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magazzino di poesia Dove passa Renato Grilli * spagine la poesia Autoprofezie del poeta intermittente

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Renato Grilli con la sua ricerca per il Magazzino di Spagine

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magazzino di poesia

Dove passaRenato Grilli

*spagine

la poesiaAutoprofezie

del poeta intermittente

spagine - magazzino di poesia 15

Spagine è un periodico di informazione culturaledell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce

Dove passa la poesiaRenato Grilli

Autoprofezie del poeta intermittente

Spagine › Magazzino di poesia

spagine magazzino di poesia 15

pagina 5

Dove passa la poesiaPoesia canzone

DOVE PASSA LA POESIA

Dove passa la PoesiaMeno male fa il doloreAl coraggio viene ardoreQuesto è tutto quel che fa.

Di Ragione error ripara,Al non senso un senso dà.Disgelando gli occhi occlusi,Conoscenza porterà.

Dove passa la PoesiaNon c’è niente di grandiosoSolo goccia del gran mareChe di colpo il Tutto fa.

La poesia spesso è una nicchiaDi un informe Esser SegretoChe sta fermo come pietraE il suo nome non si sa.

Stretto a sé come un abbraccioChe il respiro rende fioco,“Piccoletto, dì il tuo nome!”Cambia sempre, già si sa.

Ma se chiami e sei insistenteEcco allora quello làSi riscuote e viene avantiDalla nicchia apparirà.

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Renato Grilli Dove passa la poesia

È un gigante, grande in luce,Che soccorso ti darà.È venuto per salvartiDal gran Mal che vivi qua.

Dove passa la PoesiaTutto è piccolo e grandioso,Tu sei goccia del Gran Mare,Ora, ovunque e in aldilà.

E per questo che se priviDi Memoria quel che canti,Amputata è ogni Poesia,Priva di sacralità.

Dove passa la PoesiaMeno male fa il doloreAl coraggio viene ardoreQuesto è tutto quel che fa.

Dove passa la PoesiaMeno male fa il dolorePiù coraggio per morireQuesto è tutto quel che fa.

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Renato Grilli Dove passa la poesia

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TAVOLE PER NUVOLEI – III (Agli attori)

Poemetto in tre parti

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Renato Grilli Dove passa la poesia

I

ISCRIZIONE

Chissà – io so – perchésolo con romore leggero di piantoio conosca negli altri la splendidadisperazione degli esseri, solo con la pietà?

Per loro? No di certo,che mai conoscoe talora evito persino e odio.

Per meche finalmente li amoe sono libero.Per loro,se finalmente liberatinella loro disperata,splendida e impura,bellezza.

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II

TAVOLE

Avete mai visto davvero esultarechi forse non può più farlo davvero,solo per il sollevarsi leggero, o il caderedi polvere di tavole?Col sorriso che nasce impetuososull’angolo della bocca e il profumoche mai più l’abbandona, comed’angeli sempre risorti!

La nuvola stellata si sollevasu cattedrali di luce e lassù, a pochi metri soli da terra,come clown appesi alle corde,tirati dagli argani fragorosi del mondo,

stanno loro, tavole per nuvole,a scricchiolare la loro splendida,informe e grave, vita d’assoli, d’infine estasi ed ozi, / e dura e tetra, /e straordinaria.

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Renato Grilli Dove passa la poesia

III

“SOLO I FIGLI, DEL RESTO, SANNOPIANGERE”

Basta vederli, così dolcemente assopiti,attendere al loro gravoso destino,sempre dolorosamente vivi,e febbrilmente attenti, persinopatetici e grandi.

A loroè dovuta ogni opera del mondo,a loro la celebrazione, fantasmi,divoratori accaniti d’ogni macchiaed umore della carta.

Eppure odoranoaltro che di tarli e tarme,di qualcosa d’infantile e di sobrio,che solo la parola può descrivere.Se non fosse che quella sta ripostain umidi sottoscala e rotolae non sta ferma mai.

Eppure odorano,ma di un odoreche solo altri riconoscono, essi non sanno ormai che il ricordodell’ebrezza che li prese un giorno.E vivono soltanto, quando talvolta amano,la grandezza della loro dedizione.

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A se stessi, narcisisti?Come potrebbero?Solo gli idioti non vedonoquanto lago affoghiin ogni supermercato del sentire.All’abbandono stesso, all’ebrezza?Sono così malridotti? Forse.

Eppure odoranoe non sanno quasi nulladel loro stesso odore.

Eppure odoranoe non sanno quasi nulladel loro stesso odore.

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GITA AL VUOTOI – IV

racconto in forma di poesia

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“All’inizio era il caos”. Così recita il mito delle origini nella cultura greca.

Ma caos non significa, come lo intendiamo oggi,il mescolarsi scomposto delle forze,

ma indica il vuoto, la voragine, l'abisso,

il "luogo delle forze primigenie”

PRIMA

1Quanti anni erano - decenni erano-che non mi trovavo così vicinoal vuoto, all’abisso.Sul ciglio del mondo uno si trova sempre,ma qualche volta quel luogo si fa vasto, profondo e muto.

2Ore 3 del mattino, pioggia a rovesci: statale Lecce - Maglie, dalle parti di Cavallino.L’automobile tossisce, si fermae non parte più. Deserto di notte, intorno.Nerissimo con riflessi d’abisso.E ti trovi, in un attimo, sul ciglio del vuoto.Passa un po’ di tempoprima che il tuo cuore si convincache hai qualche ora di attesa davanti a te. E sai che non potrai dormire.

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3Un’impennata dentroti tende nervi e dita e fronte.Ogni gesto si fa presto misurato,rallenti, risparmi energie, per dopo, per quando serviranno,per reagire - senza reazione -per tenere duro - sempre più molle dentro.Ma quale Poesia ! Ma non vediche non hai più risorse,nemmeno ti chiama l’invettiva,la protesta, lo sfogo.Tutto il vuoto del mondo davantie dietro (dentro).

4Da venti minuti non passa un’autoe il silenzio è profondocome un oceano profondo.E’ umido, nero e sono trucchiquelle lontane luci. Il vuoto è il tutto.Non ci sono dormienti, invero,soli vegliano rari cani affannati.Non c’è niente. La farsa è finita.Il vuoto di cui il mondo è fatto,la vana angoscia che dite vitaORA SI RIVELA.

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SECONDA

1Tocco con le dita l’umido dei piedie NON ho i brividi. La stanchezzas’è fatta piccola, si nasconde.Proprio allora si presenta, non invitato, un Tipo : magro, tranquillo e burbero,lui bada al sodo. Umile, a suo modo,di certo profondamente consapevole:di sé, pare, del mondo e del suo vuoto,certamente.

2Quel tipo non ha fretta.Lo senti che cincischia e poi ti dice : rinuncia !Ma tutto è già accaduto, non puoi che ripetere - in vita -che la tua gita al vuoto e ritorno.Se anche non ti iscrivi, poi lei viene,la gita, quando meno te l’aspetti, puntuale a suo modo a dirtiqualcosa che già sapevi ma che dimentichi con gusto e supponenza.

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3Tutto è vuoto, apparenza di realtà.L’unica verità è l’abisso, davanti e dietro.E non c’è isola in mezzo che sia più grande della suola delle tue scarpe !In questo esausto contemplarela verità, quella nera,stanotte travestita da pantano,si fa strada una nota tenue.Non speranza, certo: che cosa mai ?Ma suona, con un lento cadenzato.

4Ma non canta davvero, né risuona.Si lamenta forse, con dignità profonda,angelo in un angolo,di luce di vita, che si dà il suo gioco. Il suo solo scopotenere a distanza la fine,TUTTO QUI.

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TERZA

1Niente promette bene a questo mondo,niente che prometta,Niente.Quante montagne di paroleper calare ombre gelide sul Vero,che stava qui davanti a te,all’angolo aspettava: e diceche non s’è mosso mai, dall’altra volta.Ma sorride maligno intanto, il curatore di trappole.Vano, finalmente, è ciascun pensiero.

2Ed ecco allora che tocchi l’esperienza,la stessa vita nella sua scabra essenzad’attimo, di pena e abisso, di nero Vuoto.Esperienza vivente, rara e inattesa, immobile.

3Come un pugnale sottile, come grido di vivente morto,al gran pasto del mondo, immondo,il veleno s’è instillato. Il farmaco d’anima, in pacchetti d’attimi,egregiamente ha fatto il suo lavoro.

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4Nessuno degli infiniti tormentiche hanno funestato una vita buttataa rincorrere un vivente pensabile, un Veroche parente fosse almeno del Reale, ritorna.Svaniti sono tutti, precipitati nell’abisso;ma chi contempla il nero / verosa già ogni angolo dell’orrido: scala e ciglio conosce, parete e fondo. Sorride quasi, d’amaro vero.

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QUARTA

1Dico: da quanto non scrivevo tanto.Ma non è vero. Tanto a lungo non scrivevo di una cosa dentroche viene su a guardaretutto quel vuoto immenso, fuori.E intanto la nota segue e più non canta.

2Mai state così lontane, le lacrime, com’ora.Mai così lontani gli amori, così dimenticati i figli.Decapitata infine, quell’attitudine rozzadi fingersi umani agli uomini.Se guardi bene, è solo vuotoquello che grida e che fa chiasso,ché tu possa non fissare in facciail traslucido del suo cuore.Ma la nota, in calando, tiene.

3Produce un sentimento lungo e intento d’attese. Qualcosa ri - accadrà, o prima o poi, a schiarire di finta vita e finta luce la nera verità.Ma tu l’hai vista, stanotte.

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Attesa da tempo e inaspettata,il polso t’ha toccato, l’ha intinto nell’abisso,portato a verità: come altri disse,separato dall’umana condizione, e inconcludente inutile, un altro dice.In fondo, t’avevan già convinto.

4Ma quanti , quanti ! -chiamo a gran voce dal ciglio - al mondo quanti stan vegliando, separati,scrutatori d’abisso, con me ?Separati, dunque, non - vivi, afflitti a Verità,vi saluto, profeti assilenziati, del buio veggenti, eterni e sconosciuti, d’amor grande disamati.A rivederci. Al Vuoto.

Ai lettori, ai poeti, ai cani

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TORRE AL GILIN(Davanti all’Adrio Mar)

Poemettoin tre movimenti e un epilogo

di Altero Nargili

“Due cose non ha il Sud:non ha fiumi né angeli,

ma preti e pietre sulle calve speranze”

Vittorio Bodini

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1 ° movimento - LO SPECCHIO

Rotto lo specchio oscuro I cocci rimirandoChino e pensoso vide Disfarsi il falso sé.

Specchio chiamato un giornoNome di chi non era,Fu quell’istante nascitaEd al tormento fin.

Scosso da tanta luce Sul suo passato amorePianse senza rumoreSvanirono i perché.

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«Cara, che m’hai condottoPer mano alla gran vita,Specchio d’amor, finitaÈ la mia grazia a te.Passata è la bellezzaChe nei tuoi occhi vidi,Riflesso tuo che ridiOra non sono più.

Da solo alla mia torreConviene che mi rechiEd anche se tu imprechiIo non mi volterò.Non per passion d’eternoNé per livore o rabbiaRovisto la mia sabbia Senza pensare a te».

Lo specchio che non era Da solo comparìEd un augurio sceseSui suoi passati dì.

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2° movimento - IL SEGRETO

Non fui mai capo e raramente guidaNé dell’altrui né di me stesso vita.Ora la giungla dentro cui mi persiM’ha svelato il segreto dei miei versi.

3° movimento - COMMIATO ALLA TORRE

E’ già la terza volta che qui arrivoCome in preda allo spirto cui convivoAl roco mar qui sulla spiaggia duraMi sembra rifiatar da vita impura.

Poetando a ritmo la crosciante ondaChiede alla musica del cuore che risponda,Ch’esca parola e frase che consolaL’aspra prosa affannata che mai vola.

«Tanto t’ho amata e ancora un poco forseAncora t’ho rimpianto dentro l’ossa;Tanto t’ho amata e niente adesso forseSogno venir da te ridente in corsa.Qui davanti al gran mare che respiraHo sentito la mia vita alla deriva.Senza più gioia, senza più piaceri,Cosa vuoi che balbetti amor di ieri?».

«Certo lo so che un po’ si piange ad arteLa colpa per placare di chi parte.Dispero di lasciarti al mondo solaMa insieme era un prendersi alla gola.

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Tristo l’amor che non sa darsi paceDel naufragio d’abisso, sempre audace,Il viver solitario e mai contentoDell’approdo che attende il breve tempo».

«Dolce signora, tu divenisti fieraRuggire ti sentii, mi vidi preda.E dire che mai io m’ero accortoDel segreto dolor che avevi addosso.Adesso è tardi per rimpianti fessi.Se queste mie parole anche ti dessiNon c’è più musica che salviIl terrore impietrito che in me spandi».

Questo idiota poeta s’era illusoGalleggiar si potesse dentro il chiusoDei bisogni d’amore corrisposto.Così affonda barca, motore, infino il porto.Ci si ritrova finalmente soliTutti noi vivi in fondo ai moli.E piangere e gridare e bestemmiareSi può fare, se vuoi lasciarti andare.

Leggeri, sereni, eterni come l’ondaChe arriva, abbraccia, sbatte e poi ritornaAl corpo grande del mar, che tutto fonda,La tua fine, il principio, la tua fronda.

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4° movimento - EPILOGO

E se tutto di me non può tornareChe qualcosa di buono almeno vengaDi dolcezza sfinita e amor di vitaQualche nota di canzone tra le dita.

Torre Al Gilin, 14-15 Agosto 2003

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Tra due alfabetiRacconto con poesie

di Renato grilli

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Qui, a sud di Bari, dove sono oggi,forse la frontiera non giunge;

o è da un pezzo superata, non si vede bene.Intorno passaggi e frontiere

e valichi controllatiappaiono dovunque, ad ogni angolo

di strada, ad ogni piazza di paese.Persino ti tocca vedere

prigioni galleggiantiper quelli in mezzo a due frontiere,

prigioni di senso e di sensi, sbattute in faccia a tutti,

persino a te che ancora vedi,se sai guardare,

sotto tutta questa luce che acceca.Oggi per la prima volta, chiara e lucente,

ho visto questa frontiera invisibile e concreta

che corre qui davanti a me, sul Canale di Otranto:

un braccio di storia a cavallo tra due alfabeti,

tra due “scritture”,e di passaggio anche altre,

in un fervore millenario di traduzioni e scambi.

Oggi sono assenti,rare e fuorvianti le traduzioni,

circospetti e vigili i contatti. Di quelli antichi e floridi,

di quella conoscenza di uomini e di beni e di sapienze,

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che cosa resta in ciascuno? Nemmeno l’alfa,

figuriamoci l’omega, nemmeno il sentore.Quanti tra noi sanno ancora

leggere il grecoe quanti tra noi, pur letterati,

percepiscono quella frontiera?La frontiera dell’alfabeto, quello scritto,

latino di qua, greco di là,ma anche di qua, che parla ancora,

segnata su Muti Muri Antichi.

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CRONACA

Sono stato a San Mauro di Sannicola, lachiesetta basiliana verniciata di rosa shoc-king da vandali misteriosi. In compagnia dimolta e bella gente, che c’è e che si inter-roga, si ritrova e rilancia: un abbozzo forsedi “rito democratico per un nuovo inizio“,come suggerisce Marc Augè da Bari (sullaGazzetta del Mezzogiorno di oggi), le provegenerali di un’azione collettiva che restitui-sca senso ai luoghi. In cima alla collina, inmezzo a poveri ruderi, ci siamo messi a cer-care di capire chi potesse avere avuto l’ideadel “vile gesto”, chi l’avesse preso così acuore da organizzare, preparare, spenderetempo e soldi, per qualcosa che poi non ri-vendica, non spiega. Il Vandalo (è) Muto. Lui non dice, fa e lasciail segno, meglio se indelebile. Vandali sonoanche quelli che hanno costruito quei palaz-zoni a 6 piani a pochi metri dalla costa difronte. Tutti “legalmente condonati”, men-tre le belle villette e le casette popolari, unaaccanto all’altra, modeste e dignitose, quellesono illegali e da abbattere, come mi spiegail battagliero sindaco Pippi Nocera. Unafrontiera anche questa, quelli di qua e quellidi là, tutt’altro che pacifica, un altro alfabetoda conoscere, da decifrare, da incontrare eda capire. E quando nemmeno ci si parla, èproprio difficile farlo. Perché solo la Parola

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salva. Resta il Gesto, quello Muto, chequello invece trionfa, vince con l’intimida-zione sulla Pubblica Pervicacia Civile, lo co-nosco quello sberleffo alla PubblicaOpinione Corrente. Entrando nella chiesetta, sull’arco della na-vata centrale leggo alcune confuse letteregreche. Riconosco un delta, poco altro. Epenso tra me che solo una piccola parte diquelli che sono qui le sanno leggere quellelettere superstiti, sanno dare loro un suono.I pochi che hanno fatto il liceo ed hannomemoria, gli insegnanti di lettere forse, ilmanipolo degli specialisti. Tutti gli altri de-vono accontentarsi, rimanere al di qua dellafrontiera di quell’alfabeto confinante, anchese ti sta accanto da sempre. E oggi basta cheprendi il traghetto e la mattina dopo lo puoileggere nelle insegne dei negozi, nei titolidei giornali, dappertutto.

Se non conosci l’alfabeto greco,non traduci i segni in suoni, tutto qui.

Eppure è abbastanza semplice, è quasi facile.

Ed è facilissimo impararlo:ancora più facile

“averlo imparato” all’età giusta,quando la “finestra d’attenzione”

dell’apprendimento è pronta, spalancata.

Tra i sei e i sette anni,

mi pare dicano gli specialisti.E allora mi chiedo:

perché con tutto l’interesse, tutta l’attenzione e le risorse e i proclami,a nessuno, nemmeno ai poeti d’alfabeto,

è venuto in mente di spendere qualche energia

per lavorare a cavallo di questa frontiera,di provare a “bi-alfabetizzare”

i bambini scolari pugliesi,e così avvicinarli d’un colpo, in pratica,

a quella antica memoriain forma di alfabeto scritto?

Tutti sempre a ripetere in tv e ai comizi“questo bisognerebbe insegnarlo

ai bambini a scuola!”per ogni cosa presupposta

“civile” e “sana”,e quando c’è una cosa che potrebbe

davvero servire, quella no?A scuola a quell’età, col giusto metodo,

l’apprendimento sarebbe facile e persinogioioso, come ogni vera conoscenza.Propagabile facilmente ai genitori,

aggiungono i linguisti.Potrebbe essere un’azione radicalmente

fondata e realmente proiettata verso il futuro che verrà, anzi che già

viene proprio da Est.Tra cento altri gadget educativi

e deliranti crediti formativi, ai ragazzi mettiamogli in valigia

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pel futuro un alfabeto in più!Ecco che cosa si dovrebbe dire, e poi fare!

Dovesse mai servire,in tempi di frontiere da attraversare.

Una volta chiesero a un noto autorequale fosse stato il libro che lo aveva

convinto a diventare scrittore.Lui ci pensò un po’ e poi rispose che …

non era stato un libro! Era stato l’alfabeto.In quel giorno preciso e memorabile

in cui per la prima volta aveva “capito” l’alfabeto,

quando si era accorto del miracoloche a quelle lettere corrispondeva

un suono,e che quei suoni insieme diventavano

parole e poi “cose”.L’incanto fu così forte e profondo,

raccontava,che l’evento gli fu fatale.

E decise di diventare scrittore,per rinnovare all’infinito quell’incanto originario.

Non fu un libro, la prima volta. Fu un alfabeto.

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Aprile 2014

Il Fondo Verriè in via Santa Maria del Paradiso 8.aa Lecce (cap 73100)telefono [email protected]

Spagine è suissuu.com/mmmotushttps://www.facebook.com/perspagine

*spagine

Renato Grilli è nato a Nereto, tra Abruzzo e Marche, il 31 dicembre ****

Vive in Salento dal 2003.