solamente gli stati” (YL,Géopolitique, Larousse 2006, p.8). L'era della globalità e dei processi diglobalizzazione mette allo scoperto -anche per una Svizzera perennementealla ricerca di un equilibrio “tra dipen-denze e intraprendenze”- nuove for-me di rivalità e di potere che convienevedere e chiamare con il loro nome ele cui soluzioni domandano strategie emodalità tutte da scoprire. Facciamodegli esempi:• a livello esterno, il capitolo della ban-ca e della finanza svizzera - al centro,ma non solo, del quaderno di Limes(Parte seconda “Non solo finanza”) -mostra il campo di forze in gioco perla determinazione e, al limite, l'impo-sizione di nuove regole del gioco, or-mai sempre più fuori dalla portata dinegoziazioni strettamente bilaterali;• a livello interno, si assiste alla finedell'equazione identitaria fra inte-ressi dell'economia (divenuta trans-nazionale) e interessi dello Stato-na-zionale, mentre appaiono subdola-mente forme (antistoriche) di regio-nalizzazione degli interessi e dellapolitica su basi linguistiche che in-terrogano non poco la nostra capa-cità di coesione nazionale.Non basta più “tenersi fuori” rispettoalle sfide della globalità - il che non si-

gnifica, per esempio, adesione a que-sta Unione Europea; sul piano deirapporti di vicinato non possiamoscontare come un dato di fatto che“l'Italia non esiste, o semmai esistesolo quella utile” e che, reciproca-mente, “la Svizzera sia solo un luo-go, caro, di villeggiatura e di rifu-gio”. In poche parole il senso dellaparte terza del Quaderno dedicata al-l'immagine dei due Paesi.Vista in questa luce anche la primaparte storica del volume “La Svizzerasecondo gli Svizzeri” acquista un va-lore, forse anche ad insaputa degli

autori, che va oltre quello della sin-tesi per costituire una base di con-fronto con le dinamiche geopoliti-che del presente. Il Quaderno di LI-MES è ormai quasi esaurito; fateveloprestare o andate in biblioteca. Il dis-corso andrà avanti: “Coscienza sviz-zera” annuncia una tavola rotondaper il prossimo autunno, mentre a li-vello diplomatico si è lanciata l'ideadi costituire un Forum permanentedi dialogo tra i due Paesi.

Remigio Ratti

Venerdì 9 marzo 2012 Pegaso V

Rapporti Svizzera-Italia

La dimensione geopolitica della Svizzera: infranto un tabùPresentato il Quaderno speciale della rivista LIMES

Il sommario

L’importanza di essere Svizzera Miti e fatti di un’eccezione europea - La meccanica fine di una

potenza - Per convivere conviene non capirsi

PARTE I: LA SVIZZERA SECONDO GLI SVIZZERI• Peter MAURER - ‘Il metodo svizzero per contare di più’• Orazio MARTINETTI - Genealogia del Sonderfall: neutralità, identità, diversi-tà (in appendice: Fabrizio MARONTA - In nome del popolo sovrano)• Thomas MAISSEN - La Svizzera in Europa, una storia difficile• Raffaello CESCHI - Le radici di una democrazia alpina• Roger DE WECK - ‘Perché l’Europa ci conviene’• Pasquale GENASCI, Rosario TALARICO e Gianni TAVARINI - Una storia oventisei? La pedagogia identitaria nei manuali scolastici• Mauro MANTOVANI - La sicurezza viene da fuori• Andrea APARO - La mia Svizzera• Friedrich DÜRRENMATT, Adolf MUSCHG, Thomas HÜRLIMANN - L’insosteni-bile sicurezza della neutralità (presentazione di Camilla MIGLIO)PARTE II: NON SOLO FINANZA• Giorgio ARFARAS - Perché portano i soldi in Svizzera?• Mauro GUERRA - Apologia del segreto bancario• Sergio ROSSI - L’eurocrisi vista da Berna• Georges HAOUR - Non solo orologi a cucù• Lino TERLIZZI - Piccola grande potenza• Remigio RATTI - Geopolitica dei traffici transalpiniPARTE III: LE SVIZZERE E NOI• Hanspeter GSCHWEND - Esiste la Svizzera tedesca?• François CHERIX - La Svizzera romanda non è un’invenzione• Marzio RIGONALLI - L’Italia con il Ticino è troppo fiscale (in appendice: Fa-brizio MARONTA Là dove ’l sci suona)• Roberto ROVEDA - Il muro di Chiasso• Franca MAGNANI - Heimat• Fabrizio VISCONTINI - Monteforno, un pezzo d’Italia nel Ticino• Rosita FIBBI - Come siamo diventati biondi: l’immigrazione italiana inSvizzera• La Svizzera secondo gli italiani• Dominique M. GROSS - La politica migratoria svizzera: un successo o solofortuna?

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Indebitamento giovanile

È meglio accumulare debiti invece di avere dei risparmi?I giovani spesso indebitati già fin dalla tenera etàIl fenomeno dell’indebitamento

dei giovani non è certo nuovo, manon tende a diminuire, nonostante itentativi messi in atto per contrastar-lo: da quelli dello Stato (per esempiocon le leggi sul piccolo credito o sul-le vendite a rate o in “leasing”), del-la scuola (ma qui l’educazione sem-bra ancora piuttosto carente) o dellafamiglia (ma anche qui si constatache i genitori tendono piuttosto asanare situazioni degradate che aprevenirle). Vogliamo soffermarci inquesto contesto su due aspetti del-l’indebitamento giovanile: quello mi-rato (per esempio per finanziare glistudi) e quello che, in un modo onell’altro, viene subìto.Negli Stati Uniti un’indagine statisti-ca constata che il debito globale del-le giovani generazioni raggiunge or-mai i 1'000 miliardi di dollari. Un fe-nomeno, che da noi - per fortuna -non ha ancora raggiunto dimensionipericolose, è quello dell’indebitamen-to per finanziare gli studi. Si incon-trano casi di studenti indebitati per20-30 mila dollari alla fine degli stu-di, ma senza la sicurezza di trovareun lavoro. Gli studi universitari inAmerica sono sempre stati conside-rati un investimento per la futuracarriera professio-nale. Oggi però, acausa dell’aumen-to del numero distudenti e dellacrescita delle spe-se per gli studi, icosti sono saliti pa-recchio.La domanda diprestiti di studioha subito un forte incremento a cau-sa della crisi e della diminuzione deifondi destinati alle borse di studio.Di conseguenza, nel 2010, i dueterzi degli studenti a livello di “ba-chelor” erano indebitati in mediaper una somma di 25'250 dollari. Sicalcola che il periodo medio per re-cuperare questi soldi sia di 20 annicirca. Questa “palla al piede” puòrimandare di qualche anno altri im-pegni finanziari, compresa la costi-tuzione di un piccolo capitale a ri-sparmio.

Meno grave in SvizzeraÈ questo un esempio, forse atipico,di indebitamento giovanile. I prestitidi studio esistono anche da noi. Essisono concessi generalmente daiCantoni, ma nel 2010 costituivanosoltanto l’8% degli aiuti concessi.Sono poco meno di quattromila glistudenti che hanno chiesto un pre-stito di tipo pubblico, mentre soltan-to l’1,6% (nel 2009) degli studentiha fatto ricorso al prestito bancario.L’Unione degli studenti fa però nota-re che quello del prestito non è unbuon metodo per avviare una carrie-ra professionale. Una loro iniziativatendente a generalizzare e coordina-re le borse di studio ha raccolto,proprio pochi giorni fa, un numerosufficiente di firme.

Il debito “subìto”Ma quello del prestito per finanziaregli studi è forse il carattere più “no-bile” dell’indebitamento giovanile.Ben più gravido di conseguenze èinvece un indebitamento dovuto auna spiccata propensione al consu-mo, a scapito del risparmio e, peg-gio ancora, a un consumo finanzia-to con il debito, cioè ipotecandobuona parte della vita futura.

Una situazione chediventa drammaticain periodi di reces-sione economica edi alti livelli di disoc-cupazione. Nei pe-riodi di buona con-giuntura non si ge-nera un sovraindebi-tamento irreversibi-le. Gli atti ufficiali

mostrano infatti una quota minimadi piccolissimo debito, dovuto peresempio ad abuso di carte di credi-to. Le spese sociali, quali i premi dicassa malati e talvolta anche le im-poste, sono nella metà dei casi all’o-rigine del sovraindebitamento. In Ti-cino circa 27-30 mila persone sonocolpite da questo fenomeno corren-te, mentre sono circa 60'000 le per-sone con atti di carenza di beni.

Quando comincia?Queste situazioni di sovraindebita-mento sono generalmente constatabi-

li presso gli adulti (singoli o famiglie).Ma c’è chi parla perfino di “carriere diindebitamento” (SOSdebit.ch, l’Asso-ciazione contro l’indebitamento dellefamiglie - ACIF). Si sono visti casi dibambini di 4 anni con 5'000 franchi didebiti per premi dicassa malati nonpagati! La cassamalati avvia la pro-cedura d’incassosolo a partire dai 18anni e, per finire,ottiene un certifica-to di carenza di be-ni che dura 20 anni,ma si è perfino co-niato il termine di “baby-insolvenza”.Responsabile dell’indebitamento gio-vanile è però anche l’offerta, e cioè lafacilità con la quale anche un mino-renne può ottenere un credito.Ma sono molte le occasioni che indu-cono i giovani a indebitarsi. Dal siste-ma del “compra oggi, paga doma-ni”, alla pubblicità del “non sonomica scemo”. Il risultato è quello dialcune statistiche che dimostranoche nel 2003 il 25% dei giovanisvizzero-tedeschi spendeva più diquanto poteva permettersi. Oltrel’80% delle persone indebitate

hanno avviato la spirale dell’indebi-tamento prima dei 25 anni. Il 17%dei giovani ha una tendenza all’ac-quisto “compulsivo” e nei dieci an-ni dal 1991 i pignoramenti di sti-pendio sono aumentati del 76%.

Comeprevenire?La prevenzione con-tro l’indebitamentoeccessivo è uno de-gli elementi princi-pali della lotta con-tro l’esclusione so-ciale. Per lottarecontro il fenomeno,

in Europa si impiegano generalmen-te due tipi di misure: interventi pre-ventivi (informazione, consigli, edu-cazione); interventi correttivi (normecostrittive sul pignoramento di beni,schemi di rimborso e di cancellazio-ne dei debiti da un lato, misure direstringimento delle possibilità di ac-cedere al credito, dall’altro). Ma inuna società dal “consumo facile” èdifficile far passare l’idea che primadi spendere bisognerebbe disporredel denaro necessario.

Ignazio Bonoli

Pegaso Venerdì 9 marzo 2012VIII

StudioI prestiti di studio sono

concessi generalmente daiCantoni, ma nel 2010

costituivano soltanto l’8%degli aiuti concessi

BambiniC’è chi parla di “carriere diindebitamento”. Si sonovisti casi di bambini di 4anni con 5’000 franchi didebiti verso la cassa malati

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Prodotto interno lordo

Per un indice del benessere:quali strumenti di misura?Il PIL non permette di stabilire lo sviluppo di un paeseNel 1968 Bob Kennedy, all’univer-

sità di Kansas diceva: “Non possia-mo misurare lo spirito nazionalesulla base dell’indice Dow-Jones, néi successi del paese sulla base delProdotto interno lordo (PIL). Il PILcomprende anche l’inquinamentodell’aria e la pubblicità delle siga-rette, e le ambulanze per sgombe-rare le nostre autostrade dalle car-neficine del fine settimana. Il PILmette nel conto le serrature specialiper le nostre porte di casa e le pri-gioni per coloro che cercano di for-zarle (…). Non comprende la bel-lezza della nostra poesia o la solidi-tà dei valori famigliari, l’intelligenzadel nostro dibattere o l’onestà deinostri pubblici dipendenti. Non tie-ne conto della giustizia dei nostritribunali, né dell’equità nei rapportitra di noi (…) Misura tutto, in bre-ve, eccetto ciò che rende la vita ve-ramente degna di essere vissuta”.Da allora, ripetutamente ci si è chie-sti se il benessere di un paese possaessere misurato con un indice. Lecritiche, condivise dalla maggior par-te degli economisti e della classe po-litica non hanno però mai portato ariesaminare le statistiche nazionali. Il Prodotto interno lordo non è unindice della quali-tà della vita, misu-ra solamente laquantità di produ-zione economicadi uno Stato, misu-ra il valore di mer-cato dei beni finalie dei servizi pro-dotti nel corso diun anno, in termi-ni assoluti e pro capite. Il PIL, quindi.non esaurisce l'esame sulle condizio-ni di vita e di sviluppo complessivo diun paese. Non tiene conto delle disparità indi-viduali e sociali, non considera il li-vello di garanzia dei diritti di un po-polo, è indifferente alle condizioni dilavoro e a chi lavora: infatti. non rile-va se la produzione è opera di bam-bini o fondata su proventi del crimi-ne. Non valuta la qualità dell'istru-zione, né l'assistenza sanitaria e so-ciale, né il lavoro di cura, né le discri-minazione di ogni genere.

In effetti il livello del benessere nonsi misura facilmente, perché deve te-ner conto di una serie di indicatori(salute, istruzione, sicurezza, lavoro,altre attività personali, partecipazio-ne alla vita politica. relazioni sociali.ambiente... ) che è difficile concen-trare in un unico indice. Il dibattito si è diffuso con l'arrivodei movimenti no e new global nel2000. Le Nazioni Unite calcolano annual-mente l'Indice di Sviluppo Umano(ISU o HDI in inglese) che prende inconsiderazione la speranza di vita,l'educazione e il PIL. Nel 2007 laCommissione europea ha lanciatouna riflessione per superare il PIL,ma il dibattito è diventato mondialequando, nel 2008, il presidente fran-cese Sarkozy ha chiesto a una com-missione formata da una trentina dieconomisti e presieduta da premiNobel, come Joseph Stiglitz, Arnart-ya Sen, Jan Paul Fitoussi, di studiaree proporre alternative al PIL. Ci siaspettava una nuova misura sempli-ce e diretta, ma allo stesso tempo,più complessa del PIL, invece laCommissione ha dato 12 racco-mandazioni piuttosto generali, dicui tener conto per valutare il benes-

sere. Per esempio,ha indicato di guar-dare al reddito e alconsumo, piuttostoche alla produzione;di prendere in consi-derazione il redditofamiliare: di non tra-scurare le attivitànon di mercato, co-me i servizi prodotti

dalla famiglia... La commissione Sen-Stiglitz ha por-tato comunque il dibattito a un livel-lo politico di primissimo piano. An-che il presidente Usa Barack Obamaha scelto diversi economisti della fe-licità per il suo team. In Italia sonogli economisti Stefano Zamagni (Bo-logna), Luigino Bruni e Pier LuigiPorta (Milano) a occuparsi di econo-mia del benessere. Ma cosa intendiamo per benessere?Il metodo utilizzato per conseguire inuovi indici è però sempre lo stesso:si cercano gli strumenti di misura

senza esplicitare gli obiettivi che sivogliono perseguire. Misurare il pro-gresso, come è il caso del PIL, signifi-ca perseguire il progresso. La cresci-ta continua corrisponde agli obiettiviche ci prefiggiamo? Il modello di sviluppo a crescitaesponenziale, misurato dal PIL, dal2008 si è rivelato fallimentare. Glistrumenti di misura a disposizionenon ci hanno neppure avvertito cheil cammino di cre-scita del periodoprecrisi era vuoto,costruito su dis-uguaglianze e bollespeculative. Abbiamo dovutoconstatare che lacrescita continua hacreato profondedisuguaglianze frapaese e paese, forme odiose disfruttamento, impoverimento, disoc-cupazione e nuove insicurezze fra iceti medi delle economie sviluppate. Prima di parlare di strumenti di mi-sura, non sarebbe più opportunochiederci quali sono i fondamentidello sviluppo sociale che ci prefig-giamo? Invece di affidare la sceltaimplicita delle priorità sociali ai tecni-ci che costruiscono gli indicatori,non sarebbe più opportuno pensarea espliciti obiettivi politici? Secondo Amartya Sen, se si vuoleandare oltre al PIL, è necessario

cambiare l'ordine e il valore dellecose. Anziché mettere al primo po-sto i mezzi per vivere bene, mette-re la vita reale che le persone ri-escono a condurre. Sen sostieneinoltre che l’effetto della crescitaeconomica dipende in gran partedal modo in cui vengono usati i ri-sultati di tale crescita. L'esigenza,quindi, è scegliere le categorie delbenessere e della qualità sociale

(per esempio am-biente, istruzione,saIute, sicurezzapersonale, sicurez-za economica...)costruire per ciascu-na un indicatore si-gnificativo, affianca-re questi indicatorisociali a un nuovoPIL e soprattutto

scegliere la combinazione ottimaleche si può assumere come obiettivo.Tale obiettivo diventerebbe il puntodi riferimento dell'azione politica. Comporre il divario fra PIL e qualitàsociale equivale a riequilibrare il rap-porto fra mercato e società. Non sitratta quindi di un mero problematecnico, ma di una formidabile pro-posta politica per una moderna so-cietà del benessere.

Maria Rosa Zerega, da IL GALLO,Genova, settembre 2011

IndiceIl PIL non è un indice dellaqualità della vita, misurasolamente la quantità diproduzione economica

di uno Stato

RapportoComporre il divario

fra PIL e qualità socialeequivale a riequilibrare

il rapporto fra mercato e società

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Venerdì 9 marzo 2012 Pegaso IX

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Recensioni

La prima nazione che ha deciso dicambiare la sua unità di misura lega-ta solamente al Prodotto interno lor-do è stato il Bhutan, che già nel1972 ha introdotto il concetto di Fe-licità Nazionale Complessiva, chepone al centro lo sviluppo equo e so-stenibile, l'armonia con la natura,l'educazione e la preservazione del-la cultura e del valori tradizionali,l'armonia della vita quotidiana. Og-gi il Bhutan si trova tra i primi 20Paesi al mondo per livello di felicità,nonostante sia un Paese economica-mente povero.“La felicità si annida nel cuore deirapporti umani” e si nutre di amoredonato e ricevuto,"energia essenzialedella vita”. Sono leparole di padreAdriano Sella (mis-sionario, coordina-tore della Commis-sione Nuovi Stili diVita della diocesi diPadova e animatoredella Rete interdio-cesana Nuovi Stili di Vita), scritte ne-ro su bianco nella “Miniguida dellerelazioni umane”, appena edita daMonti. Non un’operetta "morale” ouna elaborazione fantasiosa, mauna approfondita dissertazione apartire dalle recentissime teorie eco-nomiche (non solo italiane), cheprendono le mosse dall'incapacitàstrutturale del PIL (Prodotto internolordo) di descrivere la felicità umanae la qualità della vita. Se ormai fanno parte del senso co-mune i detti “il denaro non rendefelici” e “il troppo storpia”, ben piùimpegnativo è accreditarli nell'am-bito della dottrina accademica, at-traverso modelli economici comequello che Richard Easterlin ha defi-nito “paradosso della felicità”: “Al-l'aumentare del reddito e quindi delbenessere economico la felicitàumana aumenta fino ad un certopunto, poi comincia a diminuire,seguendo una curva a U rovescia-ta”. Eppure, aggiunge l'autore,nonostante gli sviluppi delle teoriealternative, e nonostante la crisi delsistema economico e finanziarioche viviamo a livello globale, “l'os-

sessione del PIL continua, ancoraoggi, a dominare tutti i partiti poli-tici e i governi occidentali”. L'ansia per la crescita, continua e im-placabile, angustia le politiche deigoverni di ogni latitudine e colore, etrasforma l'individuo in un “tubo di-gerente”, destinato ad investire ilproprio tempo nella frenetica dina-mica acquisto-consumo-rifiuto, uni-ca via propagandata per otteneresuccesso e felicità. Il tutto a scapitodelle buone relazioni (con l'altro,con l'ecosistema e con la dimensio-ne trascendente), vero indicatore difelicità, secondo l'autore, che chia-ma a testimonianza gli approcci eco-

nomici recentemen-te promossi da Ste-fano Zamagni a Bo-logna, da LuiginoBruni a Milano, daLeonardo Becchettia Roma: tali formu-lazioni affermanoche “l'eccessivo im-pegno profuso dallagente per poter au-

mentare il proprio reddito ha comeconseguenza non intenzionale la dimi-nuzione dei propri beni relazionali “. Come curare, allora questi “beni re-lazionali” che non possono esserené quotati , né comperati sul merca-to, ma che davvero possono portarealla felicità? La Miniguida proponeuna accurata lista di "scelte nuove”,attuabili nella vita di tutti i giorni (“ilpossibile nel quotidiano”), ma che“possono mettere in atto una rivolu-zione silenziosa”. Il saluto, il pastoinsieme, la convivialità, la festa, l'in-contro, l'ascolto, il silenzio, il dialo-go, la nonviolenza nelle relazioni,sono solo alcuni degli ambiti affron-tati dalla Miniguida di padre Sella,corredati peraltro di un'accurata se-zione “metodologica”, “per crearele condizioni ideali di ascolto e didialogo”. Una palestra per allenare e“raggiungere sane e felici relazioni”.

Giampaolo Petrucci(da ADISTA, 7 gennaio 2012)

Adriano Sella, “Miniguida delle rela-zioni umane”, ed.Monti, 2011,

pp.96, E. 4,50

FelicitàIl Bhutan ha cambiato la sua unità di misura

introducendo il concetto diFelicità Nazionale

Complessiva

Il PIL non fa la felicitàUna miniguida per le relazioni umane con consigli da mettere in atto quotidianamente

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Riviste

Rivista delle rivisteAGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ricerca e di intervento socia-le di ispirazione cristiana, redatto da un gruppo di gesuiti e di lai-ci del Centro Studi sociali di Milano e di Palermo, Piazza S. Fede-le 4, 20121 Milano.Nel secondo fascicolo del 2012, il gesuita Bartolomeo Sorge e il senatore de-mocratico Franco Monaco riflettono in modo critico sulla riunione di associa-zioni e esponenti cattolici nel convento francescano di Todi, per creare, se-condo l’espressione del cardinale Bagnasco, luoghi d’incontro e di formazionesul piano prepolitico. Il gesuita Paolo Foglizzo della redazione commenta il re-cente documento del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace sulla finanza in-ternazionale. Il gesuita Christian Mellon del Centro di ricerca e azione socia-le di Parigi, aggiorna sulla tradizionale dottrina cattolica circa la destinazioneuniversale dei beni, comprendente anche i cosiddetti “beni comuni” (globalcommon).

APPUNTI DI CULTURA E DI POLITICA, mensile, Largo Corsia dei Ser-vi 4, 20122 Milano.L’ultimo numero del 2011 (novembre-dicembre) si apre con un ricordo su “Pie-tro Scoppola. Il senso della storia e la speranza” di Giuseppe Tognon, profes-sore di storia a Roma (LUMSA); il dibattito è dedicato al rapporto tra LegaNord (e leghisti) e la Chiesa cattolica. Il giornalista Aldo Maria Valli riflettesui cattolici nell’Italia del dopo Berlusconi.

CETIM - Centre Europe - Tiers Monde, 6 rue Amat, 1202 Ginevra.Il numero di dicembre 2011 tratta il tema di una auspicabile regolamentazio-ne dell’attività delle cosiddette “Società militari e di sicurezza”, per le quali ilConsiglio federale ha messo in consultazione un progetto di legge, dopo chenella primavera del 2010 una società britannica, la Aegis Group Holdings AG(con più di 20’000 mercenari attivi in Iraq e Afganistan!) ha trasferito la suasede a Basilea.

DIALOGHI di riflessione cristiana, Tipografia Offset Stazione S.A.,Locarno.Nel numero 220, un ampio servizio sul dibattito, specialmente in Francia, at-torno al “gender”, ovvero l’identità sessuale; viene sollecitata la riflessionesul cinquantesimo del Concilio vaticano II, e ricordata la necessità di una con-sultazione del “popolo fedele” (ovvero Popolo di Dio) circa la scelta del futu-ro Vescovo di Lugano.

IL GALLO, quaderni mensili, casella postale 1242, 16100 Genova.Nel numero di gennaio 2012, il moralista Giannino Piana commenta le inizia-tive per dar vita ad una nuova presenza politica dei cattolici in Italia; si con-clude la riflessione di Maria Rosa Zerega sul “reddito minimo garantito”, ini-ziata nel quaderno del precedente novembre.

LA POLITIQUE, Magazine d’opinion, c. p. 5835, 3001 Berna.Il numero 1-2012 è dedicato all’estetica (?), con i ritratti dei parlamentari fe-derali del Partito e un “ritratto” del ticinese Marco Romano sprofondato nellaneve polverosa… Presentate le indicazioni di voto per le scelte dell’11 marzo(tre sì e due no), una doppia pagina ricorda gli avvenimenti determinanti dellastoria del PDC, terminando con la domanda: “Come il partito evolverà”?

IL REGNO, quindicinale di attualità e documenti, Via Nosadella 6,Bologna.Nel numero del 1. febbraio, il documento della Commissione dei vescovi eu-ropei a sostegno di una Europa solidale e responsabile.

UN SOLO MONDO, rivista della Direzione dello sviluppo e della co-operazione del Dipartimento federale degli affari esteri, 3003 Berna.Il numero 1-marzo 2012 è dedicato alla “Economia verde”, ponendo la do-manda: “Al servizio di tutti?”

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Segnalazioni

Lugano, fino al 22 marzo, Biblioteca Salita dei Frati, ore 20.30, ciclo diconferenze su “Libro e censura” (15.3, 22.3).

Berna, 20 marzo, Hotel Bern, dalle 9.15 alle 15.45, Simposio “Diritti senzafrontiere”, per regole obbligatorie alle multinazionali svizzere. A cura delle or-ganizzazioni umanitarie (iscrizioni su www.droitsansfrontieres.ch).

Lugano, 22 - 23 marzo, Aula Magna USI, Convegno internazionale “Gio-vanni Paolo II: legislatore della Chiesa. Fondamenti, innovazioni e aperture”,Istituto RiReCom della facoltà di teologia, Lugano, Via Buffi 13 (www.teolo-gialugano.ch/direcom.php).

Milano, 22-23 marzo, Università Cattolica di Milano, Convegno su Giusep-pe Toniolo e l’Istituto Toniolo, organizza l’Archivio per la storia del Movimen-to sociale cattolico Mario Romani.

Verolanova (Brescia), 14 aprile, Convegno su “Don Primo Mazzolari, par-roco ed educatore”, organizza la Fondazione Mazzolari, con relazione intro-duttiva di Giorgio Campanini (9.30 - 17.30).